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Capitolo 2 Introduzione ai sistemi ACM

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Academic year: 2022

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(1)

Introduzione ai sistemi ACM

Massimo Buscema, Luigi Catzola

2.1 Aspetti generali

La contrattazione che si stabilisce, nello spazio e nel tempo, tra l’entità (la cosa in sé) e il contesto in cui essa interagisce e che porta a definire il fenomeno, si esprime per il tramite di sollecitazioni, ovvero di forze, tra gli elementi minimi del fenomeno stesso.

Tali forze sono dette finite quando assumono valori reali finiti in qualunque intorno spaziale e temporale di un punto assunto come iniziale. Sono dette continue quando non esiste alcun punto di un intorno spaziale e temporale, in cui il valore della forza dipende dalla direzione cui si arriva nel punto considerato. Infine, sono dette locali quando la pro- pagazione degli effetti di tali forze avviene con continuità attraverso tutti i punti spazio temporali successivi al punto assunto come iniziale.

La capacità che ha un fenomeno di mantenere finite, locali e continue le forze tra i suoi elementi minimi, è la coesione spazio-temporale del fenomeno stesso.

In ogni fenomeno con topologia pertinente, l’identità e l’unità del fenomeno stesso è garantita dalla sua coesione spazio-temporale. Il che significa che ogni elemento minimo del fenomeno è contiguo e connesso, direttamente o indirettamente, tramite specifiche forze, agli altri. Il valore quantitativo di ogni elemento minimo del fenomeno in analisi, quindi, è il risultato dell’azione di queste forze. Si può dimostrare che in un fenomeno con topologia pertinente le forze che connettono ogni elemento minimo con ogni altro nel suo intorno locale sono sufficienti a spiegare la coesione spazio-temporale dell’intero fenomeno.

Quanto detto permette di affermare che ogni fenomeno visivo è esprimibile come una matrice di valori, connessi localmente gli uni agli altri, da altri valori (pesi), che rappre- sentano le forze di coesione locali tra le unità minime di quel fenomeno.

Come abbiamo già anticipato nelle pagine precedenti, il fenomeno cui in generale ci ri- feriamo nel nostro studio, è relativo all’immagine che cattura la nostra sensibilità allorché un soggetto investito da luce si dà a noi, per l’appunto, come fenomeno. L’immagine del soggetto, catturata e resa disponibile come fenomeno, è rappresentabile per la sua tratta- zione analitica da una matrice di punti che sono i pixel dell’immagine di partenza assegna- ta. Il tentativo di estrarre da tale immagine, ovvero da tale fenomeno, ulteriori informazio- ni sul soggetto che lo ha prodotto e che non sono visibili nell’immagine data in partenza, ci porta a considerare la matrice dei pixel dell’immagine di partenza, come un sistema di- namico che evolve nel suo spazio delle fasi verso una matrice di configurazione finale dei pixel. Questo spazio delle fasi, non va confuso con lo spazio bidimensionale o tridimen- sionale dell’immagine di partenza. Infatti è alla dimensione di quest’ultimo spazio che si aggiunge l’ulteriore dimensione data dalla intensità delle forze di connessione dei pixel tra loro allorquando se ne consideri di essi la matrice dei punti e la si consideri attiva nel sen- so che dalla matrice iniziale si evolverà verso una matrice finale proprio a causa di una evoluzione dinamica di tali connessioni.

(2)

2.2 Definizioni

Un fenomeno con topologia pertinente in uno spazio a D dimensioni è rappresentabile da unità minime chiamate nodi e da connessioni locali tra queste. Ogni unità minima u al passo di elaborazione n è definita dalla posizione x

= (

x1

,

x2

,  ,

xD

)

che essa occupa all’interno del fenomeno e da un valore quantitativo funzione di tale posizione:

[ ] [ ]

, , ,2 1

n x n

x x

x

u

u

 D

=

[2.1]

In pratica immaginiamo le unità minime u come punti posti nelle coordinate di posi- zione x ai quali è anche attribuito un valore detto intensità. Per ciascuna unità u, l’insieme della posizione x e del valore dell’intensità al ciclo n di elaborazione è riassunto nel termi- ne

u

[nx]. L’immagine iniziale assegnata è da considerarsi come costituita dalle unità al ci- clo “0” di elaborazione, pertanto ciascuna delle sue unità è identificata dal termine

u

[x0]. Quando non faremo riferimento al ciclo di elaborazione n, ma intendiamo una unità mini- ma in senso generico, la indicheremo col termine u oppure ux se vogliamo indicarne anche la posizione.

Consideriamo come distanza

dist , ( x x

S

)

tra le posizioni

x = ( x

1

, x

2

,  , x

D

)

e

)

, , ,

(

1 S1 2 S2 D SD

S

x k x k x k

x = + +  +

di due unità minime, il massimo tra i valori asso- luti degli indici

k

Si con i = 1, 2,…, D dove:

( x x

S

)

i D

{ } k

Si

dist , max

,..., 2 ,

=1

=

. [2.2]

Data una coordinata di posizione x (nell’immagine assegnata), diciamo intorno a rag- gio G di x l’intorno

I

xG, centrato sulla posizione x, che include x e tutte le posizioni xS la cui distanza da x sia non nulla e non superi G:

( ) ( )

{

x x dist x x G

}

IGx

= ,

S

0 < ,

S

[2.3]

In pratica ciascun intorno

I

xG di x è costituito da tutti e soli i punti xS che soddisfino la [2.3] e da x stesso. Alla posizione x diamo il nome di posizione del pixel centrale dell’intorno

I

Gx . Il pedice S (che varia da 1 a D) indica la variabilità della posizione dei punti xS dell’intorno, distinti dalla posizione centrale x.

L’insieme delle posizioni x e xS appartenenti ai rispettivi intorni

I

xG, in quanto coordi- nate di posizione, saranno usate indifferentemente per indicare le posizioni dei pixel dell’immagine iniziale assegnata, delle immagini in corso di elaborazione, e di quella fina- le. Nel caso in cui ci riferiremo ad intorni con raggio G = 1, l’intorno lo indicheremo con la notazione semplificata

I

x.

Ogni connessione locale tra due unità minime, definisce la forza esercitata da un’unità minima sull’altra e viceversa. Quindi, assegnate due unità minime per esse esistono sem- pre due connessioni locali il cui valore è in generale diverso.

(3)

La connessione tra un’unità minima di posizione x

= (

x1

,

x2

,...,

xD

)

e un’altra di posi- zione

x

S

= ( x

S1

, x

S2

,..., x

SD

)

, al passo n sarà definita dalle posizioni x e xs delle unità con- nesse e dal valore quantitativo:

([ ] ) ( ) [ ]n

x x n

x x x x x

x D S S SD w S

w , , , , , , , ,

2 1 2

1  

=

[2.4]

equivalente a:

([ ]n ) ( )

k x k x k x x x

x D S S D SD

w , , , , + , + , , +

2 2 1 1 2

1   [2.5]

dove si è indicata esplicitamente ciascuna coordinata sia di x che di xS : xS1=x1+kS1,

2 2

2 S

S x k

x = + ,xSD

=

xD

+

kSD. Nella [2.4], invece, abbiamo preferito adottare una notazione più semplice in cui sinteticamente abbiamo indicato xS =x+kS, dove kS =(kS1,kS2,...,kSD).

In generale, pertanto, adotteremo la notazione seguente: [ ]xnx

w, S per intendere il valore di ciascuna connessione tra l’unità minima uxdel pixel centrale (posto in posizione x dell’intorno) e ciascuna unità minima

xS

u

dei pixel dell’intorno

I

xG (posti nelle posizioni xS) al passo n di elaborazione.

Le Matrici Attive delle Connessioni vengono definite in relazione a un intorno di rag- gio G. Per ogni unità minima ux vengono considerate le sole connessioni tra l’unità centra- le in posizione x e quelle

xS

u del suo intorno xG

I S a raggio G.

Definiamo Matrice Attiva delle Connessioni il sistema costituito dalle seguenti equa- zioni:

[ ]1,+12, ,

=

n x x

x D

u  [2.6]

[ ] [ ]

([ ] ) ( )

( ) =

=

n+ + + nx x x x+k x +k x +k

k x k x k x n

x x

x D u S S D SD w D S S D SD

u

f , , , , , , , , , , , , ,

2 2 1 1 2

1 2

2 1 1 2

1 

,...,



,...,

 

[ ] [ ]

([ ] ) ( )

( )

=

= nx x x x x x

n x x x n

x x

x D u S S SD w D S S SD

u

f , , , , , , , , , , , , ,

2 1 2

1 2

1 2

1  ,...,  ,...,  

[ ]

,...,

[ ]

,...,

[ ]

) (

xn xn xn,x

S

S w

u u

=

f

e

([ ]1+,12, , ) (, 1+1,2+2, , + )

=

n

k x k x k x x x

x D D D

w   [2.7]

[ ] [ ]

([ ] ) ( )

( ) =

=

n+ + + nx x x x+k x +k x +k

k x k x k x n

x x

x D

u

S S D SD

w

D S S D SD

u

g

, , , , , , , , , , , , ,

2 2 1 1 2

1 2

2 1 1 2

1 

,



,

 

[ ] [ ]

([ ] ) ( )

( ) =

=

nx x x x x x

n

x x x n

x x

x D

u

S S SD

w

D S S SD

u

g

1, 2,,

,

1, 2,,

,...,

1, 2,, , 1, 2,,

[ ] [ ]

, ,

[ ]

) (

uxn uxnS wxn,xS

=

g valide:

( )

{ x x dist x x G }

I x x w e

u

xn xnx S Gx S S

S

∈ = < ≤

[ ] [,]

( , ) ( , ) 0 ,

[2.8]

e con valori iniziali [ ]0, , , [ ]0

2

1x x x

x u

u  D

=

e ([ ]0 ) ( ) [ ]0, ,

, , , , ,

, 2 1 1 2 2

1x xD x kS x kS xD kSD xxS

x w

w  + +  +

=

fissati.

(4)

La prima equazione [2.6] mostra come l’evoluzione di un’unità dipenda dal valore dell’unità stessa, da tutte le unità dell’intorno, e da quello delle

(

2G+1

)

D1 connessioni di tutte le unità dell’intorno ipercubico a raggio G; mentre le

(

2G+1

)

D 1 equazioni per le connessioni mostrano come l’evoluzione di ognuna di esse dipenda dal valore della connessione stessa e da quello delle due unità connesse.

Nel caso bidimensionale (D=2) le unità di un fenomeno possono essere rappresentate in una matrice che, usando più comodamente gli indici i e j al posto di x1 e x2 è data da:

































1 , 1 1 , 1 , 1

, 1 ,

, 1

1 , 1 1 , 1 , 1

+ + + +

+

+

j i j i j i

j i j i j i

j i j i j i

u u

u

u u

u

u u

u

mentre le equazioni [2.6 e 2.7] si specializzano e si dettagliano nelle:

[ ],nj1

(

i[ ],nj

,

i

f u

u

+

=

[2.9]

[ ]

,

[ ]

,

[ ]

,

[ ]

,

[ ]

,

[ ]

,

[ ]

,

[ ]

, , u

in1,j1

u

i,nj1

u

in+1,j1

u

in1,j

u

i+n1,j

u

in1,j+1

u

i,nj+1

u

i+n1,j+1

( ) ([ ] )

( ) ([ ] )

( ) ([ ] )

( ) ([ ] )

, ,

, ,

,

win,j,i1,j1 wni,j,i,j1 win,j,i+1,j1 wni,j,i1,j

( ) ([ ] )

( ) ([ ] )

( ) ( )

[ ]inj ij ( ) ([ ]nij i j )

)

n j i j i n

j i j

i

w w w

w

, , 1,

,

, , 1, 1

,

, , , 1

,

, , 1, 1

,

+ + + + +

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ([ ] )

(

inj in j inj i j

)

n j i j

i

g u u w

w

,+1, 1,1

=

,

,

1,1

,

, , 1,1 [2.10]

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ([ ] )

(

inj inj inj i j

)

n j i j

i g u u w

w ,+1, , 1

=

,

,

,1

,

, , ,1

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ([ ] )

(

inj in j inj i j

)

n j i j

i g u u w

w ,+1, +1,1

=

,

,

+1,1

,

, , +1, 1

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ([ ] )

(

inj in j inj i j

)

n j i j

i g u u w

w ,+1, 1,

=

,

,

1,

,

, , 1,

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ([ ] )

(

inj in j inj i j

)

n j i j

i gu u w

w ,+1, +1,

=

,

,

+1,

,

, , +1,

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ([ ] )

(

inj in j inj i j

)

n j i j

i g u u w

w ,+1, 1,+1

=

,

,

1,+1

,

, , 1,+1

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ([ ] )

(

inj inj inj ij

)

n j i j

i gu u w

w ,+1, , +1

=

,

,

,+1

,

, , ,+1

( ) ([ ] ) [ ] [ ]

( ) ( )

(

inj in j [ ]inj i j

)

n j i j

i g u u w

w ,+1, +1,+1

=

,

,

+1,+1

,

, , +1,+1

Nel caso generale di un fenomeno con topologia pertinente in uno spazio a D dimen- sioni e con elementi minimi connessi a raggio G, si può facilmente osservare come una variazione di un’unità al passo n, determini al passo n+1 una propagazione dell’effetto fi- no alle unità distanti g

(

n

+ 1 )

posizioni, con:

(

n

) (

n

)

G

g

+ 1 = + 1 ⋅

[2.11]

(5)

e che quindi, sempre al passo n+1, il numero r

(

n

+ 1 )

di unità impattate dalla variazione nell’intorno, unità centrale esclusa, sia pari a:

( n + 1 ) = ( 2 ( n + 1 ) G + 1 )

D

1

r

[2.12]

Analogamente, è possibile inoltre osservare come il numero di passi di ritardo

n con cui due unità ux e

xS

u si influenzano reciprocamente sia pari a:

¸ ¸

¹

·

¨ ¨

©

§ » −

»

« º

«

ª −

=

∆ max

0 , 1

1

G

x

n x

S

D

S [2.13]

Sulla base di tali considerazioni si vede quindi come le equazioni [2.6 e 2.7] possano facilmente ricondursi alle seguenti:

[ ]1n,+12, ,

=

x x

x D

u  [2.14]

[ ] [ ] [ ]

([ ] ) ( )

( ) =

=

0, , ,

,...,

0+ , + , , +

,...,

0, , , , + , + , , +

,...

2 2 1 1 2

1 2

2 1 1 2

1x xD x kS x kS xD kSD x x xD x kS x kS xD kSD

x

n

u u w

f

   

[ ] [ ] [ ]

([ ] ) ( )

(

01, 2, ,

,...,

01, 2, ,

,...,

01, 2, , , 1, 2, ,

)

SD S S D SD

S S

D x x x x x x x x x

x x x

n

u u w

f

   

=

[ ] [ ]

(

0

,...,

[ ]0

,...,

[ ]0,

)

S

S xx

x x

n u u w

=

f e

([ ]1 ) ( )

, , , , , ,

,2 1 1 2 2

1

+ + + +

n

k x k x k x x x

x D D D

w   [2.15]

[ ] [ ] [ ]

( ) ( )

(

[ ]

) =

=

+ + + 0, , , , + , + , , +

0

, , , 0

, ,

, 2 1 1 2 2 1 2 1 1 2 2

1

, ,

SD D S S D SD

D S S

D x k x k x k x x x x k x k x k

x x x

n

u u w

g

   

[ ] [ ] [ ]

([ ] ) ( )

(

x01,x2, ,xD

,

x0S1,xS2, ,xSD

,...,

0x1,x2, ,xD ,xS1,xS2, ,xSD

)

n

u u w

g

   

=

[ ] [ ] [ ]n

(

ux0

,

ux0S

,

w[ ]x0,xS

)

=

g valide:

G n x S x

x

x

e w x x I

u

S

) 1 ( ]

0 [

, ] 0

[

∀ ( , ) ∈

+

[2.16]

Con esse si può evidenziare come la traiettoria descritta dal sistema dinamico, costitui- to dalla matrice del fenomeno (ovvero dei pixel dell’immagine di partenza), durante l’evo- luzione dipenda dai valori iniziali delle unità e delle connessioni comprese in un intorno che si espande ad ogni passo. La dipendenza delle unità e delle connessioni dai valori ini- ziali è rappresentata dalla successione di funzioni f[ ]n e g[ ]n : la prima composta di fun- zioni con un numero di argomenti crescente con n e pari a:

( )

( 2 1 1 ) 1

2 ⋅ ⋅ n + ⋅ G +

D

[2.17]

mentre la seconda ha funzioni con stesso numero di argomenti.

(6)

La [2.6] e la [2.7] indicano l’evoluzione delle unità e delle connessioni di un fenomeno con topologia pertinente verso un attrattore che rappresenta l’insieme delle sue soluzioni.

Entrambe possono presentarsi in due modi degeneri che richiedono una particolare atten- zione.

Il primo di essi considera le connessioni fisse. In questo caso, infatti, le connessioni re- stano fisse al loro valore iniziale, mentre per le unità abbiamo:

[ ]n1,+1x2, ,x

=

x D

u  [2.18]

[ ] [ ]

([ ] ) ( )

( ) =

=

1, 2, ,

,...,

1+ 1, 2+ 2, , +

,...,

01, 2, , , 1+ 1, 2+ 2, , +

SD D S S D SD

D S S

D x x x x k x k x k

n

k x k x k x n

x x

x

u w

u

f

   

[ ] [ ]

( ) ( )

( u

xn1,x2, ,xD

,..., u

xnS1,xS2, ,xSD

,..., w

[ ]0x1,x2, ,xD ,xS1,xS2, ,xSD

)

f

   

=

[ ]

,...,

[ ]

,...,

[ ]

) (

uxn uxnS wx0,xS

=

f valide:

G n x S x x n

x

e w x x I

u

[ ]

[0,]S

( , ) ∈

( +1)

[2.19]

e con valori iniziali [ ]0, , , [ ]0

2

1x x x

x u

u  D

=

e ([ ]0, , , ) (, , , , ) [ ]0,

2 2 1 1 2

1x xD x kS x kS xD kSD xxS

x w

w  + +  +

=

fissati.

In questo caso le connessioni del fenomeno agiscono unicamente come impulso del processo e come vincolo all’evoluzione delle unità che avviene nello spazio delle unità stesso.

Il secondo caso degenere è simmetrico rispetto al primo in termini di unità e connes- sioni. In questo caso vengono considerate unità fisse al loro valore iniziale, agenti unica- mente da impulso del processo. Per tale tipo di sistema valgono le seguenti equazioni:

([ ] ) ( ) [ ]1

, 1

, , , , , ,

, 2 1 1 2 2

1

+

+ + + +

=

xnx

n

k x k x k x x x

x D S S D SD w S

w   [2.20]

[ ] [ ]

( ) ( )

(

[ ]

) =

= g u

x01,x2,,xD

, u

x01+kS1,x2+kS2,,xD+kSD

, w

nx1,x2,,xD ,x1+kS1,x2+kS2,,xD+kSD

[ ] ([ ] ) ( )

( u

x x xD

u

xS xS xSD

w

nx x xD xS xS xSD

)

g

01, 2,,

,

01, 2,,

,

1, 2,, , 1, 2,,

=

[ ] [ ]

, ,

[ ]

) (

ux0 ux0S wxn,xS

=

g valide:

G n x S n

x x

x

e w x x I

u

[0]

[,]S

( , ) ∈

( +1)

[2.21]

e con valori iniziali [ ]0, , , [ ]0

2

1x x x

x u

u  D

=

e ([ ]0 ) ( ) [ ]0, ,

, , , , ,

, 2 1 1 2 2

1x xD x kS x kS xD kSD xxS

x w

w  + +  +

=

fissati.

La particolarità di questa evoluzione consiste nel fatto che il processo che regola l’evo- luzione delle connessioni avviene nello spazio delle connessioni. È in questo spazio che vengono trovate le soluzioni all’evoluzione dell’unità.

In questo processo, quindi, i valori originari delle unità agiscono come semplice vinco- lo all’evoluzione delle connessioni. Queste ultime forniscono dinamicamente il valore del-

(7)

le unità stesse e, quindi, l’attrattore di un tale processo sarà la ridefinizione di ogni unità come elemento unicamente relazionale, generato dal negoziato dinamico tra il suo valore iniziale e quello iniziale delle altre unità ad esse adiacenti.

Nel seguito, inizieremo la trattazione esemplificando il caso di immagini bidimensio- nali in cui gli indici i, j rappresentano le due dimensioni di una immagine piana. Poi, pro- cederemo con la trattazione descrivendo i diversi sistemi ACM nel caso generale di D di- mensioni. Allo scopo di rendere più agevole la lettura faremo uso della notazione sintetica appena descritta. Sostituiremo all’insieme degli indici rappresentativi delle coordinate delle unità coinvolte, i punti x e xs dell’intorno IxG. Come abbiamo già detto, essendo le coordinate di posizione uguali per tutte le immagini, porremo l’intorno centrato nel punto centrale x, in esso assumeremo essere posizionata l’unità ux che useremo come riferimento e, rispetto a tale posizione, faremo variare le posizioni delle altre unità

xS

u che cadono nell’intorno IxG:

S

S

x k

x = +

, con

I

Gx

= { ( x , x

S

) 0 < dist ( x , x

S

) G }

. [2.22]

In Figura 2.1 mostriamo uno schema generale dei sistemi ACM che verranno descritti nei prossimi capitoli.

New IAC

New

CS PmH

Automata Rule

CM LS Pop Net

Legge di Evoluzione

Funzioni

Algoritmi

Orientamenti

Temperatura

Connessioni Fisse con evoluzione delle unità

Connessioni Dinamiche con unità fisse

Connessioni Dinamiche con evoluzione delle unità

Funzioni

Algoritmi

CM Squashed

Anti CM Squashed

Funzioni

Algoritmi Funzioni

Algoritmi

Sistemi ACM

New IAC

New

CS PmH

Automata Rule

CM LS Pop Net

Legge di Evoluzione

Funzioni

Algoritmi

Orientamenti

Temperatura

Connessioni Fisse con evoluzione delle unità

Connessioni Dinamiche con unità fisse

Connessioni Dinamiche con evoluzione delle unità

Funzioni

Algoritmi

CM Squashed

Anti CM Squashed

Funzioni

Algoritmi Funzioni

Algoritmi

Sistemi ACM

Fig. 2.1. Schema generale dei sistemi ACM

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