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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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a cura di SONIA MARZADRO

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Q U A D E R N I D E L L A P R O G R A M M A Z I O N E

O S S E R V A T O R I O

LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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progetto grafico Pio Nainer Design Group impaginazione Edizioni31

©2010 Edizioni31 ISBN 13: 978-88-88224-69-5 Tutti i diritti riservati.

È vietata la riproduzione, anche parziale ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata.

I libri di Edizioni31 sono acquistabili sul sito www.edizioni31.it

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Contenuti

INTRODUZIONE 1 Sonia Marzadro

CAPITOLO 1

I cambiamenti demografici 5

Sonia Marzadro

1.1 Introduzione 5

1.2 Un popolo di record 6

1.3 Conclusioni 10

CAPITOLO 2

La presenza dei lavoratori anziani nel mercato del lavoro 13 Sonia Marzadro

2.1 Introduzione 13

2.2 I lavoratori anziani 14

2.3 Le carriere lavorative degli anziani 23

2.3.1 L’occupazione corrente 23

2.3.2 La mobilità occupazionale 24

2.3.3 I tempi di transizione all’inattività 28

2.4 Verso la pensione 33

2.5 Conclusioni 34

CAPITOLO 3

Gli ultracinquantenni tra occupazione ed inattività 37 Sara Zella

3.1 Introduzione 37

3.2 I pensionati e le casalinghe in Trentino 38

3.3 I pensionati nel mercato del lavoro 40

3.4 L’attività lavorativa dei pensionati 44

3.5 Perché i pensionati lavorano? 46

3.6 Le condizioni per tornare nel mercato del lavoro 48

3.7 Conclusioni 51

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

II

CAPITOLO 4 53

La vita sociale Sara Zella

4.1 Introduzione 53

4.2 Il contesto relazionale 53

4.2.1 La famiglia 54

4.2.2 Il tempo trascorso in casa 54

4.2.3 Il rapporto con i parenti e gli amici 61

4.3 Il tempo dei pensionati e delle casalinghe trentine 63

4.3.1 L’aiuto a familiari e amici 64

4.3.2 Attività extradomestiche 70

4.4 Conclusioni 82

CAPITOLO 5 85

I livelli di soddisfazione Claudio Gianesin

5.1 Introduzione 85

5.2 La transizione al pensionamento 85

5.2.1 Il passaggio da lavoratore a pensionato 86 5.2.2 I cambiamenti nella quotidianità dopo il pensionamento 95

5.3 I livelli di soddisfazione 100

5.3.1 La soddisfazione economica 101

5.3.2 La soddisfazione per le relazioni familiari e amicali 107

5.4 Conclusioni 113

CAPITOLO 6 115

Le condizioni di salute Claudio Gianesin

6.1 Introduzione 115

6.2 La salute percepita 117

6.2.1 L’incidenza dei fattori socio-economici e relazionali sulla salute

percepita 121 6.2.2 Il contesto familiare e la salute percepita 126

6.2.3 Limitazioni psicofisiche e percezione della salute 128 6.2.4 Lo studio degli effetti netti di alcune caratteristiche individuali sullo

stato di salute percepito 131

6.3 Conclusioni 136

CONCLUSIONI 137 Sonia Marzadro

BIBLIOGRAFIA 141

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Note sugli autori

Claudio Gianesin: ricercatore presso l’Osservatorio Permanente per l’economia, il lavoro e per la valutazione della domanda sociale.

Sonia Marzadro: dottore di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale e ricercatrice presso l’Osservatorio Permanente per l’economia, il lavoro e per la valutazione della domanda so- ciale.

Sara Zella: dottoranda in Sociologia e Ricerca Sociale e ricercatrice presso l’Osservatorio Permanente per l’economia, il lavoro e per la valutazione della domanda sociale.

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Introduzione

Sonia Marzadro

Il corso della vita non è biologicamente determinato ma è una costruzione so- ciale. Intendiamo dire che in ogni sistema sociale è possibile identificare un in- sieme di norme e aspettative che stabiliscono un legame più o meno stretto tra l’età anagrafica e particolari assunzioni di ruolo (Schizzerotto 2002, Saraceno 1986). Intorno agli anni Sessanta del secolo scorso si stabilì la tripartizione del corso di vita studio-lavoro-pensione. Quest’ultimo periodo divenne allora sino- nimo di vecchiaia il cui inizio ufficiale era fissato in una soglia di età uniforme definita dai sistemi pensionistici (Kohli 1991)1. Fu proprio grazie all’affermarsi degli schemi pubblici di pensionamento che l’età senile divenne una fase della vita strutturalmente distinta. Non a caso, i demografi identificano tradizional- mente nel 65esimo anno di età, che spesso corrisponde al momento di uscita dal mercato del lavoro, la soglia alla quale fare riferimento per individuare la popolazione anziana.

Successivamente, però, l’affermarsi di nuovi percorsi di uscita dal mercato del lavoro e di tempi di transizione diversi per alcuni gruppi di lavoratori (si pensi, ad esempio, ai programmi di prepensionamento) ha spinto verso una maggiore differenziazione, rispetto al passato, delle traiettorie dal lavoro alla pensione2. Inoltre, assistiamo da qualche tempo alla nascita dei cosiddetti “giovani anziani”

(tra i 65 e i 74 anni) che, grazie ai maggiori livelli di benessere e di istruzione, alle migliorate condizioni di salute, all’aumentata speranza di vita, si allontanano significativamente dalla definizione storicamente attribuita all’essere anziani caratterizzata da un lento decadimento delle condizioni fisiche, cognitive e so- ciali della persona. Sempre più ricorrenti sono le scelte di rimanere attivi riallo-

1 L’espansione dello stato sociale e la regolamentazione delle norme relative ai criteri di accesso ai servizi hanno istituzionalizzato e standardizzato il modello tripartito del corso di vita. Si è soliti indicare con il primo termine il processo per cui l’organizzazione sociale e temporale delle traiettorie di vita è regolata attraverso norme e, con il secondo, il fatto che alcuni eventi e transizioni diventano universali e con una tempistica uniforme tra la popolazione.

2 Va detto comunque che le ricerche empiriche non supportano l’ipotesi secondo cui si sia verificato un processo di individualizzazione o, detto altrimenti, di de-istituzionalizzazione del corso di vita perché i regimi di welfare non sembrano aver perso il loro potere regolatore per quanto concerne la transizione al pensionamento (Zaccaria 2010).

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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cando le proprie risorse fisiche e mentali in attività più adeguate alle mutate condizioni di vita (active-ageing).

La condizione anziana si presenta come una fase del ciclo di vita dell’individuo sempre più estesa temporalmente e diversificata la cui interpretazione e com- prensione è legata alla capacità di coglierne la differenziazione. Un tale dato di fatto ha spinto, peraltro, alcuni autori a legare il concetto di invecchiamento più alla sopravvivenza che alla sempre più incerta cronologia del ciclo di vita pro- duttivo e riproduttivo, ad esempio, fissando la soglia della vecchiaia in funzione della vita residua, ossia del numero di anni che in media un individuo può ulte- riormente aspettarsi di vivere dopo la pensione, oppure in base alla speranza di vita in buona salute. Al di là del parametro utilizzato per indicarne l’inizio, si è affermata comunque la necessità di disporre di indicatori diversi per mettere a fuoco aspetti differenti di un fenomeno complesso come quello dell’invecchiamento non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche sotto il profilo qualitativo.

La struttura del rapporto è la seguente.

Nel primo capitolo si fornirà una breve descrizione del contesto attuale attraver- so l’analisi di alcuni indicatori demografici di fonte Eurostat e Istat. Poiché alla luce delle tendenze demografiche e di quelle economico-produttive è emerso che una delle chiavi di volta della sostenibilità del sistema pensionistico è costi- tuita dalla attività lavorativa delle persone di età 50-70 anni, nei successivi capi- toli tratteremo dapprima quanti, entro questa fascia d’età, partecipano al merca- to del lavoro e, successivamente, coloro che risultano al di fuori di esso in quan- to pensionati, ritirati o casalinghe.

Nello specifico, il secondo capitolo parte dalla preoccupante constatazione che, nonostante il progressivo invecchiamento della popolazione nelle classi superio- ri di età, la partecipazione al lavoro e allo sviluppo economico sia, in alcuni pae- si come in Italia e, nello specifico, in Trentino, ancora piuttosto limitata. Dopo aver descritto l’andamento della presenza dei lavoratori anziani (ossia quelli con più di 55 anni) nel mercato del lavoro secondo la fascia d’età e il genere di ap- partenenza, il capitolo proseguirà con un approfondimento della fase finale della carriera lavorativa degli individui e della loro transizione verso la pensione. A tal fine si farà ricorso ai dati raccolti dalla Rilevazione Continua delle Forze di Lavo- ro condotta da Istat (e dal Servizio Statistica per la parte provinciale) e, in parti- colare, a quelli di un suo modulo ad hoc sulla Transizione verso la pensione, effettuato nel 2006. Per l’analisi delle traiettorie occupazionali si farà, invece, riferimento alle varie ondate della oramai nota indagine locale sulle condizioni di vita delle famiglie trentine, realizzata da Opes e Servizio Statistica della Provin-

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INTRODUZIONE

3

cia autonoma di Trento, che ha raccolto numerose informazioni tra cui quelle relative a tutti gli episodi della carriera lavorativa degli intervistati (Schizzerotto e Ziglio 2005, Fambri e Schizzerotto 2009).

I successivi quattro capitoli avranno, invece, come oggetto i pensionati e le ca- salinghe. In essi, si cercherà di verificare come le persone adulte non occupate impieghino la giornata e di valutare quali eventuali azioni potrebbero coinvolger- le nello sviluppo economico e sociale. A tal fine si rivolgerà l’attenzione ad alcu- ni temi specifici: dapprima la partecipazione ad attività lavorative (cap. III), poi la condizione familiare, la vita relazionale, le attività di cura nei confronti dei fami- liari e degli amici e le attività extra domestiche quali l’impegno sociale, la parte- cipazione ad attività formative e l’organizzazione del tempo libero (cap. IV);

successivamente i livelli di soddisfazione e, più in generale, la percezione della qualità della vita (cap. V); e, infine, lo stato di salute (cap. VI). Le analisi verran- no principalmente condotte attraverso i dati dell’Indagine su La condizione degli ultracinquantenni in Trentino realizzata nel corso del 2009 da Opes e Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento. Al fine di effettuare confronti si farà, comunque, ricorso anche ad altre indagini nazionali e internazionali e, se- gnatamente, alla multiscopo “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”

(Istat) del 2005, alla Multiscopo “Famiglie e soggetti sociali” (Istat) del 2008 e, infine, all’indagine europea SHARE (Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe) per l’anno 2004/05.

L’ultimo capitolo sarà, infine, dedicato alle conclusioni.

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CAPITOLO 1

I cambiamenti demografici

Sonia Marzadro

1.1 Introduzione

In gran parte dei paesi dell’Europa comunitaria (ma non solo), è attualmente in corso un processo di invecchiamento della popolazione che, sviluppatosi a par- tire dalla seconda metà degli anni Settanta, ha determinato un forte cambia- mento della struttura demografica. Per effetto congiunto dell’abbassamento dei livelli di fertilità e del parallelo incremento delle aspettative di vita questa è an- data sempre più sbilanciandosi verso le classi d’età più anziane. Lo squilibrio che si sta lentamente generando tra le classi economicamente produttive e quelle anziane – che, oltre ad essere economicamente passive, rappresentano anche un costo in termini pensionistici e assistenziali – sta mettendo a dura prova la sostenibilità dei sistemi di welfare contemporanei3. Come evidenziato dalle statistiche internazionali, i tempi e l’intensità dell’invecchiamento sono, comunque, molto diversificati tra i paesi dell’UE per effetto dei diversi livelli di sviluppo economico e sociale esistenti.

Anche nella nostra provincia, nonostante vi siano alcuni segnali positivi, almeno rispetto al contesto nazionale, quali un significativo tasso di crescita demografi- ca, variazioni positive del saldo naturale della popolazione e un tasso di fecon- dità lievemente superiore rispetto alla media nazionale, la distribuzione per fa- sce d’età della popolazione non accenna a riequilibrarsi, cosicché la proporzio- ne dei più anziani continua a rimanere più elevata di quella dei giovani (Opes 2010).

3 Tra le variabili istituzionali che concorrono a spiegare il comportamento demografico vi sono le caratteristiche del sistema di welfare, i modelli familiari e la struttura occupazionale (Esping-Andersen 2000, Blossfeld et al 2006).

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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1.2 Un popolo di record

Gli italiani sono uno dei popoli più longevi del vecchio continente. Secondo le stime Istat più recenti, l’aspettativa di vita nel 2007 era di 78,7 anni per gli uomi- ni e di 84,2 anni per le donne. In Trentino, la situazione risulta, peraltro, ancora più favorevole: 79,3 anni è la durata della vita media per i primi e 85,5 anni quella per le seconde. Complessivamente si tratta di circa tre anni in più rispetto alla media europea dell'Unione a 27 paesi (Tab. 1.1).

Chi, poi, arriva a 60 anni, se ne trova davanti altri 22, se uomo, e quasi 27 anni, se donna (in Italia la speranza di vita a questa età risulta pari a 22 e 26 anni rispettivamente), valori che probabilmente aumenteranno visto lo scenario in continuo miglioramento.

Non solo si vive più a lungo, ma si vive anche mediamente bene, ossia un buon numero di anni in condizione di buona salute senza subire la riduzione o la per- dita delle proprie capacità funzionali4. Nel 2005 (ultimo dato disponibile) la spe- ranza di vita libera da disabilità calcolata per le persone di 15 anni era la più alta tra le regioni italiane e segnatamente pari a 61,7 per gli uomini e 66,1 per le donne (nell’intera nazione era rispettivamente 60,5 e 63,5 anni).

Tab. 1.1 Speranza di vita in Trentino, Italia, UE-27. Anno 2007. (Valori percentuali)

Trentino Italia UE-27

Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne Speranza di vita alla nascita 79,3 85,5 78,7 84,2 76,1 82,2 Speranza di vita a 60 anni 22,3 26,9 22,0 26,2 20,7 24,8 Speranza di vita a 65 anni 18,2 22,5 18,0 21,8 17,0 20,5 Fonte: Eurostat

Nota: la speranza di vita rappresenta la durata media della vita, ovvero il numero di anni che un individuo può aspettarsi di vivere al momento della nascita o a partire da specifiche età.

Ciononostante, in Trentino, come nel resto d’Italia, si fanno ancora troppi pochi figli per garantire un ricambio generazionale5. In effetti, nel 2009, il tasso di fe- condità, seppur uno tra i più elevati d’Italia (grazie peraltro all’apporto delle im- migrate) e, per la precisione, secondo solo a quello della provincia di Bolzano, risulta ancora inferiore a quello medio dell’Europa e 15 stati. Esso era, infatti, pari a 1,53 a fronte dell’1,42 italiano e dell’1,66 europeo6 (Opes 2010). Basti

4 La speranza di vita libera da disabilità combina i dati di mortalità alle informazioni sulle esperienze di morbilità di una popolazione. Si veda a tal proposito il rapporto Istat “100 statistiche per il Paese. Indicatori per conoscere e valutare”

http://www.istat.it.

5 Ciò sarebbe garantito se il numero di figli per donna in età fertile fosse superiore a 2.

6 L’ultimo valore disponibile per l’Europa a 27 paesi risale al 2007 ed è pari a 1,56.

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I CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI

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ricordare a tal proposito che le ricerche empiriche hanno mostrato come in Trentino, ma anche in Italia, gli svantaggi competitivi nella transizione alla con- dizione adulta subìti dalle giovani generazioni – quelle nate dal 1960 in avanti – nei confronti di quelle dei loro padri e delle loro madri, si traducano in crescenti difficoltà nel formare nuove famiglie e nell’avere figli (Schizzerotto 2002, OPES 2009).

Le elevate performance nel campo della longevità assieme alla (ancora) bassa propensione a fare figli, stanno alla base di un altro noto record che ci caratte- rizza (a livello locale e ancor più a livello nazionale), vale a dire l’invecchiamento della popolazione.

Graf. 1.1 Andamento popolazione in età di 65 anni e oltre su popolazione totale in Trentino, Italia, UE- 27. (Valori percentuali)

Fonte: per il Trentino: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento; per l’Italia e l’UE-27 Istat Noi Italia.

Nel 2008, il 19,4% dei trentini aveva oltre i 64 anni di età, un valore in lieve cre- scita che già dalla fine degli anni Novanta risultava addirittura superiore a quello dei trentini con età compresa tra 0 e 15 anni che nel 2008 era pari al 15,3%.

Nello stesso anno, in Italia si contava un anziano ogni cinque abitanti a fronte della media comunitaria (dei 27 paesi) di poco più di uno ogni sei abitanti7. Os- servando l'andamento nell’ultimo decennio del tasso in parola, si nota un incre- mento di circa 1 punto e mezzo percentuale in Trentino e di circa 2 punti per-

7 La fonte dei dati è OECD Factbook 2009. Al sito www.gapminder.org è disponibile un mappa interattiva della dinamica dell’incidenza della popolazione anziana in vari paesi.

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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centuali in Italia. Aumenti superiori ai due punti percentuali si sono evidenziati anche negli altri stati che si affacciano sul Mediterraneo mentre in alcuni paesi dell’Europa settentrionale come l’Irlanda e la Danimarca la percentuale di an- ziani è rimasta pressoché inalterata.

Qualora si osservi il rapporto tra gli ultra 64enni e la popolazione con meno di 15 anni8 si scopre che nel 2009 gli anziani erano, a livello locale, il 29% in più dei giovani. Estendendo lo sguardo al contesto nazionale, si rileva uno squilibrio generazionale ancora maggiore9 che colloca l’Italia al secondo posto (dopo la Germania) nella classifica dei paesi europei in termini di invecchiamento della popolazione residente. In effetti, gli anziani erano, in Italia, il 43% in più dei gio- vani, mentre nell’Europa a 27 paesi si riscontrava nel 2007 (ultimo dato disponi- bile) un maggiore equilibrio tra le due classi di età (i primi pari all’8,6% in più)10. I dati sull’invecchiamento appaiono ancor più rilevanti se si considera la previ- sione di una progressiva diminuzione della quota di soggetti in età lavorativa (15-64 anni) la quale condurrà ad una rapida crescita del tasso di dipendenza e del rapporto tra occupati e pensionati (Servizio Statistica 2009).

Per quanto concerne il peso dei soggetti ultra 65cinquenni sugli individui in età lavorativa (altrimenti detto tasso di dipendenza demografica degli anziani) anco- ra una volta il Trentino, e in misura pressoché simile l’Italia, primeggiano (in senso negativo) nell’arena europea (Graf. 1.2). L’indice in parola era, nel 2009, pari al 29,6% nel primo caso e al 30,6% nel secondo.

8 Si tratta del cosiddetto indice di vecchiaia.

9 Il maggiore squilibrio dipende dal fatto che in Italia, rispetto al Trentino, vi è una minore incidenza della popolazione in età giovanile e una maggiore incidenza di quella anziana.

10 I paesi dell’UE-27 con valori dell’indice di vecchiaia superiore alla media sono, oltre ad Italia e Germania, la Grecia (130,6%), la Bulgaria (129,3%) la Lettonia (125,1%), la Slovenia (116,3%), l’Estonia (116,0%) la Spagna (113,6%), il Portogallo (113,6%) e l’Austria (111,8%). Il paese che, invece, presenta il valore più basso di detto indice è l’Irlanda (52,9%).

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I CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI

9 Graf. 1.2 Tasso di dipendenza demografica degli anziani. Anno 2009. (Valori percentuali)

Fonti: per il Trentino, elaborazioni su dati Istat, Forze di lavoro; per gli altri paesi, Eurostat

Graf. 1.3 Tasso di dipendenza economica degli anziani. Anni 2000 e 2005. (Valori percentuali)

Fonti: per il Trentino e l’Italia: elaborazioni su dati Istat, Forze di lavoro (anni vari); per gli altri paesi: OECD Factbook 2008 – Economic, Environmental and Social Statistics.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

2000 2005

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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Se, poi, nel computo del carico della popolazione inattiva si volessero includere oltre alla componente anziana anche quella in età compresa tra 0 e 14 anni11, ne risulta che sia in Trentino (52,8% nel 2008) sia in Italia (51,9%) si supera la soglia critica del 50% che rappresenta una evidente situazione di squilibrio ge- nerazionale.

Tuttavia, la sostenibilità dei sistemi pensionistici dipende soprattutto dal tasso di dipendenza economica degli anziani, vale a dire dal rapporto tra questi e le for- ze di lavoro totali. Va detto, infatti, che gli effetti demografici possono essere aggravati oppure ridimensionati grazie all’incremento della partecipazione alla forza lavoro e alla riduzione dei tassi di disoccupazione12. Ebbene, come risulta chiaro dal Graf. 1.3, il Trentino e l’Italia, presentano, anche in questo caso, valo- ri piuttosto elevati rispetto ad altri paesi europei.

Di fronte ai primati fin qui brevemente descritti è, allora, lecito chiedersi come mai, pur vivendo, in media, di più e meglio, andiamo, paradossalmente, in pen- sione prima. I dati Istat e Eurostat suggeriscono, infatti, che l’età media effettiva di pensionamento era nel 2005 in Trentino lievemente inferiore rispetto all’Italia e, comunque, in entrambi i casi, più bassa (circa 2 anni) di quella media dell’UE-2513. A ciò va aggiunto che siamo una provincia (ma anche una nazio- ne) con bassi tassi di occupazione over 50 e che meno incentiva la partecipa- zione femminile al mercato del lavoro nonostante si sia più volte riscontrato che una significativa quota di donne che si trovano fuori dal mercato del lavoro, a causa del carico degli impegni familiari, dichiari di essere disposta a lavorare, magari part-time o con orario flessibile (Schizzerotto e Fambri 2008). Avremo modo di approfondire la questione nel prossimo capitolo.

1.3 Conclusioni

L’invecchiamento della popolazione, pur essendo una delle grandi conquiste dell’umanità, ha comportato una serie di sfide sociali, economiche e politiche.

La trasformazione demografica avviatasi in Europa negli anni Settanta si è tro- vata, infatti, successivamente associata ad altre modificazioni strutturali nel campo dell’economia e del mercato del lavoro, quali la riduzione dei tassi di occupazione maschile nel settore industriale, il diffondersi di nuove forme di flessibilità prodotte dal processo di terziarizzazione, l’aumento dell’occupazione

11 Si tratta dell’indice di carico sociale totale.

12 Per tali ragioni l’andamento del tasso di dipendenza economica degli anziani può essere molto diverso da quello del tasso di dipendenza esclusivamente demografico.

13 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS-SF-07-097/EN/KS-SF-07-097-EN.PDF

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I CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI

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femminile e della disoccupazione giovanile, la crisi dello stato sociale14, che hanno prodotto come risposta una serie di azioni istituzionali contraddittorie nei confronti della spinta demografica (Abburrà e Donati 2004).

In alcuni paesi, tra cui l’Italia, al fine di bilanciare il rapporto tra domanda e offer- ta di lavoro si è fatto inizialmente ricorso a prepensionamenti accelerando artifi- cialmente la vecchiaia di quelli che vengono definiti “vecchi per il lavoro” (IRES 2004).

Tuttavia, la crisi dei presupposti e della sostenibilità economica dei sistemi di protezione sociale ha messo a dura prova i meccanismi passivi favorendo il diffondersi di una nuova prospettiva basata sul recupero delle potenzialità di partecipazione attiva, ovvero sul mantenimento dell’impiegabilità dei lavoratori più anziani. Uno degli elementi essenziali della sostenibilità del sistema pensio- nistico diventa quindi l’attività lavorativa degli ultracinquantenni, sia perché il tasso di attività di tali persone è fra i più bassi dell’Unione europea sia perché questo è il gruppo di popolazione che nei prossimi due decenni vedrà aumenta- re la propria consistenza numerica a fronte di una riduzione della fascia giovane in età lavorativa (nonostante l’apporto dell’immigrazione straniera).

14 La base del meccanismo di funzionamento degli stati sociali era infatti l’equilibrio intergenerazionale. Tuttavia, i cambiamenti demografici assieme ai processi di modificazione strutturale dell’economia e del lavoro ne hanno incrementato le difficoltà di gestione. Non solo i giovani che entrano nel mercato del lavoro sono numericamente meno di quelli che escono, ma molti dei primi sono tenuti lontani da un’occupazione stabile e sicura.

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CAPITOLO 2

La presenza dei lavoratori anziani nel mercato del lavoro

Sonia Marzadro

2.1 Introduzione

Con la crisi economica degli anni Settanta, il diritto al benessere durante la vec- chiaia, reso possibile attraverso l’implementazione dei regimi pensionistici av- venuta, nei paesi industrializzati, alla fine del XIX secolo, subisce un duro colpo al punto che, al fine di far fronte alla crescita della disoccupazione e rispondere all’accresciuta domanda di copertura dei bisogni sociali, molti paesi hanno fatto ricorso al pensionamento anticipato rispetto all’età minima necessaria per poter beneficiare della pensione pubblica (in molti paesi fissata a 65 anni)15. Di con- seguenza, si è verificato un abbassamento dei tassi di attività dei “lavoratori anziani”16 che, congiuntamente alle dinamiche demografiche precedentemente descritte, ha aggravato il tasso di dipendenza economica in particolar modo nei paesi dell’Europa centrale e meridionale, caratterizzati da un forte welfare cor- porativo17 (Kohli et al 1991, Blossfeld et al. 2006, Zaccaria 2009).

Come detto, successivamente è emersa, perciò, a più riprese18 la necessità di incoraggiare la permanenza sul mercato del lavoro degli ultracinquantenni e ultrasessantenni creando le condizioni idonee all’invecchiamento attivo oltre i 55

15 Le politiche di young in/old out praticate in molti paesi negli anni ’80 e ’90 avevano, appunto, l’intento di favorire l’ingresso delle fasce d’età più giovani.

16 Il termine “lavoratore anziano” ha origine anglosassone (ageing worker) e, sebbene non esista al riguardo una definizione del tutto condivisa, in generale con esso si fa riferimento al segmento di popolazione con 55 anni e oltre. Il limite superiore di età viene definito, come detto precedentemente, sulla base delle norme previdenziali vigenti nei vari paesi perciò mediamente esso corrisponde a 64 anni.

17 Nel tentativo di bilanciare il rapporto fra domanda e offerta di lavoro, gli itinerari seguiti dai vari paesi sono stati diversi a seconda delle configurazioni dei regimi di welfare di appartenenza (Esping-Andersen 2000). I paesi dell’Europa centro-meridionale hanno creato percorsi istituzionalizzati di prepensionamento, quelli anglosassoni hanno fatto ricorso all’erosione dei salari, mentre quelli scandinavi hanno gestito l’esubero di forza lavoro attraverso politiche di invecchiamento attivo.

18 Il primo pronunciamento della UE sulla necessità di aumentare le opportunità di occupazione per i lavoratori anziani risale al 1994. Da allora il tema ha acquistato sempre più centralità nell’agenda della Comunità Europea e delle principali istituzioni nazionali.

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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anni d’età. Non a caso, il Consiglio d’Europa di Stoccolma ha fissato come o- biettivo da raggiungersi entro il 2010 un tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni al 50%19. Si tratta di un primo passo perché, in vista dell’ulteriore invec- chiamento della popolazione previsto almeno fino al 2050, sarà sempre più dif- ficile non solo far fronte alle spese sociali crescenti per la cura dei più anziani, ma anche reperire la forza lavoro necessaria per sostenere il sistema economi- co se non attraverso afflussi sempre crescenti di manodopera extracomunita- ria20.

2.2 I lavoratori anziani

Rispetto all’obiettivo europeo sopra menzionato la posizione del Trentino appa- re decisamente lontana, nonostante le dinamiche positive sul versante occupa- zionale degli ultimi anni. In effetti, sebbene il Trentino evidenzi un tasso di oc- cupazione giovanile (15-24 anni) e della popolazione adulta (25-54 anni) di gran lunga più elevato rispetto al dato medio italiano e simile a quello di molti paesi europei, diversa è la posizione occupata nell’ambito nazionale e in quello inter- nazionale per quanto concerne l’occupazione degli over 55 (Graf. 2.1)21. Basti dire che, nel 2009, su 100 anziani ne risultavano occupati circa 35, uno in meno rispetto al dato nazionale22 e ben 13 in meno rispetto alla media europea23 (Graf. 2.1). Osservando l’andamento del tasso in parola nell’ultimo decennio si nota come il numero di occupati nella fascia d’età matura abbia subito, in Tren- tino, un pesante ridimensionamento a partire dal 2002 raggiungendo il minimo in corrispondenza del 2004 (27,3%) per poi lentamente salire fino a recuperare le distanze almeno rispetto alla media nazionale.

19 Per fronteggiare gli effetti prodotti dall’invecchiamento degli italiani il Consiglio di Stoccolma ha confermato che entro il 2010 occorrerà raggiungere un tasso di lavoratori attivi sull’intera popolazione del 70%. Per raggiungere l’obiettivo occorrerà aumentare oltre al tasso di attività degli anziani, anche quello dei giovani e delle donne.

20 Va da sé che, oltre all’allungamento della vita lavorativa, l’aumento del tasso di occupazione di giovani e donne è la condizione necessaria per rendere sostenibile lo stato sociale.

21 Il tasso di occupazione giovanile nel 2009 era, in Trentino pari al 31,8%, superiore rispetto all’Italia (22,9%) ma inferiore se confrontato con quello di alcuni paesi europei come il Regno Unito (53,7%), la Germania (47,6%) e la Svezia (46,8%). La quota degli occupati adulti era, invece, nello stesso anno, pari a 84%, un valore di gran lunga più elevato rispetto a quello italiano (72,8%) e al di sotto, ma di poco, solo a quello della virtuosa Svezia (87,5%) (OPES 2010).

22 Diversamente da quanto accade per gli altri indicatori del mercato del lavoro, il livello di occupazione dei lavoratori anziani è pressoché simile tra le macroaree italiane: i valori più elevati si riscontrano nelle regioni del Centro (38,7%) mentre i più bassi nel Nord-ovest (32,0%). La classifica Istat (aggiornata al 2008) delle regioni italiane in base al tasso di occupazione della popolazione anziana vede agli ultimi posti, dopo il Trentino, il Veneto (32,2%), la Lombardia (32,0%), la Puglia (31,6%), il Piemonte (30,6%), la Sardegna (30,3%), il Friuli-Venezia Giulia (29,0%).

23 Tra i paesi europei, quelli che nel 2009 hanno superato la soglia del 50% di occupati nella fascia d’età 55-64 anni troviamo prima fra tutti la Svezia (73,9%) seguita da Germania (61,1%), Danimarca (60,3%) e Gran Bretagna (60,3%), Olanda (56,8%), Irlanda (54,6%).

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LA PRESENZA DEI LAVORATORI ANZIANI NEL MERCATO DEL LAVORO

15 Graf. 2.1 Andamento del tasso di occupazione della popolazione in età 55-64 anni in Trentino, Italia, UE-15. (Valori percentuali)

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, http://noi-italia.istat.it/

La limitata quota di occupazione anziana che vede il Trentino e l’Italia ancora molto al di sotto della media europea è, come detto, la diretta conseguenza dell’espulsione prematura di molti quarantenni e cinquantenni a seguito dei pro- cessi di ristrutturazione aziendale avvenuti a partire dagli anni Ottanta e gestiti con provvedimenti di pensionamento anticipato e mobilità lunga24 (Blossfeld et al. 2006). Va comunque detto che le stime, condotte a livello italiano, circa la consistenza di lavoro sommerso tra i lavoratori anziani fanno ritenere che i tassi di occupazione di questa fascia di popolazione sarebbero sensibilmente più elevati se avessero successo interventi per la riduzione dell’economia sommer- sa (Gilli et al. 2005).

Oltre a presentare tassi di occupazione della popolazione matura piuttosto con- tenuti, il Trentino condivide con il resto della nazione un forte divario di genere (Graff. 2 e 3). L’occupazione femminile over 55 è, infatti, in entrambi i casi tra le più basse d’Europa. Nello specifico, risulta occupata una donna su quattro25 a fronte della media europea quasi doppia26. Ne consegue che, il rapporto tra il

24 Risale al 1981 la legge che ha consentito ai lavoratori dell’industria di usufruire del trattamento pensionistico dai 55 anni per gli uomini e dai 50 per le donne.

25 In Trentino, nel 2009, il tasso di occupazione degli uomini era 43,4% mentre quello delle donne era pari al 26,1%. Per l’Italia, le percentuali relative allo stesso anno erano rispettivamente 46,7% e 25,4%.

26 La partecipazione femminile al mercato del lavoro è condizionata dal contesto socio-istituzionale oltre che dai modelli culturali dominanti. Si va dai paesi nordici dove più della metà delle donne in questa fascia d’età sono occupate (Svezia

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

16

tasso di occupazione degli uomini e quello delle donne era, nel 2009, pari a 1,7 in Trentino, 1,8 in Italia e 1,4 nell’Europa a 15 stati27.

Graf. 2.2 Andamento del tasso di occupazione della popolazione maschile in età 55-64 anni in Trenti- no, Italia, UE-15. (Valori percentuali)

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, http://noi-italia.istat.it/

Allorché si considera l’arco temporale gli ultimi 5 anni si nota comunque come nella nostra provincia questo divario di genere in termini di tasso di occupazione adulta si sia ridotto lentamente ma con maggior celerità rispetto al contesto na- zionale grazie ad un più rapido, seppur ancora insoddisfacente, incremento del- la componente anziana femminile occupata28. Si tratta di un risultato piuttosto rilevante per il semplice motivo che è proprio la mobilitazione di tale risorsa ad essere considerata una delle risposte più importanti all’invecchiamento della popolazione29.

66,7%, Finlandia 56,3%, Danimarca 50,9%) a quelli del Mediterraneo dove l’occupazione è inferiore alla media (oltre all’Italia, la Spagna 32,3% e la Francia 36,6%).

27 Nello specifico, era 1,1 in Svezia, 1,3 in Gran Bretagna, Danimarca e Germania, 1,5 in Irlanda.

28 Nel 2004 il rapporto tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile era pari a 2,0 in Trentino, 2,2 in Italia e 1,6 in Europa.

29 L’occupazione femminile genera nuova domanda di servizi (di cura, di tempo libero, di sostituzione del lavoro domestico) e quindi nuovi posti di lavoro (Esping-Andersen 2000).

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LA PRESENZA DEI LAVORATORI ANZIANI NEL MERCATO DEL LAVORO

17 Graf. 2.3 Andamento del tasso di occupazione della popolazione femminile in età 55-64 anni in Tren- tino, Italia, UE-15. (Valori percentuali)

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, http://noi-italia.istat.it/

Dopo aver proposto una panoramica generale del fenomeno, al fine di mettere a fuoco le differenze esistenti nel collettivo oggetto di studio distingueremo i tassi di occupazione dei trentini secondo la fascia d’età, oltre che per genere, includendo nell’analisi anche i soggetti con più di 65 anni che convenzionalmen- te non vengono considerati nel calcolo degli indicatori relativi alla situazione del mercato del lavoro.

Come risulta evidente dalla Tab. 2.1, il tasso di occupazione per gli over 55 è differenziato al suo interno a seconda della fascia d’età considerata: se tra i 55- 59enni circa la metà risulta avere un’occupazione (51,3%), la condizione di oc- cupato interessa solo un sesto dei 60-64enni (16,9%) e circa tre soggetti su cento tra gli over 65 (3,3%).

Considerando l’andamento lungo l’arco temporale degli ultimi sedici anni si nota che, per la prima fascia d’età, dopo un calo in corrispondenza della seconda metà degli anni 90, il tasso in parola è progressivamente cresciuto. Non è, inve- ce, accaduto altrettanto tra le restanti coorti d’età che hanno mostrato scosta- menti di lieve intensità e non sempre nella stessa direzione nella quota di occu- pati. In effetti, qualora si confronti la quota di occupati sul totale degli individui del medesimo gruppo di età si nota un aumento di 14 punti percentuali tra i più giovani, un aumento di quasi tre punti per la fascia mediana e una sostanziale omogeneità di valori per i più anziani.

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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Tab. 2.1 Tassi di occupazione per età e genere di appartenenza. Trentino. (Valori percentuali)

55-59 anni 60-64 anni 65 e oltre

Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale

1993 58,5 18,2 37,6 23,7 5,2 13,6 6,1 1,3 3,1

1994 58,8 16,3 37,0 25,2 5,8 15,0 5,6 1,1 2,9

1995 53,7 15,6 33,2 27,6 8,3 17,5 7,2 1,2 3,6

1996 49,7 15,7 32,3 25,3 7,0 15,8 6,0 0,9 2,9

1997 40,7 15,1 27,9 24,6 3,6 13,4 4,9 0,9 2,5

1998 42,9 17,6 30,4 25,1 6,7 15,3 5,3 0,9 2,6

1999 45,8 17,7 32,3 26,0 10,0 17,9 6,1 1,7 3,4

2000 42,8 22,6 33,1 24,2 7,9 15,8 6,9 1,6 3,7

2001 44,9 27,8 36,4 24,1 8,5 15,7 6,5 1,5 3,5

2002 50,2 23,6 36,8 24,4 6,9 15,7 5,3 1,3 2,9

2003 51,7 24,7 38,4 24,5 8,3 16,5 3,9 1,2 2,3

2004 46,9 28,6 37,9 24,2 8,0 15,8 7,2 1,2 3,6

2005 48,2 29,6 39,0 23,1 7,0 14,8 7,2 1,0 3,5

2006 52,4 30,4 41,6 25,7 8,4 16,9 7,0 1,6 3,8

2007 55,4 33,6 44,7 24,3 9,9 16,9 6,0 1,6 3,4

2008 52,4 38,6 45,6 25,2 9,7 17,4 6,8 1,2 3,5

2009 61,1 41,3 51,3 23,8 9,9 16,9 6,5 1,0 3,3

Fonte: elaborazione Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati Indagine Trimestrale delle Forze di Lavoro (1993-2003) e Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro (2004-2009).

Come detto precedentemente, i tassi di occupazione si differenziano anche in funzione del genere. È interessante notare, poi, che gli effetti dell’età e del ge- nere tendono ad interagire tra loro per quanto concerne la partecipazione al mondo del lavoro. In particolare, come mostra la Tab. 2.1, nel corso dell’ultimo decennio, il numero di occupati e di occupate nelle varie coorti d’età ha seguito trend diversificati.

Così, ad esempio, nella fascia d’età 55-59 anni, tra gli uomini, il valore del tasso di occupazione ha seguito una tendenza non sempre crescente rimanendo, comunque, fino al 2008, inferiore a quello registrato nel 1993. Nel 2009 si è as- sistito, invece, ad un suo insolito e positivo aumento di ben 8,7 punti percentua- li. Per quanto riguarda la componente femminile nella stessa fascia di età si riscontra un trend via via crescente almeno a partire dalla fine degli anni Novan- ta al punto che la quota di occupate al 2009 risulta più che raddoppiata rispetto quella del 1993 (41,3% contro 18,2%).

Tra i soggetti di età compresa tra 60 e 64 anni, sia per le donne sia per gli uo- mini l’andamento del tasso di occupazione non è stato linearmente crescente;

tuttavia, allorché si confronta il valore dell’ultimo anno con quello di sedici anni prima, si nota che per le prime esso è quasi raddoppiato, mentre per i secondi è rimasto sostanzialmente stabile. È peraltro importante segnalare che dal 2008 al 2009 la quota di occupati maschi è, in questa coorte d’età, lievemente dimi- nuita passando da 25,2% a 23,8%.

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LA PRESENZA DEI LAVORATORI ANZIANI NEL MERCATO DEL LAVORO

19

Rivolgendo, infine, l’attenzione al tasso di occupazione dei soggetti con più di 65 anni si nota una sostanziale stabilità temporale sia tra gli uomini (6,1% del 1993 e 6,5% nel 2009) sia, in misura ancora più marcata, tra le donne la cui proporzione di occupate non ha mai raggiunto il 2%.

Dopo aver descritto l’evoluzione dei tassi di occupazione di uomini e donne se- condo la fascia d’età, rimane ora da approfondire in che misura, in Trentino, siano mutate nel tempo le distanze tra i sessi in riferimento a questo indicatore.

Per quanto concerne i soggetti con età compresa tra i 55 e i 59 anni le disugua- glianze su base di genere si sono mantenute piuttosto consistenti negli anni Novanta (nel 1993 gli uomini occupati erano il triplo delle donne) per poi ridursi fino a raggiungere il punto minimo in corrispondenza del 2008, anno in cui il rapporto tra occupati e occupate era pari a 1,3. Da notare che, al 2009, questo rapporto è lievemente aumentato per effetto di un significativo incremento, ri- spetto all’anno precedente, dei primi e di una crescita meno consistente delle seconde (il rapporto nel 2009 risulta pari a 1,5).

Altrettanto intensa è la discriminazione su base di genere tra i soggetti con età compresa tra i 60 e i 64 anni. In questo caso, tuttavia, vista la sensibile crescita della componente femminile occupata a fronte della sostanziale stabilità di quel- la maschile, le disuguaglianze di genere si sono quasi dimezzate (nel 1993 il rapporto era pari a 4,6 mentre nel 2009 era 2,4).

Ancora sensibili appaiono, infine, le differenze di genere in termini di percentuali di occupati tra le persone con 65 anni o più. Nel 1993 gli uomini erano quasi cinque volte più numerosi delle donne, nel 2008 quasi sei e, nel 2009, più di sei.

Oltre ai valori contenuti del tasso di occupazione dei lavoratori maturi, altrettan- to modesti sono quelli della loro partecipazione al mercato del lavoro. Come mostra il Graf. 1.4, la percentuale di individui attivi (occupati o in cerca di occu- pazione) in età di 55-64 anni risulta, nel 2009, pari al 35,4%, di poco inferiore al valore italiano (37,0%) e piuttosto lontano da quello dell’Europa a 15 (51,2%). In effetti, poiché la percentuale di soggetti in cerca di lavoro è decisamente conte- nuta (1,6% nel 2009, assai meno che in Italia dove nel 2008 era il 3,1%), i tassi di attività seguono un andamento temporale pressoché simile a quello, sopra descritto, riferito ai tassi di occupazione. Va tuttavia segnalato che la percentua- le di donne disoccupate, seppur contenuta, è tripla (3,3%) rispetto a quella degli uomini (1,0%)30.

30 E’ opportuno precisare che convenzionalmente sono inseriti tra gli occupati anche i lavoratori che beneficiano di trattamenti quali la Cassa Integrazione Guadagni (ordinaria o straordinaria). Per dare un’idea della loro consistenza basti dire che, nel 2009, l’Istat attraverso la Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro, stima che il 2,0% dei lavoratori dipendenti nella fascia d’età 55-64 anni non aveva lavorato e che il 2,3% aveva lavorato meno del solito perché

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

20

Graf. 2.4 Andamento del tasso di attività della popolazione in età 55-64 anni in Trentino, Italia, UE-15.

(Valori percentuali)

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, http://noi-italia.istat.it/

Da quanto detto finora risulta evidente che, benché la provincia confermi di ave- re un tasso di occupazione della popolazione 15-64 anni molto elevato, allorché si restringe l’attenzione alla sola componente anziana questo scenario non vie- ne confermato. In effetti, l’apporto lavorativo oltre la soglia dei 55 anni, e in mi- sura maggiore dopo i 60 anni, è ancora insufficiente, soprattutto, come abbiamo visto, perché ancora troppe poche donne rimangono entro la forza lavoro o non vi entrano affatto. In varie occasioni si è discusso sul perché l’occupazione an- ziana in Trentino sia così bassa.

L’interpretazione più spesso addotta per questo fenomeno rimanda alla tipicità della struttura occupazionale locale che risulta caratterizzata da una elevata diffusione del lavoro alle dipendenze e, entro questo, del pubblico impiego (A- genzia del Lavoro 2008). Come noto, infatti, i lavoratori dipendenti, di norma, maturano un assegno pensionabile più elevato dei lavoratori autonomi e, per questo, manifestano una maggiore propensione ad andare in pensione appena possibile o, eventualmente, a riproporsi, dopo essere transitati alla pensione, come lavoratori autonomi per esercitare attività di consulenza o di collaborazio- ne (Agenzia del Lavoro 2008). Non a caso, tra i 55-64enni i dipendenti rappre-

cassaintegrato. Le stesse percentuali riferite ai soggetti di età compresa tra 15-54 erano, invece, rispettivamente pari a 0,6% e 0,9%.

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LA PRESENZA DEI LAVORATORI ANZIANI NEL MERCATO DEL LAVORO

21

sentavano nel 2009 il 64,5% del totale degli occupati a fronte dell’81% di chi ha meno di 54 anni e al 15,7% degli over 6531.

Vi sono poi altre spiegazioni relative alla scarsa partecipazione al mercato del lavoro che rimandano al basso livello di istruzione delle “vecchie” generazioni e alla scarsissima diffusione del lavoro part-time.

Cominciando dal primo aspetto, come avremo modo di illustrare in seguito, il tasso di occupazione degli anziani è tanto più alto quanto è più elevato è il loro livello di istruzione. Ebbene, in Trentino circa un quinto dei lavoratori anziani non è andato oltre la licenza elementare; se, poi, includiamo nel calcolo coloro che hanno raggiunto al più la licenza media la percentuale di anziani sfiora il 50%32. Ciò significa che molti di questi soggetti hanno effettivamente raggiunto 40 anni di anzianità contributiva intorno ai 55-56 anni. L’aumento dei tassi di istruzione verificatosi negli ultimi decenni dovrebbe dunque essere foriero di sviluppi positivi in tal senso.

A ciò va aggiunto lo scarso coinvolgimento dei lavoratori maturi nelle iniziative di formazione e, dunque, di riqualificazione professionale. Attraverso i dati della Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro (2007) si stima che l’incidenza dei soggetti occupati che nelle 4 settimane precedenti l’intervista hanno partecipato a corsi di formazione professionale o ad altri tipi di attività come seminari, confe- renze, università della terza età o del tempo libero, corsi di inglese, informatica etc. sia davvero contenuta soprattutto nel caso in cui i senior siano poco qualifi- cati (Tab. 2.2).

Tab. 2.2 Incidenza dei soggetti occupati che hanno partecipato ad attività formative nelle quattro settimane precedenti l’intervista, secondo la classe d’età. Trentino, anno 2007. (Valori percentuali)

35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni 65-74 anni Occupati con al più la licenza media inferiore 5,0 3,4 2,3 1,0

Occupati con almeno un diploma 11,3 12,1 8,2 12,6

Totale occupati 9,6 8,6 5,6 6,0

Fonte: Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro, anno 2007.

Per quanto concerne, invece, la diffusione del lavoro part-time, esso risulta an- cora poco diffuso, almeno rispetto a quanto accade, in media, nei 27 paesi dell’Europa. Segnatamente, nel 2009 l’incidenza sul totale degli occupati di età compresa tra 55 e 64 anni era, in Trentino, pari al 14,4%, in Italia pari al 10,9%

e a livello europeo (27 paesi) pari al 22,1%. Negli ultimi anni si riscontra peraltro un calo nella sua diffusione. Come si vede dal Graf. 2.5, questo è in gran parte dovuto alla componente femminile che, pur rimanendo sempre maggioritaria

31 Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro, 2009.

32 Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine, anno 2008.

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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rispetto agli uomini tra gli occupati part-time, ha ridotto, entro questo gruppo, la sua incidenza. Ciò sta ad indicare che il lieve aumento di occupate in questa fascia d’età si è quasi totalmente rivolto verso lavori a tempo pieno. Si tratta di un dato importante perché, tra le linee guida europee atte ad innalzare l’occupazione anziana vi è, invece, la diffusione di forme di lavoro più flessibili come il part-time.

Graf. 2.5 Incidenza dell’occupazione part-time sul totale degli occupati 55-64enni in Trentino. (Valori percentuali)

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0

2004 2005 2006 2007 2008 2009

uomini donne

Fonte: elaborazioni Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro

Sulla bassa propensione al lavoro nelle fasi mature della vita hanno poi contri- buito anche le maggiori opportunità occupazionali disponibili in Trentino che hanno favorito percorsi professionali poco accidentati e dunque permesso di accumulare maggiori contributi in un arco temporale più breve (Agenzia del La- voro 2008). A tal proposito Istat rileva che nel Nord Italia si tende ad andare in pensione due anni prima che nel Mezzogiorno in conseguenza anche delle maggiori difficoltà iniziali incontrate dagli ex occupati delle regioni meridionali33. Infine, sulla peculiarità trentina e italiana incidono anche le strutture familiari e le abitudini culturali nel senso che, è lecito attendersi che, dietro la bassa occupa- zione degli over 55, e in particolar modo della componente femminile, si na- sconda non tanto un disinteresse nei confronti del lavoro formale, quanto piutto-

33 Si tratta di un risultato emerso dal modulo ad hoc “Transizione verso la pensione e conclusione dell’attività lavorative”

somministrato nel secondo trimestre del 2006 all’interno della Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro.

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LA PRESENZA DEI LAVORATORI ANZIANI NEL MERCATO DEL LAVORO

23

sto un orientamento a destinare la propria capacità lavorativa verso attività di tipo informale quali l’assistenza e i compiti di cura all’interno della famiglia. Se così fosse – e avremo modo di indagarlo in seguito – risulterebbe confermato il ruolo cruciale svolto dalla famiglia trentina (ma anche italiana) nei confronti delle istituzioni nel farsi carico autonomamente dei compiti di cura, facendo emergere chiaramente come la debolezza dei servizi a supporto della famiglia costituisca uno dei principali ostacoli alla partecipazione al mercato del lavoro formale.

2.3 Le carriere lavorative degli anziani

Dopo aver inquadrato il Trentino nel panorama italiano ed europeo rispetto ad alcuni indicatori standard del mercato del lavoro, si intende ora offrire una de- scrizione più approfondita del lavoro degli over 55 e della fase di transizione al pensionamento. A tal fine verranno utilizzati i dati provenienti dall’Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine che consente di ricostruire tutta la carrie- ra lavorativa degli individui34.

2.3.1 L’occupazione corrente

Cominciamo la trattazione con una breve descrizione delle caratteristiche del lavoro degli occupati senior nel 2008. La tabella riporta la composizione percen- tuale secondo la posizione nella professione, la qualifica e il settore degli occu- pati nelle fasce d’età 55-64anni e 65 anni e più (Tab. 2.3). Al fine di effettuare confronti abbiamo aggiunto anche la situazione relativa ai soggetti adulti di età compresa tra 45 e 54 anni.

Come si nota, al crescere dell’età aumenta la quota dei lavoratori autonomi:

19,1% tra i 45-54enni, 33,8% tra i 55-64enni e ben 74,1% tra gli over 65. Non sorprende quindi riscontrare tra i più anziani una maggiore diffusione di figure professionali legate al lavoro indipendente, come imprenditori, liberi professioni- sti, artigiani, commercianti e coltivatori diretti. Ugualmente, il numero di anziani è maggiore in quei settori economici dove è più numerosa la presenza di lavoro autonomo, come nel commercio e nell’agricoltura.

34 È bene segnalare che, anche in questo caso, i risultati si basano sulle risposte fornite dagli intervistati e non su fonti amministrative. Sono quindi considerati occupati tutti coloro che, al momento dell’intervista, hanno dichiarato di svolgere un’attività lavorativa remunerata continuativa indipendentemente dal fatto che essi già percepiscano o meno una pensione.

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LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

24

Tab. 2.3 Caratteristiche dell’occupazione prevalente secondo la classe d’età. Trentino, anno 2008.

(Valori percentuali)

Classe d’età

45-54 anni 55-64 anni 65 e oltre Posizione nella professione

Dipendenti o assimilati 80,9 66,2 25,9

Autonomi 19,1 33,8 74,1

Professione

Imprenditori 0,8 1,7 10,5

Liberi professionisti 2,9 4,5 8,6

Dirigenti 5,5 10,5 2,1

Classe media impiegatizia 31,2 22,3 7,6

Artigiani e commercianti 14,6 19,3 38,6

Coltivatori diretti 2,1 6,4 25,6

Operai industria e servizi 42,4 35,4 7,1

Operai agricoli 0,6 0 0

Settore occupazionale

Agricoltura 2,9 6,7 25,6

Industria 16,9 16,8 17,0

Costruzioni 5,6 6,4 9,7

Commercio 17,5 17,5 23,4

Altri servizi 55,8 51,8 24,3

Pubblico 1,4 0,9 -

Relazione di impiego

Tempo indeterminato 71,5 60,9 7,6

Tempo determinato 6,6 3,7 3,5

Formalmente autonomo 1,2 3,7 8,5

Senza contratto 2,6 2,8 5,1

Autonomo 18,1 28,9 75,3

Fonte: nostre elaborazioni su dati Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine, anno 2008.

Per quanto concerne la relazione di impiego, meno di un quinto degli occupati di età compresa tra 45 e 54 anni risulta lavoratore autonomo mentre la stessa condizione riguarda tre su cinque nella classe d’età successiva e più di sette su dieci degli over 65enni. È poi possibile notare, al crescere dell’età, sia un calo della diffusione degli impieghi a tempo determinato (che, tra i più anziani risul- tano la metà rispetto ai più giovani) sia un aumento della presenza di occupati con contratto di collaborazione e di lavoratori nel sommerso.

2.3.2 La mobilità occupazionale

Dopo aver descritto alcune caratteristiche dell’occupazione prevalente, analiz- zeremo ora che tipo di percorsi si osservano nelle fasi conclusive della carriera lavorativa dei trentini. A tal proposito, un recente studio condotto a livello nazio- nale rileva che, nonostante la credenza diffusa che gli individui vivano gli ultimi anni della propria carriera lavorativa senza altri eventi che la scelta del momen-

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LA PRESENZA DEI LAVORATORI ANZIANI NEL MERCATO DEL LAVORO

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to in cui andare in pensione, in Italia si osservano, accanto alle carriere di lavo- ratori che transitano direttamente dal lavoro alla pensione, storie lavorative mol- to più frastagliate in cui si contano numerosi passaggi tra diversi episodi di lavo- ro dipendente, e tra episodi di lavoro dipendente e autonomi, liste di mobilità, cassa integrazione e inattività (Golini e Gilli 2005).

Al fine di analizzare le storie lavorative individuali abbiamo ristretto l’attenzione ai soggetti con alle spalle almeno un episodio di lavoro che al momento dell’ultima intervista35 avevano tra i 64 e i 75 anni d’età (vale a dire i soggetti nati tra il 1930 e il 1944). Il campione risulta composto da 832 individui (415 uomini e 417 donne). Di questi abbiamo poi osservato la carriera lavorativa a partire dal compimento del 45esimo anno d’età. Nell’analisi abbiamo distinto due gruppi di soggetti. Il primo è quello dei nati negli anni ‘30, che sono entrati nel mercato del lavoro tra gli anni Cinquanta e Sessanta beneficiando dell’espansione industriale e che, quindi, hanno potuto contare su carriere stabi- li e durature. Il secondo, include i nati nella prima metà degli anni ’40 che hanno sperimentato i primi provvedimenti di ristrutturazione industriale e goduto degli interventi restrittivi al pensionamento anticipato degli anni Novanta.

Se escludiamo coloro che a 45 anni si trovavano già in una condizione di inatti- vità e che non sono mai più rientrati nel mercato del lavoro - una quota peraltro minoritaria tra gli uomini (1,9%) ma molto consistente tra le donne (47,5%) - si nota come l’ultima fase della carriera lavorativa sia relativamente stabile in Trentino (Tab. 2.4). In effetti, tra chi ha avuto almeno un episodio di lavoro (do- po i 45 anni), otto soggetti su dieci dichiarano di non aver mutato né mansioni, né contratto, né orario, né datore di lavoro (77% tra gli uomini e 83% tra le don- ne).

Confrontando la coorte di soggetti nati negli anni Trenta con quella dei nati nella prima metà degli anni Quaranta, si osserva però, tra gli uomini, un lieve aumen- to della mobilità di lavoro. Al contrario, tra le donne si assiste ad un incremento di non occupate e ad una lieve riduzione della mobilità di lavoro (Tab. 2.4).

35 La rilevazione della carriera lavorativa è avvenuta nel corso delle ondate 2005/06 e 2008.

(34)

LA CONDIZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI IN TRENTINO: LAVORO, FAMIGLIA, SERVIZI E BISOGNI

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Tab. 2.4 Numero di episodi di lavoro dopo i 45 anni secondo il genere e la coorte di nascita. Trentino.

(Valori percentuali)

Uomini Donne

1930/1939 1940/1944 In

complesso 1930/1939 1940/1944 In complesso Nessun episodio di lavoro 2,5 1,2 1,9 44,7 50,8 47,5

Un episodio di lavoro 76,7 73,5 75,4 46,1 41,3 43,9

Più di un episodio di lavoro 20,8 25,3 22,7 9,2 7,9 8,6

N 245 170 415 228 189 417

Fonte: nostre elaborazioni su dati Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine, anni 2005 - 2008.

Ciononostante, va detto che non tutti i cambiamenti di lavoro comportano un miglioramento o un peggioramento della posizione sociale, e dunque veri e pro- pri episodi di mobilità di classe36. A ben vedere, una simile circostanza si verifi- ca per il 51,1% degli uomini e il 41,6% delle donne che hanno avuto più di un episodio di lavoro. Complessivamente, quindi, la mobilità di classe ha riguardato il 12% degli occupati e il 6,8% delle occupate (Tab. 2.5). Ancora una volta, tra i nati negli anni Quaranta si riscontrano cambiamenti maggiori.

Tab. 2.5 Mobilità di classe dei soggetti che dopo i 45 anni hanno avuto almeno un episodio di lavoro secondo il genere e la coorte di nascita. Trentino. (Valori percentuali)

Uomini Donne

1930/1939 1940/1944 In

complesso 1930/1939 1940/1944 In comples-

so

Nessun cambiamento di classe 89,5 85,7 88,0 93,7 92,4 93,2

Almeno un cambiamento di classe 10,5 14,3 12,0 6,3 7,6 6,8

N 239 168 407 126 93 219

Fonte: nostre elaborazioni su dati Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine, anni 2005 - 2008.

Se, poi, volessimo avere un’idea della diffusione dell’instabilità delle relazioni di impiego (sempre dopo i 45 anni), basti dire che il 6,5% degli intervistati ha avuto almeno un episodio di lavoro formalmente autonomo e il 4,5% almeno uno di lavoro a tempo determinato. In entrambi i casi, la proporzione di donne è doppia rispetto a quella degli uomini. Infine, la percentuale di quanti hanno esperito uno o più episodi di lavoro nero è pari al 2,4% e sostanzialmente simile tra uomini e donne (Tab. 2.6).

36 Utilizziamo il termine classe sociale per indicare l’insieme di famiglie e di individui che condividono le stesse opportunità di vita in quanto ricoprono posizioni simili nelle relazioni di potere esistenti all’interno della divisione sociale del lavoro e del mercato.

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