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Tesi di Laurea. Il valore sociale dello sport e dell attività motoria: supporto e prevenzione del disagio giovanile.

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Università degli studi dell’Aquila Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche

Corso di Laurea Magistrale Scienze Motorie Preventive e Adattative L22

Tesi di Laurea

Il valore sociale dello sport e dell’attività motoria:

supporto e prevenzione del disagio giovanile.

Relatore Laureando

Lorenzo Marcelli

Correlatore Matricola n. 247587

Prof.ssa Diana Lupi

A.A 2019-2020

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INDICE

INTRODUZIONE ………....……….

p. 3

1. Definizione del disagio giovanile ………... p. 5 2. Le manifestazioni del disagio giovanile ……… .. p. 7 3. Il valore sociale dello sport ………. p. 12 4. L’importanza dello sport per le istituzioni ………... p. 18

CONCLUSIONE ……… p. 21

BIBLIOGRAFIA ………...….. p. 23

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INTRODUZIONE

Quella del disagio giovanile è una problematica di tipo sociale, in quanto è strettamente condizionata dal rapporto che gli individui che ne soffrono hanno con il contesto che li circonda. Non si può però prescindere dagli aspetti psicologici della persona che vive la condizione di disagio, in modo particolare se si vuole, come in questo caso, valutare la valenza di un metodo di contrasto nei confronti del disagio stesso, da considerare come condizione di prolungato malessere derivante dal mancato soddisfacimento di bisogni, desideri e pulsioni.

Questi disagi rischiano di influenzare la personalità e quindi di interferire su un normale sviluppo psicologico. Questo mio lavoro vuole illustrare la problematica del disagio giovanile e, conseguentemente, gli effetti più strettamente sociali che lo sport riveste rispetto alla crescita e allo sviluppo degli individui.

L’adolescenza costituisce quella complessa tappa dello sviluppo in cui il manifestarsi di una crisi di identità rappresenta il segno del dilemma tra “identità e dispersione dell’identità”.

La pratica sportiva aiuta a formare e rafforzare il senso di identità: chi pratica lo sport è parte di un gruppo, di una squadra e questo, nella società odierna è simbolo di uno stile di vita totalmente “sociale”.

L’attività sportiva permette all’individuo di convogliare le pulsioni negative, il disagio e le ansie in situazioni regolamentate aiutandolo ad inserirsi in gruppi da cui altrimenti sarebbe escluso. Lo sportivo deve mettersi in gioco dimostrando performance tecniche e relazionali rispetto ad altri giocatori, secondo regole tecniche e schemi del gioco convenzionali. Prepararsi ad una gara diventa un rituale dall’abbigliamento alle regole, dai tempi di allenamento alla gara finale. In definitiva lo sport è la solidarietà, condivisione, coesione professionale e sociale, attraverso schemi e modalità ben regolamentate.

Lo sport deve essere inteso come un baluardo della nostra società, insieme alla famiglia e alla scuola e occupa un ruolo molto importante nella formazione dei giovani, insegnando loro il valore del rispetto reciproco, della tolleranza e della responsabilità.

È fondamentale intercettare subito il disagio per limitarlo arginando rapidamente i problemi prima che si cronicizzino e possano condizionare la qualità della vita dei ragazzi compromettendone a volte irrimediabilmente il futuro.

Un adolescente che manifesta un disagio, in un momento particolare di crisi, può rischiare di andare alla deriva.

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Lo sport è una vera e propria scuola di vita, che insegna il rispetto come valore fondamentale non solo nel campo di gioco, ma nella società in genere, dove insegna a convivere con gli altri, a rispettare le regole, a prepararsi con determinazione per un preciso obiettivo che non sempre si raggiunge, a provare il gusto amaro della sconfitta o ad assaporare le gioie del successo. Lo sport tempra la personalità e il carattere, imparando a gestire tensioni e situazioni complesse, controllando le proprie emozioni con la consapevolezza che la libertà di ognuno finisce laddove inizia quella dell’altro.

Tra i valori fondamentali dello sport ci sono il fair play, la buona condotta, l'amicizia e il rispetto dell’avversario e delle regole. Lo sport ha quindi un valore etico e sociale di grande rilevanza, che va promosso e salvaguardato.

L’attività sportiva così intesa concorre alla formazione di una personalità armonica ed equilibrata e pone le basi per un'apertura a valori più alti quali la cultura, la partecipazione sociale, l’aiuto reciproco, la lealtà e la cooperazione.

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1. Definizione di Disagio Giovanile

Con il termine “disagio” si considera una condizione psicologica legata soprattutto a percezioni soggettive di malessere, scaturite dalle difficoltà familiari, relazionali o scolastiche, connesse al processo di costruzione d’identità personale.1

Questo malessere è chiaramente riscontrabile nei giovani ed è frutto «della carenza, della privazione, del desiderio di qualcosa (o di una situazione) che essi giudicano come negata».

Il disagio di un adolescente è, in prevalenza, correlato al conflitto interiore, tra il sentirsi ancora bambino ed il desiderio di crescere velocemente. Generalmente, in questa fase di passaggio, un giovane avverte paura, ansia, preoccupazione e in alcuni casi potrebbe rimanere talmente scosso o bloccato da queste emozioni da rinchiudersi in se stesso. In questi momenti potrebbe segnalare di sentirsi solo e non apprezzato adeguatamente, dimostrando molta fragilità.2 Se la risposta proveniente dall’esterno aggrava questi aspetti, un adolescente potrebbe correre seri rischi, e tendere verso una chiusura sociale, un disturbo della condotta o, in casi estremi, optare addirittura per il suicidio. Essa va ricercato all’esterno: nella famiglia, nelle istituzioni, nel gruppo dei pari; insomma nel tessuto sociale in cui questi ragazzi vivono quotidianamente, e che dovrebbe loro fornire risorse e stimoli per appagare questa «interna pulsione di crescita, di libertà e di autorealizzazione».

Talvolta la società non riesce a fornire gli strumenti adatti a far superare gli ostacoli che inevitabilmente s'incontrano in un periodo come quello dell’adolescenza o del passaggio all’età adulta più in generale. I giovani si trovano ad alimentare dei desideri che contrastano con la realtà sociale, che non solo non li agevola, ma che attua su di loro una sorta di meccanismo di controllo attraverso regole e divieti tipici di ogni società. Questo stato di malessere, può restare latente o manifestarsi in atteggiamenti e comportamenti di conflitto, di frattura nei confronti del sistema.

Si può quindi facilmente dedurre che un disagio non è necessariamente il risultato di un unico fattore determinante, e al contempo si può dire che non tutte le forme di disagio emergono in comportamenti devianti, ma frequentemente si manifestano «in percorsi persistenti di malessere difficilmente individuabili, e quindi vagamente interiorizzabili da parte delle fasce non giovanili».

1 https://www.continopsicoterapeuta.it/disagio-giovanile/

2 www.psicologi-italia.it/famiglia/adolescenza/articoli/disagio-giovanile.html

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Gli adulti che hanno la responsabilità di accompagnare i giovani in questo percorso della loro vita devono tener conto delle esigenze tipiche di ogni età. Solo soddisfacendo il bisogno prioritario di quella età si potrà passare al bisogno successivo.

• Nell’età 1-5 anni il bisogno prioritario è essere accuditi. Ogni trascuratezza fisica o psicologica in questa età, specie se accompagnata da maltrattamenti, può dare gravi conseguenze. Gli infanti sperimentano il futuro attraverso la sicurezza.

• Nell’età 6-10 anni il bisogno principale è divertirsi sviluppando il proprio corpo. Tutte le attività ne devono tenere conto, senza soverchiare di regole e limitazioni l’esplorazione spontanea. I bambini colgono il futuro nella gioia.

• Nell’età 11-16 anni il ragazzo ha bisogno soprattutto di appartenere ad un gruppo. Il confronto e l’amicizia con i pari è fondamentale per sentirsi accolto. Il riconoscimento dentro il gruppo genera un duraturo senso di sicurezza e diventa tappa intermedia tra la famiglia e la società.

Gli adolescenti accettano il futuro attraverso la condivisione.

• Nell’età 17-20 anni il ragazzo impara a definire e difendere la propria identità, e il bisogno principale è di potersi confrontare nel rispetto, per sentirsi uguale agli altri ma unico, e di costruire un domani affidabile. Il giovane adulto possiede il futuro attraverso progetti a sua portata. Ogniqualvolta queste tappe non avvengono con serenità, ma anzi sono accompagnate da traumi o solitudini, il ragazzo accumula malessere, perché perde il futuro, metro del tempo.

Se incontra persone positive e ha buona forza interiore riesce a trasformare il malessere in risorse nuove e si rafforza.3

Se invece questo non avviene, il ragazzo può accumulare dolore fino a manifestarlo apertamente in atti negativi.4

Tappe decisive del percorso di crescita e autorealizzazione dell’individuo sono l’autonomia dalla famiglia di origine, la formazione e l’inclusione scolastica, l’ingresso nel mondo del lavoro e la creazione di un nuovo nucleo familiare.

Questi passaggi segnano il confine immaginario tra l’età giovanile e quella adulta, momenti cruciali in cui possono emergere sentimenti di svogliatezza, malumore, insofferenza, insoddisfazione e disagio.

3 Maurizio Del Santo – Life Coach - Il malessere giovanile

4 Mariastella Fantini, psicoterapeuta

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2. Le manifestazioni del disagio giovanile

Il disagio giovanile può manifestarsi in vari modi. Il ragazzo può far del male a se stesso, esprimendo malumore, idee suicidarie, dipendenza da sostanze, autodistruzione, svalutazione di sé, blocco delle iniziative o anche l’immersione in mondi immaginari e ossessivi, dove il giovane si chiude in opposizione al modello degli adulti considerati estranei e colpevoli.

Altre volte può manifestare aggressività, estremismo, bullismo, vandalismi, violenza gratuita, prendendo di mira il più vulnerabile per affermare facilmente la sua supremazia o perché identifica in esso la propria parte fragile disprezzata.5

È importante cogliere tempestivamente i segnali del disagio. In generale possiamo evidenziare come sia importante riuscire ad identificare quali siano i fattori che possano determinare forme di malessere tra i giovani, individuando indicatori utili a stabilire la dimensione di tale fenomeno per poter poi attivare politiche di prevenzione e di recupero.

Le manifestazioni del disagio possono rivelarsi attraverso una serie di segnali: 6

difficoltà ad affermare la propria personalità, crisi di identità (chi sono?, non mi riconosco più?);

conflittualità con i genitori (non riescono a capirmi, mi trattano come se fossi un bambino, invadono i miei spazi, non li sopporto più);

disfunzioni nell’alimentazione come eccesso o rifiuto del cibo e spesso ripercussioni sul peso corporeo (non ho fame, il cibo mi ripugna, ho sempre fame, ci sono momenti in cui mangio continuamente poi vomito quello che ho mangiato);

difficoltà a riconoscere con chiarezza i propri obiettivi di vita (non so in che direzione andare, non so cosa voglio);

problemi scolastici (non mi importa niente della scuola, non riesco a dimostrare che sono capace, non sono intelligente);

sofferenze sentimentali (mi ha lasciato, nessuna/o mi vuole, chi potrebbe amarmi così come sono);

isolamento rispetto al gruppo dei coetanei (non ho voglia di vedere nessuno, non me la sento di uscire di casa):

5 Mariastella Fantini, psicoterapeuta

6 Noemi di Lillo, psicoterapeuta - Pubblicato in “Adolescenza”

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disagio nelle relazioni con i coetanei (non riesco a parlare con gli altri, mi arrabbio con tutti, gli altri non mi considerano, nessuno mi ascolta, non riesco a farmi degli amici, non sto più bene con i miei amici);

disagio rispetto al proprio corpo (non mi piaccio, mi sento grasso, sono troppo alto, sono cambiato e non mi piace come sono adesso);

dubbi sulla propria identità sessuale (non so se mi piacciono le ragazze o i ragazzi, faccio pensieri su quelli del mio stesso sesso, ho il timore di essere gay, ho il timore di essere lesbica);

angosce e paure (ho paura di stare da solo, in certe situazioni mi blocco, ho paura di quello che gli altri pensano di me, ho paura di non piacere e di come mi giudicano);

ossessioni (ho dei pensieri che mi disturbano e che non riesco a controllare, mi lavo le mani in continuazione, accendo e spengo la luce senza motivo, etc...);

autolesionismo manifestato attraverso pensieri o veri e propri comportamenti (ho pensato di suicidarmi, penso di farmi del male, ho provato ad uccidermi, mi taglio, non mangio, vomito apposta, faccio cose pericolose, mi faccio, bevo);

somatizzazioni cioè malessere fisico per cui è stato verificata (per esempio dal medico di famiglia) l'assenza di una causa organica (mi viene spesso mal di testa, mi va a fuoco lo stomaco, ho la pelle sempre irritata);

rabbia e aggressività (mi arrabbio con estrema facilità, perdo il controllo, odio tutti)7. Quando un soggetto ha un bisogno e lo soddisfa può occuparsi del bisogno successivo; se invece il bisogno rimane frustrato, il soggetto può reagire con collera, paura e tristezza. Se il bisogno non viene soddisfatto, inoltre, la persona può assumere comportamenti distruttivi e può rischiare di andare alla deriva.

Ecco alcuni comportamenti collegati agli indicatori del disagio giovanile8:

a. Ribellione. uno dei problemi che accompagnano specialmente i primi anni dell’adolescenza è un senso di ribellione contro molte regole imposte non solo dai genitori, ma anche da figure scolastiche. Queste si possono manifestare con piccole disobbedienze, ma possono svilupparsi in veri e propri problemi se si manifestano sotto forma di atti di vandalismo di ogni tipo, dai mini furti fino a rovinare oggetti pubblici.

7 Noemi Di Lillo, psicoterapeuta – Pubblicato in “Adolescenza”

8Dott. Flaviano Canfora, Psicologo Cognitivo Comportamentale

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b. Cattive compagnie. Le cattive compagnie possono influire in maniera negativa sul ragazzo adolescente che, facendosi influenzare, può compiere atti contro la sua volontà, da piccoli furti fino a fatti più gravi.

c. Poca voglia di andare a scuola. Capita molto spesso che, nell’età dell’adolescenza, si perda interesse nell’andare a scuola ed in generale investire in un percorso formativo: questo può risultare un problema nel momento in cui si verifica un rendimento basso e insufficiente, con una condotta bassa e assenze molte volte ingiustificate.

d. Abuso di sostanze stupefacenti. La tendenza a sperimentare sensazioni forti e sempre nuove (sensation seeker) unita al bisogno di sentirsi accettati dal contesto dei pari, può portare rapidamente all’abuso di droghe. Spesso si tratta di un periodo “esperienziale” dal quale prendere poi le distanze in modo naturale, mentre in alcuni casi può rappresentare l’inizio di problematiche più strutturate.

e. Dipendenze comportamentali. La rapida e massiccia diffusione di Internet, unita alle infinte possibilità offerte in termini di multimedialità ed intrattenimento, tende an incentivare la naturale tendenza degli adolescenti a ricercare sempre nuovi stimoli (novelty seeking) ed innescare comportamenti di tipo compulsivo, elementi alla base di diverse patologie, come la dipendenza da internet, da videogiochi, da gioco d’azzardo ed altre forme di dipendenza comportamentale.

f. Bullismo e cyberbullismo. Molte volte i ragazzi e le ragazze nell’età dell’adolescenza vengono presi di mira dai bulli, ma molto spesso possono essere loro stessi i “carnefici”. Dalla parte delle vittime, però, i casi di bullismo fanno scaturire una serie di fattori negativi che porteranno l’individuo a provare stati di ansia, depressione e bassa autostima tanto da non voler frequentare gli stessi ambienti che possono andare da quello scolastico fino a luoghi e mezzi pubblici. Assai diffuso è diventato il cyberbullismo, ovvero qualsiasi bullismo agito tramite telefoni cellulari, social media o internet in generale. Tali dispositivi consentono ai bulli di esercitare le loro molestie in modo anonimo e in qualsiasi momento della giornata, lasciando la vittima in uno stato di ansia costante con gravi conseguenze di bassa autostima e spesso di depressione.9

9 Roberta Tomasi, psicologa.

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g. Cambiamento fisico. Durante l’adolescenza ragazze e ragazzi iniziano a cambiare. Le prime sono le ragazze, con le prime mestruazioni e il fisico che cambia, seguite dai ragazzi con la pubertà. In questi casi però sono molti gli adolescenti che non accettano i propri cambiamenti, che nella maggior parte degli individui vengono affiancati dall’acne. Questo si verifica spesso anche nelle ragazze che, oltre alle imperfezioni, non accettano il proprio corpo considerandosi

“grasse” anche se palesemente magre o di costituzione del tutto normale.

h. Rapporti amorosi non corrisposti.

i. Bassa autostima. Uno dei sentimenti provati da ragazzi e ragazze è una bassa autostima nei propri confronti. Questa si manifesta non solo sotto forma di malcontento per il proprio aspetto fisico, non sentendosi “belli”, ma anche a livello delle proprie capacità. Per esempio quando non si riesce ad ottenere un risultato tanto sperato, a scuola con un compito come nello sport, o quando si viene sminuiti dai bulli: in questi casi si tende a buttarsi giù pensando di essere

“buoni a nulla”. In alcuni casi può essere anche colpa dei genitori, quando la persona non viene elogiata per i risultati raggiunti ma “accontentata” con un “potevi fare di più”, “questo lo sanno fare tutti” e così via. Per questo motivo questa si dovrà costruire poco a poco cominciando a lavorare su se stessi e vedere che poco per volta i risultati cominceranno a farsi vedere.

l. Depressione e ansia. La bassa autostima spesso viene accompagnata da altri stati d’animo come depressione e ansia e possono essere ricondotte allo stesso problema, non riuscire ad arrivare ad un risultato, un bel voto a scuola o un gol durante una partita di calcio, oppure essere talmente ossessionati dai bulli da provare stati d’ansia ogni volta che l’individuo (o gli individui) si avvicinano.

m. Autolesionismo. In molti casi negli adolescenti stati d’animo come depressione, ansia e bassa autostima possono sfociare nell’autolesionismo da parte dell’individuo: sfogarsi sul proprio corpo per trovare poi sollievo.

n. Bulimia e anoressia. Tra i grandi problemi adolescenziali, specialmente nelle ragazze, ci sono bulimia e anoressia. Questo può nascere dalla poca autostima, vedendosi troppo grosse anche per farsi accettare dagli altri. Tuttavia nella maggior parte dei casi non si è del tutto consapevoli che una volta entrati nel tunnel la strada per uscire sarà molto lunga e difficile10.

10 Dott. Flaviano Canfora Psicologo Cognitivo Comportamentale

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Attualmente il contesto è ulteriormente aggravato dal cambiamento della struttura valoriale della società o della famiglia e l’incertezza concreta del futuro, causata dalla crisi economica, fa aumentare in maniera esponenziale il livello di disagio tra i giovani. L’omologazione culturale e la difficoltà di reperire modelli identitari di riferimento, rappresentano importanti fattori di rischio, che possono amplificare la condizione di disagio psico-relazionale di un adolescente.

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3. Il valore sociale dello sport

La psicologia sociale, ma in particolare, gli studi sull’osservazione dei gruppi, dall’inizio degli anni 50 negli Stati Uniti, hanno sviluppato innumerevoli tesi a favore dell’integrazione sociale tramite la pratica sportiva. Lo sport e, prima ancora, l’attività ludica, coinvolgono il gruppo in maniera naturale e senza pregiudizi, stimolando la crescita dell’organizzazione e del singolo individuo11.

Lo sport è quindi un momento di socializzazione e di inclusione, in particolare lo sport di squadra in cui le regole del gioco sono convenzionalmente prestabilite sia dal punto di vista tecnico che tattico (es. calcio, pallavolo, ecc.).

Gli sport di squadra, più di altri, permettono inoltre agli adolescenti di vivere serenamente frustrazioni e delusioni per insuccessi o errori, senza trasformarli in una sconfitta individuale.

Gli sport individuali, sono indicati in particolar modo per i ragazzi eccessivamente irruenti e spesso iperattivi. Infatti alcuni sport individuali, in particolar modo le arti marziali, mirano a inquadrare il ragazzo da un punto di vista tecnico-fisico, ma soprattutto da un punto di vista della disciplina. L’autocontrollo insegnato in questi sport riesce spesso a incidere sugli atteggiamenti negativi di alcuni adolescenti, spesso modificandoli in maniera significativa;

laddove la famiglia e la scuola non riescono ad ottenere risultati, spesso può riuscirci lo sport.12 Gli effetti a lungo termine di questi due differenti modi di esercitare la pratica sportiva sono diversi. In uno sport individuale deve prevalere il senso di responsabilità, la disciplina e l’equilibrio psicofisico che sono quelle qualità che un atleta deve sviluppare sin dalle prime gare, se vuole raggiungere l’obiettivo.

Nell’organizzazione di uno sport individuale, l’atleta può “permettersi” di impegnare tutte le proprie energie mentali unicamente sul raggiungimento dell’obiettivo sportivo, senza concentrarsi troppo sulle relazioni con chi gli sta intorno. L’importante è che riesca a instaurare una buona sinergia con l’allenatore, col quale dovrebbe crearsi un rapporto di fiducia.13

Nello sport di squadra, invece, la collaborazione, il senso di gruppo, lo spirito di competizione e il senso di appartenenza sono le qualità che più si accrescono in quanto bisogna essere in grado di stabilire con gli altri componenti del gruppo le migliori relazioni possibili per organizzare un modulo di gioco efficiente e funzionale.

11 www.educationduepuntozero.it

12 Maria Galantucci, psicologa

13 Maria Galantucci, psicologa

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L’allenatore saprà certamente promuovere le doti di ciascuno in cooperazione con gli altri favorendo lo sviluppo di relazioni positive. La collaborazione è più utile della rivalità.

Dunque è possibile vedere tramite lo sport come, da una dimensione individuale, di recupero della propria integrità e del proprio benessere personale, si può accedere ad una dimensione più ampia che permette una (re)integrazione sociale dove le esperienze come la fatica fisica, l'agonismo, la tensione, le emozioni di gioia e di delusione, fino al risultato conclusivo di sconfitta o di vittoria vengono sempre condivise e mai subite in solitudine.

Se si vince è anche merito del singolo, se si perde si potrà dividere il peso della delusione con i compagni di squadra e accettare che gli avversari, sono stati più bravi e fortunati.

Lo sport offre numerose occasioni per socializzare: ciò costituisce una delle motivazioni primarie che spingono i giovani ad intraprendere un percorso sportivo presso un centro organizzato. I compagni, gli allenatori, i dirigenti, gli stessi avversari costituiscono per il giovane una rete sociale, talvolta di supporto, altre volte di confronto e di competizione. Egli comincia a delineare la propria identità assumendo ruoli sociali nell’ambiente sportivo, che si presenta come un ambiente diverso dal contesto familiare e da quello scolastico. Ciò riduce l’autoemarginazione che spesso si manifesta nei ragazzi che vivono condizioni di malessere e non riescono a inserirsi in un gruppo di coetanei, ovvero in un contesto sociale.

I giovani che frequentano i centri sportivi sono chiamati a rapportarsi continuamente con gli altri, a cercare una intesa con i propri compagni e a conoscere e interpretare i punti deboli e gli stati d’animo degli avversari.

Certamente nel periodo dell’adolescenza i rapporti tra pari non sono così immediati né sono facilmente spiegabili; può capitare che, anche all’interno del gruppo sportivo e della squadra, si creino delle discriminazioni e che alcuni soggetti vengano emarginati.

Affinché lo sport possa diventare strumento di socializzazione utile per situazioni di disagio giovanile è fondamentale che gli operatori si propongano come modello da imitare, come guida dei ragazzi verso una crescita sana, sia da un punto di vista fisico che psico-sociale.

Lo sport come strumento di aggregazione, ha un suo “linguaggio” che supera le barriere. “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose. Ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione.” (Nelson Mandela).

Lo sport sembra costituire una sorta di rappresentazione della società, in quanto ha regole precise che predeterminano ruoli e status sociali. Rende facile l’interazione tra gli individui e nel contempo i suoi simboli e miti sono potenti mezzi per l’inclusione agendo così da

“facilitatore sociale”.

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Un altro aspetto fondamentale è l’assunzione di un ruolo e l’affermazione di uno status sociale che può generare un riconoscimento ed un apprezzamento da parte della collettività. La pratica sportiva può decisamente facilitare questo processo rappresentando forse una delle poche circostanze, nelle quali i ragazzi meno privilegiati e con problemi di integrazione sociale possono dare libero sfogo alla propria espressività.

Inoltre l’attività sportiva costituisce quel momento di sfogo o di distrazione utile ad allentare le tensioni quotidiane.

I giovani dal canto loro sono sempre più orientati verso motivazioni socializzanti, lo sport viene vissuto come un momento di aggregazione e un modo per vivere in comunità con i propri coetanei. «Dentro la pratica sportiva agonistica sembra esserci più un senso di comunità che di competizione (che pure, naturalmente, non può mancare)»14.

La più importante agenzia socializzatrice rimane senza dubbio la scuola. Viene da domandarsi come mai, una volta riconosciute le valenze formative e preventive della pratica sportiva, questa venga scarsamente presa in considerazione nell’ambiente scolastico.

L’Italia è uno dei pochissimi Paesi che non prevede un programma ministeriale di educazione fisica nelle scuole primarie, in un periodo decisivo nella formazione del giovane. «Dietro il compito di favorire la prima vera presa di contatto della popolazione giovanile con l’esercizio fisico, si è per lunghi anni nascosta una sostanziale rinuncia della scuola italiana, che ha preferito delegare l’offerta formativa al mondo dell’associazionismo sportivo»15.

Per sopperire a questa carenza da alcuni anni nelle scuole primarie vengono promossi alcuni progetti di avviamento allo sport ad opera di singoli comuni o istituti scolastici in collaborazione con le federazioni sportive nazionali. L’evoluzione in senso sociale dello sport alla quale si sta assistendo prevede una sostanziale riorganizzazione del sistema sportivo a livello nazionale e in particolar modo a livello territoriale.

La pratica sportiva nella sua accezione formativa rappresenta un metodo efficace di prevenzione e reintegrazione rispetto a forme di malessere e emarginazione.

Lo sport:

1. facilita i processi di comunicazione e identificazione in un gruppo;

2. attraverso lo sviluppo monitorato del proprio corpo facilita l’identificazione nel sé adulto durante il periodo puberale;

14 Nomisma, 2004

15 Nomisma, 2004 (fonte già citata)

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3. si pone come rappresentazione simbolica della realtà sociale, composta da regole e attori sociali, ognuno con il suo ruolo ed il suo status;

4. favorisce il confronto con il gruppo dei pari e con gli adulti di riferimento;

5. stimola il giovane alla sperimentazione e all’auto-consapevolezza, attraverso la cultura del superamento dei limiti e della accettazione degli stessi;

6. permette ai giovani di vivere un momento di svago e di sfogo delle tensioni quotidiane.

È fondamentale quindi che la pratica sportiva giovanile sia strutturata e articolata in modo da porre al centro la cultura dello sport sano e formativo, impedendo che i momenti dedicati allo sport nei giovani si trasformino in canali per esprimere il proprio disagio.

In linea con questi principi vi sono gli atti della Dichiarazione di Vienna, formulati nel corso dell’undicesimo congresso internazionale del Panathlon, svoltosi nel 1997 nella città austriaca, con l’obiettivo di promuovere interventi concreti per l’inserimento sociale dei giovani attraverso lo sport.

“A seguito delle quattro importanti relazioni introduttive e dei proficui dibattiti svolti nei quattro gruppi culturali linguistici (tedesco, francese, ispano/portoghese, italiano) i Congressisti hanno approvato le seguenti vie d’intervento:16

• Al fine di favorire l’inserimento sociale degli adolescenti è necessario ascoltarli, stabilire con loro un rapporto di dialogo aperto, coinvolgendoli in una attiva partecipazione e responsabilizzarli;

• Sviluppare azioni che consentano l’armonizzazione tra la pratica sportiva e lo studio;

• Al fine di valersi più efficacemente del potenziale educativo dello sport nei confronti degli adolescenti con più seri problemi psicologici e di adattamento è necessario fare ricorso ad interventi sportivi particolari, basati su conoscenze sportive e specialistiche;

• Sollecitare i campioni a portare la loro testimonianza ai giovani per invogliarli alla pratica sportiva;

• Facilitare l’accesso a infrastrutture sportive multifunzionali, possibilmente gratuite;

• Incoraggiare gli scambi interculturali, anche per lottare contro i pregiudizi razziali;

• Promuovere e sostenere la formazione specifica di educatori sportivi affinché possano operare conoscendo bene le particolari caratteristiche ed esigenze degli adolescenti loro affidati;

• Promuovere la pratica sportiva più adeguata e più precoce possibile per i giovani disabili;

16 Panathlon International, 1998 L’adolescente e il suo inserimento sociale attraverso lo sport: 11° Congresso internazionale del Panathlon, Vienna, Maggio 1997.

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• Favorire l’evoluzione delle società sportive perché possano corrispondere alle nuove aspettative degli adolescenti”.17

Nello sport vi possono essere diversi tipi di stressor: ad esempio, la prestazione, il rapporto con l’allenatore e i compagni, i segnali del proprio corpo. Tuttavia essi possono essere interpretati come stimoli positivi e non come fonti di disagio. Per affrontarli nel modo giusto, la persona deve ricorrere alle proprie capacità, in termini sia di fattori interni come la motivazione che lo ha spinto ad intraprendere l’attività e l’autoefficacia, sia a fattori esterni come le tecniche di gestione efficace dello stress e dell’ansia18.

Che si tratti di bambini, di ragazzi, di adulti o di anziani, esso non smette mai di insegnare nuove regole e impone l’autodisciplina: stare con gli altri, condividere, contribuire al raggiungimento di obiettivi difficili ma non impossibili.

L’esercizio fisico assume un ruolo prioritario anche per la salute.

Con l’esercizio fisico aumentano, infatti, le energie e lo stato di benessere generale, migliora la qualità del sonno, l’autostima, la fiducia in se stessi e vengono scaricate eventuali tensioni.

“Fare movimento anche a casa è quindi un modo semplice ed efficace per gestire lo stress, rendere attiva la mente e reagire al senso di costrizione e alla frustrazione, che certe situazioni possono generare. La scelta autonoma e consapevole delle attività, non solo motorie, da svolgere durante la giornata, assume, per i ragazzi, un ruolo centrale anche per migliorare il confronto con le regole familiari e comportamentali. La gratificazione proveniente dalla padronanza delle scelte compiute e delle strategie per metterle in atto aumenta il senso di competenza percepita. Questo processo è rilevante in quanto può facilitare l’assunzione di corretti comportamenti preventivi rispetto alla diffusione dell’attuale epidemia e nel rispetto delle limitazioni indicate”19.

Per quanto concerne l’Unione Europea, il Consiglio degli stati membri ha valorizzato lo sport come un efficace strumento educativo. In una Direttiva U.E. del 2003 dal titolo Il valore sociale dello sport per i giovani viene sottolineata la rilevanza sociale oltre che sanitaria dello sport.

Nel testo si legge che: «attraverso i valori della solidarietà, del rispetto degli altri, della partecipazione e del "fair play", lo sport contribuisce alla socializzazione dei giovani, li sprona

17 Panathlon International, 1998 L’adolescente e il suo inserimento sociale attraverso lo sport: 11°

Congresso internazionale del Panathlon, Vienna, Maggio 1997. (fonte già citata)

18 Elena Fiabane, Gloria Tosi, Open School Studi Cognitivi Milano

19 http://www.salute.gov.it/

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a partecipare alla vita pubblica e promuove i valori democratici e di cittadinanza tra i giovani»

[Unione Europea 2003, p. 5].

La Direttiva ha come scopo quello di sensibilizzare gli Stati membri a promuovere le iniziative sportive che abbiano chiari aspetti etici e formativi, senza incentivare quelle orientate al profitto, anzi incoraggiando «… le attività volontarie nel campo dello sport, con la partecipazione e l'attivo contributo di tutti gli organismi interessati, in particolare delle associazioni e organizzazioni sportive giovanili volontarie» [Ibidem, pag. 5].

Dunque lo sport, in quanto fenomeno economico e sociale, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi strategici di solidarietà e di prosperità dell'Unione europea. Lo sport è la rappresentazione plastica degli ideali di pace, tolleranza, comprensione reciproca e istruzione propri dell'Europa. Il Consiglio d’Europa, nella Carta Europea dello Sport del 1992, definisce lo sport come “Qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non organizzata, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali e l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli.”

Tale definizione racchiude perfettamente il valore sociale dello sport: l’attività fisica contribuisce, infatti, a migliorare la qualità della vita ed è associata positivamente sia allo stato di salute sia al grado di soddisfazione degli interessi personali e alla crescita delle potenzialità e dei rapporti sociali.20

20 http://www.salute.gov.it/

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4. L’importanza riservata allo sport quale strumento educativo da parte delle istituzioni

Livello europeo

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, avvenuta il dicembre 2009, l’Unione Europea ha finalmente acquisito delle competenze specifiche nel settore dello sport. Tali competenze sono state inserite nella sezione dei trattati dedicata all’istruzione, alla formazione professionale e alla gioventù.

Secondo l’articolo 165 del trattato, l’Unione Europea intende promuovere i profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.

Obiettivo dell’Unione è quello di spingere l’Europa e i Paesi membri ad adottare una concezione innovativa delle attività motorie e sportive. Una concezione che le riconosca quali strumenti sociali, educativi e formativi, in grado di facilitare processi di inclusività, socialità ed interculturalità, di aumentare gradi di apprendimento e la qualità della salute pubblica.

Una concezione dalla quale bisognerebbe partire per rivedere e potenziare le azioni politiche comuni.

L’Unione dovrà essere altresì in grado di favorire la cooperazione con organizzazioni internazionali competenti in materia di sport.

Ben prima della presente attribuzione di competenze, l’Unione Europea aveva evidenziato il valore sociale, educativo e formativo ricoperto dallo sport attraverso diversi atti, tra cui si sottolineano la dichiarazione di Nizza del 2000 che riporta la funzione sociale dello sport in Europa, il Libro Bianco della Commissione Europea sullo sport del 2007, in cui tra gli altri aspetti viene sottolineata l’importanza di rafforzare il ruolo dello sport nel campo dell’istruzione e della formazione e la proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul ruolo dello sport nell’educazione del novembre 2007.

Livello nazionale

Esiste da tempo una forte correlazione esistente tra sport e formazione in termini di strumenti educativi complementari da promuovere all’interno dell’istituzione scolastica a livello nazionale sancita dai diversi protocolli d’intesa sottoscritti dal Ministero dell’Istruzione

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dell’Università e della Ricerca (MIUR) e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), tra cui si evidenziano:

- il Protocollo d’Intesa del 5 giugno 2002, rinnovato il 25 maggio 2005, che ha stabilito il nuovo quadro complessivo di riferimento per lo sviluppo di iniziative comuni;

- il Protocollo d’Intesa del 2007, nel quale viene data grande importanza ai Giochi Sportivi Studenteschi e in particolare alle modalità in cui si devono svolgere e alle risorse finanziare che il Ministero e il CONI dovranno destinarvi ogni anno;

- il Protocollo di Intesa dell’11 novembre 2010 per il rilancio dell’attività motoria e sportiva nelle scuole di ogni ordine e grado attraverso il proseguimento del progetto di Alfabetizzazione Motoria nella scuola primaria avviato nel 2009 come progetto pilota.

- il Protocollo di Intesa 2017/2020 - “Lo sport e le scuole” Il Protocollo, che ha una validità di tre anni, impegna i due Ministeri (Miur e Ministero dello Sport) a promuovere il riconoscimento in ambito scolastico del valore della pratica sportiva; a collaborare alla realizzazione di progetti, manifestazioni ed eventi per la diffusione e l’ampliamento dello sport a scuola; a lavorare congiuntamente sulla formazione e l’aggiornamento del personale dirigente e docente; ad incentivare iniziative che diffondano i valori educativi dello sport e del fair play anche come strumento di prevenzione e contrasto del bullismo e del disagio giovanile, per favorire l’adozione dei corretti stili di vita e la diffusione di una cultura del rispetto, per promuovere integrazione e inclusione attraverso lo sport. Saranno coinvolti istituzioni del terzo settore, il CONI e le Federazioni Sportive.

Nel Protocollo è previsto uno specifico riferimento ai laureati di Scienze Motorie che potranno essere coinvolti nelle sperimentazioni didattiche finalizzate a promuovere l’esercizio della pratica sportiva nelle scuole.

- il Protocollo di Intesa 2020/2022 - Insieme per lo sport” - per promuovere iniziative organiche e sinergiche che consentano di fronteggiare al meglio l'emergenza sanitaria connessa all'epidemia da covid-19 e, in particolare, le conseguenze determinatesi nell'ambito del movimento sportivo nazionale;

La crescente importanza attribuita all’insegnamento dell’educazione motoria nelle scuole in quanto strumento utile allo sviluppo personale di ogni studente e all’avvio di un processo di crescita in cui confluiscano i valori positivi dello sport e di uno stile di vita sano, è stato anche evidenziato e confermato dalle Linee guida per le attività di educazione fisica, motoria e

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sportiva nelle scuole secondarie di primo e secondo grado diramate dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca il 4 agosto 2009.

Importante da citare, alla luce dell’analisi statistica riportata nella prima parte della ricerca in cui sono emersi anche alcuni stili di vita scorretti che sempre più caratterizzano il mondo giovanile (aumento della sedentarietà e conseguente sovrappeso e obesità, abuso di alcol e di fumo), il Protocollo di Intesa del settembre 2007 volto a promuovere comportamenti salutari siglato dal Ministero della Salute e il Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive.

Livello regionale

La Regione Abruzzo promuove varie iniziative sportive nella considerazione che la pratica delle stesse è un diritto alle pari opportunità, un servizio sociale ed un elemento basilare di formazione psicofisica. La Regione contribuisce a sostenere le iniziative realizzate nel proprio territorio dalle strutture territoriali provinciali e regionale del CIP, dalle società sportive dilettantistiche, dalle associazioni e dagli organismi sportivi ad esso affiliati, operanti nella Regione, che partecipando alle attività federali agonistiche e promozionali, promuovono la partecipazione alla pratica sportiva.

Questo coinvolgimento attivo si è rivelato “l’arma vincente” per la creazione di attività arricchenti, formative e radicate sul territorio.

Anche l’utilizzo di approcci e metodologie innovative ha contribuito notevolmente all’ottenimento degli obiettivi propostisi:

- l’erogazione di attività formative in contesti non formali e con metodologie non tradizionali si è rivelata uno strumento fortemente efficace e attrattivo per i giovani, che in tali ambienti si sono sentiti più liberi di sperimentarsi e mettersi in gioco;

- l’utilizzo di strumenti di comunicazione innovativi legati al mondo giovanile e la riqualificazione di spazi dedicati ha permesso di raggiungere una fascia giovanile generalmente un po’ lontana dalle logiche progettuali;

- i diversi incontri con figure professionali poco conosciute ha permesso ai giovani di esplorare un mondo del lavoro a loro estraneo e di iniziare a confrontarsi anche con il concetto di imprenditorialità.

Infine, si sottolinea come la realizzazione di spazi dedicati ad attività ludico sportive abbia contribuito a valorizzare il territorio e a raggiungere una fascia di giovani in situazioni di disagio, dimostrando il valore di inclusione sociale che spesso si attribuisce allo sport.

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CONCLUSIONI

L’attività sportiva, ancor prima di costituire per molti giovani che la praticano un’occasione importante di divertimento, socializzazione e sana crescita fisica, veicola una visione della vita che riguarda anche l’interiorità e i valori della persona: sotto questo profilo educativo, essa ha molto da trasmettere persino a quanti non amano l’agonismo in sé.21

Nel corso mio lavoro ho evidenziato quali siano nella realtà odierna i punti di contatto tra sport e disagio nel mondo giovanile.

Ho cominciato sottolineando la valenza sociale e formativa che lo sport ricopre nella sua accezione naturale per poi soffermarmi sugli aspetti socializzanti e inclusivi che esso riveste per un adolescente e per la sua formazione di un’identità personale e sociale e di contrasto al disagio giovanile.

Lo sport come rappresentazione dei valori della società è in grado di favorire lo sviluppo di concetti sociali basilari, come il ruolo, il confronto tra pari e il rispetto dell’avversario, inoltre, costituisce uno spazio protetto nella vita dell’individuo, in cui questi può sperimentare forme di relazione con il mondo degli adulti al di fuori delle convenzioni sociali tipiche della famiglia e della scuola.

Per l’antropologo Marcel Mauss la pratica sportiva è “un fatto sociale”, cioè un complesso di attività che comprende ambiti diversi.

Potremmo definire lo sport come lo specchio della nostra società, in grado di trasmettere modelli di vita e pratiche di comportamento più o meno virtuose.

Si tratta di un elemento importante, che sprona i giovani a misurarsi con se stessi, con la propria autodeterminazione, a controllare le pulsioni negative nel rispetto degli impegni presi, nei tempi richiesti.

Se si approccia lo sport in modo corretto, dunque, si riesce a produrre benessere allargato alla salute, alla crescita cognitiva, ma anche all’inclusione e al rispetto per le diverse culture.

L'aquilano Antonello Passacantando, Consigliere nazionale e responsabile regionale dell'Osservatorio nazionale sul bullismo e il disagio giovanile, sottolinea la funzione sociale dello sport “ Lo sport è certamente educazione, cultura, crescita personale, sviluppo di sé.

Fare sport significa scoprire i propri limiti e le proprie potenzialità, mettersi alla prova magari fallendo per poi ritentare e riuscire”.

21 Gabriele Ragogna, membro del Comitato Scientifico

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Il Prof. Passacantando ribadisce che “lo sport è salute ed è anche la prima forma di prevenzione, la più potente e la più efficace. L’Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di obesità infantile e il più sedentario; abbiamo il più alto tasso di drop-out sportivo in età adolescenziale. Nell’anno di passaggio tra le scuole medie e le superiori, il 40% dei ragazzi e delle ragazze abbandonano l’attività sportiva. Il tutto nel periodo critico dello sviluppo:

l’adolescenza e la pubertà. Dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi.

Dobbiamo incentivare la pratica sportiva, aiutare le società sportive della Regione affinché possano riversare nei nostri ragazzi tutti quei valori fondamentali che lo sport porta con sé".

“Per ogni individuo, lo sport è una possibile fonte di miglioramento interiore.”

Pierre De Coubertin.

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BIBLIOGRAFIA

- https://www.continopsicoterapeuta.it/disagio-giovanile/

- www.psicologi-italia.it/famiglia/adolescenza/articoli/disagio-giovanile.html

- Maurizio Del Santo – Life Coach - Il malessere giovanile

- Mariastella Fantini, psicoterapeuta

- Noemi di Lillo, psicoterapeuta - Pubblicato in “Adolescenza”

- Dott. Flaviano Canfora, Psicologo Cognitivo Comportamentale

- Roberta Tomasi, psicologa.

- Dott. Flaviano Canfora Psicologo Cognitivo Comportamentale

- www.educationduepuntozero.it

- Maria Galantucci, psicologa

- Nomisma (2004) è un gruppo fondato a Bologna nel 1981 e rappresenta una delle principali società operanti in campo nazionale ed europeo nel mercato della ricerca economica e sociale.

- Panathlon International, 1998 L’adolescente e il suo inserimento sociale attraverso lo sport: 11°

Congresso internazionale del Panathlon, Vienna, Maggio 1997.

- Elena Fiabane, Gloria Tosi, Open School Studi Cognitivi Milano

- http://www.salute.gov.it/

- Gabriele Ragogna, membro del Comitato Scientifico

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