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L’italiano a stranieri nei Centri Linguistici UniversitariPaolo E. Balboni

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L’italiano a stranieri nei Centri Linguistici Universitari

Paolo E. Balboni

C.L.A. Università Ca’ Foscari Venezia

Che nei Centri Linguistici delle università italiane si insegni italiano L2 può parere, a chi ha esperienza internazionale, una cosa normale: in ogni ateneo francese c’è un centro fle, in ogni università britannica c’è un centro efl/esl – ma nelle università italiane non è così, addirittura una delle due università votate all’insegnamento dell’italiano a stranieri, quella di Perugia, non ha un Centro Linguistico.

Che in un Centro Linguistico ci siano dei lettori (ci rifiutiamo di usare qui la sigla buro-cratica cel, “Collaboratore esperto di lingua”, inventata con lo scopo di interrompere le vertenze dei “lettori” sul riconoscimento del loro stato giuridico) che insegnano (“esercitano”, nella dizione burocratica, sempre a causa delle vertenze sullo stato giuridico) l’italiano può parere una cosa normale, ma non è così: i lettori professio-nisti, cioè a tempo indeterminato, sono pochissimi, mentre in molti Centri Linguistici i lettori di italiano L2 sono “CoCoCo”, cioè personale a contratto senza stabilità e senza prospettiva di carriera. Siccome, a differenza dei lettori a tempo determinato che possono lavorare solo tre anni nell’arco di un quinquennio, i “CoCoCo” possono vedersi rinnovare il contratto ogni anno, c’è un’ampia fascia di “precari stabili” che insegnano italiano L2.

Perché non è normale che nelle università italiane si insegni italiano a stranieri, seb-bene ci siano almeno tre Centri Linguistici che operano con successo nel settore da oltre trent’anni (Bologna, Bergamo, Venezia)?

Perché tra i lettori universitari la percentuale di lettori di ruolo di italiano L2 è inferiore a quella di altre lingue?

È velleitario pensare che l’italiano a stranieri possa costituire un ambito di intervento

per i Centri Linguistici, con conseguenti investimenti in termini di promozione, attrez-zature, materiali e, soprattutto, personale?

I dati degli studenti che si iscrivono hanno un andamento a campana: una fase di cre-scita cui fa seguito una flessione, più o meno accentuata: è imputabile a un calo del posizionamento dell’italiano nel mercato internazionale delle lingue (e dell’Italia nella percezione all’estero) oppure è un effetto della concorrenza di qualità superiore da parte di altre lingue in termini di promozione, posizionamento, accoglienza, didattica? Cercheremo nelle pagine che seguono di dare una risposta a queste domande, sforzandoci di accompagnare all’analisi anche delle proposte operative; lo faremo utilizzando intensivamente, in alcuni parametri, la microlingua della comunicazione aziendale per evitare il rischio di fare discorsi accademici (in senso positivo: propri

 In questo scritto con “stranieri” non ci riferiamo agli immigrati – che pure rientrano potenzialmente nel

target dei Centri Linguistici – ma a universitari e ad adulti che hanno scelto di venire in Italia per un arricchimento personale, non per sfuggire alla miseria o alla violenza etnica, politica, religiosa.

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di una logica universitaria, in cui il valore intrinseco dell’offerta – la lingua e cultura italiana – è sufficiente a giustificare l’offerta stessa) e per costringerci a restare nella logica dei Centri Linguistici come centri di servizio, che devono offrire, appunto, un servizio, autofinanziarsi in maniera significativa, sperimentare vie innovative per migliorare il servizio che offrono. Nei primi dei paragrafi che seguono il Centro Lin-guistico sarà quindi visto come un’azienda che deve collocare sul mercato estero un prodotto, l’italiano, battendo la concorrenza (soprattutto, ma non solo, dello spagnolo, oltre che dei concorrenti tradizionali – francese e tedesco – e di quelli in arrivo, cioè il portoghese brasiliano, il russo e le lingue orientali), investendo in promozione, servizi, personale.

La parola chiave di questi ultimi dieci-quindici anni nel mondo aziendale è total

quality (concetto talmente alieno alla cultura italiana che, pur essendo parole

romanze, le usiamo in inglese…), in cui “qualità” non è una parola magica ma il risultato di scelte e prassi, non è un dato stabile ma va continuamente monitorata e migliorata, non è autoattribuita ma viene attestata dal numero di clienti in più rispetto al passato e dal loro livello di fidelizzazione sia in termini personali (il possessore di una Fiat che, al momento di cambiare macchina, sceglie sponta-neamente Fiat) sia sul piano relazionale (si consiglia una Fiat all’amico che sta per rottamare una Ford).

La riflessione sulla qualità nell’insegnamento delle lingue non è nuova; in Italia la

figura di riferimento per questi studi, condotti sulla base degli standard internazionali

iso, è Marco Mezzadri, dell’Università di Parma, con il suo volume del 2005 (ma si

vedano anche 2006 e 2007); sulla qualità della politica di diffusione dell’italiano nel mondo si veda Balboni (2007).

1. L’italiano a stranieri: un prodotto “vendibile”?

Ci sono circa 700.000 studenti di italiano LS nel mondo: circa un terzo di coloro che ogni anno acquistano una Fiat, ma il sistema Italia non dedica certo ai 700.000 acquirenti di un prodotto italianissimo, la nostra lingua, l’attenzione e lo sforzo promozionale che dedica ai 2ml di acquirenti Fiat; né considera che ogni studente di italiano che viene fidelizzato diviene un potenziale acquirente di altre merci italia-ne, dalla pasta al vino, dall’olio alle automobili italiaitalia-ne, dai film ai libri. Eppure, un numero consistente di studenti di italiano nel mondo è potenzialmente disponibile a venire in Italia a perfezionare la lingua, oltre che a fare turismo: servirebbe una politica di promozione dell’italiano e una politica di accoglienza per lo studente di italiano. Mancano l’una e l’altra.

 Nei primi anni Novanta il Comune di Milano lanciò un “Progettto qualità” per le lingue straniere

(Gret-ter, Porcelli 1993), pochi anni dopo fu il mpi a porsi il problema in ordine all’introduzione della seconda

lingua straniera nella scuola media (Porcelli 1997); il tema della qualità, in relazione alla razionalizza-zione delle risorse in un centro Linguistico fu affrontato nel 2002 da C. Taylor Torsello, figura storica del settore, e fu ripreso nel 2004 da Villarini nell’accezione di “qualità totale”.

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1.1 Una politica di promozione dell’italiano a stranieri

Una “politica” di qualità è caratterizzata da:

a. una mission, come dicono gli esperti di organizzazione aziendale, ben chiara, sulla quale si misura il successo di una politica: quale mission ha la promozione dell’italiano nel mondo? Mantenere i legami con dei discendenti degli emigranti, sempre meno “italiani” ancorché dotati di doppio passaporto, o attrarre studenti indipendentemente dalla loro origine ma interessati all’Italia settima potenza industriale del mondo, all’Italia della qualità della vita, della moda e dello stile, dell’opera nonché della grande tradizione artistica e culturale?

b. sistematicità dei processi e delle azioni: una politica di qualità non procede per

accelerazioni improvvise (il nulla per dieci anni, poi il Ministro Tremaglia per un quinquennio, poi il silenzio assoluto) ma segue percorsi preordinati e indica una serie di benchmark da controllare periodicamente, in modo da verificare se si tratta di una politica efficace e se i vari attori svolgono correttamente la loro parte del progetto generale;

c. tempi e modi definiti in un piano base ma flessibili in relazione al contesto: una

politica di qualità per l’italiano a Porto Alegre, dove la popolazione è in gran parte di origine italiana e il taliàn (in realtà un veneto arcaico italianizzato) è ancora dif-fuso, non può essere una politica di qualità a Hong Kong; la politica da perseguire in Albania o a Malta, dove la televisione italiana è la prima maestra di lingua anche per analfabeti, non può essere la stessa di luoghi distanti; quindi tempi diversificati ma, in ogni situazione, prefissati, con momenti altrettanto prefissati di controllo; a. una cabina di regia che interagisce con il politico, lo guida nella comprensione del

fenomeno e ne è guidata con eventuali correzioni di rotta. Ma la rotta deve esserci e non può mutare dopo ogni crisi di governo o ogni elezione;

b. certezza delle risorse, ampie o scarse che siano, ma disponbili alla data prevista,

non con mesi di ritardo, con giochi di prestigio tra residui di bilancio e quant’altro la burocrazia inventa.

Queste caratteristiche possono servire per delineare una politica di qualità, di lungo respiro, dove interagiscono la politica e la competenza tecnica, dove i successi sono premiati e i fallimenti sanzionati. Al momento attuale lo Stato è latitante: il governo Berlusconi-2 aveva un Ministro dedicato agli italiani (e all’italiano) nel mondo, il go-verno Prodi-2 aveva un Sottosegretario, il gogo-verno Berlusconi-3 non ha nessuno. In assenza di una politica nazionale, ogni Università o, meglio, ogni Centro Linguistico deve prendere l’iniziativa se vuole che una parte dei 700.000 studenti di italiano nel

mondo possa approdare alle sue aule3.

 L’ultima ricerca sulle motivazioni che portano gli stranieri a studiare l’italiano gli studi più recenti sono

De Mauro et alii 2002, Villarini 2004 (focalizzata sugli studenti over 55) e Vedovelli 2006; si nota una profonda evoluzione, nel senso di un’attenzione per l’Italia viva e attuale, rispetto alle motivazioni individuate da Vignuzzi vent’anni prima (2003).

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1.2 Le possibili strade per una politica di promozione dell’italiano da parte dei Centri Linguistici

In assenza di una politica statale le università possono seguire due strade: rinunciare a offrire corsi di italiano L2, riducendo quindi l’attrattiva del proprio Ateneo nei confronti degli studenti Erasmus nonché gli introiti degli eventuali corsi, di particolare rilevanza in tempi grami come questi, oppure attivarsi con i propri canali per raggiungere co-munque il potenziale “cliente”. Per far ciò è necessario dedicare tempo del personale a progettare la promozione e poi a realizzarla: si tratta quindi di un’operazione che coinvolge i Direttori di Centro Linguistico convinti dell’opportunità offerta dall’italiano L2, i lettori disponibili a procacciare corsi e non solo a impartirli (anche per la concomi-tanza di interessi: se arrivano corsi, i contratti si rinnovano), personale amministrativo per tutt’una serie di aspetti non ignorabili. Al momento la situazione che emerge dai materiali di questo seminario appare stagnante, ma in alcune università (al di là delle due università deputate all’insegnamento dell’italiano a stranieri) ci sono segnali di movimento nel senso che abbiamo accennato.

Il principale problema è organizzativo e amministrativo: usare lettori in servizio a tempo indeterminato per svolgere compiti non inclusi nelle mansioni di un lettore ha bisogno della disponibilità del lettore e del Direttore che accetta queste ore come “servizio prestato”. Ma è una via instabile, legata alle relazioni personali, minata da un falso amministrativo, per quanto lieve ed a fin di bene.

La strada più corretta, a nostro avviso, è una, anche se ha due corsie. L’univocità della strada è data dal fatto che l’attività di promozione ed organizzazione dei corsi di italiano nel Centro (o anche presso enti locali, assessorati all’immigrazione, ecc., legati da una convenzione) va retribuita separatamente dall’attività didattica: le due corsie parallele in questa via sono

a. la corsia “lettori a tempo (in)determinato”: alcuni atenei, nei loro regolamenti, rendono facile l’operazione, consentendo il pagamento delle ore extra-istituzionali ed extra-orario contrattuale; altri lo rendono difficile, altri ancora impossibile; b. la seconda corsia, “personale a contratto” specificamente finalizzato alla

promozio-ne e organizzaziopromozio-ne dei corsi di italiano a stranieri è quindi l’unica disponibile promozio-negli Atenei che vincolano maggiormente l’attribuzione di incentivi ai lettori, nonché in quelle situazioni in cui i lettori strutturati sono pochi e/o indisponibili e/o inadatti all’attività di promozione. Questa “corsia” è amministrativamente semplice, ma il contrattista è difficile da “entusiasmare” proprio perché si tratta di contratti a tempo. Nei Centri Linguistici in cui ci sono lettori di italiano strutturati, quanto meno a tempo determinato, il contrattista può avere una speranza di vedersi assegnare un corso, di iniziare una collaborazione, di entrare in graduatoria, di essere as-sunto; negli altri Centri, quelli in cui i lettori di italiano sono tutti a contratto, tale speranza manca, e la qualità dell’impegno nella promozione e dell’elaborazione di una politica del Centro per l’italiano è inevitabilmente minimale.

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promozione dei corsi di italiano a stranieri da parte di un Centro Linguistico è legata alla qualità della strutturazione amministrativa dei lettori e dei contrattisti del Centro stesso.

Può sembrare l’invenzione dell’acqua calda, ma ogni tanto ricordare che l’acqua calda può esistere e che per scaldarla si deve metterla sul fuoco e non sull’erba può essere utile.

1.3 Domanda e offerta di italiano a stranieri

La politica di qualità che abbiamo tratteggiato, indipendentemente dal fatto che sia

condotta dallo Stato, dalle Regioni4 o dalle singole università e dai loro Centri linguistici,

deve creare un circolo virtuoso in termini di domanda e offerta di italiano. Affrontiamo più da vicino questo problema.

Un’offerta è di qualità quando soddisfa la domanda. La mitica automobile Tucker degli

anni Cinquanta era di qualità eccelsa, avveniristica per i tempi: ma in termini di mercato era inadatta, non soddisfaceva una domanda che cercava prodotti ben più modesti – e così una delle migliori macchine della storia dell’automobilismo condusse l’azienda produttrice al fallimento. Un Centro Linguistico che voglia mettere sul mercato delle lingue un’offerta di qualità deve quindi guardare alle caratteristiche, potenzialità e possibilità del mercato, non alla bellezza della propria offerta: se è ottima ma è fuori mercato, non si realizza e quindi in realtà è pessima.

Un’offerta è di qualità quando:

a. soddisfa la domanda: questo presuppone un’analisi non meramente statistica

ma qualitativa della domanda stessa; nel mondo dell’italianistica internazionale ci sono alcuni studi, citati nella nota 3, ma nessuno è stato condotto con i metodi e i campioni canonici di una analisi del settore;

b. genera domanda ulteriore: al pari della maggior parte delle altri grandi lingue

europee, l’italiano è “inutile” ai fini della comunicazione internazionale, dominata dall’inglese. Quindi la domanda di italiano deve essere generata, inventata – anche perché la domanda tradizionale, legata ai discendenti degli emigranti, è destinata ad esaurirsi in tempi brevi; quindi un’offerta di qualità presuppone una promozione che vada a incontrare la domanda presente sul mercato e ne generi di nuova;

c. fidelizza la domanda: lo studente di italiano che ha trascorso qualche settimana

presso un Centro Linguistico deve partire pensando che può ritornare e che può

 Indipendentemente dalla condivisione o dal rifiuto personale del processo di federalizzazione dello

Stato, è un dato di fatto che esso è in atto, e proprio alla luce di questo processo si può spiegare il passaggio da un ministro a un sottosegretario a zero che abbiamo visto nel primo paragrafo: le Regioni infatti hanno assessorati che mantengono i contatti con i discendenti degli emigranti e strutture che promuovono la Regione stessa, il turismo, ecc.: si collocano quindi come attori deputati ad una colla-borazione per far giungere proposte di corsi all’estero.

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portarsi dietro qualche amico, perché l’offerta di lingua italiana che ha trovato era rispondente alla sua domanda.

Vedremo sotto (cfr. 3.2) alcune delle ragioni per cui uno straniero può decidere di “acquistare” un corso di italiano; ma se un Centro Linguistico (magari in sintonia con la Regione dove è collocato) ha anche un’idea di come “vendere” al meglio la propria città e la propria regione, se si offre un’accoglienza dignitosa (cfr. 2) e una didattica di qualità, i corsi di italiano sono vendibili, è possibile mettere in atto in circolo virtuoso per cui si coinvolge sempre più personale, si genera entusiasmo, si fa massa critica. Certo, bisogna sconfiggere la concorrenza di altre lingue, sia quelle di grande tradi-zione (francese e tedesco), sia quelle emergenti, come lo spagnolo e, in prospettiva, quelle orientali: lo straniero che viene in Italia per studiare l’italiano lo fa dopo aver valutato la possibilità di andare in Spagna o a Parigi. In un mercato delle lingue che risulta estremamente competitivo e dove lo studente, come ogni “cliente”, vuole value

for money, l’attrattiva funziona attraverso il posizionamento del “prodotto” lingua

italiana: questo non è legato solo al prestigio di una grande cultura, alla permanenza di un grande passato in ogni angolo del Paese, alla qualità della vita, e così via, ma all’immagine dell’Italia attuale o, almeno, di quelle sue componenti che possono più efficacemente indurre domanda di Italia e quindi di italiano: per fare un esempio basta pensare al made in Italy, dall’alta moda alla tecnologia avanzata (“Fantasia tedesca su tecnologia italiana” era lo slogan della Ferrari su tutti i quotidiani europei ai tempi di Michael Schumacher), dal design, all’architettura, e così via. Chi decide di comprare un corso di italiano vuole un corso di qualità, la stessa del made in Italy che compra nei grandi negozi di moda, di arredamento, di design.

E a questo punto “qualità” significa ottima accoglienza e ottima didattica.

2. La qualità nell’accoglienza

Proseguiamo nella logica del marketing per analizzare il “prodotto” che viene venduto nei Centri Linguistici; esso ha due componenti:

a. un soggiorno in Italia: il “cliente” va accolto e sistemato, prima di farlo entrare in un’aula di un Centro Linguistico; e questo visitatore non vuole essere solo studente, ma anche turista per quanto possibile intelligente, in grado di intus legere, leggere dentro l’Italia, la Regione, la città in cui ha scelto/trovato un corso a sua misura. È questo l’argomento del presente paragrafo;

b. la competenza comunicativa in italiano: vedremo nel paragrafo 3 questo aspetto sia in ordine ai contenuti linguistici sia per quanto riguarda la metodologia per farli acquisire.

Di solito, proprio perché queste riflessioni avvengono tra glottodidatti, lettori, direttori di Centri Linguistici, si tende a ritenere la competenza comunicativa in italiano come il fulcro, il nucleo dell’offerta a potenziali studenti stranieri: ma è una prospettiva miope, che vede solo quello che è vicino, l’aula di lingue. In realtà la competenza

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 ... comunicativa in italiano, almeno fino a un livello B2, forse anche un C1, può essere acquisita senza venire in Italia: insegnanti di madrelingua, ottimi materiali didattici, possibilità di interazione offerte da tandem a skype, dai forum ai blog/vlog e così via, sono elementi che garantiscono anche all’estero un input autentico di lingua e cultura italiana. Quindi, tranne a livelli alti di padronanza linguistica, lo straniero non investe tempio e denaro a venire in Italia per trovare una lingua autentica che può comunque trovare a casa sua: viene primariamente per soggiornare in Italia e, anche, per migliorare l’italiano che sta studiando oppure per iniziare un percorso di studio che continuerà a casa.

Nella ricerca del “cliente” saper offrire quel che sta intorno al Centro Linguistico viene prima di quel che sta dentro il Centro stesso.

2.1 La sistemazione degli studenti stranieri

I Centri Linguistici, che pure sono tra i segmenti più flessibili ed operativi dell’ingessata università italiana, sono comunque strutture universitarie e quindi tendono a ritenere svilente dedicarsi a problemi prosaici come la ricerca di alloggi per gli studenti: ma se nel sito non si pubblica anche una guida alla sistemazione logistica, i corsi di italiano resteranno una nicchia. Le due Università per Stranieri, che hanno decennale espe-rienza nel settore, hanno un ufficio che sistema gli studenti presso collegi, pensionati, case private; i normali Centri Linguistici non hanno bisogno di un ufficio ad hoc, ma possono svolgere questo compito in tre modi:

a. avere un lettore o un amministrativo che dedica una sezione dell’orario di servizio alla sistemazione degli studenti, prendendo i contatti che vedremo sotto; b. attribuire un contratto a un esterno o, negli Atenei che consentono incentivazioni

o compensi per attività extra-orario, a un lettore;

c. rivolgersi ad un’associazione costituita dai lettori di italiano che si occupa, al di fuori dell’orario istituzionale, di sistemare gli studenti.

La sistemazione di studenti stranieri (raramente postadolescenti scalmanati: lo stu-dente di italiano è spesso colto, non giovanissimo, non semplicemente “in vacanza”, come succede spesso per i corsi di inglese in Gran Bretagna) può avvenire attraverso accordi con

a. le associazioni alberghiere: l’Italia è paese di coste e di spiagge, ma il turismo in questo settore è estivo e dall’autunno alla primavera molti alberghi sono chiusi; i mesi invernali sono quelli in cui possono venire gli studenti dell’emisfero sud, dall’America Latina al Sud Africa all’Australia, ma sono anche quelli in cui i pensionati dell’Europa settentrionale, buon bacino di utenza dei corsi di italiano (Villarini 2004), possono decidere di svernare per qualche settimana nel tiepido inverno del Meridione; b. gli enti di diritto allo studio, di solito organizzati su base regionale ma articolati in

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strutture in cui alloggiano gli studenti italiani durante i corsi, ma che sono vuote in luglio e agosto. Si tratta spesso di sistemazioni spartane, adatte a giovani più che ad anziani, e spesso portano il peso di un’utenza postadolescenziale;

c. strutture religiose: il Giubileo del 2000 ha visto un forte investimento di fondi pubblici nel restauro e nella re-destinazione d’uso di molti pensionati religiosi, conventi, ecc.: sono strutture appositamente predisposte per un visitatore tranquil-lo, che non domanda standard alberghieri ma che non accetta neppure i dormitori studenteschi;

d. case private organizzate come bed&breakfast.

Una ricerca su questi quattro settori, che corrispondono a quattro tipologie diverse di sistemazione e quindi possono costituire un’offerta integrata, avendo disponibilità di tutti i tipi da offrire sul sito in cui si promuovono i corsi di italiano, può dare risultati sorprendenti. Ma una ricerca di questo tipo non può essere episodica e volontaristica: un Centro Linguistico che voglia entrare nel settore dei corsi di italiano per stranieri deve (e il verbo non è scelto a caso) organizzarsi in modo da offrire se non la gestione delle prenotazioni almeno un’informazione precisa e dettagliata in ordine alla siste-mazione (alcune di queste idee, e molte altre, sono in Selvaggi e Venuta 2007).

2.2 Le attività complementari al corso

Un secondo aspetto dell’accoglienza riguarda l’attività esterna alle ore di lezione, perché come abbiamo detto lo studente straniero acquista non solo la competenza comunicativa in italiano ma anche un approfondimento nella sua conoscenza della vita, dell’arte, della musica, della cucina italiane.

Alcune iniziative non costano nulla se non le ore in cui è impegnato il lettore: visite guidate alla città, a un museo, a un paese vicino, oppure la preparazione di cibi seguiti da una cena.

Altre iniziative possono essere inserite come extra nel pacchetto formativo: ad esem-pio, si possono inserire alcune ore di preparazione ad un’opera lirica per poi andarla a vedere in teatro, o per prepararsi a visite a musei o ad altre città; si possono pro-porre attività o escursioni sportive, corsi di cucina o artigianato vario, ecc. Si tratta di iniziative organizzate da terzi o da contrattisti e che il Centro Linguistico si limita a proporre ma che rendono vendibili i corsi a chi decide di venire in Italia per qualche settimana, fors’anche per qualche mese e intende essere “studente” il mattino e “turista intelligente” il pomeriggio.

A conclusione di questo punto possiamo quindi sintetizzare l’idea dicendo che un

corso di italiano L2 “vendibile” non include solo quello che avviene dentro il Centro Linguistico (corsi, attività di approfondimento, ecc.) ma allarga la propria offerta a quel che è possibile trovare fuori dal Centro Linguistico, perché il “cliente” tipo è insieme studente e turista. Il contributo del Centro Linguistico al “turista” è quello di aiutarlo ad essere un turista intelligente.

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3. La qualità nell’insegnamento

Passiamo in questo terzo paragrafo ad una prospettiva più glottodidattica, intesa in senso ampio sia come organizzazione di un corso sia come gestione didattica della classe.

Abbiamo detto sopra che un’offerta è di buona qualità quando soddisfa la domanda e offre un prodotto di valore. Ci chiederemo dunque: qual è il “prodotto” che offriamo, e cioè la “L2”? e poi, qual è il valore di questo “prodotto” in termini di contenuti?

3.1 Nei Centri Linguistici si insegna italiano “L2”e non italiano “LS”

La confusione tra lingua “seconda” e “straniera” è frequentissima, ed è presente sia nella conversazione quotidiana tra insegnanti di lingua, sia a livello istituzionale, sia a livello scientifico. Inoltre, molto spesso linguisti teorici e psicopedagogisti usano “L2” per indicare qualsiasi lingua appresa dopo la L1, la lingua materna.

In realtà la differenziazione tra L2 e LS è fondamentale per una serie di ragioni glot-todidattiche, che vedremo in seguito, ma anche per una ragione di marketing legata alla customer satisfaction: il cliente-studente ha esperienza, nella maggior parte dei casi, di studio dell’italiano all’estero, quindi come LS, e giungendo in Italia si attende una metodologia omologa a quella che conosce, e rimane spiazzato, talvolta deluso, dallo scoprire che l’insegnante italiano non si comporta come quello con cui ha iniziato lo studio dell’italiano – insegnante che gli ha fatto amare l’italiano, tant’è vero che ha investito denaro e vacanze per venire a studiare la nostra lingua in Italia; la differenza tra l’LS che ha studiato e la L2 che si accinge a studiare dovrebbe essere il contenuto della prima ora del corso, anche perché la sua esperienza di studente di italiano LS non include le strategie che fanno trarre giovamento dal fatto di trovarsi in ambiente italiano 24 ore su 24.

Ai fini della teoria glottodidattica la definizione che possiamo dare di questi due con-testi è la seguente (presa da Balboni 2006):

Italiano LS Italiano L2 Presenza

nell’ambiente

Non è presente

nell’ambiente in cui viene studiato.

È presente nell’ambiente – ma con mille turbative: varietà regionali, dialetti, ecc.

Selezione e graduazione dell’input

L’insegnante governa questo settore: sceglie i materiali, sa che cosa è stato già presentato e quanto ne è stato acquisito.

Il discente vive immerso

nell’italiano, quindi il lettore non ha il controllo dell’input né di quanto e cosa lo studente abbia appreso spontaneamente (e talvolta con errori) nella vita quotidiana.

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Figura del docente L’insegnante rappresenta per il discente la figura modello di parlante di italiano; anche quando presenta altri modelli (ad esempio su CD audio, in video, ecc.) lui rimane la figura viva di riferimento.

Il lettore non rappresenta per il discente la figura modello di parlante italiano; spesso, anzi, il discente ritiene che la lingua del lettore sia troppo corretta o formale rispetto ai contesti in cui passa le sue ore extrascolastiche, dove i registri bassi sono essenziali.

Tipo di attività didattiche

In molti casi le tecniche di classe sono dei falsi pragmatici: basti pensare ad un roleplay in cui due francesi devono parlarsi in italiano per dirsi cose che potrebbero dirsi in francese.

Nel dialogo docente-discente, poi, il falso è ancora maggiore in quanto quasi sempre l’insegnante fa delle domande di cui conosce le risposte.

In alcuni casi ci possono essere simulazioni come nella LS, ma nella maggior parte dei casi il docente può far domande vere, cui non sa la risposta, che rimandano cioè alla vita reale, non simulata, dello studente fuori dell’aula. Curricolo e programmazione didattica L’insegnante e i materiali didattici seguono un curricolo, che spesso è esplicitato nell’indice del manuale; tale curricolo viene seguito, passo passo.

L’insegnante ha un curricolo di riferimento, ma non può seguirlo passo passo perché lo studente porta in aula problemi comunicativi che ha vissuto fuori e porta aspetti della lingua di cui chiede spiegazione: se l’insegnante voleva completare il comparativo ma lo studente gli dice che non capisce l’uso del gerundio, in quella lezione l’insegnante deve necessariamente occuparsi di verbi e non di aggettivi.

Testing e valutazione

L’insegnane sa quel che ha presentato, sa quali obiettivi minimi si è prefisso, conosce quanto è o dovrebbe essere stato acquisito nelle sessioni precedenti, quindi sa cosa verificare ed ha parametri per valutare l’acquisizione.

L’insegnante ha affrontato con lo studente alcuni aspetti dell’italiano, ma molti altri sono stati acquisiti spontaneamente e l’insegnante, anche se li conosce, non può inserirli in una verifica collettiva, in quanto ogni discente ha una storia individuale; di conseguenza, la verifica formale tende a lasciare il posto ad una continua analisi degli errori e del feedback.

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Uso della tecnologia

È fondamentale per presentare materiali autentici, con voci di età e sesso diverso, per mostrare la cultura italiana, per garantire (con e.mail, skype e webcam, ecc.) la comunicazione reale e non solo simulata.

Può anche essere inutilizzata. Se la si usa, non è tanto per input supplementare (ce n’è di più vivo fuori dalle mura del Centro Linguistico) quanto piuttosto per attività di esercitazione.

Lo studente straniero è abituato alla prassi nella colonna centrale e va aiutato a cogliere le potenzialità della colonna a destra. Nella prima ora di lezione si può anche utilizzare una griglia di questo tipo (ovviamente con le sole parti in corsivo) per stimolare la riflessione, per poi passare a consigliare come ascoltare, come riflettere sul lessico, sulla grammatica, sugli atti comunicativi, come far fruttare l’esposizione continua all’italiano al di là delle ore di lezione, portando poi a lezione elementi pertinenti di cui si chiede una spiegazione.

Un problema specifico che riguarda la differenza tra L2 e LS è quello del differente uso dei materiali didattici che oggi, nella maggior parte, sono “neutri”, cioè valgono per entrambe le situazioni (anche se l’LS tende a prevalere): non è tanto il libro di testo che deve cambiare, quanto l’utilizzo che se ne fa, considerando che in LS il dialogo al bar che apre l’unità “x” è l’unico modello di dialogo al bar che gli studenti ricevono, mentre in L2 diventa un modello base per vedere poi, nei vari bar che si frequentano quotidia-namente, cosa c’è di diverso, di più, di meno, rispetto al dialogo dell’unità “x”.

3.2 I contenuti: non solo l’italiano, ma l’idea dell’Italia

L’offerta glottodidattica è di qualità quando offre dei contenuti che coincidono, o quanto meno si integrano bene, con quelli (espressi o inespressi, consapevoli o in-consapevoli) della domanda, in modo da garantire la soddisfazione del “cliente” e da generare nuova domanda di italiano proprio attraverso la scelta di contenuti. Per quanto è possibile arguire non solo dalle ricerche che abbiamo citato sopra sulle motivazioni degli studenti di italiano nel mondo, ma anche dall’esperienza di un centro come Itals, che ha formato oltre 10.000 insegnanti di italiano mantenendo con loro relazioni e scambio di informazioni, la domanda (reale e soprattutto potenziale) di italiano non si focalizza più solo sulla gloria musicale, artistica, letteraria del passato (cui andrebbero aggiunte le glorie nella scienza, da Galileo a Malpighi, Volta, Marconi, ecc., nella politologia da Machiavelli a Guicciardini, da Muratori e Vico a Beccaria, ecc.), ma riguarda

- l’Italia di oggi che, per quanto la cosa risulti strana a noi italiani, è una delle potenze industriali del pianeta, centro di commerci internazionali, senza per questo cedere alle sirene della globalizzazione e rinunciare alle sue tradizioni, alla pluralità delle sue identità;

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- l’Italia dell’arte contemporanea, che non è solo la Biennale di Venezia (che co-munque rimane la più importante rassegna la mondo) ma che è anche, se non soprattutto, l’arte applicata: da Armani a Valentino, da Pininfarina a Giugiaro, da Alessi a Cassina, da Botta a Piano, per citare solo alcuni degli ambiti del

made in Italy;

- la musica, che è anzitutto l’opera, assolutamente ignorata in Italia ma molto popolare nel mondo, ma anche la canzone d’autore: Pausini, Consoli, Ruggieri, Ramazzotti, Zucchero, Ferro sono noti in molti paesi stranieri (dove, stranamen-te, miti come Mina, De André, Battisti, Baglioni e Vasco Rossi sono del tutto ignoti);

- il cinema italiano, che raggiunge un target di nicchia ma potenzialmente molto produttivo in termini di studio dell’italiano; il teatro di Dario Fo è quasi ignora-to in Italia ma girando per le capitali europee c’è sempre qualche sua pièce in cartellone;

- la tradizione secolare nella tecnologia, da Leonardo (che si firmava ingegnero) alla Ferrari, ma anche alla tecnologia dei tessuti su cui si fonda l’impero dell’alta moda italiana, a quella dei materiali che ha portato un’azienda italiana a rendere possibile il tetto del Guggenheim di Bilbao.

I sillabi basati sul Quadro sono necessari per i contenuti linguistici, e interessano quindi gli autori del libri di testo, gli insegnanti, i tecnici delle certificazioni – ma rivolgendoci ad uno studente i contenuti linguistici vanno contestualizzati in testi che parlino dell’Italia che abbiamo tratteggiato sopra, vanno calati in visite guidate, escursioni, domeniche allo stadio, serate a un concerto, esperienze di cucina da godere e da preparare: i contenuti linguistici devono compenetrarsi con contenuti di cultura italiana, antica e moderna, classica e d’avanguardia.

Il contenuto di un corso di italiano che fidelizza lo studente non è l’italiano ma l’Italia, e in questi anni l’Italia ha un contenuto alto e prezioso da proporre al mondo della globalizzazione e delle migrazioni planetarie: il suo modello bimillenario di integrazio-ne. L’Italia latina (che già aveva inglobato i Celti a nord, gli Etruschi al Centro e i Greci a sud) fu integrata via via da Goti, Longobardi, Bizantini, Franchi, Arabi, Normanni, Spagnoli, Francesi, Austriaci, ma secondo un modello per cui a Salerno un imperatore Svevo creava la prima facoltà di medicina utilizzando docenti arabi, secondo una logica che non mirava al melting pot: anzi, ogni differenza è stata conservata e valorizzata, le medesime spezie importate dai veneziani per secoli sono state usate in maniere diverse in ogni regione o comune, l’uva passa di Zacinto è finita in certe paste siciliane, nella cucina ebrea a Roma, nelle sardine in saór a Venezia, combinata con i pinoli delle Alpi. L’Italia, al di là di qualche vagito pubblico contro gli stranieri (tranne la propria colf, la badante dei propri genitori, gli operai della propria fabbrichetta, i muratori del proprio allargamento abusivo…), è da sempre un gigantesco e ben funzionante laboratorio di globalizzazione: può essere premiante, in termini di promozione dei contenuti di un corso, far venire gli studenti stranieri, soprattutto le fasce colte, ad approfondire questa peculiarità italiana, a comprendere come la nostra lingua abbia tante varietà ma pure sia una, come la nostra cucina abbia mille volti eppure sia una, come il drammaturgo premio Nobel scriva in una ipotetica lingua padana e il romanziere più venduto in un

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 ... italo-siciliano che però tutti gli italiani si sforzano di comprendere e non vorrebbero mai leggere tradotto in “italiano”…

3.3 La qualità glottodidattica: il contesto fisico

L’insegnamento avviene in un Centro, che ha sia strutture di servizio (aule informatiche, biblioteca, ecc,) sia aule per la didattica: queste strutture costituiscono il contesto fisico dell’insegnamento e sono fondamentali per la qualità didattica: fare lezione in un meraviglioso palazzo barocco ma senza un lettore di DVD è negare la qualità di base. È disponibile sul sito Itals un “Progetto Qualità” per le scuole di italiano: c’è una griglia (ad accesso gratuito) di autovalutazione basata sugli standard ISO per la didattica, e lì si possono trovare elencati alcuni requisiti standard per un contesto glottodidattico di qualità.

Non è questa la sede per discutere della struttura di un’aula per l’insegnamento delle lingue: ci limiteremo a ricordare che ci sono tre caratteristiche primarie che distinguono una aula efficiente da una inadatta:

a. insonorizzazione dall’esterno (dalla strada quando da altre aule limitrofe) e antiri-verbero all’interno: la lingua è primariamente suono, si fanno molte attività centrate

sull’ascolto, gli studenti devono parlare – e quando si parla una lingua straniera il tono di voce è fatalmente basso, si tende a sussurrare le desinenze per paura di sbagliarle… Mentre verso i rumori esterni si ha attenzione, il riverbero sonoro interno spesso viene trascurato, mentre è forse più dannoso del rumore esterno: non si tratta infatti di un disturbo occasionale ed estraneo alla catena sonora (un autobus che passa, ad esempio), né di un sottofondo cui si fa l’abitudine (il bru-sio dalle classi confinanti), ma si tratta di una deformazione della catena sonora da sentire e da comprendere, le parole su cui si lavora si perdono nella loro eco. Rompere il riverbero è facile: in aule di muratura tradizionale bastano gli oggetti appesi ai muri, il mobilio, le lampade; in strutture di cemento armato la situazione è più complessa perché le strutture portanti vibrano in sintonia con le parole; per rompere l’eco può bastare una serie di listarelle di legno attaccate al muro (alle quali si possono attaccare fogli e manifesti con puntine), mensole reggi-libri, e in casi disperati anche una striscia di contenitori per uova in cartone pressato poste nella parte alta delle pareti, a diretto contato con il soffitto, cioè nella parte dell’aula in cui le onde sonore rimbalzano da una superficie all’altra;

b. tavoli spostabili e accoppiabili in più combinazioni, in modo da poter fungere da

banchi tradizionali ma anche da tavoli per lavoro di piccoli gruppi, facilmente col-locabili in una “U” spostabili lungo i muri se si ha necessità di spazio per alcune attività;

c. attrezzature tecnologiche ma anche tradizionali: la lavagna interattiva è bellissima,

ma una lavagna bianca a pennarelli è altrettanto bella e certamente più stabile (non si spegne, non va in loop, ecc. – basta avere pennarelli di ricambio!); le attrezzature includono anche poster (di cultura, di grammatica, di vita quotidiana; acquistati da

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editori o prodotti dagli studenti e dagli insegnanti), dizionari tradizionali e visuali, grammatiche di riferimento e quant’altro l’esperienza dei lettori ben conosce.

3.4 La qualità glottodidattica: il fattore umano

Tutto quanto scritto sopra non ha valore in sé, ma solo in quanto strumenti al servizio dell’insegnante, cioè il regista dell’apprendimento guidato in aula e, in parte, anche di quello spontaneo all’esterno. Il fattore umano è primario rispetto a tutti i fattori tecnologici, di marketing, di attrezzature.

Oggi chi voglia prepararsi a fare l’insegnante di italiano o mantenere aggiornata la propria formazione ha possibilità che non hanno nulla da invidiare alle ipervalutate tradizioni britanniche, francesi, tedesche; per una formazione generale sono dispo-nibili

a. corsi istituzionali, cioè parte integranti della tipologia di corsi prevista dall’ordina-mento universitario: ci sono 14 master universitari di italiano a stranieri, almeno uno di questi è on line e quindi disponibile indipendentemente dalla città di re-sidenza (l’elenco dei master è disponibile nella sezione admis in www.itals.it); ci sono corsi di perfezionamento, sia in presenza sia on line; in alcune università ci sono stabilmente (e in altre occasionalmente) dottorati di ricerca in glottodidattica (e la partecipazione a un dottorato consente ai lettori a tempo indeterminato di ricevere lo stipendio per i tre anni pur dedicandosi esclusivamente alla ricerca); b. corsi non istituzionali, cioè i vari tipi di corsi di formazione e master (che non sono

master “universitari” con 60 crediti e approvati da Senato Accademico): ce ne sono in presenza, blended e on line, offerti da molte università e istituzioni;

c. certificazioni didattiche, cioè la ditals di Siena e la cedils/cefils di Itals (Venezia): sono titoli culturali, senza valore legale in Italia, dove non esiste un’abilitazione in italiano a stranieri, ma hanno raggiunto un notevole prestigio.

Oltre a questa formazione strutturata, con corsi, attestati, ecc., c’è ormai in Italia una

valida e ben diversificata offerta per l’autoformazione sia tradizionale sia assoluta-mente innovativa:

d. iniziative innovative e gratuite di autoformazione: nel sito Itals si trovano delle faq che vengono aggiornate ogni 3 mesi, c’è una sezione di YouTube con clip di formazione didattica della durata di due o tre minuti, c’è un blog per docenti, stan-no per essere inseriti siti con una struttura interattiva: una guida metodologica all’uso didattico delle canzoni accompagnata da una serie di canzoni, senza diritti

 Se ne può avere un’idea nei siti di Siena e Perugia, oltre che di Itals, ma esiste anche letteratura

scien-tifica di riflessione su questo tema: sull’esperienza di formazione di Itals si vedano Balboni, Dolci, Serragiotto 2007 e Serragiotto 2004 e 2009; sulla formazione per docenti a Siena si veda la collana La

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 ... d’autore, e delle rispettive basi musicali, in modo che i docenti possano coinvol-gere gli studenti nel tradurle, riscriverle, registrarle e metterle sul sito: è insieme autoformazione e creazione di materiale, e la stessa tipologia di sito verrà presto realizzata per letteratura, cinema, arte, in modo che l’autoformazione sia anche produttiva di materiali utilizzabili, in modo che insieme la comunità dei docenti migliora di qualità, permette un confronto con i colleghi, e produce materiali nuovi per l’aula;

e. c’è una enorme quantità di letteratura specialistica per l’autoformazione tradiziona-le: non solo quella delle case editrici specializzate in didattica dell’italiano (Guerra, Bonacci, Alma, Edilingua, ecc.) ma anche quella di glottodidattica generale (Carocci, Utet, FrancoAngeli, ecc.); per orientarsi in questa letteratura si può ricorrere alla sezione di abstract, che possono essere consultati per autore o per parole chiave, o alla bibliografia generale della glottodidattica italiana dal 2001 a oggi, su file word quindi disponibile alla ricerca per parola chiave, entrambe reperibili in ww.itals.it alla voce big;

f. ci sono riviste gratuite per insegnanti di italiano a stranieri: una è edita da Guer-ra, una da Edilingua, una è on line ed è gestita con la collaborazione dei docenti (Bollettino Itals).

Il problema quindi non è l’offerta formativa generale, che è abbondante e variegata; il

problema è quello della formazione specifica in quanto “lettore presso in Centro Lin-guistico”. Esiste un volume specifico per il lettore di italiano all’estero (Pavan 2005),

ma nulla per il lettore che lavora con giovani e con adulti in Italia.

Questo primo seminario dei lettori di italiano potrebbe essere propedeutico alla crea-zione di un sistema stabile di formacrea-zione e autoformacrea-zione specifica per i lettori nei Centri Linguistici universitari: in questi giorni stiamo cercando di fare il punto della situazione, di avere dati, e poi cercheremo di “istituzionalizzare” una formazione mi-rata, cioè di renderla stabile nel tempo e riconosciuta all’interno delle ore di sevizio. Quali possono essere le caratteristiche portanti di un progetto di questo tipo? A nostro avviso ci sono tre assi strutturali qualificanti:

a. un impianto costruttivista: non c’è nessuno nei Centri Linguistici italiani che possa pretendere di “dispensare dall’alto” formazione ad hoc, neppure in quei pochi Centri Linguistici che hanno come direttori (comunque sempre temporanei) docenti esperti di glottodidattica; la logica costruttivista prevede una creazione comune della conoscenza, processo al quale ciascuno contribuisce sulla base della pro-pria esperienza professionale e della propro-pria formazione, affidando a un esperto il compito di creare un’impalcatura coerente e comune al cui interno collocare la conoscenza che proviene dai “corsisti”; non è un percorso nuovo, è stato studiato e sperimentato ed è descritto nei saggi di Dolci, Celentin e Salvalaggio inclusi nel volume Balboni, Dolci, Serragiotto 2007;

b. una stabilità temporale: servono appuntamenti ricorrenti, foss’anche un’unica occasione l’anno; una possibilità è quella di ripetere questo Seminario ogni anno in concomitanza con FierItals, la fiera del libro di italiano a stranieri che si tiene a

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Venezia ogni Luglio; ma oltre all’incontro fisico, che riteniamo fondamentale sul piano relazionale, è utile stabilire anche un incontro intellettuale, ad esempio una rivista, un volume, un CD di documentazione e riflessione: chi ha riflettuto da solo o in gruppo su un tema deve trovare la possibilità di condividerlo non solo in un forum, con i colleghi, ma anche con tutta la comunità scientifica che si occupa di glottodidattica, adottando quindi una forma accademica, il volume o il saggio, che costringe a forme di pensiero e di scrittura che non si usano negli scambi mail, nei forum, nei blog;

c. blog, sito, forum, bollettino on line e quant’altro la tecnologia offre, per continuare

ad esistere come gruppo, come organismo, come practice community (Bodi 2008): è facile a dirsi, abbastanza facile a farsi, assai difficile da mantenere in vita: ma questo dipende dal corpo dei lettori di italiano nei Centri Linguistici: Venezia, intesa come Centro Linguistico e come Laboratorio Itals, può offrire la struttura, ma la linfa deve venie dalla comunità.

3.5 La qualità glottodidattica: i materiali didattici

Nessun lettore stabilisce oggi l’equazione “materiale didattico = manuale”, anche se quest’ultimo rimane il cardine intorno al quale ruota il resto.

Oggi i manuali migliori sono il risultato del lavoro di anni di équipe numerose guidate da esperti, sono soggetti a pre-sperimentazione, hanno un apparato di registrazioni audio e talvolta video, hanno siti di riferimento – in altre parole non sono sostituibili con una dispensa fotocopiata e fatta in casa. Per i corsi brevi i vari editori stanno ini-ziando a produrre manuali suddivisi in volumetti agili, di solito uno per ciascun livello del Portfolio, risolvendo anche un problema di costo. Ad un raffronto con l’editoria didattica di lingua straniera – da Longman ad Hachette, da Hueber a tutti gli altri grandi editori europei – quella di italiano a stranieri dimostra la piena maturità raggiunta da questo settore: non solo non ha nulla da invidiare, ma in molti casi è assolutamente all’avanguardia sul piano metodologico e su quello della progettazione editoriale. Il problema relativo ai materiali è ben più insidioso: un lettore deve scegliere il ma-nuale che piace a lui oppure quello che è più adatto allo studente? Se la frase mille volte udita e ripetuta “il soggetto del processo di apprendimento/insegnamento è lo studente” è vera, allora il manuale va scelto mirando ad una sintesi tra le convinzioni glottodidattiche del lettore e le necessità dello studente.

Faccio un esempio che mi mette in campo come autore (in un caso) e direttore scienti-fico (nell’altro) di due manuali molto diffusi (i lettori di italiano che mi leggono sanno bene che sono anche autore di manuali didattici, sarebbe ipocrita fingere uno iato tra l’attività di studioso e quella di autore di manuali): entrambi i manuali sono molto innovativi come struttura, sono basati su Unità d’Apprendimento che confluiscono in Unità Didattiche (Rete! è stato appena rifatto in questo senso, Italiano, pronti via! è nato con questa struttura), hanno un forte ancoraggio al Quadro, cercano di soddisfare le esigenze di un docente aggiornato; ma con studenti nordamericani, paese molto arretrato sul piano metodologico per quanto riguarda la prassi dell’insegnamento

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 ... delle lingue straniere, Rete! non può funzionare: richiede un’autonomia, un affidarsi all’intuizione, un’idea di grammatica implicita che lo studente americano non ha, perché nella sua esperienza come studente di lingua non è mai stato chiamato ad essere intuitivo, induttivo, costruttivista: lo studente americano, indipendentemente dalle preferenze del lettore per Rete!, lavora meglio con Pronti via!, e lo stesso vale per molti studenti orientali. Al contrario uno studente sudamericano, che di solito studia l’italiano come seconda o terza lingua straniera, ha usato molti materiali di inglese e francese o tedesco che sono concettualmente omologhi a Rete! e quindi usa questo manuale con naturalezza, sapendo cosa deve fare, come sono strutturati gli esercizi, che cosa il manuale si attende da lui.

“Manuale” non significa solo la sequenza di unità; un manuale include due strumen-ti fondamentali, che gli studenstrumen-ti vanno incoraggiastrumen-ti ad avere construmen-tinuamente sotto controllo:

a. l’indice: è uno strumenti didattico fondamentale se lo si presenta allo studente come strumento per rendere trasparenti i vari sillabi – lessicale, funzionale, grammaticale, ecc. – che costituiscono il percorso, nonché come strumento per percepire quanto è stato fatto, che cosa viene dato per acquisito alla fine di un’unità, e così via; b. le appendici, sia quelle tradizionali (lessico, grammatica di riferimento) sia quelle

più innovative (manuali in cui le appendici sono collocate su sito e mirate per le singole lingue materne degli studenti, consentendo una personalizzazione del percorso pur in presenza di classi plurilingui).

L’editoria oggi offre anche materiali per il rinforzo e il recupero, e molto di più se ne trova on line – e i Centri Linguistici da sempre si collocano all’avanguardia nell’uso delle tecnologie, in particolare nelle strutture di autoaccesso. Ma usare l’autoaccesso richiede una formazione particolare che spieghi allo studente che cosa c’è e come utilizzarlo: è l’idea di Centro Linguistico in cui si impara ad imparare, come già intuito a Pescara dal gruppo di Gagliardi (1977) oltre trent’anni fa (cfr. anche Prat Zagrebelsky 1994; sull’allestimento dei materiali in un Centro Linguistico si veda Gotti 1994 e, più in generale, Satchell e Chenik 2004).

4. Conclusione

Abbiamo cercato di dimostrare che l’italiano è una merce vendibile in questo inizio del

xxi secolo, ma che c’è bisogno di proporre contenuti mirati sui bisogni e gli interessi,

appunto, del xxi secolo; abbiamo anche ricordato che serve qualcuno, nei Centri Lingui-stici, che si occupa di fare marketing, perché a differenza degli altri grandi Paesi europei il nostro non ha una politica, neppure scadente o obsoleta, di promozione dell’italiano; infine abbiamo fatto notare che chi viene a studiare in un Centro Linguistico ha una vita in aula ed una esterna: la prima va curata con strutture adeguate, la seconda va in qualche modo guidata, dall’aiuto nel trovare una sistemazione all’organizzazione di visite, escursioni, ecc.

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L’italiano quindi è “vendibile”, ma serve una presa di coscienza (e un conseguente investimento di ore-uomo) da parte dei Centri Linguistici in ordine alla promozione di questo “prodotto” e all’organizzazione dei flussi degli studenti.

Un secondo punto che abbiamo voluto mettere in evidenza è la necessità di qualità glottodidattica, in tutta la complessità che questo termine implica, dalla formazione professionale all’aggiornamento continuo, dall’uso dei materiali e quello dei sussidi tecnologici. Abbiamo cercato di dimostrare come, dato per assodato che ogni lettore abbia (o possa rapidamente farsi) una formazione di base di buon livello, solo l’inte-razione continua tra specialisti che operano in questa nicchia del mercato delle lingue può garantire una qualità in grado di venire incontro alle aspettative di chi investe tempo e denaro per venire in Italia a studiare la nostra lingua.

Serve quindi un luogo di incontro per la practice community dei lettori di italiano, luogo sia virtuale, per l’interazione continua, sia fisico, su base almeno annuale: un “seminario permanente”dei lettori di italiano – e serve un atteggiamento da parte dei Centri Linguistici che riconosca o comunque faciliti la partecipazione.

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