Cultura in lutto. E’ morto Franco G. Forte
Addio allo scrittore Franco G. Forte. Il drammaturgo ed editore di Nocera Inferiore è venuto a mancare oggi. E’ stato per decenni tra i protagonisti della scena culturale e teatrale, non solo locale. Autore di diversi testi, tra i quali ricordiamo “Luigi Angrisani. L’avventura di un uomo”
edito nel 2002 e “Luigi Angrisani. Una storia che ci appartiene” edito nel 2013. La sua ultima apparizione in pubblico risale a soli 10 giorni fa nell’ambito del festival teatrale “Scenari Pagani”, dove ha ricevuto un riconoscimento da parte degli organizzatori.
Una Lucia di Lammermoor senz’ombre
di Olga Chieffi
Questa Lucia di Lammermoor, sarà poi proprio, come si assicura, il capolavoro di Gaetano Donizetti nel melodramma serio? Diversamente dalle altre opere del genio bergamasco, comincia molto bene, con un primo atto (più esattamente Prologo) di colorito romantico-scozzese felicemente azzeccato e chiuso da un duo (“Verranno a te sull’aure”) che vanta una delle più belle melodie dell’Ottocento teatrale italiano. Il miracolo si ripete, naturalmente, alla chiusa della partitura con “Tu che a Dio spiegasti l’ali”, che Donizetti non falliva mai e la scena della follia, col dialogo soprano-flauto è per lo meno una grande trovata. Ma in mezzo, nel primo atto dopo il Prologo, ci sta molta paccottiglia. Perfino il celebrato
sestetto, che in realtà non è propriamente tale perché sono solo quattro le voci veramente portanti, più interventi del coro, può sembrare una meraviglia di finezze armoniche e di metrica strutturale a chi lo analizzi al microscopio. Ma l’invenzione melodica non è poi sopraffina: un gioiello intagliato da mano di grande artista, ma un gioiello in similoro. Se c’era un’esecuzione da cui si potesse sperare di veder fugati i nostri dubbi, era proprio questa del Teatro San Carlo di Napoli, che partiva come un’operazione destinata a catturare il successo popolare, per un pubblico che l’ama e la conosce, poiché in questo teatro il 26 settembre del 1835 ebbe il suo battesimo. Niente sperimentalismi scenici, niente ambizioni di filosofia, una terzetto di cantanti in carriera, un’orchestra e un direttore quale Carlo Montanaro, comunicativo ed esperto, ma i dubbi sull’opera in sé sono rimasti tutti irrisolti. La porcellana di Capodimonte Nadine Sierra, possiede una voce calda, vigorosa, avvolgente, al cui timbro non manca, quel riflesso cristallino purissimo, unitamente a quel certo che d’infantile, disarmato e indifeso, connesso col metallo stesso di quel tipo di voce che si addice all’innocenza e all’infelicità di eroine romantiche quale è Lucia. Va subito aggiunto che il soprano non ha mai rinunciato al suo splendido sorriso, quasi bamboleggiante che forse si adatta maggiormente alla Giulietta dei Capuleti e Montecchi che alla Lucia, precludendosi cosı̀ la possibilità di offrire il rilievo tragico nella recitazione. Sul piano strettamente vocale, però, non si è ritratta di fronte a nessuna delle grandi difficoltà della parte, nemmeno a quelle che sono tradizionalmente aggiunte dall’uso teatrale e la rischiosa gara stavolta non si è avuta con lo splendido flauto di Bernard Labiausse nella scena della pazzia, ma con la glass harmonica di Sascha Reckert, che ha riprodotto quell’ “armonia celeste”, mentre la uxoricida Lucia, ha acconciato il suo velo nero a mo’ di pupo, evocazione di una maternità sognata o suo stesso alter ego, considerata e usata quale pedina di scambio sullo scacchiere politico della ribollente Scozia. Questa l’unica “cacciata” del giovane regista di questa ripresa,
Michele Sorrentino Mangini, che si è lasciato “intrappolare”
dalle scene realizzate, dieci anni or sono per Gianni Amelio da Nicola Rubertelli, popolate dai costumi di Maurizio Millenotti, proponendo una regia praticamente piatta, con personaggi statici, quasi in forma di concerto, riguardo in primis lo schieramento del coro. A fianco della Sierra, il tenore samoano Pene Pati, un dignitoso Sir Edgardo di Ravenswood, in cui abbiamo riconosciuto ottime potenzialità, limpidezza di sillabazione, sincerità di partecipazione espressiva, concedendosi a qualche tentazione di gigioneria, mentre pure è svettata la voce di Gabriele Viviani, il quale è riuscito a dare molto rilievo al ruolo di Lord Enrico Ashton, che è piuttosto ingrato, lasciando risaltare a pieno l’esuberanza dei suoi mezzi vocali, avvantaggiato dall’assenza di toni crepuscolari nella lettura dell’opera impressa da Carlo Montanaro. Dario Russo nei panni di Raimondo e Daniele Lettieri, impegnato nella parte di Lord Arturo Bucklaw, con qualche ombra,Tonia Langella in Alisa e il comprimario di lusso Carlo Bosi nel ruolo di Normanno, sono riusciti ad offrire ottimo sostegno ai giovani protagonisti, unitamente al coro, preparato da José Luis Basso, presente anche scenicamente nel quadro delle nozze che si è avvalso delle filologiche coreografie di Stéphane Fournial, pensate per il corpo di ballo del teatro. Non possiamo, però, parlare di proprietà stilistica estesa all’intera partitura, da parte di Carlo Montanaro, il quale si è ritrovato in diversi punti con qualche “interruzione” di comunicazione tra palco e golfo mistico, non riuscendo ad evitare eruzioni di enfasi canora, in particolare nel soprano, ancora attanagliata da certa giovanile urgenza espressiva, né offrendo quella sobrietà di mezze tinte, di certi squisiti colori a pastello, che pur segnano l’appassionato abbandono del sentimentalismo donizettiano: Montanaro non ha agito con la tecnica precisa del mosaico, ponendo in ogni punto il giusto tono di colore che ci vuole, ma con la tecnica focosa di un pennello supportato da una tavolozza dai colori sgargianti, adatti certamente al terzetto, ma non alle penombre dello spartito e
in particolare sottese dalla regia. D’altra parte anche l’orchestra non ha offerto una delle sue migliori prove, in particolare l’arpista chiamata a quel solo dell’introduzione a
“Regnava nel silenzio”, emozionalmente dedicata da tutti, ad Antonella Valenti, la sublime prima arpa triestina, solo da qualche giorno prematuramente scomparsa. In contrasto, infatti, è risultata per intero l’esecuzione con le scenografie, improntate ad un criterio di sobrietà, ideate compiacendosi, in effetti un po’ statici di rievocazioni di incisioni del tempo, con una sistematica carenza di mobili e suppellettili in scena, con i cantanti sempre in piedi.
Applausi in un teatro non tutto esaurito, nonostante l’accorpamento delle prime due repliche, in particolare per i due protagonisti. Il giorno dopo la scoperta di tante note
“sporcate”: “variante o” sul tema di Lucia e tante sostituzioni dell’ultimo momento, addirittura la Serra con l’arrivo di un’altra stella la Jessica Pratt da Firenze che canterà fino all’ultima replica prevista per il 29 gennaio, prima di calarsi nei panni di Amina, il 30 gennaio.
Tutti al bar dello sport con Peppe Servillo
Ritorna a Salerno, alla Sala Pasolini, martedì alle ore 21, il performer casertano in duo con il chitarrista Cristiano Califano, per un reading musicale di due capitoli del libro di Maurizio De Giovanni “Il resto della settimana”
di Olga Chieffi
Il bar di Peppe è un minuscolo porto di mare nel ventre di
Napoli. Uno di quei bar accoglienti e familiari, sempre uguali a se stessi, dove sfogliatelle e caffè sono una scusa per chiacchierare, sfogarsi, litigare e fare pace. Inferno o paradiso, dipende dal momento. Ma più di ogni altra cosa è il luogo ideale dove prepararsi all’evento, quello che la domenica pomeriggio mette tutti d’accordo intorno a un’unica incontrollata passione. Alla cassa del bar c’è Deborah – rigorosamente con l’acca, ostentata come un titolo nobiliare che parla al cellulare sempre incastrato tra spalla e testa, mentre Ciccillo, il tuttofare di origine asiatica, è ovunque perché non si ferma mai. A uno dei tavolini siede invece il Professore, attento osservatore dei sentimenti umani, che a un passo dalla pensione ha deciso di scrivere un libro facile facile, che sappia parlare a tutti. Già, ma quale argomento può raggiungere il cuore e l’anima della gente? La risposta è sotto i suoi occhi, nella trepida attesa dell’evento. Il resto della settimana è un vero romanzo sudamericano: è gioia e nostalgia, è la poesia di un sogno, è la celebrazione di un gioco. È un diario dell’emozione che uomini e donne vivono giorno dopo giorno, e che calamita ricordi, ossessioni e amori. È come il caffè napoletano, una sintesi perfetta di gusto ed energia: ti colpisce forte e ti dà il coraggio per affrontare le avversità della vita, fuori dal bar. Il 25 gennaio alle ore 21.00 presso la Sala Pasolini del Teatro Diana di Salerno Peppe Servillo, in duo con il chitarrista Cristiano Califano, leggerà alcuni brani tratti dal libro di Maurizio De Giovanni intitolato “Il resto della settimana”
scritto nel 2015 per le edizioni Rizzoli. A Napoli il tempo si ferma tra una domenica pomeriggio e l’altra, quando la città si raccoglie intorno ad un pallone e le differenze sociali sbiadiscono fino a scomparire. Siamo dentro un bar della città vecchia, colorato dagli archetipi della società partenopea, tra una sfogliatella, un fritto fumante e l’ultimo pettegolezzo, in un chiacchiericcio diffuso che molto rappresenta la città. Servillo prende per mano lo spettatore e lo accompagna attraverso gli odori che salgono tra i tavolini del bar, tra le viuzze piene di vita e le passioni e paure dei
suoi abitanti, in quel flusso di vita quotidiana che si nasconde dietro la sensuale passione del calcio che Napoli sola possiede. Sono due i capitoli che vengono letti nel corso dello spettacolo: «Elogio dei distinti» e «La presa di Torino», dietro cui si nascondono gli anelli del San Paolo e la vittoria del Napoli sul campo della Juventus quel 9 novembre del 1986 3 a 1 che dette l’abbrivio per lo storico scudetto. La musica non può certo mancare, anche perché il
“dire” di Servillo lo è già. Il virtuoso chitarrista si avventurerà sugli arrangiamenti di Futbol, della premiata ditta Servillo-Girotto-Mangalavite sperimentazioni nate sulle Storie di calcio di Osvaldo Soriano, che affrontano temi e personaggi del gioco più amato del mondo, e attraverso generi musicali, che vanno dalla canzone d’autore, al jazz, alla musica Argentina, ci riporteranno alla base di quel gioco ieri così “naturale” e vero, oggi tanto mercificato e ridotto a teatrino mediatico. Un rècital di fusione tra musica, teatro e letteratura, “essercizio”di musicisti che suonano e cantano per il piacere di condividere tra di loro e con il proprio pubblico due passioni, calcio e musica. Solo costruendo lo sport e la musica su quegli stessi principi su cui Kant basa l’arte, essendo il calcio, il goal, espressione della durata di un istante, di un’intelligenza, e assurgendo a pura intuizione, un improvviso dribbling, un passaggio, un colpo di testa, la scelta inspiegabile di una “battuta” anticipata nell’esecuzione di un tiro, divenendo ciò, che per il fatto di poterlo anche solo pensare, attesterà facoltà di animi superiori ad ogni misura dei sensi, e sarà per questo un’opera d’arte, il calcio, come tutti gli altri sport, atletica, equitazione, ginnastica artistica, tennis, scherma, le due passioni, che sono entrambe arti, saranno capaci di fermare il tempo, quell’istante che vale non per quello che seguirà o si prevede che segua, ma di per sé.
“Sandro ha saputo seminare la felicità nella vita di tantissime persone”
di Monica De Santis
Ciao Sandro! Ieri pomeriggio si sono svolti i funerali di Alessandro Nisivoccia, l’attore e regista che ha fatto la storia del teatro salernitano e non solo e che ha formato decine e decine di giovani attori. Ieri l’ultimo saluto, all’88enne, che per tanti, è il simbolo della cultura di questa città. Nella nuova chiesa di Torrione Alto, al fianco dei figli di Sandro, tanti, tantissimi amici e colleghi di lavoro. Ognuno con la sua storia personale, ognuno con i suoi ricordi. Ognuno con un grazie da dire a Sandro, per esserci stato e per essere stato quello che è stato. Alle esequie hanno partecipato anche il sindaco Vincenzo Napoli e Antonia Willburger già assessore alla cultura ed oggi consigliera comunale. “Nisivoccia è stato un personaggio straordinario – ha detto il sindaco Napoli, al termine del funzione religiosa, che ha saputo trasmettere valori artistici importantissimi, insieme alla amata Regina. Lascia una traccia eterna nel pensiero degli uomini e nella memoria della nostra città.
L’onoreremo intitolandogli una sala di questa chiesa, che il quartiere ha fortemente voluto”. “Ci ritroviamo qui a dare l’ultimo saluto al caro Sandro – ha detto nella sua omelia don Gaetano – che ha concluso il pellegrinaggio terreno costellato di gioie, come anche di dolori. Ma Sandro non si è mai lamentato ed ha affrontato la vita con dignità, onestà ed amore. Sandro con la sua professione ha seminato la felicità nella vita di tante persone”. Poi don Gaetano ha ricordato alcuni incontri tra lui, Sandro e Regina, e il loro grande
amore, fino a rivolgere un appello alle istituzioni affinché la figura di Nisivoccia, come quella di Regina non vengano dimenticate. E chiede di intitolare un teatro, una strada oltre ad una sala della chiesa”.
“Non posso parlare di Sandro senza pensare a Regina”
“Dici Sandro, dici Regina. Sono sempre stati una cosa sola e non posso parlare di uno senza pensare all’altra”. Alfonso Andria, ex presidente della provincia, ma soprattutto ex attore della compagnia di Sandro e Regina, non ha potuto non ricordare il maestro e l’amico, scomparso giovedì sera. “Il Sipario prima, il SanGesenio poi, ma erano sempre il Teatro Popolare di Sandro Nisivoccia e Regina Senatore. Hanno rappresentato un grande riferimento per tutto il teatro salernitano e non solo. Due persone molto rispettate. E quello stesso rispetto riuscirono a guadagnarselo persino sui palcoscenici nazionali dei grandi festival di teatro amatoriali e non solo. Buona parte della mia vita – prosegue ancora Alfonso Andria – come quella di mio fratello Marcello, è legata a Sandro e Regina. L’ho conosciuto quando avevo 17 anni, e decisi di partecipare ad un provino al Sipario.
Provino che andò bene e partecipai subito ad uno spettacolo. E in compagnia con noi c’era anche la mia fidanzata, che oggi è mia moglie. Un legame che è continuato nel tempo. Quando nel 1977 mi sono sposato, Sandro ad esempio è stato il mio testimone di nozze. E quando sono nati i due gemelli, a Maratea, io sono stato in clinica con Sandro ad aspettare che Anna e Roberto venissero al mondo. Basta solo questo per far capire quale fosse il bene che ci volevamo. Ho perso un grande amico e Salerno ha perso una persona eccezionale che ha dato tanto non solo alla città, ma ai giovani di questa città che con Sandro e Regina sono cresciuti. Ora mi auguro che possa essere davvero onorato come merita”. m.d.s.
Massimiliano Gallo: silenzio cantatore
Vince grazie alla recitazione magistrale degli interpreti la piéce “Il silenzio grande” scritta da Maurizio De Giovanni per la regia di Alessandro Gassmann, in scena al teatro Verdi fino a stasera in pomeridiana alle 18,30
di Olga Chieffi
Buon concorso di pubblico, giovedì sera, al Teatro Verdi di Salerno, dove è andata in scena la ripresa dello spettacolo
“Il silenzio grande” un testo di Maurizio De Giovanni, per la regia di Alessandro Gassmann, dopo il film uscito nelle sale a metà settembre. Villa Primic a getto sul golfo di Napoli, simbolo dell’alta borghesia napoletana, il suo cuore una biblioteca ordinata “a vista”, ovvero emozionalmente, secondo l’idea del suo sacerdote, Valerio Primic, scrittore pluripremiato, adorato dal suo pubblico, magistralmente interpretato da Massimiliano Gallo, al quale però è si è disseccata la vena creativa. Notti intere su di un foglio resta inesorabilmente vergine, il consulto dei testi, la radio, un po’ di movimento sul vecchio “vogatore” e le tazze di caffè portate dalla cara domestica “Bettina”, una perfetta Antonella Morea, che ricordiamo anche nel ruolo di Rosalia, nella Filumena Marturano con Luca De Filippo protagonista nel nostro massimo, in attesa che ritorni l’estro. Intanto, in quella casa, tutto sta precipitando finanziariamente e la signora Rose Primic, una convincente Stefania Rocca decide di vendere la casa, naturalmente contro il volere di Valerio e dell’affezionata domestica. Cosa racchiudono quelle mura? Un mondo, un vissuto in cui, uno alla volta, i componenti della famiglia si raccontano, si confessano, confrontano, litigano,
ridono, immaginano, si immalinconiscono dando spazio a momenti di comicità che rappresenta il tratto della grande tradizione del teatro di Napoli. I due figli Adele (Paola Senatore) e Massimiliano (Jacopo Sorbini), sempre oppressi dal confronto col padre, di essere “Figli di….” confessano l’una di essere incinta di un notabile e anziano professore universitario e critico letterario sposato, l’altro si dichiara omosessuale e dopo una vita dedita allo studio delle lettere, senza alcuno sbocco professionale, decide di rilevare un teatro, con i proventi della grande vendita dell’immobile grazie ai
“consigli” e alle “attenzioni” del commercialista di famiglia nei confronti di Rose. Devianze e convergenze dovute a questo
“silenzio grande”, fatto di “tanti piccoli silenzi”, di mondi che non si incontrano più, poiché le lingue si sono imbrugliate, direbbe Eduardo. Voci diverse tra loro in cui i linguaggi possono articolarsi scontrarsi anche in forme negate al linguaggio verbale. Ognuno ha una possibilità, ognuno può inseguire la propria “voce”. Le voci nate dal silenzio non possono che rinascere nel silenzio, con temi universali che passano per l’incomunicabilità tra il linguaggio del sogno, della fantasia e quello duro della realtà, il dramma del passaggio, la relazione del mondo circostante con quello dell’Io, le presenze, semi che ritroviamo per interi nelle opere eduardiane de’ “Le voci di dentro” e “Questi fantasmi”.
I fantasmi si rivelano: Valerio Primic è morto abbattendosi sulla macchina da scrivere, dopo una vita di silenzi, lavoro e imposizioni, Bettina lo ha seguito due anni dopo: non solo casa Primic, è alla deriva nella precarietà della vita, ma nel finale viene sottolineato il clima realistico che scaturisce dal contrasto fra il crepuscolarismo e la vita stessa. “Il silenzio grande” resta anche una “indagine” sul senso d e l l ’ e s i l i o . S i p u ò e s s e r e e s i l i a t i i n d u e m o d i : geograficamente, oppure con una sorta di isolamento proprio dove si vive perché si vuole un’esistenza quotidiana che non è possibile avere. Non bisogna esser schiavi delle proprie tradizioni, della passione dei propri remoti sentieri, dei propri amati spazi, è necessario aprire i cassetti, lasciar
andare i ricordi le emozioni, in modo che possano vivere per sempre. Ma De Giovanni resta un figlio del Sud, un figlio dell’ombra, dell’oscurità, dell’assenza-presenza, ritornerà sempre per prendersi cura di una nascita, tra segreti da mantenere e incognite da dissolvere. Finale ridondante con il sogno di Rose del ballo del suo matrimonio. Bastava che la radio si fosse riaccessa inspiegabilmente per un’ultima volta, magari sulle note di “Silenzio cantatore”, per non cadere nella melensaggine ghost di turno. Caldo abbraccio del pubblico per gli attori, tutti protagonisti, omaggiati del plauso anche a scena aperta e un urlo di ringraziamento di Massimiliano Gallo a tutti, per questo partecipato, agognato, ritorno in teatro. Per quelle strane coincidenze, a cui noi figli de’ “la terre des morts”, crediamo, da sempre, la notizia ferale della scomparsa di Sandro Nisivoccia è giunta nel momento in cui si levava il sipario del teatro del Verdi, su di una piéce diretta dal figlio del suo amato Vittorio Gassmann, evocante proprio che la morte è il risveglio finale, che ci libera dall’angoscia di una società in crisi, della realtà illusoria che ci avvolge.
Addio Alessandro Nisivoccia, una vita sul palcoscenico
di Monica De Santis
Una vita spesa per il teatro e per la famiglia. Basterebbero queste poche parole per descrivere Alessandro Nisivoccia, o meglio ancora Sandro, come tutti amavano chiamare. Una vita passata tra teatro e famiglia. Una vita che purtroppo si è spenta ieri sera, intorno alle 21. Sandro Nisivoccia, ci ha lasciati, ad 88 anni. Nato ad Udine, ha vissuto in diverse
città italiane, a causa del lavoro del padre, fino ad arrivare a Salerno. Ha frequentato il liceo classico Torquato Tasso, per poi laurearsi in Lingue ed insegnare per quasi un ventennio in diverse scuole. Ma senza mai smettere di coltivare la sua passione per il cinema ed il teatro. Le sue prime esperienze teatrali le ha avute con una compagnia di Cava de’ Tirreni, poi passò alla compagnia della Trapassi e poi ancora a quella di Franco Angrisano e infine a quella di Mario Maysse. In teatro ha conosciuto quella che poi è diventata la sua compagna di scena e di vita. Regina Senatore.
Dopo diverse esperienze, Sandro e Regina decisero di fondare una propria compagnia. Era il 1964, nasceva “Il Sipario”. Nel 1969 recita al fianco di Eduardo De Filippo in “Sabato, domenica e lunedì”. E’ il 1971, quando nel cuore del centro storico Sandro e Regina aprono il loro teatro che porta da prima lo stesso nome della compagnia per poi diventare nel 1978 il San Genesio. Sul finire degli anni 70 e gli inizi degli anni 80, Sandro corana uno dei suoi più grandi sogni, recitare al fianco di Vittorio Gassman. Con lui ha recitato nell’Otello e poi nel Macbeth. Ai lavori con le grandi compagnie nazionali, alternava le sue produzioni e soprattutto i suoi laboratori teatrali. Sulle tavole del San Genesio, Sandro e Regina hanno insegnato e fatto amare il teatro a tanti, tantissimi ragazzi. Molti dei quali oggi hanno seguito le loro orme. Da Gaetano Stella a Claudio Lardo, da Alfonso Andria ai figli Anna e Roberto che portano avanti le tradizioni dei loro genitori, e tanti, tantissimi altri ancora. Fino al 2010, quando, non per scelta di Sandro e Regina, il Teatro San Genesio è stato, purtroppo costretto alla chiusura.
Il cordoglio del sindaco Vincenzo Napoli e della consigliera Antonia Willburger
“La Civica Amministrazione esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Alessandro Nisivoccia. La nostra comunità rende omaggio ad un uomo e ad un artista che ha dato un grande contributo alla crescita culturale e civile di Salerno.
Insieme all’amatissima Regina Senatore, Nisivoccia è stato protagonista della scena artistica. È stato un autore geniale, un interprete mirabile, un maestro per intere generazioni di artisti, un riferimento per gli spettatori. Addio carissimo Sandro, non ti dimenticheremo”. E’ questo il messaggio di cordoglio che il sindaco Vincenzo Napoli, ha postato ieri sera, appena appresa la notizia della dipartita di Sandro Nisivoccia. E come il primo cittadino, anche la consigliera comunale, Antonia Willburger ex assessore alla cultura, ha voluto ricordare il grande attore salernitano, con un suo personale post sui suoi canali social. “Il mondo della cultura e del teatro a Salerno piange la perdita di un suo grande attore, figura storica del mondo dello spettacolo, che ha dato un grande contributo alla formazione di tanti attori salernitani, da Teresa De Sio, Jari Gugliucci e a tanti giovani a cui ha trasmesso passione e professionalità. In qualità di assessore alla cultura uscente, esprimo profondo cordoglio per la sua scomparsa e saluto affettuosamente i suoi cari figli ai quali lascia una grande eredità artistica”.
“Esattamente 50 anni fa arrivai al Sipario da te. Oggi te ne sei andato. Fra il mio arrivo e la tua partenza c’è la mia vita professionale. E la devo tutta a te caro Sandro (e a Regina!) Grazie di tutto Maestro” è il commento dell’attore e regista Gaetano Stella. Ma i messaggi di cordoglio sono stati davvero tanti e tanti ancora arriveranno nelle prossime ore, perchè Alessandro Nisivoccia, non era solo un grande attore, era un amico, una persona buona, che voleva bene a tutti e tutti gli volevano bene.
Salta la “Coda” lirica del teatro Verdi
di Olga Chieffi
Era nell’aria, purtroppo, il rinvio dei diversi appuntamenti della stagione lirico-concertistica del teatro Verdi di Salerno. Un piccolo calvario, dopo i riconoscimenti del pubblico e della critica che ha ricevuto la sfarzosa Traviata, che ha chiuso un 2021, senza appello, poiché è saltato sia l’atteso matinée natalizio delle voci bianche del teatro, con l’orchestra del liceo musicale Alfano I, diretto da Silvana Noschese, sia il “doppio” concerto di Capodanno con gli auguri dei Filarmonici Salernitani. In programma ci sarebbe stato, quindi il balletto, con ospite il corpo di ballo del teatro San Carlo dal 14 al 16 gennaio, ma il virus non ci ha graziato. Quindi, l’amara decisione da parte della direzione del massimo cittadino di attendere tempi migliori, di rincontrarci alla “stagion dei fiori”, annullando l’intera programmazione di gennaio e febbraio, rinviandola, appunto a marzo e aprile. Infatti, il 29 gennaio il sipario si sarebbe aperto per Raffaella Cardaropoli, che attendevamo veramente da
troppo tempo, interprete di un concerto da solista, qui nel suo teatro, con l’orchestra Filarmonica Salernitana, mentre il 15 febbraio, avremmo dovuto assistere al récital pianistico di Salome Jordania, una scoperta del fiuto del Maestro Oren, che avrebbe spaziato tra Liszt, Beethoven e Johann Strauss.
Confronto tra due operine, invece, il 26 e il 27 febbraio con
“Il segreto di Susanna” di Ermanno Wolf-Ferrari, condotto sulla falsariga degli intermezzi settecenteschi, tra ironia, doppi sensi, leggerezza e divertimento, con quel pizzico di s a g g e z z a f i n a l e q u a n d o m a r i t o e m o g l i e f i n a l m e n t e riappacificati con lo svelamento del segreto, la sigaretta, sentenziano “tutto è fumo a questo mondo- che col tempo si dilegua”, e la farsetta di Domenico Scarlatti la Dirindina, scritta proprio per la stagione di carnevale nel 1715 costituita dalla acuminata satira sia verso i costumi del teatro in musica, sia verso la morale ipocrita del bacchettone Don Carissimo, attraverso piccoli congegni efficaci sul piano drammatico e dotati di vivacità ritmica, adatta al gioco frizzante delle ‘battute’ verbali. Tutto rinviato alla primavera inoltrata, per non rischiare sia con i solisti, sia con il pubblico, un “forno” o addirittura un piccolo focolaio ed essere costretti a richiudere o a “sostituire”, come sta avvenendo nei massimi teatri nazionali. Si andrà incontro ad una riprogrammazione, che vedrà, affiancare a questi appuntamenti, il nostro conservatorio Martucci previsto in scena per il 10 marzo con le pianiste Imma Battista, Tiziana Silvestri, Massimo Trotta e Rosalba Vestini e le percussioni di Gerardo Zitarosa, in una serata d’intense e variegate sonorità, prima di ascoltare con data fissata per il 15 marzo l’eclettico violoncellista e compositore Giovanni Sollima alla testa dell’Orchestra Cherubini, in doppia veste di direttore e solista per i primi due concerti di Haydn e Fecit Neap, una sua composizione. Gran finale il 26 e il 27 marzo con “La cambiale di matrimonio”, la prima opera di Gioachino Rossini, la farsa in un atto, contenente già tutti gl’ingredienti che presto avrebbero conquistato il mondo musicale: ricca invenzione melodica, magistrale intreccio fra voci e
orchestra, concertati a perdifiato che genereranno nell’uditorio un’irresistibile ilarità.
La sfida vinta. La facoltà di medicina a Salerno
di Salvatore Memoli
L a r e c e n t e p u b b l i c a z i o n e d e l l i b r o L a s f i d a v i n t a dell’Università di Salerno Visione Progetto Storia della Facoltà di Medicina di Raimondo Pasquino e Mariano Ragusa Editoriale Scientifica ci offre la possibilità di rileggere una pagina attiva di storia politica locale.Non sono molti gli anni trascorsi dalla data di nascita della Facoltà di medicina a Salerno Fisciano, però sono tanti, troppo, gli anni da quando si parlava di questa realizzazione che affiorava nei programmi politici e nei salotti cittadini, come argomento buono per qualificare il livello degli interlocutori. Se ne parlava tanto ma non esistevano atti certi per il decollo di un’idea importante che non poteva mancare nella città e nel territorio della Scuola Medica Salernitana. Ci sono voluti molti anni prima che una combinazione di chimica politica mettesse insieme una pattuglia di notabili signori che ha poi dimostrato di saper passare dal dire al fare ed ha fatto di un progetto una realtá importante per tutti. Pasquino e Ragusa hanno documentato i fatti e gli atti certi che sono stati determinanti per la soluzione della Facoltá di Medicina.
Nessuno pensa di avere riavuto la Scuola Medica Salernitana ma tutti sanno che non si può toccare un tema scientifico e accademico senza rievocare l’ereditá salernitana della Scuola Medica, vanto e centralità del patrimonio culturale di Salerno. Ci avevano provato in tanti, Pasquino ha saputo
motivare le persone giuste ed ha avuto dalla sua parte soprattutto due importanti politici del territorio del tempo che spesso si é portati a dimenticare: Angelo Villani, medico, Presidente della Provincia di Salerno e Mario De Biase, sociologo, Sindaco di Salerno. Poi ci sono stati altri personaggi che si affacciano nella storia della nuova Facoltà di Medicina e prendono meriti. Ma la storia deve riconoscere a Villani e De Biase una forte passione politica e sociale nel mettere in piedi un sistema di relazioni ministeriali, regionali ed accademiche che si sono concretizzate in atti amministrativi e politici ed in provvedimenti economici che hanno garantito il miracolo da sempre atteso.De Biase e Villani hanno merito perché hanno finanziato l’iniziativa. E per questo Pasquino dedica il libro al medico Angelo Villani riconoscendogli la generosità di tutto il suo impegno, sposando la causa di far partire la Facoltà di medicina ed intestandosi il riconoscimento della firma dell’Accordo di Programma. Angelo Villani effettivamente s’impegnò con passione sincera per accorciare i tempi e per motivare i Ministri dell’epoca Moratti e Nicolais, il Presidente della Regione Antonio Bassolino. Li ricordiamo tutti insieme allo stesso tavolo per la firma dell’Accordo di Programma. Per questo motivo il Rettore Pasquino ha sempre ribadito il suo riconoscimento ad Angelo Villani che ha consentito di “portare in porto” con successo l’obiettivo perseguito. E da galantuomo ricorda che Angelo Villani finanziò la facoltà con 5.000.000 di euro! Questo libro non serve per celebrare le persone, ma, ricordando le partecipazioni, assicura al territorio ed alla storia della Facoltà di Medicina di Salerno, una storia di uomini, istituzioni, apporti finanziari che unitamente a responsabilità civica e politica ha consentito di realizzare quello che fu un sogno fin troppo agognato dai salernitani.
Oggi realtà per tutti!
Salerno Barocca: Regni e Regine
Questa sera alle ore 20,30, nel Salone della Fondazione
“Filiberto Menna”, si svolgerà il primo appuntamento della stagione concertistica “In cordis cordae” promossa dall’Associazione Culturale Emiolia, un récital del soprano Giada Campione, del controtenore Pasquale Auricchio con Ernesto Pulignano al clavicembalo
Riprende dopo l’anteprima di dicembre la grande musica barocca a Salerno con l’Associazione Culturale Emiolia, che prende il nome dalla figura simbolo del mutamento ritmico, presieduta dal controtenore Pasquale Auricchio, con il primo appuntamento del cartellone della stagione concertistica 2022 dal titolo
“In cordis cordae”, che ci accompagnerà da stasera sino al prossimo 23 dicembre, in collaborazione con il Touring club di Salerno, l’Arcidiocesi salernitana e col patrocinio morale del Comune di Salerno, che consisterà in ben undici appuntamenti, che avranno cadenza mensile, in cui giovani musicisti di formazione campana si alterneranno a maestri di fama nazionale nell’esecuzione delle pagine più interessanti del periodo barocco e rinascimentale. Dopo la defezione dovuta a malanni di stagione del soprano Olga Shytsko, sarà il soprano Giada Campione ad affiancare il controtenore Pasquale Auricchio e il clavicembalista Ernesto Pulignano, oggi, alle ore 20,30 nel Salone della Fondazione Menna, in via Lungomare Trieste,13, in una serata dedicata a “Regni e Regine”. Il concerto principierà con Pasquale Auricchio, nei panni di Ruggiero per l’aria “Mi lusinga il dolce affetto”, dall’ Alcina di Georg Friedrich Handel, un personaggio che da amante soggiogato e ottenebrato dal godimento dei sensi riacquista le qualità morali degne di un cavaliere, passando dall’incantamento
d’amore, attorno al quale ruotano anche interessi e pulsioni affettive degli altri personaggi, a spezza-incantesimi. Il controtenore lascerà quindi la ribalta al soprano, Giada Campione per l’aria “V’adoro, pupille”, dal Giulio Cesare di Haendel, in cui Cleopatra, nelle vesti di Lidia, compare a Cesare circondata dalle muse del Parnaso, simbolo della sensualità che attraversa l’intera opera. Si passerà, quindi, al Tolomeo sempre di Handel, un’opera insolita, che concentra in soli cinque personaggi le usuali geometrie degli affetti, trascurando quasi interamente la dimensione eroica in favore di una trama intimista e di sapore pastorale. La “grande storia” resta sullo sfondo ed è quella del turbolento Egitto tardo ellenistico, teatro della feroce lotta di potere fra il monarca legittimo Tolomeo IX e l’intrigante madre Cleopatra III, che trama in favore dei figli minori. Da quest’ opera verrà eseguito l’elegiaco duetto “Se il cor ti perde o cara”, che chiude il secondo atto, con la palpitante Seleuce interpretata dalla Campione. Ed ecco Serse, re di Persia, con il controtenore impegnato in una delle arie principali “Più che penso alle fiamme del core”, un meditato esempio di bel canto, dal I atto dell’opera haendeliana un unicum nella carriera teatrale del genio tedesco: un lavoro che ha il tono leggero della commedia e una forma musicale che, al posto delle lunghe arie con da capo presenta brevi arie quasi sempre prive della ripresa e intervallate da fitti recitativi.
Comparirà, poi la regina per eccellenza, Astrifiammante, direttamente dal Die Zauberflote di Wolfgang Amadeus Mozart, per intonare la prima delle sue arie, forse, la più intensa,
“O zittre nicht”. Spirito aereo, povera anima senza requie, sarebbe portatrice di male, eppure non ha nulla di funesto, semmai di accorato, di animalesco o di umano: una madre, potente e sconfitta, alla quale hanno rapito la figlia.
Seguirà “Scherza infida in grembo al drudo” dall’ Ariodante di Handel. La scrittura prevalentemente centrale e l’assenza di colorature vorticose fanno sì che l’interprete, Pasquale Auricchio, debba non solo eseguire con voce dolce e morbida la dolcissima cantilena, comprensiva di infidi salti d’ottava, ma
anche opportunamente variare e accentare la melodia, onde evitare di rendere fatalmente noiosa, questa mesta aria di disperazione. Finale con “Pur ti miro”, duetto posto a conclusione dell’ Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi. Pura armonia di due voci. Due nitide linee melodiche che restituiscono dell’amore l’abbandono alla passione. Ogni giudizio è sospeso, ogni conseguenza non prefigurata: l’amore è adesso, finalmente. Ogni incontro di suoni, tra le note del duetto, dice questo. Ogni singolo verso del testo, e l’intero svolgersi dell’azione scenica, mettono al centro la passione amorosa, sottraendola al tempo. Nerone e Poppea, finalmente soli l’uno di fronte all’altra, non si curano di quello che sarà, come non si curarono di chi li ostacolava. Si realizzano le premesse poste nel prologo dell’opera: Amore vince su Virtù e Fortuna.
Rinviati a marzo gli spettacoli di Caiazzo ed Esposito
di Monica De Santis
Da gennaio a marzo, per garantire sicurezza ed evitare possibili forme di assembramento. Il Teatro Charlot di Pellezzano rinvia di qualche settimana gli spettacoli inseriti nel cartellone della sua prima stagione teatrale. Visto l’andamento della curva epidemiologica in forte crescita, seppur rispettando tutte le normative per contrastare il contagio da Covid-19, il Teatro Charlot, struttura gestita da Cultura & Spettacolo e diretta da Gianluca Tortora e Piermarco
Fiore, rispettivamente direttore artistico e organizzativo del polo culturale, dunque hanno comunicato uno slittamento di alcune date nella programmazione della stagione teatrale. In particolare saranno rinviati gli spettacoli dei seguenti artisti: “Tutti giù per terra” con Ciro Esposito Rosario Minervini e Salvatore Catanese, originariamente in programma il 28 gennaio, andrà in scena venerdì 11 marzo. Lo show di Paolo Caiazzo, che sarà protagonista di “Terroni si nasce”, è stato invece posticipato (dal 21 gennaio) a venerdì 18 marzo.
Resta confermata la data di febbraio che vede il 18 febbraio protagonista Angelo Di Gennaro e anche la data del 4 marzo che protagonista la compagnia del Teatro delle Arti in “Nati 80, amori e non” Agli abbonati si comunica inoltre, che lo spettacolo “Natale in casa Cupiello” che doveva andare in scena ad inizio gennaio e che è stato rinviato sempre a causa dell’aumento dei casi covid a Salerno e provincia, sarà rimpiazzato dallo show del trio comico Villa PerBene e si terrà venerdì 8 aprile. Una decisione quella presa da Tortora e Fiore, nella speranza di operare nella massima sicurezza di tutti, ed è per questo che la struttura garantirà la validità degli abbonamenti e dei biglietti acquistati. Per ogni informazione ed ulteriori domande si puà contattare il botteghino allo 0892593359, aperto tutti giorni dalle 17:00 alle 21:30. Intanto però prosegue la programmazione cinematografia. Due i film in programmazione in questi giorni alle ore 17 e alle ore 19 “Il lupo e il Leone”, mentre alle ore 21 sarà proiettata una delle migliori commedie del momento, un film molto divertente dove le risate sono garantire. Si tratta de “Il capo perfetto” con il Premio Oscar Javier Bardem