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CAPITOLO 4

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Materiali e metodi

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TELEMETRIA

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Materiali e metodi

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4.1 Tecniche di cattura degli animali

Il primo passo per una ricerca che si propone di adottare la tecnica del radio-tracking è la cattura degli animali e l’applicazione di radiocollari e di marche auricolari di riconoscimento.

Per prelevare il campione di animali da seguire, sono state sfruttate nella Tenuta di San Rossore le normali catture invernali, rientranti nel piano di prelievo mirato a limitare il numero dei capi presenti nell’area.

La tecnica di cattura usata dalle Guardie della Tenuta si è rivelata di notevole efficienza, adatta al tipo di vegetazione e alla geografia della Tenuta; basti pensare che in un solo giorno possono essere catturati tra i 100 e i 500 capi. In tutta l’area sono dislocati sei recinti di cattura (chiuse). Qualche giorno prima della cattura viene scelto il recinto più vicino all’area della Tenuta in cui è stato avvistato il più alto numero di animali. Il perimetro della zona prescelta per la cattura viene delimitato da una serie di pali distanti circa 3 m l’uno dall’altro, alla base dei quali vengono lasciati dei teloni arrotolati, in modo che gli animali si possano abituare alla loro presenza. La sera prima della cattura questi teloni vengono innalzati, raggiungendo un’altezza di circa 2 m. All’alba del giorno di cattura gli operai e le Guardie della Tenuta, distanziati tra loro in modo da formare un fronte unico di battuta, spingono i daini verso la chiusa, disposta lungo il perimetro dell’area di cattura, avvicinandosi gradualmente a partire dal punto più lontano da essa (foto 4.1).

La chiusa è un recinto circolare di circa 50-60 m di diametro, con pareti alte 3-4 metri, costituite da reti metalliche ricoperte da teli di iuta ed erica. Il recinto si prolunga, su un lato, in un tunnel con sbocco esterno. Ciascun daino, trovatosi intrappolato nel recinto, alla vista della luce in fondo al tunnel vi si dirige attirato per istinto da una possibile via di fuga. Alla fine del tunnel si dispongono gli operatori, che immobilizzano un animale per volta e lo bendano per ridurre lo stress derivato dalla cattura; l’animale viene quindi legato, sottoposto ai rilievi biometrici e munito di radiocollare e di marche auricolari, utili per il riconoscimento dell’animale tramite osservazione diretta (foto 4.2-4.3). Le misurazioni comprendono: sesso, stima dell’età, tipo di mantello, lunghezza totale e della coda, altezza al garrese e lunghezza del garretto, entrambe con e senza zoccolo, peso, altezza degli incisivi

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centrali e laterali, misure del palco nei maschi e prelievi di sangue, tessuto e pelo. Al termine di queste operazioni l’animale viene liberato.

Foto 4.1 Daini nella chiusa di Coton Ferdinando.

Foto 4.2 Fusone 151.870.

Foto 4.3 Balestrone 151.305. Ricattura e applicazione di collare definitivo.

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Durante la ricerca sono stati utilizzati radiocollari estensibili che hanno permesso il monitoraggio di maschi subadulti durante il loro normale sviluppo (passaggio dalla classe d’età di fusone a quella di balestrone), in quanto adattabili all’accrescimento delle dimensioni del collo a cui gli animali vanno incontro soprattutto in questa fase del ciclo biologico.

4.2 Raccolta dei dati sul campo: il radio-tracking

Il radio-tracking è stato definito da Mech (1983) come la tecnica che permette di georeferenziare la posizione di un animale attraverso l’uso di una radioricevente e di un’antenna direzionale ad essa collegata, che individuano la fonte di emissione di un segnale radio di breve durata (dell’ordine di pochi millisecondi) emesso ad intermittenza da un trasmettitore applicato all’animale stesso. Tale segnale è demodulato dalla radioricevente, che lo rende pertanto udibile al rilevatore (emissione di un bip acustico) e registrabile in termini quantitativi (attivazione di una lancetta o di un led luminoso, che si muovono su di una scala graduata).

La strumentazione usata oggi è ben diversa da quella citata nella prima pubblicazione riguardante l’uso del radio-tracking del 1959 (LeMunyan et al.). Da allora i progressi della tecnologia hanno portato a radiocollari sempre più leggeri e piccoli e a riceventi più precise, che hanno permesso di ridurre l’errore nella rilevazione spaziale. L’applicazione di radiocollari è stata estesa nel tempo ad un numero crescente di specie che, nel caso compiano rilevanti spostamenti, possono oggi essere monitorate a livello satellitare, sfruttando il sistema GPS (Global Positioning System) o satelliti orbitanti (sistema ARGOS).

I collari usati sono di materiale plastico estremamente leggero (350 grammi) in rapporto al peso dell’animale ed hanno applicata una radiotrasmittente che può essere dotata del sensore di attività. I radiocollari sono contraddistinti da una specifica frequenza compresa tra 151.000 e 152.000 Hz; l’animale viene chiamato con le ultime tre cifre della frequenza (esempio: 151.305 è chiamato 305). Tali frequenze sono le più funzionali per questo tipo di ricerca, perché caratterizzate da lunghezze d’onda di circa 2-3 metri; ciò permette al segnale di superare eventuali ostacoli, in quanto l’attenuazione del segnale radio dipende dal rapporto tra le dimensioni dell’ostacolo e la lunghezza d’onda del segnale stesso. In generale gli ostacoli di misura superiore alla lunghezza d’onda producono attenuazione del

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segnale. Viceversa segnali con lunghezze d’onda maggiori sono caratterizzati da una scarsa direzionalità e da una forte influenza delle condizioni meteorologiche sulla loro propagazione.

L’attrezzatura demodulatrice del segnale propagato nell’etere è rappresentata dall’insieme di antenna e radioricevente, collegate tramite un cavo coassiale accordato sulla lunghezza d’onda di ricezione. Sono stati utilizzati due tipi di ricevitori telemetrici: Televilt RX-8910 e Ziboni Ornitecnica TRX-64S, dotati entrambi di amperometro, che consente la misura dell’intensità del segnale. Le antenne sono di tipo Yagi a quattro elementi e hanno ricezione direzionale cioè captano il segnale con la massima intensità e chiarezza solo se puntate nella direzione che congiunge l’animale all’operatore. I quattro elementi delle antenne Yagi svolgono, in senso antero-posteriore, differenti ruoli. I primi due sono direzionali, cioè favoriscono l’incanalamento del segnale verso il terzo elemento, che collegato al cavo coassiale ha funzione ricevente; l’ultimo elemento, riflettore, riflette in concomitanza di fase il segnale radio verso il ricevente, schermandolo inoltre da segnali indesiderati (detti “rimbalzi”) provenienti dalla direzione opposta alla sorgente emittente.

Per poter eseguire una ricerca di questo tipo è stato necessario individuare dei punti di riferimento, facilmente riconoscibili sul campo, dai quali eseguire i rilevamenti. La posizione di ciascun punto è stata riportata su una cartina della Tenuta in scala 1:10.000. Nella dislocazione dei punti è stata sempre mantenuta una distanza di sicurezza da qualsiasi fonte di disturbo del segnale, quali edifici, recinzioni e fili ad alta tensione. L’operatore stesso, durante i rilevamenti, deve prestare la massima attenzione alle eventuali fonti di interferenza, allontanandosi sempre anche dalle automobili usate per gli spostamenti. Sono necessarie alcune precauzioni per evitare che i campi elettromagnetici, prodotti dal materiale metallico dell’antenna e dalla radioricevente, influiscano su quello della bussola.

La localizzazione dell’animale, detta fix, viene effettuata mediante la tecnica della triangolazione (figura 5.1). Due operatori eseguono contemporaneamente rilevamenti da due postazioni diverse e le direzioni di provenienza del segnale vengono misurate con la bussola come angolo di deviazione dal nord. Uno dei due operatori, annotato l’angolo, nel più breve tempo possibile raggiunge una terza postazione e rileva un’ulteriore direzione di provenienza del segnale; l’altro, intanto, provvede a tracciare il fix sulla cartina. In mancanza di operatori, nell’ultima parte del presente studio, i rilevamenti sono stati eseguiti da un solo operatore, che dopo il rilevamento del primo

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segnale, spostandosi velocemente, registrava il segnale da una seconda e poi da una terza posizione.

La direzione del segnale viene ottenuta col Metodo del Segnale più Forte (Loudest Signal Method) o col Metodo della Bisettrice (Null-Average Method).

Nel Metodo del Segnale più Forte (Springer, 1979) l’operatore ruota parallelamente

al terreno l’antenna, finché arriva alla direzione da cui il segnale giunge con la massima intensità; questo metodo che si è rivelato migliore ed è quello che è stato adottato nel presente studio.

Nel Metodo della Bisettrice (Springer, 1979) il rilevatore ruota l’antenna lontano dal segnale, finché esso non risulta più udibile. Segnato questo margine, ripete la stessa operazione per il margine opposto. La direzione giusta è la bisettrice dei due angoli così ottenuti.

Figura 5.1 Metodi di raccolta dati utilizzati per il daino nella Tenuta di S. Rossore. (da Pedrotti et al., 1995, modificato)

Il rilevamento con l’antenna Yagi può essere eseguito tenendo gli elementi orizzontali o verticali; questo permette di controllare i due piani di polarizzazione del segnale (Kenward, 1987). In aree aperte è preferibile tenere gli elementi verticali, poiché il suolo riflette di più i segnali nel piano di polarizzazione orizzontale. In ambienti boschivi, invece, è preferibile usare l’antenna con gli elementi orizzontali, perché gli alberi producono molti più riflessi e diffrazioni nel piano verticale di polarizzazione. Le direzioni vengono riportate sulla carta topografica, contrassegnata con i punti di riferimento, utilizzando un goniometro per tracciare le rette corrispondenti alle

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direzioni rilevate. L’area delimitata dalle tre rette coincide con la zona di massima probabilità in cui è possibile rintracciare l’animale. Tuttavia la localizzazione di un animale mediante la tecnica della triangolazione è soggetta ad un certo errore di valutazione. Per avere una stima del grado di precisione dei rilevamenti, sono state condotte alcune prove consistenti nell’individuare una trasmittente posta in luoghi non noti all’operatore. Con questi test è stato possibile calcolare un errore medio di circa 25 metri per distanze dalla trasmittente comprese tra i 200 e i 500 metri. In considerazione di tale errore la localizzazione non può essere espressa come puntiforme, bensì come un’area che costituisce un intorno con probabilità massima di trovare l’animale. La carta topografica dell’area di studio è stata suddivisa in una griglia di quadrati di lato 0.5 cm, corrispondenti a 50 metri, e inserita in un sistema di coordinate cartesiane. Ogni singola posizione rilevata per triangolazione è stata quindi convertita in coppie di coordinate cartesiane, che rappresentano le variabili principali che caratterizzano il fix. In questo modo la localizzazione viene espressa come un’area di 2500 m², che individua l’intorno con la probabilità massima di trovare l’animale. Oltre agli angoli, per ogni fix sono stati annotati: data, ora solare, copertura del cielo (sereno, coperto, variabile), temperatura, fascia del giorno (notte, giorno, alba e tramonto), precipitazioni e, in caso di avvistamento dell’animale, la composizione del gruppo di cui faceva parte. Inoltre, grazie alla presenza nelle trasmittenti di alcuni radiocollari, di sensori di attività, è stato possibile valutare anche il grado di attività dell’animale: un segnale di intensità e frequenza costante indicava un daino inattivo, in fase di riposo o di ruminazione, mentre un segnale irregolare denotava uno stato di attività (alimentazione, spostamento, ecc.).

La tecnica della triangolazione permette di ottenere localizzazioni programmate su base temporale.

A seconda dell’intervallo che intercorre tra due localizzazioni successive dell’animale, sono individuabili due modalità di operare in telemetria:

• Radio-tracking di tipo continuo • Radio-tracking di tipo discontinuo

Nella modalità continua o sistematica i fix sono effettuati a brevi intervalli di tempo, generalmente ogni 5-15 minuti (Gese et al., 1990), per un certo periodo di tempo, nell’intento di scoprire il percorso preciso di un eventuale spostamento. Questa tecnica consente di avere informazioni sugli spostamenti quotidiani degli animali ed è particolarmente utile negli studi riguardanti i ritmi di attività e di movimento, nonché

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per individuare la diversa intensità con cui un individuo utilizza il suo home range e le sue scelte dell’habitat.

Nel radio-tracking di tipo discontinuo, invece, le localizzazioni sono distanziate da un intervallo di tempo sufficientemente ampio da poterle considerare indipendenti, ovvero la posizione dell’animale non è condizionata dalla sua posizione nel rilevamento precedente (Swihart e Slade, 1985). Il tempo minimo che deve intercorrere tra due fix successivi è stato definito come il tempo necessario ad un animale per attraversare il proprio home range ed è inversamente proporzionale alla capacità di movimento della specie in studio (Lindstedt e Calder, 1981).

Tutti gli animali sono stati monitorati realizzando 12 fix mensili. Durante l’intero periodo, l’intervallo minimo di tempo lasciato passare tra un fix ed il successivo, è stato di almeno 12 ore. I rilevamenti sono stati omogeneamente distribuite nell’arco di ogni mese, in modo da coprire le fasce orarie in cui sono state suddivise le 24 ore. Durante il periodo riproduttivo è inoltre stato svolto un monitoraggio intensivo che ha previsto la realizzazione di due localizzazioni giornaliere per ciascuno dei maschi subadulti muniti di radiocollare.

4.3 Raccolta dei dati sul campo: l’osservazione diretta

Durante tutto il periodo della presente ricerca sono state raccolte numerose informazioni derivanti dall’osservazione diretta, che sono andate ad integrare il quadro delle rilevazioni telemetriche. Per la raccolta dati si è operato utilizzando la tecnica della cerca, affiancata alla triangolazione (figura 5.1).

Nella cerca o osservazione radioassistita (predective radio-tracking, MacDonald et al., 1980; homing-in, White e Garrott, 1990) viene individuata la direzione di provenienza del segnale radio, che indirizza lo spostamento del rilevatore; lo scopo finale è l’avvistamento dell’animale dotato di radiocollare. L’avvistamento diretto permette di raccogliere dati ausiliari quali la composizione del gruppo o la caratterizzazione di dettaglio dell’ambiente circostante la zona di avvistamento. Utilizzando questa metodologia è necessario agire in modo da limitare al massimo il disturbo agli animali, così da non modificarne le normali attività.

Nel periodo riproduttivo, inoltre, ulteriori dati sugli animali monitorati sono stati raccolti effettuando osservazioni continuative nel lek di Stacca del Gatto. Ogni giorno 4-5 operatori, nascosti in due capanni mimetici, hanno registrato le attività nel lek durante

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le ore di luce. Per ogni animale radiocollarato recatosi al lek è stato possibile determinare il punto di ingresso e di uscita dall’area, le ore di permanenza, i territori frequentati, nonché la descrizione delle attività compiute durante il periodo di permanenza. Grazie a queste osservazioni sono state aggiunte ulteriori e preziose informazioni, che hanno permesso di ottenere un quadro più preciso degli spostamenti degli animali nel periodo riproduttivo.

4.4 Tecniche di analisi dei dati raccolti: uso dello spazio

Finito il periodo di raccolta dati, ogni fix, per essere elaborato, è stato trascritto su tabelle Microsoft Excel importate nel programma informatico Ranges VI (Kenward et al., 2003). I fix sono individuati mediante le coordinate cartesiane e qualificati con la data e l’ora del rilevamento, l’attività dell’animale, le condizioni meteorologiche e un codice temporale che convenzionalmente definisce il mese.

A questo punto è stato possibile procedere all’analisi dei rilievi telemetrici, che ha avuto come punto di partenza la stima delle dimensioni degli home range. Per il calcolo delle dimensioni degli home range sono stati utilizzati due diversi sistemi analitici:

1. Il Metodo del Minimo Poligono Convesso (MPC)

2. Il Metodo di Kernel

Il Metodo del Minimo Poligono Convesso determina l’area del poligono ottenuto dalla congiunzione dei fix più esterni e caratterizzato da angoli interni con ampiezza inferiore a 180° (Kenward, 1990). Questo metodo d’analisi permette di ottenere buoni risultati anche lavorando con un numero ridotto di fix e risente poco dell’autocorrelazione dei dati; tuttavia a volte presenta lo svantaggio di fornire una sovrastima dell’effettiva ampiezza degli home range in quanto include anche fix periferici ed occasionali. Per ovviare a questo inconveniente, è stato scelto di calcolare l’home range includendo il 95% dei fix a disposizione, in modo da scartare quelli più esterni, considerati erratismi occasionali (Pedrotti et al., 1995). Un altro svantaggio del MPC è rappresentato dal fatto che nel calcolo dell’home range, nel caso in cui un animale occupi due aree disgiunte, vengono incluse anche le zone utilizzate solo per lo spostamento tra i due centri di attività.

L’altra tecnica utilizzata, il Metodo di Kernel, è anch’essa di tipo non parametrico, ovvero non necessita di alcuna assunzione che possa predeterminare la forma

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dell’home range. Il metodo assegna un dato valore della funzione di distribuzione delle localizzazioni per ogni punto spaziale (x, y). La distribuzione discontinua, viene convertita in continua, individuando i contorni (isoplete) a densità costante che racchiudono diverse percentuali di localizzazioni, alle quali viene associata una misura ed una forma dell’area familiare (Worton, 1989). Nella presente ricerca per la valutazione degli home range sono state utilizzate le aree individuate dalle isoplete che racchiudono il 95% dei fix.

Il vantaggio principale derivato dall’uso del metodo di Kernel consiste nell’evitare una sovrastima degli home range per quegli animali che occupano aree disgiunte, grazie all’esclusione delle aree di passaggio, poco utilizzate.

Viceversa questo metodo tende a sovrastimare gli home range nel caso in cui i fix siano in numero limitato o ricadano in un’area ristretta, condizioni in cui il MPC risulta, invece, migliore.

Attraverso l’uso dei due metodi analitici sono stati calcolati i seguenti home range: • Home range annuali

• Home range bimestrali

• Home range “riproduttivi”, riferiti cioè al periodo intercorso tra la prima ed ultima copula osservata nel lek

E’ stata inoltre realizzata la sovrapposizione degli home range, sempre impiegando il software Ranges VI (Kenward et al., 2003), utilizzando i poligoni ottenuti con il metodo del Minimo Poligono Convesso.

Sono state infine calcolate, mediante il teorema di Euclide, le seguenti distanze: • Tra i centri degli home range bimestrali

• Tra i centri degli home range bimestrali ed il centro del lek

• Tra ciascun fix del bimestre settembre-ottobre ed il centro del lek • Tra i centri degli home range riproduttivi ed il centro del lek

Tutte le elaborazioni grafiche sono state realizzate utilizzando il programma informatico MapInfo Professional 5.0.

Poiché i dati non risultano distribuiti normalmente, per l’analisi statistica sono stati utilizzati test non parametrici (Siegel, 1956), applicati grazie all’uso del programma informatico SPSS 13.0.

In particolare sono stati adoperati:

• Test di Wilcoxon (The Wilcoxon Matched-pairs Signed-Ranks test): tale analisi si può usare quando la misura è espressa da una scala ordinale, sia

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per quanto riguarda i membri di una coppia sia per quanto riguarda le coppie tra loro. Il test analizza due campioni dipendenti, utilizzando differenze equivalenti, i cui valori possono essere convertiti in ranghi, relativamente alla loro grandezza assoluta (limite di applicabilità n=6; livello di significatività p=0.05).

• Analisi della varianza bivalente per ranghi di Friedman: tale test si applica quando la misura della variabile sia espressa almeno da una scala ordinale. Stabilisce se i k campioni dipendenti possono appartenere alla stessa popolazione, relativamente ai loro ranghi medi (limite di applicabilità n=5; livello di significatività p=0.05).

• Test U di Mann-Whitney: si utilizza per analisi su campioni indipendenti (limite di applicabilità n=4 per ogni campione messo a confronto; livello di significatività p=0.05).

4.5 Tecniche di analisi dei dati raccolti: uso dell’habitat

La selezione dell’habitat di maschi subadulti di daino è stata determinata utilizzando

l’analisi composizionale ideata da Aebischer et al. (1993). Tale analisi viene

effettuata su due livelli, che si differenziano sulla base delle tipologie vegetazionali considerate come “UTILIZZATE” dagli animali del campione e “DISPONIBILI” nell’area di studio.

• Livello 1: Composizione dell’home range (UTILIZZATO: tipologie vegetazionali contenute in un home range; DISPONIBILE: tipologie vegetazionali contenute nell’area di studio).

• Livello 2: Uso dell’habitat (UTILIZZATO: tipologie vegetazionali in cui ricadono i fix; DISPONIBILE: tipologie vegetazionali contenute nell’home range).

Nel primo livello viene confrontata la composizione degli home range degli animali monitorati (in termini di percentuale di tipologie vegetazionali contenute) con l’assetto vegetazionale della Tenuta, ovvero vengono considerati gli habitat utilizzati dagli animali tenendo conto delle risorse disponibili.

Nel secondo livello di analisi viene indagato l’uso dell’habitat propriamente detto, poiché si considera in quali tipologie vegetazionali ricadono i fix contenuti negli home range degli animali campione.

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Le informazioni necessarie per effettuare i due livelli di analisi sono state ottenute utilizzando il programma informatico MapInfo Professional 5.0, mediante il quale sono stati determinati i dati inerenti l’usato e il disponibile.

Tale analisi è stata effettuata su scala temporale bimestrale e sono stati considerati solo gli home range determinati con il metodo di Kernel (95%), poiché l’utilizzo di questa metodologia offre una stima autentica dell’home range. In questo modo sono state determinate, per ciascun animale e per ogni bimestre, le seguenti informazioni: - Composizione percentuale delle tipologie vegetazionali contenute in ciascun home range

- Percentuale di fix contenuti nelle varie tipologie vegetazionali all’interno di ciascun home range.

I dati così ottenuti sono stati elaborati con una apposita “macro” di Microsoft Excel che effettua l’analisi composizionale dell’uso dell’habitat e che, tenendo conto delle tipologie vegetazionali utilizzate dagli animali in rapporto a quante risultano disponibili nell’area di studio, ha permesso di ordinare per rango le tipologie selezionate.

Grazie all’uso del programma è stato possibile inoltre determinare se tipologie di rango differente risultassero selezionate in maniera significativamente diversa dagli animali monitorati.

Uno dei maggiori vantaggi derivanti dall’uso dell’analisi composizionale è la possibilità di testare alcune variabili indipendenti a fianco delle analisi di base. In particolare sono state testate le differenze nella selezione dell’habitat al variare dei bimestri, e sono state verificate le differenze tra maschi che durante il periodo riproduttivo hanno adottato strategie riproduttive differenti.

Questo tipo di analisi viene svolta aggiungendo le variabili indipendenti alle matrici di Wilks, determinate con l’analisi composizionale, successivamente testate con l’analisi multivariata della varianza (MANOVA, Aebischer et al., 1993) mediante l’uso del programma informatico SPSS 13.0.

Figura

Foto 4.3 Balestrone 151.305.  Ricattura e applicazione di collare  definitivo.
Figura 5.1 Metodi di raccolta dati utilizzati per il daino nella Tenuta di S. Rossore

Riferimenti

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