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(1)Parere, ai sensi dell'articolo 10 della legge 24 marzo 1958 n

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Parere, ai sensi dell'articolo 10 della legge 24 marzo 1958 n. 195, sul testo del disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 25 maggio 2007, concernente: «Norme in materia di sensibilizzazione e repressione della discriminazione razziale, per l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654.».

(Delibera del 7 novembre 2007)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 7 novembre 2007, ha approvato il seguente parere:

«Con nota del 24 luglio 2007 il Ministro della giustizia trasmetteva per il parere, ai sensi dell'articolo 10 della legge 24 marzo 1958 n. 195, il testo del disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 25 maggio 2007, concernente "Norme in materia di sensibilizzazione e repressione della discriminazione razziale, per l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654.".

Occorre premettere come l'interlocuzione del Consiglio superiore della magistratura debba limitarsi ad osservazioni che riguardino la compatibilità dell'intervento normativo con i principi costituzionali, soprattutto in materia di giurisdizione, nonché le possibili ricadute della previsione legislativa sul sistema organizzativo giudiziario anche se non si presenta come eccentrico rispetto alla prassi della rispettosa collaborazione istituzionale con il Ministro della giustizia un eventuale giudizio su aspetti tecnici della proposta che riguardano la sfera applicativa delle norme da parte della magistratura.

Scopo del disegno di legge, predisposto e proposto congiuntamente dal Ministro per i diritti e le pari opportunità, dal Ministro della giustizia e dal Ministro dell'economia, è quello di dare piena attuazione ed esecuzione agli obblighi assunti verso la comunità internazionale con l'adesione alla Convenzione di New York, Convenzione del 7 marzo 1966, resa esecutiva in Italia con la legge 13 ottobre 1975, n. 654, sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.

L'aspetto centrale dell'intervento riguarda la riformulazione dell'art. 3 della Legge 13 ottobre 1975, n. 654, riportato sostanzialmente al testo vigente prima della riforma operata con la legge 24 febbraio 2006, n. 85.

Con le modifiche proposte, oltre ad un irrigidimento del trattamento sanzionatorio (pena della reclusione fino a tre anni per le ipotesi previste dalla lettera a) e pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per le ipotesi di reato descritte dalla lettera b) dell'articolo 3, comma 1, in questione) viene reintrodotta, al posto della condotta di "propaganda", quella della "diffusione, in

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qualsiasi modo, delle idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale"; inoltre è ripristinata alle lettere a) e b) la condotta di "incitamento" in luogo di quella di istigazione, allo scopo di ottenere una tutela penale più avanzata: la condotta di istigazione richiede infatti non solo lo stimolo di un certo pensiero, ma anche l'idea di uno spingere qualcuno a fare qualcosa.

A proposito della legge 24 febbraio 2006, n. 85, la dottrina ha osservato che se lo scopo dichiarato del legislatore era quello di rivedere le fattispecie penali nelle quali il fatto si esauriva in una manifestazione del pensiero, in realtà con tale modifica legislativa si è inviato un segnale debole nei confronti di chi predica la superiorità di una razza e pone le basi per condotte discriminatorie; la Suprema Corte aveva infatti osservato che il reato previsto dall'art. 3 della legge 654/1974, nella sua versione precedente, non violava il diritto di libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), perché l'"incitamento" ha un contenuto fattivo di istigazione ad una condotta, quanto meno intesa come comportamento generale, e realizza un quid pluris rispetto ad una manifestazione di opinioni, ragionamenti o convincimenti personali. Inoltre era esclusa ogni violazione degli artt. 2 e 3 Cost., sottolineando che in realtà era proprio la condotta vietata con la norma penale che si poneva in contrasto con essi e non l'inverso, perché l'incitamento alla discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi tende alla compressione della pari dignità sociale dei cittadini, alla esclusione del principio di eguaglianza e alla violazione di diritti inviolabili dell'uomo (Cass., sez. V, sent. del 24 agosto 2001, n. 1655). Sicchè, in conclusione, appariva ampiamente giustificato il sacrificio del diritto di libera manifestazione del pensiero a fronte dell'attuazione degli obblighi internazionali derivanti dalla convenzione di New York sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, ed in ossequio al principio di uguaglianza indicato nell'art. 3 Cost.

Intervenendo con la legge n. 85 del 2006, il legislatore ha ridotto la pena (reclusione fino ad un anno e sei mesi oppure multa fino a tremila euro, anziché la reclusione fino a tre anni) per chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga (prima il testo era "incita") a commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Sotto questo profilo va sottolineato come la più autorevole dottrina abbia criticato, sia rispetto alla versione antecedente alla novella del 2006, sia rispetto a quella successiva, l’equiparazione tra le condotte all’interno di ciascun gruppo di ipotesi criminose, per il diverso grado di offesa che esse realizzano.

A questo proposito si deve registrare che anche il nuovo testo manterrebbe tale equiparazione, poiché nel nuovo testo dell’art. 3 della Legge 13 ottobre 1975, n. 654, alla lettera a) sono egualmente sanzionate la condotta di “diffusione di idee” e di “incitamento” alla commissione, e quella della diretta “commissione” di atti di discriminazione, quest’ultima caratterizzata da una maggiore offesa del bene protetto dalla norma penale.

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Parimenti nella lettera b) della norma proposta una identica sanzione penale è prevista per la condotta di “incitamento” a commettere e quella di commissione diretta di atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi discriminatori.

Viceversa apprezzabile appare l'estensione dell'applicazione dell'articolo 3 della Legge n.

654 del 1975 anche agli atti di discriminazione di persone compiuti a causa del loro personale orientamento sessuale o della loro identità di genere.

Nella parte residua, il disegno di legge prevede la non rilevanza delle regole in ordine agli assegni di benemerenza ai perseguitati politici e razziali, nonché agli assegni vitalizi agli internati nei campi di sterminio (art. 2), ai fini della determinazione dei limiti reddituali per l'erogazione delle pensioni sociali e degli assegni sociali; il finanziamento della International task force for cooperation on holocaust education (art. 3); l'istituzione di un osservatorio sul fenomeno dell'antisemitismo (art.

4).».

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