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3 Letti fluidi sperimentali

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Academic year: 2021

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3 Letti fluidi sperimentali

Punto di partenza del presente lavoro di Tesi di Laurea è stata l’analisi della letteratura riguardante le apparecchiature utilizzate per la gasificazione di biomassa. La nostra attenzione si è incentrata soprattutto sullo studio di letti fluidi bollenti e circolanti in quanto meglio si prestano a questo fine.

Di nostro interesse è lo studio di queste apparecchiature su scala di laboratorio analizzandone dimensioni, condizioni operative, misuratori, finalità delle prove... Di seguito abbiamo riportato i più significativi iniziando dai letti fluidi bollenti fino a quelli circolanti.

3.1 Letti bollenti

3.1.1 Letto fluido bollente del CNR di Napoli

Studi sulla gasificazione della biomassa su letti fluidi bollenti sono stati effettuati dall’Istituto di Ricerche sulla Combustione del CNR di Napoli (P. Salatino et al. 2005).

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L’apparecchiatura utilizzata è schematizzata in figura 3.1, ha un diametro pari 1,12 m ed è alta 5 m.

I risultati ottenuti sul letto sono:

• Individuazione nel letto di tre zone: fluidized bed, splashing e freeboard.

La regione di splashing è dove le particelle inerti sono spinte dallo scoppiare delle bolle nella zona superiore del letto.

La regione di freeboard è la parte più alta del combustore, dove la concentrazione degli inerti è trascurabile.

• I volatili sono emessi dal combustibile se il letto lavora ad una temperatura superiore a 500°C, altrimenti i volatili bruciano eterogeneamente con il char.

• I volatili emessi attraversano il letto e bruciano nelle regioni di splashing e freeboard.

• Le particelle di char uniformemente distribuite nel letto si dividono in particelle grossolane non elutriabili e fini elutriabili.

Su questo combustore di biomassa è stato sviluppato un modello basato sulla previsione dello sviluppo degli stadi di combustione dei solidi volatili, responsabili della frammentazione e dell’attrito delle particelle di biomassa, della segregazione e della postcombustione della materia volatile sul letto.

3.1.2 Letto fluido bollente del Royal Institute of Technology di Stoccolma

In figura 3.2 è rappresentato un gasificatore a letto fluido bollente sviluppato dal Royal Institute of Technology di Stoccolma (P. Vriesman et al. 2000).

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Fig.3.2 Gasificatore a letto fluido bollente

Il reattore e il freeboard sono scaldati esternamente, mentre il gas di fluidizzazione è scaldato prima che entri nel letto fluidizzato. Il letto fluidizzato ha un diametro interno di 50 cm e opera ad una temperatura di 900°C. L’altezza in cui in media si estende il letto è di circa 15 cm. Il sistema ha due filtri utilizzati per rimuovere le particelle trasportate insieme al gas. I filtri sono mantenuti alla stessa temperatura del letto in modo da evitare la condensazione del tar in questi. La biomassa può essere alimentata dall’alto tramite un tubo raffreddato ad acqua o direttamente nel letto fluido. In entrambi i casi, un alimentatore a vite trasporta il combustibile al reattore. Come principale agente fluidizzante è utilizzato l’azoto.

Su questa apparecchiature sono state effettuate prove per capire cosa comportasse alimentare la biomassa dall’alto piuttosto che dal basso i risultati ottenuti momentaneamente evidenziano come questo non influenzi i prodotti, sono però ancora oggetto di studio e sperimentazioni.

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3.1.2 Reattore a letto fluido bollente dell’università di Tsukubal

L’Università di Tsukubal, in Giappone (T. Miyazawa et al. 2005), sta effettuando degli studi sulle proprietà catalitiche del Rh/CeO2/SiO2 per la produzione di gas da

biomassa attraverso la parziale ossidazione catalitica del tar. Il reattore utilizzato è quello mostrato in figura 3.3.

Fig.3.3 Reattore a letto fluido bollente

Il reattore contiene un letto primario per la pirolisi di biomassa e l’accumulo dei solidi prodotti nella reazioni di pirolisi come char e ceneri, e un letto secondario fluidizzato e catalitico per la parziale ossidazione del tar (POT). Il tar è liquido alla temperatura di parete ed è composto da una miscela di vari idrocarburi e composti ossigenati, per esempio aromatici e acidi carbossilici. Successivamente, alla temperatura di reazione, il tar inizia a evaporare, perciò il tar può essere introdotto facilmente all’interno del letto catalitico.

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L’alimentatore della biomassa è un recipiente conico di vetro con una valvola sul fondo, permettendo un’alimentazione continua delle particelle di biomassa mediante un vibratore elettrico. L’azoto è usato per trasportare la biomassa al letto primario. Il reattore ha tre ingressi per il gas ed uno per l’effluente gassoso. L’ossigeno è introdotto mediante un tubo sottile interno al reattore (ingresso A), l’azoto è introdotto da due ingressi (ingresso B e C). La temperatura di reazione è controllata da una termocoppia fuori dal reattore, come rappresentato in figura 3.3.

3.1.3 Reattore a letto fluido bollente dell’università di Zhejiang

Ricerche sulla pirolisi e gasificazione della biomassa per la produzione di bio-olio sono state condotte presso l’Università Zhejiang in Cina ,(Z. Luo et al. 2004) in un reattore a letto fluidizzato bollente. Il sistema sperimentale è mostrato in figura 3.4.

Fig.3.4 Reattore a letto fluido bollente per la flash pirolisi della biomassa.

Il reattore ha diametro interno di 80 mm e altezza variabile tra 700 mm e 1200 mm. Due serpentine di 2 kW ciascuna provvedono alla richiesta di calore durante la pirolisi della biomassa.

La biomassa è alimentata in continuo al reattore con una portata al massimo di 3 kg/h.

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Campionamenti e misurazioni vengono effettuate verticalmente lungo il reattore per monitorare le condizioni operative. La temperatura di reazione varia da 723 a 973 K, mentre viene flussata una portata di azoto che varia da 3 a 6 Nm3/h per fluidizzare la sabbia.

Nel tubo che connette il ciclone al quencher, è mantenuta una temperatura superiore a 573 K, per evitare una bassa raccolta di bio-olio e l’ostruzione della tubazione, causati da un preraffreddamento dei volatili prima di entrare nel quencher.

La corrente gassosa, azoto, si divide in quattro vie. La corrente più grande, che deve passare prima in un preriscaldatore per raggiungere le condizioni di lavoro, entra nel reattore dal basso per fluidizzare il letto di sabbia.

Contemporaneamente, le altre tre correnti aiutano la biomassa a entrare nel reattore, successivamente, tutto l’azoto, insieme ai volatili rilasciati durante la pirolisi, passano al ciclone. Infine, il gas pulito viene raffreddato nel quencher.

Le caratteristiche del bio-olio vengono determinate tramite analisi di laboratorio dopo aver allontanato gli incondensabili e l’azoto attraverso un filtro.

Non c’è dubbio che sia la temperatura a giocare il ruolo più importante nella pirolisi, anche se altri parametri importanti sono anche la dimensione delle particelle, la portata d’alimentazione e il tempo di residenza dei volatili, ma l’attenzione in questi esperimenti è stata focalizzata sugli effetti della temperatura.

I risultati sperimentali hanno mostrato che si ottiene un’alta qualità e quantità di bio-olio fino a temperature di 773 K.

3.1.4 Gasificatore a letto fluido bollente in un impianto pilota

Studi per testare la formazione del tar sono stati effettuati presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università Complutense di Madrid (J. Corella et al. 2004). Nei sistemi a letto fluido bollente viene creato un letto di particelle tenuto in sospensione dal flusso di reagenti gassosi alimentato a bassa velocità, provvisto di scambiatore di calore per la produzione di vapore. Il vapore viene impiegato in una turbina per la generazione di energia mentre i gas prodotti, dopo aver attraversato un separatore tipo ciclone per la rimozione del particolato, vengono inviati in una turbina a gas.

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In figura 3.5 è rappresentato il piccolo impianto pilota con un gasificatore a letto fluido bollente (BFB) dove sono state condotte le sperimentazioni. Il gasificatore lavora a pressione atmosferica, ha un diametro interno di 150 mm ed è alto 5000 mm.

Il BFB è caratterizzato da una strozzatura, nelle vicinanze dell’ingresso del gas secondario, in cui il diametro interno si riduce a 60 mm questo comporta un buon miscelamento, ci sono due forni esterni per facilitare la gassificazione di biomassa con alto grado di umidità a temperature relativamente elevate.

La temperatura di 1000°C raggiunta nel BFB riduce il contenuto di tar all’uscita del gasificatore.

Ci sono due cicloni in serie, al posto di uno, per diminuire il contenuto di particolato nel gas prodotto. Dopo il secondo ciclone il gas prodotto è slittato in due differenti correnti, quella principale è inviata al reattore monolitico senza essere filtrata, mentre quella secondaria è filtrata, pulita.

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3.2 Letti circolanti

3.2.1 Letto fluido circolante proposto da Lurgi

Nei sistemi a letto fluido circolante l’alimentazione viene mandata a velocità superiori in modo da fluidizzare e movimentare il letto di particelle fino al punto di procurare il trascinamento della fase solida. Adiacente al reattore è previsto un separatore tipo ciclone, di grandi dimensioni, capace di lavorare ad alte temperature e in grado di separare le particelle solide trascinate, riciclandole al reattore.

In questo modo le caratteristiche operative del sistema possono essere modificate per aumentare il rendimento; infatti, è possibile semplificare il sistema di alimentazione, aumentare il tempo di contatto tra fase gassosa e materiale assorbente per la rimozione di inquinanti, si riduce il rischio di corrosione per le apparecchiature successive e si aumenta l’efficienza di combustione.

In figura 3.6 è rappresentato lo schema di processo proposto da Lurgi in cui la portata dei solidi ricircolati è elevata. Confrontandolo con un classico letto fluido, questo reattore opera a velocità del gas maggiori, tuttavia, a parità di dimensioni e densità di particelle, sono ancora piuttosto basse rispetto alle velocità raggiunte in un reattore a flusso trascinato.

In questo tipo di regime, la velocità relativa tra le particelle e il gas sono alte e di conseguenza è possibile evitare la sinterizzazione delle ceneri lavorando a temperature più alte rispetto ad un classico letto fluidizzato.

Una seconda caratteristica è l’alta capacità del reattore dovuta alle alte velocità del gas e di conseguenza alla maggiore temperatura di reazione, infatti non lavorando a pieno carico ci si aspetta comunque buoni risultati e alimentandolo al 20% il gassificatore si comporta come un classico letto fluido.

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Fig.3.6 Letto fluido circolanti proposto da Lurgi.

3.2.2 Letto fluido circolante dell’università di Thessaloniki

Il CPERI e il dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Thessaloniki in Grecia ha condotto studi sulla flash pirolisi di biomassa in reattore a letto ricircolati con rigenerazione continuo di solidi (A. Lappas et al. 2002)

In figura 3.7 è rappresentato il reattore CFB su scala di laboratorio utilizzabile per una pirolisi di biomassa sia convenzionale che catalitica.

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La struttura, fatta in acciaio inossidabile, è costituita da un riser verticale di diametro interno pari a 7.08 mm e alto 1650 mm, un rigeneratore a letto fluido di diametro interno di 77.9 mm, uno stripper di diametro interno di 26.6 mm, e una linea di sollevamento (lift line) di diametro interno di 9.45 mm. Per l’introduzione della biomassa c’è una tramoggia e un sistema di alimentazione a vite (Di 2 cm e L 30 cm)

a velocità variabile. La tramoggia è direttamente collegata ad una bilancia di precisione per monitorare il solido entrante nell’unità. La biomassa alimentata è circa 2-30 g/min. Il sistema di alimentazione a vite introduce la biomassa dal fondo del riser usando uno specifico sistema di iniezione e di miscelamento. La sezione di miscelamento permette un contatto immediato tra la biomassa e il solido caldo proveniente dal rigeneratore. Dal fondo della zona di miscelamento viene introdotto azoto per trasportare la biomassa e il solido al riser. Le reazioni di pirolisi iniziano nella zona di miscelameto e continuano per tutta la lunghezza del riser. I prodotti di pirolisi vengono portati allo stripper per separare il prodotti volatili dai solidi. Le particelle solide, char e carrier (catalizzatore o inerte), dallo stripper attraverso la lift line tornano al reattore a letto fluido per rigenerarsi. Tutti i prodotti volatili in uscita dallo stripper vengono preventivamente raffreddati in uno scambiatore di calore, successivamente subiscono un rapido quenching e vengono separati. I prodotti poi vengono condotti in una colonna di stabilizzazione per separare il bio-olio dai prodotti gassosi. Il prodotto di testa viene raffreddato a -30 °C e raccolto in un recipiente dove viene costantemente pesato. Il reattore a letto fluido è usato sia per bruciare il carbone depositato sulla superficie del catalizzatore che il char prodotto dalla pirolisi della biomassa. Il calore di combustione contribuisce a scaldare il solido ricircolante (inerte o catalitico) alla temperatura di rigenerazione desiderata (700 °C). In questo modo l’intera unità rientra nel bilancio di calore poiché il calore rilasciato dalla combustione del coke e del char nel rigeneratore è usato per scaldare l’alimentazione di biomassa e per le razioni di pirolisi nel reattore verticale.

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Fig.3.8 Dettaglio del reattore CFB.

Il sistema sperimentale proposto ha mostrato le seguenti caratteristiche: 1. rapido miscelamento della biomassa con il carrier;

2. bassi tempi di residenza nel riser; 3. rapido quenching del vapore;

4. flessibilità e continuità delle operazioni.

3.2.3 Reattore a letto fluido circolante multistadio

All’università di Twente in Olanda, è stato studiato un reattore a letto fluido circolante multistadi (A. Kerstenet al. 2003).

Il riser (fig.3.9) di questo reattore consiste in una serie di elementi (sette in questo caso) in serie ognuno costituito da due coni messi insieme in verso contrario. I coni sono messi in contatto tra di loro tramite dei tubi.

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In questo modo il riser cambia continuamente di sezione e simultaneamente permette la formazione di un letto fluido sul fondo di ogni singolo cono e trasporta il solido verso l’alto tramite i tubi che collegano ogni singolo elemento. La corrente di gas-solido in uscita dall’ultimo cono è separata da un ciclone: i solidi tornano nel riser mentre il gas lascia il sistema. Questo permette ai solidi di ricircolare, mantenendo un alto hold-up di solido nel reattore.

Fig.3.9 Reattore a letto fluido ricircolato multistadi.

La biomassa usata è legno di pino, con una portata di 100 g/h iniettata attraverso un alimentatore a vite raffreddato con acqua per evitare la prevolatilizzazione della biomassa e conseguente formazione di char nel dispositivo. Vista la piccola scala del sistema, è possibile attivare a un’operazione autotermica, tuttavia il reattore è installato in un forno (4kW).

Gli studi fatti su questo modello hanno dimostrato che effettuare la gasificazione, soprattutto nel caso delle biomassa, in più steps in un solo reattore comporta

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benefici. Nelle varie unità di questo reattore è possibile far reagire l’ossigeno esclusivamente con il char, di conseguenza aumenta la conversione della biomassa, l’efficienza termica e di gasificazione.

Sfruttando questo principio si può mirare a migliorare un convenzionale gasificatore di biomassa (CFB) realizzando delle strozzature nel riser tra l’alimentazione della biomassa e l’ingresso d’aria primaria (fig.3.10).

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