• Non ci sono risultati.

EDITORIAL: THE BIOLOGICAL TESTAMENT EDITORIALE: IL TESTAMENTO BIOLOGICO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "EDITORIAL: THE BIOLOGICAL TESTAMENT EDITORIALE: IL TESTAMENTO BIOLOGICO"

Copied!
14
0
0

Testo completo

(1)

TAGETE 4-2007 Year XIII

1

EDITORIAL: THE BIOLOGICAL TESTAMENT

EDITORIALE: IL TESTAMENTO BIOLOGICO

Avv. Giovanni Volpe* - Avv. Andrea Martinelli**

Il testamento biologico (o living will nella terminologia americana) è uno strumento, nato e sviluppatosi nel sistema giuridico statunitense, con cui una persona, dotata di piena capacità di decisione, impartisce istruzioni “pro futuro” (le c.d. advance directives) per la decisione sulle scelte terapeutiche da adottare nella ipotesi che essa sia venuta a trovarsi in uno stato di incoscienza irreversibile e quindi in una situazione di incapacità di intendere e di volere.

*Ex Avvocato Generale presso la Procura Generale di Bologna

**Avvocato del Foro di Bologna

ABSTRACT

The biological testament (or living will) was born in US and is used in the American juridical system. In United States and Canada the living will is the expression of the principle of individual self-determination that permeates everybody’s life. It gives a person the right to refuse unbearable sufferings when there is no hope of recovery and euthanasia constitutes the only mean to eliminate them.

In Italy the living will, that is the anticipated directives, cannot contemplate the active euthanasia;

and this also when the patient in an extreme physical and psychic suffering, in proximity of the death, asks the physician to anticipate his end of life. The author suggest the importance of a shared decision between patient and doctor, creating a therapeutic alliance, in the interest of the patient.

(2)

TAGETE 4-2007 Year XIII

2 E’ ben vero che il contenuto del testamento biologico può essere anche diverso e che, in via di principio, nulla vieta che si possa disporre su aspetti che riguardano la sfera personale o familiare del testatore (come ad esempio l’assistenza religiosa, le modalità della sepoltura, la volontà di lasciare inedite opere dell’ingegno ritenute immeritevoli di pubblicazione o anche il riconoscimento di un figlio naturale) ma il ricorso a tale strumento è sorto storicamente a tutela della aspettativa individuale di

“morire con dignità”.

Negli Stati Uniti e nel Canada il living will è l’espressione del principio di autodeterminazione individuale che permea di se tutti gli aspetti della vita di una persona e che coerentemente implica il diritto di rifiutare insopportabili sofferenze quando non vi sia speranza di guarigione e l’eutanasia terapeutica (volta ad accorciare la vita) costituisca l’unico mezzo per eliminarle.

E’ questo sentimento della dignità della morte che domina il living will dell’esperienza dei Paesi anglosassoni; ed è utile riportare il contenuto tipico di uno di essi, in cui è esplicitamente delimitato l’ambito dei fenomeni e il comportamento permesso: “se non vi è ragionevole aspettativa di un mio recupero della infermità fisica e mentale, io chiedo di morire e di non essere lasciato in vita con mezzi artificiali. La morte è una realtà anzi è una certezza; al pari della nascita, della maturità, della vecchiaia.

(3)

TAGETE 4-2007 Year XIII

3 Non temo la morte quanto, piuttosto, l’indegnità della degradazione e del dolore senza speranza. Chiedo che, per pietà, mi siano somministrate droghe contro la sofferenza allo stato terminale, anche se possono affrettare il momento della morte”.

Non è certo questa la sede per esaminare, nello specifico, la evoluzione e i problemi (soprattutto in tema di delega) posti dalla pratica delle advance directives negli U.S.A., è sufficiente ricordare che, a seguito del caso di Nancy Cruzan (in cui i genitori di una giovane donna ottennero dalla Corte Suprema Federale l’autorizzazione ad interrompere l’alimentazione artificiale) è stato emanato, con vigore su tutto il territorio degli Stati Uniti, il Patient of self determination act; con il quale è stato riconosciuto ad ogni persona il diritto di decidere sui trattamenti terapeutici che lo riguardano ed eventualmente di rifiutarli e di formulare, a tal fine, advanced directives.

°°°°°

Tralasciando la situazione di altri Paesi europei, in Italia manca una disciplina legislativa del testamento biologico, anche se non mancano coloro che lo considerano un valido strumento di trasmissione della volontà

Un giurista – il Rescigno – sostiene che un aggancio normativo possa rinvenirsi nell’art.587 cod.civ.; nella parte in cui stabilisce testualmente che “le disposizioni che la legge consente in un testamento hanno efficacia se contenute in un atto che ha la forma del testamento, anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale”.

(4)

TAGETE 4-2007 Year XIII

4 Giova ricordare che, nel nostro ordinamento, il testamento è un negozio giuridico unilaterale, revocabile, a contenuto prevalentemente (ma non esclusivamente) patrimoniale, con cui il testatore dispone delle proprie sostanze e manifesta una volontà con riferimento anche ad atti non patrimoniali per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

Quindi (come riconosce lo stesso Rescigno) il testamento presuppone la morte del testatore e non produce effetti durante la vita dello stesso, mentre il testamento biologico si riferisce ad una fase temporale che appartiene ancora alla vita della persona.

E’ questa la principale obiezione al riconoscimento normativo del testamento biologico, anche se bisogna riconoscere che l’argomento ha perso parte della sua importanza con l’entrata in vigore della Legge n. 91/1999 in tema di prelievo da cadavere di organi e tessuti al fine di trapianto; posto che essa richiede il consenso alla donazione del soggetto ancora in vita mediante dichiarazione espressa di volontà presso l’Azienda Sanitaria locale, il medico di famiglia o mediante compilazione di una apposita tessera; situazione – questa – che si assume assimilabile a quella del testatore in quanto, in entrambi i casi, si ha riguardo alla fine della vita, intesa come processo piuttosto che come evento.

Ma, indipendentemente da siffatte considerazioni (che possono apparire come un mero esercizio accademico), il tema del testamento biologico, quale espressione dell’autonomia della persona rispetto alle possibili scelte terapeutiche che lo riguardano, è diventato, nel corso degli anni, di attualità, con una proliferazione di dibattiti,

(5)

TAGETE 4-2007 Year XIII

5 convegni, progetti di legge, nonostante le critiche di giuristi ed intellettuali dell’area cattolica che lamentano l’adesione ad esperienze di altri Paesi, di matrici storico- culturali diverse, prive di una effettiva condivisione sociale ed, oltretutto, in parte contrarie a principi fondamentali del nostro sistema giuridico.

Le tappe più significative di questa progressiva maturazione del problema sono le seguenti:

1. la ratifica della convenzione di Oviedo con la legge n.145 del 2001; l’art.9 di tale convenzione stabilisce che “i desideri precedentemente espressi da un paziente riguardo ad un intervento medico devono essere tenuti in considerazione anche se il paziente, al momento dell’intervento, non è in grado di manifestare la propria volontà”;

2. l’approvazione, nel 1998, del nuovo codice di deontologia medica che – all’art.

34 prevede che “il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tener conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso”;

3. l’approvazione, il 18 dicembre 2003, da parte del Comitato nazionale di Bioetica di un documento che auspica la rapida emanazione di una legge in materia; la quale (sottolinea il C.N.B.) “servirebbe a dare sostegno giuridico alla pratica delle direttive anticipate, aiuto ai medici e certezze ai pazienti”;

4. la presentazione in Parlamento di vari disegni di legge in materia di direttive anticipate di trattamento (v. da ultimo disegno di legge del senatore Tomassini,

(6)

TAGETE 4-2007 Year XIII

6 comunicato alla presidenza il 4 maggio 2004); proposte accorpate dalla commissione Igiene e Sanità ed affidate al senatore Francesco Galgano che sarà relatore, in commissione, di un disegno di legge unificato.

Sembra, così, prossimo il pieno riconoscimento giuridico del testamento biologico.

°°°°°

Ma qual è, allo stato delle cose, in attesa della disciplina legislativa, la condizione di colui che voglia esprimere direttive anticipate in relazione a trattamenti sanitari futuri, nella ipotesi in cui la sua capacità naturale sia venuta meno; con la possibile indicazione di una persona fiduciaria, delegata a dare esecuzione, in sua vece, alla sua volontà?

Il quesito comporta molteplici interrogativi, di natura etica e giuridica, che possono così riassumersi:

1. quali sono le volontà che possono legittimamente esprimersi nel testamento biologico;

2. quale il rilievo da attribuire alla volontà del paziente rispetto alla potestà medica di curare; in particolare se le direttive anticipate di trattamento abbiano carattere vincolante per gli operatori sanitari oppure siano semplicemente orientative;

3. come conciliare l’astrattezza del testamento biologico (spesso formulato in un tempo cronologicamente e psicologicamente lontano rispetto a quello della malattia) con le norme del diritto positivo, la deontologia medica e la buona pratica clinica;

(7)

TAGETE 4-2007 Year XIII

7 4. quale il profilo giuridico dell’eventuale “fiduciario” chiamato ad agire, secondo le istruzioni del trattamento biologico, nell’interesse della persona incapace.

Si tratta di interrogativi che troveranno, sperabilmente, adeguate risposte nella legge;

ma sui quali, fin da ora, è possibile proporre qualche riflessione.

°°°°°

Vi è un punto fermo sul quale, in base ai principi fondamentali accolti dal nostro ordinamento, non è concepibile nessuna transazione; è il diritto alla vita, connotato da intangibilità assoluta, che si colloca tra i diritti inviolabili della persona (riconosciuti e garantiti dall’art.2 della nostra Costituzione), di rango superiore a qualsiasi altro diritto.

Di conseguenza è escluso che possa configurarsi il c.d. diritto di morire, inteso come situazione giuridica soggettiva, in forza della quale il paziente possa rifiutare le cure

“salvavita” e il medico sia obbligato ad astenersi dall’intervenire.

Quando si delinea l’opzione vita-morte, il rifiuto delle cure indispensabili alla vita si traduce nei fatti in un atto di disposizione della vita stessa; che il nostro ordinamento giuridico non ammette e non riconosce neppure a chi ne è titolare considerando la vita un bene indisponibile, tanto da punire l’omicidio del consenziente (art.579 C.P.) e l’istigazione o l’agevolazione al suicidio (art.580 C.P.).

Questa premessa chiarisce che, in nessun caso, le direttive anticipate possono contemplare una richiesta di eutanasia attiva; e ciò anche nel caso in cui il malato, a

(8)

TAGETE 4-2007 Year XIII

8 fronte di una sofferenza fisica e psichica estrema, in prossimità della morte, chieda al medico di anticiparla.

Procurare deliberatamente la morte del paziente, ancorchè consenziente, non costituisce, allo stato attuale della Medicina, un atto medico e non rientra nello statuto deontologico e professionale del medico.

Esclusa qualsiasi forma di eutanasia, l’ambito delle direttive permesse è limitato alla sospensione (o al mantenimento) di ogni “life sustaining procedure”; e cioè di interventi con mezzi meccanici o di altro tipo, per surrogare o sostenere le funzioni vitali, prolungando artificialmente il momento della morte.

In altri termini si può chiedere che siano sospesi o mantenuti, in una situazione di morte già in itinere e nello stato irreversibile di incoscienza, gli interventi di sostegno vitali; oppure, in uno stadio terminale della malattia, che siano somministrati tutti i farmaci atti ad alleviare il dolore anche se comportino il rischio, reale, di una abbreviazione della vita.

Fin qui non vi è nulla di eversivo.

La Medicina ha appunto la funzione di preservare la vita o di migliorare la salute del paziente, eliminando i fattori di disabilità, alleviando il dolore e la sofferenza.

D’altra parte nessuno ha l’obbligo (morale o giuridico) di vivere comunque in modo da assicurarsi una esistenza più lunga possibile.

(9)

TAGETE 4-2007 Year XIII

9 Quando in una fase terminale si rifiuta un mezzo terapeutico straordinario, inutilmente gravoso, non si rifiuta la vita e non si sceglie la morte; piuttosto si sceglie il modo di vivere il tempo che rimane, pur se il più breve tra le vite possibili; ed anche nella imminenza della morte la scelta è sempre a favore della vita; perché è la scelta di una vita dignitosa fino all’ultimo istante, che privilegia l’esigenza della qualità come valore dell’esistenza.

Parimenti il sollievo dal dolore non ha la finalità di anticipare la morte ma di umanizzarla, di renderla accettabile; perché il dolore non redime il malato attraverso la sofferenza, ma lo respinge in una dimensione di solitudine e di pena; perché rende ancora più solitario e desolato l’incontro con la morte.

°°°°°

Ma quid iuris se le direttive anticipate prefigurino l’eventualità che il testatore venga a trovarsi in stato vegetativo permanente e il rifiuto di ogni “life sustaining procedure” riguardi specificamente l’uso della idratazione e della alimentazione artificiale?

Questo tipo di paziente, benchè in condizione di coma grave, cronico ed irreversibile, può vivere (grazie alla nutrizione artificiale) per molti anni, anche senza sostegno meccanico delle funzioni vitali.

E’ lecito, in casi come questi, adempiere alla volontà del testatore sospendendo l’idratazione e l’alimentazione (posto che il trattamento ha il solo effetto di mantenere in

(10)

TAGETE 4-2007 Year XIII

10 vita il malato senza possibilità di recupero) oppure la richiesta di sospensione introduce, all’interno delle direttive anticipate, una forma surrettizia di eutanasia?

Senza entrare nel merito della disputa sulla natura della nutrizione artificiale (se mezzo terapeutico straordinario o ordinario o addirittura trattamento infermieristico) è certo che il paziente in stato vegetativo permanente non è un morente, non è soggetto a misure “eroiche” di sostegno, non ha una aspettativa di vita breve, le sue facoltà cognitive sono irrimediabilmente compromesse ma respira spontaneamente e, se assistito, può sopravvivere per molto tempo.

E’, allora evidente che, in tal caso, non si tratta di assecondare un naturale processo di morte già in corso ma si entra nel campo, vietato, dell’eutanasia.

°°°°°

Un ulteriore profilo problematico del testamento biologico si pone con riguardo al requisito della “attualità” della volontà del testatore.

Ad eccezione del caso in cui la direttiva anticipata sia manifestata nel corso della malattia da un paziente lucido, informato, consapevole della gravità del suo stato, quando essa sia risalente nel tempo (e magari espressa in una condizione personale di benessere psico-fisico) è ben difficile immaginare che l’interessato abbia potuto prevedere con precisione (senza averne avuto esperienza diretta) l’insorgenza della sua situazione futura.

(11)

TAGETE 4-2007 Year XIII

11 Anzi è possibile che, se egli potesse confrontarsi con la situazione concreta e fosse compos sui nel momento in cui si rende necessaria la prestazione terapeutica da lui rifiutata, revocherebbe la direttiva.

Perciò l’imperativo morale di rispettare i valori personali manifestati nel testamento biologico e il convincimento del testatore si scontra con l’esigenza altrettanto cogente, di garantire un diritto fondamentale della persona incapace (quale il diritto alla vita e alla salute) e di impedire che l’adempimento della sua volontà sia portato a conseguenze estreme, fino a prevalere paradossalmente – sui suoi interessi attuali.

In vista di tale esigenza (ed anche della eventualità che l’evoluzione della Scienza medica consenta la cura di una malattia in precedenza ritenuta incurabile) è da condividere la posizione assunta dalla convenzione di bioetica che attribuisce valore orientativo e non vincolante per il medico alle direttive anticipate di trattamento.

Si tratta di un corretto bilanciamento degli interessi in gioco che trova un riferimento testuale nell’art.9) del documento del C.N.B., là dove si stabilisce che il medico “deve tener conto”, dei desideri manifestati in precedenza dal paziente divenuto, in seguito, incapace.

°°°°°

Il riconoscimento della volontà della persona, anche nella sua proiezione verso il futuro, viene ad interferire con la posizione di garanzia del medico e con la potestà di cura che l’ordinamento gli attribuisce.

(12)

TAGETE 4-2007 Year XIII

12 Sia che siffatta titolarità derivi da un contratto di prestazione d’opera tra medico e paziente, ovvero da norme di diritto pubblico che disciplinano l’assistenza sanitaria pubblica, è indubitabile che essa pone a carico del medico l’obbligo di mettere in atto tutte le cure possibili a salvaguardia della vita e della salute del paziente.

E allora (si obietta) è contraddittorio individuare limiti all’impegno del medico, stabiliti dall’autonomia (e a volte dall’arbitrio) del malato e che, di fatto, possono porlo nella oggettiva impossibilità di agire per adempiere al suo obbligo.

Non è, certo, questa la sede per un approfondimento della relazione fondamentale medico-paziente e della sua evoluzione; giova solo ricordare i due principali punti di approdo, costituiti dalla progressiva rilevanza dell’aspetto psicologico (e non solo strettamente organico) della salute del paziente e dal principio di auto- determinazione, inteso come diritto e libertà di disporre di sé.

In effetti la Medicina ha subito una rivoluzione; il principio di autonomia del malato, estraneo alla tradizione e alla pratica medica, si è venuto affermando in ambito medico per merito, soprattutto, della scienza e della prassi giuridica. Cosicchè oggi è impossibile prescinderne; anche perché il diritto di disporre del proprio corpo è un aspetto della libertà personale e si colloca (quanto meno in una certa misura) al di fuori del diritto alla salute e del correlativo diritto – dovere di cura del medico.

Ma in che modo il testamento biologico si rapporta alla posizione di garanzia e alla libertà di valutazione e di giudizio del medico?

(13)

TAGETE 4-2007 Year XIII

13 Intanto, quando le direttive anticipate siano compilate (come spesso avviene) con l’aiuto di un familiare o dello stesso personale sanitario in corso di malattia, esse assumono un valore terapeutico; poiché la narrazione del proprio vissuto e la sua trasposizione nella parola scritta portano la malattia a livello di linguaggio; e – per l’ammalato – parlare della propria malattia è “un atto catartico”.

Ma, indipendentemente da ciò, le direttive anticipate di trattamento contribuiscono a realizzare, anche senza un colloquio diretto tra medico e paziente, quella “decisione condivisa” che costituisce oggi il punto di mediazione e di incontro tra l’autorità professionale del medico e l’autonomia del malato.

Il documento del Comitato nazionale di bioetica esprime molto bene questa relazione di reciprocità.

Il C.N.B., auspicando la rapida approvazione di una legge, così testualmente definisce il rapporto tra ruolo istituzionale del medico e testamento biologico:

“le dichiarazioni anticipate di trattamento mirano ad evitare che, in un momento drammatico dell’esistenza, l’eventuale incapacità del malato possa indurre i medici a considerarlo, magari inconsapevolmente, non più come una persona con cui concordare un programma terapeutico, ma come un corpo da sottoporre ad anonimo trattamento”.

“le direttive anticipate” (continua il documento del C.N.B.)”tendono a rendere possibile un rapporto personale tra medico e paziente proprio in quelle situazioni estreme in cui

(14)

TAGETE 4-2007 Year XIII

14 sembra non possa esistere alcun legame tra la solitudine di chi non può più esprimersi e la solitudine di chi deve decidere”.

“Grazie alle dichiarazioni anticipate il dialogo tra medico e paziente può idealmente continuare anche quando il paziente non può consapevolmente prendervi parte”.

Ed è questa la ragione, al tempo stesso etica e giuridica, del testamento biologico e del principio (ormai acquisito al patrimonio giuridico) della autodeterminazione della persona.

Riferimenti

Documenti correlati

«l’idratazione e l’alimentazione artificiali con sondino nasogastrico costituiscono un trattamento sanitario». La sentenza esclude ogni dubbio a riguardo, superando

Sulla base delle esposte indicazioni del magistero ecclesiastico in tema di concezione della vita, sacralità ed indisponibilità della stessa, con conseguente divieto di

26 Nella prassi clinica, l’ipotesi in cui le cure vengano rifiutate da un soggetto la cui capa- cità appare dubbia risulta tutt’altro che rara. Per questa ragione, parte

Maurizio Mori, Professore Ordinario di Bioetica nella Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli Studi di Torino.

Ma l’attenzione culturale e sociale verso il Testamento Biologico, ha fatto soltanto da corollario ad una lunghissima battaglia che ha conquistato l’attenzione

l'approvazione del disegno di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, approvato con ritmi a dir poco forzati in vista della conclusione imminente della legislatura,

Al di là del ricordo del fatto che ha determinato la scelta dell’istituzione della Giornata Internazionale della Donna e delle rivendicazioni delle femmine per le pari opportunità

E’ stato condotto un sondaggio su duecento residenti del Centro Italia, utilizzando il questionario ISPO 2009, per analizzare gli atteggiamenti degli italiani sui temi di fine vita,