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Ordinanza 25 ottobre 2021, n CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE ORDINANZA

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L’IMMOBILE OGGETTO DI UNA DONAZIONE INDIRETTA DA PARTE DEL FIDANZATO ALLA PROMESSA SPOSA VA RESTITUITO PERCHÉ RIENTRA TRA I DONI FATTI A CAUSA DELLA PROMESSA DI MATRIMONIO EX ART. 80 C.C.

Nella pronuncia oggetto di disamina la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 80 c.c. alla c.d. donazioni indirette.

La vicenda prende spunto dal caso di un fidanzato che, in vista del futuro matrimonio, aveva fornito alla futura moglie il denaro necessario per acquistare un immobile. Il matrimonio, tuttavia, non veniva più celebrato e l’uomo agiva in giudizio contro la sua ex ragazza ed il venditore dell’immobile per chiedere la revoca dell’atto ai sensi e per gli effetti dell’art. 80 c.c..

In primo e secondo grado la domanda veniva respinta in quanto veniva affermato che la norma riguardava solo le liberalità d’uso ex art. 770 c.c., mentre venivano escluse le donazioni indirette.

Nella sentenza qui di seguito riportata la Suprema Corte invero accoglie la censura sollevata, affermando come non sia condivisibile l’equiparazione del dono tra fidanzati alle liberalità d’uso, ossia all’attribuzione che viene erogata per i servizi resi o in ragione degli usi.

Secondo la Cassazione, invero, nella nozione di dono devono rientrare le donazioni, siano esse dirette e indirette, in quanto tale interpretazione della norma appare in linea con l’agire ed il sentimento sociale.

La ratio dell’art. 80 c.c. non riguarda il valore o l’entità del dono, quanto la volontà di eliminare i segni di un rapporto che non si è concretizzato.

Per l’effetto, secondo la Suprema Corte è irragionevole non considerare le donazioni prenuziali aventi ad oggetto acquisti o ristrutturazioni di immobili da destinare alla

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famiglia a spese del coniuge donante come doni da restituire in caso di rottura del fidanzamento.

Nello specifico i Giudice del Palazzaccio affermano il principio per cui: “…proprio il mancato verificarsi del matrimonio rende, invece, restituibili tutti i beni donati dalle parti durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che poi non è stato contratto”.

È pacifico che per poter esercitare l’azione restitutoria è necessario che i beni siano stati donati a causa della promessa del matrimonio e che la loro dazione sia giustificata dalla stessa promessa e non da altra plausibile ragione.

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3 Ordinanza 25 ottobre 2021, n. 29980

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE

-ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA sul ricorso 2357/2017 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliato in Roma, Via degli Scipioni n. 268/a, presso lo studio dell'avvocato Neri Ermelinda, rappresentato e difeso dall'avvocato C. S., giusta procura in calce al ricorso;

-

ricorrente – Contro

B.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via della Giuliana n. 44, presso lo studio dell'avvocato D. F. M., rappresentata e difesa dall'avvocato Schettini Mario, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente –

contro P.L.

- intimato –

avverso la sentenza n. 542/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE – SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 18/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/10/2021 dal cons.

Dott. T. F.;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

C. A., che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

G.V. convenne B.L. e P.L. dinanzi al tribunale di Taranto. Espose che, a seguito di un anteriore preliminare, era intervenuta tra i convenuti, nell’anno 2004, la compravendita di un appartamento. Codesta era però da qualificare come donazione indiretta da parte di esso G. alla B., connessa alla promessa di matrimonio con la stessa scambiata fin

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dall’anno 2002. Né la promessa non era andata a buon fine, malgrado l’avvenuta fissazione della data delle nozze, chiese che il tribunale pronunciasse la revoca dell’atto ai sensi dell’art. 80 c.c. Il tribunale respinse la domanda così argomentando: l’art. 80 c.c.

riguarda i doni e suppone una fattispecie di liberalità d’uso (art. 770 c.c.), non necessitante di forma solenne; va escluso che nell’alveo della norma possano rientrare gli immobili, anche nell’ottica della donazione indiretta, perché la donazione immobiliare, alla quale gli artt. 782 e 783 c.c. riservano la forma pubblica, non può esser considerata, in base alla consuetudine sociale, una liberalità d’uso. La decisione, impugnata da G., è stata confermata dalla corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto con la sentenza del 18 novembre 2016, avverso la quale è adesso proposto ricorso per cassazione in unico motivo, illustrato da memoria. La B. ha replicato con controricorso, mentre P. non ha svolto difese.

Motivi della decisione

I. – Con l’unico mezzo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 80 c.c. né la retta interpretazione di tale norma, dal tenore letterale ampio, imporrebbe di dire che la stessa contempla non solo i veri e propri “doni” tra fidanzati, intesi come liberalità d’uso, ma anche le eventuali donazioni immobiliari, ivi comprese le indirette. Il motivo è fondato.

II. – La corte d’appello, condividendo il percorso motivazionale del giudice di primo grado, ha ritenuto che, per associazione con le liberalità d’uso, non potesse rientrare nella categoria dei doni di cui all’art. 80 c.c. la donazione immobiliare, diretta o indiretta. Questa affermazione, nella sua assolutezza, non può essere condivisa.

Occorre rammentare che la sorte delle attribuzioni gratuite tra fidanzati è stata oggetto di un’apposita regolamentazione solo col codice civile del 1942, all’art. 80. La formulazione della norma, genericamente riferita ai “doni”, ha determinato nel tempo un vasto dibattito dottrinale. L’oggetto di tale dibattito è stato di volta in volta ancorato alla questione della natura giuridica delle suddette liberalità, in funzione della possibile assimilazione alle donazioni obnuziali e alle liberalità d’uso. Non è necessario ripercorrerne le tappe in dettaglio. Basta ricordare che, come da più parti fondatamente osservato, l’accostamento tra i doni di cui all’art. 80 e la disciplina della donazione obnuziale è in contrasto col dato normativo desunto dall’art. 785 c.c., che rispetto all’efficacia immediata dei “doni” stabilisce invece che la donazione obnunziale non produce effetto finché non segua il matrimonio; e inoltre che l’accostamento dell’art. 80 alla liberalità d’uso si basa si un’esegesi ingiustificatamente restrittiva dell’ambito della citata norma.

III. – In vero un altro più convincente indirizzo interpretativo si è attestato sul rilievo che i doni prenuziali di cui all’art. 80 sono vere e proprie donazioni, con conseguente possibile concorrenza di previsioni regolative secondo i casi individuate nella suddetta norma e negli artt. 769 c.c. e ss.. Simile orientamento è stato accolto dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha riconosciuto che i doni tra fidanzati non sono equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né alle liberalità d’uso, ma costituiscono appunto – vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice (Cass. n. 1260-94). Fermo restando,

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5 naturalmente, che la eventuale modicità del donativo, da apprezzare oggettivamente in relazione alla capacità economica del donante (v. pure Cass. n. 7913-01), fa sì che, in taluni specifici casi, il trasferimento possa perfezionarsi legittimamente, tra soggetti capaci, in base alla mera traditio.

IV. – L’orientamento va confermato perché aderente all’agire e al sentimento sociale.

Non può validarsi l’affermazione della corte territoriale che ha ritenuto impossibile far rientrare nell’alveo dell’art. 80 le donazioni (dirette o indirette) immobiliari perché non costituenti liberalità d’uso. Considerare infatti semplici liberalità d’uso le donazioni tra fidanzati comporterebbe – come già sottolineato – un’interpretazione estremamente riduttiva del diritto alla restituzione dei doni sancita dall’art. 80 c.c., a fronte invece dell’essere la ratio della restituzione non correlata, in detta norma, al semplice valore dei beni donati, quanto piuttosto alla eliminazione di tutti i possibili segni di un rapporto che non è giunto a compimento, e che è opportuno rimuovere per quanto possibile.

IV. – Questa considerazione è essenziale nell’ambito dell’interpretazione. La norma invero non può intendersi secondo la mera intenzione storica del legislatore del tempo (cd. Originalismo), sebbene mediante un flessibile adeguamento al mutato contesto sociale. Ed è appunto conforme alla realtà sociale constatare che una delle frequenti ipotesi di dono effettuato in vista del futuro matrimonio è – oggi – proprio quella in cui persone vicine ai fidanzati (o anche a uno di essi), come per esempio i genitori, acquistino o ristrutturino immobili da destinare alla famiglia che nascerà. Sempre il costume sociale ben conosce la prospettiva in cui uno dei nubendi impieghi somme per acquistare o ristrutturare l’appartamento dell’altro, in vista del matrimonio. Non si comprende allora per qual ragione, una volta appurato che tale è una delle possibilità che il costume sociale offre alle parti, codesto tipo di donazione prenuziale non possa dirsi uniformabile al diritto sancito dall’art. 80 di ottenere – entro il termine di decadenza – la restituzione del bene (o la revoca dell’atto) nei casi di rottura del fidanzamento. Proprio il mancato verificarsi del matrimonio rende, invece, restituibili tutti i beni donati dalle parti durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che poi non è stato contratto. La dottrina classica ha condivisibilmente messo in luce come la ratio della norma consista nella tutela di una presupposizione, tale essendo quella incentrata sul futuro matrimonio che imprime la specifica destinazione ai beni donati “a causa della promessa”. Quel che dunque rileva, ai fini dell’azione restitutoria, è in casi simili sempre e soltanto che i doni siano stati fatti “a causa della promessa di matrimonio”, e che si giustifichino per il sol fatto che tra le parti è intercorsa una promessa in tal senso, al punto da non trovare altra plausibile giustificazione al di fuori di questa.

V. – È opportuno chiarire in tale prospettiva che la sorte della donazione indiretta – seppur collegabile a un accordo trilaterale – non coinvolge altri che le parti da essa donazione direttamente interessate. Di tanto costituisce base il tradizionale indirizzo di questa Corte formatosi sul tema del preliminare di vendita immobiliare in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato. Per il contratto preliminare è stato affermato che qualora in esso la qualità di promissario acquirente e di possessore in via anticipata del bene da trasferire venga assunta da persona diversa da quella che provvede al versamento del corrispettivo, e qualora il patto sia ricollegabile a un accordo trilaterale rivolto a conseguire, con la partecipazione del promittente venditore, una donazione

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indiretta in favore di detto promissario da parte di chi esegue il pagamento, il sopravvenuto venir meno della causa donandi (tipica della donazione fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) determina la caducazione della suddetta attribuzione patrimoniale, e quindi anche del diritto di godere il bene in vista della stipulanda compravendita definitiva, ma non incide sull’efficacia del rapporto fra il promittente venditore ed il donante, il quale viene a porsi nella qualità di effettivo promissario (così Cass. n. 171-86). Traslato nell’ambito della compravendita definitiva, l’insegnamento sta a indicare che il venir meno della causa donandi comporta l’inefficacia solo nel rapporto interno che lega il donante al donatario, non anche invece in quello tra il venditore e l’acquirente sostanziale del bene. La conclusione rileva nel senso che, in termini effettuali, la restituzione di cui parla l’art. 80 c.c. dovrà essere attuata, in questa prospettiva, mediante retrocessione dell’immobile in capo al donante, da identificare quale parte acquirente in senso sostanziale.

VII. – L’impugnata sentenza va dunque cassata. Segue il rinvio alla corte d’appello di Lecce la quale, in diversa composizione, svolgerà i conferenti accertamenti di fatto uniformandosi ai seguenti principi: - i doni tra fidanzati, di cui all’art. 80 c.c., non essendo equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né alle liberalità d’uso, ma costituendo vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice, possono essere integrati anche da donazioni immobiliari, ivi comprese le donazioni indirette; - anche in questa eventualità, ai fini dell’azione restitutoria, occorre accertare sempre e soltanto che i doni siano stati fatti “a causa della promessa di matrimonio”, e che si giustifichino per il sol fatto anzidetto, al punto da non trovare altra plausibile giustificazione al di fuori di questo; - tale circostanza opera nel contesto di una presupposizione, sicché ove sia accertato il sopravvenuto venir meno della causa donandi (in caso di donazione indiretta immobiliare fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) si determina la caducazione dell’attribuzione patrimoniale al donatario senza incidenza, invece, sull’efficacia del rapporto fra il venditore e il donante, il quale per effetto di retrocessione viene ad assumere la qualità di effettivo acquirente. Alla medesima corte d’appello è inoltre demandato di provvedere sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla corte d’appello di Lecce anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2021

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Avv. Francesco Logoluso

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