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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

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Academic year: 2022

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

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© 2021 Health Publishing & Services S.r.l. – Tutti i diritti riservati

Contenuti editoriali a cura della redazione di AboutPharma and Medical Devices Progetto grafico e impaginazione: Marco Marsala

©2021

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

INDICE

1.

CHE COSA SONO LE CAR-T?

2.

IMPIEGHI ATTUALI E SFIDE PER IL FUTURO

3.

IL PERCORSO DEL PAZIENTE

4.

ESSERE UN CENTRO ABILITATO ALLA CURA

5.

L’IMPORTANZA DELLE COLLABORAZIONI NEL FOLLOW UP DEL PAZIENTE

6.

NUOVI PARADIGMI DI INVESTIMENTO PER LE CAR-T

3

5

7

10

14

17

Indice

LEGENDA DI NAVIGAZIONE

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3 © 2021 Health Publishing & Services S.r.l. – Tutti i diritti riservati

CAR-T è una terapia innovativa per la cura di alcuni tumori del san- gue. È una terapia cellulare considerata l’ultima frontiera dell’im- munoterapia in ambito oncologico.

Oltre alla novità della tecnica, la terapia CAR-T è anche l’unico modo per contrastare patologie per le quali non esiste un’alternati- va terapeutica. Oggi è usata per il trattamento di pazienti pediatrici e giovani adulti fino a 25 anni di età affetti da leucemia linfoblasti- ca acuta a cellule B. Sono pazienti che non hanno mai risposto alla chemioterapia o che sono in recidiva dopo trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche o dopo almeno 2 linee di che- mio-immunoterapia.

Inoltre, esiste una terapia CAR-T approvata anche per il trattamento di pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B o per il linfoma pri- mitivo del mediastino a cellule B e una per il trattamento di pazienti adulti con linfoma mantellare recidivato o refrattario, tutte forme di linfomi non-Hodgkin. Anche in questi casi, la terapia CAR-T è pre- ceduta da almeno due linee di terapia sistemica senza alcun esito.

Per avere una stima della portata della terapia, nel 2020 sono stati calcolati 13 mila nuovi casi di linfomi non-Hodgkin e circa 8 mila nuovi casi di leucemia.1 Molti di questi casi saranno curabili con le terapie tradizionali, ma con CAR-T esiste una speranza in più per coloro che fino a due anni fa avevano come unica alternativa una cura palliativa.

È una novità di quest’anno l’ammissione della terapia anche per la cura del mieloma multiplo. Per adesso è approvata da Food and Drug Administration ed European Medical Agency (EMA), ma non ancora da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Sarà disponibile in Italia solo a partire dal prossimo anno.

Ma è solo l’inizio in quanto anche una seconda CAR-T indicata nel mieloma multiplo è in fase di valutazione da parte di FDA ed EMA.

Il nome CAR-T indica le due componenti della terapia: le cellule T del sistema immunitario e l’antigene CAR (Chimeric Antigen Re- ceptor). La terapia viene confezionata tramite ingegnerizzazione dei linfociti T del paziente, prelevati e isolati dalle altre cellule ema- tiche tramite una procedura detta aferesi. Attraverso l’utilizzo di virus inattivati, i linfociti T del paziente ricevono materiale genetico (DNA) che si integra con quello del linfocita T stesso e gli permette di esprimere sulla propria superficie una proteina, nota come Re- cettore dell’Antigene Chimerico (CAR). Grazie a questo recettore, i linfociti T modificati (CAR-T cells) sono in grado di riconoscere un antigene specifico presente sulla superficie delle cellule tumorali e legarsi ad esse per distruggerle.

1. CHE COSA SONO LE CAR-T?

1959

1962 1964

1971 1984

1986 1988

1992

1993 1994

1998

Trattamento della leucemia in umani con radiazione superiore alla dose letale e trapianto di midollo osseo

Scoperta del coinvolgimento del timo nell’immunità cellulare

Trattamento di fibrosarcoma indotto da carcinogeni in topi con linfociti immuni

Trapianto con cellule compatibili con HLA in umani per tumori ematologici

Uso di cellule T killer attivate da linfochine per colpire il cancro metastatico

Uso di linfociti che hanno invaso la massa tumorale in cancro metastatico

Uso di infusione di linfociti da donatore per trattare ricadute dopo il trapianto di cellule staminali

Inizio di ingegnerizzazione delle cellule T

Prima generazione di cellule CAR-T

Uso di infusione di linfocita da donatore per trattare disordine linfoproliferativoAssociato al virus Epstein-Barr dopo un trapianto

Introduzione della molecola costimolatrice CD28 in cellule T ingegnerizzate

Timeline

CAR-T

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

Le CAR-T possono essere terapie disegnate in modo diverso a seconda dell’antigene o degli antigeni prescelti per identificare le cellule tumorali. Inoltre possono differenziarsi per i diversi processi o segnali innescati nelle cellule T in modo che si attivino contro le cellule tumorali da eliminare. Pertanto, ciascun costrutto è collega- to a esiti differenti per efficacia e sicurezza. 3,4,5, 6,7,8

In breve, la terapia CAR-T consiste in un trattamento personaliz- zato delle cellule prelevate dal paziente, con un processo noto con il nome di leucaferesi o linfocitoaferesi. Centri specializzati sono in grado di manipolare geneticamente le cellule per renderle più adatte a combattere un preciso tumore. Sono lo sviluppo delle col- ture cellulari, la maggiore conoscenza del sistema immunitario e, non da ultimo, la capacità di manipolare il DNA che hanno reso possibile lo sviluppo della terapia CAR-T. Oggi è disponibile una gamma in espansione di strumenti genetici per inserire sequen- ze geniche desiderate all’interno delle cellule T. C’è una grande varietà di vettori (γ-retrovirali, lentivirali, di DNA non virali o basati sull’RNA) che sono privati del loro genoma per veicolare all’interno delle cellule da ingegnerizzare geni opportunamente modificati. E poi ci sono metodi semplici e precisi per individuare specifiche sequenze del DNA e modificarle a piacere, quali TALENs o CRI- SPR-Cas96.

Il destino delle cellule manipolate geneticamente e espanse in col- tura è quello di ritornare al paziente, tramite reinfusione nel circolo ematico.

L’innovazione a cui abbiamo assistito in questo ambito negli ultimi anni non è priva di ostacoli che sono tutt’ora da superare.

Ci sono difficoltà tecniche che riguardano l’ulteriore estensione e il raffinamento di tali terapie, allo scopo di andare a colpire e curare altri tipi di tumori, tra cui quelli solidi.

Ci sono problemi pratici, come il fatto di garantire la possibilità di accesso a terapie così sofisticate a un più ampio numero di pazienti. È un problema che porta con sé aspetti economici rile- vanti, come la ricerca di una formula per rendere sostenibili i costi di terapie così personalizzate. E anche aspetti organizzativi che prendano in carico il paziente dall’ammissione alla terapia fino alla fine del follow-up. E ciò richiede strutture adeguate, competenze interdisciplinari, protocolli condivisi.

2004 2006 2007

2010 2013 2017

2018 2019 2021 2003

CARs di seconda generazione (basate su 4-18B)

Uso di terapia TCR per trattare il melanoma metastatico

Applicazione investigativa di un nuovo farmaco per la terapia CD19 CAR

Primo report di utilizzo di CD19 CAR in linfoma non Hodgkin

Uso di CARs CD19 in leucemia linfoblastica acuta

Uso di editing di genoma CRISPR- Cas9 in cellule CAR-T

Approvazione da parte di FDA della terapia CAR-T contro ricadute e refrattarietà in linfoma e leucemia

Approvazione europea da parte di EMA delle terapie CAR-T CD19

Dichiarazione di rimborsabilità delle terapie CAR-T da parte di AIFA

FDA approva terapia CAR-T per linfoma follicolare recidivato Sviluppo di CARs dirette contro l’antigene CD19

1. AIOM, Airtum. I numeri del cancro in Italia. 2020

2. Belleudi V, Trotta F, Fortinguerra F, et al. Real world data to identify target population for new CAR-T therapies. Pharmacoepidemiol Drug Saf. 2021;30(1):78-85. doi:10.1002/pds.5165

3. Maude SL, Laetsch TW, Buechner J, et al. Tisagenlecleucel in Children and Young Adults with B-Cell Lymphoblastic Leukemia. N Engl J Med. 2018;378(5):439-448.

4. Schuster SJ, Bishop MR, Tam CS, et al. Tisagenlecleucel in Adult Relapsed or Refractory Diffuse Large B-Cell Lymphoma. N Engl J Med.

2019;380(1):45-56.

5. Locke FL, Ghobadi A, Jacobson CA, et al. Long-term safety and activity of axicabtagene ciloleucel in refractory large B-cell lymphoma (ZUMA-1): a single-arm, multicentre, phase 1-2 trial. Lancet Oncol. 2019;20(1):31-42.

6. Neelapu SS, Locke FL, Bartlett NL, et al. Axicabtagene Ciloleucel CAR T-Cell Therapy in Refractory Large B-Cell Lymphoma. N Engl J Med. 2017;377(26):2531-2544.

7. Martino M, Alati C, Canale FA, Musuraca G, Martinelli G, Cerchione C. A Review of Clinical Outcomes of CAR T-Cell Therapies for B-Acute Lymphoblastic Leukemia. Int J Mol Sci. 2021;22(4):2150. Published 2021 Feb 21. doi:10.3390/ijms22042150

8. Shah N, Sussman M, Crivera C, Valluri S, Benner J, Jagannath S. Comparative Effectiveness Research for CAR-T Therapies in Multiple Myeloma: Appropriate Comparisons Require Careful Considerations of Data Sources and Patient Populations. Clin Drug Investig.

2021;41(3):201-210. doi:10.1007/s40261-021-01012-x

9. Sadelain M, Riviere I, Riddell S. Therapeutic T cell engineering. Nature 2017; 545: 423–31.

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5 © 2021 Health Publishing & Services S.r.l. – Tutti i diritti riservati

La terapia CAR-T ha subito una notevole evoluzione nel suo percorso durato trent’anni. Un processo condotto in modo sistematico per il supe- ramento delle limitazioni terapeutiche.

Se la prima generazione di CAR-T era inefficace in clinica a causa dell’incapacità delle cellule T modificate di espandersi dopo aver in- contrato l’antigene tumorale, le successive generazioni di CAR-T han- no acquisito tale proprietà.

Per migliorare la loro sopravvivenza e reattività sono state sviluppate CAR-T di seconda e terza generazione che contengono oltre al domi- nio di attivazione ulteriori motivi co-stimolatori.

Anche l’identificazione di molecole di superficie tipiche dei tumori ha per- messo di ridurre la tossicità delle CAR-T nei confronti delle cellule sane.

Le terapie approvate finora sono in grado di riconoscere l’antigene CD19 che caratterizza leucemie e linfomi, essendo coinvolto nello svi- luppo e nella funzionalità delle cellule della linea B1.

I primi risultati della terapia CAR-T contro il linfoma diffuso a grandi cellule B e la leucemia linfoblastica acuta risalgono a una decina di anni fa. Nel caso della leucemia linfoblastica acuta, i primi studi clinici riportano una completa remissione nel 70-97% dei casi.

Per il linfoma diffuso a grandi cellule B, la remissione completa riguar- dava invece il 33-57% dei pazienti2-5.

Il successo portò all’approvazione della terapia da parte della Food and Drug Administration, seguita da Ema e Aifa.

IL FUTURO DELLA RICERCA

Sebbene lo spettro delle malattie curabili tramite CAR-T vada am- pliandosi, restano ancora diverse sfide aperte per la ricerca. L’otti- mizzazione e l’ingegnerizzazione del recettore CAR è un processo ancora in divenire.

Un sogno per il prossimo futuro sarebbe l’applicazione della terapia anche per i tumori solidi. Per questo è necessario innanzitutto indi- viduare nuovi antigeni che contraddistinguano altri tipi di tumore.

Un primo successo in tale direzione è arrivato con una terapia CAR-T adatta a contrastare il mieloma multiplo, che resta comunque un tumore del sangue. Il recettore chimerico, in questo caso, non lega CD19 mentre è in grado di riconoscere l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA)6. Ci sono diverse terapie in fase di approva- zione da parte delle agenzie regolatorie e quindi assisteremo a un ampliamento delle possibilità di cura. Il farmaco, già approvato da Fda e Ema, potrebbe arrivare in Italia il prossimo anno.

2. IMPIEGHI ATTUALI E SFIDE

PER IL FUTURO

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Per i tumori solidi però siamo ancora lontani dall’individuazione di anti- geni ideali a causa dell’eterogeneità espressa da queste forme tumorali.

Inoltre è difficile aggredire la massa compatta di un tumore solido per gli evidenti problemi di infiltrazione delle cellule CAR-T. Infine, il micro- ambiente che circonda e sostiene un tumore solido è immunosoppres- sivo e quindi è sfavorevole alle cellule CAR-T.

I prossimi risultati potrebbero giungere dall’utilizzo di antigeni multipli come target o da manipolazioni genetiche che sfruttino Crispr-Cas9 per inserire i geni CAR-T direttamente nel genoma. Inoltre c’è interesse per intervenire sul microambiente in cui il tumore prolifera, inserendo nuovi geni, i così detti domini co-stimolatori, nel costrutto delle CAR-T7,8. Un altro traguardo importante sarebbe la riduzione della tossicità che accompagna la somministrazione della terapia. Infatti, i pazienti sottoposti a CAR-T spesso incorrono nella sindrome da rilascio di citochine e nella sindrome da neurotossicità associata alle cellule immunitarie effettrici. Quindi siamo ancora lontani dal poter definire CAR-T una terapia di routine. Tuttavia l’aumento dell’esperienza dei clinici e i protocolli e le strategie di mitigazione introdotte rendono gli eventi avversi gestibili riducendo al minimo l’utilizzo della tera- pia intensiva e l’impatto sul paziente. Certo potrebbe concorrere alla sua diffusione, la condivisione di linee guida per la gestione degli eventi avversi, la gestione del rischio e le ricadute legali.

Anche gli effetti avversi potrebbero ridursi rendendo più specifici i bersagli presi di mira dalle CAR-T. CD19, per esempio, è un antigene comune alle cellule B sane e ciò aumenta la tossicità del trattamen- to provocando aplasia B cellulare e ipo-gammaglobulinemia.

Oltre a ciò, la ricerca si sta impegnando a individuare nuove strate- gie volte a diminuire la tossicità delle CAR-T senza ridurne l’efficacia.

Tra queste ricordiamo, l’uso di geni suicidi, i modulatori del sistema immunitario, la scelta di antigeni di superficie co-espressi come tar- get o l’introduzione di un interruttore inducibile di apoptosi basato sul sistema CRISPR/Casp99,10,11,12.

Sono strategie volte a bloccare le CAR-T in momenti critici: quando si manifestano gravi effetti collaterali dopo l’infusione della terapia o al momento della guarigione per evitare che le cellule continuino a distruggere cellule sane.

1. BACHMANN, Michael. The UniCAR system: a modular CAR T cell approach to improve the safety of CAR T cells. Immunology letters, 2019, 211: 13-22.

2. Till BG, Jensen MC, Wang J, et al. Adoptive immunotherapy for indolent non-Hodgkin lymphoma and mantle cell lymphoma using genetically modified autologous CD20-specific T cells. Blood 2008; 112: 2261–71.

3. Hollyman D, Stefanski J, Przybylowski M et al. Manufacturing validation of biologically functional T cells targeted to CD19 antigen for autologous adoptive cell therapy. J Immunother 2009; 32: 169–80.

4. Kochenderfer JN, Wilson WH, Janik JE, et al. Eradication of B-lineage cells and regression of lymphoma in a patient treated with autologous T cells genetically engineered to recognize CD19. Blood 2010; 116: 4099–102.

5. Porter DL, Levine BL, Kalos M, Bagg A, June CH. Chimeric antigen receptor-modified T cells in chronic lymphoid leukemia. N Engl J Med 2011; 365: 725–33.

Grupp SA, Kalos M, Barrett D, et al. Chimeric antigen receptor- modified T cells for acute lymphoid leukemia. N Engl J Med 2013; 368: 1509–18.

6. Carpenter RO, Evbuomwan MO, Pittaluga S, et al. B-cell maturation antigen is a promising target for adoptive T-cell therapy of multiple myeloma. Clin Cancer Res. 2013;19(8):2048-2060.

7. Scarfo I, Maus MV. Current approaches to increase CAR T cell potency in solid tumors: targeting the tumor microenvironment. J Immunother Cancer 2017; 5: 28.

8. Eyquem J, Mansilla-Soto J, Giavridis T, et al. Targeting a CAR to the TRAC locus with CRISPR/Cas9 enhances tumour rejection. Nature 2017; 543: 113–17.

9 V. Hoyos, B. Savoldo, C. Quintarelli, A. Mahendravada, M. Zhang, J. Vera, H.E. Heslop, C.M. Rooney, M.K. Brenner, G. Dotti, Engineering CD19-specific T lymphocytes with interleukin-15 and a suicide gene to enhance their anti-lym phoma/leukemia effects and safety, Leukemia 24 (2010) 1160–1170 10. V.D. Fedorov, M. Themeli, M. Sadelain, PD-1- and CTLA-4-based inhibitory chimeric antigen receptors (iCARs) divert off-target immunotherapy responses, Sci. Transl. Med. 5 (December 215) (2013) 215ra172

11. H. Mollanoori, H. Shahraki, Y. Rahmati, S. Teimourian, CRISPR/Cas9 and CAR-T cell, collaboration of two revolutionary technologies in cancer immunotherapy, an instruction for successful cancer treatment, Hum. Immunol. 79 (2018) 876–882.

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Il paziente eletto per una terapia CAR-T ha un percorso terapeutico ben definito. Qui aiuta a ripercorrerlo Pier Luigi Zinzani, professore ordi- nario di Ematologia del Dipartimento di Medicina specialistica, diagno- stica e sperimentale presso l’Istituto di Ematologia “Lorenzo e Ariosto Seragnoli” (Policlinico S.Orsola-Malpighi, Università di Bologna).

Accanto al percorso terapeutico però esistono bisogni e servizi cui il paziente non può rinunciare per garantirsi l’efficacia delle cure. Matil- de Cani, responsabile della sede di Milano dell’Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma (Ail), racconta le iniziative pro- poste, nate per rispondere ai bisogni di un paziente e del caregiver, spesso costretti ad allontanarsi da casa e a intraprendere un percorso di cura difficile anche dal punto di vista psicologico.

Il percorso di un paziente considerato adatto al trattamento con CAR-T comincia infatti con la dichiarazione per la sua eleggibilità.

Per adesso in Italia possono accedere al trattamento pazienti affetti da alcune forme aggressive di linfoma non-Hodgkin o da leucemia linfoblastica acuta, che si siano mostrati refrattari o abbiano una re- cidiva dopo trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche o dopo almeno due linee di chemioterapia.

È un percorso che comincia da un punto già accidentato, legato ai fal- limenti dei tentativi precedenti

di terapia. La valutazione del paziente deve iniziare in modo tempestivo, per programma- re in anticipo le procedure diagnostiche e terapeutiche, mentre si affaccia già il sospet- to del fallimento delle terapie tradizionali in corso.

La preparazione del paziente e del caregiver richiede la col-

laborazione tra diverse figure professionali, tra le quali medici e in- fermieri della terapia intensiva, neurologi, microbiologi, personale del centro trapianti1.

Il processo a cui si deve sottoporre il paziente consiste nel prelievo del sangue periferico, da cui isolare i linfociti (leucaferesi). Una prima difficoltà per il medico curante è trovare un centro capace di applicare tale tecnica.

L’ingegnerizzazione delle cellule avviene presso il laboratorio dell’a- zienda farmaceutica, che è sito di produzione della terapia. Le cellu- le estratte dal paziente sono modificate geneticamente, usando un vettore virale inattivato che trasporta un gene ricombinante. I linfociti

3. IL PERCORSO DEL PAZIENTE

“Il timing dell’intervento è un aspetto da affinare per evitare che il paziente arrivi alla terapia CAR-T in un momento in cui le sue condizioni generali siano già gravemente compromesse”.

(Pier Luigi Zinzani)

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

ottenuti esprimono sulla su- perficie cellulare una proteina ricombinante e non esistente in natura e che permette ai lin- fociti T di riconoscere le cellule tumorali e di aggredirle. Segue l’espansione cellulare, per cui il processo di ingegnerizzazione può durare da una decina di giorni a diverse settimane e ri- chiede l’intervento di laboratori altamente qualificati.

Durante questo tempo è ne- cessario gestire l’attesa di pa-

zienti e familiari. Si tratta di contrastare l’eventuale peggioramento del paziente mediante una Bridging Therapy, per conservare la sua eleggibilità alla terapia CAR-T. Inoltre, occorre prendersi carico della situazione emotiva.

Prima dell’infusione dei linfociti ingegnerizzati il paziente subisce una chemioterapia linfodepletiva, con lo scopo di generare un impoveri- mento dei linfociti del paziente, in modo che le cellule ingegnerizzate e infuse di nuovo nel paziente possano attecchire meglio2.

I SERVIZI A SUPPORTO DEL PAZIENTE

I centri che possono erogare una terapia CAR-T sono centri specia- lizzati, dotati di figure professionali e requisiti strutturali e tecnologici volti a garantire la capacità di gestire un processo terapeutico com- plesso.

Purtroppo, in Italia c’è una distribuzione piuttosto disomogenea dei centri accreditati, con una netta prevalenza delle regioni del Nord.

Per sottoporsi a una terapia CAR-T il paziente è costretto a un pendo- larismo sanitario. Lo spostamento è un grosso disagio per un pazien- te già debilitato fisicamente, affaticato dal punto di vista psicologico e magari è impossibilitato a far fronte alle spese di trasferimento in un’altra città.

Per aiutare i pazienti CAR-T in difficoltà, l’Associazione italiana contro leucemie-linfomi e mieloma (AIL) offre servizi di assistenza che preve- dono housing, sostegno psicologico e accompagnamento.

Il paziente in attesa di una terapia CAR-T o del suo esito si può trovare in una condizione economica svantaggiata o comunque può dover

“Dato che può accadere che un paziente venga reclu- tato in un centro non abilitato a effettuare una terapia CAR-T, è molto importante che si instauri una profon- da collaborazione fra il centro accreditato e il centro che ha identificato il paziente. In questo modo, parte della terapia può iniziare presso l’ospedale che ha da sempre seguito il paziente”.

(Pier Luigi Zinzani)

“La speranza è che le associazioni come AIL vengano sempre di più riconosciute come interlocutori importanti e compagni di viaggio per pazienti, medici, Diparti- menti di ematologia, farmaceutiche, ospedali e operatori socio-assistenziali”.

(Matilde Cani)

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Ostheoarthritis/

degenerative pain (no joint bleed)

affrontare costi aggiuntivi. Una condizione che può riguardare anche il caregiver che magari lascia l’impiego per seguire il parente malato.

Esistono sussidi economici per sostenere chi affronta malattie come i tumori del sangue, ma spesso coprono le spese solo nella fase acuta della malattia.

Il servizio di housing garantisce l’accesso gratuito in un’abitazione in cui il paziente può vivere con i suoi familiari. Sono 37 le sezioni provin- ciali AIL che offrono il servizio, con 73 case alloggio e 3.772 persone ospitate in un anno.

Inoltre, chi inizia una terapia CAR-T è un paziente che esce da una serie di terapie che hanno fallito e che vive nella speranza che l’ultimo intervento terapeutico disponibile sia efficace.

Il terzo servizio è l’accompagnamento alle terapie, un servizio costan- te che coinvolge sempre la stes-

sa persona, con cui il paziente instaura un rapporto di amicizia e di fiducia. È un supporto pra- tico ed emotivo importante per quelle persone che non hanno parenti in grado di accompa- gnarli e sostenerli nel percorso di cura.

Il motto del compianto profes- sor Franco Mandelli, fondatore

di AIL, è “Curare è prendersi cura”. E AIL lavora al fianco dei dipar- timenti di ematologia, con i servizi sanitari e con le altre associa- zioni del territorio che si occupano di sostenere i pazienti oncoe- matologici in difficoltà.

Gli interventi offerti ai pazienti CAR-T da AIL, dimostrano come il ruolo del terzo settore sia importante per supportare i pazienti e come affianchi la sanità a tutti gli effetti.

Portano avanti servizi a favore della vita del paziente durante il suo percorso terapeutico. E quindi possono essere coinvolte come partner, anche di imprese private nell’ambito della responsabilità sociale di un’impresa, per la realizzazione di progetti pluriennali per migliorare la qualità della vita dei pazienti.

“Il nostro obiettivo è quello di affiancare il paziente, non lasciarlo mai solo e so- stenerlo nell’affrontare problematiche economiche, organizzative, logistiche e psicologiche che gravano su una situazione già compromessa e complessa a causa della malattia”.

(Matilde Cani)

“Nelle diverse fasi del percorso, la percezione e l’emo- tività del paziente e dei suoi familiari cambia ed è un aspetto difficile da gestire, tanto che AIL offre un soste- gno psicologico attraverso ambulatori dedicati”.

(Matilde Cani)

1. Beaupierre, A., Kahle, N., Lundberg, R., & Patterson, A. (2019). Educating multidisciplinary care teams, patients, and caregivers on CAR T-cell therapy. Journal of the Advanced Practitioner in Oncology, 10(Suppl 3), 29.

2. Smith, S., Essell, J., & Sandy Smith, J. E. (2018). Evolving the delivery of car T-cell therapies to the outpatient setting. Journal of Clinical Pathways, 4(8), 42-47.

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

La terapia CAR-T è un trattamento specializzato e personalizzato.

Ecco perché occorre assicurare un’alta specializzazione dei centri di ematologia e onco-ematologia, le autorizzazioni per le terapie cellulari e la disponibilità di accesso alla terapia intensiva.

Per seguire correttamente il paziente, i centri specializzati non possono prescindere da un’attenta coordinazione con gli ospedali che spesso identificano i pazienti, così come dal dialogo con altri centri selezionati per le terapie CAR-T.

Paolo Corradini, presidente della Società italiana di Ematologia (SIE), direttore della Divisione di Ematologia della Fondazione IRC- CS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e professore ordinario di Ematologia presso l’Università degli Studi di Milano, spiega l’im- portanza del networking per assicurare i tempi giusti di accesso alla cura e gli standard di qualità.

Patrizio Armeni, professore associato di Government, Health and not for Profit del Dipartimento di Scienze Sociali e politiche presso la School of Management SDA Bocconi, sostiene l’importanza di creare un network equilibrato, che preservi l’eccellenza e l’acces- sibilità alla cura.

Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco sono cinque i punti da ri- spettare:

• una certificazione rilasciata dal Centro nazionale trapianti e dal Centro nazionale sangue che attesta la rispondenza del Centro trapianti midollo osseo ai requisiti previsti dalle diretti- ve europee;

• l’accreditamento Jacie 7.0 per il trapianto allogenico, che com- porta la presenza di un’unità clinica dedicata, un laboratorio di processazione e un’unità di raccolta delle cellule;

• un laboratorio per la criopreservazione con personale qualifi- cato e adeguatamente formato;

• la disponibilità di un’Unità di terapia intensiva e rianimazione;

• la disponibilità di un team multidisciplinare qualificato per la gestione clinica del paziente e delle sue possibili complicanze;

Mentre i primi tre criteri di selezione del centro CAR-T assicurano la fattibilità della terapia con il rispetto di tutti gli standard qualitati- vi, gli ultimi due punti servono per garantire un completo follow-up del paziente.

4. ESSERE UN CENTRO

ABILITATO ALLA CURA

(12)

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Quindi se è vero che i meccanismi di reclutamento del paziente sono attivi in qualsiasi ospedale nazionale, il paziente deve recarsi in un centro di riferimento per poter ricevere una terapia CAR-T.

Ma quanti centri oggi rispondono a tali requisiti in Italia?

Se l’Aifa stabilisce i requisiti, le Regioni identificano i centri che sono in linea con le richieste nazionali. Sono sedici le Regioni che hanno già identificato centri adeguati per le terapie CAR-T per un totale di 47 centri selezionati. Mentre le strutture già attive sono in totale 241. Per alcune Regioni, l’iter di attivazione dei centri selezio- nati è ancora in atto a causa dei ritardi legati al Covid-19.

Oggi è ancora squilibrata la distribuzione dei centri attivi nell’ero- gazione delle terapie CAR-T (i cosiddetti centri Hub), con uno sbi- lanciamento che si nota nel confronto tra il nord e il sud del Paese.

Pochi centri non significa però con- centrare un servizio in poche aree, lasciando uno squilibrio sul territorio nazionale. Occorre programmare la geografia di un servizio in modo che i punti di accesso siano distribuiti sul territorio in modo da non attivare una mobilità complessa.

Il nostro sistema sanitario permet- te di curarsi in regioni diverse dalla propria. Ma i costi sono a carico del paziente e della regione che lo man-

da a curarsi in un’altra struttura per mancanza di centri accreditati.

L’Aifa rimborsa la terapia CAR-T, ma non eroga alcun contributo per la gestione e l’assistenza del paziente.

POTENZIARE I CENTRI DI RIFERIMENTO PER LE CAR-T

Un primo fattore che impedisce una diffusione capillare della te- rapia CAR-T è legato alle caratteristiche della stessa.

La terapia è personalizzata e prevede ci sia una stretta collabo- razione tra ospedale e azienda farmaceutica. Se il primo svolge

“Avere troppi centri Hub è potenzialmente rischioso: c’è la possibilità di di- sperdere le competenze e di moltiplicare i costi. Non è conveniente né per la qualità né per la spesa. Bisogna invece curare accreditamento e requisiti”.

(Patrizio Armeni)

“È fondamentale che il centro di riferimento sia in grado di gestire al meglio la fase di bridging.

Cioè che consenta al paziente di ridurre la ma- lattia o di contenerla durante la quattro setti- mane di produzione delle CAR-T”.

(Paolo Corradini)

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

“Gestire la geografia del servizio significa program- mare la distribuzione ottimale dei centri. Significa decidere sulla base della popolazione, in funzione dell’epidemiologia, della geografia del territorio e della distribuzione delle competenze. Per una visione completa è necessario un coordinamento nazionale”.

(Patrizio Armeni)

la parte di definizione, impostazione e somministrazione della te- rapia, la creazione del farmaco innovativo CAR-T è demandato all’azienda.

Ciò comporta una limitazione dei siti di produzione e l’organiz- zazione del sistema di distribuzione del farmaco. Per questo le aziende produttrici hanno anche un ruolo nella qualifica dei centri alla preparazione e somministrazione della propria CAR-T.

Inoltre, alcune parti del processo potrebbero essere soggette a economie di scala, per cui potrebbe essere conveniente, anche per una questione di costi, avere una grande capacità produttiva concentrata in un unico posto piuttosto che avere tanti centri che compiono la stessa operazione.

Inoltre, richiede competenze specifiche all’interno degli ospedali.

Spesso sono le stesse aziende farmaceutiche che partecipano alla definizione di eleggibilità di un ospedale a centro Hub per le CAR-T. L’azienda vuole assicurarsi che quanto demandato all’o- spedale sia eseguito nel miglior modo possibile per la buona ri- uscita della terapia. E lo fa richiedendo alcuni standard operativi, condizioni tali che il farmaco possa garantire il proprio potenzia- le, e concedendo specifiche certificazioni.

Per un centro già abilitato per il trapianto di midollo, le maggio- ri difficoltà a ricevere l’accreditamento possono derivare dalla mancanza di training del personale e dall’assenza di personale specializzato su CAR-T o di un team multidisciplinare. Bisogne- rebbe avere la disponibilità di muovere le competenze e fornire loro le tecnologie più avanzate2.

La dispersione nel territorio da un controllo inferiore dell’ap- propriatezza. Tuttavia, potenziare le capacità dei centri accre- ditati non serve soltanto per garantire un’elevata qualità della terapia. È anche una questione di sicurezza per il paziente. Gli eventi avversi particolari sono rari, però possono accadere. Un centro che aiuta tanti pazienti è in grado di far fronte alle com- plicanze più rare.

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Inoltre, c’è un’altra fase che è particolarmente delicata e in cui la collaborazione tra centri, il rispetto dei tempi di intervento e l’esperienza giocano un ruolo chiave.

Oggi, le certificazioni che sono necessarie per rendere un centro abilitato all’erogazione delle CAR-T assicurano una qualità com- parabile a livello terapeutico.

Per assicurare il rispetto temporale di erogazione della terapia sarebbe necessario costruire una rete strutturata e afferente al Sistema Sanitario nazionale di telemedicina.

“Manca invece un’operazione culturale che assicuri che i pazienti siano segnalati nel momento più opportuno per la fase di malattia dai centri non erogatori di CAR- T.

Una malattia troppo avanzata o altre complicazioni ne- gano al paziente i massimi benefici della terapia CAR-T”.

(Paolo Corradini)

1. ATMP Forum. Quarto report italiano sulle advanced therapy medicinal product, 2021

2. Elrod, James K., and John L. Fortenberry. “The hub-and-spoke organization design: an avenue for serving patients well.” BMC health services research 17.1 (2017): 25-33.

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

I centri non abilitati alla terapia CAR-T hanno grandi responsa- bilità nell’identificazione e nella sequela del paziente. Pellegrino Musto, professore ordinario e direttore del Dipartimento dell’E- mergenza e dei Trapianti di Organi (DETO) del Policlinico di Bari, descrive il ruolo dei centri Spoke e la stretta collaborazione con i centri Hub.

Patrizio Armeni, professore associato di Government, Health and not for Profit del Dipartimento di Scienze Sociali e politiche presso la School of Management SDA Bocconi, descrive una possibile organizzazione per assicurare equo accesso alle cure.

Come abbiamo già accennato, è compito dell’ospedale che ha in carico un paziente valutare la sua eleggibilità per una terapia CAR-T. Il percorso diagnostico, cioè la modalità attraverso cui un paziente arriva ad avere la diagnosi e l’indicazione terapeutica, do- vrebbe essere attivo a prescindere da dove proviene il paziente e permette di identificarlo.

In seguito, il medico che ha in carico il paziente deve attivare il per- corso terapeutico che prevede di

riconoscere che quell’indicazio- ne è un’indicazione di eleggibilità per le CAR-T.

La formazione dei medici è cru- ciale affinché sappiano ricono- scere correttamente la patologia, le caratteristiche del paziente e le opzioni terapeutiche disponibi- li dopo due linee di trattamento.

La conoscenza permette anche di valutare le tempistiche di in- tervento e di ridurre la mortalità1. Il centro che ha in carico il pa- ziente può anche impostare una

terapia “bridge” prima della somministrazione delle CAR-T e an- ticipare alcuni esami diagnostici. Occorre pertanto che ci sia un accordo chiaro e un contatto frequente tra il centro periferico e l’ospedale di riferimento per il trattamento con CAR-T.

È un modello di tipo Hub e Spoke, mutuato da altre terapie che però lo applicano a livello regionale e non nazionale. Ecco perché è così importante assicurarsi che tutti i percorsi dei pazienti siano tracciati nel momento in cui si imposta la geografia del sistema.

5. L’IMPORTANZA DELLE

COLLABORAZIONI NEL FOLLOW UP DEL PAZIENTE

“Esistono linee guida e indicazioni chiare per la cor- retta identificazione del paziente eleggibile alle CAR-T, il cui percorso è ben tracciato e resta sempre prima- riamente legato al centro che lo ha preso in carico e lo ha identificato. E’ tuttavia possibile che il completa- mento di alcune parti di tale percorso sia effettuato in un centro di riferimento per la terapia CAR-T”.

(Pellegrino Musto)

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“Il centro Spoke ha un ruolo fondamentale e, in un percorso virtuoso, mette sempre al centro il pazien- te, che è protetto, anche per quanto riguarda gli aspetti organizzativi dall’interazione diretta del cen- tro Spoke con il centro Hub”.

(Pellegrino Musto)

Quando non si stabiliscono i percorsi o si indugia su una regia regionale, manca la connessione tra due centri. Si può allora fare affidamento alla sola conoscenza diretta tra i medici del centro Hub e del centro Spoke per assicurare la continuità terapeutica. Ma normalmente ciò non accade.

Un’altra difficoltà potrebbe derivare dalla diffusione di un modello regionale per la gestione delle CAR-T: potrebbe lasciare un’eccessiva iniziativa personale da parte delle regioni, con una conseguente diffusione delle disparità di trattamento.

Il dialogo e la stretta collaborazione tra centri Hub e Spoke è fondamentale anche per stabilire nel modo più corretto il timing per la programmazione degli interventi. I due centri dovrebbero lavorare in modo congiunto, adattandosi all’evoluzione della malattia del paziente.

LE SFIDE DEL FOLLOW-UP

In media un paziente sottoposto a terapia CAR-T resta ricoverato 10-14 giorni nell’unità trapianti del centro Hub che ha infuso le cellule modificate. Tuttavia, a causa dei possibili effetti collaterali della tera- pia, occorre tener conto di un suo possibile reingresso in ospedale in qualsiasi momento dopo l’infusione. Il numero di pazienti che può richiedere un successivo ricovero in terapia intensiva è variabile.

In sostanza, l’ospedale deve tener conto di ulteriori possibili ricoveri del paziente, organizzando la disponibilità di spazi, personale e de- naro. Mentre il paziente deve programmare una permanenza un po’

più lunga nei pressi del centro Hub.

“L’interazione fra chi propone il paziente e chi esegue il trattamento CAR-T è importante anche ai fini delle necessarie reciproche informazioni sulle tera- pie e sull’evoluzione del quadro clinico dei pazienti”.

(Pellegrino Musto)

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

1. Beaupierre, A., Kahle, N., Lundberg, R., & Patterson, A. (2019). Educating multidisciplinary care teams, patients, and caregivers on CAR T-cell therapy.

Journal of the Advanced Practitioner in Oncology, 10(Suppl 3), 29.

2. Smith, S., Essell, J., & Sandy Smith, J. E. (2018). Evolving the delivery of car T-cell therapies to the outpatient setting. Journal of Clinical Pathways, 4(8), 42-47.

“Fin dal principio occorre immaginare attorno a ciascun centro Hub una serie di centri spoke, in modo che ci siano i canali ben definiti per mandare il paziente nel centro di riferimento”.

(Patrizio Armeni)

Il primo periodo dopo l’infusione è il più critico per i gravi effetti av- versi che la terapia può provocare e che sono variabili da paziente a paziente. Il controllo deve essere regolare e accurato visto che i sintomi possono peggiorare rapidamente.

Il paziente e i parenti che si occupano di lui devono avere contatti rapidi con i medici e la possibilità di accedere all’ospedale. Oncologi, neurologi e specialisti di terapia intensiva fanno parte del gruppo di medici che seguono il paziente in questa fase.

Pertanto, una delle sfide ancora aperte per le terapie CAR-T è quella legata alla ricerca di strategie alternative per ridurre la sindrome da rilascio di citochine, che è dovuta all’intensa risposta infiammatoria che si sviluppa in seguito all’attivazione delle cellule CAR-T nell’or- ganismo. L’ipogammaglobulinemia è un altro problema legato alla distruzione delle cellule B prima dell’infusione delle CAR-T e richie- de infusioni periodiche di immunoglobuline umane per ristabilire un numero di anticorpi adeguato alla difesa dell’organismo. Le reazioni avverse neurologiche, infine, si possono manifestare perfino dopo otto settimane dall’infusione delle CAR-T e possono durare fino a 14 giorni con successiva scomparsa completa dei sintomi2.

Una volta che il paziente ha superato la fase più critica, il follow up della terapia continua nel centro Spoke. Il paziente si sottopone solo ad alcuni controlli periodici nel centro Hub.

Ecco perché è così importante instaurare una stretta collaborazione tra tutti i centri che prendono in carico il paziente durante le diverse fasi della terapia.

Il follow-up non riguarda solo i primi mesi post-terapia. È previsto infatti che duri quindici anni, come accade per i pazienti oncologici per scongiurare il rischio di tumori secondari. In più, con le CAR-T siamo di fronte a una terapia innovativa, con effetti a lungo tempo ancora poco conosciuti. Il follow – up è utile anche all’accertamento della sicurezza a lungo termine della terapia.

Per tale motivo forse bisognerebbe impostare un follow-up più strutturato, per seguire in modo più approfondito il paziente, senza assimilarlo a un malato cronico.

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Le CAR-T rappresentano un’innovazione anche per quanto ri- guarda il sistema di pagamento.

Patrizio Armeni, professore associato di Government, Health and not for Profit del Dipartimento di Scienze Sociali e politiche presso la School of Management SDA Bocconi, presenta limiti e potenzialità del sistema di rimborso payment at results.

Paolo Corradini, presidente della Società italiana di Ematolo- gia (SIE), direttore della Divisione di Ematologia della Fondazio- ne IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e professore ordinario di Ematologia presso l’Università degli Studi di Mila- no, discute i possibili aspetti da ripensare per migliorare ulte- riormente il sistema di investimenti nelle terapie CAR-T.

La personalizzazione è il tratto peculiare della terapia CAR-T.

È il medesimo fattore che le rende un investimento sul singo- lo paziente. Il prezzo lo stabilisce la ricerca e lo sviluppo della terapia. Ma anche il processo produttivo che è complesso, e ri- chiede competenze e tecnologie. Manca inoltre la possibilità di programmare la scala produttiva, una complessità aggiuntiva per gli stabilimenti aziendali.

È un investimento che potrebbe estendere la sua portata in segui- to all’inclusione di un

numero maggiore di pazienti, grazie a un sistema di referral che necessariamen- te dovrà perfezionar- si nel tempo.

L’impatto che ha la tecnologia CAR-T, è ancora contenu- to perché le indi- cazioni per cui le CAR-T sono state

registrate sono in numero abbastanza ristretto.

Tuttavia, verranno introdotte CAR-T in altre aree terapeutiche che potranno essere negoziate e rimborsate nei prossimi mesi e anni:

è il caso di linfoma mantellare, linfoma follicolare, mieloma multiplo e della leucemia linfoblastica acuta nell’adulto. Inoltre, la tendenza sarà quella di anticipare il trattamento a linee terapeutiche precoci.

Il valore generato dai trattamenti, infatti, è talmente elevato che

6. NUOVI PARADIGMI DI

INVESTIMENTO PER LE CAR-T

“Sebbene i costi siano alti, parliamo di un trattamento far- macologico somministrato un’unica volta. La cura si basa sul principio di rendere l’individuo capace di combattere la malattia che lo ha colpito: la cura consiste nell’avviare la trasformazione di una persona verso una persona sana”.

(Patrizio Armeni)

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CAR-T: LA PERSONALIZZAZIONE SI FA CURA

vale la pena di introdurlo prima di tentare le opzioni terapeutiche che costituiscono al momento la prima scelta. Un trattamento precoce e one-shot, cioè capace di generare una guarigione de- finitiva del paziente o di evitare la ripetizione del trattamento in linee successive, è un’opportunità per il paziente. Ma è anche un valore per il sistema sanitario che investe in un trattamento riso- lutivo, che allontana il paziente dal pericolo della cronicizzazione della sua condizione.

STABILIRE UN PREZZO PER LE CAR-T

Le CAR-T potrebbero cambiare il modo in cui una terapia viene valutata, trasformando l’investimento da costo a valore, legato alla variazione importante del decorso della malattia di un pa- ziente cronico.

Le CAR-T hanno generato l’introduzione di un nuovo meccani- smo di rimborso: il payment at result 1. II sistema classico di rim- borso è basato sul payment by result. Con il payment at result non solo sono esclusi dal rimborso i pazienti che non rispon- dono alla terapia. Il pagamento, infatti, avviene in tranche ed è subordinato al raggiungimento di un obiettivo clinico.

Le negoziazioni di AIFA hanno permesso di introdurre un nuovo siste- ma di finanziamento che tiene conto dell’esito a lungo termine (e.g.:

anni) e quindi per definizione potenzialmente incerto della terapia. È un sistema che, anche grazie all’esperienza condotta in collaborazio- ne con le aziende su precedenti terapie ATMPs e CAR-Ts rimborsate, potrà essere ulteriormente migliorato. Le rate dovrebbero diventare di- luite a sufficienza per gradua-

lizzare il rischio. Oggi il rim- borso si completa nell’arco di 12-24 mesi, un tempo che potrebbe essere prolungato in seguito alla verifica dell’al- lungamento dell’aspettativa di vita dei pazienti.

Per avere un’idea esatta del costo globale della terapia CAR-T occorrerebbe imbar-

carsi in un conto farmaco-economico complesso, che includa an- che tutte le chemioterapie o il trapianto allogenico che magari un paziente ha affrontato senza successo.

Attualmente il rimborso non è adeguato ai costi realmente so- stenuti dal centro di somministrazione CAR-T perché non con- sidera tutto il percorso terapeutico compiuto dal paziente, sia prima che in seguito all’infusione delle cellule. Questo tipo di rimborso prende il nome di Bundled Payment.

“Bisogna lavorare sulla legittimità e sull’appro- priatezza prescrittiva per perfezionare i dati che permettono di identificare i fattori di successo o fallimento della terapia”.

(Patrizio Armeni)

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Sarebbe importante adeguare e uniformare il Diagnosis Related Group (DRG), tenendo conto delle modalità di cura da perse- guire in diversi contesti di malattia. È un aspetto da non sot- tovalutare per evitare future esclusioni di pazienti dalle terapie per abbattere i costi. Per scongiurare una tale possibilità sareb- be importante aumentare la Capacity, cioè la garanzia che la capacità di erogazione dei CAR-T da parte degli ospedali pro- ceda in concomitanza con l’estensione delle indicazioni e del conseguente potenziale aumento dei pazienti che potrebbero beneficiare di questa tecnologia.

Un altro aspetto che renderebbe possibile l’abbattimento dei costi è puntare sulla ricerca.

E probabilmente il futuro sviluppo di point of care, un sistema a circuito chiuso creato da un’azienda che consente la produzio- ne in ospedale della terapia CAR-T, incontrerà la domanda di una maggiore sostenibilità.

“Solo la messa a punto di terapie che aumentino sostenibilità e disponibilità delle CAR-T renderanno i costi meno ingenti”.

(Paolo Corradini)

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