CAPITOLO IV
LA NUOVA DISCIPLINA SULLE CONCESSIONI
1. Il principio di libertà di amministrazione
Nella trilogia delle direttive sui contratti pubblici, quella sulle
concessioni costituisce una novità assoluta1, non solo perché disciplina
per la prima volta sia le concessioni di lavori sia quelle di servizi
estendendo il proprio ambito di applicazione sia ai settori tradizionali
che a quelli speciali, ma anche e soprattutto, per la particolare
configurazione dell’istituto concessorio che essa fornisce e che risulta
molto diverso da quello appartenente alle nostre tradizioni.
Viene così a completamento il percorso avviato dalle istituzioni
europee a partire dalla comunicazione della Commissione del
29/4/2000, che aveva introdotto una regolamentazione embrionale –
tra l'altro, formalmente non vincolante – dei rapporti concessori.
L'evoluzione di tale percorso non è stata certo lineare, com'è
confermato dal fatto che più volte il tema delle concessioni è stato
1
Fidone, Le concessioni di lavori e servizi alla vigilia del recepimento della direttiva 2014/23/UE, in Riv. It. Dir. Pubbl. com. 2015, p. 101 ss. Caroli Casavola, Le nuove direttive sugli appalti
pubblici e concessioni. Le regole e gli obiettivi strategici per le politiche UE 2020, in Giornale dir. amm. 2014, 12, p. 1135.
inizialmente trattato e poi stralciato nell'ambito del procedimento di
adozione delle direttive sugli appalti2.
La direttiva si muove al dichiarato scopo di creare un quadro
giuridico idoneo, equilibrato e flessibile, tale da consentire una più
ampia diffusione dell’istituto concessorio (1° considerando).
Nella consapevolezza che i contratti di concessione
rappresentano importanti strumenti nello sviluppo strutturale a lungo
termine di infrastrutture e servizi strategici in quanto concorrono al
miglioramento della concorrenza in seno al mercato interno,
consentendo di beneficiare delle competenze del settore privato e
contribuiscono a conseguire efficienza e innovazione garantendo al
contempo la massima efficienza nell’uso dei fondi pubblici (3°
considerando).
La disciplina della concessioni si innesta, del resto, in un
contesto di libertà, che la Direttiva medesima riconosce agli Stati
membri, tra le quali vale la pena subito di richiamare la libertà di
scelta delle modalità di gestione per l’esecuzione dei lavori e la
fornitura di servizi (considerando n. 5), nonché la libertà di istituire
2 Massera Pizzanelli, I contratti nei servizi pubblici a rete fra negoziazione e mercato, in Trattato dei contratti, a cura di Roppo, Vol. V, Milano, 2014, 1143 e Massera, Lo Stato che contratta e che si accorda. Vicende della negoziazione con le PP.AA., tra
concorrenza per il mercato e collaborazione con il potere, Pisa, Pisa università press, 2012, p. 154
servizi di interesse economico generale e servizi non economici di
interesse generale (considerando n. 6).
La prima libertà si ripercuote sulla dialettica tra autoproduzione
ed esternalizzazione, che è influenzata anche dalla più ampia ed
elastica nozione di persona giuridica in house, che la stessa Direttiva
propone (art. 17). Si tratta di una disciplina comune a tutte e tre le
Direttive e sulla quale non sarebbe il caso di soffermarci, se non per
sottolineare che la libertà di scelta riconosciuta dalla normativa
europea non può non avere qualche ripercussione sul trend normativo
nazionale, tendente, in materia di servizi pubblici, ad imporne
l’esternalizzazione, per presunte esigenze derivanti dal diritto europeo
della concorrenza3.
La Direttiva concessioni smentisce tale approccio, manifestando
che il diritto europeo non impone affatto che i servizi di interesse
economico generale siano necessariamente (e neppure di regola)
affidati a terzi. Sicché, se limitazioni potranno (e dovranno) concepirsi
per la scelta dell’autoproduzione, si dovrà trattare di limitazioni
3
Come si ricorderà, il legislatore nazionale ha tentato di limitare fortemente la possibilità degli enti pubblici di gestire servizi pubblici con mezzi propri, reputando necessario ricorrere ad imprese terze, selezionate mediante gara. In mancanza di che verrebbe conculcata la concorrenza a livello europeo, che consentirebbe l’autoproduzione dei servizi solo alle condizioni dell’art. 106 del T.F.U.E. e, cioè, quando la gestione con mezzi propri fosse necessaria per l’assolvimento della missione che l’istituzione del servizio di interesse economico generale è chiamata a realizzare (sul punto sono rilevanti le sentenze n. 325/2010 e 199/2012 della Corte costituzionale).
imposte dal diritto nazionale, che non potrà scaricare la scelta su
presunte responsabilità di ordine comunitario.
Quanto poi alla libertà di istituire servizi di interesse economico
generale, il relativo ambito e le caratteristiche del servizio, occorre pur
sempre considerare che si tratta di una libertà non assoluta, tenuto
conto che l’istituzione di detti servizi comporta comunque una
riduzione dell’ambito del mercato, anche per i diritti esclusivi o
speciali, che essa per solito comporta. Permane dunque il controllo
della Commissione in ordine alla istituzione (ma non alle modalità di
gestione) del servizio4 e permane, in sede nazionale, la necessaria
osservanza del principio di sussidiarietà orizzontale: in ogni caso, ove
l’Ente pubblico abbia optato per l’esternalizzazione della gestione di
detto servizio, vale ora la generale applicazione delle regole della
gara, che in passato è risultata variamente attenuata5.
4 Controllo che peraltro è limitato al riscontro di eventuali errori manifesti (Trib. primo grado, 12
febbraio 2008, in causa T-289/03 punto 220).
5 Infatti, una volta disciplinata la procedura di gara (resa sempre obbligatoria), la relativa
pubblicità e i criteri di affidamento (sia pure, questi ultimi, lasciati in larga misura alle scelte dell’amministrazione aggiudicatrice o degli enti aggiudicatori), le concessioni garantiscono comunque la concorrenza definita “per il mercato” (cfr. Montedoro Talienti, Le concessioni di
lavori pubblici: nozioni e caratteristiche, in Trattato dei contratti pubblici, diretto Sandulli e altri,
Milano, 2008, vol. IV, 2459 e ss., pag. 2478 e ss.). E forse verranno meno quelle forzature della giurisprudenza (sopratutto della Corte), incline ad inquadrare preferibilmente le fattispecie tra gli appalti (c.d. concorrenza nel mercato), per assicurare quell’apertura al mercato che le concessioni in passato non garantivano (cfr. Corte Giust. 18 luglio 2007, in causa C-382/05, che ha inquadrato negli appalti una convenzione per lo smaltimento di rifiuti urbani, per la circostanza che la remunerazione proveniva dalla stessa Amministrazione, oltre che per una discutibile mancanza di rischio).
La situazione pregressa è ben rappresentata dall’Avvocato generale Paolo Mengozzi, nelle conclusioni presentate in data 20 ottobre 2009, in causa C-423/07, che osservava che “il diritto
Il riferimento ai servizi di interesse economico generale evoca la
specifica missione che le imprese, incaricate della relativa gestione,
sono tenute ad assolvere per esigenze di interesse generale (art. 106
TFUE). Evoca altresì servizi rivolti agli utenti per soddisfare interessi
dei cittadini, come singoli o come componenti della collettività6.
E tuttavia chi volesse ricercare nell’ambito della Direttiva
concessioni un qualche rilievo accordato a detta missione rimarrebbe
profondamente deluso. La Direttiva non si occupa affatto di tali temi e
la figura del cittadino-utente risulta la grande assente, così come
risultano totalmente pretermessi i relativi bisogni e le connesse
esigenze7.
Nell’ambito dedicato ai principi generali, l’articolo 166 del
nuovo codice, conformemente all’articolo 2 della direttiva 23,
sancisce il principio di libera amministrazione delle autorità
pubbliche.
Si tratta di una previsione certamente innovativa in base alla
quale gli enti aggiudicatori sono lasciati liberi di definire e
quelli imposti in materia di appalti. In particolare ...alle concessioni sono applicabili, dell’insieme delle norme sugli appalti, soltanto quelle relative alla pubblicità”.
6 Infatti, un servizio di interesse economico generale “viene a svolgere una funzione essenziale nell’ambito della costituzione economica di tutti i Paesi membri, dovendo intendersi per tale quello rivolto all’utenza, capace di soddisfare interessi generali e di garantire una redditività, del quale usufruiscono i cittadini uti singuli o come componenti della collettività” (Cfr. Cons. Stato,
Ad. plen. 30 gennaio 2014, n. 7).
7 Greco, La direttiva in materia di concessioni, in La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, 61° Convegno di
organizzare, la procedura di scelta del concessionario, nonché la
gestione dell’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi al fine
di garantire un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la
parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei
diritti dell’utenza nei servizi pubblici. Tale spazio di autonomia è
concesso ovviamente nel limite in cui si esplichi nel rispetto del diritto
nazionale ed europeo.
In virtù di tale principio, gli enti pubblici possono organizzarsi
nel modo che ritengono più opportuno per offrire i loro servizi o per
reperire le prestazioni necessarie alle loro finalità istituzionali.
Si consente, quindi, di optare indifferentemente per l’adozione di
una particolare modalità gestionale, quale ad esempio
l’esternalizzazione, rispetto ad un’altra come l’autoproduzione, al fine
di garantire la migliore esecuzione dei lavori e prestazione di servizi.
La normativa pone su un piano di assoluta equiordinazione
l’autoproduzione rispetto al ricorso al mercato8.
8
Come esplicitato nel Considerando 5, la Direttiva 23 non dovrebbe in alcun modo incidere sulla libertà degli Stati membri e delle autorità pubbliche di eseguire lavori o forniture servizi direttamente al pubblico o di esternalizzare tale fornitura delegandola a terzi. Gli Stati membri o le autorità pubbliche dovrebbero rimanere liberi di definire e specificare le caratteristiche dei servizi da fornire, comprese le condizioni relative alla qualità o al prezzo dei servizi, conformemente al diritto dell’Unione, al fine di perseguire i loro obiettivi di interesse pubblico.
Si supera così la concezione in base alla quale l’internalizzazione
e l’autoproduzione rappresentano eccezioni rispetto alla regola
dell’affidamento a terzi tramite gara.
Naturalmente, il principio in questione afferisce esclusivamente
all’an dell’affidamento non già al quomodo, sicché, ove
l’Amministrazione si determini di affidare a terzi la gestione di un
determinato servizio, la libertà del concedente viene ricondotta nei
limiti della disciplina codicistica. In questo senso, l’articolo 164,
comma 2, dispone che: alle procedure di aggiudicazione di contratti di
concessione, di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto
compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del
presente Codice, relativamente ai principi generali, alle modalità e alle
procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione
dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di
esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di
comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di
qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle
domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle
modalità di esecuzione9.
9 Garella Mariani, Il Codice dei contratti pubblici. Commento al Decreto legislativo 18 aprile
Il principio di libera determinazione consente l’esercizio di
quell’ampia sfera di discrezionalità tecnico-politica che è necessaria,
in sede di avvio di gara, alla stazione aggiudicatrice per la
determinazione dell’ottimale assetto gestionale, per l’individuazione
degli standard tecnici e dei livelli minimi dei servizi e per la
valutazione di tutti gli interessi coinvolti10.
Ai sensi dell’articolo 166 del nuovo codice il concetto di libertà
di organizzare la procedura è ricondotto alla facoltà di scelta sul piano
non procedimentale ma su quello esclusivamente teleologico ed
organizzatorio.
In sostanza la traduzione del principio comunitario
nell’ordinamento interno da un lato presidia con regole stringenti le
fasi procedimentali e dall’altro consente alle amministrazioni di
individuare liberamente le proprie necessità e modalità organizzatorie,
di far ricorso a forme di negoziazione più flessibili con candidati ed
offerenti, di affidare direttamente le concessioni nel caso in cui vi sia
l’ assenza di offerte appropriate.
La finalità è, dunque, quella di assicurare al contempo la libertà
di individuare e perseguire le finalità di pubblico servizio ad un
10Caringella, Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, op. cit., p. 401.
rigoroso rispetto delle regole poste a tutela dell’imparzialità e buon
andamento.
2. Definizione di concessione
Del nuovo pacchetto normativo europeo del febbraio 2014 la
nuova direttiva sulle concessioni rappresenta, sicuramente, una delle
principali novità.
La precedente direttiva 2004/18/CE sui cosiddetti settori classici
si era limitata infatti: a disciplinare la sola materia dell’affidamento
delle concessioni di lavori, laddove di importo superiore alla soglia di
rilevanza comunitaria e a recare una definizione di concessione di
servizi (in particolare, distinguendole rispetto agli appalti di servizi),
ma senza dettare al riguardo alcuna disposizione finalizzata al
ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia.
Il Legislatore comunitario opera, in primo luogo , un importante
sforzo definitorio, soprattutto, per quanto riguarda l’ambito oggettivo
degli istituti disciplinati.
Uno dei principali meriti della direttiva in questione, infatti, è di
aver definito i concetti di concessione e di rischio operativo, riuscendo
così ad eliminare ogni dubbio circa la differenza con l’appalto, sulla
Inoltre vengono indicate le fattispecie escluse, con le relative
motivazioni, potendo così facilmente delineare l’ambito
dell’applicazione della direttiva posto in essere dal Legislatore
europeo.
Cercheremo, dunque, di individuare dove è possibile ritrovare la
definizione di concessione, la quale rappresenta uno dei punti
fondamentali tra le novità apportate all’istituto concessorio.
Il primo riferimento va al Considerando 11 della direttiva n. 23,
in cui si fa riferimento all’onerosità del contratto e alla natura del
corrispettivo, consistente nel diritto di gestire l’opera o il servizio
oppure in tale diritto accompagnato da un prezzo; il quale risulta
essere il principale elemento di caratterizzazione rispetto all’appalto.
Nel Considerando 68 si fa riferimento, invece, alla natura di
accordo complesso di lunga durata.
La direttiva non presenta elementi di vera innovazione rispetto
alla tradizionale distinzione tra concessione ed appalto che si basa
proprio sul trasferimento del diritto di gestione in capo al
concessionario per l’istituto, appunto, della concessione.
Sempre nel Considerando 68 troviamo un aspetto molto
importante: la concessione comporta l’assunzione, da parte del
assunti dalle amministrazioni aggiudicatrici, che rientrano di norma
proprio nell’ambito di competenza di quest’ultime, accompagnata
dalla qualificazione e quantificazione di tali rischi.
Altro aspetto innovativo di particolare importanza è
l’introduzione sia della definizione di concessione di lavori che di
concessione di servizi.
La definizione di concessioni di lavori è contenuta nel par. 1, lett.
a), dell’articolo 511 della direttiva, che riprende quanto descritto nel
paragrafo 11 e dai paragrafi 7 e 8 del medesimo articolo, i quali
stabiliscono, rispettivamente, cosa debba intendersi per esecuzione di
lavori e per opera.
L’esecuzione dei lavori comprende l’esecuzione o,
congiuntamente, la progettazione e l’esecuzione di lavori12 relativi ad
una delle attività di cui all’allegato I (costruzioni, preparazione del
cantiere edile, demolizione di edifici, sistemazione del terreno ecc.), o
di un’opera, oppure la realizzazione, con qualsiasi mezzo, di un’opera
rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione
11 Per concessione di lavori si intende: un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù
del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 12 Villata Bertolissi Domenichelli Sala, I contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture, Padova,
CEDAM, 2014, p. 240.
aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore che esercita un’influenza
decisiva sul tipo di opera o sulla sua progettazione. L’opera è il
risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per se
esplichi una funzione economica o tecnica.
La concessione di servizi, invece, trova la sua definizione,
unicamente, nel par. 1, lett. b), dell’articolo 513, che riprendendo
anch’esso i concetti del Considerando 11, si riferisce in generale alla
fornitura e alla gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di
cui alla lett. a).
Non ci sono, dunque, specificazioni particolari sulla natura dei
servizi oggetto della direttiva, ma, a ciò si sopperisce, in parte, con
l’elencazione dei servizi esclusi.
Il fatto che la direttiva in esame equipari la concessione di lavori
a quella di servizi rappresenta una novità di grande impatto,
considerando il fatto, che nel previgente codice dei contratti pubblici
le concessioni di servizi erano disciplinate unicamente dall’articolo
30, il quale non faceva altro che disporre un rinvio ai principi del
Trattato ed a quelli generali relativi ai contratti pubblici e in
particolare: al principio di trasparenza, a quello di adeguata pubblicità,
13 Per concessione di servizi si intende: un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e
proporzionalità.
Possiamo, dunque, affermare che il grande merito della nuova
direttiva sulle concessioni è data dal fatto che per la prima volta in
assoluto, le concessioni di servizi saranno oggetto della stessa
disciplina di quella dei lavori14, creando in tal modo un quadro
normativo sistematico ed omogeneo che dovrebbe portare a maggiori
certezze e minori contenziosi15.
3. Ambito di applicazione e fattispecie escluse
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione della
nuova direttiva concessioni, essa non presenta particolari tratti
distintivi rispetto al pregresso quadro definitorio di cui al pacchetto
normativo del 2004 e di cui alle nuove direttive in tema di settori
classici e di settori speciali16.
In particolare viene previsto che la direttiva si applichi in
relazione all’aggiudicazione di concessioni di lavori o di servizi da
14 Nicolai Tortorella, Partenariato pubblico privato e project finance. La disciplina, la Giurisprudenza, la finanza e gli aspetti contabili, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2016, p.
66.
15 Gallo, Le nuove direttive europee in materia di appalti e concessioni, op. cit., p. 548. 16 Contessa Crocco, Appalti e concessioni. Le nuove direttive europee, op. cit., p. 162.
parte di operatori economici in favore: di amministrazioni
aggiudicatrici e di enti aggiudicatori.
L’articolo 164 del nuovo codice pone le linee fondamentali e di
principio della disciplina delle procedure di aggiudicazione dei
contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi.
Sono interessate le procedure di affidamento di concessioni
indette: da tutte le amministrazioni aggiudicatrici senza definizione di
sorta e dagli enti aggiudicatori, ma solo qualora i lavori o i servizi
siano direttamente destinati a una delle attività di cui all’allegato II ad
esempio per il gas e l’energia termica: messa a disposizione o gestioni
di reti fisse o l’alimentazione di tali reti fisse o la produzione di
energia; analogamente per l’elettricità messa a disposizione o gestione
di reti fisse; per i trasporti ferroviari, tranviari, automobilistici ecc. o
messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri
terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali, ancora
sfruttamento di area geografica con estrazione di petrolio, gas,
carbone o altri combustibili solidi.
È altresì specificato che, in ogni caso, le disposizioni della
presente Parte non si applicano ai provvedimenti, comunque
denominati, con cui le amministrazioni aggiudicatrici, a richiesta di un
condizioni, l’esercizio di un’attività economica che può svolgersi
anche mediante l’utilizzo di impianti o altri beni immobili pubblici.
L’ampiezza della formulazione letterale fa riferimento in
sostanza al fatto che siano esclusi dal Codice dei contratti pubblici
tutti i provvedimenti di conferimento a qualunque titolo di beni del
demanio marino o del patrimonio disponibile, o alle locazioni di beni
pubblici, qualora siano funzionalizzati ad un business o ad una
produzione.
Tuttavia, tali ipotesi, a parte la ricorrenza di specifiche discipline
di carattere speciale, dovranno comunque restare soggette ai principi
di trasparenza e imparzialità17.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione oggettivo della
direttiva, si ritiene qui richiamare l’ampio novero di esclusioni.
L’articolo 4 del D.lgs. 50/2016 relativo ai principi generali in
materia di contratti pubblici esclusi dall’obbligo di applicazione del
Codice impone anche che l’affidamento delle concessioni escluse, in
tutto o in parte, dall’applicazione della disciplina comunitaria, debba
comunque avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia,
imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità,
17 Caringella, Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, op. cit. p. 388.
l’articolo 5 indica una serie di casi in cui gli affidamenti non rientrano
nell’ambito di applicazione della direttiva.
In particolare è previsto che la disciplina comunitaria non trovi
applicazione: nel caso di concessione di servizi affidati in via diretta a
un’amministrazione aggiudicatrice o ad un ente aggiudicatore in base
ad un diritto esclusivo; delle concessioni di servizi di trasporto aereo
di cui al regolamento CE n. 1008/2008 e delle concessioni di servizi
di trasporto pubblico di passeggeri di cui al regolamento CE n.
1370/2007; nel caso delle concessioni che rinvengono una disciplina
di specie nell’ambito del diritto internazionale pattizio; delle
concessioni in materia di difesa e sicurezza di cui alla direttiva
2009/81/CE18, ma nei soli limiti della specificità della disciplina di
settore; nel caso di acquisto di locazione di terreni e fabbricati
esistenti, quali che siano le relative modalità finanziarie; nel caso di
acquisto, sviluppo, produzione o coproduzione di programmi destinati
ai servizi di media audiovisivi o radiofonici; e ancora, dei servizi di
arbitrato e conciliazione, nonché a talune forme di servizi legali; dei
servizi finanziari relativi all’emissione, alla vendita, all’acquisto o al
trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari ai sensi della
18 Si tratta della direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2009,
relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.lgs. 15 novembre 2011, n. 208.
direttiva 2004/39/CE19; delle concessioni di servizi per lotterie; delle
concessioni principalmente finalizzate a consentire alle
amministrazioni aggiudicatrici la messa a disposizione o la gestione di
reti pubbliche di comunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o
più servizi di comunicazioni elettroniche; nel caso di talune tipologie
di concessioni relative al settore idrico, con particolare riguardo a
quelle destinate ad alimentare le reti di acquedotto con acque potabili.
Restando nell’ambito dell’esclusioni dall’applicazione,
particolare rilievo assume l’articolo 17 della direttiva ( rubricato
Concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico).
L’articolo in questione contempla le ipotesi in cui è possibile e
legittimo l’affidamento diretto di concessioni nell’ambito del settore
pubblico.
In particolare viene disciplinato sia il fenomeno dell’in house
providing in senso proprio, sia ipotesi che possono essere definite di
quasi in house come le ipotesi del cosiddetto in house frazionato o del
controllo analogo congiunto.
Ma l’articolo 17 non esaurisce il novero delle possibilità di
procedere ad affidamenti di concessioni in via diretta nei confronti di
entità lato sensu riconducibili al settore pubblico.
19 La direttiva in questione è stata recepita nell’ordinamento interno dal D.lgs. 17 settembre 2007,
La direttiva ammette comunque l’aggiudicazione in via diretta: in
favore delle imprese collegate all’ente aggiudicatore, in favore di un
ente aggiudicatore operante nell’ambito dei cosiddetti settori esclusi,
laddove l’affidamento sia disposto da una joint venture di cui tale ente
faccia parte e in favore di una joint venture di cui l’ente aggiudicatore
faccia a sua volta parte.
In speculare proiezione dell’articolo 4 della Direttiva 23/2014 il
comma 3 dell’articolo 164 del nuovo Codice esclude dalla disciplina
relativa alle concessioni i servizi non economici di interesse generale
(c.d. SINEG).
In conformità al diritto dell’Unione, infatti, i servizi economici di
interesse generale, se sono oggetto di concessioni di servizi, per la
loro natura economica sono naturalmente compresi nell’ambito della
direttiva 23. Le autorità nazionali, regionali e locali possono però
definire liberamente la natura dei servizi di interesse economico
generale, l’ambito di esercizio e le relative caratteristiche, la qualità
del servizio da prestare.
Tutte le volte che un SIEG non sia lasciato al mercato, ma resti
riservato al potere pubblico, dovranno sempre trovare applicazione le
per cui l’esternalizzazione della gestione del servizio dovrà seguire la
procedura di evidenza pubblica.
Se invece i SINEG sono oggetto di specifici obblighi di servizio
pubblico (OSP), i relativi affidamenti possono essere esclusi sia dagli
obblighi di concorrenza che dalle regole per il controllo degli aiuti di
stato, in quanto costituiscono tipicamente esercizio di prerogative di
pubblici poteri e la loro natura giuridica deve essere ricondotta
all’esercizio delle libertà delle politiche pubbliche. Tali ipotesi
ricorrono: se sono esercizio delle prerogative dei pubblici poteri come
ad esempio le attività tipicamente connesse all’esercito o alla polizia e
se concernono attività di carattere puramente sociale.
4. La definizione di rischio operativo
La Direttiva 2014 sulle concessioni collega la nozione stessa di
concessione a quella di rischio di gestione.
La corrispondenza tra i due termini non costituisce certo una
novità, se solo si consideri che già con la Comunicazione
interpretativa dell’aprile 2000, la Commissione europea aveva
affermato che il tratto distintivo tra gli appalti e le concessioni
gestione dell’opera o del servizio. L’approccio in questione è stato poi
puntualmente trasfuso nella Direttiva settori classici del 200420.
Tuttavia il pacchetto normativo del 2004 non aveva chiarito fino
in fondo come andasse sperimentata la nozione di rischio rilevante ai
fini della configurazione di un contratto di concessione.
Negli anni più recenti era stato demandato alla Giurisprudenza il
compito di definire i confini applicativi della nozione21. Al riguardo
possiamo affermare che la Corte del Lussemburgo ha mantenuto un
atteggiamento di carattere elastico e inclusivo, riconoscendo la
sussistenza di un rischio in un gran numero di ipotesi.
Al riguardo si segnala in primo luogo la sentenza del settembre
2009 sul caso Eurawasser22, la quale ammette la configurazione di una
concessione anche nell’ipotesi in cui sussista una sostanziale
compartecipazione al rischio della gestione in capo
all’amministrazione o all’affidatario.
Un atteggiamento di ancora maggiore apertura è stato
manifestato dalla Corte di giustizia con la sentenza sul caso Stadler
20 Art. 1, par. 3 e 4, Direttiva 2004/17/CE.
21 Contessa Crocco, Appalti e concessioni. Le nuove direttive europee, op. cit., p. 167.
22 Sentenza 10 settembre 2008 in causa C- 206/08. Nell’occasione, la Corte ha stabilito che, nel
caso di un contratto avente ad oggetto la prestazione di taluni servizi, il fatto che l’affidatario/gestore non sia direttamente remunerato dall’amministrazione aggiudicatrice –ma abbia il diritto di riscuotere il corrispettivo presso terzi-, è sufficiente per qualificare quel contratto come concessione di servizi, allorché il rischio di gestione nel quale incorre l’amministrazione aggiudicatrice, in quanto considerevolmente ridotto in conseguenza della configurazione giuspubblicistica dell’organizzazione del servizio, è assunto integralmente o in misura significativa dalla controparte contrattuale.
del marzo 201123,della quale il tratto di maggiore interesse è costituito dall’affermazione secondo cui un contratto di concessione è
configurabile anche laddove il rischio operativo di gestione gravante
sull’affidatario sia molto ridotto.
Venendo alla disciplina contenuta nella direttiva 2014, questa
ammette la configurazione di un contratto di concessione solo laddove
in capo all’affidatario/gestore sussista un effettivo rischio operativo di
carattere sostanziale.
L’articolo 165 del nuovo codice, infatti, tra gli elementi
fondamentali dei contratti di concessione menziona il trasferimento
del rischio operativo in capo al concessionario.
In tale prospettiva nelle concessioni di lavori, il rischio di
costruzione riguarda il ritardo nei tempi di consegna, il non rispetto
degli standard di progetto, l’aumento dei costi, gli inconvenienti di
tipo tecnico ed il mancato completamento dell’opera.
Mentre con riguardo alle concessioni di servizi possono ricorrere:
il rischio di disponibilità legato alla capacità del concessionario di
23 Sentenza del marzo 2011 in causa C-274/09. Nell’occasione la Corte ha stabilito che l’art. 1
della direttiva settori classici del 2004 deve essere interpretato nel senso che quando la remunerazione dell’operatore economico selezionato è integralmente garantita da soggetti diversi dall’amministrazione aggiudicatrice che ha attribuito il contratto di prestazione di servizi di soccorso e tale operatore economico incorre in un rischio di gestione, per quanto molto ridotto, poiché, in particolare, l’importo dei corrispettivi d’uso dei servizi in questione dipende dall’esito di trattative annuali con soggetti terzi e non gli è garantita una copertura integrale dei costi sostenuti nell’ambito di una gestione delle sue attività conforme ai principi sanciti dal diritto nazionale, tale contratto deve essere qualificato come contratto di concessione di servizi, ai sensi dell’art. 1, n. 4, della stessa direttiva.
erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per
standard di qualità previsti; il rischio di domanda connesso ai
mutamenti in diminuzione dei volumi di domanda del servizio che il
concessionario deve soddisfare, ed alla caduta dei flussi di cassa
derivanti con la caduta dell’utenza.
Nella nuova filosofia comunitaria, il concessionario deve quindi
restare, in tutto o in parte, esposto alle oscillazioni della disponibilità
dei materiali, dei costi e dei ricavi, che possono anche derivare dal
possibile successivo ingresso nel settore da parte di altri operatori; o
dalla diminuzione dell’interesse degli utenti; dall’evasione tariffaria
dei soggetti che devono pagare i servizi forniti (classico il caso dei
servizi elettrici, idrici, calore ecc.)
Ulteriore merito della direttiva 23 è quello di aver chiarito che il
rischio operativo cui è sottoposto il concessionario può riguardare sia
il lato della domanda (cioè della domanda effettiva di lavori o servizi
che sono oggetto nel contratto), sia il lato dell’offerta (che la fornitura
o i servizi non corrispondano ontologicamente alla domanda), ovvero
da un rischio contestuale sia sul lato della domanda che sul lato
L’aggiudicazione di lavori o servizi implica poi il trasferimento
al concessionario del rischio operativo, che ha natura tipicamente
finanziaria.
Il rischio trasferito è, infatti, quello per cui, in condizioni
operative normali, non può essere garantito il recupero degli
investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o
dei servizi.
Non tutte le fluttuazioni del mercato incidono quindi
sull’equilibrio del piano economico finanziario, ma rilevano solo, ed
esclusivamente, quelle che modificano significativamente il valore
attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del
concessionario.
In tale direzione negli affidamenti delle concessioni non potrà
essere legittima la previsione di clausole che a qualunque titolo
comportino che la parte del rischio effettivamente del concessionario
si risolva nella possibilità che, in presenza di fluttuazioni del mercato
una potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia
5. I contratti misti
È vero che, in linea di massima, l’individuazione del rischio
operativo risulta centrale per stabilire quando si possa parlare
effettivamente di concessione, tuttavia, l’indagine in ordine al profilo
del rischio non è di per se sufficiente ad esaurire qualunque problema
di carattere qualificatorio.
In particolare, il solo ricorso al criterio del rischio operativo non
risulta sufficiente a definire le questioni di regolamento dei confini nel
caso dei contratti misti disciplinati dagli articoli 20, 21, 22 e 23 della
direttiva 24/2014, precetti ripresi nel nuovo codice dei contratti
pubblici, in particolare nell’articolo 169.
La disciplina in questione specifica quali disposizioni applicare
nel caso di contratti misti, secondo metodologie analoghe a quelle
previste nei contratti misti di appalto.
La concessione mista ricorre nei casi in cui una concessione
abbia ad oggetto sia lavori sia servizi24.
In base ai principi appena richiamati nel caso in cui i contratti
concernano la concessione di prestazioni ontologicamente differenti,
24 Garella Mariani, Il Codice dei contratti pubblici. Commento al Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50., op. cit. p. 385.
si deve seguire la disciplina del tipo di concessione che caratterizza
l’oggetto principale del contratto.
L’articolo 28 del codice disciplina, invece, i contratti misti di
appalto e utilizza il criterio del valore stimato più elevato.
Con riguardo alla distinzione tra concessione di servizi e
concessione di lavori non vi sono dubbi che il criterio applicabile sia
quello dell’assorbimento, il quale privilegia la disciplina della
prestazione patrimoniale prevalente25.
Relativamente ai contratti misti di concessione tale disciplina
costituisce sul piano formale una disposizione assolutamente
innovativa che non era presente nell’abrogato codice dei contratti
pubblici.
In definitiva qualora il bando ricomprende prestazioni differenti,
ovvero concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi, il
procedimento è assoggettato alle disposizioni applicabili al settore di
concessione che caratterizza l’oggetto principale del contratto sotto il
profilo economico. Si sarà in presenza di una concessione di lavori
pubblici nel caso in cui il servizio risulta strumentale, viceversa, si
25 L’art. 28 del Codice disciplina i contratti misti di appalto recependo gli artt. 5 e 6 della Direttiva
sarà in presenza di una concessione di pubblico servizio nel caso in
cui i lavori abbiano carattere di accessorietà rispetto al servizio26.
La norma in sintesi prevede: per concessioni aventi per oggetto
sia lavori che servizi vale la disciplina dell’oggetto principale del
contratto, analogamente, si applica il criterio del valore stimato più
elevato tra quelli dei rispettivi servizi anche nel caso di concessioni
con una commistione tra servizi sociali e gli altri servizi specifici
elencati nell’allegato IX ( servizi sanitari, sociali, servizi
amministrativi, in materia di istruzione ecc.), ai quali si applicano gli
articoli 140, 143 e 144 se sono organizzati come servizi economici di
interesse generale.
Se, invece, le diverse parti di un determinato contratto sono
oggettivamente separabili, gli enti aggiudicatori possono scegliere di
aggiudicare un’unica concessione per le concessioni aventi ad oggetto
diverse attività una delle quali è disciplinata dall’allegato XVIII, a
norma del quale sono conferiti vari diritti (es. di gestione di impianti
di gas naturale, di costruzione di nuovi impianti per la produzione di
energia elettrica ecc.). Nel caso di contratti aventi ad oggetto sia
elementi disciplinati dal presente codice e sia altri elementi esclusi, le
amministrazioni concedenti possono scegliere di aggiudicare sia una
26 Consiglio di Stato Sez. IV, n. 2804, 30 maggio 2005; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5620, 11
concessione unica e sia più concessioni distinte per parti distinte ma in
tal caso vale la regola generale per cui il regime giuridico della
concessione principale si applica a tutte le altre. Nel caso di
concessione mista unica, si applica comunque il codice, salvo per i
contratti misti concernenti aspetti della difesa (ex art. 160) o dal
comma 9, a prescindere dal diverso regime giuridico cui sarebbero
soggette altrimenti, per valore, le altre parti.
Nel caso in cui le diverse parti del contratto sono oggettivamente
non separabili l’individuazione del regime giuridico della procedura
deve essere effettuata utilizzando il criterio base dell’oggetto
principale del contratto in questione.
L’articolo 160 si applica anche se una parte di un determinato
contratto o una delle attività interessate sono disciplinate dall’articolo
346 TFUE che consente agli stati membri di derogare ai principi
comunitari dell’evidenza pubblica per aggiudicare gli appalti relativi
da armi, munizioni e materiale bellico e dal d.lgs. 15 novembre 2011,
n. 208 contenente la disciplina dei contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture nei settori della difesa e della sicurezza.
Nel caso di contratti misti che contengono sia elementi di
concessioni e sia di appalti nei settori ordinari o speciali il contratto
che disciplinano, quindi, rispettivamente gli affidamenti dei settori
ordinari o dei settori speciali.
Nel caso in cui il contratto misto concerne elementi sia di una
concessione che di un contratto di forniture l’oggetto principale è
determinato dai rispettivi servizi o forniture. Per quanto riguarda una
concessione destinata all’esercizio di più attività sia applicano le
norme relative alla principale attività cui è destinata.
Infine, qualora sia oggettivamente impossibile stabilire quale sia
l’attività principale dobbiamo distinguere: in caso di funzioni che
coinvolgono sia le attività delle amministrazioni aggiudicatrici che le
prestazioni degli enti aggiudicatori, la concessione è aggiudicata
secondo le disposizioni che disciplinano le concessioni aggiudicate
dalle amministrazioni aggiudicatrici; qualora, invece, una delle attività
sia disciplinata dalle disposizioni relative all’aggiudicazione degli
appalti nei settori ordinari, la concessione è aggiudicata secondo le
disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari; infine, se
ricorrono un insieme di attività disciplinate dalle norme sulle
concessioni e da altre prestazioni non soggette né alla disciplina delle
concessioni né a quella relativa agli appalti nei settori ordinari o
speciali, la concessione è aggiudicata secondo le disposizioni che
concessione sia disciplinata dalle disposizioni relative
all’aggiudicazione delle concessioni e l’altra non è soggetta né alla
disciplina delle concessioni né a quella relativa all’aggiudicazione
degli appalti nei settori ordinari o speciali27.
6. Durata dei contratti di concessione
Altra novità di grande rilievo introdotta dalla direttiva 23
riguarda la durata delle concessioni. Secondo il paragrafo 1
dell’articolo 18 della presente direttiva la durata delle concessioni
deve essere limitata.
Si tratta di un principio dirompente se solo si consideri che sino
ad oggi nessuna disposizione comunitaria aveva fissato il principio
della durata limitata degli affidamenti in concessione28.
Nelle intenzioni del Legislatore europeo il principio della durata
limitata non assume un carattere meramente programmatico e
tendenziale, ma cogente e immediatamente prescrittivo, dovendosi
considerare vietato a livello comunitario l’affidamento di nuove
27 Caringella, Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, op. cit. p. 412.
28 Va, al contrario, richiamata la previsione di cui all’art. 11 della Direttiva 2006/123/CE relativa
ai servizi nel mercato interno (c.d. direttiva Bolkestein) secondo cui l’accesso ad un’attività di servizio e al relativo esercizio non dovrebbero avere durata limitata, fatte salve motivate eccezioni.
concessioni di durata illimitata o, comunque, ingiustificatamente
protratta nel tempo.
L’articolo 18 della direttiva da una connotazione oggettiva al
concetto di limitatezza: la durata media ammissibile dei contratti di
concessione è di cinque anni29.
Tuttavia, il recepimento riprende solo in parte il portato
sostanziale dell’articolo 18 della direttiva, per cui il principio della
durata delle concessioni ne risulta depotenziato.
Innanzitutto dall’articolo 169 viene eliminato l’elemento che
dava una connotazione oggettiva al concetto di limitatezza fissato,
appunto, nell’articolo 18 della direttiva, con riferimento alla durata
inferiore a cinque anni.
In sede di recepimento poi si è voluto del tutto ignorare che la
limitatezza temporale delle gestioni costituisce una garanzia del buon
andamento dei servizi pubblici. L’eliminazione di tale riferimento ha
finito per depauperare realmente la natura innovativa del principio che
evidentemente è ritenuto troppo limitato rispetto alle trentennali prassi
nazionali, annacquando il disfavore della nuova disciplina per la
durata eccessiva delle concessioni, che sono un mezzo per creare
restrizioni e barriere all’accesso al mercato.
29 Guccione, Rischio operativo sempre al privato, durata breve, casi di risoluzione, calcolo del valore, in: Direttiva concessioni: le nuove norme europee, Milano, 2014, p. 8.
Il profilo temporale ha infatti un’implicazione fondamentale su
tutti gli aspetti gestionali del rapporto concessorio, in quanto una
lunghezza irragionevole determina artificiosi incrementi dei costi ed
un abbassamento degli standard qualitativi del servizio.
Nel recepimento la durata massima non deve superare il periodo
di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il
concessionario possa recuperare gli investimenti effettuati
nell’esecuzione dei lavori o dei servizi, il ritorno sul capitale investito,
tenendo conto degli impieghi necessari per conseguire gli specifici
obiettivi contrattuali.
La durata delle concessioni è limitata ed è determinata nel bando
di gara dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore
in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario e viene
commisurata rispettivamente: all’entità economica delle prestazioni e
degli impegni richiesti al concessionario ed in particolare al valore
complessivo della concessione e alla complessità organizzativa
dell’oggetto della stessa.
Ai fini dell’individuazione dell’elemento tempo si deve tenere
conto di tutti gli investimenti iniziali e di quelli effettuati in corso di
concessione. Tuttavia, devono essere considerati solo quelli, che
risultando irrilevanti per ottenere prolungamenti della durata gli
investimenti realizzati in seguito a modifiche e varianti al contratto.
Il reale portato del concetto di durata massima non viene dunque
minato, in quanto devono essere presi in considerazione ai fini del
calcolo solo gli investimenti inizialmente previsti a prescindere dal
fatto che siano sostenuti dal concessionario nella fase iniziale che
realizzati in corso di concessione.
7. Aggiudicazione dei contratti di concessione: principi
generali e garanzie procedurali
Uno degli obiettivi principali della nuova disciplina europea è
quello di realizzare un coordinamento minimo delle procedure
nazionali di aggiudicazione delle concessioni. Il che dovrebbe
garantire un certo livello di flessibilità, che gli Stati membri
dovrebbero aver la facoltà di completare e sviluppare ulteriormente
(considerando n. 8).30
Coerente con tale impostazione è il titolo II della direttiva
23/2014 rubricato Norme sull’aggiudicazione di concessioni: principi
generali e garanzie procedurali, con la puntualizzazione che gli Stati
membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori
30 Greco, La direttiva in materia di concessioni, in La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, cit. p 13.
economici, nell’esecuzione dei contratti di concessione, rispettino gli
obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del
lavoro, stabiliti dall’Unione o dalle disposizioni nazionali (art. 3, par.
3).
E’ quest’ultima una delle c.d. clausole trasversali31, attraverso le
quali l’Unione garantisce l’applicazione delle proprie politiche in
tema, appunto, di ambiente, servizi sociali e tutela del lavoratore.
Il nuovo Codice riconosce in capo all’amministrazione
aggiudicatrice l’ampia flessibilità nel definire e organizzare la
procedura di selezione del concessionario e prevede che vi siano delle
garanzie minime per quanto riguarda la procedura di aggiudicazione,
ivi comprese informazioni sulla natura e l’ambito di applicazione della
concessione, la limitazione del numero dei candidati, la diffusione
delle informazioni ai candidati e agli offerenti e la disponibilità di
registrazioni appropriate.
Nell’affidamento delle concessioni, le amministrazioni
aggiudicatrici devono assicurare alcune garanzie procedimentali
minime che riguardano sia i profili oggettivi relativamente alla
sostanza e alla forma dell’offerta che deve rispondere ai requisiti
minimi prescritti dalla stazione appaltante ed alle condizioni e le
caratteristiche tecniche, fisiche funzionali e giuridiche; sia ai profili
soggettivi dei candidati e degli offerenti, i quali devono ottemperare a
tutte le condizioni di partecipazione previste in materia di requisiti e
devono possedere la capacità finanziaria, economiche, tecniche e
professionali e non devono essere stati esclusi dalla partecipazione
alla procedure di aggiudicazione ai sensi dell’articolo 172.
I commi riprendono le corrispondenti norme della Direttiva in
materia di contenuto dei bandi di concessione. In particolare per la
redazione di un’offerta costituiscono elementi necessari: una
descrizione della concessione, che deve essere quanto più ricca
possibile di dettagli tecnici, economici, finanziari del mercato
indicando ad esempio la natura e quantità dei lavori e dei servizi.
Elementi necessari sono inoltre: l’indicazione delle condizioni di
partecipazione, l’espressa clausola per cui, una volta ottenuto
l’affidamento, la concessione resta vincolata alla piena attuazione del
piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti per la realizzazione
degli investimenti in opere pubbliche, una descrizione dei criteri di
aggiudicazione ed i requisiti minimi da soddisfare con l’offerta, le
modalità operative della procedura e un termine indicativo per il suo
Sempre con riguardo alle garanzie procedimentali per i
partecipanti, sono previsti degli obblighi per la stazione appaltante, la
quale deve comunicare le eventuali modifiche di elementi indicati nel
bando di concessione a tutti i partecipanti e renderle pubbliche a tutti
gli operatori economici e deve, inoltre, assicurare la tracciabilità degli
atti inerenti alle singole fasi del procedimento, con idonee modalità,
fatto salvo il rispetto delle disposizioni dell’art. 53 comma 6 del
codice.
Il quarto comma consente poi la possibilità per la stazione
appaltante di limitare il numero di candidati o di offerenti invitati ad
un certo numero minimo o massimo.
Tale possibilità è condizionata, tuttavia, al fatto che ciò avvenga
in modo trasparente e sulla base di criteri oggettivi e che sia in ogni
caso garantita l’effettiva concorrenza.
In conformità al principio di libera amministrazione delle autorità
pubbliche si prevede per la stazione concedente la possibilità di
condurre liberamente negoziazioni con i candidati e gli offerenti.
L’amministrazione aggiudicatrice, dunque, non deve condurre
sempre e necessariamente la negoziazione con tutti i candidati, anche
se in questo caso com’è evidente deve motivare chiaramente le ragioni
arresto del procedimento per i soggetti ai quali non viene data la
possibilità di interloquire con la stazione concedente. La norma
delimita, poi, il novero dei partecipanti ai candidati ed agli offerenti.
È chiaro che l’introduzione della negoziazione può avvenire o in
un momento successivo alla presentazione di una domanda di
partecipazione o della manifestazione di interesse degli aspiranti
concessionari (i candidati) o comunque successivamente alla
presentazione delle offerte.
Tuttavia l’oggetto della concessione, i criteri di aggiudicazione e
i requisiti minimi riguardanti la capacità tecnica ed economica per la
partecipazione alla procedura non possono essere oggetto di
negoziati32.
32 Caringella, Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, op. cit. p. 418.
8. Criteri di aggiudicazione
I criteri di aggiudicazione delle concessioni sono i medesimi
stabiliti dall’articolo 30 per gli appalti33.
Il rinvio all’articolo 30 implica l’applicazione agli affidamenti
dei contratti di concessione di alcuni principi quali: la qualità delle
prestazioni, l’efficacia, tempestività e correttezza, la libera
concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, di
pubblicità con le modalità indicate nel codice, degli obblighi in
materia sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e
nazionale ecc.
Riprendendo il portato precettivo dell’articolo 41 della direttiva
23, l’articolo 173 al secondo comma prescrive che le concessioni sono
aggiudicate sulla base di criteri di aggiudicazione che la stazione
appaltante elenca in ordine decrescente di importanza34.
Tale prescrizione si pone in contrasto con l’articolo 95 e in
concreto la stazione concedente ha uno spazio maggiore di
discrezionalità amministrativa e tecnica per individuare e graduare in
ordine decrescente di importanza i diversi criteri di aggiudicazione.
33 Dota, Il nuovo codice appalti. Cosa cambia per i comuni, op. cit., p. 110.
34 Massari, Il nuovo codice dei contratti pubblici. D.lgs. 18 aprile 2016, Santarcangelo di
La disciplina è in coerenza con il considerando 64 della direttiva,
il quale consente alle stazioni concedenti la definizione di criteri di
aggiudicazione che consentono di valutare i lavori o i servizi oggetto
della concessione sotto ogni aspetto ed in qualsiasi fase del loro ciclo
vita, ivi compresa l’efficienza energetica dei processi di produzione o
di prestazione di servizi nel corso dell’esecuzione della concessione.
Manca, però, un’informazione precisa circa l’atto della procedura
con il quale effettuare l’individuazione dei criteri di aggiudicazione,
mentre l’Allegato XXI al n. 9 si limita a prescriverne l’inserimento: se
non figurano altri atti di gara. Si lascia così in sostanza la relativa
individuazione alla discrezionalità dell’amministrazione concedente.
Per quanto riguarda il termine minimo per la ricezione delle
domande di partecipazione è di 30 giorni dalla data di pubblicazione
del bando; se la procedura si svolge in fasi successive, il termine
iniziale minimo per la ricezione delle offerte è di 22 giorni.
Un importante cambiamento dell’orizzonte degli affidamenti è
costituito dal comma 3 che consente alla stazione appaltante, in via
eccezionale, di riaprire il procedimento, di modificare i criteri per
agganciarli agli standard di un’offerta che propone una soluzione
innovativa con un livello straordinario di prestazioni funzionali e di
Infatti, nel caso in cui un’offerta si distingua per il carattere di
innovatività, che non avrebbe potuto essere prevista con l’ordinaria
diligenza, la stazione appaltante può modificare l’ordine dei criteri di
aggiudicazione per tenere conto di tale soluzione e purché ciò non sia
discriminante per gli altri concorrenti. In questo caso, però, deve
informare tutti i concorrenti in merito alla modifica dell’ordine
d’importanza dei criteri ed emettere un nuovo invito a presentare
offerte con un termine minimo di 22 giorni (30 giorni se il bando è
stato pubblicato)35.
In tale ipotesi, la norma presuppone che l’amministrazione o
l’ente che ha indetto la procedura abbia concluso che le straordinarie
prestazioni funzionali dell’offerta non solo possano comunque essere
conseguite anche dagli altri soggetti partecipanti, ma soprattutto
possano essere offerte a condizioni economiche più convenienti per
utenti e per la stazione concedente. Altrimenti, in caso contrario,
potrebbe determinarsi solamente ad aggiudicare la concessione.
Sotto il profilo procedimentale si deve distinguere l’affidamento
con procedura aperta da quello con procedura ristretta.
In caso di procedura aperta, se i criteri di aggiudicazione erano
stati resi noti già al momento della pubblicazione del bando di
concessione, la stazione appaltante deve, in primo luogo, informare
tutti gli offerenti in merito alla modifica dell’ordine d’importanza e,
successivamente, deve pubblicare un nuovo bando di concessione, con
cui sollecita delle nuove offerte e per la cui ricezione dovrà fissare un
termine minimo non inferiore a 30 giorni. In tale ipotesi l’esperimento
resta aperto anche a soggetti che erano rimasti estranei alla prima
tornata di gara.
Nel caso di procedura ristretta, invece, su due fasi una di prima
selezione dei candidati in possesso dei relativi requisiti e quindi con
un bando privo dei criteri di aggiudicazione ed un successivo invito
dei concorrenti ad offrire corredato dai relativi criteri, la stazione
ricorre all’emissione di un nuovo invito ai soli soggetti che avevano
già prodotto una prima offerta, a presentare una nuova proposta entro
un nuovo termine che comunque non può essere inferiore a 22 giorni.
In questo caso, dunque, il sub procedimento di presentazione di nuove
offerte resta circoscritto agli offerenti36.
36 Caringella, Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, op. cit. p. 429.
9. La modifica delle concessioni durante il periodo di validità
Oltre alle innovative previsioni per quanto riguarda la
possibilità di modificare in corsa i criteri di aggiudicazione esaminate
nel paragrafo precedente, la direttiva concessioni disciplina la
possibilità di consentire modifiche ai contratti in corso di validità
senza procedere all’indizione di una nuova gara (articolo 43 della
Direttiva 2014/23/UE)37.
Le modifiche ai contratti di concessione sono state oggetto di
particolare attenzione da parte del Legislatore comunitario proprio
perché la precedente regolazione38 era carente su alcuni aspetti.
La materia presenta spunti di peculiare interesse in relazione alla
disciplina delle concessioni, ragione per cui si ritiene utile un
approfondimento della questione.
L’articolo 43 della direttiva, rubricato modifica di contratti
durante il periodo di validità è ispirato al modello normativo del
contenuto minimo essenziale39.
Si tratta di un modello in base al quale viene, in primo luogo,
enunciato un principio per cui una nuova concessione non dovrebbe
37 Guccione Ferrante, Modifica delle concessioni, ampie le circostanze imprevedibili che possono giustificare un cambio, in Direttiva concessioni: le nuove norme europee, Milano, 2014, p. 28 ss. 38 Art. 143, comma 8 D.lgs. 163/2006.
39 Baldassarre, Diritti inviolabili, in Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, 1989; Butturini, La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento costituzionale italiano ed europeo, Napoli, 2009.
essere sottratta al libero confronto concorrenziale; in secondo luogo
vengono fissate le possibili deroghe a quel principio, quindi ipotesi in
cui è possibile apportare modifiche al contenuto della concessione;
infine, si fissa un contenuto minimo essenziale del principio, oltre il
quale le deroghe non sono in ogni caso ammesse.
Le modifiche si rendono particolarmente necessarie perché
l’esecuzione della concessione copre un periodo lungo, ed implicano
circostanze esterne che non era possibile prevedere quando le stazioni
concedenti avevano aggiudicato la concessione. In questi casi si rende
necessaria una certa flessibilità per adattare le concessioni alle
circostanze senza ricorrere ad una nuova procedura di aggiudicazione.
In considerazione della prolungata durata dell’affidamento
l’articolo 175, recependo l’articolo 43 della direttiva 23, ha affermato
che le concessioni possono sempre essere modificate senza una nuova
procedura di aggiudicazione della concessione.
Possono essere ammesse le variazioni che a prescindere dal loro
valore monetario siano espressamente previste nei documenti di gara
iniziali in clausole che fissino la portata, la natura delle eventuali
modifiche, nonché le condizioni alle quali possono essere impiegate.
Dunque, le modifiche possono, di norma, essere ammesse solo
quale deve contenere clausole che delimitino esattamente la portata e
la natura di eventuali modifiche o opzioni e che prevedano
esattamente le circostanze e le condizioni alle quali sono
funzionalmente collegate.
Tuttavia, le variazioni dell’oggetto non possono cambiare
radicalmente il mantenimento dell’equilibrio fissato nelle condizioni
iniziali di gara, e in nessun caso apportare modifiche che alterino la
natura generale della concessione.
Le modifiche, inoltre, non possono prevedere la proroga della
durata della concessione. Tale divieto deve essere collegato al
paragrafo 4 dell’articolo 43 della direttiva, per cui la modifica di una
concessione durante il periodo della sua validità muta sostanzialmente
la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa.
Possono, altresì, essere ammesse le modifiche in via ordinaria
relative a prestazioni supplementari sopravvenute qualora si appalesi
la necessità di nuovi lavori o nuovi servizi supplementari che non
erano inclusi nella concessione iniziale. Tuttavia, tale facoltà è
azionabile solamente nei casi in cui il cambiamento del concessionario
risulti impraticabile per motivi economici o tecnici, o comporti
notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi per
Se intervengono fatti sopravvenuti che non sono stati previsti o
non erano prevedibili40, le modifiche in via straordinaria del rapporto
concessorio, in certi limiti, sono sempre possibili. Tuttavia tali
modifiche successive non devono essere dirette ad aggirare la
direttiva. Inoltre, anche in questo caso tali modifiche non possono mai
comportare una variazione oggettiva della natura generale
complessiva della concessione.
Il concetto di circostanze imprevedibili deve essere riferito a
situazioni che, nonostante una ordinaria diligenza nella preparazione
dell’aggiudicazione iniziale, non potevano ragionevolmente essere
previste in relazione: alla natura e alle caratteristiche del progetto, alle
buone prassi del settore ed, infine, alla necessità di garantire un
rapporto adeguato tra le risorse indicate nell’avviso di gara ed il suo
valore prevedibile41.
Le stazioni concedenti possono, poi, in certe circostanze, porre
termine alla concessione in vigenza della stessa e sostituire, in
conseguenza, il concessionario con un nuovo soggetto che si va a
sostituire a quello a cui era stata inizialmente aggiudicata la
40 Non si tratta di un radicale cambiamento di ottica rispetto al passato, ad es. per la concessione di
lavori, già l’art. 143, comma 8, del Codice (come modificato dall’art. 19 del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. In legge n. 98/2013) consentiva la revisione degli accordi contrattuali con modifiche dei presupposti e delle condizioni posti a fondamento del piano economico finanziario.
41 Caringella, Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, op. cit. p. 439.