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(1)

5 L

E

FRASI

TEMPORALI

5.1 P

REMESSA

In it. ant. come in quello mod., esistono vari modi per esprimere i rapporti temporali tra i fatti, che si collocano a diversi gradi del continuum ipercodifica-inferenza: la combinazione dei modi e dei tempi verbali1; il carattere dell’azione espressa verbi, la cosiddetta Aktionsart, che esprime l’ordine del processo; l’uso di avverbi e altre espressioni temporali. Tali legami possono essere espressi secondariamente anche dalle subordinate del gruppo causale, che, collocando gli eventi su un asse teleologico, definiscono implicitamente anche la loro collocazione su quello cronologico. I rapporti temporali sono codificati al minimo grado con la coordinazione e la giustapposizione, che, mediante il semplice accostamento di predicati, può esprimere la loro successione. Vicino al polo opposto, quello dell'ipercodifica, si collocano le relative indipendenti con valore temporale (introdotte dal relativo doppio quando), le relative che hanno come antecedente un'espressione temporale, e le subordinate temporali, che rispondono all'esigenza di porre in primo piano e di precisare il rapporto temporale tra due fatti.

Le frasi temporali, dopo le argomentali e le relative, sono tra le subordinate più frequenti nella Commedia2. Se esse hanno la funzione prioritaria di «situare nel tempo l'evento della frase matrice usando come punto di riferimento l'evento che esse stesse esprimono» (Zennaro 2010b: 953), caratterizzandosi perciò come tipo frastico privilegiato nelle parti narrative, tuttavia rivestono anche una fondamentale funzione coesiva e di strutturazione del testo che le rende frequentemente utilizzate anche nelle sezioni argomentative e dimostrative. A proposito dell'uso delle temporali della contemporaneità nella prosa antica osserva Francesco Bianco:

La funzione delle proposizioni temporali è duplice: da un lato esse, stabilendo il rapporto cronologico fra due azioni, contribuiscono a costruire una linea diegetica, ordinando su un asse temporale gli eventi, in reciproco rapporto di successione o di

1 «La cosiddetta ‘consecutio temporum’ riguarda […] le modalità secondo cui il tempo del verbo […]

al congiuntivo è capace di esprimere non il tempo cronologico […] in sé stesso, ma le relazioni di ‘time’ (anteriorità, contemporaneità, posteriorità) fra ciò che è detto nella sovraordinata e ciò che è detto nella subordinata» (Ageno 1978g: 426).

(2)

sovrapposizione. L’altra funzione è essenzialmente di natura testuale: collegandosi in vario modo ad altre parti del testo, esse ne rafforzano la coesione interna, producendo talora anche richiami di carattere meta- e intertestuale. In buona parte della prosa narrativa antica, soprattutto nei testi medi, la prima funzione è in realtà svolta soprattutto da strutture di tipo coordinativo e giustappositivo, con la trama che viene formandosi per addizione informativa (Bianco 2011: 191-192).

Anche nella Commedia la collocazione degli eventi lungo l'asse temporale viene molto spesso (ipo)codificata a livello linguistico tramite la coordinazione e la semplice giustapposizione. Si osservi, ad esempio, l'andamento paratattico dei seguenti passi narrativi, scandito solo dalla ripetizione della congiunzione coordinante e, dall'alternanza imperfetto/perfetto semplice, dall'uso di marcatori temporali come già e

poi:

(1)

Già eran desti, e l'ora s'appressava che 'l cibo ne solëa essere addotto, e per suo sogno ciascun dubitava; e io senti' chiavar l'uscio di sotto a l'orribile torre; ond' io guardai nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto. (If XXXIII 43-48)

(2)

Dal mondo, per seguirla, giovinetta fuggi'mi, e nel suo abito mi chiusi e promisi la via de la sua setta. Uomini poi, a mal più ch'a bene usi, fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Iddio si sa qual poi mia vita fusi. (Pd III 103-108)

Le proposizioni temporali nella Commedia sono già state oggetto di due studi complessivi da parte di Herczeg (1972) e Agostini (1978), che hanno concentrato la loro attenzione in particolare sull'uso degli introduttori della forma esplicita e sul tipo di relazione espressa. Al primo studio, di taglio diacronico, va il merito di aver collocato l'uso dantesco delle subordinate temporali lungo una linea che va dalla Scuola siciliana, allo Stilnovo, alla Commedia, denominata «fase posteriore allo stile lineare»: in queste esperienze poetiche, di cui il poema dantesco rappresenta il culmine, Herczeg ha individuato un incremento, rispetto al cosiddetto «stile lineare», della complessità e della varietà dei rapporti espressi tramite i costrutti temporali, ma, all'interno di questo

(3)

quadro, egli ha anche dimostrato che Dante non è un innovatore in questo ambito e che la sua opera è piuttosto un serbatoio in cui si è conservata un'ampia gamma degli usi duecenteschi, molti dei quali destinati a scomparire nel corso del Trecento (cfr. Herczeg 1972: 58).

Lo studio di Agostini, di taglio sincronico, è invece fondamentale perché in esso trova applicazione alla lingua di Dante la classificazione dei rapporti temporali di contemporaneità elaborata da Mäder (1968), cui anche qui si farà riferimento. Di particolare rilievo inoltre le osservazioni dedicate alla subordinazione inversa, per cui cfr. infra § 5.4.4.

5.2 L

E TEMPORALI NELLA

C

OMMEDIA

:

QUADRO DELLA

DISTRIBUZIONE E OSSERVAZIONI SINTATTICHE

Di seguito propongo una sintesi dei dati relativi ai tre tipi di relazione temporale3 che possono essere espressi dalle subordinate temporali, che qui vengono considerate insieme alle relative indipendenti introdotte da un pronome doppio, tipicamente quando, con il significato di 'nel momento/epoca/tempo in cui'4:

3 Per definire la relazione espressa dalle subordinate temporali Zennaro (2010b) e Giusti (2001)

prendono come punto di vista l'evento espresso dalla subordinata e quindi parlano di temporali della posteriorità quando l'evento . Qui invece viene utilizzata quella tradizionale: quindi per rapporto di anteriorità si intendono quelle temporali che esprimono l'anteriorità dell'evento della principale.

(4)

Come si è già anticipato in § 1.3, le frasi temporali contano un numero molto maggiore di occorrenze nella cornice narrativa rispetto ai dialoghi e una frequenza maggiore nel Purgatorio rispetto alle altre cantiche. Dai dati specifici presentati nella Tabella 1 si evince innanzitutto che i rapporti di contemporaneità sono quelli prevalenti nel poema in tutte e tre le cantiche, sia nelle sezioni diegetiche che in quelle mimetiche. Le temporali della posteriorità invece hanno un'incidenza molto maggiore nella cornice narrativa (31% sul totale) rispetto ai dialoghi (22%), mentre quelle indicanti anteriorità si caratterizzano come tipi essenzialmente dialogici.

La seguente tabella sintetizza i dati relativi agli introduttori, distinti per i tre tipi di rapporto temporale che istituiscono. Le frequenze dei diversi introduttori verranno commentate nei paragrafi dedicati a ciascun tipo di rapporto:

Tabella 1: Frasi temporali nella Commedia

MIMESI INF % PURG % PAR % TOT %

anteriorità 23 17% 24 17% 23 19% 70 18% contemporaneità 81 60% 92 64% 68 56% 241 61% posteriorità 30 22% 27 19% 30 25% 87 22% 134 143 121 398 DIEGESI anteriorità 6 3% 21 8% 10 6% 37 6% contemporaneità 150 64% 171 62% 105 65% 426 63% posteriorità 80 34% 82 30% 46 29% 208 31% 236 274 161 671 TOTALE anteriorità 29 8% 45 11% 33 12% 107 10% contemporaneità 231 62% 263 63% 173 61% 667 62% posteriorità 110 30% 109 26% 76 27% 295 28% 370 417 282 1069

(5)

Tabella 2: Introduttori delle frasi temporali

INF PURG PAR tot

ANTERIORITA' pri(m)a che 17 31 24 72 (inn)anzi che 4 4 6 14 avanti(/e) che 4 3 0 7 in prima che 1 0 1 2 quando 1 7 0 8 che 2 0 2 4 totale 29 45 33 107 CONTEMPORANEITA' quando 110 101 59 270 gerundio 71 102 70 243 mentre (che) 23 24 10 57

(in) fin che 11 9 9 29

(in) tanto che 1 4 2 7

come 7 11 13 31 allor(a) che 2 3 2 7 che 1 0 0 1 poi che 1 2 1 4 da che 0 1 0 1 infinito 0 1 4 5 ora che 0 1 0 1 ove 0 1 0 1 poscia che 1 0 0 1 quandunque 0 1 1 2 quanto 0 1 0 1 sempre che 0 0 1 1 sì (come) 3 1 1 5 totale 231 263 173 667 POSTERIORITA' participio 18 33 24 75 poi che 31 19 25 75

(sì) tosto che (/come) 7 14 5 26

poscia che 13 5 5 23 quando 16 12 2 30 che 7 4 2 13 (sì) come 9 21 12 42 Da (poi) che 2 0 1 3 ratto che 2 0 0 2 Ger + già 2 0 0 2 Ger + prima 1 0 0 1 Dopo + part 2 1 0 3 totale 110 109 76 295

(6)

Dalla Tabella 2 risulta immediatamente evidente la varietà formale che caratterizza l'espressione dei rapporti temporali nel poema. All'interno di un panorama così articolato, non è sempre semplice individuare con certezza il tipo di relazione temporale espressa da determinate strutture sintattiche, che spesso possono indicare più tipologie di rapporto tra gli eventi lungo l'asse temporale: tale ambiguità linguistica riflette un'indeterminatezza di carattere logico, che coinvolge in particolare le categorie di contemporaneità e posteriorità immediata: «definire i confini rispetto alla posteriorità è un'esigenza avvertita da coloro che studiano le relazioni di contemporaneità. Particolarmente difficile è l'inquadramento delle temporali che esprimono l'immediata posteriorità; queste ultime sono viste da alcuni studiosi come una “terra di mezzo” fra le due categorie» (Bianco-Digregorio 2012: 293). I dati riportati nella Tabella 2, soprattutto per quanto riguarda le realizzazioni formali che posteriorità e contemporaneità condividono, sono dunque frutto di necessarie scelte e astrazioni – che saranno commentate in § 5.4 – rispetto alla complessità della realtà linguistica.

5.3 L

E TEMPORALI DELL

'

ANTERIORITÀ

Rispetto alla molteplicità di realizzazioni formali che caratterizzano le relazioni di posteriorità e contemporaneità, le relazioni di anteriorità – come già notava Agostini (1978: 395) – dimostrano una maggiore omogeneità e compattezza poiché sono indicate con un numero limitato di locuzioni congiuntive dal significato univoco e hanno sempre il congiuntivo nella subordinata. A livello diacronico, Agostini segnala la progressiva affermazione nell'opera dantesca, pienamente compiuta nella Commedia, di prima che rispetto alle locuzioni derivate da ante. Accanto a prima che compare nel poema la variante pria che, mai utilizzata nelle opere precedenti. Le indagini più recenti sulla prosa antica (Zennaro 2010b: 967; Bianco-Digregorio 2012: 274) sembrano confermare che tale locuzione sia di uso esclusivamente poetico e che si affermi per un certo periodo, almeno fino al Canzoniere, proprio a partire dalla Commedia5.

Come si è avuto modo di osservare nel paragrafo precedente (Tabella 1) le frasi temporali che indicano l'anteriorità dell'evento espresso dalla sovraordinata rispetto a 5 Zennaro ne segnala la presenza solo nella Commedia. Bianco riporta invece anche un esempio

(7)

quello della subordinata sono le meno frequenti nel poema, così come lo sono nei testi antichi in generale. Francesco Bianco individua la ragione di questa scarsa attestazione in it. ant. nel il fatto che le temporali dell'anteriorità «non stabiliscono una relazione analogica con l'effettivo ordine di successione degli eventi», come invece accade con quelle della contemporaneità e della posteriorità; perciò esse «non rispondono pienamente alla diffusa e radicata tendenza alla massima naturalezza dei processi informativi propria dei testi medievali» (Bianco-Digregorio 2012: 277). Questo dato mi sembra poter essere messo in relazione con il fatto che – come ancora osserva Bianco – le temporali dell'anteriorità sono selezionate, più che nei testi argomentativi e narrativi, nelle scritture di carattere pratico, cioè in testi contraddistinti da una certa finalità regolativa. Una tale peculiarità riscontrata nella prosa coeva, può aiutare a mettere in luce le ragioni della loro distribuzione e del loro uso nel poema: come si è visto, innanzitutto esse sono molto più frequenti nelle sezioni dialogiche (17%) rispetto alla cornice narrativa (4%). Osservando poi le specifiche situazioni testuali di occorrenza, si nota che le temporali dell'anteriorità sono usate, nei dialoghi, specialmente nei casi in cui gli eventi messi in relazione dal costrutto temporale sono più strettamente legati al momento dell'enunciazione, e in particolare in dipendenza da una sovraordinata iussiva, quando i parlanti si scambiano istruzioni o informazioni. Se ne vedano alcuni esempi tratti dai dialoghi infernali, dove questa tipologia è più consueta:

(1)

E io: "Maestro, molto sarei vago(1)

di vederlo(2) attuffare in questa broda

prima che noi uscissimo del lago(3)".

Ed elli a me: "Avante che la proda(3)

ti si lasci veder(2), tu sarai sazio(1):

di tal disio(1) convien che tu goda"

(If VIII 52-57) (2)

e volser contra lui tutt'i runcigli(1);

ma el gridò: "Nessun di voi(2) sia fello!

Innanzi che l'uncin(1) vostro mi pigli,

traggasi avante l'un di voi(2) che m'oda,

e poi d'arruncigliarmi(1) si consigli".

(If XXI 71-75) (3)

Tra male gatte era venuto 'l sorco; ma Barbariccia il chiuse con le braccia

e disse: "State in là, mentr'io lo 'nforco". E al maestro mio volse la faccia; "Domanda", disse, "ancor, se più disii saper da lui, prima ch'altri 'l disfaccia". (If XXII 58-63)

(4)

E 'l buon maestro "Prima che più entre, sappi che se' nel secondo girone", mi cominciò a dire, "e sarai mentre che tu verrai ne l'orribil sabbione. (If XIII 16-19)

(5)

Poi caramente mi prese per mano e disse: "Pria che noi siam più avanti, acciò che 'l fatto men ti paia strano,

sappi che non son torri, ma giganti,

e son nel pozzo intorno da la ripa (If XXXII 28-32)

(8)

(6)

"Prima ch'io de l'abisso mi divella,

maestro mio", diss'io quando fui dritto, "a trarmi d'erro un poco mi favella: (If XXXIV 100-102)

In questi esempi, la temporale di anteriorità indica un evento, collocato nella dimensione ultraterrena, che non è ancora accaduto ma che si ritiene o che si teme imminente. Essa esprime dunque implicitamente una previsione che si colloca nel tempo dell'azione che si svolge contemporaneamente al dialogo.

Può accadere, come in (1-3), che l'allusione ad un evento imminente sia un espediente narrativo per creare suspense. Si noti come in questi casi ci sia una fitta rete di ripetizioni (segnalate con i numeri in apice) che ha lo scopo di richiamare l'attenzione su alcuni elementi chiave. In (1) le due battute mimetiche di Dante e Virgilio creano una struttura chiastica di richiami interni: l'aggettivo vago in apertura della battuta di Dante è richiamato, per contrasto, da sazio e da disio in chiusura della battuta mimetica di Virgilio; il verbo vedere all'infinito compare in entrambe le terzine al secondo verso. Le due temporali sinonimiche prima che noi uscissimo dal lago e Avante che la proda ti si

lasci veder costituiscono gli elementi più interni di questa struttura chiastica,

rispettivamente chiudendo e aprendo le battute mimetiche di Dante e della sua guida, creando una forte aspettativa sullo spettacolo che si presenterà alla vista di Dante prima della fine della traversata.

Anche in (2) la temporale di anteriorità allude al medesimo evento evocato, da un lato, nella cornice narrativa immediatamente precedente alla battuta mimetica (volser

contra lui tutt'i runcigli), dall'altro, nella formula iussiva che la chiude (e poi d'arruncigliarmi si consigli)6, creando un'insistenza espressiva sull'evento che si teme imminente, cioè l'aggressione dei diavoli ai danni di Dante e Virgilio.

Un analogo effetto di concitazione si ha in (3), in cui Barbariccia, subito dopo aver preso le difese di Ciampolo (mentr'io lo 'nforco), evoca immediatamente il momento in cui la sua difesa sarà vana (prima ch'altri 'l disfaccia), sottolineando dunque l'imminente pericolo per il barattiere e la provvisorietà del proprio intervento.

Un'altra tipologia di temporale dell'anteriorità che descrive eventi vicini al momento dell'enunciazione si ha in (4), (5) e (6): qui la temporale, che ha come predicato un 6 Si noti in questo caso anche l'uso del poi che riprende la determinazione temporale espressa con la

(9)

verbo di movimento legato all'andare di Dante e Virgilio, serve a dare, in apertura di battuta mimetica, un'indicazione sul luogo in cui si sta svolgendo la comunicazione, a focalizzare l'attenzione su una tappa della discesa infernale che sta per essere attraversata. Serve nella sostanza a fornire un'informazione sul contesto in cui avviene lo scambio dialogico che non è stata espressa nella cornice diegetica.

È questa la tipologia di temporale dell'anteriorità più diffusa anche nei dialoghi seconda cantica: tuttavia, mentre nell'Inferno il tempo è scandito dall'attraversamento dei diversi gironi da parte di Dante e Virgilio, unici portatori di mutamento in una dimensione dove tutto si ripete sempre uguale a se stesso, nel secondo regno può accadere che il prima e il poi si misurino secondo criteri extrasoggettivi, cioè che si assuma come termine di paragone l'alternarsi del giorno e della notte:

(7)

"Prima che 'l poco sole omai s'annidi", cominciò 'l Mantoan che ci avea vòlti, "tra color non vogliate ch'io vi guidi. (Pg VIII 85-87)

(8)

Or accordiamo a tanto invito il piede;

procacciam di salir pria che s'abbui, ché poi non si poria, se 'l dì non riede". (Pg XVII 61-63)

Nei dialoghi del Paradiso è piuttosto raro che i parlanti facciano riferimento al contesto spazio-temporale contemporaneo al momento dell'enunciazione. Quando ciò accade il punto di riferimento secondo cui si misura la successione degli eventi torna ad essere soggettivo, come nella prima cantica. Ma, venendo meno anche uno spazio fisico ben definito come quello infernale, il punto di riferimento diventa la condizione psicologica e spirituale di Dante, che muta man mano che il pellegrino si inoltra sempre più nel mistero della divinità:

(9)

"L'alto disio che mo t'infiamma e urge, d'aver notizia di ciò che tu vei,

tanto mi piace più quanto più turge; ma di quest'acqua convien che tu bei

prima che tanta sete in te si sazi".

(Pd XXX 70-74) (10)

(10)

cominciò Beatrice, "che tu dei aver le luci tue chiare e acute; e però, prima che tu più t'inlei, rimira in giù, e vedi quanto mondo sotto li piedi già esser ti fei; (Pd XXII 124-129)

Quando la temporale dell'anteriorità compare nei passi narrativi, sia in dialogo che nella cornice diegetica, essa si combina spesso con altre subordinate ed espressioni temporali e tende ad avere due collocazioni: può comparire in posizione incipitaria, stabilendo un termine ante quem e dunque una cornice temporale entro cui collocare l'intera narrazione successiva (12-13); oppure in posizione finale, descrivendo l'evento o l'azione che concludono il segmento narrativo (11):

(11)

Vedi Tiresia, che mutò sembiante quando di maschio femmina divenne, cangiandosi le membra tutte quante; e prima, poi, ribatter li convenne li duo serpenti avvolti, con la verga,

che riavesse le maschili penne.

Aronta è quel... (If XX 40-46) (12)

"Anzi che a questo monte fosser volte

l'anime degne di salire a Dio, fur l'ossa mie per Ottavian sepolte. (Pg VII 4-6)

(13)

Io dico, seguitando, ch' assai prima

che noi fossimo al piè de l'alta torre,

li occhi nostri n'andar suso a la cima per due fiammette che i vedemmo porre, e un'altra da lungi render cenno,... (If VIII 1-5)

Spesso, infine, la temporale dell'anteriorità è utilizzata per descrivere eventi che si reiterano nell'aldilà o, specialmente in similitudine, nel mondo terreno:

(14)

Un diavolo è qua dietro che n'accisma sì crudelmente, al taglio de la spada rimettendo ciascun di questa risma, quand'avem volta la dolente strada; però che le ferite son richiuse

prima ch'altri dinanzi li rivada.

(If XXVIII 37-42) (15)

Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi di questa vita miran ne lo speglio

in che, prima che pensi, il pensier pandi; (Pd XV 61-63)

(16)

che, come veggion le terrene menti non capere in triangol due ottusi, così vedi le cose contingenti

anzi che sieno in sé, mirando il punto

a cui tutti li tempi son presenti; (Pd XVII 14-18)

(17)

Così sen vanno su per l'onda bruna, e avanti che sien di là discese, anche di qua nuova schiera s'auna. (If III 118-120)

(18)

Era la mia virtù tanto confusa, che la voce si mosse, e pria si spense

(11)

che da li organi suoi fosse dischiusa.

(Pg XXX 7-9) (19)

e sì come saetta che nel segno percuote pria che sia la corda queta, così corremmo nel secondo regno. (Pd V 91-93)

Come si osserva dagli esempi, i due eventi messi in relazione sono sempre in un rapporto di contiguità immediata sull'asse temporale e la congiunzione potrebbe essere parafrasata con 'ancora prima che'. Inoltre la temporale dell'anteriorità sembra essere selezionata preferenzialmente quando la successione tra i due eventi messi in relazione è inaspettata, cioè quando quello espresso dalla subordinata dovrebbe, a rigor di logica, precedere, e non seguire, quello espresso dalla sovraordinata. Ad esempio in (15) la temporale dell'anteriorità è utilizzata per rappresentare la straordinarietà tipica della dimensione paradisiaca, per cui può accadere, contro ogni logica umana, che il pensiero di Dante sia conosciuto da Cacciaguida non solo prima ancora che esso sia espresso, ma addirittura prima che sia coerentemente formulato nella sua mente. Un effetto analogo si ha – come si avrà modo di osservare in § 5.4.4 – con una particolare formulazione inversa della relazione temporale di anteriorità.

5.4 L

E TEMPORALI DELLA CONTEMPORANEITÀ

Come si può notare dalla Tabella 2 (§ 5.2), la contemporaneità è la categoria di rapporti più complessa e variegata, poiché con essa «vengono messi in relazione temporale due eventi che possono avere diverse proprietà temporali, aspettuali, azionali, cioè possono avere uguale o diversa durata, possono avere la stessa fine o fine diversa, o lo stesso inizio o inizio diverso, o possono differire in quanto presentati come compiuti o incompiuti» (Zennaro 2010b: 954).

Nei prossimi paragrafi saranno innanzitutto distinte le classi relazionali in cui si articola la contemporaneità (§ 5.4.1); saranno poi descritti l'uso degli introduttori nella forma esplicita, con particolare attenzione alla sovrapposizione con le relazioni di posteriorità (§ 5.4.2), e le caratteristiche generali della forma implicita (§ 5.4.3); si analizzeranno poi le diverse realizzazioni della subordinazione inversa (§ 5.4.4), per passare infine a considerazioni di carattere pragmatico e testuale (§ 5.4.5).

(12)

5.4.1 C

LASSIFICAZIONE DEIRAPPORTI DICONTEMPORANEITÀ

All'interno della categoria di contemporaneità si possono distinguere diverse sottoclassi, in base al tipo di azione verbale della subordinata (q) e della reggente (p)7:

1) coincidenza: p e q sono due eventi puntuali che avvengono nello stesso momento; l'introduttore nettamente più frequente per esprimere questa relazione nella Commedia è quando, seguito da come;

2) simultaneità: p e q sono due azioni durative che si svolgono nello stesso arco temporale; tale relazione è espressa di preferenza con il gerundio e con la congiunzione mentre (che);

3) incidenza: p è un'azione puntuale che avviene durante lo svolgimento di q, azione durativa; anche in questo caso la forma preferita è il gerundio;

4) incidenza inversa: q è un'azione puntuale che avviene durante lo svolgimento di

p, azione durativa (in questo tipo di relazione rientra anche il cosiddetto cum inversum); l'introduttore nettamente più utilizzato è quando;

5) terminatività: la fine di p e q, entrambi azioni azioni durative, coincide (e in questo caso si parla di terminatività coestensiva), oppure la fine dello svolgimento di p, azione durativa, coincide con il verificarsi di un evento puntuale q (terminatività non coestensiva); gli introduttori prevalentemente utilizzati per esprimere questa relazione sono (in)fin che, mentre che, (in)tanto

che;

6) incoatività: l'inizio di p e q, entrambi azioni azioni durative, coincide (e in questo caso si parla di incoatività coestensiva), oppure l'inizio dello svolgimento di p, azione durativa, coincide con il verificarsi dell'evento puntuale q (incoatività non coestensiva); questo tipo di relazione temporale viene espressa tramite introduttori che primariamente indicano la posteriorità, come poi che,

poscia che, da che, data la contiguità logica tra l'incoatività non coestensiva e la

posteriorità.

7 Seguo qui la classificazione di Bianco (2011 e 2012) che a sua volta rielabora quella di Mäder

(1968), sulla quale si fonda anche Agostini (1978). Zennaro (2010b: 954) classifica invece le relazioni di contemporaneità in tre macro-categorie: a) contemporaneità tra due azioni puntuali (che corrisponde alla relazione di coincidenza); b) contemporaneità tra due azioni o eventi durativi, o tra un evento durativo e uno puntuale (che comprende nella sostanza tutti gli altri tipi di relazione); 3) contemporaneità tra due eventi iterativi.

(13)

5.4.2 I

NTRODUTTORI

QUANDO. Come si può osservare dalla Tabella 2 (§ 5.2), quando è l'introduttore più frequente nel poema per esprimere la contemporaneità (40% sul totale delle occorrenze). Si rileva tuttavia una distribuzione diseguale di questo introduttore nelle tre cantiche: esso infatti è prevalente nella prima, compare in maniera paritaria con il gerundio nella seconda, mentre ha un numero inferiore di occorrenze rispetto al gerundio nella terza. Se si osservano i medesimi dati distinti per sezioni mimetiche e sezioni diegetiche, si osserva che la forma con quando prevale nei dialoghi, con il 46% delle occorrenze sul totale delle temporali della contemporaneità contro il 37% nella cornice narrativa, dove invece è preferito l'uso del gerundio (43% delle occorrenze, contro il 24% nelle parti mimetiche). La Tabella 3 specifica meglio questi dati:

Tabella 3: Frequenze della temporale esplicita della contemporaneità con quando e del gerundio nelle tre cantiche

Quando può introdurre una subordinata temporale con valore circostanziale oppure

con valore avverbiale: questo secondo caso si dà con il costrutto denominato cum

inversum di cui si parlerà più avanti8. Limitandoci per il momento al quando circostanziale, esso ha il valore di relativo doppio con il valore di 'nel + SN temporale + in cui'9, dove il sintagma nominale temporale può indicare una quantità di tempo più o meno estesa: se si tratta di un arco temporale prolungato, il quando può esprimere, nell'ambito delle relazioni di contemporaneità, l'incidenza, se l'azione della reggente è puntuale, o la simultaneità, se l'azione della reggente è durativa, come in (1):

8 Delle 270 occorrenze di quando che esprime contemporaneità, 28 sono in costrutto inverso. 9 Cfr. Cinque (2001: 497); Zennaro (2010b: 955); Bianco-Digregorio (2012: 298).

QUANDO INF PURG PAR

mimesi 46 57% 39 42% 26 38%

diegesi 64 43% 62 36% 33 31%

GERUNDIO

mimesi 13 16% 23 25% 22 32%

diegesi 58 39% 79 46% 48 46%

% sul tot delle relazioni di

contempora-neità

% sul tot delle relazioni di

contempora-neità

% sul tot delle relazioni di

(14)

(1)

Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa... (If XXXI 34-36)

Nel poema, tuttavia, quando è assai più frequentemente utilizzato con il significato di 'nel momento in cui' per esprimere la coincidenza tra due azioni puntuali10:

(2)

Quando noi fummo là dov'el vaneggia

di sotto per dar passo a li sferzati, lo duca disse:...

(If XVIII 73-75)

Con l'uso di quando, dunque, l'arco temporale per cui si estende la contemporaneità, che sarebbe quantificato dal SN assorbito nel pronome doppio, è lasciato indeterminato. In alcuni casi, il rapporto temporale tra le due azioni, così ipocodificato, è chiaramente riconoscibile, inferenzialmente, come un rapporto di immediata posteriorità11. Ciò accade, ad es., quando la temporale introdotta da quando ha come predicato un verbo di percezione e la reggente esprime un'azione che è immediatamente posteriore e conseguente alla percezione stessa, come in (3):

(3)

Quando s'accorser ch'i' non dava loco

per lo mio corpo al trapassar d'i raggi, mutar lor canto in un "oh!" lungo e roco; (Pg V 25-27)

In configurazioni come questa, peraltro frequentissime nel poema, a un livello astratto la temporale è della posteriorità: in (3) il cessare del canto dei penitenti è immediatamente successivo al riconoscere che Dante è vivo. Il verbo accorgersi, così come i verbi vedere e sapere, entrambi molto frequenti come predicato di una temporale introdotta da quando, hanno un aspetto ingressivo-perfettivo, cioè esprimono un'azione conclusa non appena iniziata: per questo sia Herczeg (1972: 65) che, sulla sua scia, Agostini (1978: 395) considerano esempi come quello in (3) temporali della posteriorità, nei quali tale relazione non ha bisogno di essere codificata tramite l'uso dei 10 Una relazione di coincidenza si ha anche nei casi in cui quando è parafrasabile con 'ogni volta che':

esso esprime infatti la contemporaneità tra due azioni puntuali che si reiterano nel tempo.

11 Cfr. Bianco-Digregorio (2012: 298) e Zennaro (2010b: 956): «Nei contesti in cui quando significa

'nel momento in cui', la contemporaneità tra i due eventi si può dilatare fino a divenire precedenza immediata dell'evento espresso dalla subordinata». Ciò accade, prosegue, Zennaro, «per l'aspetto perfettivo dei verbi impiegati».

(15)

tempi verbali, come in (4), ma è in qualche modo insita nella semantica del verbo della subordinata. Tuttavia non è irrilevante che questo rapporto sia codificato, a livello linguistico, come un rapporto di contemporaneità: Bianco parla a questo proposito di «contemporaneità psicologico-cognitiva»: «Quando, per la sua flessibilità semantica, consente appunto di abbracciare questa nozione psicologica di contemporaneità, ipocodificando il rapporto cronologico fra due eventi prossimi, non simultanei, ma percepiti come tali» (Bianco-Digregorio 2012: 299).

Il quando circostanziale è invece senza dubbio introduttore di una relazione di posteriorità se il tempo verbale della subordinata è anteriore a quello della sovraordinata, come in (4):

(4)

Quando s'ebbe scoperta la gran bocca,

disse a' compagni: … (If XII 79-80)

Con valore temporale sono usati anche i relativi doppi ove (un'occorrenza in Pg XVII 40) e quandunque (2 occorrenze in Pg IX 121 e Pd XXVIII 15) con il significato di 'ogni volta che'.

COME. L'altro introduttore che nel poema è utilizzato per esprimere in particolar modo la coincidenza è come. Agostini (1978: 392) osservando le occorrenze di questa congiunzione nell'opera dantesca nota che solo all'altezza della Commedia il come temporale senza il correlativi tosto o così, del resto scarsamente attestato in tutta la tradizione precedente al poema, raggiunga una certa “istituzionalizzazione”, attraverso un processo di progressiva semplificazione dalla locuzione sì tosto come, alla locuzione

sì come, al semplice come.

Nel suo studio sulle proposizioni temporali nel toscano antico, Mäder, sostiene che

come, a differenza di quando, «stabilisce la precisa coincidenza di due azioni» e dunque

«porta un accento di insistenza espressiva ('nello stesso momento', 'proprio in quel momento in cui'). L'uso temporale della congiunzione modale-comparativa tiene un poco della sintassi affettiva, il che si conferma nei rinforzamenti di come mediante avverbi» (1968: 46-47). Si vedano due esempi di come esprimente coincidenza rispettivamente senza (5) e con correlazione (6):

(5)

(16)

sì la sua mente di viva vertute, che, ne la madre, lei fece profeta. (Pd XII 58-60)

(6)

La mia conversione, omè!, fu tarda; ma, come fatto fui roman pastore, così scopersi la vita bugiarda. (Pg XIX 106-108)

In effetti, osservando questi esempi, anche quando non c'è correlazione, la temporale introdotta da come sembra instaurare una sorta di comparazione temporale di uguaglianza tra i due eventi, ponendo l'accento sulla loro simultaneità. Forse per questo il come è preferito al quando nei contesti in cui la coincidenza di due eventi o azioni ha un che di eccezionale, meraviglioso o inaspettato.

In alcuni casi particolari e con strutture sintattiche atipiche come può essere usato per esprimere relazioni di incidenza (7) o simultaneità (8), tendenzialmente incompatibili con i valore di «precisa coincidenza» individuato da Mäder:

(7)

Come noi fummo giù nel pozzo scuro sotto i piè del gigante assai più bassi, e io mirava ancora a l'alto muro,

dicere udi'mi: … (If XXXII 16-19) (8)

Poi, come più e più verso noi venne l'uccel divino, più chiaro appariva: (Pg II 37-38)

In effetti in entrambi gli esempi la subordinata introdotta da come mantiene comunque un predicato con aspetto perfettivo: in (7) è la coordinata 'e io mirava...' che indica un'azione durativa sulla quale incide l'azione puntuale della reggente. È questo l'unico caso nel poema in cui una temporale introdotta da come ha il predicato all'imperfetto, se si escludono due casi di paraipotassi in cui l'alternanza tra imperfetto e presente storico, nel primo caso, e tra imperfetto e perfetto semplice, nel secondo, produce un effetto analogo al cum inversum: «Com'io tenea levate in lor le ciglia, / e un serpente con sei piè si lancia» (If XXV 49-50); «Com'ei parlava, e Sordello a sé il trasse» (Pg VIII 94-95).

(17)

dell'angelo, parallelo all'aumentare della sua luminosità. Vengono messi pertanto in relazione di simultaneità due eventi durativi, dei quali tuttavia il primo è espresso eccezionalmente con il perfetto semplice in luogo di un più normale imperfetto.

Infine, come è molto frequente in strutture correlative (sì come, sì tosto come) per indicare l'immediata posteriorità (cfr. infra § 5.5), ma può indicare posteriorità anche quando non è accompagnato da elementi correlativi e la posteriorità dell'evento della temporale è segnalata tramite l'uso dei tempi verbali (9-10), come accade per quando. In (11) se ne ha un esempio con paraipotassi:

(9)

e questo atto del ciel mi venne a mente,

come 'l segno del mondo e de' suoi duci nel benedetto rostro fu tacente;

(Pd XX 7-9) (10)

Come un poco di raggio si fu messo nel doloroso carcere, e io scorsi per quattro visi il mio aspetto stesso,

ambo le man per lo dolor mi morsi; (If XXXIII 55-58)

(11)

Come da lei l'udir nostro ebbe triegua,

ed ecco l'altra con sì gran fracasso, che somigliò tonar che tosto segua: (Pg XIV 136-138)

ALLORA CHE. È un altro introduttore della contemporaneità ed in particolare dei rapporti di coincidenza: Zennaro (2010: 960) lo parafrasa con 'nel momento in cui' e osserva che nella prosa duecentesca compare solo in volgarizzamenti dal francese. Gli esempi tratti da opere non tradotte da lui riportati sono tutti poetici e quasi esclusivamente danteschi, come

(12)

E quinci puoi argomentare ancora vostra resurrezion, se tu ripensi come l'umana carne fessi allora

che li primi parenti intrambo fensi".

(Pd VII 145-148)

Nel poema si registra inoltre un caso di or che, usato come locuzione congiuntiva12: 12 L'avverbio ora mantiene in questo caso il suo valore deittico. Si ricordi che la forma or «è più

(18)

(13)

Or che di là dal mal fiume dimora,

più muover non mi può, per quella legge che fatta fu quando me n'usci' fora. (Pg I 88-90)

MENTRE (CHE). L'introduttore, che in 9 casi compare alla forma semplice e in 48 in locuzione con che, codifica esclusivamente relazioni di contemporaneità. L'evento o l'azione della subordinata sono sempre durativi e i rapporti temporali espressi sono in maniera pressoché paritaria di incidenza (14-15)13, simultaneità (16) e terminatività (17).

(14)

E mentre ch'io là giù con l'occhio cerco, vidi un col capo sì di merda lordo, che non parea s'era laico o cherco. (If XVIII 115-117)

(15)

Mentre che sì parlava, ed el trascorse,

e tre spiriti venner sotto noi,

de' quali né io né 'l duca mio s'accorse, (If XXV 35-36)

(16)

Quali si stanno ruminando manse le capre, state rapide e proterve

sovra le cime avante che sien pranse, tacite a l'ombra, mentre che 'l sol ferve, guardate dal pastor, che 'n su la verga poggiato s'è e lor di posa serve; e quale il mandrian che fori alberga, lungo il pecuglio suo queto pernotta, guardando perché fiera non lo sperga;... (Pg XXVII 76-84)

(17)

"Lo sol sen va", soggiunse, "e vien la sera; non v'arrestate, ma studiate il passo,

mentre che l'occidente non si annera".

(Pg XXVII 61-63)

Osservando gli esempi (16) e (17), collocati nello stesso canto, a pochi versi di distanza e affini anche a livello semantico, si nota come spesso la relazione di simultaneità venga a confondersi con quella di terminatività. Del resto tra i due tipi di relazione c'è una sovrapposizione logica che si riflette anche sul piano grammaticale con la condivisione di alcuni introduttori: «Sul piano strettamente temporale, fra la terminatività (coestensiva) e la simultaneità non sussiste una vera opposizione. A variare è il punto di vista di chi codifica il messaggio: in un caso si insiste sulla coincidenza del momento finale dei due eventi; nell’altro, sul loro svolgersi “in parallelo”. In italiano antico, data la possibilità di usare lo stesso introduttore, la differenza fra le due relazioni è piuttosto sottile» (Bianco 2011: 161).

2010a: 53).

(19)

Accanto a mentre che, introduttore specifico della simultaneità è sempre che, con il valore di 'per tutto il tempo che', che conta una sola occorrenza nel poema: «Così facieno i padri di coloro / che, sempre che la vostra chiesa vaca, / si fanno grassi stando a consistoro. »

INTRODUTTORI DELLA TERMINATIVITÀ. Oltre che con mentre che, la relazione terminativa è espressa preferenzialmente con locuzioni formate con fino. La più frequente è fin che, scarsamente attestata nelle opere dantesche precedenti al poema, dove sono preferite locuzioni più complesse, come infino a tanto che, sempre infino al

punto che e infino che. A questo proposito Agostini (1978: 393-4) afferma: «Anche in

questo caso (cfr. quanto si è detto sopra per l'uso di 'come' con correlativi) la cronologia delle attestazioni delle varie forme sembrerebbe indicare che nell'evolversi dello stile dantesco la loc. 'fin che' sia il risultato della semplificazione di formulazioni più analitiche. […] Probabilmente la stessa tendenza alla sintesi sarà da riconoscersi nella loc. 'tanto che' (si tratterà cioè di un altro tipo di riduzione della più analitica 'infino a tanto che')». Sia tanto che14 che fin che possono esprimere terminatività coestensiva (18) e non coestensiva (19):

(18)

così l'animo preso entra in disire, ch'è moto spiritale, e mai non posa

fin che la cosa amata il fa gioire.

(Pg XVIII 31-33) (19)

E qui convien ch'io questo peso porti per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia, poi ch'io nol fe' tra ' vivi, qui tra ' morti". (Pg XI 70-72)

La relazione terminativa può essere espressa anche dal sì paraipotattico con valore di 'finché', come in (20):

(20)

Tu eri allor sì del tutto impedito sovra colui che già tenne Altaforte, che non guardasti in là, sì fu partito". (If XXIX 28-30)

14 L'unica occorrenza di intanto che esprime terminatività coestensiva: «Intanto che tu ti risense / de

(20)

Si registra infine un'occorrenza di quanto con valore terminativo, privo del correlativo tanto (21):

(21)

E io a lui: "Li dolci detti vostri, che, quanto durerà l'uso moderno, faranno cari ancora i loro incostri". (Pg XXVI 112-114)

INTRODUTTORI DELL'INCOATIVITÀ. Le temporali con questa funzione, non molto frequenti nel poema, si realizzano prendendo a prestito alcuni introduttori dalla posteriorità, ed in particolare poi che, da che, poscia che. Ciò fa sì che, analogamente a quanto accade per le relazioni di simultaneità e terminatività, il discrimine tra i due tipi non sia sempre netto:

(22)

Queste sustanze, poi che fur gioconde

de la faccia di Dio, non volser viso

da essa, da cui nulla si nasconde: (Pd XXIX 76-78)

(23)

"Tra tutto l'altro ch'i' t'ho dimostrato,

poscia che noi intrammo per la porta

lo cui sogliare a nessuno è negato, cosa non fu da li tuoi occhi scorta notabile com'è 'l presente rio (If XIV 85-89)

5.4.3 F

ORME IMPLICITE

Come si è già visto in § 5.2 e, più dettagliatamente in § 5.4.1, la relazione temporale di contemporaneità espressa al gerundio è la più frequente nel poema dopo la forma esplicita con quando: l'uso del gerundio temporale – si è detto – interessa soprattutto la cornice narrativa e si estende con il procedere del poema fino a diventare la forma maggioritaria nella terza cantica. Con la forma implicita al gerundio viene indicata soprattutto la simultaneità (circa i 2/3 dei casi): «Come in it. mod. la proposizione gerundiva espressa al gerundio semplice […] indica prevalentemente un evento o uno stato contemporaneo all'evento espresso dalla frase matrice». Tuttavia la relazione tra i due eventi è aperta a variazioni: «in particolare, l'evento espresso dal gerundio semplice può coprire un arco di tempo che dura fino al momento dell'evento espresso dalla frase

(21)

matrice, e arriva a includerlo» (Egerland 2010: 906-7). In questo secondo caso, l'evento della sovraordinata è puntuale e la relazione è di incidenza, come in (1):

(1)

Sì ruminando e sì mirando in quelle,

mi prese il sonno;... (Pg XXVII 90-91)

La mobilità del tipo di relazione temporale espressa dal gerundio può portare, in presenza di determinazioni temporali aggiuntive, ad uno scivolamento nel rapporto di posteriorità, ad es. se il gerundio è accompagnato da espressioni avverbiali come prima o già (2); il rapporto è invece chiaramente di posteriorità nelle rare occorrenze di gerundio composto (3):

(2)

Parte sen giva, e io retro li andava, lo duca, già faccendo la risposta,

e soggiugnendo:

(If XXIX 16-18) (3)

Già era l'angel dietro a noi rimaso, l'angel che n'avea vòlti al sesto giro,

avendomi dal viso un colpo raso;

(Pg XXII 1-3)

Quando il gerundio indica simultaneità, i due predicati messi in relazione sono frequentemente un verbo di movimento e un verbo di dire o di percezione, collocati indifferentemente in uno dei due membri del costrutto temporale:

(3)

Così andammo infino a la lumera,

parlando cose che 'l tacere è bello,

(If IV 103-104) (4)

così vid'io venir, traendo guai, (If V 48)

(5)

Quindi passando la vergine cruda

vide terra, nel mezzo del pantano, sanza coltura e d'abitanti nuda. (If XX 82-84)

È da notare che la subordinata e la sovraordinata spesso non descrivono propriamente due azioni contemporanee, ma due modalità della stessa azione (6). In

(22)

questi casi, al valore temporale si affianca un netto valore modale, particolarmente evidente quando il gerundio è coordinato con un complemento di modo (7), quando è in correlazione con così (8):

(6)

Ascoltando chinai in giù la faccia; e un di lor, non questi che parlava, si torse sotto il peso che li 'mpaccia, e videmi e conobbemi e chiamava,

tenendo li occhi con fatica fisi a me che tutto chin con loro andava.

(Pg XI 73-78)

(7)

poi, sospirando e con voce di pianto, mi disse: "Dunque che a me richiedi? (If XIX 65-66)

(8)

e così, figurando il paradiso, convien saltar lo sacrato poema, (Pd XXIII 61-62)

L'implicita al gerundio è selezionata con più facilità quando vi è un accumulo di determinazioni temporali, con un effetto di variatio e brevitas:

(9)

Com'io da loro sguardo fui partito,

un poco me volgendo a l'altro polo, là onde 'l Carro già era sparito,

vidi presso di me un veglio solo, degno di tanta reverenza in vista, che più non dee a padre alcun figliuolo. (Pg I 28-33)

(10)

"O tu che vieni al doloroso ospizio", disse Minòs a me quando mi vide,

lasciando l'atto di cotanto offizio,

"guarda com'entri e di cui tu ti fide; non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!". (If V 16-20)

In (9) il gerundio temporale si inserisce nella catena subordinativa che occupa la prima terzina (vv. 28-30) e che descrive, in tre tempi, un succedersi di percezioni visive, che culmina con l'apparizione (vidi) di Catone. In (10) è da notare come, dal punto di vista logico, le tre azioni descritte rispettivamente dalla principale, dalla temporale esplicita e dalla temporale al gerundio non siano propriamente simultanee, ma si dispongano in rapida successione: Minosse vede Dante, poi abbandona il suo compito di giudice e poi prende la parola. Si tratta pertanto di una contemporaneità non fattuale, ma psicologico-cognitiva, che conferisce dinamismo e rapidità a questo brevissimo inciso narrativo che fa da didascalia alle parole del mostro infernale.

(23)

La medesima funzione di brevitas sembra essere assolta dal gerundio assoluto15, che compare nel poema sia in formule stereotipate che forniscono coordinate cronologiche (11), sia con usi più vari e non formulari, per lo più con verbi di movimento (12):

(11)

Vapori accesi non vid'io sì tosto di prima notte mai fender sereno, né, sol calando, nuvole d'agosto, che color non tornasser suso in meno; (Pg V 37-40)

(12)

Noi volgendo ivi le nostre persone,

"Beati pauperes spiritu!" voci cantaron sì, che nol diria sermone. (Pg XII 109-111)

Infine, anche l'infinito sostantivato accompagnato da preposizione può esprimere una relazione temporale di contemporaneità: ne riporto un esempio con in (13) e uno con a, in formula stereotipata (14):

(13)

Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l'erba che 'l fé consorto in mar de li altri dèi. (Pd I 67-69)

(14)

E sì come al salir di prima sera comincian per lo ciel nove parvenze, sì che la vista pare e non par vera, (Pd XIV 70-72)

5.4.4 I

L CUM INVERSUM

Un modulo narrativo che trova una particolare diffusione nella Commedia è il cosiddetto cum inversum, una «formul[a] abruptiv[a] con funzione avverbiale» (Grandi 2010) mutuata dal latino, nella quale l'azione della principale fa da sfondo, o comunque è secondaria, rispetto a quella della subordinata temporale, che «rappresenta dal punto di vista logico l'evento principale» (Agostini 1978: 393).

Tramite il cum inversum è frequentemente indicata una relazione di incidenza inversa: la frase formalmente principale, che qui si chiamerà – per usare un termine un termine mutuato da Ageno (1971) – "protasi", esprime un'azione «durativa (che si 15 Per cui cfr. De Roberto (2012b: 504-505).

(24)

percepisce come tale per l'aspetto imperfettivo del vb. o per la presenza di una negazione)» (Agostini 1978: 393), mentre l'"apodosi", introdotta quasi sempre da

quando o da che esprime un'azione puntuale che incide nella cornice temporale descritta

nel primo membro del costrutto. Si dovrà osservare che non necessariamente una temporale che esprime una relazione di incidenza inversa rientra nella categoria della subordinazione inversa. Ad esempio in «Or discendiamo omai a maggior pieta; / già ogne stella cade che saliva / quand'io mi mossi, e 'l troppo star si vieta» (If VII 97-99), la subordinata, pur indicando un'azione puntuale che “incide” sull'azione durativa della sovraordinata ed essendo posposta (condizioni essenziali per parlare di subordinazione inversa), ha tuttavia funzione circostanziale e non avverbiale, terza condizione necessaria perché si possa parlare di subordinazione inversa16. Inoltre, anche in presenza di subordinazione inversa con quando, non è detto che tra i due eventi del costrutto temporale si instauri un rapporto di contemporaneità (e, nello specifico, di incidenza inversa): l'evento dell'apodosi, infatti, può «interrompere un avvenimento ancora in corso, un fatto che è sul punto di realizzarsi, o una circostanza che si sta concludendo» (Consales 2004: 115), o – aggiungerei – che si è appena conclusa. In altre parole, sebbene il cum inversum sia generalmente trattato nelle grammatiche all'interno della categoria della contemporaneità, esso pare esprimere, come si osserverà dagli esempi, anche delle relazioni di anteriorità o di immediata posteriorità: ognuna della tre relazioni ha delle marche formali proprie.

All'interno dell'oeuvre dantesca questo costrutto sembra essere un'acquisizione stilistica della Commedia, data la sua rarità nei testi precedenti, anche nel caso di testi narrativi come la Vita nuova: «Del cum inversum il Dante della Vita Nova fa un uso tanto parsimonioso quanto significativo: delle tre sole occorrenze, nella prosa, una si trova all’inizio del libello (VN, I, 2, pp. 5-6) e introduce sulla scena Beatrice; un secondo quando inverso segnala la fine della dolorosa infermitade e del delirio onirico che contiene il presagio di morte della donna (VN, 14, 13, p. 130); al terzo cum

inversum Dante ricorre proprio quando, concretizzato il presagio, deve annunciare la

morte della gentilissima» (Bianco 2011: 67).

Nella Commedia ho contato 65 occorrenze del costrutto (24 nell'Inferno, 29 nel 16 Su cui cfr. Consales 2004: 101-2 e nota 3.

(25)

Purgatorio, 12 nel Paradiso).

In 28 occorrenze, il costrutto esprime una relazione di incidenza inversa, quasi senza eccezione con quando come introduttore dell'apodosi (si contano una sola occorrenza con come e una con mentre che17). Nell'apodosi compaiono molto spesso l'avverbio già che indica che la narrazione «viene ripresa un po' più avanti del punto in cui è stata lasciata» (Ageno 1971: 154) o l'avverbio ancora «che evidenzia la duratività e l'incompletezza dell'azione» (Consales 2004: 107):

(1)

Noi eravamo ancora al tronco attesi, credendo ch'altro ne volesse dire,

quando noi fummo d'un romor sorpresi,...

(If XIII 109-111)

Quando nella protasi si hanno la negazione e gli avverbi ancora, prima, già, essa è semanticamente affine a una temporale dell'anteriorità (2-4): nella protasi viene infatti evocato un evento imminente non ancora realizzato. Tale evento in procinto di accadere risulta secondario rispetto all'evento principale espresso nell'apodosi introdotta da

quando o da che:

(2)

Non era ancor di là Nesso arrivato,

quando noi ci mettemmo per un bosco

che da neun sentiero era segnato. (If XIII 1-3)

(3)

Né venni prima a l'ultima parola,

che del suo mezzo fece il lume centro

(Pd XXI 79-89)

(4)

Già non compié di tal consiglio rendere,

ch'io li vidi venir con l'ali tese non molto lungi, per volerne prendere.

(If XXIII 34-36)

(5)

Ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge,

che tu saprai quanto quell'arte pesa.

(If X 79-81)

Dagli esempi (2-4) si nota che questo tipo di cum inversum ha nel poema una funzione di passaggio da una scena all'altra nella narrazione: la protasi infatti riprende il segmento narrativo precedente alludendo alla sua conclusione, che però viene lasciata incompleta per l'innestarsi, con l'apodosi, di una nuova "linea narrativa" principale.

In (5) si ha un esempio di subordinazione inversa indicante anteriorità nel futuro: in questo caso la protasi indica, al pari di quanto si è osservato a proposito delle temporali 17 Rispettivamente in Pg XXVII 6 e Pg II 26

(26)

dell'anteriorità, un termine ante quem in cui collocare l'evento futuro descritto nell'apodosi.

Quando invece la protasi è affermativa e compaiono espressioni di quantità che indicano brevi intervalli temporali (poco, non molto), il cum inversum esprime l'immediata posteriorità dell'evento dell'apodosi, introdotta da quando o che, rispetto ad un evento appena concluso evocato nella protasi (5-6):

(6)

Poco allungati c'eravam di lici,

quand'io m'accorsi che 'l monte era scemo,

a guisa che i vallon li sceman quici. (Pg VII 64-66)

(7)

Non era ancor molto lontan da l'orto,

ch'el cominciò a far sentir la terra

de la sua gran virtute alcun conforto (Pd XI 54-57)

In questi casi è da notare che nella protasi compaiono spesso elementi lessicali che indicano separazione e allontanamento rispetto a un evento narrato nelle terzine precedenti e l'effetto è quello di una cesura, di un "salto in avanti" nel continuum narrativo. Anche quando la relazione espressa è quella di posteriorità, dunque, il cum

inversum ha lo scopo di segnalare il passaggio da una scena all'altra nella narrazione.

5.4.5 F

UNZIONITESTUALI DELLE TEMPORALIDELLACONTEMPORANEITÀ

Le temporali della contemporaneità costituiscono uno dei capisaldi dell'architettura dei passi narrativi; esse compaiono quasi sempre all'interno di catene anaforiche che garantiscono coesione, ma anche vivacità, alla narrazione, attraverso un processo di continua addizione informativa18.

(1)

Per più fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser basciato da cotanto amante,

18 «Se a far avanzare la narrazione contribuiscono soprattutto le temporali di posteriorità(e, in misura

minore, quelle di anteriorità), ad arricchirne la cornice pensano soprattutto i costrutti di contemporaneità. Mentre le prime agiscono in senso orizzontale, lungo l’arco cronologico principale, le seconde operano verticalmente, esplicitando la connessione fra diversi eventi, sincronizzando le linee narrative, contestualizzando le azioni salienti ed arricchendo il quadro informativo. Se è lecito prendere a prestito un’immagine dal linguaggio musicale, diremmo che attorno alla melodia della successione temporale, le relazioni di contemporaneità costruiscono l’armonia» (Bianco 2011: 192).

(27)

questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. (If V 130-135)

(2)

Vedi Tiresia, che mutò sembiante

quando di maschio femmina divenne,

cangiandosi le membra tutte quante; (If XX 40-42)

(3)

Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe che la madre mi diè, l'opere mie non furon leonine, ma di volpe. Li accorgimenti e le coperte vie io seppi tutte, e sì menai lor arte, ch'al fine de la terra il suono uscie.

Quando mi vidi giunto in quella parte di mia etade ove ciascun dovrebbe

calar le vele e raccoglier le sarte,

ciò che pria mi piacea, allor m'increbbe, e pentuto e confesso mi rendei;

ahi miser lasso! e giovato sarebbe. (If XXVII 73-84)

(4)

Giunse quel mal voler che pur mal chiede con lo 'ntelletto, e mosse il fummo e 'l vento per la virtù che sua natura diede.

Indi la valle, come 'l dì fu spento, da Pratomagno al gran giogo coperse di nebbia; e 'l ciel di sopra fece intento, sì che 'l pregno aere in acqua si converse; la pioggia cadde, e a' fossati venne di lei ciò che la terra non sofferse; e come ai rivi grandi si convenne, ver' lo fiume real tanto veloce si ruinò, che nulla la ritenne. (Pg V 112-123)

Nel celeberrimo passo in (1) la temporale «quando leggemmo» si colloca in conclusione di una catena anaforica che ha inizio nella terzina precedente: il complemento di tempo «per più fiate» crea una cornice temporale che ritrae Paolo e Francesca intenti nella lettura e colti da continui turbamenti; nell'avversativa che chiude la terzina viene anticipato l'evento che irrompe nella cornice, dando una svolta decisiva alla narrazione: l'espressione «un punto», che riprende per contrasto la determinazione temporale iterativa posta in incipit della terzina, è poi ampliata appositivamente19 dal coreferenziale «Quando» che apre la terzina sucessiva, in cui Francesca narra per esteso l'evento cruciale, anticipato al verso precedente.

In (2) si ha un altro esempio di temporale della contemporaneità che espande appositivamente il contenuto della sovraordinata. In questo caso anzi la terzina è composta da tre frasi che alludono alla medesima realtà, perché anche la temporale è a sua volta ripresa da una subordinata di maniera. Si crea così un tipo di narrazione statica, perché non c'è una successione di eventi lungo una linea temporale, né una 19 Nell'ambito della prosa antica Bianco (2011) individua una vera e propria categoria di temporali

appositive: «non di rado, soprattutto nei testi di carattere cronachistico, la temporale svolge questa funzione di apposizione, espandendo un complemento di tempo precedente; l'espansione può semplicemente aggiungere un'informazione su vicende avvenute nell'arco temporale definito dal complemento […] oppure restringere questo arco, selezionandone un segmento». Bianco restringe questo tipo di temporale solo al modulo complemento di tempo + temporale di ripresa, ma in realtà la temporale espande appositivamente la sovraordinata anche in altri casi, come in (1, 2).

(28)

concomitanza di eventi. Si ha invece una sorta di messa a fuoco via via più precisa del medesimo evento, con una sorta di climax del meraviglioso: di Tiresia si dice in un primo momento che, genericamente, «mutò sembiante», poi si specifica che si trasformò da uomo in donna (ed è questa l'informazione fondamentale portata dalla temporale appositiva), e infine si indugia sul dato, ormai ovvio, ma certamente meraviglioso a udirsi, che la trasformazione comportò un mutamento radicale del suo corpo. In questo caso la temporale è rematica, ma viene immediatamente tematizzata dal gerundio di maniera successivo.

A questa fondamentale funzione di ripresa anaforica del già detto, si affianca, nelle narrazioni più lunghe, una più marcata funzione coesiva e strutturante delle proposizioni temporali della contemporaneità (funzione del resto condivisa con le altre due tipologie di temporale). Se ne ha un esempio in (3), in cui due temporali, la prima indicante simultaneità, la seconda coincidenza, sono collocate in apertura di due sezioni – ciascuna di due terzine – che descrivono due diversi momenti della vita di Guido da Montefeltro. La prima coppia di terzine, che descrive l'attitudine all'inganno e all'intrigo politico del dannato, si conclude con una subordinata consecutiva, modulo tipicamente conclusivo, a cui si associa, sempre in funzione conclusiva, l'iperbole «al fine de la terra». La determinazione temporale quando posta all'inizio della terzina successiva assume allora la funzione di netto stacco narrativo, data anche dalla possibilità del connettivo di assumere un valore avversativo. Nella seconda coppia di terzine, la prima è interamente occupata dalla temporale e dalle sue subordinate, mentre la principale compare all'inizio della terzina successiva, con una ripresa avverbiale della temporale stessa (allor)20 in antitesi al prima che richiama invece la coppia di terzine precedente.

In (4) si può osservare un altro esempio di come le temporali indicanti coincidenza abbiano sovente una funzione propulsiva nella narrazione. Buonconte da Montefeltro sta raccontando di come un diavolo, già pronto a condurlo all'Inferno, per vendicarsi del suo pentimento in punto di morte, fece sì che il suo cadavere venisse trascinato via dai fossi in piena fino all'Arno e che quindi non venisse mai più ritrovato. Il racconto di questo episodio si apre con una terzina che anticipa l'avvento della tempesta che il diavolo sta per scatenare. Segue un periodo che si estende per l'arco di tre terzine con la 20 È abbastanza frequente la ripresa avverbiale della subordinata temporale, soprattutto nei periodi più

(29)

seguente struttura: Indi la valle... da Pratomagno al gran giogo coperse e 'l ciel di sopra fece intento la pioggia cadde e a' fossati venne di lei ciò

e... ver' lo fiume real tanto veloce

si ruinò, I come 'l dì fu spento sì che 'l

pregno aere in acqua si converse; che la terra non sofferse come ai rivi grandi si convenne che nulla la ritenne

La sintassi rispecchia fedelmente la successione degli eventi sulla linea temporale, sottolineando la rapidità dello svolgimento dei fatti e alternando strategie coordinative e subordinative: le due temporali prolettiche introdotte da come, connettivo che rafforza l'idea della coincidenza, della più stretta contemporaneità (cfr. supra § 5.4.2); le due consecutive, che sottolineano l'immediato nesso di causa-conseguenza tra gli eventi; il polisindeto, con la ripetizione della congiunzione e, che crea una catena di predicati al passato remoto.

Oltre che dalle temporali di coincidenza, la funzione propulsiva nella narrazione è assunta, più in generale, da tutte le temporali che, da un punto di vista logico, esprimono legami più prossimi alla posteriorità o all'anteriorità, come l'incoatività, la terminatività e le diverse forme del cum inversum. La terminatività in particolare sembra essere privilegiata nelle profezie, in virtù della peculiarità semantica e pragmatica di catalizzare l'attenzione sul fine ultimo degli avvenimenti profetizzati:

(5)

Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro

verrà, che la farà morir con doglia.

Questi non ciberà terra né peltro, ma sapienza, amore e virtute, e sua nazion sarà tra feltro e feltro.

Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute.

Questi la caccerà per ogne villa,

fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, là onde 'nvidia prima dipartilla.

Ond'io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, …

(30)

(6)

La bestia ad ogne passo va più ratto, crescendo sempre, fin ch'ella il percuote, e lascia il corpo vilmente disfatto.

Non hanno molto a volger quelle ruote", e drizzò li occhi al ciel, "che ti fia chiaro

ciò che 'l mio dir più dichiarar non puote.

(Pg XXIV 85-90)

Come le temporali di anteriorità, inoltre, le temporali indicanti incoatività e terminatività hanno una funzione di marcatori testuali, collocandosi molto spesso in conclusione della sequenza narrativa e segnando il passaggio a una sezione testuale di altro tipo, come è segnalato, ad esempio, nelle porzioni di testo sottolineate in (5) e (7):

(7)

Di voi pastor s'accorse il Vangelista, quando colei che siede sopra l'acque puttaneggiar coi regi a lui fu vista; quella che con le sette teste nacque, e da le diece corna ebbe argomento,

fin che virtute al suo marito piacque.

Fatto v'avete dio d'oro e d'argento; e che altro è da voi a l'idolatre,

se non ch'elli uno, e voi ne orate cento? (If XIX 106-114)

Oltre che nelle sezioni narrative, le temporali della contemporaneità hanno una buona diffusione anche nelle sezioni descrittive ed espositive, quando entrambi i membri del costrutto sono al presente, onnitemporale o iterativo21. Nella prima cantica queste determinazioni temporali sono utilizzate per descrivere le pene che si ripetono sempre identiche nell'aldilà. Nel Purgatorio e nel Paradiso, dove questa tipologia di costrutto temporale è molto più frequente, a questa funzione si affianca quella caratterizzare realtà intemporali, tipicamente in contesti gnomici o in similitudine:

(8)

Assai la voce lor chiaro l'abbaia,

quando vegnono a' due punti del cerchio

dove colpa contraria li dispaia. (If VII 43-45)

(9)

Letè vedrai, ma fuor di questa fossa,

là dove vanno l'anime a lavarsi

quando la colpa pentuta è rimossa".

(If XIV 136-138) (10)

Lo naturale è sempre sanza errore, ma l'altro puote errar per malo obietto o per troppo o per poco di vigore.

21 Cfr. Zennaro (2010: 956). Per Bianco (2011: 147) «L’iteratività di q, in cui quando viene ad

assumere il significato di ’ogni volta che’, tende a neutralizzare l’opposizione tra le forme verbali e, con essa, quella tra le diverse categorie della contemporaneità».

(31)

Mentre ch'elli è nel primo ben diretto, e ne' secondi sé stesso misura,

esser non può cagion di mal diletto; ma quando al mal si torce, o con più cura o con men che non dee corre nel bene, contra 'l fattore adovra sua fattura. (Pg XVII 94-102)

(11)

Quando Làchesis non ha più del lino,

solvesi da la carne, e in virtute ne porta seco e l'umano e 'l divino: (Pg XXV 79-81)

(12)

Non ti dee oramai parer più forte,

quando si dice che giusta vendetta

poscia vengiata fu da giusta corte. (Pd VII 49-51)

(13)

E io: "Per filosofici argomenti e per autorità che quinci scende

cotale amor convien che in me si 'mprenti: ché 'l bene, in quanto ben, come s'intende, così accende amore, e tanto maggio quanto più di bontate in sé comprende. (Pd XXVI 25-30)

5.5 L

E TEMPORALI DELLA POSTERIORITÀ

Come già notava Herczeg (1972: 65): «Nel Duecento la categoria a) [cioè quella della contemporaneità] sembrava essere numericamente più forte della categoria b) [cioè quella della posteriorità]. Nella Divina Commedia la seconda categoria invece pare che abbia notevolmente guadagnato terreno».

Forse in virtù della loro «relazione analogica con l'effettivo ordine di successione degli eventi» (Digregorio 2006: 63), le temporali della posteriorità dimostrano di essere connaturate alla narratività, assumendo sempre una funzione propulsiva. All'espressione di una temporalità dinamica e si affianca la funzione di coesione testuale, attraverso una scansione dei momenti salienti della narrazione che si basa sul meccanismo della ripetizione: spesso infatti le temporali della posteriorità non sono tanto preposte a esprimere la relazione semantica della temporalità, quanto a rendere massimamente esplicita la connessione testuale, finendo talora, in questa stessa funzione di recupero del già detto, e di sunto di ciò che è stato precedentemente raccontato, a segnare una partizione quasi ritmica del testo. Le temporali della posteriorità che rimangono produttive a livello informativo sono quelle che esprimono rapporti di natura cronologica, come il succedersi degli anni e dei giorni, del giorno e della notte, dei regni di re ecc.».

Le temporali della posteriorità, connaturate ai testi con finalità narrativa, sono poco numerose nei testi argomentativi, mentre si concentrano nei testi narrativi più schiettamente epico-narrativi perché nella narrazione dei fatti passati l'istanza

Figura

Tabella 1: Frasi temporali nella Commedia
Tabella 2: Introduttori delle frasi temporali
Tabella 3: Frequenze della temporale esplicita della contemporaneità con quando e  del gerundio nelle tre cantiche

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