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(1)

Dal processo assistenziale a ….

a cura di Catia Biavati

catia.biavati@aosp.bo.it

(2)

Il processo assistenziale è un approccio sistematico alla pratica infermieristica che consente di identificare, prevenire e trattare i

problemi di salute reali o potenziali di una persona, di gruppi di pazienti, famiglie o

comunità.

(3)

Quando un infermiere assiste un paziente applica il processo infermieristico per:

• avere una guida predefinita, ma flessibile;

• per fornire una assistenza appropriata ed efficace alla persona;

• per aiutarlo ad assumere un ruolo attivo

nelle decisioni sulla sua salute.

(4)

Le finalità del processo infermieristico sono:

• promuovere un’assistenza personalizzata, continua e coordinata;

• aumentare la partecipazione della persona al progetto di cura favorendone l’autonomia;

• raggiungere gli standard professionali;

• promuovere la collaborazione tra i componenti dello staff assistenziale;

• migliorare i rapporti costi-benefici;

• aumentare la gratificazione professionale.

(Wilkinson, 2009)

(5)
(6)

Il processo infermieristico prevede 5 fasi:

• accertamento (raccolta, validazione e organizzazione dei dati);

• diagnosi infermieristica (identificazione del problema e delle sue cause);

• pianificazione degli interventi;

• attuazione degli interventi;

• valutazione dei risultati.

(7)

ACCERTAMENTO Raccogliere informazioni sulle condizioni del paziente

PROCESSO ASSISTENZIALE

DIAGNOSI

Identificare i problemi del paziente e le cause correlate

PIANIFICAZIONE

Identificare i risultati attesi e gli interventi appropriati

ATTUAZIONE

degli interventi assistenziali VALUTAZIONE

Determinare in che misura i risultati sono stati raggiunti

(8)

In tutte le fasi del processo l’infermiere utilizza un pensiero critico, cioè un approccio attivo ed organizzato, per esaminare il quadro complessivo ed

esplorare varie possibilità nell’identificare il problema, nel prendere decisioni sulle

condizioni di salute di un paziente, nello scegliere gli interventi più appropriati e nel valutare criticamente i risultati

dell’assistenza sulla base delle

conoscenze (fisiologia, biologia, scienze sociali, infermieristiche, etc.. ),

dell’esperienza, della curiosità e dell’intuito.

Le buone capacità di comunicazione e il coinvolgimento del paziente, dove è

possibile, consentono maggiori possibilità di successo in tutte le fasi del processo.

(9)

Prima fase del processo assistenziale Accertamento

L’accertamento infermieristico consiste nella raccolta sistematica di una serie di dati sul paziente per comprendere come risponde e reagisce, o potrà rispondere e reagire, ai problemi di salute e per valutare le possibili soluzioni per soddisfare i suoi bisogni.

(Carpenito, 2002)

(10)

Tipi di accertamento

L’accertamento iniziale o globale consente di avere un quadro generale delle condizioni di salute della persona al momento della presa in carico. Si esegue generalmente al primo contatto con la persona in ospedale, a domicilio o in strutture di lungo degenza.

Questo tipo di accertamento si avvale di riferimenti

concettuali come i Modelli funzionali di Gordon, il Modello

testa piedi e il Modello dei sistemi corporei.

(11)

L’accertamento mirato è parte integrante delle quotidiane cure infermieristiche, si concentra su un aspetto specifico per definire e valutare l’insorgenza e/o

l’evoluzione di un problema, per questo si definisce anche continuo o di

monitoraggio (es: valutazione delle caratteristiche e dimensioni di una lesione da pressione).

L’accertamento d’urgenza o emergenza si esegue durante l’insorgenza di una crisi fisica o psichica di un paziente per evidenziare i problemi che possono

minacciare la vita (es: pervietà delle vie aeree).

L’accertamento di follow up o di rivalutazione, si attua per rivalutare un

particolare aspetto o problema del paziente (es: la capacità motoria di un paziente colpito da ictus) dopo un periodo di tempo e consiste nel confrontare le condizioni attuali con quelle basali, per esempio accertate all’ingresso.

(12)

Tipologia di dati

I dati che si raccolgono con l’accertamento devono essere descrittivi, concisi e completi perché una raccolta dati

inadeguata può portare ad una errata identificazione dei problemi e dei bisogni del paziente, e di conseguenza, ad interventi inappropriati ed inefficaci.

I dati possono essere soggettivi ed oggettivi.

(13)

Dati soggettivi

I dati soggettivi sono le percezioni del paziente ed includono:

• pensieri;

• convinzioni;

• sentimenti;

• percezione di sé e della propria condizione di salute.

Si raccolgono con l’intervista.

Dati oggettivi

I dati oggettivi sono osservazioni o rilevazioni effettuate da infermieri, altri operatori, famigliari, etc…

Si possono raccogliere con i cinque sensi o misurare con:

• strumenti durante l’osservazione;

• l’esame obiettivo;

• attraverso test di laboratorio su campioni prelevati dal paziente.

(14)

Tipologia di dati

Dati anagrafici

Motivi di accesso alle cure sanitarie Anamnesi

Stile e ambiente di vita

Esame della funzionalità dei sistemi corporei Storia sociale e famigliare, ruolo e relazioni

Informazioni emotive, tolleranza allo stress e meccanismi di difesa

Benessere spirituale, valori e credenze

Aspettative del paziente

(15)

Fonti di dati

La fonte primaria dei dati è l’assistito. Se la famiglia o un gruppo di persone sono l’oggetto diretto delle cure infermieristiche, per un intervento educativo o di sostegno, questi diventano fonte primaria.

Le fonti secondarie sono:

• i famigliari ed altre persone significative;

• altri operatori sanitari come il medico, l’assistente sociale, il fisioterapista, la dietista, etc..

• la documentazione o cartella clinica.

(16)

Qualità dei dati

Per una buona qualità dei dati è necessario garantire due criteri: precisione e validità.

La precisione è la vicinanza di misure ripetute ad un unico valore.

La validità ha lo scopo di verificare l’accuratezza dei dati raccolti per evitare di trarre superficialmente conclusioni che possono rivelarsi erronee.

La convalida dei dati richiede di:

• comparare i dati soggettivi ed oggettivi per integrare le affermazioni del paziente con le nostre osservazioni;

• assicurare la coerenza delle informazioni raccolte;

• effettuare un duplice controllo dei dati anormali;

• determinare la presenza di fattori che possono interferire con l’accuratezza della misurazione;

• ricorrere a testi, articoli, ricerche, linee guida per spiegare tali fenomeni.

I dati vanno documentati in modo completo, conciso ed accurato.

(17)

Organizzazione dei dati

L’infermiere organizza le informazioni e raggruppa quelle collegate fra loro in categorie, per identificare i problemi assistenziali, i fattori di rischio e le risorse dell’assistito. Questo processo viene definito giudizio clinico.

Per l’accertamento globale, in particolare, in molte strutture sanitarie, vengono utilizzate schede standard su modelli

concettuali.

(18)

Valutazione/accertamento dello stato di salute del paziente Convalida dei dati con altre fonti

Sono necessari altri dati?

Interpretare ed analizzare il significato dei dati Conoscenze, Esperienza, Standard Raggruppare i dati

Raggruppare i segni ed i sintomi Classificare ed organizzare

Iniziare a formulare una diagnosi

NO SI

GIUDIZIO CLINICO

(19)

Seconda fase del processo assistenziale RAGIONAMENTO DIAGNOSTICO E DIAGNOSI INFERMIERISTICHE

Il ragionamento diagnostico è una attività intellettuale in cui tutti gli infermieri elaborano i dati raccolti per trarre conclusioni, identificando i problemi di

interesse.

Non è un processo di ragionamento esclusivo della professione infermieristica.

Nel processo di ragionamento diagnostico interagiscono gli elementi essenziali della conoscenza, dell’esperienza e delle capacità riflessive.

(20)

Processo di Ragionamento Diagnostico

Iniziale incontro con il paziente (dati preliminari)

Colloquio con il paziente per ulteriore raccolta dati

Raggruppamento degli indizi

Ipotesi diagnostiche

Ricerca dati aggiuntivi

Convalida ipotesi diagnostiche

Enunciato diagnostico Attivazione di eventuali altre

ipotesi diagnostiche

(21)

Dalla raccolta dei dati alla formulazione del problema si utilizza quindi il ragionamento diagnostico che si articola in 3 fasi:

1. Interpretazione e collegamento dei dati:

- attribuire significato ai dati raccolti per collegare tra loro dati rilevanti che vengono definiti anche “indizi”

- assegnare un grado di rilevanza ai dati.

2. Formulazione e verifica di ipotesi:

- aggregare segni e sintomi rilevanti.

3. Definizione del problema e della diagnosi infermieristica:

- diagnosi significa “conoscere attraverso qualcosa”.

(22)

La diagnosi infermieristica è un giudizio clinico sulle

risposte di individui, famiglie o comunità a problemi di

salute reali o potenziali o processi vitali che l’infermiere è

autorizzato e competente a trattare. Le diagnosi

infermieristiche possono fornire la base per la selezione

degli interventi il cui esito è responsabilità dell’infermiere

(NANDA International, 2003)

(23)

Terza fase del processo assistenziale PIANIFICAZIONE DELL’ASSISTENZA

INFERMIERISTICA

La pianificazione dell’assistenza infermieristica comprende la definizione dei problemi prioritari del paziente, dei risultati attesi e la selezione degli interventi da effettuare.

Nella pianificazione si ricorre a capacità decisionali e di soluzione dei problemi, si selezionano le priorità (spesso i pazienti hanno più di un problema) e si propongono una serie di interventi.

L’infermiere valuta l’urgenza dei problemi e le risorse del paziente e del sistema sanitario.

Durante la pianificazione, oltre a collaborare con il paziente e con la sua famiglia,

l’infermiere consulta altri membri dello staff sanitario e consulta la letteratura pertinente.

(24)

Stabilire la priorità dei problemi

Per stabilire le priorità si devono classificare le diagnosi o i problemi in ordine di

importanza, per poter organizzare le attività di cura, soprattutto quando il paziente ha più di un problema (Carpenito, 2002).

Problemi ad alta priorità: problemi, che se non trattati, mettono a rischio la vita del paziente.

Problemi a media priorità: comprendono necessità non emergenti e che non minacciano la vita del paziente.

Problemi a bassa priorità: sono centrati sui bisogni connessi allo sviluppo o problemi/rischi che richiedono interventi infermieristici di natura supportiva o di monitoraggio.

(25)

Stabilire i risultati attesi

Un risultato atteso è un cambiamento dello stato del paziente in risposta agli interventi infermieristici; il cambiamento deve essere misurabile e indicare il livello di benessere o l’indipendenza in alcune funzioni.

I risultati attesi devono essere:

• basati sul paziente e condivisi;

• realistici;

• definiti nel tempo (a breve, a medio e a lungo termine);

• misurabili.

(26)

Pianificare gli interventi infermieristici

Tipi di intervento (1)

Un intervento infermieristico è un “qualsiasi trattamento basato sul giudizio clinico e sulle

conoscenze cliniche che un infermiere mette in atto per raggiungere i risultati definiti per e con l’assistito”.

Definire e progettare per e con l’assistito significa contemplare i seguenti elementi:

• le evidenze derivanti dai risultati della ricerca;

• la buona pratica;

• la dimensione etico - deontologica come la dignità, il rispetto dei valori culturali, la riservatezza e l’intimità;

• le preferenze e i valori del paziente;

• le risorse disponibili sia umane che materiali.

La pianificazione degli interventi infermieristici è basata sul giudizio clinico e sulle conoscenze (Dochterman e Bulechek, 2004).

(27)

Gli interventi si possono classificare in base al grado di responsabilità dell’infermiere e in base alla finalità e natura dell’intervento.

In base al grado di responsabilità:

• interventi autonomi;

• interventi dipendenti;

• interventi interdipendenti.

In base alla finalità:

• monitoraggio e vigilanza;

• prevenzione;

• soluzione o cura;

In base alla natura:

• educativi formali ed informali;

• di counselling per supporto emotivo;

• sull’ambiente;

• tecnico assistenziali;

• di supporto fisico nelle abilità di vita quotidiana.

Tipi di intervento (2)

(28)

Classificazione internazionale degli interventi infermieristici (1)

L’Iowa Intervention Project ha sviluppato una tassonomia (dal greco ταξις, taxis, "ordinamento", e νομος, nomos, "norma" o "regola" è, nel suo significato più generale, la disciplina della classificazione) degli

interventi infermieristici (Nursing Interventions Classification - NIC) per fornire una standardizzazione degli stessi al fine di migliorare la

comunicazione tra gli infermieri e con gli altri operatori. Per formare la tassonomia NIC sono stati usati dati di ricerca infermieristica, ma

anche il giudizio clinico di esperti.

(29)

Nel processo di costruzione della tassonomia sono stati identificati 486 interventi infermieristici, successivamente raggruppati in 30 classi e 7 domini.

Ogni classe include interventi che possono migliorare la condizione del paziente.

Gli interventi NIC sono stati correlati alle diagnosi infermieristiche della

NANDA International, facilitandone così la scelta. La classificazione include interventi in autonomia ed in collaborazione e sono riferiti a diversi ambiti specialistici (Docherman e Jones, 2003; NANDA International, 2003).

Classificazione internazionale degli interventi

infermieristici (2)

(30)

Classificazione internazionale degli interventi infermieristici (3)

Negli ultimi anni si sta cercando di creare una struttura unificante che leghi le diagnosi infermieristiche della NANDA International, le classificazioni degli

interventi infermieristici (Nursing Interventions Classification - NIC) e degli esiti (Nursing Outcomes Classification - NOC) sviluppato dal Centro per le

Classificazioni Infermieristiche e per l’Efficacia Clinica della Facoltà di Infermieristica dell’Università dell’Iowa (Docherman e Jones, 2003).

Lo scopo è di accelerare lo sviluppo, la verifica e la ridefinizione di un linguaggio comune da utilizzare nel processo infermieristico per migliorare la documentazione delle cure, aumentare la capacità di associare i contributi dell’infermieristica alla qualità degli esiti ed ai costi (Docherman e Jones, 2003).

(31)

Quarta fase del processo assistenziale Attuazione delle cure infermieristiche

L’attuazione è la fase in cui l’infermiere svolge o delega le attività necessarie al conseguimento degli obiettivi dell’assistito. Le azioni di questa fase contemplano il:

• rivalutare;

• fare;

• attribuire;

• registrare.

Strumenti a supporto dell’attuazione assistenziale sono i protocolli.

(32)

Quinta fase del processo infermieristico Valutazione dei risultati attesi

La valutazione consente di determinare in che misura i risultati siano stati ottenuti, se completamente o parzialmente o per nulla, e in base a questo si decide se concludere o revisionare il piano di cura.

La valutazione è dinamica e può essere effettuata più volte durante le cure ad un paziente, in rapporto ai problemi e alle condizioni del paziente stesso.

Le domande che un infermiere si pone per valutare i risultati raggiunti sono:

• quale è la risposta del paziente all’assistenza infermieristica?

• gli interventi sono stati efficaci nel migliorare lo stato fisico o emotivo del paziente?

• il paziente ne ha tratto benefici?

• le aspettative del paziente sono state soddisfatte?

(33)

Strumenti a supporto dell’assistenza clinica (1)

A supporto dell’attuazione dell’assistenza l’infermiere adotta diversi strumenti che si distinguono, per finalità, in strumenti di

pianificazione, cioè che prescrivono e orientano l’agire

infermieristico (rispondono alle domande: quale è il risultato che

possiamo ottenere a breve termine rispetto a quel problema? Ogni

quanto tempo?) e strumenti di documentazione che documentano

l’esito degli interventi sul paziente (quali interventi ho attuato? Quali

risultati sono stati ottenuti? Come ha reagito il paziente?).

(34)

Strumenti a supporto dell’assistenza clinica (2)

Gli strumenti di pianificazione possono essere:

• monoprofessionali o

• multiprofessionali

I Piani di Assistenza possono essere:

• standard o

• individualizzati.

Piani di Dimissione.

Profili Assistenziali, Piani di Cura (Critical Pathway o Clinical Pathway).

(35)

DIFFERENZIAZIONE

INTEGRAZIONE

Piani di Assistenza Standard Piani di Assistenza Personalizzati

Standardizzazione Clinical Pathways

Personalizzazione Piani di dimissione

(36)

Documentazione (1)

Ad integrazione degli strumenti che supportano il processo di

pianificazione delle cure infermieristiche è necessario documentare l’assistenza erogata, la rivalutazione, gli esiti.

Gli scopi della documentazione sono molteplici: definire gli aspetti rilevanti dell’assistenza del singolo, mantenere la continuità

assistenziale, distinguere l’attività infermieristica, valutare l’assistenza

erogata, fornire dati per revisioni amministrative, fornire i dati necessari

per la ricerca (Palese et al., 2006).

(37)

Documentazione (2)

Dal 1991, a livello internazionale, è attivo un dibattito su questo tema; ad esempio, in ambito oncologico gli infermieri hanno concordato i dati essenziali necessari per

descrivere i problemi, gli interventi e gli esiti dell’assistenza infermieristica oncologica e l’hanno chiamato Nursing Minimum Data Set (NMDS). Questi dati sono definiti in modo standard da personale esperto nell’assistenza di quell’area clinica, sono

condivisi e rappresentano un orientamento da adottare nelle diverse Unità Operative.

Gli strumenti di documentazione dell’assistenza dovrebbero contenere il NMDS, condiviso per l’ambito clinico a livello nazionale, per permettere di oggettivare e quindi confrontare i dati traendo conclusioni rispetto alla rilevanza dell’assistenza infermieristica e offrire quindi alla persona assistita un minimo standard di

assistenza.

(38)

Quali risultati perseguite nella

vostra pratica professionale?

OUTCOMES

Quali sono i dati di cui avete bisogno per orientare /raggiungere

e documentare questi risultati?

NURSING MINIMUM DATA

SET

(39)

OUTCOMES

NMDS

STRUMENTO

ES: mantenimento dell’attività residua

•Accertamento iniziale

• Accertamento periodico

• Attività da svolgere a fronte degli esiti (eseguite/non eseguite)

Scheda di accertamento iniziale o periodica …

Lista di attività standard (con spazio per registrazione) …

E ancora …

(40)

Bibliografia

•Dochterman JM, Jones DA. (2003) Unifying nursing: the harmonization of NANDA, NIC, NOC. Washington DC: American Nurse Association.

•Nanda International (2009). Diagnosi infermieristiche: definizioni e classificazioni 2009-2011. Ed. Italiana a cura di Calamandrei C. Milano CEA (cercate l’ultima

edizione).

•Wilkinson JM. (2007) Processo infermieristico e pensiero critico. (4° ed.or.) 2°

edizione italiana (2009) a cura di Redigolo D. Milano CEA

•Wilkinson JM. Diagnosi Infermieristiche con NOC e NIC. CEA (cercate l’ultima edizione).

(41)

STANDARD D: PIANIFICAZIONE (1)

Il professionista case manager, in collaborazione con il paziente, la famiglia o il caregiver, e gli altri membri del team di cura

interprofessionale, dove

appropriato, deve identificare gli obiettivi di cura rilevanti e gli

interventi per gestire i bisogni

identificati e le opportunità. Il case manager deve anche

documentare tutto ciò in un piano di cura individualizzato.

(42)

STANDARD D: PIANIFICAZIONE (2)

In che modo dimostrarlo:

Documentare dati rilevanti, informazioni complete e dati usando l’analisi dei risultati della

valutazione, interviste al paziente e/o ai famigliari o al caregiver, input dal team di cura ed altri metodi utili per sviluppare un piano di cura individualizzato.

Documentare la partecipazione del paziente, della famiglia o del caregiver alla redazione del piano di cura individualizzato.

Documentare che il paziente sia d’accordo con il piano di cura, compresi gli obiettivi target, gli esiti previsti e ogni cambiamento o aggiunta al piano.

Riconoscere i bisogni del paziente, le preferenze e il ruolo desiderato nelle prese di decisione concernenti lo sviluppo del piano di cura.

Convalidare che il piano di cura sia coerente con la pratica basata su evidenza, quando siano

disponibili ed applicabili linee guida e che incontrino i cambiamenti dei bisogni del paziente e la sua condizione di salute.

(43)

Stabilire obiettivi misurabili e indicatori all’interno di cornici temporali specifiche.

Esempi di misure potrebbero includere l’accesso alla cura, valutazione del costo- efficacia dell’assistenza, sicurezza e qualità dell’assistenza, esperienza di cura del paziente.

Evidenziare di aver sostenuto il paziente, la famiglia o il caregiver con informazioni e risorse, utili a prendere decisioni informate.

Promuovere la consapevolezza del paziente verso gli obiettivi di cura, gli esiti, le risorse e i servizi inclusi nel piano di cura.

Aderire alle aspettative del finanziatore per quanto riguarda quanto spesso

contattare e rivalutare il paziente, ridefinire gli obiettivi a lungo e a breve termine o aggiornare il piano di cura.

STANDARD D: PIANIFICAZIONE (3)

(44)

STANDARD L: ADVOCACY (1)

Il professionista case manager dovrebbe patrocinare il paziente, la famiglia o il

caregiver quando viene fornito un servizio, a livello dell’amministrazione, dei benefit e nel momento della formulazione delle

politiche. Il Case Manager è

univocamente considerato come un

esperto nel coordinamento dell'assistenza e promotore del cambiamento delle

politiche sanitarie per migliorare l'accesso alla qualità, alla sicurezza e ai Servizi

valutandone il costo-beneficio.

(45)

STANDARD L: ADVOCACY (2)

In che modo dimostrarlo:

• Documentazione dimostrante:

- la promozione dell’auto determinazione del paziente, l’informazione e la partecipazione alla presa di decisioni, l’autonomia, l’accrescimento e l’auto sostegno;

- la formazione da parte di altri fornitori di assistenza sanitaria e servizi per riconoscere e rispettare i bisogni, i punti di forza e gli obiettivi del paziente;

- la facilitazione del paziente ai servizi necessari ed appropriati durante la formazione del paziente, della famiglia o del caregiver, sulle risorse

disponibili all’interno dei setting di cura;

(46)

STANDARD L: ADVOCACY (3)

- l’identificazione, la prevenzione e l’eliminazione di disparità nell’avere accesso alle cure di alta qualità e gli outcome sanitari del paziente correlati alla razza, alla etnia, alla provenienza e ad un background di migrazione;

sesso, orientamento sessuale e stato coniugale; età, religione e credo politico; disabilità fisica, mentale o cognitiva; genere, identità di genere o espressione di genere; o altri fattori culturali;

- l’advocacy per l’ampliamento o la costituzione dei servizi e per i cambiamenti centrati sul paziente all’interno della linea politica

organizzativa e governativa.

(47)

STANDARD L: ADVOCACY (4)

Garantire una cultura della sicurezza per sostenere iniziative che migliorino la qualità del posto di lavoro.

• Favorire il “sistema” paziente, famiglia e/o caregiver fornendo consulenze

per migliorare gli standard assistenziali centrati sul paziente all'interno dell'organizzazione.

• Unire le organizzazioni professionali convocandole in campagne di azione, quando possibile, per migliorare la qualità delle cure e ridurre le disparità in materia di salute.

• Riconoscere che l’advocacy al paziente può a volte confliggere con il bisogno di

mantenersi in equilibrio fra i vincoli dei costi e le risorse limitate. La documentazione dovrà indicare come il professionista case manager pesa le decisioni con l’intento di sostenere l’advocacy del paziente, quando possibile.

(48)

Cos’è l’Advocacy?

• Il concetto di advocacy non è né semplice né univoco.

• Esiste una corposa letteratura che ha indagato questo

concetto al fine di definirne il significato

(Baldwin 2003, Bu e Jexewski, 2006, Zomorodi e Foley, 2009).

(49)

A cosa serve l’Advocacy?

A proteggere le persone in posizione di svantaggio, considerando che:

• I sistemi ospedalieri ed il potere proprio degli operatori

sanitari rendono i pazienti vulnerabili ed impotenti, così

come LA MALATTIA.

(50)

Per definire l’Advocacy

• Fattori antecedenti

• Attributi

• Fattori conseguenti

(51)

Fattori antecedenti

• Relativi al paziente

– Stato di vulnerabilità

– Conflittualità derivante dalla necessità di dovere assumere decisioni.

• Relativi all’infermiere

– Volontà di assumere il ruolo

– Senso di responsabilità verso il paziente.

(52)

Attributi

• Riconoscere i valori del paziente ed i propri

• Valutare e sostenere il processo decisionale

• Svolgere una intermediazione tra il paziente e gli altri

professionisti sanitari

(53)

Attributi

• Riconoscere i valori del paziente ed i propri - relazione terapeutica infermiere-paziente in cui viene assicurata la libertà e l’autodeterminazione del paziente.

• Valutare e sostenere il processo decisionale - Consiste nella promozione e nella protezione dei diritti dei pazienti ad essere coinvolti nell’assunzione delle decisioni e nel decision making.

• Svolgere una intermediazione tra il paziente e gli altri

professionisti sanitari. Chi esercita l’advocacy agisce come

intermediario tra il paziente, la sua famiglia e le altre persone

significative e tra loro ed i professionisti sanitari.

(54)

1.a Riconoscere valore al paziente

• Considerare il valore dell’individualità del paziente, garantendo alla persona la possibilità di definire e perseguire i propri valori attraverso l’autodeterminazione.

• NB: L’advocacy può essere agita solo avendo una

adeguata conoscenza del paziente e dei suoi valori e MAI

presupponendo quali siano i suoi valori senza conoscerli

realmente.

(55)

1.b Riconoscere i propri valori

• Per questo la conoscenza di sé stessi, dei propri valori e delle proprie attitudini e convinzioni è necessaria per

esercitare l’advocacy.

• Solo così si possono mettere da parte le proprie posizioni

per sostenere quelle degli assistiti.

(56)

Advocacy  Paternalismo

Calpestare intenzionalmente le preferenze di una persona da parte di un altra persona, che giustifica le proprie azioni con la volontà di determinare beneficio o evitare dei danni alla persona la cui volontà è stata calpestata.

Johnstone, 1999

(57)

Autonomia

Advocacy Paternalismo

L’autonomia è l’abilità di pensare, decidere e agire sulla base di tali decisioni, senza avere paura di ritorsioni (Rubin, 1998). Nell’assistenza sanitaria è spesso definita come il diritto di autodeterminazione, come il diritto di rifiutare o accettare un trattamento (Beauchamp e Childress, 2001).

Il contrario dell’autonomia è l’eteronomia, o assunzione di decisioni sulla base delle opinioni di altre persone.

Eteronomia

(58)

Quando si realizza il paternalismo?

Quando non si dà la possibilità al paziente di decidere, ossia quando non viene data una informazione

sufficientemente dettagliata.

(59)

2.Valutare

• Questo attributo è finalizzato a supportare l’assunzione delle decisioni.

• Si realizza informando, consigliando ed educando.

• Prima di assumere la decisione il paziente deve essere messo a conoscenza delle implicazioni, delle

conseguenze e delle opzioni alternative offerte.

(60)

3. Intercedere

• Consiste nel porsi tra le parti ed intervenire o mediare dove necessario.

• Questa funzione si esercita in modo particolare tra il paziente e i professionisti sanitari.

• L’esercizio dell’advocacy comporta che l’infermiere aiuti il paziente a superare le barriere esistenti rispetto al

soddisfacimento dei propri bisogni.

(61)

Conseguenze

• Per il paziente

– Sostegno all’autodeterminazione

– Disagio, se più professionisti svolgono questa funzione, non essendo in accordo tra loro.

• Per l’infermiere

– Soddisfazione lavorativa

– Rischio di conflittualità con gli altri professionisti

(62)

Attribuire valore

Intercedere Valutare

Condizioni antecedenti

Condizioni conseguenti

Positive

Paziente: Autodeterminazione Infermiere: Soddisfazione

Negative

Paziente: Discomfort

Infermiere: Rischio di conflitti Paziente: vulnerabilità &

conflitto

Infermiere: volontà &

responsabilità

(63)

Barriere

• Conflitto di interesse tra il ruolo di advocate e il ruolo svolto nella struttura

• Mancanza di potere

• Mancanza di formazione

• Mancanza di tempo

• Mancanza di supporto

• Rischio di ritorsioni o punizioni

(Hanks, 2007)

(64)

Esercizio di Pensiero Critico

• Ritenete che l’advocacy sia una dimensione assistenziale applicabile nelle vostre realtà?

• Quali sono le barriere all’esercizio dell’advocacy?

• Quali sono i fattori favorenti l’esercizio dell’advocacy?

• Vi chiedo di riflettere, individuando un episodio in cui

avete esercitato l’advocacy.

(65)

15 minuti per pensare e per scrivere qualche appunto…

… poi discussione.

(66)

CMSA, 2016 CMSA, 2010

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