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Academic year: 2021

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4. Discussione

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I risultati riportati in questa tesi mostrano che l’aldoso reduttasi esibisce, utilizzando il D-glucosio come substrato, un comportamento cinetico non micheliano, descrivibile come una apparente cooperatività negativa (Fig. 8), che nel grafico dei doppi reciproci dà origine a due tratti lineari con diversa pendenza. Questo comportamento è stato evidenziato anche con altri aldosi a 5 e 6 atomi di carbonio, quali L-idoso, D-ribosio, D-galattosio e D-xilosio (Fig.14 - 17 ). Al contrario, con lo stesso preparato enzimatico, ma utilizzando aldosi a 3 e 4 atomi di carbonio (HNE, GAL, 4- nitrobenzaldeide, L-treoso e D-eritrosio, Fig. 9 - 13) si è osservato un comportamento cinetico di tipo micheliano. Potendosi escludere fenomeni di reale cooperatività, essendo l’aldoso reduttasi una proteina monomerica, risultati simili a questi sono stati spiegati in passato presupponendo l’esistenza, nel preparato proteico utilizzato, di più forme enzimatiche agenti con diversa affinità sul medesimo substrato. Addirittura anche il comportamento micheliano osservato con la gliceraldeide potrebbe essere compatibile con la presenza di più forme enzimatiche. Infatti è stato dimostrato ( Grimshaw et al. 1990) che aldosi a catena corta sono in grado, in forma enolica, di reagire con il NADP+ generando addotti che esercitano un effetto inibitorio sull’attività aldoso reduttasica. Tale effetto inibitorio andrebbe a sua volta a mascherare l’apparente cooperatività che si origina dalla presenza di più forme enzimatiche. Una tale ipotesi non può tuttavia spiegare il comportamento micheliano osservato sia con il 4-idrossinonenale (Fig. 10) che con la 4- nitrobenzaldeide (Fig. 11 ). Infatti l’addotto enolo-NADP+ non potrebbe generarsi né con l’idrossinonenale, per la sua preferenzialità a subire un attacco nucleofilo sul carbonio 3, piuttosto che ad agire come nucleofilo nei confronti dell’anello piridinico del cofattore, né tantomeno con la 4-nitrobenzaldeide, che non può trovarsi in forma enolica.

In questa sperimentazione, l’utilizzo di un preparato enzimatico altamente purificato e il mantenimento dell’enzima in condizioni riducenti, garantite dalla presenza del DTT 2 mM, oltre che durante i passaggi di purificazione, nel tampone in cui è conservato il preparato, e nel caso del glucosio, anche nella miscela di saggio (in questo caso in concentrazione 0,1 mM onde evitare fenomeni di inibizione ad opera del composto sulfidrilico) ha permesso di escludere il realizzarsi di modifiche ossidative della proteina e quindi l’esistenza di più forme enzimatiche.

E’ noto che l’aldoso reduttasi è in grado di agire solo sulla forma aldeidica libera degli aldosi (Inagaki et al., 1982) e al tempo stesso è incapace di catalizzare l’apertura dell’anello emiacetalico degli zuccheri (Grimshaw, 1986) . Al fine di spiegare l’apparente cooperatività osservata è stato

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quindi ipotizzato che la forma emiacetalica possa esercitare una inibizione parziale nei confronti della riduzione dell’aldeide libera, come schematizzato in fig. 13.

Figura 13. Rappresentazione schematica della possibile interazione dell’aldoso reduttasi con la forma emiacetalica e con l’aldeide libera. I simboli A e C si rifericono rispettivamente al substrato in forma aldeidica e in forma di emiacetale. Le costanti indicate con le lettere minuscole rappresentano costanti di velocità mentre Kì e Ki’ rappresentano le costanti di dissociazione rispettivamnet del complesso binario e ternario che include la struttura emiacetalica.

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La possibilità di un effetto inibitorio parziale esercitato dalla struttura emiacetica trova conferma nella progressiva riduzione della velocità di riduzione del L-idoso osservata a seguito dell’aumento della concentrazione di emiacetale per aggiunta di glucosio (Fig.18 ). A tale riguardo si è rivelato particolarmente vantaggioso l’utilizzo del L-glucosio. Infatti questo aldoso, differentemente dal suo enantiomero D, non viene riconosciuto come substrato dall’aldoso reduttasi, almeno fino alla concentrazione di 30 mM. Pertanto, mediante sue aggiunte progressive, è stato possibile aumentare la concentrazione della forma acetalica senza contribuire all’incremento di attività legato alla riduzione dell’aldeide libera. E’ da sottolineare come l’effetto inibitorio misurato (circa il 17% di inibizione in presenza di 3o mM di L-glucosio) sia sicuramente sottostimato, non essendo possibile effettuare una misura dell’attività aldoso reduttasica sugli aldosi in assenza completa di emiacetale. I risultati ottenuti suggeriscono che tale effetto inibitorio possa venir esercitato da strutture emiacetaliche di diversi zuccheri, mentre non sembra ascrivibile alle strutture emichetaliche, almeno nel caso del D-fruttosio e del D-sorbosio. Tuttavia, sia utilizzando L-treoso che D-eritroso, si osserva per l’aldoso reduttasi un comportamento micheliano (Fig 12 e 13). E’

possibile che le strutture emiacetaliche furanosidiche di questi due aldosi a 4 atomi di carbonio non siano in grado di esercitare effetto inibitorio, oppure che il rapporto tra emiacetale e forma ladeidica libera sia troppo basso perché l’effetto inibitorio si faccia sentire. Non è possibile escludere infine che la forma aldeidica libera del substrato possa, grazie al ridotto ingombro, accedere al sito catalitico anche in presenza dell’emiacetale.

Effettuando misure di velocità di reazione al variare della concentrazione di substrato mantenedo fissa la concentrazione dell’emiacetale è stato possibile valutare l’effetto dell’emiacetale sui parametri cinetici dell’aldoso reduttasi nei confronti dell’L-idoso. (fig. 19). Sia la Kmapp che la Vmax

app mostrano la tendenza ad un progressivo aumento con l’incremento della concentrazione di emiacetale. A questo riguardo, tramite simulazione al computer, è stato possibile valutare un incremento di circa 3 volte nella Kmapp e di circa 1,2 volte nella Kcat.

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