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La tutela cautelare nel processo amministrativo - Judicium

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Academic year: 2022

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www.judicium.it MAURO BOVE

La tutela cautelare nel processo amministrativo

SOMMARIO: 1. Funzione della tutela cautelare e tipologie di provvedimenti cautelari. – 2. Concessione del provvedimento cautelare: ordinanza collegiale in corso di causa. – 3. Rigetto della domanda cautelare. – 4.

Definizione del giudizio con sentenza semplificata. – 5. Tutela cautelare e sussistenza della potestas iudicandi. – 6. Provvedimento monocratico in corso di causa. – 7. Provvedimento cautelare ante causam. – 8. Appello cautelare. – 9. Attuazione del provvedimento cautelare. – 10. Modifica e revoca. – 11. Inefficacia del provvedimento cautelare.

1. È a tutti noto che la tutela cautelare ha nel sistema della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive una funzione servente e strumentale rispetto alla tutela dichiarativa: con essa si garantisce l’effettività di questa, nel senso che mediante la concessione di misure cautelari si neutralizzano i possibili inconvenienti che potrebbero insorgere durante il tempo necessario all’ottenimento della tutela dichiarativa. In altri termini, l’approntamento della tutela cautelare è uno dei più importanti strumenti tecnici mediante i quali l’ordinamento garantisce l’effettività della tutela dichiarativa, e quindi in ultima analisi del diritto di azione di cui all’art. 24, 1° comma, Cost., assicurando l’attuazione di quel principio chiovendiano per cui il tempo necessario per celebrare un processo non deve andare a danno della parte che ha ragione, dovendo questa ottenere la tutela del suo diritto negli stessi termini di effettività in cui l’avrebbe ottenuta se quella ragione gli fosse stata riconosciuta il giorno stesso in cui è stata proposta la domanda giudiziaria.

Insomma, la tutela cautelare fa sì che la tutela dichiarativa, se e quando arriverà, non arrivi invano, perché magari nel frattempo la situazione si è modificata al punto tale da rendere tardiva o comunque non effettiva la pur riconosciuta ragione nella causa di merito.

Se quella ora indicata è la funzione della tutela cautelare, i suoi tipici presupposti sono il periculum in mora ed il fumus boni iuris. Questo è essenziale perché evidentemente, se si tratta di garantire l’effettività della futura tutela dichiarativa, è ragionevole concedere la misura cautelare a quella parte che è probabile o quantomeno verosimile1 che avrà ragione nel merito. Quindi l’istante al fine della concessione della misura cautelare deve provare (o almeno far apparire verosimile), non che certamente sussiste la situazione giuridica

1 La verosimiglianza si riferisce propriamente all’allegazione del fatto costitutivo del diritto, mentre la probabilità si riferisce ad una sua prova, al momento provvisoria e superficiale. Il provvedimento cautelare normalmente presuppone questa più che quella. Ma, come vedremo in seguito, non è escluso che il legislatore si accontenti, a certe condizioni, della verosimiglianza. Sulla distinzione tra verosimiglianza e probabilità del diritto vedi, per tutti, le classiche pagine di CALAMANDREI, Verità e verosimiglianza nel processo civile, ora in Opere giuridiche, V, Napoli 1972, p. 615 ss., in partic. 621-622.

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www.judicium.it (diritto o interesse legittimo) di cui si afferma titolare, ma che vi sia un fumus di fondatezza della sua domanda, cioè che sia probabile la sussistenza della situazione giuridica affermata. Ma, se la tutela cautelare ha una funzione servente e strumentale rispetto alla tutela dichiarativa, altrettanto essenziale è la prova del c.d. periculum in mora, ossia del rischio che la situazione giuridica soggettiva corre per quanto possa succedere durante il tempo necessario al fine di celebrare il processo dichiarativo o per il fattore tempo in sé.

Qui emerge la distinzione tra provvedimenti cautelari conservativi e provvedimenti cautelari anticipatori, in base ai diversi tipi di pericula in mora che le situazioni giuridiche possono correre. Se il pericolo è quello di un’eventuale infruttuosità della futura sentenza per il possibile sopraggiungere, durante il tempo necessario a celebrare il processo dichiarativo, di fatti che possono rendere impossibile o molto più difficoltosa la concreta attuazione della sentenza stessa, la misura necessaria sarà di tipo conservativo. Se, invece, il pericolo è quello propriamente da tardività della sentenza, per cui il pregiudizio deriva essenzialmente dal protrarsi dello stato di insoddisfazione della situazione giuridica soggettiva, allora il provvedimento cautelare deve avere un contenuto anticipatorio degli effetti della sentenza di merito 2.

Da questo punto di vista il sistema del codice di procedura civile è completo, prevedendosi in esso sia misure cautelari tipiche, perché tipici sono sia i diritti cautelati sia i rischi da cautelare3, sia uno strumento residuale e atipico (art. 700 c.p.c.), nel senso che, ove non sia utile la concessione di una misura cautelare tipica, è possibile chiedere l’adozione di un provvedimento cautelare rispetto al quale la legge non predetermina né il tipo di periculum in mora a cui far fronte né il possibile contenuto della misura cautelare4.

Più complessa, invece, è stata la vicenda della giustizia amministrativa, nell’ambito della quale fino alla legge n. 205 del 2000 l’ordinamento, nell’art. 21 della legge TAR (n. 1034 del 1971), prevedeva esplicitamente solo la possibilità per il ricorrente di ottenere la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato5.

Questa forma di tutela cautelare era costruita unicamente con l’occhio al processo avente ad oggetto l’impugnativa di un provvedimento amministrativo ed avendo, inoltre, riguardo solo al c.d. interesse legittimo oppositivo6, che si contrappone ad un provvedimento ablativo (aggressivo), ossia ad un

2 Sulla distinzione classica che si ritrova nell’ambito della giustizia civile tra cautela conservativa e cautela anticipatoria cfr., per tutti, PROTO PISANI, Appunti sulla tutela cautelare nel processo civile, in Riv. dir. Civ. 1987, I, 109 ss., spec.

120-121.

3 Si pensi, ad esempi, ai sequestri.

4 Vedi, per tutti, LUISO, Diritto processuale civile, IV, Milano 2009, 256.

5 Sulle vicende precedenti alla legge n. 205 del 2000 vedi RICCI, Profili della nuova tutela cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., in Dir. Proc. Amm. 2002, p. 276 ss.; QUERZOLA, La tutela cautelare nella riforma del processo amministrativo: avvicinamento o allontanamento dal processo civile?, in Riv. trim. dir. Proc. Civ. 2001, p. 173 ss., spec. 175. Vedi anche NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna 2000, 223 ss. e RAIMONDI, Profili processuali ed effetti sostanziali della tutela cautelare tra giudizio di merito e giudizio di ottemperanza, in Dir. Proc. Amm. 2007, 609 ss.

6 Sui limiti della mera sospensiva dell’efficacia dell’atto impugnato vedi riassuntivamente BERTONAZZI, Brevi riflessioni sulla tutela cautelare nei confronti dei provvedimenti negativi e dei comportamenti omissivi della pubblica

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www.judicium.it provvedimento che si intromette in termini negativi nella sfera giuridica del singolo. In questa area d’intervento dell’attività amministrativa poteva ritenersi sufficiente la sospensione dell’efficacia, essenzialmente intesa come efficacia esecutiva, del provvedimento impugnato.

Ma il sistema entra in crisi nel momento in cui emerge con chiarezza come l’amministrazione possa operare in modo pregiudizievole per il cittadino anche negando a questi l’accrescimento della sua sfera giuridica. Qui emerge la figura dell’interesse legittimo c.d. pretensivo, che si contrappone ad un provvedimento di diniego dell’amministrazione a fronte di una richiesta di espansione della sfera giuridica del singolo. Ebbene, a fronte di un diniego contrapposto ad un’istanza del singolo la sospensione del provvedimento di diniego, come misura cautelare, risulta poco efficace, almeno se intesa riduttivamente come inibizione dell’esecuzione dell’atto amministrativo7. A fronte di questa esigenza la giurisprudenza, allargando le potenzialità della misura cautelare consistente nella c.d. sospensiva, inserendo in essa l’idea di una sospensione generale di tutti gli effetti giuridici dell’atto impugnato, elabora misure cautelari che vanno al di là della mera sospensiva intesa in senso tradizionale.

Emergono allora, a tutela dei c.d. interessi pretensivi, le c.d. ammissioni con riserva8, che, peraltro, ben dovevano e devono essere concesse nel rispetto di un duplice ordine di limiti: quello derivante dalla separazione dei poteri tra giudice e pubblica amministrazione e quello derivante dalla funzione strumentale della tutela cautelare, che è solo rivolta ad assicurare gli effetti della tutela dichiarativa e niente di più. Per cui, in particolare da questo secondo punto di vista, sarebbe francamente assurdo pensare che, ad esempio in riferimento all’ammissione con riserva ad un concorso od esame, il candidato che abbia vinto il concorso o

amministrazione, in Dir. Proc. Amm. 1999, 1208 ss., che riporta svariata casistica; RICCI, op. cit., 277-278; QUERZOLA, op. cit., 175 ed ivi citazioni della dottrina amministrativistica.

7 Sul punto vedi, riassuntivamente, per tutti FOLLIERI, La fase cautelare, in Giustizia amministrativa a cura di S.G.

Scoca, Torino 2009, 313 ss.

8 Vedi, fra le altre pronunce, Cons. Stato 8 ottobre 1982 n. 17, in Foro it. 1983, III, 41, che ammise con riserva i candidati all’esame di maturità che avevano impugnato il provvedimento di diniego. Nella sentenza l’adunanza plenaria affermò che in tal modo non si superavano i limiti del potere cautelare del giudice amministrativo perché

«l’ordinanza di sospensione opera sull’effetto preclusivo del provvedimento di non ammissione e per conseguenza consente l’ammissione condizionata del candidato all’esame, in via provvisoria; essa serve ad evitare che il tempo occorrente per il processo vanifichi la tutela giurisdizionale prevista dagli artt. 113 e 24 Cost., e nell’ambito del rapporto processuale esaurisce i suoi effetti, ma non sostituisce le valutazioni riservate al consiglio di classe, la cui funzione rimane integra». Infatti, in caso di accoglimento del ricorso «il giudizio di maturità rimane sospeso finché il consiglio di classe si pronunci, ora per allora, in senso favorevole per l’ammissione dell’alunno all’esame». Per altre citazioni giurisprudenziali in riferimento al periodo antecedente alla legge n. 205 del 2000 e per riflessioni sulla questione vedi, per tutti, NIGRO, op. cit., 225 e GAROFALI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell’ordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in Dir. Proc. Amm. 2002, 857 ss., spec. 873 ss. Vedi anche, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, per un quadro delle misure cautelari concedibili da parte del giudice amministrativo VIRGA, Diritto amministrativo. Atti e ricorsi, Milano 2001, 322-323.

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www.judicium.it superato l’esame, possa goderne per ciò gli effetti positivi anche in caso di successivo rigetto nel merito del ricorso avverso il diniego di ammissione9.

Ed emerge, poi, sempre a cautela degli interessi pretensivi, la contestata prassi delle c.d. ordinanze propulsive10, con le quali si ordina all’amministrazione di provvedere o di rivedere precedenti provvedimenti negativi11, come ad esempio nel caso di impugnativa del diniego di una autorizzazione, in cui in via cautelare12 si ordina all’amministrazione di concedere l’autorizzazione13.

Insomma, già prima della legge n. 205 del 2000 nella prassi emergevano14 varie tipologie di provvedimenti cautelari, da utilizzare nell’ambito della giurisdizione tipica del giudice amministrativo, ossia quella di legittimità: provvedimenti di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, esplicitamente previsti dall’art. 21 legge TAR nella sua versione originale; provvedimenti a contenuto misto a fronte di atti negativi dell’amministrazione, contenenti, oltre alla sospensione dell’efficacia dell’atto, un ordine rivolto all’amministrazione che questa è tenuta ad osservare (si tratta delle già dette ammissioni con riserva, in conseguenza delle quali l’interessato è in pratica ammesso a partecipare al concorso o alla gara, senza che sia necessario, a valle del provvedimento del giudice amministrativo, un atto di adeguamento

9 Sul punto GAROFALI, op. cit., 876, in partic. nt. 23, ove si riferisce di un orientamento giurisprudenziale che accoglie l’opinione criticata nel testo ed anche dallo stesso autore. Sempre dello stesso autore è il riferimento all’ampliamento dell’area di incidenza della cautela sospensiva intesa nel modo riferito ad altri provvedimenti di diniego, vale a dire: gli atti negativi di controllo, il provvedimento di esclusione del diritto di partecipare a procedure concorsuali per l’affidamento di appalti, i dinieghi di iscrizione in albi professionali, il diniego di provvedimenti ampliativi (autorizzazioni, concessioni). Sull’assurdità di una disposizione quale è quella contenuta nell’art. 4, comma 2bis della legge 168 del 2005 vedi poi.

10 Cfr. ad esempio Cons. Stato 28 agosto 2007 n. 4297, in Diritto proc. Amm. 2008, 856, con nota di GOISIS, Vincolo di strumentalità e misure cautelari di contenuto «propulsivo» nel processo amministrativo.

11 La mera sospensiva era ed è, invece, sufficiente a fronte di provvedimenti negativi innovativi, tali cioè da sancire la cessazione di precedenti situazioni di vantaggio: sul punto vedi, per tutti, FOLLIERI, op. cit., 316.

12 Anche sotto la spinta della giurisprudenza comunitaria, per la quale vedi, prima dell’entrata in vigore della legge n.

205 del 2000, Corte di giustizia C.E. 9 novembre 1995 C-465/93 (caso Atlanta), in Giornale di diritto amministrativo 1996, 633, sulla quale vedi, fra l’altro, le riflessioni di TRAVI, Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti fra giudice amministrativo e pubblica amministrazione, in Dir. Proc. Amm. 1997, 168 ss., spec. 172-173.

13 Per esempi si rinvia a GAROFALI, op. cit., 878 ss., in cui l’autore riferisce anche delle perplessità in riferimento a detta prassi e della posizione restrittiva della dottrina e del Consiglio di Stato, argomentata essenzialmente sulla necessità di garantire i limiti della tutela cautelare, derivanti dalla sua strumentalità rispetto alla tutela dichiarativa, limiti che impediscono alla misura cautelare sia di produrre effetti definitivi sia di produrre effetti con contenibili nei futuri effetti della decisione di merito.

14 Oltretutto la centralità della tutela cautelare pure nell’ambito del giudizio amministrativo avente ad oggetto l’impugnativa di atti era stata sottolineata dalla Corte costituzionale in diverse sentenze: la n. 284 del 1974 (in Giust.

Cost. 1974, 2371), la n. 227 del 1975 (in Giust. Cost. 1975, 1686) e la n. 8 del 1982 (in Giust. Cost. 1982, 41).

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www.judicium.it dell’amministrazione a fronte della sospensiva dell’atto negativo; fino a giungere alle c.d. ordinanze propulsive contenenti ordini di fare rivolti all’amministrazione, consistenti in ordini di provvedere in caso di silenzio-inadempimento ovvero in ordini di rivedere provvedimenti negativi15).

Così la giurisprudenza aveva attuato, si ripete già prima delle legge n. 205 del 2000, direttamente gli artt. 24 e 113 Cost. in funzione di una tutela piena degli interessi legittimi, trasformando la tutela cautelare amministrativa «non più volta, come nell’originaria idea del legislatore, a svolgere un ruolo di mera conservazione dello stato esistente prima dell’emanazione del provvedimento impugnato, bensì ad assicurare le misure di volta in volta idonee a far fronte a ritardi che potrebbero rivelarsi irrimediabili, in specie anticipando i contenuti non solo della decisione definitiva, ma anche della successiva attività rinnovatoria della pubblica amministrazione ovvero quelli dell’eventuale giudizio di ottemperanza»16.

Lo stato di maggior sofferenza, allora, sembrava restare nell’ambito della giurisdizione esclusiva, ossia nell’ambito in cui il giudice amministrativo si occupa anche di diritti soggettivi. Ma, anche in questo ambito, ancor prima della legge n. 205 del 2000, la ridotta realtà normativa offerta dal’art. 21 legge TAR fu superata nella prassi. La via fu aperta dalla Corte costituzionale, la quale, nell’ambito delle controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego, ammise la concessione di un provvedimento atipico da adeguare all’esigenza di cautela del caso concreto17. A questa pronuncia seguì, poi, quella dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato18, che, ampliando in termini generali i poteri cautelari del giudice amministrativo, anche in considerazione appunto della sua giurisdizione esclusiva, affermò che «in applicazione dell’art. 21, ultimo comma, l. n. 1034 del 1971, il giudice amministrativo è titolare del più ampio potere cautelare, anche quando conosce di diritti di natura patrimoniale nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva». Affermazione questa che portò all’altra, quella per cui il giudice amministrativo ha ogni potere cautelare che possa servire al caso

15 Queste ultime misure cautelari emergono nella prassi di vari tribunali regionali con le perplessità già prima indicate nella nota 13. È appena il caso di rilevare come a fronte dei provvedimenti negativi dell’amministrazione non è detto che la mera sospensione dell’efficacia giuridica (non solo dell’esecutorietà) del provvedimento basti a cautelare l’interesse pretensivo. Non sempre la mera negazione (sospensione) della negazione (provvedimento negativo), può attribuire al ricorrente in se sola una qualche utilità provvisoria. Qui, allora, la mera sospensione non basta, dovendosi aggiungere qualcosa di più in positivo: da ciò l’ordine, la propulsione. Ecco perché la giurisprudenza prima della legge n. 205 del 2000 era fortemente innovativa, andando, con l’elaborazione delle ordinanze propulsive, ben al di là dei limiti intrinseci della misura sospensiva prevista dal previgente art. 21 della legge TAR.

16 Così GAROFALI, op. cit., 877-878.

17 Corte cost. 28 giugno 1985 n. 190, in Giur. It. 1985, I, 1, 1297, nella quale si statuì l’illegittimità dell’art. 21, ultimo comma della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, alla luce degli articoli 3, 24 e 113 Cost., per non prevedere il potere del giudice amministrativo di adottare, nelle controversie patrimoniali di pubblico impiego, sottoposte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, i provvedimenti d’urgenza che appaiono secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito quando il ricorrente abbia fondato motivo di ritenere che durante il tempo necessario alla pronunzia di merito il suo diritto sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile.

18 Vedi Cons. Stato (ord.) 30 marzo 2000 n. 1, in Guida al diritto 2000, fasc. 15, p. 92 ss. Un resoconto sul caso di specie in QUERZOLA, op. cit., pp. 177-179.

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www.judicium.it di specie, anche quando si trovi di fronte alla tutela di crediti pecuniari, situazione in cui ben egli può disporre il pagamento anticipato delle somme di cui si tratta nella controversia.

Con la legge 205 del 2000, modificando l’art. 21, 7° comma, della legge TAR, recependo quanto ormai era già prassi, viene attribuito al giudice amministrativo, sia nell’ambito della sua giurisdizione di legittimità che in quella esclusiva, un potere cautelare a contenuto generico e atipico (sulla falsariga dell’art.

700 c.pc.)19, disponendo la norma: «Se il ricorrente, allegando un pregiudizio grave e irreparabile derivante dall’esecuzione dell’atto impugnato, ovvero dal comportamento inerte dell’amministrazione, durante il tempo necessario a giungere ad una decisione sul ricorso, chiede l’emanazione di misure cautelari, compresa l’ingiunzione a pagare una somma, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, il tribunale amministrativo regionale si pronuncia sull’istanza con ordinanza emessa in camera di consiglio».

Ma quella legge, attribuendo un vasto ed atipico20 potere cautelare al giudice amministrativo non si preoccupava di definirne i limiti, al fine di garantire la strumentalità della misura cautelare ed allo stesso tempo evitare lo sconfinamento del giudice nell’area della discrezionalità della pubblica amministrazione.

Insomma, quella legge nulla diceva di esplicito in riferimento all’ammissibilità della prassi delle c.d.

ordinanze propulsive. Per cui, se l’atipicità della misura cautelare ivi prevista era un segnale di adesione a quella prassi, tuttavia la legge non risolveva i dubbi intorno ai limiti di detta prassi che erano emersi in dottrina ed in giurisprudenza.

Il d.lgs. 104 del 2010, sul riordino del processo amministrativo21, conferma la scelta e mi pare che il suo art. 55, 1° comma, contenga una disposizione che ricalca quella precedente di cui al citato art. 21 della legge TAR, così come modificato dalla legge n. 205 del 2000. In altri termini si può dire che la vera evoluzione, dal punto di vista dei provvedimenti cautelari concedibili, sia avvenuta nella prassi prima del 2000 e poi sia stata recepita dal legislatore appunto nel 2000. Da questo punto di vista il Codice del 2010 ha semplicemente recepito l’esistente.

Restano, allora, intatti i dubbi sui limiti del potere cautelare del giudice amministrativo, sia in ordine al principio della separazione dei poteri sia in ordine all’esigenza di mantenere le possibili conseguenze della misura cautelare nei limiti della sua funzione strumentale. Insomma, restano intatti i dubbi sull’ammissibilità delle c.d. ordinanze propulsive. Ma, almeno a mio parere, sono dubbi superabili. Invero, se le perplessità del

19 Vedi, per tutti, GAROFALI, op. cit., 857 ss.; FOLLIERI, op. cit., 318; RAIMONDI, op. cit., 623.

20 L’atipicità del contenuto della misura cautelare non esclude certo che il ricorrente debba individuare la situazione fatta valere ed il tipo di tutela che per essa si richiede, perché evidentemente sta a lui individuare l’oggetto del processo strumentalmente al quale egli chiede la misura cautelare. Ma questo, però, non impone che il ricorrente debba anche individuare specificamente il contenuto della misura richiesta e che il giudice possa pronunciarsi solo nell’ambito di essa. A mio parere qui il giudice ha uno spazio di movimento, avendo come obiettivo quello di trovare la misura idonea ad assicurare gli effetti della decisione di merito che si prevede come probabile.

21 Siamo di fronte ad un vero e proprio codice del processo amministrativo. Da ora lo indicherò semplicemente come Codice.

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www.judicium.it Consiglio di Stato22 stanno, non tanto nel bene della vita da attribuire in via cautelare quanto, piuttosto, nelle modalità mediante le quali far avere all’interessato quello stesso bene della vita, mi sembra che il problema sia di poco momento.

Facciamo l’esempio del diniego di un’autorizzazione. Impugnato il diniego, l’istante chiede un provvedimento d’urgenza che cauteli il suo interesse durante il tempo necessario per ottenere il riconoscimento definitivo della sua ragione. Seguendo la prassi in discussione, il tribunale potrebbe concedere un provvedimento cautelare in cui si ordina all’amministrazione di concedere provvisoriamente la detta autorizzazione. Coloro che contestano questa prassi non ammettono la formulazione di un ordine di facere rivolto all’amministrazione, perché, essi dicono, così si darebbe in via cautelare più di quanto si può dare nella decisione di merito.

Qui a me sembra del tutto ragionevole quanto già affermato da altri, che ha rilevato come si debba stare attenti ad individuare gli effetti della decisione di merito di accoglimento: «Non vi è dubbio che tale pronuncia definitiva, oltre a caducare il diniego per effetto degli acclarati profili di illegittimità procedimentale e sostanziale, implica anche il dovere dell’Autorità amministrativa di porre in essere la necessaria attività rinnovatoria, riesaminando l’originaria istanza di adozione dell’atto ampliativo nel rispetto, ovviamente, delle indicazioni desumibili dalla pregressa decisione del giudice amministrativo ed evitando, quindi, di incorrere nuovamente nel vizio il cui riscontro processuale ha determinato l’annullamento del precedente diniego. Rispetto a tale portata effettuale della decisione definitiva non sembra assumere un contenuto esorbitante la misura cautelare che, riscontrato e dichiarato un profilo di ritenuta illegittimità del provvedimento amministrativo di diniego, invita l’Amministrazione a pronunciarsi nuovamente sull’originaria istanza volta al rilascio del provvedimento ampliativo, giungendo ad imporre l’adozione dello stesso allorché manchino ulteriori ragioni ostative, diverse da quelle estrinsecate nell’atto negativo sospeso: anche in quest’ultimo caso, infatti, il giudice, senza in alcun modo invadere l’area riservata all’amministrazione, in testa alla quale ben possono residuare spazi di autonoma e discrezionale valutazione, si limita a dichiarare, con l’invito ad una rimeditata riedizione del potere, un dovere comportamentale che, in quanto automaticamente proprio della sentenza di merito, ben può essere ricondotto, naturalmente in via anticipata e provvisoria, alla strumentale e servente misura cautelare»23.

Insomma, se in caso di vittoria il ricorrente otterrebbe, non solo l’annullamento del diniego, ma anche l’insorgere di un dovere di conformazione in capo all’amministrazione, che, in mancanza di spazi di discrezionalità nel caso di specie24, ben dovrebbe concedere il provvedimento in origine negato, la misura cautelare avente come contenuto un ordine di provvedere in via provvisoria avrebbe effetti circoscrivibili

22 Sulle quali vedi GAROFALI, op. cit., 883, che cita un’ordinanza del 30 maggio 2000 n. 2586.

23 GAROFALI, op. cit., 884-885.

24 Ovviamente, se nel caso vi sono spazi di discrezionalità dell’amministrazione, il discorso cambia, perché evidentemente qui emerge la necessità di rispettare il principio della separazione dei poteri tra giurisdizione ed amministrazione.

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www.judicium.it nell’ambito della futura decisione di merito, in ipotesi favorevole all’istante25, pronta a cadere, con tutte le conseguenze, in caso di esito infausto della causa di merito. Ed, allora, la prassi delle ordinanze propulsive non ha niente di inammissibile.

Né si può dire che le ordinanze propulsive darebbero un assetto sostanzialmente definitivo alla situazione, contraddicendo la necessaria provvisorietà della misura cautelare e così usurpando ciò che spetta alla decisione di merito. Invero il provvedimento adottato dall’amministrazione in ottemperanza all’ordine cautelare del giudice non può che essere “precario”, essendo esso destinato a cadere nell’eventualità di un successivo rigetto del ricorso in merito26. E lo stesso deve valere nelle c.d. ammissioni con riserva: se l’istante è, in via cautelare, ammesso con riserva ad un esame o ad un concorso, ove il ricorso sia rigettato nel merito, cadendo con ciò il provvedimento cautelare, devono cadere anche tutti gli atti conseguenti. Se così non fosse si contraddirebbe la strumentalità e, quindi, la necessaria provvisorietà della tutela cautelare27. A meno che la legge non crei esplicitamente degli strumenti in cui il nesso di strumentalità in qualche misura cade. Si legga a tal proposito il comma 2-bis dell’art. 4 della legge 17 agosto 2005 n. 168, ai sensi del quale:

«Conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela». Insomma, se un aspirante avvocato è ammesso in via cautelare a sostenere gli orali, a cui la commissione non lo aveva ammesso, e viene promosso, l’eventuale rigetto nel merito del ricorso giurisdizionale non gli sottrae la promozione28.

Una norma del genere rasenta l’assurdo, probabilmente in nome di un malinteso senso di tutela dell’affidamento. E male ha fatto la Corte costituzionale29 a salvare una disposizione del genere, perché, incentrandosi sulla ragionevolezza di una asimmetria di poteri processuali tra il cittadino e l’amministrazione

25 Per essere chiari: come la sentenza di accoglimento annulla il diniego e fonda un dovere di conformazione dell’amministrazione, lo stesso effetto può avere la misura cautelare anticipatoria. Questa, quindi, anticipa gli effetti della sentenza di merito (probabile), ma non anticipa il provvedimento amministrativo che l’amministrazione dovrà adottare dopo la sconfitta in giudizio. In altri termini, il giudice della cautela non può dare in via provvisoria l’autorizzazione, ma solo, ritenendo in via provvisoria l’illegittimità del diniego, ordinare all’amministrazione la concessione in via provvisoria dell’autorizzazione.

26 Nello stesso senso condivisibilmente GAROFALI, op. cit., 887 ss. Altro è che l’amministrazione si convinca di avere torto e conceda, in via di autotutela, quel provvedimento che prima aveva negato. In tal caso, non fondandosi la determinazione dell’amministrazione sull’ordine cautelare, ma su una sua propria rivalutazione del potere amministrativo, il nuovo atto, superando il primo diniego impugnato di fronte al giudice amministrativo, rappresenta una sopravvenuta ragione di cessazione della materia del contendere nel giudizio di merito.

27 Così giustamente TRAVI, op. ult. cit., 175.

28 Esempio ripreso in FOLLIERI, op. cit., 321, il quale riferisce di analoga giurisprudenza in ordine ad altre ammissioni con riserva.

29 Corte cost. 9 aprile 2009 n. 108, in Giur. Cost. 2009, 1057 e in Foro it. 2009, I, 1649.

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www.judicium.it e, quindi, sulla tutela della certezza dei rapporti giuridici e dell’affidamento del cittadino, ha perso di vista il vero punto che era ed è in gioco, ossia il concetto stesso e la funzione della tutela cautelare nel sistema.

Invero, la tutela cautelare porta sempre con sé una situazione di provvisorietà e precarietà ed essa è destinata ad essere superata dalla sentenza di merito e, quindi, a cadere se la situazione giuridica a cautela della quale essa è stata concessa si rivela insussistente. Perfino i provvedimenti anticipatori a strumentalità attenuata di cui oggi è traccia nella disciplina del codice di procedura civile non vengono meno a questo principio. È vero che alla loro concessione può non seguire l’instaurazione della causa di merito. Ma è anche vero che la loro efficacia non può mai stabilizzarsi, essendo sempre possibile che la regola in essi stabilita sia superata successivamente nell’ambito di un processo dichiarativo sulla stessa situazione giuridica cautelata.

In altri e definitivi termini, ammettere che un provvedimento cautelare, che nasce al solo fine di assicurare provvisoriamente gli effetti della probabile (al momento) decisione nel merito, non sia superabile a causa della sentenza che poi nega la ragione a colui che l’ha ottenuto significa vulnerare la posizione giuridica della controparte e l’effettività del suo diritto di difesa.

Oggi possiamo dire che lo spettro della tutela cautelare nella giustizia amministrativa è piuttosto ampio. Insomma, anche in questo ambito possiamo dire che la tutela cautelare svolge pienamente il suo ruolo di garantire l’effettività della tutela dichiarativa, sia questa rivolta alla tutela di diritti soggettivi30 o alla tutela di interessi legittimi. Ed anche in questo ambito, vista la funzione della tutela cautelare, si ripropone per l’istante la necessità di provare i due classici presupposti della tutela cautelare. Sia il c.d. periculum in mora, richiamato dal primo comma dell’art. 55 del Codice, quando si prevede che il ricorrente debba allegare

«un pregiudizio grave ed irreparabile31 durante il tempo necessario a giungere alla decisione di merito», sia il

30 Si tenga presente che, recependo la posizione precedente della Corte di cassazione, oggi il Codice attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo anche le controversie in materia di risarcimento del danno da lesione degli interessi legittimi (articoli 7 e 30), ancorché esse siano instaurate a prescindere dall’esercizio dell’azione d’impugnativa avverso il provvedimento amministrativo. Ma, la cosa singolare è che queste controversie sono attribuite alla giurisdizione, non esclusiva, bensì di legittimità del giudice amministrativo (vedi il comma 4 dell’art. 7), partendo dal presupposto che qui la situazione giuridica azionata non sia un diritto soggettivo, ma l’interesse legittimo. Insomma in queste norme emerge l’idea, sostenuta in precedenza dalla Corte di cassazione, secondo la quale la pretesa risarcitoria sarebbe solo una forma di tutela dell’interesse legittimo e non un diritto soggettivo. Su quanto a me non sembri corretta questa idea vedi, se vuoi, BOVE, Il principio della ragionevole durata del processo nella giurisprudenza della Corte di cassazione, Napoli 2010, pp. 55 ss.

31 “Irreparabilità” che non va intesa allo stesso modo in cui la si intende tradizionalmente nell’interpretazione dell’art.

700 c.p.c., ma, se così possiamo dire, in modo più elastico. Invero, già la previsione per cui il giudice amministrativo può, fra l’altro, ingiungere di pagare una somma in via provvisoria fa ritenere che quella “irreparabilità” vada vista in termini poco rigidi, se è vero che in riferimento alle obbligazioni a contenuto pecuniario un’irreparabilità del danno è concepibile in casi molto rari, ossia solo quando esse abbiano una funzione alimentare. Sul punto vedi già all’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 205 del 2000 RICCI, op. cit., pp. 304 ss. Del resto, che quella “irreparabilità” sia da vedere nell’ambito della giustizia amministrativa in termini elastici emerge anche dalla previsione del secondo comma dell’art. 55 del Codice, perché se il venire in gioco di diritti fondamentali della persona rileva, non tanto per concepire la concessione di una misura cautelare in presenza di un pregiudizio grave ed irreparabile, quanto solo per stabilire eventualmente di subordinare la concessione della misura al pagamento di una cauzione, evidentemente il legislatore ritiene ammissibile la concessione di detta misura anche a fronte di un interesse non essenziale della persona, ossia in

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www.judicium.it c.d. fumus boni iuris, la cui essenzialità, se si ricava dalla logica stessa della tutela cautelare, è prevista, ancorché in modo meno perspicuo e direi ambiguo, come condizione per la concessione del provvedimento, quando nell’art. 55, 9° comma, del Codice, anche qui riprendendo quanto già contenuto nel citato art. 21 legge TAR dopo la legge n. 205 del 200032, si dice: «L’ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato e indica i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull’esito del ricorso», dovendo intendersi questa disposizione nel senso che intanto il giudice amministrativo può concedere la misura cautelare richiesta in quanto è verosimile che il ricorso sia accolto, non avendo alcun senso la concessione della tutela cautelare a cautela di una situazione giuridica che non ha neanche la probabilità di esistere.

A questo punto il processo di avvicinamento della giustizia amministrativa a quella civile è assai avanzato, ancorché permangano delle differenze.

La prima differenza evidente sta in ciò che, se il provvedimento cautelare concedibile nell’ambito della giustizia amministrativa è rivolto al fine di assicurare gli effetti della decisione sul ricorso, evidentemente non sono qui concepibili provvedimenti volti ad assicurare la completezza dell’istruttoria, ossia quelli che nel codice di procedura civile sono indicati come procedimenti di istruzione preventiva agli articoli 692 ss., situazione questa che potrebbe essere vista con qualche sospetto di costituzionalità alla luce dell’effettività del diritto di azione33.

La seconda differenza, meno evidente, ma tendenzialmente condivisa, sta nel rilievo per cui nell’ambito del potere cautelare atipico del giudice amministrativo non sembra rientrare anche il potere di concedere misure analoghe a quelle che tipicamente il codice di procedura civile disciplina agli articoli 670 e 67134. Ciò per svariate ragioni, tra le quali ne emergono due. La prima: l’idea che il provvedimento cautelare del giudice amministrativo tenda, più che a conservare una situazione al fine di garantire la fruttuosità di una futura attuazione forzata della decisione, piuttosto ad anticipare gli effetti della decisione di merito. La seconda: l’idea che il rischio della futura insolvenza dell’amministrazione ovvero della distruzione o alienazione del bene in contesa sempre da parte della parte pubblica possa essere più teorico che reale. Ma, francamente quanto queste due argomentazioni siano deboli non credo che si possa non vedere.

L’ultima differenza che resta, e che emergerà anche nel prosieguo del discorso, sta nel fatto che nell’ambito della giustizia amministrativa non è prevista la distinzione, divenuta centrale nell’ambito della giustizia civile, tra tutela cautelare di tipo conservativo, a stretta strumentalità, e tutela cautelare di tipo anticipatorio, caratterizzata dalla c.d. strumentalità attenuata. Quand’anche, nell’ambito della giustizia presenza di una situazione che, se si dovesse richiamare l’interpretazione tradizionale dell’art. 700 c.p.c., non potrebbe mai subire interinalmente un pregiudizio “irreparabile”, tale da giustificare la concessione del provvedimento cautelare.

32 Sulla esplicitazione della condizione del fumus boni iuris nella legge n. 205 del 2000 vedi GAROFALI, op. cit., p. 862.

33 Così RICCI, op. cit., pp. 281, 283, all’indomani della legge n. 205 del 2000. Ma il rilievo vale anche oggi alla luce dell’entrata in vigore del Codice.

34 Così ancora RICCI, op. cit., pp. 281-283.

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www.judicium.it amministrativa, si possa prefigurare un provvedimento cautelare a contenuto anticipatorio (tipico è quello consistente nell’ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria), ossia tale per cui in sede cautelare si ottiene un provvedimento che ha un contenuto analogo a quello che sarà, in caso di vittoria dell’attore, il contenuto della decisione di merito35, concedibile, come vedremo essere oggi possibile, prima dell’instaurazione del processo di merito, nell’ambito di essa, tuttavia, la tutela cautelare a strumentalità attenuata non è prevista, dovendosi sempre instaurare la causa di merito. Ma, allora, nell’ambito della giustizia amministrativa non si pone né il problema della concedibilità di provvedimenti che, per essere a contenuto assicurativo, tale da disciplinare in via provvisoria la situazione controversa, impartendo ordini, divieti, limitazione di poteri, sospensione degli effetti di un atto, ecc., pongono una norma concreta della situazione litigiosa non propriamente coincidente con quella che sarà, in ipotesi, la norma concreta che porrà la sentenza di merito36, né, tantomeno, il problema di una loro possibile sopravvivenza rebus sic stantibus senza l’instaurazione del processo di merito37, perché, si ripete, se anche essi sono stati ottenuti ante causam, il Codice del processo amministrativo, a differenza del codice di procedura civile, non prevede alcuna possibilità che al provvedimento cautelare non segua l’instaurazione della causa di merito. In ultima analisi, l’ampia formulazione della legge consente al giudice amministrativo di plasmare il contenuto della tutela cautelare richiesta alla situazione concreta, ossia al tipo di periculum in mora che nel caso emerge.

Riprendendo i concetti e la terminologia tradizionale tipicamente utilizzati in riferimento al processo civile, il giudice, pronunciando un provvedimento cautelare che è sempre strettamente strumentale ad un processo dichiarativo, sia questo già pendente o meno, può dare ad esso un contenuto sia di tipo squisitamente conservativo, sia di tipo squisitamente anticipatorio, sia, infine, di tipo assicurativo, che, nel linguaggio del processualcivilisti, indica quel peculiare provvedimento cautelare che al momento (zur Zeit) soddisfa l’istante, dando una regola provvisoria alla situazione litigiosa.

35 Ed, anzi, a detta di certa dottrina i provvedimenti “assicurativi” ottenibili dal giudice amministrativo sarebbero essenzialmente di tipo anticipatorio, piuttosto che conservativo: vedi RICCI, op. cit., pp. 284-285, in riferimento al previgente testo dell’art. 21, 7° comma, legge TAR, con argomenti che valgono anche a fronte dell’attuale art. 55 del Codice (Ricci ricava l’assunto essenzialmente dal rilievo per cui la detta norma avrebbe in sostanza recepito lo strumento disciplinato nell’art. 700 c.p.c., sul presupposto che detto strumento si riferisce esclusivamente ad una tutela cautelare di tipo appunto anticipatorio).

36 In fondo si tratta di provvedimenti a metà strada tra una pura cautela conservativa ed una pura cautela anticipatoria. Mi sembra quindi un po’ rigida la posizione di RICCI, op. cit., pp. 285-286, il quale, riprendendo sul punto la dottrina tradizionale in materia di art. 700 c.p.c., afferma che nel processo amministrativo la tutela cautelare anticipatoria non possa dare niente di più e di diverso da quello che si potrebbe ottenere in sede di merito. Piuttosto è vero che un provvedimento di tipo “assicurativo” può avere solo un’efficacia precaria e temporanea.

37 Sul punto si discute. Vedi, se vuoi, una sintesi in BOVE, Evitare il processo?, in Il giusto processo civile2008, pp. 61 ss., in partic. pp. 74-75. A mio parere i c.d. provvedimenti assicurativi non possono essere assoggettati alla disciplina della strumentalità attenuata quantomeno perché, se così fosse, potrebbero sopravvivere senza limiti di tempo assetti di interessi non contemplati dalla legge sostanziale, che solo momentaneamente è dato al giudice di approntare.

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www.judicium.it 2. La grande ed importante novità del Codice sta nell’aver previsto la possibilità di concedere la tutela cautelare anche ante causam, ossia prima dell’instaurazione del processo di merito, possibilità questa che non era data prima, neanche a seguito della legge n. 205 del 200038, ancorché questa legge sia stata fortemente innovativa, essendo emersa solo successivamente e settorialmente nell’art. 245 del Codice dei contratti pubblici. Tuttavia, come vedremo, l’idea di fondo che emerge nel Codice resta quella per cui la tutela cautelare è intimamente legata al giudizio di merito, non solo nel senso che il giudice della cautela è quello stesso giudice che è competente per il merito39, ma più specificamente nel senso che non si dà tutela cautelare a prescindere dal processo dichiarativo strumentalmente al quale essa è concessa, secondo una logica di strettissima strumentalità. È vero che, come vedremo, la misura cautelare è ottenibile anche ante causam, ma è anche vero che, per un verso, essa non può sopravvivere se non viene immediatamente instaurato il relativo processo dichiarativo e, per altro verso, essa deve essere confermata dal collegio che si occupa del merito, altrimenti decade.

Il procedimento diciamo così “ordinario” prevede che la tutela cautelare sia chiesta e concessa in corso di causa dal collegio. Il Codice, superando l’assetto legislativo precedente, disciplina anche la forma della domanda cautelare, specificando che il ricorrente possa presentarla nello stesso ricorso con cui introduce la causa o con distinto ricorso notificato alle altre parti (art. 55, 3° comma)40. Il tribunale si pronuncia sull’istanza in presenza delle seguenti condizioni:

a) che sia stata presentata istanza di fissazione dell’udienza di merito41, salvo che questa non debba essere fissata d’ufficio (art. 55, 4° comma)42;

b) che siano decorsi 20 giorni dal perfezionamento dell’ultima notificazione, anche per il destinatario, ed almeno 10 giorni dal deposito del ricorso (art. 55, 5° comma);

38 All’indomani dell’entrata in vigore della citata legge GAROFALI, op. cit., p. 863 rilevava che il legislatore, se aveva introdotto la possibilità di una tutela cautelare monocratica, non aveva tuttavia intaccato «l’assunto della non esportabilità nel processo amministrativo di una tutela cautelare preventiva o ante causam».

39 Idea questa propria anche del codice di procedura civile.

40 Ma in ciò la legge recepisce quanto già prima si sosteneva (cfr. FOLLIERI, op. cit., 324), anche se poteva capitare che alcuni giudici decidessero sulla domanda cautelare senza che fosse stata presentata istanza di fissazione dell’udienza (così FERRARI, Il nuovo codice del processo amministrativo, Roma 2010, 206, in cui si rileva: «Ciò comportava la possibilità che, ove tale istanza non fosse presentata neanche in un secondo momento, permanessero gli effetti di una sospensiva eventualmente accolta fino alla dichiarazione di perenzione del ricorso, che non poteva comunque essere portato in udienza per essere deciso nel merito»).

41 Sulla quale vedi l’art. 71 del Codice

42 Qui, attuando la delega (art. 44, 2° comma, sub lett. f) n. 1 della legge n. 69 del 2009, nel quale, attribuendo al Governo il compito di riordinare la tutela cautelare gli si imponeva di prevedere che «la domanda di tutela interinale non può essere trattata fino a quando il ricorrente non presenta istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito»), si risolve un contrasto giurisprudenziale, perché si discuteva se l’omessa istanza di fissazione dell’udienza di discussione per il merito, impedendo l’esame del ricorso nel merito, precludesse o meno l’esame dell’istanza cautelare.

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www.judicium.it c) che il giudice si ritenga competente (art. 55, 13° comma)43.

Il collegio si pronuncia sulla domanda cautelare avendo presenti memorie e documenti depositati fino a due giorni prima della camera di consiglio (art. 55, 5° comma, ultimo inciso) ed anche documenti (ma non memorie) che siano depositati nella stessa camera di consiglio con consegna di copie alle altre parti fino all’inizio della discussione, se a ciò vi è l’autorizzazione del collegio “per gravi ed eccezionali ragioni” (art.

55, 8° comma)44. Peraltro, si tenga presente che in sede cautelare il giudice non deve svolgere una cognizione piena, dovendosi accontentare solo del fumus boni iuris, ed infatti l’art. 55, 7° comma dice che la trattazione si “svolge oralmente ed in modo sintetico”. Va, quindi, preso col classico grano di sale il disposto dell’art.

55, 12° comma, in virtù del quale in sede di esame della domanda cautelare «il collegio adotta, su istanza di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell’istruttoria e l’integrità del contraddittorio». Una cosa è l’ovvia necessità di assicurare l’integrità del contraddittorio. Altro è assicurare la completezza dell’istruttoria, esigenza questa che, se è imprescindibile al fine di decidere la causa nel merito, va presa in modo più elastico al fine di decidere sulla domanda cautelare, per la quale non conta l’accertamento della situazione giuridica soggettiva (diritto soggettivo o interesse legittimo), ma solo la sua probabilità, il fumus appunto.

Tuttavia, la pronuncia del provvedimento cautelare presuppone un contraddittorio effettivo in termini di eventualità, nel momento in cui l’art. 55, 7° comma, riprendendo quanto già era previsto nell’art. 21 della legge TAR, così come modificato dalla legge n. 205 del 2000, dice che i difensori delle parti sono sentiti nella camera di consiglio ove ne facciano richiesta, disposizione questa discutibile e che, comunque, va interpretata almeno nel senso che basta anche la richiesta di uno dei difensori, non essendo necessaria una richiesta concorde di entrambi45.

Sulla domanda cautelare il tribunale, sia che la rigetti sia che la accolga, decide con ordinanza (art. 33, 1° comma, lett. b) e art. 55). Vediamo il contenuto di questo provvedimento, distinguendo tra elementi necessari ed elementi eventuali.

L’ordinanza deve necessariamente contenere la motivazione, elemento che, se era già previsto nel previgente art. 21 della legge TAR, è ora indicato nell’art. 55, 9° comma del Codice. Alcuni46 invocano qui, come fondamento dell’obbligo di motivazione, anche l’art. 3, 1° comma del Codice, il quale prevede che ogni provvedimento decisorio del giudice è motivato. Ma si potrebbe dubitare del fatto che il provvedimento cautelare sia un provvedimento decisorio, essendo esso sommario e precario47. Tuttavia la questione risulta

43 Sulla questione di competenza vedi infra nel paragrafo 5.

44 Insomma, per chi si costituisce solo alla camera di consiglio ci sarà certamente la possibilità di essere ascoltato, ma non anche la possibilità di depositare memorie. Mi sembra, invece, che resti uno spazio per essere ammessi a depositare documenti ove il collegio ritenga che vi siano le “gravi ed eccezionali ragioni” di cui parla il comma 8.

45 Sul punto, in relazione al precedente art. 21 della legge TAR, vedi QUERZOLA, op. cit., pp. 184-185.

46 FORLENZA, Procedimento cautelare, in Guida al diritto 2010, fasc. 32, 68 ss., spec. 71.

47 Per queste ragioni tradizionalmente si nega al provvedimento cautelare, anche quello a contenuto anticipatorio, la qualifica della decisorietà: vedi LIEBMAN, Unità del procedimento cautelare, in Riv. dir. Proc. Civ. 1954, I, 248 ss., spec.

251-252; TOMMASEO, I provvedimenti d’urgenza, Padova 1983, 147 ss., il quale, partendo dall’osservazione che è decisorio «non tanto il provvedimento che incide su diritti, ma il provvedimento che incide su questi diritti nell’ambito di un accertamento – comunque eseguito - di una concreta volontà di legge, diretto a rendere incontestabile e

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www.judicium.it solo teorica, perché l’ordinanza cautelare va certamente motivata sia perché lo dice esplicitamente il citato comma 9 dell’art. 55 sia perché altrimenti a ciò si sarebbe dovuti arrivare quantomeno in applicazione dell’art. 134 c.p.c., posta la previsione dell’art. 39 del Codice, in virtù del quale per «quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali», che richiama quanto già era contenuto nell’art. 44 della legge delega (la n.

69/2009), nel quale si ricordava che le norme del c.p.c. sono “espressione di principi generali” con i quali il Codice del processo amministrativo deve confrontarsi ed ai quali le norme di questo devono coordinarsi.

Ovviamente il tribunale deve motivare sia sul fumus boni iuris sia sul periculum in mora, ossia sulla probabilità dell’accoglimento del ricorso, ossia della fondatezza della domanda di merito, e sul pericolo di grave e irreparabile pregiudizio.

Altro contenuto essenziale dell’ordinanza, sia che la domanda cautelare venga accolta sia che essa venga respinta, attiene alla pronuncia sulle spese. A tal proposito l’art. 57 dispone: «Con l’ordinanza che decide sulla domanda il giudice provvede sulle spese della fase cautelare. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza».

Questa previsione rappresenta una novità, perché nel previgente art. 21 legge TAR era prevista, non l’obbligatorietà, ma solo la possibilità di una pronuncia “provvisoria” sulle spese del procedimento cautelare e solo in caso di rigetto della domanda cautelare (nel merito o in rito, per improcedibilità o irricevibilità), previsione che poteva suscitare anche qualche dubbio di legittimità costituzionale48.

Quanto, poi, al possibile contenuto della pronuncia sulle spese si deve rinviare all’art. 26 del Codice ai sensi del quale il giudice amministrativo deve provvedere sulle spese secondo gli articoli 91 ss. del codice di procedura civile.

La previsione contenuta nel citato art. 57 si allontana da quanto è stabilito nel codice di procedura civile, nell’ambito del quale il provvedimento assunto in corso di causa sulla domanda cautelare non si occupa delle spese, occupandosene, al contrario, solo il provvedimento pronunciato ante causam, ma unicamente se: a) è un provvedimento di rigetto della domanda cautelare (art. 669-septies, 2° comma) o b) è un provvedimento di accoglimento che concede una cautela anticipatoria a strumentalità attenuata (art. 669- vincolante il giudizio così operato dall’organo giurisdizionale», arriva a dire, in relazione ai provvedimenti d’urgenza, che la loro disciplina normativa «mostra come dato incontestabile che essi sono privi dell’attitudine a divenire immutabili e quindi di quella condizione necessaria per riconoscere in essi un carattere decisorio», op. cit., 152-153.

Discorso questo che non è intaccato dalla successiva introduzione della c.d. strumentalità attenuata in riferimento ai provvedimenti cautelari anticipatori. Ma spesso la giurisprudenza è andata di diverso avviso.

48 La norma era aspramente criticata in dottrina, per la quale vedi FOLLIERI, op. cit., 336. Sui dubbi di legittimità costituzionale la Corte Cost. 23 ottobre 2009 n. 265, in Foro it. 2009, I, 3269 aveva concluso per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 cost. dell’art. 21, comma 11, della legge n.

1034/1971, così come modificato dalla legge n. 205 del 2000, nella parte in cui non prevedeva che con l’ordinanza di accoglimento della domanda cautelare il giudice potesse provvedere in via provvisoria sulle spese del procedimento cautelare medesimo. Infatti, diceva la Consulta, la norma censurata, mirando a disincentivare un ricorso indiscriminato alla tutela cautelare, costituendo una remora a domande cautelari palesemente infondate, appare il frutto dell’esercizio non irragionevole della discrezionalità di cui gode il legislatore ordinario nel configurare gli istituti processuali, dovendosi altresì escludere la lesione del diritto di difesa, poiché la parte privata vittoriosa nella fase cautelare ben può ottenere il rimborso delle spese relative a questa fase ove risulti vittoriosa nel merito.

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www.judicium.it octies, 7° comma). Insomma nel processo civile la definizione delle spese per il solo procedimento cautelare avviene unicamente nell’eventualità che non sia certa la celebrazione del processo sul merito della causa, perché in caso contrario le spese vengono definite una volta per tutte (comprendendo anche il procedimento cautelare) nell’ambito della decisione che statuisce sulla causa di merito.

Al contrario, evidentemente, nel processo amministrativo la questione delle spese viene vista in modo autonomo per il procedimento cautelare: comunque esse vanno liquidate e separate dalle spese che interesseranno la causa di merito; se poi nella decisione sul merito del ricorso si vorrà tornare su quanto deciso in fase cautelare lo si potrà fare, ma ciò andrà esplicitato. Invero, il citato art. 57 prevede chiaramente che la pronuncia sulla spese assunta in sede cautelare non è travolta dalla decisione nel merito, aggiungendo che questa può diversamente statuire: deve, quindi, essere una scelta esplicita.

Passando ora agli elementi non necessari, si parta col considerarne uno che è legato ad un solo esito della domanda cautelare. Se questa è accolta, nell’ordinanza il giudice deve fissare la data dell’udienza per la discussione nel merito del ricorso; se questa fissazione non è contenuta nell’ordinanza, ove essa sia appellata, il Consiglio di Stato, se conferma il provvedimento cautelare, dispone che il TAR fissi la detta udienza (art.

55, 11° comma, in cui si aggiunge che a tal fine l’ordinanza è trasmessa al primo giudice a cura della segreteria). Questa previsione rappresenta una novità perché il previgente l’art. 21 Legge TAR si limitava a disporre: «L’ordinanza del tribunale amministrativo regionale di accoglimento della richiesta cautelare comporta priorità nella fissazione della data di trattazione del ricorso nel merito», disposizione che evidentemente non era ritenuta sufficiente, ancorché essa pur avesse lo scopo di accelerare la definizione del processo di merito nel cui ambito fosse stata concessa la misura cautelare49. Del resto nella delega (art. 44, 2°

comma, sub lett. f) n. 3, legge n. 69/2009) era attribuito al Governo, nel riordino della tutela cautelare nell’ambito del processo amministrativo, il compito di prevedere che «nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l’istanza di fissazione di udienza non può essere revocata e l’udienza di merito è celebrata entro il termine di un anno». Qui emergeva un’esigenza di (una più) celere definizione in merito dei ricorsi in riferimento ai quali sia stata accolta una connessa e strumentale domanda cautelare. Tuttavia, non mi sembra che il Governo abbia del tutto attuato la delega, che era molto precisa nel riferimento temporale.

La concessione o il diniego della misura cautelare può, poi, essere subordinata alla prestazione di una cauzione, ai sensi dell’art. 55, 2° comma, del Codice, che, rispetto al previgente art. 21 legge TAR così come modificato dalla legge n. 205 del 200050, contiene solo precisazioni formali. La detta disposizione del Codice così recita: «Qualora dalla decisione51 sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili, il collegio può disporre la prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare. La concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di

49 Cfr. QUERZOLA, op. cit., p. 185.

50 Sul quale vedi riassuntivamente FOLLIERI, op. cit., 331.

51 L’art. 21 della legge TAR specificava: “dall’esecuzione del provvedimento cautelare”.

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www.judicium.it primario rilievo costituzionale52. Il provvedimento che impone la cauzione ne indica l’oggetto, il modo di prestarla e il termine entro cui la prestazione va eseguita»53.

Essendo cambiato ben poco rispetto a prima, mi sembra che possano qui richiamarsi i rilievi che la dottrina aveva già espresso a fronte della norma precedente54. Vorrei solo aggiungere che il concetto di irreversibilità qui va assunto in riferimento ad una situazione di fatto e non agli effetti giuridici, sul cui piano la misura cautelare, tranne casi eccezionali, non può che mantenere il suo carattere di provvisorietà. A tal proposito si faccia l’esempio banale della sospensione del diniego di autorizzazione per una manifestazione di piazza da tenersi un certo giorno: se è vero che, ottenuta la sospensiva, quando giungerà la decisione di merito ormai la manifestazione sarà stata svolta, è anche vero, però, che la decisione sulla correttezza del diniego potrà sempre avere effetti giuridici, magari sul piano risarcitorio, per cui anche in questo caso il provvedimento cautelare sarà giuridicamente travolto dalla sopravvenienza del rigetto della domanda in merito. Insomma, se la previsione di una possibile cauzione dovesse operare solo nel caso di effetti giuridici irreversibili, praticamente essa non opererebbe quasi mai.

All’enunciazione di questi principi procedurali generali, devono però seguire precisazioni in ordine ad esiti particolari.

Il primo emerge dal comma 10 dell’art. 55, il quale dice che il giudice «in sede cautelare, se ritiene che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, fissa con ordinanza collegiale la data di discussione del ricorso nel merito». Sembra55 che questo comma non comporti la pronuncia di un provvedimento cautelare, ma la rinuncia ad esso in cambio di una più sollecita fissazione dell’udienza per il merito. In pratica, a detta di alcuni56, qui si canonizzerebbe una prassi: quella per cui, giunti alla camera di consiglio, le parti d’accordo rinunciano a trattare della tutela cautelare per ottenere in cambio la fissazione a breve dell’udienza per il merito. Tuttavia, nel comma 10 dell’art. 55 non c’è traccia di richieste di parte o di loro accordi, sembrando piuttosto che il meccanismo operi d’ufficio se ci sono i presupposti. Quali siano poi questi presupposti è un mistero: sembra di capire che essi stanno nel fatto che il giudice si fa l’idea che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito. Ma che significa precisamente ciò? Che il giudice pensa che il ricorso sia fondato? O che egli pensa che le esigenze cautelari siano evidenti?

Residua, poi, il problema del non chiaro rapporto tra questa disposizione e l’art. 60 del Codice, sul quale torneremo tra breve.

52 L’art. 21 della legge TAR parlava di “interessi essenziali della persona quali il diritto alla salute, alla integrità dell’ambiente, ovvero ad altri beni di primario rilievo costituzionale”, ma praticamente siamo di fronte a norme che hanno lo stesso contenuto precettivo!

53 Questa precisazione non era fatta nell’art. 21 ndella legge TAR, ma erano disposizioni che comunque il giudice doveva assumere.

54 Vedi per tutti FOLLIERI, op. cit., 331 ss., con particolare riguardo alla possibilità che la cauzione operi come condizione sospensiva ovvero risolutiva della concessione del provvedimento cautelare ovvero del suo rifiuto.

55 Sul punto si veda FORLENZA, op. cit., 72.

56 Vedi sempre FORLENZA, loc. ult. cit.

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www.judicium.it Per il resto è possibile che la domanda cautelare sia:

a) rigettata,

b) non decisa perché la fase cautelare si trasforma in fase di decisione nel merito ai sensi dell’art. 60 del Codice,

c) non decisa nel merito per problemi di competenza.

3. Il Codice si occupa esplicitamente del rigetto della domanda cautelare nell’art. 61, 4° comma, nell’ambito della procedura ante causam. Rinviando ad un momento successivo l’analisi di questa disposizione e riferendoci per ora solo all’esito negativo di fronte al collegio, si deve rilevare come non vi sia un’esplicita disciplina dell’ordinanza di rigetto della domanda cautelare, ma solo accenni impliciti. Il primo emergente dal comma 1 dell’art. 58, in cui si stabilisce che le parti possono riproporre la domanda cautelare al collegio, evidentemente riferendosi ad un esito negativo della prima domanda, «se si verificano mutamenti nelle circostanze o si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare», caso quest’ultimo in cui l’istante deve fornire la prova del momento dell’acquisita conoscenza. Il secondo emergente dal comma 1 dell’art. 62, in cui si dice che l’appello al Consiglio di Stato è ammesso contro “le ordinanze cautelari”, con ciò facendo apparire, o almeno così sembra, che l’impugnazione sia ammessa solo nel caso che il collegio abbia concesso la misura cautelare.

Dal primo punto di vista la disciplina dell’ordinanza di rigetto della domanda cautelare è equiparata alla disciplina della revoca e della modifica di una misura cautelare concessa, in ciò assumendo una scelta diversa rispetto alla parallela disciplina contenuta nel codice di procedura civile. In questo le condizioni della modifica e della revoca (art. 669-decies c.p.c.) sono separate dalle condizioni per la riproposizione di una domanda cautelare rigettata (art. 669-septies c.p.c.). Invero, se le prime sono agganciate a sopravvenienze in fatto o alla sopravvenienza della conoscenza di fatti precedenti, le seconde sono più blandamente ancorate all’ipotesi che «si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto». Insomma, nel processo civile la preclusione a fronte del rigetto della domanda cautelare è ancorata al solo “dedotto” in fatto ed in diritto e non anche al “deducibile”, restando libera la riproposizione della domanda sia sulla base di elementi in fatto che pur si sarebbero potuti spendere in precedenza, ma che non si sono in concreto spesi, sia sulla base degli stessi fatti già spesi a condizione che si mutino le argomentazioni giuridiche addotte in precedenza. Nel processo amministrativo, invece, il rigetto della domanda cautelare determina una preclusione anche del “deducibile” in fatto ed in diritto. La seconda domanda non può fondarsi sulle stesse circostanze che fondavano la prima domanda, con la sola accortezza di mutare l’impianto giuridico del ricorso. Né si possono utilizzare fatti non spesi prima, ma che si sarebbero potuti spendere perché già sussistenti, a meno che il ricorrente provi che ne sia venuto a conoscenza solo dopo il precedente provvedimento di rigetto.

Insomma, la preclusione a fronte del provvedimento di rigetto è equiparata alla preclusione a fronte di una richiesta di modifica e revoca del provvedimento di accoglimento.

Viste le critiche che la disciplina contenuta nel codice di procedura civile ha suscitato, per la asimmetria fra la stabilità del provvedimento di rigetto e quello del provvedimento di accoglimento57, forse il legislatore del Codice è stato più attento. Ma qui emerge il grave problema dell’appello, che sembrerebbe essere escluso avverso il provvedimento di rigetto della domanda cautelare.

57 Vedi, ad esempio, LUISO, op. cit., 213.

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