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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI TORINO TERZA SEZIONE PENALE

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Tribunale di Torino: sono vietate la stampa e la riproduzione dei documenti per fini commerciali

N. 7100/11 R.G. notizie di reato N. 1966/13 R.G. Trib.

Sentenza n. ____________________

del __________________________

Data del deposito _______________

Data irrevocabilità ______________

V° del P.G. ____________________

N. Reg. Esec. __________________

N. Part. Cred. Inser. a SIC ________

Redatta scheda il _______________

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO TERZA SEZIONE PENALE

Il Tribunale di Torino, in composizione monocratica, in persona del dott.

Andrea Natale all'esito dell’udienza in camera di consiglio del 6.6.2013 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

S E N T E N Z A ai sensi degli artt. 442 e ss. c.p.p. nei confronti di:

GORINI Paolo, nato in Torino il 26.8.1966 LIBERO - PRESENTE

con domicilio eletto presso il difensore

difeso di fiducia dall’Avv. Alessandro Mattalia e Diletta Tonino Fontana del foro di Torino

IMPUTATO

Del reato di cui all’art. 10 bis d.lgs. 74/2000 perché in qualità di legale rappresentante della Giulio Pastore SCS ARL non versava entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute certificate relative all’anno 2008, per un ammontare di Euro 238.994 (superiore a 50.000 euro per anno di imposta)

In Torino il 31.07.2009

Identificate le persone offese in:

Agenzia delle Entrate di Torino 3, in persona del legale rappresentante pro-tempore

Conclusioni delle parti:

P.M.: condanna alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione, in aumento a titolo di continuazione con i reati oggetto della sentenza

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Tribunale di Torino: sono vietate la stampa e la riproduzione dei documenti per fini commerciali

emessa dal Tribunale di Torino in data 17.11.2011, irrevocabile il 10.01.2012

Difesa: assoluzione perché il fatto non costituisce reato; in subordine, applicarsi la sanzione a titolo di aumento a titolo di continuazione con i reati oggetto della sentenza emessa dal Tribunale di Torino in data 17.11.2011, irrevocabile il 10.01.2012; in ulteriore subordine minimi edittali

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel corso degli atti introduttivi al dibattimento, l’imputato – personalmente - ha formulato istanza di celebrazione del giudizio nelle forme del rito abbreviato.

Ammesso il rito, acquisito il fascicolo del Pubblico Ministero ed alcuni documenti provenienti dall’imputato, raccolte le sue spontanee dichiarazioni ed esaurita la discussione, le parti hanno concluso come riportato in epigrafe.

Alla luce degli atti presenti nel fascicolo del Pubblico Ministero –tutti utilizzabili ai fini della decisione, senza che vi siano eccezioni sul punto- deve ritenersi che l’imputato sia responsabile del delitto a lui contestato in rubrica.

Con la segnalazione di reato tributario del 20 gennaio 2011, l’Agenzia delle Entrate di Torino comunica alla Procura della Repubblica che l’impresa Giulio Pastore Società Cooperativa sociale a responsabilità limitata, amministrata dall’imputato, pur avendo operato nel corso dell’anno d’imposta 2008 ritenute certificate per un ammontare complessivo di 238.994 euro (come risulta dai modelli 770 presentati dall’impresa), non aveva provveduto al pagamento di quanto dovuto entro il termine di legge e, per quanto rileva in sede penale, nemmeno entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale del modello 770 (quell’anno scadente il 31.07.2009).

La quantificazione del debito tributario – come è noto – avviene sulla base delle risultanze presenti nei data base dell’Agenzia delle Entrate, ove confluiscono i dati relativi alle dichiarazioni rese dagli stessi contribuenti. Da quei registri informatici emerge anche la prova che il debito tributario non è stato poi onorato entro il termine. Dati presenti nel registro informatico che, poi, sono rappresentati nei documenti acquisiti al fascicolo per il dibattimento e che costituiscono il presupposto della denuncia inoltrata all’autorità giudiziaria dal direttore pro-tempore dell’Agenzia delle Entrate.

Sono agli atti i prospetti delle ritenute che – stando alle dichiarazioni della Giulio Pastore SCS a r.l. – sono state operate (per un ammontare complessivo di oltre 250.000 euro) e che sono state versate (per soli 12.000 euro circa) nel corso dell’anno 2008. Le ritenute non versate, come detto, ammontano dunque a 238.994 euro.

Il dato oggettivo del mancato versamento delle ritenute di imposta operate sugli emolumenti dei propri dipendenti è oggettivo e non

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contestato dall’imputato che, anzi, con estrema correttezza, esordisce nelle sue spontanee dichiarazioni sostenendo di “essere consapevole del reato da lui commesso”.

Il che porta a ritenere sussistente l’elemento materiale del reato e – per certi versi – l’elemento psicologico del reato (non potendosi certo dubitare della consapevolezza del comportamento omissivo da parte dell’imputato).

Va a questo punto presa in considerazione la linea difensiva: la Giulio Pastore SCS è una società cooperativa sociale, i cui dipendenti – in larghissima parte – sono persone socialmente svantaggiate e i cui committenti sono – in parte preponderante – rappresentati da enti pubblici.

Tale stato di cose determina due effetti: da un lato – sul versante della committenza – deve registrarsi una certa difficoltà a erogare i compensi in tempi ragionevolmente brevi (per il cronico ritardo con cui le pubbliche amministrazioni pagano i propri debiti); dall’altro lato – sul versante dei dipendenti – le peculiari caratteristiche sociali delle maestranze addette alle dipendenze della Giulio Pastore SCS (ex detenuti, ex tossicodipendenti, etc.) comportano una bassa redditività dell’attività di impresa, in conseguenza di una scarsa produttività del personale e di un elevato tasso di assenteismo; il che determina un rallentato andamento dei lavori e, come conseguenza, un ulteriore fattore di ritardo negli incassi, ovviamente legati – come in tutto il settore degli appalti pubblici – alla certificazione degli stati avanzamento lavori.

Va poi aggiunto un ulteriore elemento, per il vero nemmeno valorizzato dalla Difesa: l’imputato ha assunto la carica di amministratore della Giulio Pastore solo un mese e mezzo prima della scadenza del termine ultimo per adempiere agli oneri tributari senza far scattare la sanzione penale (scadenza al 31.07.2009; Gorini Paolo diventa amministratore il 4.6.2009).

Contrariamente a quanto auspicato dalla Difesa, l’imputato non può essere assolto.

Come detto, l’elemento materiale del reato (l’omissione tributaria entro il termine di legge) è pienamente provato. Deve pertanto ragionarsi esclusivamente in termini di possibilità di adempiere.

La Difesa dell’imputato insiste su due versanti che potrebbero suggerire una impossibilità ad adempiere e sottolinea come – nell’alternativa tra il pagare il tributo e il pagare i dipendenti – la scelta dell’imputato (anche in considerazione della missione sociale della Cooperativa) è stata necessitata.

Sotto il profilo della possibilità di adempiere, occorre osservare che la fattispecie in contestazione intende reprimere il mancato versamento di ritenute operate sugli emolumenti versati ai dipendenti; il che – evidentemente – impone all’amministratore fedele alle regole fiscali di trattenere quelle somme, accantonandole e rinunciando a usarle.

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Ciò, all’evidenza, non è avvenuto e le ritenute operate sono state utilizzate per fronteggiare una crisi di liquidità di cui è ampia traccia nelle relazioni agli esercizi sociali redatte dagli amministratori di Giulio Pastore SCS; esse, principalmente, sono state utilizzate per corrispondere le retribuzioni ai numerosi dipendenti.

Si tratta, in definitiva, di una precisa scelta gestionale che, a fronte di una pluralità di creditori opta per il sacrificio di taluno di essi (in questo caso l’Erario) a vantaggio di altri.

Nel caso di specie, però, si potrebbe obiettare che i mancati accantonamenti sono da ascrivere al precedente amministratore, al quale l’imputato Gorini è subentrato solo il 4 giugno 2009 (vale a dire un mese e ventisette giorni prima della scadenza del termine ultimo per adempiere senza conseguenze legali). Sicché – si potrebbe obiettare – l’imputato sarebbe chiamato a rispondere di un comportamento altrui o – anche – di un comportamento imprudente (e quindi colposo), mentre il delitto in contestazione è doloso.

Nessuna di tali obiezioni, in realtà, coglie nel segno.

Quanto al fatto di dover rispondere per comportamenti altrui – segnatamente quello del precedente amministratore – ci si limita ad osservare che ciò non è vero, nella misura in cui l’imputato ha assunto la carica amministrativa prima della scadenza del termine; al limite, si può ipotizzare un concorso del precedente amministratore (nel caso di specie non contestato); ma non si può escludere un contributo omissivo dell’amministratore in carica al momento della scadenza.

Quanto alla impossibilità di adempiere tempestivamente agli obblighi tributari – per la disastrosa situazione di liquidità ereditata dalla precedente gestione – si deve osservare che l’ordinamento con una previsione di natura draconiana non sembra lasciare alcuno spazio di scelta all’interprete: l’impresa che non è in condizioni di fare fronte ai propri debiti (verso fornitori, maestranze, finanziatori o verso il fisco), evidentemente, versa in uno stato di dissesto e, in tale contesto, l’unico rimedio possibile all’insolvenza è quello di fare ricorso alle procedure predisposte dall’ordinamento per la soluzione delle crisi di impresa (nel caso delle società cooperative, quelle previste dall’art. 2545 terdecies c.c.

e, dunque, la liquidazione coatta amministrativa – come poi avvenuto il 29 giugno 2010 - o, in taluni casi, anche il fallimento).

Ove l’amministratore Paolo Gorini avesse attivato i canali di soluzione dello stato di insolvenza previsti dall’ordinamento egli certamente sarebbe stato sollevato dalle responsabilità penali che, oggi, gli vengono addebitate.

E il fatto di non essersi attivato in tal senso – certamente potendolo fare – porta ad escludere che egli fosse in condizioni di impossibilità di scegliere. Probabilmente egli non poteva materialmente adempiere. Ma aveva comunque una possibilità di scelta. Del resto, dalla lettura della visura storica della Giulio Pastore SCS (da cui risulta che Gorini rivestiva cariche sociali ancor prima di assumere la carica di amministratore per cui oggi è imputato), dall’esame dei bilanci, dei verbali di assemblea,

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delle relazioni al bilancio emerge con chiarezza che la situazione di difficoltà economica e di liquidità in cui versava la cooperativa era ben nota all’imputato che, consapevolmente, ha dunque assunto la carica amministrativa, operando – altrettanto consapevolmente – le scelte gestionali per cui oggi è imputato (del resto, nella relazione al bilancio 2008, l’amministratore Gorini riferisce anche di una sua attività gestoria che risale anche ai primi mesi del 2009, vale a dire prima ancora di assumere la carica formale di amministratore unico).

Sicché è impossibile escludere la responsabilità dell’imputato in relazione al delitto a lui ascritto.

Occorre passare, dunque, alla questione inerente il trattamento sanzionatorio.

Sotto tale profilo, si osserva – anzitutto – che il delitto oggi in contestazione è sicuramente legato dal vincolo della continuazione con quello oggetto della sentenza del Tribunale di Torino IV sez. Penale del 17.11.2011, irrevocabile in data 10.01.2012: in quella sentenza Gorini concordò l’applicazione pena ex art. 444 c.p.p. per identica violazione della legge penale (art. 10 bis d.lgs. n. 74/2000), in relazione alla posizione fiscale di altra società cooperativa sociale, in relazione al periodo di imposta 2005 (reato commesso il 2.10.2006): i comportamenti omissivi sono identici, non lontani nel tempo, il bene giuridico tutelato dalla norma penale identico, i motivi della condotta sono gli stessi.

Quanto ai motivi della condotta, occorre osservare che questo Tribunale ritiene che ricorra l’attenuante comune dell’avere l’imputato agito per motivi di particolare valore morale o sociale.

Le scelte – penalmente illecite – operate dall’imputato sono da questi giustificate in termini netti e estremamente lineari: Gorini Paolo ricorda come la loro fosse una cooperativa sociale in cui erano occupate un centinaio di persone svantaggiate; persone svantaggiate, che, per lavorare, dovevano essere addirittura sostenute dal supporto di uno psicologo e che spesso non potevano godere di altri introiti, se non il – peraltro modesto – stipendio erogato dalla cooperativa. In altri termini:

nella scelta impostasi dai fatti tra l’onorare il debito tributario (necessariamente privando del sostegno economico le proprie maestranze, vista la carenza di liquidità) e il garantire il pagamento di quanto utile al sostegno esistenziale dei propri addetti (come detto appartenenti ad una precisa categoria di persone svantaggiate), l’imputato ha consapevolmente ritenuto necessario privilegiare le ragioni di questi ultimi.

Ciò porta a ritenere sussistente la attenuante prevista dall’art.62 n. 1) c.p., essendo evidente che l’imputato non ha agito a fini di personale profitto, bensì a tutela di ragioni che, comunque, l’ordinamento tiene in elevata considerazione (si pensi ai riferimenti operati nella carta costituzionale, all’art. 45, alla funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità senza fini di speculazione privata o, all’art. 36, al diritto ad una retribuzione … sufficiente ad assicurare … una esistenza libera e

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dignitosa). L’imputato merita poi di vedere riconosciute le circostanze attenuanti generiche, per l’incensuratezza al momento del fatto (all’epoca egli non era stato ancora condannato per la precedente violazione) e per il comportamento processuale, assolutamente collaborativo.

Valorizzata l’incidenza di tali attenuanti – pur nella oggettiva consistenza del debito tributario evaso – si ritiene che si debba applicare a titolo di aumento per la continuazione tra il reato in contestazione e quelli oggetto della precedente sentenza del Tribunale di Torino un aumento di pena (già ridotto per il rito) pari a mesi uno di reclusione.

Detta pena deve poi essere sostituita ex art. 53 legge n. 689/1981 con la pena di euro 1.140 di multa, essendo nel caso di specie manifestamente preferibile il ricorso a sanzioni sostitutive piuttosto che alla sanzione detentiva (ratione temporis risulta evidentemente più favorevole il pre- vigente tasso di conversione in ragione di euro 38 per ciascun giorno di pena detentiva sostituita).

Si deve infine disporre nei confronti dell’imputato la confisca per equivalente del profitto del reato.

Come noto, l’art. 1, comma 143, legge n. 244/2007 dispone che «nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322-ter del codice penale».

È altrettanto noto che la giurisprudenza di legittimità consolidata riconosce nell’ammontare di imposta evasa il profitto del reato (cfr. per esempio, Sez. 3, n. 1199 del 02/12/2011 - dep. 16/01/2012, Galiffo, Rv.

251893 e, implicitamente, Sez. Un., n. 18374 del 31/01/2013 - dep.

23/04/2013, Adami e altro, Rv. 255037).

Si deve pertanto disporre nei confronti dell’imputato la confisca per equivalente della somma di euro 238.994, equivalente del profitto del reato.

P. Q. M.

Visti gli artt. 438 e sgg., 533-535 c.p.p., 53 legge n. 689/1981, 2 e 81 c.p.

DICHIARA GORINI Paolo responsabile del reato a lui ascritto in rubrica e – ritenuta la continuazione tra il fatto qui contestato e quello oggetto della sentenza di applicazione pena emessa dal Tribunale di Torino in data 17.11.2011, irrevocabile il 10.01.2012, riconosciute le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art. 62 n. 1) c.p., ridotta la pena per il rito – lo condanna – a titolo di aumento sanzionatorio per la continuazione con i reati considerati nella predetta sentenza – all’ulteriore pena di mesi uno di reclusione, da sostituirsi ex art. 53 legge n. 689/1981 con la pena di euro 1.140 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 1, comma 143, legge n. 244/2007 e l’art. 322 ter c.p.

DISPONE nei confronti dell’imputato la confisca per equivalente della somma di euro 238.994, equivalente del profitto del reato.

Torino, 6.6.2013 Il giudice

(Andrea Natale)

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