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La deontologia professionale svolge un'importante funzione sociale: le regole deontologiche rispondono ad aspettative sociali consolidate

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Perché occuparsi oggi di deontologia professionale? Parte della risposta viene dall'esigenza del sistema-giustizia di recuperare credibilità.

La deontologia professionale svolge un'importante funzione sociale: le regole deontologiche rispondono ad aspettative sociali consolidate.

Il rispetto di tali norme risulta essere generatore di fiducia, e viceversa la loro violazione mina le basi dell'affidamento di cui la pratica giuridica ha bisogno per funzionare correttamente -la deontologia forense contribuisce infatti alla legittimazione della funzione giudiziaria- mentre la sua necessità può nascere dal bisogno di correggere comportamenti devianti più o meno diffusi.

Nel mondo giuridico occidentale l'organo che esercita il potere giurisdizionale è sotto osservazione, e la ragione fondamentale riguarda la presa di coscienza della centralità della sua funzione in un nuovo modo di atteggiarsi del diritto, dell'ordinamento giuridico,del sistema delle fonti e della pratica giuridica.

Dal carattere cruciale della funzione giurisdizionale deriva una considerazione rafforzata delle esigenze etiche di chi la esercita.

Una questione preliminare riguarda la convenienza e la necessità dei codici deontologici. Sembra che meno si rispetti la deontologia, più sia necessario codificarla, renderla nota, diffonderla.

Parlando di deontologia professionale ci riferiamo allora ad un insieme di regole, quindi in qualche misura un apparato normativo formalizzato e dotato di sanzioni.

Tali regole hanno come una caratteristica saliente, quella di aver origine e funzione non nella generalità dei consociati di un determinato gruppo bensì in un

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ambito più ristretto, selezionato in ragione di un criterio di afferenza professionale. Non le elabora dunque necessariamente lo Stato, ed al contrario sono generalmente frutto di autoregolamentazione, e nell'esperienza italiana vengono applicate da collegi giudicanti anch'essi originati dalla stessa categoria.

Per queste loro caratteristiche le regole di deontologia professionale godono di una relativa autonomia, così da essere state inquadrate da alcuni all'interno del concetto di autonomia dei gruppi sociali, nel cui contesto è consentita la produzione e l'applicazione di norme, sia pure di interesse pubblico.

Si possono cogliere spunti interpretativi nell’insegnamento di alcuni maestri del passato, tra i quali Hegel, che distinse nettamente tra morale come istanza di orientamento alle scelte individuali, ed etica intesa originariamente come senso morale e collettivo.

In particolare egli ascrive alla sfera della c.d. “eticità” (Sittlichkeit) le istanze morali della società civile i cui soggetti protagonisti sono i gruppi organizzati, spesso proprio attorno alle professioni.

Quello che più ci interessa è proprio che a caratterizzare la società civile hegeliana (e quindi a strutturarsi secondo i moduli comportamentali dell'eticità) sono essenzialmente le professioni, quelle che Hegel chiama “corporazioni”

associazioni derivanti da una comunanza di interessi- ordinariamente organizzate attorno al lavoro e alla colleganza professionale.

Per questo motivo oggigiorno la deontologia professionale è la concretizzazione propria dell'eticità.

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Qualcosa di simile aveva affermato Durkheim nelle premesse alla seconda edizione del suo testo fondamentale “La divisione del lavoro sociale” uscita nel 1897, nel quale scrisse che: “L'attività di una professione può venire sottoposta ad una regolamentazione efficace soltanto da un gruppo vicino a tale professione anche per conoscere bene il suo funzionamento, per sentirne tutti i bisogni e per poterne seguire le varie azioni”.

La regolamentazione deontologica non si occupa principalmente delle norme che si potrebbero definire “tecniche” -vale a dire le modalità esecutive della prestazione professionale – ma fissa gli standard, descrive cioè il tipo ideale del professionista con il quale ogni membro di quel settore è tenuto a confrontarsi.

Questo tipo ideale è il modello dell'offerta di professionalità che la categoria fa al pubblico; fonda nello stesso tempo l'impegno di ognuno dei suoi membri di esserne all'altezza, nonché infine la legittima aspettativa dei consociati.

Per la figura dell'avvocato contemporaneo è stata offerta una definizione come quella di un operatore sociale con funzioni e responsabilità che trascendono il suo mero interesse personale ed economico, come anche sottolineato recentemente dal Dott. David Cerri ne “La Deontologia forense in Italia”.

E' quindi al fine che bisogna guardare per valutare il rilievo delle norme deontologiche; è stato notato come Dworkin in un suo saggio faccia riferimento alla performance del vivere e ne tratti come del “valore di un esecuzione” : essere avvocati non è esercitare un mestiere come un altro, la deontologia non può non essere un riferimento costante nei comportamenti dello stesso anche al di fuori dell'attività professionale in senso stretto: tale riferimento alla sfera privata del

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professionista è richiamato all’art.2 del nuovo codice deontologico ai sensi del quale: “Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati nella loro attività professionale nei reciproci rapporti e in quelli con i terzi; si applicano anche ai comportamenti nella vita privata, quando ne risulti compromessa la reputazione personale o l’immagine nella professione forense”.

Il rispetto delle regole contribuisce quindi alla salvaguardia ed alla promozione dell'identità professionale.

La deontologia presuppone una considerazione più ampia della professione legale, poiché non basta rispettare le regole ma è necessario considerare i risultati. Etica della responsabilità significa infatti valutare le conseguenze delle proprie azioni e chiedersi cosa accade se si agisce in riferimento a tutti coloro, in un determinato modo, oppure se non si compiono determinate azioni, nei confronti dei quali si producono le conseguenze di quei comportamenti.

L'intrinseca natura della professione forense, che la differenzia dalle altre prestazioni intellettuali, è quella di garantire alla società il rispetto dei diritti fondamentali, lo Stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge.

E' quindi evidente che la regolamentazione normativa della professione di avvocato deve assicurare, oltre all'indipendenza, all'integrità e alla responsabilità, la competenza.

L'esigenza di una formazione giuridica idonea allo svolgimento della professione forense in determinati settori è l'elemento caratterizzante delle discussioni che hanno portato il C. N. F. alla redazione di una norma apposita nel nuovo codice deontologico, in vigore dal 15 dicembre 2014, sull’ascolto del minore (art.56).

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Il presente elaborato si compone di due parti, oltre alla presente introduzione all’interno della prima parte di “inquadramento” generale della materia si collocano tre capitoli.

Nel primo capitolo si tratta delle origini della deontologia e della deontologia forense in particolare, illustrando quelli che sono gli operatori del diritto: avvocati (così come le altre figure professionali iscritte presso i Consigli degli Ordini degli avvocati) e magistrati, mettendo in luce le caratteristiche di queste figure, le funzioni che svolgono, analogie e differenze.

Il secondo capitolo rivolge l’attenzione al contesto comunitario, illustrando i principi della deontologia in Europa, riconnettendosi attraverso la disamina delle Convenzioni attinenti al tema principale al centro dell’elaborato: l’ascolto del minore, dunque la Convenzione di New York del 1989, la Convenzione di Strasburgo e la Convenzione dell’Aja del 1996.

Il terzo capitolo è quello che poi si collega all’approvazione del nuovo Codice deontologico forense, evidenziando l’evoluzione delle norme deontologiche nel nostro ordinamento, dalle origini fino alla legge di approvazione del nuovo Codice e alla riforma della figura dell’avvocato: le principali novità, i caratteri che lo connotano e naturalmente l’introduzione di un’apposita norma sull’ascolto del minore (art.56) collocata nel titolo IV intitolato “i doveri dell’avvocato nel processo”.

A ciò segue il IV capitolo, che apre la parte seconda dell’elaborato, sull’introduzione e la presentazione del succitato art.56, la disamina ed il commento ad i suoi quattro commi, volgendo l’attenzione alle tutele e alle

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garanzie di cui il minore gode all’interno dei procedimenti civili o penali che lo vedono coinvolto; non solo, l’attenzione sarà rivolta anche alla sanzione applicata all’avvocato che contravvenga agli obblighi ed ai divieti espressi nell’art.56.

Avviandosi verso la conclusione, quest’opera mostra anche nella sua concretezza la necessità della suddetta normativa attraverso casi concreti esaminati dalla giurisprudenza, nel capitolo V.

In definitiva, l’autrice ha ritenuto doveroso esaminare l’importanza dell’introduzione di questa nuova normativa attraverso un confronto tra ciò che la normativa si propone e l’effettività della sua applicazione nella realtà quotidiana, esaltandone la portata innovativa: è di fondamentale importanza, infatti, riuscire a comprendere a fondo la nuova figura dell’avvocato tracciata dal Codice deontologico, e al contempo rapportarla alle forme di tutela apprestate per il minore.

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