• Non ci sono risultati.

L'iter riabilitativo del mieoleso:

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "L'iter riabilitativo del mieoleso: "

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

L'iter riabilitativo del mieoleso:

dalla fase post-emergenza al reinserimento

Prof. Daniel Loria*

Introduzione

Per Riabilitazione intendiamo quel complesso di attività valutative e terapeutiche finalizzate a consentire il massimo recupero delle funzioni lese in seguito ad eventi patogeni, prevenendo menomazioni secondarie ed il danno terziario, curando la disabilità e prevenendo l'handicap.

L'obiettivo ultimo è quello di consentire il reinserimento del disabile, assicurandone la più ampia indipendenza e la ottimale partecipazione alla vita familiare, sociale e lavorativa.

Si basa su due principi, la partecipazione attiva del disabile ed il dovere per la società di adattarsi ai bisogni specifici delle persone disabili: deve pertanto attuare misure sia sul piano individuale sia su quello collettivo.

Il momento centrale dell'intervento riabilitativo viene perciò ad essere la disabilità piuttosto che la malattia, che è invece il punto focale dell'intervento medico non riabilitativo. Inoltre, poiché l'obiettivo della riabilitazione è l'apprendimento di nuovi comportamenti motori e delle tecniche di auto-nursing, è indispensabile che il paziente dia una completa ed effettiva partecipazione al proprio recupero, in assenza della quale non è possibile ipotizzare un pieno successo dell'iter terapeutico.

Dal punto di vista operativo è opportuno ricordare che gli interventi terapeutici hanno, nella fase acuta della malattia, una caratterizzazione solamente di tipo sanitario. Poiché l'obiettivo della riabilitazione è il reinserimento, nel proseguire dell'iter terapeutico è necessario inserire interventi di tipo sociale, la cui importanza cresce avvicinandosi alla stabilizzazione del quadro clinico, mentre l'impegno dell'intervento sanitario tende invece a diminuire. Non vi è soluzione di continuità fra questi due aspetti della riabilitazione e l'aspetto medico dovrà essere presente per tutta la vita del mieloleso, con cicli di terapia di mantenimento.

Le metodiche, con cui il riabilitatore opera, sono molteplici, di cui alcune sono mediche, ma non riabilitative.

Fra gli interventi riabilitativi in senso stretto dobbiamo comprendere innanzi tutto la Rieducazione, in altre parole quell'insieme di metodiche manuali (gli esercizi terapeutici) e strumentali, che sono il corredo terapeutico vero e proprio della Medicina Riabilitativa. Abbiamo poi la Terapia Fisica, in altre parole la somministrazione di energia fisica a scopo terapeutico attraverso l'uso di apparecchiature elettromedicali.

Strumenti fondamentali, che si affiancano all'esercizio nel consentire il raggiungimento del massimo recupero funzionale e della massima autonomia, sono gli Ausili.

Gli Ausili sono definiti "quell'insieme di accorgimenti, dispositivi od idee che servono in particolare ai disabili ed a coloro che li assistono per:

¾ sostituire una funzione lesa;

¾ compiere attività in minor tempo, con minor sforzo e maggiore sicurezza;

¾ prevenire l'aggravamento della disabilità".

Concorrono quindi al recupero della qualità di vita e saranno tanto più efficaci quanto più si guarderà alla disabilità come ad una dimensione da valorizzare; è perciò indispensabile spostare l'attenzione da quanto il disabile non può più fare a quanto, invece, può fare, seppure con strumenti adeguati.

(2)

Valutazione

Dal punto di vista clinico il lesionato midollare viene valutato nei vari aspetti che possono influenzare le potenzialità funzionali:

1) la sensibilità;

2) la forza muscolare;

3) le funzioni autonome;

4) le capacità di autonomia, per quanto riguarda la cura della persona, il controllo sfinterico, la mobilità, la comunicazione e le capacità relazionali e cognitive;

5) vengono poi definiti i livelli lesionali e le zone di risparmio sottolesionale.

Per ognuno di questi aspetti vengono utilizzate delle scale di valutazione semiquantitative, validate a livello internazionale.

Il quadro clinico viene così ad essere caratterizzato da punteggi che, nella monitorizzazione temporale del paziente, divengono un importante indice delle eventuali variazioni e della efficacia del trattamento.

Sarà opportuno sottoporre i valori rilevati ad indagini statistiche, per metterne in evidenza eventuali potenzialità predittive sotto il profilo prognostico.

Viene anche valutata la presenza di complicanze o di patologie da danno terziario: affezioni respiratorie, urinarie, spasticità, retrazioni muscolo-tendinee, paraosteoartropatie ed ulcere da decubito.

È intuitivo che il grado di disabilità sarà tanto maggiore ed il livello di autonomia minore quanto più alto sarà il livello lesionale, minore il risparmio sottolesionale e maggiore la presenza di complicanze.

Un paraplegico con lesione dorsale bassa T12 avrà conservata la funzione del controllo del tronco e quindi l'equilibrio e può essere più facilmente possibile una qualche forma di cammino.

Una lesione dei segmenti midollari cervicali, che determina un quadro di tetraplegia, comporta un deficit dei muscoli del tronco e degli arti superiori con grandi difficoltà funzionali che riguardano non solo l'equilibrio, ma anche l'espletamento delle attività della vita quotidiana (A.V.Q.).

Nelle lesioni alte infine sono sovente presenti problemi generali, che rendono più difficile la gestione di queste persone, come la difficoltà al controllo pressorio nelle variazioni posturali, anche se di minima entità, oppure le crisi di disriflessia autonomica, scatenate da stimoli irritativi modesti (modico riempimento vescicale).

Trattamento

Il paziente inizia immediatamente il trattamento rieducativo, già nella fase di acuzie, con la finalità principale di prevenire la comparsa di patologie secondarie e di danni terziari.

Gli aspetti sui quali bisogna prestare maggiore attenzione sono la comparsa di ulcere da decubito, di paraosteoartropatie, di deformità articolari e di danni sull'apparato urinario.

Nell'iter terapeutico, in parallelo al miglioramento delle condizioni generali, vengono inserite via via attività più complesse di mobilizzazione degli arti plegici, anche eseguite in modo autonomo.

Vengono effettuati esercizi di rinforzo della muscolatura residua sopralesionale, che dovrà vicariare i segmenti paralizzati nella A.V.Q..

Migliorando nel tempo le condizioni di motilità segmentaria, si procede poi ad un graduale recupero dell'equilibrio ed alla verticalizzazione.

Dopo questa fase, per alcuni pazienti, può prevedersi una qualche forma di cammino, grazie all'uso di ortesi, più o meno sofisticate a seconda del livello di paralisi; per un paraplegico di livello T6 o più alto possono essere richiesti tutori che vanno dal tronco al piede incluso e che possono

(3)

consentire un passo alterno; in un paraplegico di livello L1 o più basso sono invece sufficienti ortesi corte, di gamba e piede.

Nel contempo il mieloleso deve comunque raggiungere la massima autonomia, indipendentemente dal grado di disabilità.

Si effettua perciò un addestramento all'autonomia nelle A.V.Q., fra le quali devono essere comprese quelle di auto-nursing, come il cateterismo, l'evacuazione intestinale, le piccole medicazioni e la prevenzione delle lesioni cutanee.

Nel tetraplegico la presenza di un maggior deficit motorio, che interessa gli arti superiori, significa anche la perdita della capacità di autogestione, per cui si rende sovente indispensabile l'addestramento di una seconda persona non solo per l'esecuzione di tutte quelle attività sopradescritte, indispensabili al mantenimento dello stato di salute, ma anche per quelle che consentono di raggiungere una qualità di vita sufficiente, quali spostamenti per uscire di casa, partecipazione alla vita sociale e lavorativa, arrivando nei casi più gravi ad una situazione di dipendenza totale.

Attività fondamentale del processo rieducativo è l'addestramento all'uso della carrozzina, con la quale il paziente deve essere in grado di spostarsi anche su terreni sconnessi, su scivoli, in discesa ed in salita, ed a superare gradini.

Questo deve essere considerato il livello minimo di autonomia che ogni paraplegico deve raggiungere.

Per il tetraplegico, invece, a causa del deficit agli arti superiori, tale obiettivo può non essere raggiungibile e può essere ragionevole ottenere l'autospinta in carrozzina limitata agli ambienti domiciliari, mentre per gli ambienti esterni si rende necessaria la fornitura di una carrozzina a comando elettrico.

Per quanto riguarda la verticalizzazione, nei paraplegici che non sono in grado di deambulare, si prevede la fornitura di uno standing che è sostanzialmente un pilone verticale, molto stabile, al quale è possibile, con opportune cinghie, fissare il paziente in ortostatismo.

Per il tetraplegico invece, in considerazione delle maggiori difficoltà del controllo del tronco, viene spesso consigliato l'uso di una carrozzina elettrica elevatrice: questa carrozzina è in grado, grazie ad un comando elettronico, non solo di spostarsi in piano, ma anche di verticalizzare il telaio con il paziente opportunamente fissato ad esso.

La lentezza dell'evoluzione del quadro clinico e la durata del ricovero, necessariamente molto lunga, incidono negativamente sull'aspetto psichico del paziente, portandolo a fenomeni depressivi, in quanto non vede concreti miglioramenti. Per limitare tale fenomeno, è fondamentale concedere gli Ausili il più precocemente possibile, in quanto sono indispensabili al raggiungimento della autonomia.

Accanto alla precocità è altrettanto importante una attenta personalizzazione dell'ausilio, in quanto deve compensare quella certa disabilità, in quel certo paziente.

È anche indispensabile che il paziente venga addestrato all'uso degli ausili e, possibilmente, a quelli definitivi, perché ne possa sfruttare al meglio le potenzialità e per evitare i rischi che ne possono derivare da un uso improprio.

L'uso di ausili provvisori, quasi sempre non adatti, può comportare un insuccesso nel raggiungimento della autonomia, con conseguenze, anche in questo caso, negative sul piano psicologico, che possono inficiare in modo determinante il risultato finale della riabilitazione.

Appena il paziente e la famiglia hanno acquisito una autonomia sufficiente, il paziente viene inviato a casa, in permesso, per il fine settimana. Questo consente al mieloleso di confrontare le abilità motorie ed il livello di autonomia raggiunti con la rieducazione con le difficoltà insite nel mondo extraospedaliero, cioè con ambienti non protetti.

Viene perciò attuato un reinserimento graduale, che è indispensabile per ridurre al minimo il trauma che comporta il rientro a casa dopo un lungo ricovero ed in una situazione di grave menomazione.

(4)

Questi permessi quindi, considerato l'obiettivo del reinserimento, hanno una valenza terapeutica molto significativa e sono un momento irrinunciabile del programma riabilitativo.

Da quanto sopra esposto è però evidente che è assolutamente necessario che il paziente venga dotato non solo degli ausili personali, ma anche di quelli riferiti al domicilio, necessari al superamento delle barriere architettoniche, quali, per esempio, lo scivolo o la pedana elevatrice, utili per superare le rampe di scale.

Si sottolinea ancora una volta l'importanza della precocità della prescrizione di ausili personalizzati. Questo aspetto è particolarmente sentito nei tetraplegici per i quali l'autonomia spesso significa avere in dotazione sistemi elettronici di controllo ambientale molto complessi e costosi.

Sempre tenendo conto, come già si è detto, dei negativi effetti psicologici di un lungo ricovero ospedaliero, conseguente ad una disabilità così importante, è opportuno dimettere il paziente non appena la situazione clinica consenta un trattamento in regime di day hospital o di tipo ambulatoriale presso l'Unità Spinale; questo peraltro può essere realizzato solo con un adeguato supporto per quanto riguarda il trasporto dal domicilio al centro.

In alcuni casi la situazione motoria è invece tale da non rendere necessario un intervento di alta specializzazione, per cui il paziente, se necessita ancora di trattamento, può essere avviato al Servizio di rieducazione territoriale.

La durata media di un ricovero è dipendente dal grado di disabilità e dalla presenza di complicanze ed è generalmente compresa, secondo i dati della letteratura, fra i 4 ed i 6 mesi per le paraplegie, mentre per le tetraplegie oscilla fra i 6 ed i 10 mesi. Presso il nostro centro la degenza media, indipendentemente dal livello lesionale, è fra i 3 ed i 4 mesi.

Una volta che il mieloleso sia stato dimesso e comunque alla stabilizzazione del quadro clinico, al fine di mantenere una soddisfacente qualità di vita, è indispensabile prevedere anche i bisogni del paziente in termini di assistenza.

È ovvio che questi bisogni sono inversamente proporzionali all'entità della disabilità.

Il paraplegico è il più delle volte una persona che, seppure con della difficoltà, riesce a svolgere una vita non solo familiare, ma anche sociale e lavorativa di buona qualità, con elevati livelli di autonomia.

Le difficoltà sono spesso di origine psicologica, piuttosto che di natura esclusivamente motoria.

Nel tetraplegico, invece, le possibilità di autogestione sono dipendenti dal risparmio muscolare agli arti superiori: in molti casi il tetraplegico, anche se è in grado di spingersi autonomamente con carrozzine adattate, non riesce ad eseguire il cateterismo ed i trasferimenti.

Per queste attività vengono nella maggior parte dei casi addestrati i parenti; il problema principale è individuare la persona disponibile e, soprattutto, accettata dal paziente, data la delicatezza di alcune manovre, come la stimolazione anale per l'evacuazione ed il cateterismo vescicale.

Talora, a causa del rifiuto dei parenti, è necessario far eseguire queste manovre da una persona che non è della famiglia; in altri casi è il paziente stesso che non accetta il parente e preferisce un estraneo.

In alcuni casi di tetraplegia, peraltro relativamente rari, sono presenti disturbi di tipo generale, soprattutto a carico dell'apparato respiratorio e degli automatismi del sistema cardiocircolatorio, conseguenti ad una lesione cervicale alta, con totale assenza dei muscoli respiratori ed interessamento dei centri cervicali del controllo pressorio e della termoregolazione.

In questi casi può rendersi necessaria la presenza di un supporto tecnico specializzato, infermieristico o medico-infermieristico, sino ad arrivare, nei casi più gravi, alla necessità di un ricovero definitivo in ambienti con adeguati livelli di assistenza sanitaria.

La competenza prettamente sociale dell'iter riabilitativo è quella che si riferisce all'obiettivo del reinserimento lavorativo.

(5)

Anche questo è possibile per la maggior parte dei pazienti, paraplegici e tetraplegici, adattando sia l'accesso agli ambienti di lavoro sia il posto di lavoro vero e proprio, dotandolo di ausili sostanzialmente analoghi a quelli che vengono utilizzati per l'autonomia nel domicilio.

È infine opportuno ricordare che il supporto del centro specialistico non si esaurisce con il raggiungimento degli obiettivi già descritti, in quanto una percentuale molto alta di lesionati midollari, nell'arco della loro vita, vanno incontro a patologie intercorrenti oppure a patologie da danno terziario, che richiedono un nuovo ricovero presso l'Unità Spinale.

I casi più frequenti riguardano le complicanze all'apparato urinario, che spesso richiedono la attuazione di procedimenti terapeutici di tipo chirurgico e la comparsa di ulcere da decubito, che sono sempre il segno di un nursing inadeguato.

In questi casi è sempre necessario rivalutare le modalità di gestione del paziente, al fine di individuare e correggere quegli elementi che hanno portato alla complicanza ed al ricovero.

Conclusioni

In conclusione mi sembra indispensabile sottolineare che solo un intervento di équipe, multidisciplinare e non limitato nel tempo, può consentire l'attuazione di un completo programma riabilitativo.

Bisogna però altresì sottolineare che questo programma spesso non viene realizzato nella sua completezza, a causa delle difficoltà economiche inerenti gli alti costi necessari per l'abbattimento delle barriere e la fornitura di ausili sofisticati.

Vorrei concludere quindi in modo, per certi aspetti, provocatorio affermando che l'obiettivo del reinserimento potrà essere raggiunto nel momento in cui anche la professionalità, che potrebbero ovviare agli aspetti sovraesposti, come quelle del Medico Legale, dell'Avvocato e dell'Assicuratore, entreranno a far parte dell'équipe riabilitativa.

Riferimenti

Documenti correlati

presentano un caso di aplasia subtotale degli arti superiori in coppia gemellare M Z discordante.. concludono per malforma- zione non imputabile a causa ereditaria ma a

[r]

Un secondo errore diffuso è quello di aggiunta, che ha visto nella maggior parte dei casi la scorretta cooccorrenza della particella aspettuale perfettiva le 了 con la

Key words: Sustainable Development Goals (SDGs); 2030 Agenda; Corporate So- cial Responsibility (CSR); COVID-19; Social impact; ESG indexes.. * Graduate student at Sapienza

Se continuiamo a lamentare la mancanza di una politica industriale, è perché è proprio di questa che le imprese hanno più bisogno, ed è proprio su questa che

La prima parte della checklist OCRA (Scheda 1, prima parte) prevede una breve descrizione del posto di lavoro e del lavoro svolto sulla postazione. Per meglio caratterizzare il

Analisi granulometriche eseguite dopo il sisma in Emilia (2012) nel sito di San Carlo (Comune di Sant’Agostino, FE) che ha presentato evidenza di liquefazione (da Lai 2003),..

Nel corso dei giorni si assisteva a rapida risoluzione del deficit motorio agli arti inferiori e miglioramento del deficit all’arto superiore sinistro, con persistenza del deficit