Fasc. num. 11/QU/2013 - Nota in data 10 gennaio 2011 della Dott.ssa ………., magistrato in servizio presso il Tribunale di ……….., con la quale è stato posto un quesito in merito alla fruizione del congedo parentale.
(Delibera CSM del 17 aprile 2013)
In data 20 gennaio 2011 la Dott.ssa ……….., giudice presso la Sezione Riesame del Tribunale di ………, trasmetteva al CSM, al Presidente della IV Commissione e al Comitato per le Pari Opportunità un quesito in merito alle corrette modalità di fruizione del congedo parentale e nel febbraio seguente il CPOM deliberava di aprire una pratica.
In sintesi, la richiedente esponeva: 1) di avere depositato presso l'ufficio di presidenza del Tribunale di Napoli istanza di congedo parentale per i giorni 18, 19 e 20 gennaio 2011; 2) di avere informalmente comunicato al presidente della Sezione di appartenenza detta sua richiesta e che il medesimo aveva contattato l'addetto alle c.d. sostituzioni esterne, il quale aveva riferito che l'ipotesi del congedo parentale non rientrava in quelle contemplate, e che, di conseguenza, le sostituzioni avrebbero dovuto essere organizzate facendo ricorso ai magistrati in servizio presso la Sezione; 3) che il presidente di Sezione aveva quindi provveduto a predisporre turni di sostituzione per le udienze coincidenti con i giorni del chiesto congedo parentale, statuendo altresì che l'interessata avrebbe dovuto “recuperare” le udienze stesse nelle settimane successive; 4) di avere, pertanto, provveduto a revocare l'originaria istanza.
Sulla base di tali fatti e in relazione alle determinazioni assunte dal presidente della Sezione, la Dott.ssa ……… ha chiesto di accertare se l'adottata modalità organizzativa non finisca con il privare di ogni significato l'istituto stesso del congedo parentale, realizzando semplicemente uno spostamento del carico di lavoro e dando origine a un aggravio dell'impegno degli altri colleghi della Sezione (in considerazione che per la materia del Riesame non è possibile far luogo a rinvii delle udienze, stante l'esistenza di termini perentori), laddove la disciplina del congedo in parola comporta peraltro una consistente decurtazione stipendiale.
Ha altresì chiesto l'istante che siano chiariti i termini in cui il congedo opera qualora sia richiesto per il caso di malattia del figlio.
In ordine al quesito così come sopra precisato, il Comitato osserva :
La normativa sul congedo parentale, come introdotta con il D.Lgs n. 151/2001, attribuisce a ciascun genitore il diritto facoltativo di astenersi dal lavoro per la cura del bambino, nei suoi primi otto anni di vita, comportando effetti sull'integrità del trattamento economico; il congedo non subisce per sua natura limitazioni se non quella derivante dal rispetto di precisi termini temporali quanto alla sua
complessiva durata e dall'obbligo di preavviso, individuato in quindici giorni prima del giorno stabilito per l'astensione dal lavoro.
Trattasi dunque di un diritto facoltativo, il cui esercizio non è subordinato a una previa autorizzazione del datore di lavoro e prescinde da ogni valutazione circa la sua compatibilità con le esigenze dell'ufficio di appartenenza, trovando fondamento in una previsione di legge e comportando per chi intenda avvalersene una decurtazione stipendiale.
Ciò implica che l'astensione dal lavoro, ove tempestivamente comunicata, non possa dare luogo a previsioni organizzative interne comportanti un recupero dell'attività non svolta nei giorni di congedo, ipotesi che di fatto si tradurrebbe in una sorta di “scambio” degli impegni lavorativi tra appartenenti al medesimo ufficio e non in una esenzione dall'attività lavorativa propria del genitore che dell'istituto si avvalga.
Identico trattamento non può, e a maggior ragione, che essere riservato nell'ipotesi in cui il congedo venga richiesto per motivi correlati alla malattia del figlio (senza limiti di tempo nel caso in cui il bambino abbia meno di tre anni, con un limite di cinque giorni all'anno, nel caso in cui il bambino abbia un'età compresa tra i tre e gli otto anni, ex art. 47 d.lgs. n. 151/2001); benché soggetto a una disciplina parzialmente difforme rispetto a quella del congedo parentale, anche questa astensione facoltativa dal lavoro implica conseguenze economiche incidendo sul trattamento stipendiale nonché sul computo delle ferie e della tredicesima mensilità.
Tali caratteristiche portano a escludere che anche in caso di congedo per malattia del figlio il lavoratore, nella specie magistrato, possa essere chiamato a recuperare il lavoro non svolto attraverso un più intenso impegno, in termini di numero di udienze o di assegnazione di procedimenti, al momento della regolare ripresa dell'attività.
Tanto premesso, il Consiglio
delibera
di rispondere al quesito, sulla scorta delle considerazioni svolte, nei termini che seguono:
L'astensione dal lavoro per congedo parentale, ove tempestivamente comunicata, non può dare luogo a previsioni organizzative interne comportanti un recupero dell'attività non svolta nei giorni di congedo; stessa regola vale nell'ipotesi in cui il congedo venga richiesto per motivi correlati alla malattia del figlio, dovendosi quindi escludere che anche in tale caso il magistrato possa essere
chiamato a recuperare il lavoro non svolto attraverso un più intenso impegno, in termini di numero di udienze o di assegnazione di procedimenti, al momento della regolare ripresa dell'attività.