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IL DIFFICILE PERCORSO DEL DANNO BIOLOGICO Prof. Domenico Vasapollo

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IL DIFFICILE PERCORSO DEL DANNO BIOLOGICO

Prof. Domenico Vasapollo

I due recenti provvedimenti legislativi, il primo in ambito sociale, il secondo relativo alla disciplina della Rc-auto, pongono alla nostra attenzione alcune nuove ed interessanti problematiche medico-legali. Se, infatti, il D.Lgs 28 marzo 2000, n.38 modifica in maniera sostanziale i presupposti dottrinali e pratici dell’infortunistica sociale, introducendo, quale innovazione di maggior spicco, l’estensione della tutela al “danno biologico”, la Legge n. 57 del 5 marzo 2001, propone la novità assoluta della previsione tabellare per le micropermanenti. Val la pena, pertanto, prima di discutere su alcune problematiche di quest’ultima legge (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), riportare gli aspetti più significativi ai fini medico-legali. Tralasciando i primi quattro articoli che, tuttavia, contengono rilevanti modifiche alla disciplina della Rc-auto, all’art. 5, comma 3, il legislatore ha definito la nozione di danno biologico quale lesione all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile d'accertamento medico-legale, stabilendo l'a-redditualità del danno: “Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione reddituale del danneggiato”. Quale novità sostanziale si rileva al comma 4 che “Fatto salvo quanto previsto al comma 2, il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato”.

Infine, il legislatore demanda all’esecutivo di predisporre un barème delle invalidità:

“Con decreto del Ministero della sanità, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, si provvede alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni all'integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti d'invalidità”. Spostandoci per un attimo sul versante previdenziale, l’art. 13 del Decreto legislativo n.38/2000, nell'attesa della definizione di carattere generale del danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il danno biologico come lesione dell’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona. E, ancora, le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato. Le menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psicofisica di cui al comma 1 sono valutate in base a specifica tabella delle menomazioni, comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali.

Professore Associato di Medicina Legale

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A distanza di circa un anno, il Legislatore ha, dunque, definito in modo assai simile il danno biologico. Infatti, mentre nel D.Lgs 28 marzo 2000, n.38 (art.13) si parla di “lesione dell’integrità psico-fisica suscettibile di valutazione medico-legale, della persona”, nella più recente legge 57/2001 (art. 5) è danno biologico (comma 3) la “lesione dell’integrità psico-fisica suscettibile di accertamento medico-legale.

Anche se il concetto è stato più volte richiamato ed ampiamente espresso con autorevolezza, pare utile richiamare brevemente la nozione di danno biologico nella prospettiva dell’accertamento e della valutazione medico-legale. Il danno biologico consiste nella lesione dell’integrità psico-fisica, in pratica nell’alterazione strutturale o funzionale di cellule, tessuti, organi od apparati. Ciò comporta, temporaneamente o permanentemente, una modificazione della funzione di un apparato biologicamente identificato e, dunque, delle attività organo-funzionali con ripercussioni sfavorevoli nello svolgimento dei processi vitali capaci d’incidere qualitativamente sul modo d'essere e di vivere della persona.

La caratteristica principale del danno biologico è che le strutture oggetto di lesione e le relative disfunzioni sono uguali per tutti e, quindi, l’attribuzione della quantificazione del danno, cioè i valori da attribuire alla disfunzione sono indipendenti dalle caratteristiche dei singoli individui. Per tal motivo, da un punto di vista biologico, la valutazione deve essere unitaria e complessiva, includendo gli aspetti soggettivi ed oggettivi della disfunzione. Possiamo, pertanto, parlare d'unicità della valutazione di tale danno, indipendente dalle caratteristiche personali. Va precisato, tuttavia, che l’aggettivo “biologico” è chiarificatore della natura del pregiudizio (in quanto si riferisce alla sua essenza), mentre invece lo Stato estende la tutela ad un diritto inviolabile dell’uomo, la salute, e al suo integrale risarcimento in caso di lesione, da ciò emergendo, sostanzialmente, la necessità di personalizzare il danno e di stimare il valore umano perduto, in coerenza con l’affermazione di principio più volte ribadito dalla Suprema Corte. La tutela risarcitoria del diritto alla salute, infatti, in ragione del principio costituzionale, deve essere ”integrale e non limitabile”.

Anche se il difficile percorso del danno biologico sembra non avere mai fine, la recente normativa in tema di Rc-auto indica rilevanti potenzialità applicative di carattere medico-legale, dovendosi per l’appunto, valutare un danno diversificato e individualizzato. Tuttavia, per non incorrere in un eccesso di valutazione personalizzata e per adottare criteri d'uniformità accertativa è indispensabile tenere presente gli aspetti metodologici conformi al contenuto e alla finalità valutativa.

Prima di procedere oltre, è necessario esaminare l’aspetto certamente prioritario alla valutazione medico-legale e cioè l’accertamento, termine

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espressamente richiamato dalla Legge 57/01. Esso deve essere inteso, come più volte ricordato, in senso estensivo giacché con l’accertamento, il medico-legale si propone di appurare l’esistenza della lesione e della menomazione, di verificarne la derivazione causale, di stimare la natura e l’entità del pregiudizio, considerando i livelli di compromissione funzionale. L’indagine si propone di verificare l’integrità dei diversi organi ed apparati da cui dipende lo stato di normale funzionalità dell’organismo, in relazione alle caratteristiche biologiche personali, in confronto con quelle proprie della maggior parte delle persone. Ovviamente, la ricerca pone in evidenza le disfunzioni eventualmente presenti nella persona, la loro pertinenza ai diversi organi ed apparati, i caratteri d'evolutività o meno, il grado di compromissione funzionale che ne deriva.

Sono rilievi questi di grande importanza, ai quali si connette la finalità principale della ricerca che è quella d'evidenziare, o il normale stato di salute del soggetto, oppure l’esistenza di modificazioni funzionali derivanti dalle alterazioni delle strutture biologiche apprezzabili a livello oggettivo. Lo scopo dell’indagine, nel settore che qui c'interessa, pone anche in primo piano il significato della ricerca eziologica e offre una particolare attenzione alle caratteristiche delle alterazioni ed ai meccanismi produttori della turba funzionale. Per tali motivi e per la rilevanza della questione, s’impone un'attenta riflessione sui criteri d’apprezzamento delle menomazioni e sulle finalità proprie del loro accertamento.

Anche se può sembrare fin troppo ovvio, le manifestazioni del danno biologico possono essere anatomiche e funzionali. Le prime, vale a dire quelle anatomiche, hanno evidenza obiettiva e strumentale e questa loro caratteristica ha notevole importanza perché consente di risolvere problemi relativi anche al riconoscimento eziologico della loro causa. Per contro, le manifestazioni funzionali possono avere anch’esse una rilevanza specifica sotto il profilo eziologico, ma anche non specifica da un punto di vista causale. Ancora, possono non avere un’evidenza clinica ed essere apprezzabili solo mediante specifiche indagini strumentali o di laboratorio. Infine, dette manifestazioni, possono non trovare espressione in un'obiettività corrispondente e non essere nemmeno apprezzabili attraverso indagini strumentali anche le più raffinate. Ovviamente, queste ultime caratteristiche creano rilevanti problemi nell’identificazione delle cause del danno biologico e nella correlazione eziopatogenetica e, quindi, pongonoserie questioni all'accertamento medico-legale.

Il grado di compromissione dell’efficienza personale conseguente alle manifestazioni anatomiche o funzionali può essere apprezzato attraverso lo studio dei dati soggettivi ed oggettivi, elementi indispensabili per la successiva valutazione medico-legale. I primi sono raccolti dal soggetto esaminato e debbono essere coerenti

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con le conoscenze cliniche; i secondi sono dedotti dai risultati dell’esame clinico- strumentale e dalle caratteristiche della patologia accertata. I dati soggettivi, espressione delle turbe funzionali rappresentano, per certi versi, la quota di danno che incide sulla cenestesi personale e, a loro riguardo, s’impone una duplice riflessione.

La loro stima esige, per prima cosa, che vi sia corrispondenza con alcune delle seguenti caratteristiche: che siano coerenti con le conoscenze mediche; che si tratti di disturbi plausibili in relazione alla tipologia della patologia individuata; che siano d'entità compatibile con l’eventuale obiettività clinica. La soggettività cui noi facciamo riferimento è, dunque, quella coerente con il tipo di lesione e con i presupposti scientifici e culturali che sono alla base della valutazione; per questo tutto ciò che è conseguenza soggettiva di un evento lesivo può essere valutata a condizione che siano soddisfatti detti criteri. Il secondo aspetto riguarda il fatto che la soggettività è l’espressione vitale della persona, del suo disturbo e malessere e non può passare in secondo piano od anche essere scarsamente considerata, soprattutto quando l’accertamento medico-legale della menomazione rappresenta la base valutativa del danno biologico. Per contro, i dati obiettivi sono l’espressione delle compromissioni funzionali e della turba direttamente provocata dal fatto lesivo ma anche di quelle indotte, eventualmente, per interessamento di strutture, organi od apparati correlati con le funzioni direttamente lese.

L’accertamento, come detto, ha un contenuto clinico da cui non si può prescindere e dal quale debbono necessariamente svilupparsi tutti i vari pregiudizi su cui la valutazione stessa si fonda. Poiché l’indagine ha una finalità propria che non consiste nella sola conoscenza della menomazione ma che è premessa per pervenire all’apprezzamento della compromissione dell’integrità psico-fisica del soggetto questa avrà ambiti di ricerca tali da consentire una conoscenza più profonda della disfunzione esaminata. Ciò è ricavabile, a mio avviso, attraverso un’esplorazione che va anche oltre il diretto e pur importante approccio esaminatore-paziente. Mi riferisco all’esplorazione funzionale che avviene, oggigiorno, anche mediante molteplici esami strumentali. L’indagine, pertanto, non deve limitarsi a rilevare, ad esempio, i disturbi della motilità o della forza di un distretto corporeo, ma deve rapportare i dati essenziali rilevati alle attività fondamentali dell’individuo. La vita di tutti i giorni comporta, infatti, impegno funzionale anche inoccasione di gesti semplici e ripetitivi e, per tal motivo, la valutazione non può prescindere dal bilancio minuzioso di dette attività che deve essere parte integrante dell’accertamento medico-legale, attraverso una stima d’insieme che tenga conto non solo delle ripercussioni negative ma anche dei disagi che la perdita del benessere comporta per l’individuo.

Sorge la necessità, come detto, giacché oggetto dell’accertamento è la conoscenza delle implicazioni anatomo-funzionali delle menomazioni, e dunque dei

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livelli di compromissione, di una precisa definizione delle azioni disturbate o impedite perché le funzioni che si considerano hanno una loro molteplicità d’espressione. L’esperto dovrà, pertanto, considerare come dette azioni sono alterate sia qualitativamente sia quantitativamente. Non è pensabile di pervenire ad un corretto, completo ed esaustivo accertamento medico-legale in assenza di dati desumibili dall’impiego di moderne indagini strumentali (RM, ecografia, elettromiografia, isocinetica, ecc.). L’isocinetica, ad esempio, consente di apprezzare con chiarezza ed obiettività alcuni elementi primari della disfunzionalità, quali la forza muscolare, la resistenza allo sforzo, e, finanche l’attendibilità del dolore lamentato. Riguardo a quest’ultimo problema (già esaminato nelle pagine precedenti), vale la pena di ricordare che si tratta di un datorilevante per la valutazione del danno.

Infatti, sebbene il dolore costituisca un elemento di carattere soggettivo, la sua giustificazione clinico-strumentale, nonché la precisa comparsa-scomparsa durante l’arco di movimento, possono essere d’importanza tutt’altro che secondaria sia per la valutazione della genuinità del riscontro, sia per la giustificazione ezio-patogenetica del disturbo. Questo discorso vale ancor di più per la forza muscolare e la resistenza allo sforzo.

Lo scrupoloso rispetto della metodologia medico-legale e l’osservanza delle più significative acquisizioni scientifiche, sembrerebbero dissolversi davanti alla tabella normativa (D.M. 12 luglio 2000) emanata a completamento della legge 38/2000 la quale tuttavia postula, con una giusta carica innovativa, la riparazione del danno biologico quale essenziale elemento indennitario. Ad esempio, le valutazioni delle artroprotesi d’anca e di ginocchio indicate in tabella, rispettivamente fino a 5 e 4%, nonostante alcuni sostengano che esse integrano compiutamente gli aspetti dinamico-relazionali dell’uomo-lavoratore, sono palesemente restrittive, non solo perché comprimono in misura esagerata la potenzialità extralavorativa della vita sociale del danneggiato, non essendo rispettose dei valori della persona, ma anche perché contraddicono, con tutta evidenza, le moderne conoscenze di fisiopatologia.

E’ noto a tutti, infatti, che i portatori di dette artroprotesi manifestano complesse alterazioni che non sembrerebbero in prima istanza rientrare nel segnalato danno funzionale (limitazione articolare) in quanto alterano la fine dinamica del passo, compromettono il sistema propriocettivo, non percepibile ad “occhio nudo”, indeboliscono la forza e la resistenza muscolare rilevabili qualitativamente e quantitativamente soltanto con specifiche indagini strumentali.

Infine, dovendo valutare un danno diversificato e personalizzato, sarà necessario considerare come il pregiudizio funzionale si riverbera anche nei confronti dell’autostima personale, giacché la soggettivizzazione può accrescere o ridurre l’effetto della menomazione e, da ultimo, com'essa si ripercuote nei confronti della

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socializzazione e nei rapporti relazionali del danneggiato. Su questi importanti e delicati riflessi, tuttavia, ritengo opportuno di non dovermi dilungare, visto che se ne sono occupati con profondità di vedute i relatori che mi hanno preceduto, anche se è necessario rilevare come la “nuova” definizione del danno biologico evidenzi la necessità di un ulteriore approfondimento al riguardo.

Sulla base di tali sintetiche annotazioni possiamo affermare che accertare il danno biologico significa appurare l’esistenza o meno della menomazione, verificare con capacità tecnica, eliminando le incertezze derivanti dalla fattispecie oggetto d’inquadramento medico-legale, al fine di stimare correttamente la natura e l’entità del pregiudizio. L’accertamento tende a risolvere anche le questioni riguardanti il nesso causale, e consente una corretta valutazione medico-legale del danno soltanto se la menomazione è stata considerata e rapportata al valore uomo nelle sue molteplici estrinsecazioni.

Un’ultima annotazione riguarda il problema valutativo. A mio avviso, per stimare in modo corretto il danno biologico occorre preliminarmente attribuire alle funzioni compromesse, con riferimento alle attività ordinarie e comuni della persona, i valori d’impegno soggettivo, oggettivo e, ovviamente, funzionale. Nell’economia di un organismo compromesso non tutte le funzioni hanno lo stesso peso e non tutti i danni di una persona possono avere lo stesso significato. Una corretta quantificazione presuppone, pertanto, che siano determinati i valori da assegnare alle funzioni compromesse o turbate, attribuendo stime crescenti a partire da quelle modificazioni che non disturbano l’autonomia del soggetto, per raggiungere i valori massimi nei casi di turbe che rendono precario l’equilibrio vitale e che intaccano grandemente, fino ad annullarlo, il valore fondamentale della salute. In tale scala è indispensabile considerare le funzioni essenziali sul piano biologico (ad esempio quella cardio- circolatoria, respiratoria, neurologica e cognitiva, ecc.), distinguendole da quelle importanti (il linguaggio), molto utili (la funzione uditiva), utili e di relativa utilità (la funzione masticatoria e quella gustativa). Il processo di stima deve fondarsi, come detto, sui dati soggettivi ed oggettivi accertati medico-legalmente e, infine deve considerare tutti quegli elementi che sono correlati con la menomazione: morbilità, durata della vita, disfunzioni indotte, ecc.

Passando ad esaminare ulteriori problematiche valutative è da ricordare che, nonostante sia innegabile un reale ed importante processo di aggiornamento delle strutture tabellari sulla base delle maggiori conoscenze scientifiche, tale metodo ancor oggi risulta approssimativo e grossolano specie quando deve valutare il “valore uomo”, e ciò a prescindere dall’oggetto della tutela (indennitaria o risarcitoria).

Infatti, la ristrutturazione della facciata, adattata oggi in senso riduttivo, stante il

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contenimento delle valutazioni, alla differente espressività biologica, non incide con quegli strumenti che dovrebbero essere decisivi per una vera rielaborazione tabellare fondata su basi scientifiche. In poche parole, come dice giustamente il Fiori, si nota ancora l’impronta genetica del vecchio metodo valutativo.

Al mutamento radicale della legislazione, non sembra, pertanto, avere fatto seguito un altrettanto importante cambiamento del metodo medico-legale della stima del danno. E’ vero, come sostengono numerosi studiosi, che molti importanti cambiamenti sono avvenuti anche in questa materia, ma ancor oggi non si è avviato concretamente quell’importante e decisivo processo di reale rielaborazione e revisione critica dei sistemi tabellari, anzi, a mio avviso, l’appiattimento dei valori estremamente restrittivi dell’attuale tabella previdenziale delle menomazioni pone un limite alla tutela piena della salute e alla valorizzazione soggettiva del danneggiato.

Dovendo elaborare un “nuovo” barème, è indispensabile che gli autori procedano ad una razionalizzazione del sistema valutativo affinchè le diverse stime diventino, per prima cosa, comprensibili a tutti. La valutazione percentuale delle menomazioni, quale emerge dal Barème del Bargagna e collaboratori, esprime esclusivamente i valori di un danno funzionale e non le conseguenze di esso e, inoltre, pur essendo un’apprezzabile guida, peraltro, elaborata da eminenti studiosi, non fornisce una chiara spiegazione di come si arrivi ad attribuire a quella menomazione un particolare tasso percentuale. Oggigiorno si sente maggiormente la necessità di chiarezza perché risulta evidente che la valutazione del danno biologico apre il discorso ad una nuova formulazione delle indicazioni tabellari. I vecchi manuali valutativi erano, infatti, costruiti sulla capacità lavorativa ed il riferimento era la produttività della persona e, dunque, la percentualizzazione fissa poteva avere una qualche ragione. Oggi che, invece, parliamo di danno biologico e di danno alla salute è necessario procedere ad una diversa valutazione e a differenti criteri1.

1 Nella predetta Guida Orientativa il Prof. Fornari giustamente rileva il pregio particolare nel non proporre il danno in meri termini aritmetici ma di condurre un valido ragionamento attraverso meditati riferimenti, partendo dagli aspetti fisiopatologici e clinici ed il Prof. Busnelli fa riferimento a nuove regole per dare assetto sistematico e coerente alle profonde innovazioni introdotte dal danno alla salute come prima, essenziale, prioritaria figura di danno risarcibile. Priorità logica e funzionale della valutazione medico-legale della menomazione dell’integrità psico-fisica della persona umana rispetto alla valutazionegiuridica del danno biologico (inteso come profilo statico del danno alla salute) e, in sede di adeguamento della liquidazione al singolo caso di specie, del danno alla salute, colto nel suo profilo dinamico. Sul piano delle tecniche di valutazione si è privilegiata una descrizione rigorosa e approfondita delle conseguenze delle singole menomazioni, condotta in termini ragionati. Per altro verso non si è rinunciato alle indicazioni percentuali di menomazioni che assumono così il significato di sintesi espressive che non pretendono di avere un valore prescrittivo ma si propongono come valore orientativo. E’ questa una significativa prima tappa nel

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La stima del danno alla salute presuppone come atto prioritario l’accertamento delle condizioni sanitarie dell’integrità psico-fisica. E nel concetto dell’integrità psico-fisica (anche da un punto di vista medico-legale) non ci sta soltanto la salute ma anche le caratteristiche personali da cui dipendono, non solo l’attuazione delle attività ordinarie della vita, ma anche la capacità di partecipare e convivere nel contesto sociale. Se l’integrità psico-fisica corrisponde, dunque, alla normale funzionalità degli apparati organici, è evidente che nella considerazione generale dello stato di salute di un danneggiato si richiede una valutazione dell’esame delle condizioni personali ed anche un’indagine su settori che non sono solo quelle delle attività psico- fisiche ma il portato dell’ambiente nel quale il soggetto vive: condizioni familiari, economici, sociali. Ciò in quanto la menomazione psico-fisica crea difficoltà e limita lo svolgimento delle attività di tutti i giorni, la libertà personale, la sensazione di possesso dell’autonomia, determina esigenze e bisogni che sono quelli della vita ordinaria.

La ricerca di tali elementi diventa un momento fondamentale ed essenziale della valutazione del danno in quanto la soggettività, espressione dell’alterata funzione organica rilevabile da un punto di vista sanitario, tiene conto dei problemi personali, familiari, sociali e di come il danneggiato vive i bisogni. Sarebbe, pertanto, importante stabilire i criteri generali utili per un corretto apprezzamento e, di conseguenza, una corretta valutazione del danno. Non è pensabile procedere ad opportuna e congrua valutazione del danno biologico, infatti, se non si premette che esso riguarda principalmente le strutture e le funzioni ed ha caratteristica d'unitarietà che prescinde dall’individuo cui si riferisce, giacché i valori delle funzioni biologiche sono indipendenti dalle caratteristiche personali. Esso è valutabile in percentuale se gli strumenti che ci siamo dati (attribuendo i valori d’impegno soggettivo e oggettivo alle funzioni compromesse), e che sono disponibili, possono fornire la misura dell’incidenza del danno. Infatti, nell’economia di un organismo compromesso non tutte le funzioni, come abbiamo già ricordato, hanno lo stesso peso e non tutti i danni di una persona possono avere lo stesso valore. Una corretta quantificazione presuppone, pertanto, che siano determinati i valori da assegnare alle funzioni compromesse o turbate, attribuendo stime crescenti a partire da quelle modificazioni che non disturbano l’autonomia del soggetto, per raggiungere i valori massimi nei

cammino interdisciplinare verso un compiuto assetto sistematico dei criteri di valutazione del danno alla salute. Essa segna una definitiva acquisizione – probabilmente non dal punto di vista della definitività delle “stime” proposte, sempre suscettibili di evoluzione; ma certamente dal punto di vista del metodo scientifico di indagine – in ordine alla prioritaria valutazione medico-legale delle menomazioni dell’integrità psico-fisica.

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casi di turbe che rendono precario l’equilibrio vitale e che intaccano grandemente, fino ad annullarlo, il valore fondamentale della salute.

A ciò si aggiunga che il danno alla salute è la proiezione all’esterno del modo in cui la persona vive la menomazione dell’integrità psico-fisica e, per questo, la valutazione deve essere sostenuta da un esame complesso e integrato, in modo da cogliere i bisogni delle persone ed i disagi individuali considerando anche tutti quegli elementi correlati di cui si è riferito nelle pagine precedenti.

La recente Legge 57/2001 va proprio in questa direzione sancendo chiaramente la “risarcibilità ulteriore”, sulla base delle qualità soggettive del leso” e delle effettive condizioni personali del danneggiato. Non sembra che il legislatore si sia posto un limite, né uno specifico criterio, né una definizione di dette condizioni personali. In realtà, non era necessario definirle poiché tutti sappiamo, da un punto di vista generale, quali sono queste condizioni correlate alle attività umane, alla capacità di partecipazione alla vita ed alle manifestazioni sociali.

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