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Lo Statuto della Regione Toscana è composto da ottantadue articoli, raggruppati in nove titoli:

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3. Lo Statuto toscano: i principi e la forma di governo.

Lo Statuto della Toscana è la prima “carta” regionale ad essere entrata in vigore a seguito delle riforme costituzionali del ’99 e del 2001. I lavori per la stesura del testo sono iniziati nel 2000 e si sono protratti fino al 19 luglio 2004, giorno dell’approvazione in seconda lettura dello Statuto da parte del consiglio regionale: dopo la già citata sentenza della Corte costituzionale 372/04

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e decorsi i termini per la promozione di un referendum confermativo, lo Statuto toscano entrò in vigore il 12 febbraio 2005.

Lo Statuto della Regione Toscana è composto da ottantadue articoli, raggruppati in nove titoli:

• La Regione Toscana

• Gli organi della Regione

• Le fonti normative

• L’amministrazione

• Organi di Tutela e Garanzia

• Il sistema delle autonomie

• Gli altri rapporti istituzionali

• La partecipazione

• Norme transitorie e finali

Il titolo II è diviso in due capi (a loro volta ripartiti in sezioni) che trattano rispettivamente del Consiglio e della Giunta.

In questa sede si cercherà di dare prima un quadro delle caratteristiche peculiari del testo statutario rispetto alle scelte riguardanti i principi cui lo Statuto si richiama e alla forma di governo scelta dalla Regione Toscana.

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Vedi capitolo 1.

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a) La Regione, le finalità, i principi

Il primo Titolo dello Statuto è composto da 5 articoli che presentano la Regione nei suoi caratteri generali. Nel testo non c’è un preambolo come in altri statuti:

possiamo vedere dai lavori preparatori

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come fosse presente nelle prime versioni e come fu cassato nel 2003 a causa della formulazione insoddisfacente e di elementi che rischiavano di non passare indenni al vaglio della Corte costituzionale (come la definizione del consiglio come «parlamento regionale», già bocciata dalla Consulta con la sentenza n. 106/2002). L’articolo 1 svolge nella sua formulazione una funzione simile: «La Regione Toscana rappresenta la comunità regionale ed esercita e valorizza la propria autonomia costituzionale nell'unità e indivisibilità della Repubblica italiana, sorta dalla Resistenza, e nel quadro dei principi di adesione e sostegno all'Unione europea». L’articolo ci presenta la Regione come portavoce della comunità, concetto poi ripreso e ampliato dalla Consulta nella sentenza n. 372/2004. Vengono qui riportati due principi molto importanti, quello di unità della Repubblica e quello d’autonomia.

Il loro reciproco equilibrio è sempre stato piuttosto instabile, in quanto tendenze a valorizzazioni maggiori di uno rispetto all’altro sono molto comuni: i rischi di un centralismo statale ovvero di una disgregazione della cosa pubblica in forme localistiche e chiuse sono sempre presenti. In effetti l’articolo non risolve il problema facendo una scelta o lasciando intendere una preferenza: lo Statuto tutto individua i termini del problema, mostrando la consapevolezza della necessità di una forte cooperazione tra tutti i livelli di governo, onde evitare le degenerazioni di cui sopra.

L’articolo 2 individua il territorio regionale come l’insieme delle Province lì elencate; indica in Firenze il capoluogo e rimanda ad una legge regionale per la descrizione dello stemma e del gonfalone della Regione.

L’articolo 3 contiene i principi generali di azione della Regione: in primo luogo possiamo vedere il richiamo ai valori della Costituzione e agli «accordi tra gli

2

Consultabili sul sito della Regione Toscana all’indirizzo

http://www.consiglio.regione.toscana.it/istituzione/lavori-preparatori-statuto/default.asp

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Stati per la Costituzione europea». Il riferimento alla Costituzione e all’Europa è

comune a tutte le regioni, eccetto che per l’esplicito riferimento alla Costituzione

europea , che non trova riscontro negli altri statuti (tutti si riferiscono alla Carta

dei Diritti o, più genericamente agli ideali europei e comunitari). Alla luce anche

delle grosse difficoltà che sta incontrando il processo di adozione della

Costituzione europea (sostanzialmente sospeso in attesa di tempi politicamente

migliori), la scelta toscana di riferirsi ad un documento non ancora entrato in

vigore non può che lasciare perplessi. Di seguito sono presenti alcune

proposizioni che ritroviamo, con varie formulazioni, in tutti gli statuti: la

realizzazione dei principi di libertà, giustizia, uguaglianza solidarietà, rispetto

della persona e diritti umani (comma 2); la sussidiarietà istituzionale e sociale,

l’integrazione con le politiche locali e la promozione delle formazioni sociali

(comma 3); la partecipazione dei residenti e dei toscani residenti all’estero alle

scelte regionali (comma 4). Al quinto comma troviamo la norma con cui la

Regione si occupa della questione del voto dei toscani residenti all’estero,

promuovendone «l’effettivo esercizio dei diritti politici». Il sesto comma contiene

la norma che promuove l’estensione del diritto di voto agli immigrati «nel

rispetto dei principi costituzionali»: nei lavori preparatori non é presente una

formulazione così esplicita, c’è solo un generico principio di partecipazione di

tutti i residenti. La previsione di diritti politici per gli immigrati residenti non è

certo un’esclusiva della normativa toscana: d’altra parte la Convenzione sulla

partecipazione degli stranieri alla vita pubblica locale, firmata a Strasburgo il 5

Febbraio 1992 e ratificata dall’Italia con il d. Lgs. 286 del 25 Luglio 1998,

prevede proprio l’impegno degli Stati da estendere l’elettorato attivo e passivo ai

residenti stranieri. A commento dell’articolo c’è innanzitutto da dire che ha un

contenuto abbastanza eterogeneo, in quanto vi troviamo sia principi (i primi tre

commi) che obiettivi dell’azione regionale (nei restanti tre commi): ciò è

probabilmente dovuto al fatto che gli ultimi tre commi sono stati aggiunti

abbastanza tardi rispetto al resto del testo (nella bozza di lavoro del Marzo 2004

non c’erano ancora). Si deve in secondo luogo sottolineare il fatto che la

presenza di principi di rango costituzionale nello Statuto (come il rispetto per la

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dignità umana) ha una funzione di tipo “politico”, ossia di esprimere la sensibilità della comunità regionale in quel particolare ambito: una loro assenza non avrebbe certo esentato la Regione dall’applicare quei principi. È la questione del contenuto non necessario degli statuti regionali, già affrontata nel capitolo 1 e ben presente in questa parte della trattazione, dove ci si occupa anche dei principi statutari toscani.

L’articolo 4 è intitolato Finalità principali e contiene un elenco di principi e di diritti da promuovere (anche qui, come prima, non c’è una suddivisione) nell’ambito dell’azione regionale. La possibilità (o l’opportunità) di inserire diritti da promuovere nello Statuto si ripresenta qui come in precedenza: proprio su queste norme si è anzi scatenato il dibattito politico, in funzione soprattutto della delicatezza delle tematiche toccate. Tra le altre, l’articolo 3 prevede infatti come finalità regionale il «riconoscimento delle altre forme di convivenza»

rispetto al matrimonio (lettera h): una formula che sembra lasciare la porta aperta anche a coppie formate da individui dello stesso sesso, non essendoci limitazioni alle coppie eterosessuali né esplicite né implicite sia nel resto dello Statuto che nei lavori preparatori. La legittimità della presenza di queste “norme” negli statuti è stata sancita dalla Corte costituzionale

3

, anche se la Consulta ha tolto loro la “giuridicità”, ossia la possibilità che queste disposizioni possano fungere da “paletti” dell’attività regionale: non ci si potrà appellare ad un giudice nel caso una norma regionale contrasti con uno di questi principi “generali” scritti nello Statuto

4

. Il giudizio della Suprema corte “cancella” le molte teorie elaborate dalle dottrina per giustificare la presenza di principi di rango costituzionale nello Statuto: la mera ripetizioni di detti principi, molti dei quali con parole diverse, rischia però di ingenerare della confusione interpretativa

5

. Se non hanno efficacia giuridica, i principi statutari avranno con ogni probabilità una forte valenza politica: ciò non solo nel senso di espressione delle sensibilità della comunità, ma

3

Tra le altre, sentenza n. 372/2004, analizzata nel capitolo 1.

4

Nel caso, l’eventuale contrasto sarebbe semmai tra la norma in esame e i principi della Costituzione, con i quali lo Statuto deve armonizzarsi.

5

A proposito delle varie posizioni sull’argomento “principi e statuti” vedi ad esempio E. Rossi - G.

Martinico in P. Caretti – M. Carli – E. Rossi (a cura di), Statuto della Regione Toscana. Commentario, G.

Giappichelli editore, Torino, 2005, pagina 41.

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anche nell’ambito dell’attività normativa delle forze politiche, in quanto l’emanazione di normative che sconfessino le disposizioni più conosciute dello Statuto potrebbe essere politicamente pericolosa (si pensi all’opportunità offerta agli oppositori). A questo proposito un ruolo importante è svolto dal consiglio nella previsione di cui all’articolo 5: «La Regione assume a base della sua azione i principi e i diritti del presente titolo, dei quali verifica periodicamente lo stato di attuazione». Mentre altre Regioni hanno scelto di costituire organismi di settore (come l’Emilia-Romagna rispetto ai diritti dei minori) o di lasciare alla legge regionale la possibilità di istituire apposite strutture indipendenti (Liguria), lo Statuto toscano individua una regola operativa attribuendo l’incombenza al Consiglio regionale (articolo 11). Come si vedrà meglio successivamente, questo organo ha la funzione di «indicare l’indirizzo politico programmatico alla Regione» e di controllarne l’attuazione: il fatto che abbia anche la responsabilità di occuparsi della coerenza normativa rispetto ai principi statutari sembra quindi consono rispetto alle sue attribuzioni. A controllare la rispondenza degli atti regionali con lo Statuto è anche il Collegio di garanzia statutaria (articolo 57), un organo “arbitro” e indipendente; dura in carica sei anni, in modo che la nomina dei suoi membri non coincida con le elezioni del consiglio. La sua indipendenza dovrà essere garantita dalla legge che lo regolerà e dal fatto che l’elezione dei suoi membri avviene con maggioranza qualificata. Un suo giudizio negativo su di una norma comporta un obbligo di riesame della norma stessa; la legge che regolerà il collegio potrà inoltre prevedere altri aggravi del procedimento legislativo, come l’obbligo di motivazione (Emilia-Romagna) o la maggioranza assoluta (Lazio). Il Collegio si occupa inoltre dell’ammissibilità dei referendum regionali.

b) La forma di governo: il Consiglio regionale.

Il dibattito sulla forma di governo e sulle competenze da attribuire agli organi

regionali ha occupato gran parte dei lavori preparatori. Quel che ne è scaturito è

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la ricerca di un sostanziale equilibrio tra i poteri della Giunta e quelli del Consiglio, cercando di contemperare le esigenze di governabilità (quelle della Giunta) con la necessità del confronto democratico (dato dalle varie posizioni politiche presenti in Consiglio).

Le norme riguardanti il Consiglio, la Giunta e il Presidente della Regione si trovano nel titolo II, chiamato «gli organi della Regione»: il capo I si occupa dell’assemblea legislativa (articoli 6-28), mentre il secondo capo contiene le disposizioni relative all’esecutivo regionale (articoli 29-38).

L’articolo 6 contiene una riserva di legge regionale per quanto riguarda il sistema elettorale; allo stesso tempo, il numero di consiglieri è fissato in 65. Non è stata prevista una forma di “appesantimento” dell’iter di approvazione della legge elettorale, come ad esempio si è fatto in Calabria. Dai lavori preparatori possiamo vedere che la materia elettorale era trattata in maniera molto più analitica

6

: la sentenza della Corte costituzionale n. 2/2004, riconoscendo nella previsione dell’articolo 122.1 della Costituzione una riserva di legge regionale, ha indirizzato in maniera decisiva i lavori verso l’attuale formulazione. D’altra parte, le idee in materia sono confluite nella legge elettorale regionale, non a caso elaborate da un’apposita sottocommissione della Commissione statuto. Statuto e legge elettorale hanno poi proceduto di pari passo, facendo parte di un unico accordo politico. L’aumento del numero di consiglieri, nelle dichiarazioni ufficiali, risponde all’accrescimento delle competenze consiliari all’interno della nuova normativa: l’idea che questo serva anche (soprattutto?) ad ampliare il numero di “poltrone” disponibili per le élite politiche sembra purtroppo abbastanza plausibile. A onor del vero, c’è da dire che il numero di consiglieri rispetto agli abitanti è più basso che in altre regioni (in Toscana abbiamo un consigliere ogni 54.800 abitanti; in Umbria uno ogni 22.900; a livello nazionale, abbiamo un parlamentare ogni 61.200 abitanti).

Gli articoli 7, 8 e 9 si occupano dell’entrata in carica e della durata del consiglio (articolo 7), del suo insediamento (articolo 8) e delle prerogative dei consiglieri

6

Erano previsti alcuni principi per la legge regionale, come la stabilità di governo, la rappresentanza di

tutti i territori, la tutela delle minoranze, la tutela delle “pari opportunità”.

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(articolo 9). Per quanto riguarda gli articoli 7 e 8, il testo distingue tra il momento dell’entrata in carica degli eletti «all'atto della proclamazione» e l’effettivo esercizio delle funzioni di consigliere, «a partire dalla prima seduta del nuovo consiglio»; se aggiungiamo che l’articolo 8 prevede che la prima seduta del Consiglio avvenga non oltre dieci giorni dopo la proclamazione, vediamo come il problema sia qui di interpretare il regime di prorogatio dell’assemblea. La questione si presenta nei termini di una sorta di “duplicazione” dell’organo consiliare nel periodo che intercorre tra la proclamazione dei nuovi consiglieri e la prima riunione del Consiglio, fase durante la quale l’assemblea esercita le proprie funzioni. L’unico punto sul quale la dottrina ritiene non ci siano grandi possibilità di interpretazioni diversificate sono i poteri del Consiglio durante questa fase: sembra pacifico che non vadano oltre l’ordinaria amministrazione.

7

Per quanto riguarda le prerogative dei consiglieri (articolo 9), in primo luogo si sanciscono il divieto di mandato imperativo e l’insindacabilità delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle funzioni consiliari, riprendendo il dettato costituzionale (in riferimento ai parlamentari) degli articoli 67 e 122. In secondo luogo si riconosce ai consiglieri il diritto di ottenere informazioni utili per l’esercizio delle proprie funzioni dagli uffici regionali e da quelli di enti pubblici dipendenti dalla Regione. Allo stesso modo si favorisce questa opportunità anche rispetto ad «altri enti e organismi pubblici e privati per ottenere le informazioni utili all'espletamento del mandato»: in questo senso, la promozione di questa facoltà dovrà passare attraverso appositi accordi. I consiglieri possono presentare

«interrogazioni, interpellanze, mozioni, ordini del giorno e risoluzioni» a norma delle previsioni del regolamento interno del Consiglio. I componenti dell’assemblea hanno i poteri di iniziativa di cui all’articolo 23 dello Statuto, ossia leggi e tutti gli atti di competenza consiliare; spetta esclusivamente a loro in caso di atti interni al Consiglio. Gli ultimi due commi dell’articolo 9 prevedono il

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Un altro punto interessante (e molto dibattuto) è la previsione dell’articolo 8 secondo la quale è il

consigliere più anziano che convoca l’assemblea: ma non si dice se egli debba appartenere al Consiglio

uscente piuttosto che a quello entrante. Per approfondimenti su questo problema e sulla questione della

prorogatio vedi tra l’altro V. Boncinelli in P. Caretti – M. Carli – E. Rossi (a cura di), Statuto della Regione Toscana. Commentario, G. Giappichelli editore, Torino, 2005, pagina 66.

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diritto dei consiglieri alle risorse necessarie all’espletamento delle loro funzioni ed una riserva di legge per la regolamentazione delle indennità e del vitalizio.

L’articolo 10 è molto importante nel quadro toscano perché rappresenta un riconoscimento formale dell’importanza dell’opposizione politica nel quadro istituzionale. L’articolo distingue tra «minoranze» e «opposizione»: con il primo termine si intendono tutti quei consiglieri o gruppi che non si riconoscono nella maggioranza di governo, quella che in pratica sostiene la Giunta; con il secondo ci si riferisce invece alla «coalizione di minoranza maggiormente rappresentativa». Per quanto riguarda l’insieme delle minoranze, lo Statuto garantisce il loro ruolo rispetto a temi come la programmazione dei lavori consiliari, le nomine di competenza dell’assemblea, la costituzione e la composizione delle commissioni e degli organismi di vigilanza e controllo. Il secondo comma dell’articolo 10 prevede che il regolamento interno dell’assemblea istituisca e regoli le funzioni di un portavoce dell’opposizione, che nelle intenzioni del legislatore statutario rappresenta il leader della coalizione di minoranza. Nei fatti, però alcuni elementi (come la scelta di un termine generico come “portavoce”, o la possibilità di formare gruppi consiliari di due soli componenti) ci fanno capire come i singoli partiti siano restii a limitare la propria autonomia, anche in forza della forte frammentazione: le singole forze politiche tendono a privilegiare una visibilità specifica piuttosto che ad accrescere quella dell’intera coalizione di opposizione tramite una leadership istituzionalizzata.

L’articolo 11 si occupa delle funzioni del Consiglio. È questo un articolo di grande rilevanza, in quanto la disciplina dell’assemblea legislativa è stata al centro del dibattito statutario, anche in funzione della crisi che da qualche anno investe le assemblee elettive e del rafforzamento dell’esecutivo dato dalla riforma costituzionale del ’99. L’obiettivo del legislatore statutario è stato quello di rafforzare il potere legislativo regionale, cercando un punto di equilibrio tra la Giunta (rappresentativa della maggioranza) e il Consiglio, che incorpora tutte

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le posizioni politiche regionali. Il primo comma fornisce una sorta di piccolo

8

Naturalmente si intendono qui le posizioni espresse dai partiti che sono entrati in Consiglio.

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preambolo all’articolo, specificando una delle caratteristiche più importanti dell’assemblea, ossia la sua compartecipazione all’indirizzo politico della Regione: «il consiglio regionale rappresenta la comunità toscana, è l’organo legislativo indica l’indirizzo politico e programmatico della Regione e ne controlla l’attuazione»

9

. Il comma 2 specifica gli atti di competenza del Consiglio: leggi, regolamenti di propria competenza (di cui si parlerà tra poco), atti di programmazione e pianificazione territoriale, bilanci preventivi, rendiconti della Regione e degli enti dipendenti, accordi con Stati ed enti territoriali minori.

Il Consiglio ha inoltre la responsabilità di verificare la complessiva attività economico-finanziaria della Regione e degli enti da essa dipendenti; controlla la rispondenza delle politiche regionali rispetto agli obiettivi e lo stato di attuazione della programmazione pluriennale (comma 4). L’assemblea partecipa inoltre alla formazione degli atti comunitari (secondo una legge regionale prevista dall’articolo 70), esprime pareri riguardo i bilanci preventivi degli enti regionali, propone leggi al parlamento, assicura la qualità delle fonti normative: riguardo quest’ultimo punto, l’articolo 44 promuove la formazione di testi unici da modificarsi o abrogarsi solo in modo esplicito e sancisce la possibilità che il Presidente del Consiglio regionale e il suo ufficio dichiarino improcedibili atti che non rispettino le disposizioni sulla qualità delle norme. Il Consiglio ha la responsabilità di nominare i rappresentanti regionali e, come già ricordato

10

, di promuovere i diritti sanciti dallo Statuto e di verificarne l’effettiva applicazione.

Nell’ultimo comma, possiamo vedere una scelta peculiare dello Statuto toscano ossia il divieto assoluto che le competenze consiliari siano esercitate dall’esecutivo sia in forma delegate che in caso di urgenza: non potranno esserci quindi decreti-legge o decreti legislativi regionali.

Tra i poteri dell’assemblea ci sono quelli, importantissimi, di approvazione del programma di governo (articolo 32), di sfiduciare il Presidente della Giunta (articolo 33), di esprimere il proprio “non gradimento” nei confronti di singoli

9

In sede di approvazione dello Statuto, furono presentati emendamenti (poi ritirati) per intestare esplicitamente la titolarità del potere di indirizzo politico all’assemblea.

10

Vedi supra, paragrafo a.

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assessori (articolo 36): di questi strumenti si parlerà nel paragrafo c, a proposito dell’esecutivo regionale.

Gli articoli 13, 14, 15 e 16 regolano la figura del Presidente del Consiglio

regionale e l’Ufficio di presidenza: tali organi sono previsti dall’articolo 122

comma 3 della Costituzione, che stabilisce che «il Consiglio elegge tra i suoi

componenti un Presidente e un ufficio di presidenza». Possiamo quindi affermare

che questi sono organi costituzionalmente necessari, le cui competenze devono

essere definite dalle singole regioni. Per quanto riguarda la Toscana,

l’articolazione delle funzioni assegnate risponde alla già richiamata logica di

riequilibrio tra esecutivo (il cui Presidente è eletto direttamente) e legislativo, i

cui componenti sono eletti tramite il sistema dei partiti (l’abolizione delle

preferenze nella legge elettorale e la non obbligatorietà delle elezioni primarie

rende importante la differenza di legittimazione). In questo senso, un Presidente

del Consiglio più forte permette una maggiore visibilità dell’organo rispetto alla

Giunta. Sono questi i motivi che portano ad una sensibile differenza con il testo

del 1971, dove la disciplina del Presidente del Consiglio regionale era rimandata

al regolamento interno dell’assemblea. Le maggioranze necessarie alla sua

elezione sono dei tre quarti dei consiglieri nel primo scrutinio, di due terzi nel

secondo, della metà più uno a partire dal terzo: un sistema che vuol favorire

accordi che tra maggioranza e minoranza, visto che l’attuale legge elettorale non

permette ad una singola coalizione di avere un numero di consiglieri sufficiente a

superare il primo quorum (ciò varrà, nella maggior parte dei casi, anche per il

secondo). Il Presidente cura anche i rapporti del Consiglio con la Giunta

(richiedendo di relazionare il Consiglio sull’attuazione delle politiche regionali,

oppure attraverso la presentazione di interpellanze e mozioni riguardanti

l’indirizzo politico dell’esecutivo, vedi supra) e con gli istituti e gli organismi

esterni, affiancando in questo senso il Presidente della Giunta cui è affidata dalla

Costituzione (articolo 121). Il Presidente del Consiglio esercita le proprie

funzioni coadiuvato dall’Ufficio di presidenza, composto da 7 membri eletti con

votazioni separate e con voto limitato ad un unico nome: anche questa norma va

nel senso di una rappresentanza dei vari orientamenti consiliari in seno

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all’Ufficio. Il Presidente ed il suo Ufficio svolgono una serie di funzioni

“tipiche”, come la convocazione del Consiglio e l’organizzazione dei suoi lavori:

un ruolo particolare viene svolto nell’ambito della qualità della legislazione, dove hanno la responsabilità di verificare che le proposte di legge rispettino le regole di drafting

11

che la Regione si è data, a pena di dichiarare improcedibile l’atto.

Nell’ambito regionale la chiarezza delle normative è tradizionalmente un tema molto sentito, tanto che nel 1979 è nato l’Osservatorio legislativo interregionale (OLI) «come strumento di collegamento e formazione tra gli uffici legislativi dei Consigli e delle Giunte regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Si è costituito per la volontà dei dirigenti e dei funzionari regionali al fine di avere un confronto continuo sui problemi comuni che le Regioni si trovano ad affrontare»

12

. Tale organo ha elaborato un documento intitolato «Regole e suggerimenti per la redazione di testi normativi», la cui ultima edizione è del marzo 2002.

Presidente e relativo Ufficio durano in carica trenta mesi, ossia metà legislatura:

dai lavori preparatori possiamo vedere come il limite temporale dell’incarico fosse collegato all’impossibilità di rimuovere il Presidente, opzione della quale infatti non c’è traccia nello Statuto. Tale soluzione non può però che lasciare perplessi, in quanto priva sostanzialmente il Presidente della responsabilità politica verso l’organo che presiede: la probabilità, in futuro, di assistere a un braccio di ferro tra il Consiglio e il suo Presidente è quindi tutt’altro che nulla

13

. C’è da dire, infine, che la disciplina di questi due organi non si esaurisce nelle norme statutarie: il regolamento interno del Consiglio continua ad essere una fonte importantissima, che potrà modificarsi a seconda delle esigenze contingenti.

Gli articoli 16 e 17 si occupano rispettivamente dei gruppi consiliari e dei loro presidenti. Al primo comma, detti gruppi sono chiamati “politici”, caratterizzandoli rispetto al tipo di legame che associa i consiglieri. Il numero

11

Ossia l’insieme delle regole e delle tecniche di scrittura delle norme.

12

Definizione presa dal sito internet della Regione Emilia-Romagna.

13

Per questa analisi, vedi G. L. Conti in P. Caretti – M. Carli – E. Rossi (a cura di), Statuto della Regione

Toscana. Commentario, G. Giappichelli editore, Torino, 2005, pagina 86, paragrafo 4.

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minimo per formare un gruppo è di due elementi, derogabile a uno quando questi sia l’unico eletto di una lista presentatasi da sola. Il basso livello della soglia per formare un gruppo non fornisce quindi un incentivo contro la frammentazione dei gruppi: semmai può essere vista come un freno alla frammentazione dei gruppi nel corso della legislatura, dando la possibilità fin dall’inizio di formare raggruppamenti omogenei. D’altra parte, l’introduzione di soglie più alte avrebbe incontrato la netta opposizione dei partiti più piccoli, gelosi della propria identità e desiderosi di mantenere una certa autonomia nell’ambito della gestione dei fondi riservati ai gruppi consiliari (articolo 16, comma 4): l’entità di detti finanziamenti è rapportata alla grandezza del gruppo, ma l’autonomia di gestione viene così salvaguardata. I presidenti dei gruppi li rappresentano e «rispondono della loro gestione», responsabilizzandoli in particolare in riferimento ai finanziamenti; la conferenza dei capigruppo collabora con il Presidente e il suo Ufficio per l’organizzazione dell’attività consiliare.

Delle commissioni si occupano gli articoli 18, 19, 20 e 21. Al regolamento interno è dato il compito di istituire commissioni permanenti, composte in rapporto ai gruppi consiliari. Detti organi esercitano funzioni istruttorie, referenti e, se il Consiglio si esprime con voto unanime (nei casi previsti dal regolamento), redigenti. Le commissioni hanno (articolo 19, comma 4) «i diritti e gli obblighi previsti dall’articolo 9, commi 2 e 3

14

, possono disporre ispezioni, ottenere l’esibizione di atti e documenti, convocare il personale degli uffici, che è tenuto a presentarsi e non può opporre il segreto d’ufficio». Nelle materie di propria competenza, hanno inoltre funzioni di «monitoraggio, valutazione e controllo, anche di tipo economico-finanziario, sugli effetti prodotti dalle politiche regionali, sull’attuazione degli atti consiliari di indirizzo e programmazione, sull’applicazione dei principi e dei diritti sanciti dal titolo primo»; possono svolgere tutte le indagini di cui abbiano bisogno avvalendosi anche di esterni (articolo 19 commi 3 e 4). Anche le regole sulle commissioni vanno nella direzione del rafforzamento dell’assemblea, anche se in questo caso più che in

14

È l’articolo sulle prerogative dei consiglieri, nella parte in cui riconosce loro il diritto a ottenere

informazioni da uffici della Regione ed enti da Essa dipendenti; vedi infra.

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altri sarà la prassi a mostrare la reale efficacia della normazione, anche per la fondamentale importanza del regolamento interno del Consiglio in questo ambito. È comunque interessante notare la già citata previsione dell’articolo 19 comma 2, che affida alle commissioni lo studio preventivo dei potenziali effetti che avrà una nuova norma sulla popolazione, in particolare sulle categorie economiche. In questo senso dobbiamo leggere la norma in esame alla luce dell’articolo 45, che prevede controlli preventivi e di fattibilità sulle proposte di legge da parte delle commissioni e l’inserimento nelle leggi di strumenti che agevolino la raccolta di informazioni utili ad una valutazioni degli effetti prodotti. In questo campo le Regioni (e specialmente la Toscana) hanno una tradizione di maggiore efficienza rispetto allo Stato, dove questo utile strumento non ha un’applicazione sistematica e “tempestiva” (in alcuni casi i risultati degli studi preventivi arrivano molto dopo l’emanazione della norma). Le due principali tipologie di controllo che potranno servire allo scopo sono: l’analisi tecnico-legislativa (ATN), con la quale si studia l’influsso della nuova normativa sul sistema legislativo esistente; e l’analisi d’impatto della regolamentazione (AIR), con la quale si cerca di capire quale sia la regolamentazione ottimale rispetto alle finalità che ci si è dati, valutandone l’incidenza prevista su cittadini e imprese.

L’articolo 21 prevede la possibilità di istituire commissioni d’inchiesta, la cui

specifica disciplina è rimandata al regolamento: il secondo comma specifica che,

quando ne facciano richiesta almeno un quinto dei consiglieri, non è necessario il

voto dell’aula. L’articolo 20 istituisce una commissione permanente del tutto

particola re, la Commissione di controllo, presieduta da un consigliere di

opposizione. La sua particolarità sta nella prerogativa di esprimere pareri

preventivi sulla coerenza di tutti gli atti con le norme della programmazione

regionale: un parere negativo comporta l’improcedibilità dell’atto, superabile

solo con una conferma espressa dell’organo deliberante, che così si assume tutta

la responsabilità di un’eventuale incongruità. Questa commissione ha anche la

funzione di riferire sui rendiconti degli organi regionali e di vigilare sulla

gestione del patrimonio regionale e «sulle altre attività regionali e degli enti

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dipendenti dalla Regione» (articolo 20, comma 3). L’insieme di queste importanti funzioni spiega come mai questa sia l’unica commissione che deve essere obbligatoriamente presieduta da un esponente dell’opposizione

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: inoltre, anche a causa del fatto che essa dovrà pronunciarsi su materie trasversali rispetto a molti settori, la presente è l’unica commissione permanente di cui possono far parte consiglieri appartenenti ad altre commissioni.

Gli articoli da 22 a 28 si occupano del funzionamento del Consiglio regionale.

L’articolo 22 sancisce l’obbligo per il consiglio di approvare un regolamento interno, con un sistema di maggioranze variabile (tre quarti dei consiglieri alla prima votazione, poi a calare fino alla maggioranza assoluta necessaria dalla quarta votazione in poi).

Il già citato articolo 23 parla del potere di iniziativa: quel che non si è detto è che, mentre per gli atti interni al Consiglio tale potestà è riservata ai consiglieri (comma 2), per quanto riguarda i bilanci regionali e il rendiconto l’iniziativa è riservata alla Giunta (comma 3); i poteri dell’assemblea sono quelli di vigilanza, controllo e (in alcuni casi) approvazione già analizzati.

L’articolo 24 rimanda al regolamento interno per quanto riguarda la programmazione dei lavori consiliari, specificando che il calendario è stabilito dal Presidente dell’assemblea, dal suo Ufficio e dai presidenti dei gruppi consiliari.

L’articolo 25 stabilisce che l’assemblea è convocata dal suo Presidente con il concorso degli organi di cui all’art. 24. Il comma 3 rimanda poi al regolamento per «ulteriori modalità per la convocazione del Consiglio»; la stessa norma prevede che l’assemblea venga convocata anche da «un quinto dei consiglieri o dei presidenti di almeno tre gruppi consiliari cui aderiscano nel complesso non meno di un quinto dei consiglieri».

L’articolo 26 specifica che, a meno di maggioranze particolari richieste dallo Statuto o dalla Costituzione (comma 2), il Consiglio delibera validamente se vi ha preso parte la maggioranza dei consiglieri: si è scelto di lasciare molto spazio

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Non, genericamente, di una qualsiasi minoranza politica: vedi supra su articolo 10 Statuto («Ruolo

delle minoranze»).

(15)

al regolamento interno così come accade nel caso della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

L’articolo 27 dichiara le sedute del Consiglio pubbliche, lasciando al regolamento la disciplina puntuale e la possibilità di prevedere eccezioni al principio generale qui esposto.

L’articolo 28 statuisce che «il Consiglio ha autonomia di bilancio, contabile, funzionale e organizzativa». Se lo confrontiamo con lo Statuto del 1970, possiamo vedere come sia stata eliminata la formula «nell’ambito degli stanziamenti assegnati nel bilancio» che delimitava l’autonomia contabile.

Utilizzando le parole di A. Brancasi

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«secondo la nuova norma statutaria, le entrate a disposizione del Consiglio regionale, e da iscrivere nel suo bilancio autonomo, non devono essere necessariamente costituite soltanto da trasferimenti provenienti in vario modo dal bilancio della Regione, ma possono anche consistere in risorse che non transitano dal bilancio regionale». Così l’autonomia dell’assemblea si amplia anche nel senso di una maggiore indipendenza dagli stanziamenti della Giunta, che si occupa in via principale del bilancio regionale.

Una norma fondamentale per quanto riguarda la trasparenza della politica regionale è il secondo comma dell’articolo 39 che prevede l’obbligo di motivazione per le leggi e i regolamenti: una previsione che investe quindi sia il Consiglio che, come vedremo tra poco, la Giunta. Con questa disciplina la Toscana si allinea alla tradizione comunitaria, dove l’obbligo di motivare gli atti normativi è una prassi ormai consolidata. La norma in questione non è autoapplicativa ed ha bisogno di una legge che regoli l’istituto, anche in funzione dei maggiori oneri procedurali che saranno necessari: potrà essere possibile ad esempio una graduazione dell’obbligo in questione rispetto all’importanza dell’atto. La motivazione delle norme potrà essere utile non solo ai fini della trasparenza delle scelte e del lavoro della dottrina interpretativa, ma anche rispetto all’allocazione delle funzioni amministrative tra Regione ed enti locali

16

A. Brancasi in P. Caretti – M. Carli – E. Rossi (a cura di), Statuto della Regione Toscana. Commentario,

G. Giappichelli editore, Torino, 2005, pagina 136.

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(vedi infra, capitolo 4): per usare le parole di Massimo Carli «la sussidiarietà prevista in tale articolo [118 Costituzione] impone di preferire, nell’allocazione delle funzioni pubbliche, i Comuni, e tale preferenza può essere pretermessa solo in presenza di un interesse unitario di livello regionale (o provinciale): senza motivazione, la garanzia costituzionale della generale competenza amministrativa comunale sarebbe facilmente eludibile»

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.

c) La forma di governo: la Giunta ed il Presidente della Regione.

L’articolo 29 ha un testo molto breve: «Il presidente della giunta e la giunta sono gli organi di governo della Regione». Non dobbiamo però farci trarre in inganno dalla laconicità dell’articolo, che sembra quasi una mera ripetizione delle indicazioni costituzionali: pur con poche parole, ha infatti una importantissima funzione interpretativa. Abbiamo più volte ricordato come il filo conduttore dello Statuto sia il tentativo di riequilibrio tra esecutivo e legislativo regionale tramite un rafforzamento di quest’ultimo. L’aumento dell’importanza del Consiglio nell’ambito della politica regionale non deve però creare confusione riguardo alla distinzione che deve sussistere tra potere esecutivo e potere legislativo: una collaborazione, anche paritaria, tra gli organi regionali è possibile e certamente auspicabile. Quello che non deve accadere è che i ruoli si confondano, anche in considerazione del rafforzamento dell’esecutivo portato dalla riforma costituzionale: l’indirizzo politico regionale è formato dal concorso di una serie di agenti, tra cui il Consiglio regionale

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(l’articolo 11 dice che il Consiglio

«indica l’indirizzo politico»). Dobbiamo tuttavia ritenere che quello di organi diversi dalla Giunta sia configurabile al massimo come un contributo rispetto al potere esecutivo e amministrativo, ossia la funzione di governo, che è saldamente in mano al binomio Giunta-Presidente: ed è questo il quadro in cui si inserisce la disposizione di cui all’articolo 29, che spazza via ogni tentativo di ingerenza tra

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M. Carli in P. Caretti – M. Carli – E. Rossi (a cura di), Statuto della Regione Toscana. Commentario, G. Giappichelli editore, Torino, 2005, pagina 195.

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Anche altri, come vedremo in seguito.

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organi regionali rispetto alle funzione attribuite dallo Statuto (questo, per lo meno, è l’auspicio). In sostanza possiamo dire che sulla questione il dibattito è apertissimo

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, e che l’analisi dell’applicazione pratica delle norme potrà dare un contributo importante anche alla controversie dottrinali.

L’articolo 30 prevede che siano applicati ai componenti della Giunta le disposizioni sulle indennità già previste per i consiglieri (di cui all’articolo 9, comma 7). Questa precisazione è necessaria in quanto la legge di riforma costituzionale n. 1 del ‘99 abolisce l’obbligo per gli assessori di appartenere al Consiglio; il Presidente, come previsto dal secondo comma dell’articolo 31, fa parte del Consiglio regionale, quindi la sua figura non rientra nella previsione dell’articolo 30.

Gli articoli dal 31 al 34 si occupano dell’importante figura del Presidente della Regione. Come già detto nel primo capitolo, il rafforzamento del suo ruolo all’interno del sistema di governo regionale è la maggiore novità della riforma del 1999; vediamo ora più in dettaglio come la Carta statutaria toscana ha accolto e fatto propri questi mutamenti.

L’articolo 31 sancisce l’elezione diretta del Presidente della Giunta contestualmente al Consiglio regionale: come già detto, la Toscana si è uniformata al modello previsto dall’articolo 122 della Costituzione. Nonostante l’investitura diretta da parte del corpo elettorale, continua ad esistere un rapporto di tipo fiduciario tra il Presidente ed il Consiglio regionale. Tale correlazione non sussiste in una mozione di fiducia iniziale (come a livello statale), in quanto la scelta diretta degli elettori è una sufficiente investitura per l’eletto; la fine di questo rapporto può essere però sancita dal Consiglio mediante una mozione motivata, ai sensi dell’articolo 33.3 (che riprende l’articolo 126 della Costituzione). Gli effetti di una sfiducia al Presidente provocano le sue dimissioni e il contestuale scioglimento del Consiglio, secondo il noto principio

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Si vedano, ad esempio le interpretazioni abbastanza diverse che danno A. Cardone e S. Merlini nei

commenti sugli articoli 11 (il primo) e 34 (il secondo) rispetto all’espressione dell’articolo 11, comma 1

sulla responsabilità consiliare di indicare l’indirizzo politico: in P. Caretti – M. Carli – E. Rossi (a cura

di), Statuto della Regione Toscana. Commentario, G. Giappichelli editore, Torino, 2005, pagina 81

Cardone, pagina 152 Merlini.

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“simul stabunt, simul cadent”: i medesimi effetti si hanno inoltre in ogni altro caso in cui il Presidente vada a decadere. Il legame “a doppio filo” tra Consiglio ed esecutivo sembra rendere abbastanza difficile l’esercizio della sfiducia da parte del potere legislativo regionale. La previsione del comma 4 dell’articolo 33, che regola le dimissioni spontanee del Presidente della Giunta, fornisce al dimissionario venti giorni di tempo per ritirarle: anche qui una possibilità per evitare elezioni anticipate, rendendo possibili delle trattative sui motivi delle dimissioni. Una definizione interessante di questa forma di governo è “governo di legislatura con premier elettivo”: il corpo elettorale investe direttamente il Presidente, che grazie alla maggioranza che lo sostiene ed alla impossibilità che egli sia sostituito senza passare dalle urne, ha ottime possibilità di concludere il suo mandato alla scadenza naturale.

L’articolo 35 illustra la composizione della Giunta in un numero di assessori variabile da otto a quattordici a seconda delle scelte del suo Presidente, che (a norma dell’articolo 34, secondo comma) ha la facoltà di nominare, revocare e modificare gli incarichi degli assessori con il solo obbligo di motivare le scelte fatte al Consiglio. I futuri assessori non devono essere necessariamente scelti tra i consiglieri: il comma 3 dell’articolo 35 dispone la sospensione dall’incarico di consigliere del nominato assessore, e la sua sostituzione con un supplente secondo i meccanismi della legge elettorale. Nella prima seduta del Consiglio, a norma dell’articolo 32, il Presidente presenta la Giunta ed il suo programma di governo, che viene votato dall’assemblea: il mancato voto favorevole da parte dell’aula non ha effetti giuridici in quanto lo stesso articolo, ai commi 2 e 3, prevede che gli assessori vengano nominati dopo l’approvazione del programma o comunque decorsi dieci giorni dalla sua illustrazione. Se questa normativa

«non determina effetti giuridicamente rilevanti», per usare le parole della Corte Costituzionale

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, ha certo un impatto importante sul piano politico: non sembra infatti verosimile pensare che il Presidente ignori un voto negativo della sua maggioranza riguardo il programma esposto (che ha accomunato tutti gli eletti, almeno in teoria) o la composizione della Giunta. Comunque, a norma

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La sentenza n. 372/04, commentata nel capitolo 1.

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dell’articolo 34, «il presidente della giunta rappresenta la Regione, dirige la politica della giunta e ne è responsabile»: il potere di indirizzo politico è quindi nelle mani del Presidente, che lo esercita coadiuvato dagli assessori, della cui opera è responsabile in prima persona. Difatti, leggendo gli articoli che si occupano delle funzioni del Presidente e della Giunta, rispettivamente il 34 e il 37, vediamo come la funzione di indirizzo politico sia in mano al primo: «il presidente[...] predispone il programma di governo e ne cura l’attuazione [...];

provvede alle nomine di competenza degli organi di governo regionali

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[...];

promuove i giudizi di legittimità costituzionale [...]». Il Presidente inoltre ha la funzione di promulgare le leggi regionali (articolo 41) ed emanare i regolamenti ai sensi dell’articolo 42 (vedi infra). Alla Giunta sono stati attribuiti compiti più di tipo esecutivo: curare l’attuazione delle norme, approvare i bilanci previo parere consiliare, ecc. I membri della Giunta vengono alla fine a configurarsi come dei “collaboratori” del Presidente, dotati come sono di scarsa autonomia:

un’impostazione simile, in qualche modo, a quella del Presidente degli Stati Uniti d’America, che fa in autonomia le sue scelte su chi nominare a capo dei vari dipartimenti. Esiste però, all’articolo 38, una previsione volta a rafforzare il ruolo degli assessori rispetto a quello del loro Presidente: il primo comma afferma infatti che l’esercizio delle funzioni della Giunta avviene in forma collegiale.

L’effettiva applicazione delle norme statutarie potrà dire di più sulla reale efficacia di questa norma, come per molte altre: molto dipenderà infatti dal reale peso politico del Presidente in seno alle segreterie di partito; ci sono comunque le premesse per evitare una “ministerializzazione”

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degli assessorati. Tra le attribuzioni più importanti dell’organo collegiale c’è l’emanazione dei regolamenti che, come già detto

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, ai sensi dell’articolo 42, sono stati suddivisi tra quelli di competenza consiliare (quelli delegati dallo Stato) e quelli di

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Articolo 50, comma 2, a proposito di organismi (enti, aziende ecc.) attraverso cui la Regione esercita funzioni amministrative: «le nomine regionali negli organi di amministrazione degli enti ed organismi

dipendenti sono di competenza degli organi di governo e sono soggette a forme di controllo anche preventivo del Consiglio».

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Con questo termine intendiamo il fenomeno per il quale i ministri “rispondono” direttamente alle segreterie di partito o a correnti di essi, e non al Consiglio dei Ministri o al suo Presidente. Situazioni del genere erano comuni nei governi di coalizione della cosiddetta “prima Repubblica”.

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Vedi capitolo 1.

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competenza della Giunta (quelli che attuano leggi regionale e quelli attuativi delle norme comunitarie).

L’articolo 36 secondo comma illustra un’importante prerogativa del Consiglio, ossia la possibilità di esprimere il proprio “non gradimento” rispetto a singoli assessori. Con le stesse modalità della sfiducia al Presidente, l’assemblea può mettere ai voti una mozione con cui comunica il proprio giudizio negativo rispetto ad un singolo componente della Giunta. Si tratta di una norma abbastanza nuova rispetto al panorama regionale italiano

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, la quale permette all’aula di influire su un potere del Presidente costituzionalmente riconosciuto, quello di nominare e revocare gli assessori. Cosi come il voto sul programma di governo di cui all’articolo 32, tale mozione non ha effetti giuridici: e non potrebbe essere altrimenti, visto quanto appena detto. L’unica imposizione a carico del Presidente è di riferire in Consiglio entro venti giorni sulle su «le proprie motivate decisioni conseguenti all’approvazione della mozione di non gradimento»: si prescrive ossia una forma di confronto tra esecutivo e legislativo.

Anche qui, come nel caso dell’approvazione del programma nella prima seduta del Consiglio, valgono le medesime considerazioni riguardo l’opportunità politica che il Presidente ignori un così forte richiamo da parte della maggioranza che lo sostiene.

Lo strumento appena descritto fa parte di quel sistema di pesi e contrappesi che lo Statuto toscano fornisce al fine di riequilibrare i rapporti di potere tra Consiglio e Presidente, giudicati troppo sbilanciati a favore di quest’ultimo. Ci sarebbe molto da dire, ma non è questa la sede, sulla coerenza tra la forma di governo scelta dal legislatore statutario (seguendo il modello “preferito” dalla Costituzione) e l’armamentario dei poteri di “influenza” dell’assemblea consiliare sulla Giunta.

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Non si può non notare come la stagione statutaria ha visto un ritorno prepotente della forma partito nella vita politica regionale, riconosciuto peraltro dallo stesso Statuto all’articolo 72 comma 3, che giudica i

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Discipline molto simili si ritrovano tuttavia anche in altri Statuti approvati dopo la riforma del 1999: ad esempio l’articolo 8 dello Statuto marchigiano.

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Per approfondimenti vedi i commenti al titolo secondo dello Statuto in P. Caretti – M. Carli – E. Rossi

(a cura di), Statuto della Regione Toscana. Commentario, G. Giappichelli editore, Torino, 2005, a partire

da pagina 58.

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partiti politici «strumenti fondamentali di partecipazione». La stessa legge elettorale, abolendo la possibilità per l’elettore di esprimere le sue preferenza nella lista, consente alle segreterie di partito di scegliere in pratica la maggior parte del Consiglio regionale. La possibilità di svolgere elezioni primarie per scegliere i componenti delle liste è stata sfruttata in pratica da un solo partito, che in qualche caso non ha brillato per rispetto della volontà degli elettori.

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Quel che sembra risultare è che i partiti alla fine si rendano da una parte più autonomi dagli elettori grazie alla nuova legge elettorale, dall’altra cerchino di limitare l’autonomia del Presidente direttamente investito dal corpo elettorale con un sistema di contrappesi che rafforza il Consiglio, la cui legittimazione democratica è tuttavia minore in considerazione dei due sistemi di elezione.

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Il più votato alle elezioni Primarie nella provincia di Lucca è stato scavalcato nell’ordine di lista da un

candidato “paracadutato” da Firenze e da un elemento dell’altro partito che partecipava alla lista: alla fine

l’unico candidato scelto direttamente dagli elettori è stato eletto come “supplente” del capolista, divenuto

poi assessore alla «Cooperazione internazionale, perdono e riconciliazione tra i popoli».

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