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Che cos’è il danno biologico? La nascita del concetto e le successive definizioni

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Academic year: 2022

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Che cos’è il danno biologico?

La nascita del concetto e le successive definizioni

Introduzione

Nove anni fa fui relatore, oltre che moderatore, in un Convegno, promosso dall’ACI in memoria di Guido Gentile. Commemorai in quell’occasione la figura di quell’insigne Avvocato e fervido studioso dei problemi della responsabilità civile.

Quel Convegno, tenuto a fine settembre 1987, aveva per tema “Problemi emergenti ed insoluti nella liquidazione dei danni alle persone”.

Nella relazione generale da me svolta si percorreva passo passo l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale, propria dei venticinque anni precedenti, sino a giungere alla definitiva concezione della figura del “danno biologico”, quale voce comprensiva di tutti i riflessi che le lesioni possono avere sulla salute e sulla personalità dell’individuo indipendentemente dagli effetti incidenti specificamente sulla capacità lavorativa.

Veniva così battuto in breccia, con il conforto della giurisprudenza della Corte di Cassazione, ogni residua resistenza opposta al riconoscimento della generale risarcibilità del danno biologico.

Frattanto era intervenuta anche la sentenza n. 184 del 1986 della Corte Costituzionale, che dichiarava di prendere atto del “diritto vivente” per il quale, sulla base dell’art. 2043 cod. civ. In relazione all’art. 32 cost., deve riconoscersi la risarcibilità in ogni caso delle lesioni alla salute e, quindi, del danno biologico, rimanendo l’eccezione costituita dall’art. 2059 del cod. civ. limitata al cosiddetto danno morale soggettivo.

Il riconoscimento del danno biologico

Con il riconoscimento del danno biologico, quale voce autonoma e multicomprensiva del danno all’integrità fisica dell’individuo si parlò da alcuno della chiusura di un ciclo preludente ad una razionalizzazione dell’intero sistema della liquidazione del danno alla persona, considerandosi superate ormai talune incertezze e pericolose confusioni, dovute al quel proliferare di reali o presunte voci di danno che solevano essere poste dai danneggiati sulla base delle più disperate definizioni (danni alla vita di relazione, alla serenità familiare, estetico, alla vita sessuale ecc.)

Questa forse troppo ingenua speranza rimase tuttavia, almeno in parte, delusa. La giurisprudenza di legittimità più recente si è bensì consolidata nel senso che tutte quelle voci di danno sono indistintamente riconducibili al danno biologico, ma le divergenze risorgono nella giurisprudenza di merito, quando la stessa deve scendere alla scelta delle modalità di liquidazione del danno. Così mentre alcuni giudici ritengono che la liquidazione del danno alla vita di relazione è ricompresa tout court in quella del danno biologico, altri, pur affermando che la compromissione della vita di relazione fa parte del danno biologico, liquidano poi ancora equitativamente, in aggiunta, una somma di denaro riferita a tale compromissione.

L’estensione del concetto di danno biologico

A proposito dell’estensione del concetto stesso di danno biologico è stato da ultimo sollevato - tra l’altro - il problema del danno biologico da lesione mortale, sul quale, dopo alcune sentenze di merito si sono recentemente pronunciate sia la Corte di Cassazione, sia la Corte Costituzionale.

Il danno biologico talvolta viene considerato danno patrimoniale, mentre tal altra è concepito quale danno nettamente distinto da quest’ultimo.

Una questione di mera terminologia?

Tagete n. 1-1997 Ed. Acomep

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Secondo un certo modo di vedere si tratterebbe di una questione meramente terminologica, sostenendosi essere del tutto indifferente che al riconoscimento della generale reversibilità del danno biologico si pervenga considerandolo di natura patrimoniale oppure individuandolo - all’interno del genus danno ingiusto - come una specie diversa sia dal danno patrimoniale sia da quello non patrimoniale in senso stretto. Essenziale - si dice - è il fatto che venga pacificamente riconosciuto che il danno biologico obiettivamente e direttamente suscettibile di valutazione e quindi, di liquidazione monetaria.

La qualificazione del danno decide sulla sua quantificazione

Questa apparentemente ovvia considerazione in realtà non regge più alla luce della circostanza che al momento della scelta dei criteri per la quantificazione del danno i giudici si trovano di fronte ad opzioni alquanto differenziate proprio in relazione alla diversa concezione del danno biologico quale danno patrimoniale o non patrimoniale.

Analoghi rilievi sono da farsi in relazione alle conseguenze che derivano dal concepire il danno biologico come danno strutturale ossia come lesione della struttura dell’organismo umano oppure come danno funzionale, commisurabile in base alle funzioni di quell’organismo.

E’ dunque del tutto evidente che anche certi particolari aspetti che sembrano incidere esclusivamente sull’estensione del concetto di danno biologico e della sua qualificazione si rivelano pur sempre essenziali nell’ambito dello specifico tema, riguardante “i criteri liquidativi del danno fisico”. In proposito è ben nota la disparità riscontrabile spesso nelle pronunce dei giudici di merito sia in ordine al ricorso all’uno o all’altro sistema di liquidazione, sia sull’applicazione in concreto di relativi criteri. Non pochi contrasti, con conseguenti divergenze nei risultati, sorgono infatti anzitutto sulla scelta dei metodi dapprima proposti in teoria e poi adottati in pratica da chi deve giudicare.

Di fronte alla disparità delle liquidazioni si venne a porre il problema dell’opportunità d’una regolamentazione legislativa che, pur tenuto conto della complessità e dell’eterogeneità propria della materia, fosse in grado di fornire alcuni indirizzi, considerato anche che a quella disparità non è possibile ovviare, salvo che i casi particolari, ricorrendo alla nomofilachia della Corte di Cassazione. Questa, che quale giudice di legittimità non può sindacare valutazioni affidate ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito, non può neppure, senza un adeguato aggancio ad una normativa legislativa, stabilire canoni, sia pure indicativi, riferibili alle varie ipotesi che in concreto si presentano.

Sino a quando non saranno chiaramente stabiliti e comunemente accettati determinati criteri valutativi per la liquidazione dei danni fisici, si da rendere possibile, pur nei limiti dell’opinabilità delle ipotesi concrete, che i casi aventi caratteri affini vengano ad avere un trattamento sufficientemente uniforme, non potranno essere evitate clamorose sperequazioni, né potrà essere sventata quella deprecabile eventualità, cui hanno fatto riferimento noti cultori della materia, quando hanno parlato d’una “anarchia del dopo principio”.

Nonostante che nei confronti d’un intervento legislativo si fossero da più parti manifestate serie opposizioni, nel corso degli ultimi anni s è verificato un certo impulso di progettazione legislativa con riferimento specifico alla normativa in tema di liquidazione del danno alla persona, nell’ambito di disegni di legge sulla modificazione della disciplina dell’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione de veicoli a motore e dei natanti. Sono in particolare note le vicende che portarono da prima al rinvio alle camere, da parte del Presidente della Repubblica, d’un disegno di legge già approvato da entrambe e che successivamente, in seguito alla chiusura anticipata di più d’una legislatura non consentirono il varo d’un nuovo disegno di legge, nel quale erano stati introdotti anche dei prospetti di valutazione dei danni alla persona.

La nuova legislatura, recentemente iniziata, vedrà probabilmente la presentazione di nuove proposte di legge, magari rispolverando ed aggiornando il disegno di legge decaduto.

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E’ stato proprio un recente caso di liquidazione di danni, ritenuta insoddisfacente, a stimolare qualche parlamentare ad annunziare la presentazione di proposte di legge sul punto. Si tratta di quel caso che poco più di un mese fa fece scalpore sulla base di una notizia, diffusa da ogni mezzo di comunicazione, d’una sentenza di Corte d’Appello che avrebbe liquidato a favore dei genitori per la morte di un figlio una somma irrisoria. Dai chiarimenti dati dei componenti stessi del collegio giudicante si è poi appreso che tale somma riguardava soltanto un parziale rimborso spese per i funerali della vittima. Ciò dimostra che occorre sempre diffidare delle notizie di cronaca, basate spesso su affermazioni unilaterali, senza che il cronista si sia minimamente curato di previamente effettuare i dovuti riscontri o, almeno, quelli più elementari (nella specie sarebbe stato sufficiente prendere visione della sentenza già pubblicata).

A parte ciò che riguarda quel caso, per quanto qui interessa si deve pur sempre rilevare che non sono purtroppo rari casi di pronunce giudiziarie insoddisfacenti in tema di liquidazione di danni. Il rischio che talvolta risultino soluzioni inadeguate è difficilmente eliminabile, ma potrà sicuramente essere alquanto ridotto dando ordine all’intricata materia, anche, ma non soltanto, sulla base di una normativa che dia al giudice puntuali indici di riferimenti.

Il tema proposto alla nostra attenzione riguarda anche i costi economici del sistema relativo ai criteri liquidativi del danno fisico. E’ un argomento sul quale il giurista non ha competenza. L’unica considerazione che mi è possibile fare è più che ovvia: quanto più estesi saranno i risarcimento dovuti tanto più lieviteranno i premi assicurativi. Ciò avrà riflessi negativi, per quanto riguarda l’assicurazione obbligatoria, soprattutto nei confronti di quegli utenti, prudenti e osservanti della legge, che pagano i premi senza che l’assicuratore debba poi, in assenza di sinistri, corrispondere alcun indennizzo.

La lievitazione dei premi è tanto più preoccupante in presenza dell’attuale regime di liberalizzazione delle tariffe assicurative.

Dr. Carlo Maria Pratis

Primo presidente onorario della Corte di Cassazione + Presidente d’onore della Commissione Giuridica dell’ACI

Tagete n. 1-1997 Ed. Acomep

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