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«Ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore, e i passi necessari per la nostra evoluzione

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Academic year: 2021

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1 Analizzare una fiaba.

Pelle d’asino: suggestioni letterarie e considerazioni pedagogiche Donatella Lombello Soffiato•

«Ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore, e i passi necessari per la nostra evoluzione

dall’immaturità alla maturità.»

Bruno Bettelheim••

«Le fiabe rappresentano una spiegazione generale della vita […]

sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna [… ] la drastica divisione dei viventi in re e poveri […]

la persecuzione dell’innocente e il suo riscatto […]

l’amore incontrato prima di conoscerlo[…]

l’essere determinato da forze complesse e sconosciute, e lo sforzo per liberarsi e autodeterminarsi […]

la fedeltà a un impegno e la purezza di cuore[…]

la bellezza come segno di grazia, ma che può essere nascosta sotto le spoglie d’ umile bruttezza.»

Italo Calvino•••

1. Premessa

Nelle fiabe, da Cappuccetto Rosso, a La Bella Addormentata, a La Bella e la Bestia, a Cenerentola, a Pierino Porcospino, i riferimenti alla vita sessuale, secondo l’interpretazione psicoanalitica, sembrano evidenti, e si riferiscono ora all’allusione al ciclo mestruale (Cappuccetto Rosso), ora all’iniziazione alla vita sessuale (Cappuccetto Rosso, La Bella Addormentata), ora, infine, al superamento del problema edipico (La Bella e la Bestia, Cenerentola, Pierino Porcospino).

Generalmente, nelle fiabe, il ruolo sessuale dei protagonisti è chiaramente esplicitato, e difficilmente il lettore è indotto a confusione: il Principe è sempre giovane quanto la Principessa che vuole a sposare, il Re è sempre “vecchio” e favorisce le nozze della coppia giovane, facendo rinunciare ad eventuali attaccamenti edipici, assecondando, dunque, la «vera indipendenza e [la]completa integrazione della personalità»1 del/la protagonista. Se questo ruolo non è evidente, o costituisce motivo di conflitto, starà alla trama della fiaba intessere sviluppi tali da consentire il raggiungimento dell’epilogo positivo e il ristabilimento dell’ordine.

«L’eroe della fiaba, sia maschio o femmina, sposa un partner pressappoco della stessa età.

Cioè, qualsiasi attaccamento edipico possa averlo legato al suo genitore, egli è riuscito a trasferirlo a un più adeguato partner non edipico. Ripetutamente nelle fiabe un rapporto insoddisfacente con un genitore-insoddisfacente come invariabilmente è un rapporto edipico- viene sostituito, come il vincolo di Cenerentola con un padre debole e inetto, da una felice relazione con il partner maritale sopravvenuto in suo soccorso.»2

Metodologicamente, alla fine dell’analisi critica qui presentata sono indicate le principali sequenze narrative della composizione fiabica, in modo che se ne possano richiamare alla memoria i passaggi più significativi.

Il presente saggio, con alcune modifiche, è stato pubblicato in: Chemotti S. (a cura di), Corpi di identità. Codici e immagini del corpo femminile nella cultura e nella società, Padova, Il Poligrafo, 2005, pp. 113-134, e in: Lombello Soffiato D., Novel e romance: strumenti per l’analisi dei generi letterari in prospettiva pedagogica, Padova, Cleup, 2012, pp. 165-181.

•• Bettelheim B., Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli, Milano 2000, p.296.

••• Calvino I., Introduzione a Fiabe italiane, Einaudi, Torino 1956, p. XVIII .

1 Bettelheim B., Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, op. cit. p. 127.

2 Ibidem.

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2 La presenza di un desiderio incestuoso tra padre e figlia, o tra fratelli, è meno frequente: un esempio è, tuttavia, costituito da Pelle d’Asino.

1.1. Caratteri strutturali delle fiabe

La fiaba, come è noto, rappresenta la narrazione di fatti «quali si vorrebbe accadessero o quali dovrebbero essere per appagare l’umano bisogno di giustizia o di bellezza»,3 con la finalità primaria non di educare, o di istruire, come nel caso della favola, bensì di far godere il piacere dell’

intrattenimento, dell’incantamento, della meraviglia, attraverso le suggestioni della parola narrata/ascoltata, che lasciano sempre prevedere il lieto fine, e con esso, anche la vittoria dell’eroe sull’antagonista prevaricatore, il suo riscatto e il suo risarcimento (morale, sociale...).

La fiaba, come in genere il romance, che comprende ogni genere di narrativa fantastica, privilegia l’azione, la concatenazione dei fatti: in essa «l’elemento essenziale della trama è l’avventura.»4

Si sa che aspetti caratterizzanti la narrativa fantastica sono l’a-temporalità (“C’era una volta…”), l’a-spazialità (“in un paese lontano…; in un fitto bosco…; nelle stanze del castello…”) e la tipizzazione dei personaggi, che, generalmente, non hanno generalmente spessore psicologico (salvo che, ad es., nella stesura letteraria offertaci da Perrault), né caratterizzazione individuale (non hanno nome proprio, o, se ce l’ hanno, esso è molto comune), ma rivestono invece un ruolo (la matrigna, la fata buona, le sorelle cattive, la strega…). Il linguaggio utilizzato è quello simbolico:

oggetti, azioni, luoghi, tempi non assumono valore per se stessi, di tipo referenziale, ma rimandano ad un valore altro. È questo linguaggio simbolico utilizzato nella fiaba a raggiungere la sfera più profonda del lettore-ascoltatore: quella delle emozioni, dell’inconscio,5 nel quale ciascuno riconosce aspetti della propria vita, o ne immagazzina la suggestione, fino a decodificarne il messaggio profondo, ad attribuirne un senso, magari in momenti successivi della propria vita.

2. La struttura di Pelle d’asino

I movimenti della fiaba, come si può vedere dalla trama sintetizzata in Appendice (A), sono fondamentalmente due, attraverso i quali si viene a delineare il tortuoso percorso della protagonista per sottrarsi al destino entro cui il Re suo padre vorrebbe intrappolarla: convinzione paterna è infatti di poter esercitare un inappellabile diritto di possesso, pieno ed assoluto, nei confronti del corpo e della volontà della figlia.

2.1. Fase iniziale, conflitto, fuga e salvezza

La condizione iniziale di perfezione di vita della Principessina, nata dal “casto imeneo” della madre Regina, «tanto bella quanto virtuosa», e del Re suo padre, tanto amato quanto potente, è interrotta dalla morte improvvisa della madre. Ha qui avvio quello che, narratologicamente, è definito conflitto, ossia la rottura dell’equilibrio iniziale, che comporta, da parte della fanciulla stessa, il suo conseguente divenire l’inatteso oggetto del desiderio paterno.

3 Bernardinis A.M., Itinerari. Guida critico-storica di narrativa e divulgazione per l’infanzia e la gioventù, Fabbri, Milano 1976, p. 145.

4 Frye N., Anatomia della critica. Teoria dei modi, dei simboli, dei miti e dei generi letterari, Einaudi, Torino 1969, p.

247.

5 Per un approccio letterario e psicopedagogico riguardo alla fiaba si vedano almeno, oltre al citato Bettelheim B., Il mondo incantato, almeno: Propp V.J., Le radici storiche delle fiabe, Einaudi, Torino 1949; Idem, Morfologia della fiaba, Einaudi, Torino (1966), 1997; Lüthi M., La fiaba popolare europea, Mursia, Milano 1979; Tolkien J.R.R., Albero e foglia, Rusconi, Milano 1976, von Franz M.L., Le fiabe del lieto fine.Psicologia delle storie di redenzione, red./studio redazionale, Como 1987; Marchese A., L’officina del racconto. Semiotica della narratività, Mondadori, Milano 1990; L’insegnante, il testo, l’allieva, , Rosenberg&Sellier, Milano 1992; Bretoni F. (a cura di), Il testo a quattro mani, La Nuova Italia, Firenze 1996; Cambi F., Itinerari nella fiaba. Autori, testi, figure, edizioni ETS, Pisa 1999; Cavarero A., Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Feltrinelli, Milano 2001. In particolare, per la fiaba in esame, si veda: Soriano M., Les contes de Perrault culture savante et traditions populaires, Gallimard, Paris 1968, specie il cap. V, pp. 113-124.

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3 L’insana pretesa del padre sulla nostra eroina può essere letta, al di là della sua, di per sé condannabile, connotazione incestuosa, come un diritto-potere dell’uomo sul corpo della donna, come maschile autoconcessione ad esercitare violenza e potere sull’altro sesso. Niente, infatti, sembra poter sottrarre la Principessina al destino predeterminato dal padre: «… il Sovrano fece notificare all’Infanta l’ordine di prepararsi ad obbedire» (A.1.7).

In Pelle d’asino, tuttavia, la dinamica dei fatti enfatizza proprio l’agire della protagonista, che cerca ogni espediente per contrastare l’imposizione paterna, per disattendere l’insano desiderio del Re e sottrarsi alla sua volontà.

La determinazione chiara della Principessa a non volere sottostare alla prepotenza paterna si manifesta nella ricerca della strategia più idonea allo scopo.

Il ricorso della fanciulla alla Fata delle Rose si configura come ricerca dell’alleanza femminile:

la “comare”,6 assume qui, dunque, il ruolo di madre simbolica, solidale ed attenta nel provocare la favorevole evoluzione degli avvenimenti. Insieme, le due alleate, studiano il modo per opporre resistenza ad una prevaricazione che investe il corpo e l’anima della protagonista.

Emerge, in questa affannosa ricerca, tutta l’intelligente astuzia femminile, talora unica risorsa all’imposizione, alla forza maschile. La soluzione adottata implica tuttavia un grosso prezzo da pagare: la condizione dell’umiliante rinuncia alla propria identità femminile da parte della Principessa, attraverso un mascheramento che porta alla negazione del proprio corpo per salvare la propria anima, la propria interiorità, il proprio Sé,7 che comporta la rinuncia di ogni precedente appartenenza e privilegio .

Nel primo movimento si definisce, dunque, la reazione della fuga dell’Infanta, mascherata con la

«sozza pelle»,8 grazie alla quale ella trova scampo al desiderio del Re suo padre.

Perrault utilizza espressioni forti per definire il sentimento paterno: «fiamma così violenta»,

«pazzo proposito», «amoroso ardore», configurando tratti della personalità del Sovrano che lo ritraggono come «smaniante », che non sa «darsi pace » per i dinieghi della Principessina, o che è

«farneticante per la nuova speranza»,9 offerta dalla figlia con la richiesta del primo abito.

Nel secondo movimento si definisce la conquistata salvezza della protagonista nella sua nuova condizione di sguattera e di guardiana di pecore e tacchini, ma anche la successiva presa di coscienza del necessario recupero della propria primigenia identità e del ripristino del proprio status e ruolo.

2.2. Assunzione dell’identità animalesca

La salvezza della Principessina è, dunque, conseguente al suo mascheramento, all’ammantarsi della pelle dell’asino.

Chi indossa “mantelli” nelle fiabe , e perché? Nella tradizione mitologica, ad esempio, il vello conquistato da Giasone è d’oro, e rappresenta il raggiungimento di un tesoro.10

6 Perrault Ch., Il libro delle fate, illustrato da G. Doré, tradotto da Yorik, Milano, Tipografia del Corriere della Sera, 1891, edizione fuori commercio, Dono agli abbonati del “Corriere della Sera”, Milano, Longanesi, 1991, p. 140.

7 Con il termine Sé in psicologia s’intende, in senso generale, l’individuo in quanto “consapevolmente si auto-esperisce come nucleo permanente e continuativo nel corso dei molteplici cambiamenti somatici e psichici, soggettivi e comportamentali che caratterizzano l’esistenza individuale” (Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano 1981, ad vocem, p. 148.

8 Ivi, p. 147. Si evidenzia qui il processo contrario a quello indicato nel racconto Pelle di foca da Clarissa Pinkola Estès, Donne che corrono coi lupi. Il mito della donna selvaggia, Frassinelli, Como 1995, pp. 248-252. In questo caso la protagonista, deprivata dal marito della pelle che costituisce la sua essenza, si indebolisce e avvizzisce, finché il suo bambino non gliela restituirà. “Il bambino aprì l’involto e lo scosse, era la pelle di foca di sua madre. Oh, sentiva tutto il suo odore. E mentre stringeva tra le braccia la pelle di foca di sua madre e se la portava al volto e ne aspirava la fragranza, l’anima della madre lo attraversò come un improvviso vento d’estate”(ivi, p. 251).

9 Ch.Perrault, Il libro delle fate, op. cit., p. 143.

10 Tema caro ai maestri cofanari, in quanto tema di nozze. Si veda, ad esempio, l’analisi di Tosetti Grandi P. alle tavolette dei cassoni nuziali dipinti, tra ‘400 e ‘500, da Lorenzo Costa: La spedizione degli Argonauti e Il ritorno degli Argonauti, e da Ercole de’ Roberti Lotta tra Giasone e i guerrieri spuntati dal suolo,in Favole tolte da Ovidio e da altri poeti: per tre coppie di cassoni nuziali bolognesi, “Bollettino del Museo Civico di Padova”, LXXIX, 1990, pp. 223- 253.

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4 Se, per restare in tema, pensiamo al mantello dell’invisibilità di Harry Potter,11 notiamo che il suo effetto magico sta nell’ amplificare il potere dell’eroe nei confronti dei suoi antagonisti, alla cui vista è occultato.

Possiamo ricordare la riconquistata identità di Pelle di foca,12 protagonista fiabica della tradizione nordica, sia europea che americana, che, solo reindossando la sua pelle, ritrova le perdute energie.

E dunque, che senso la scelta di Pelle d’asino, ovvero l’ assunzione d’identità diversa, peggiorativa, annichilente?

Il togliersi alla vista, il nascondimento agli altri, la perdita di identità, e della propria identità femminile, come si può intendere: di quali chiavi interpretative potremmo avvalerci per decodificarne il senso?

Se ci si riferisce, ad esempio, al ruolo del mascheramento in molta parte della letteratura, o della cultura popolare, esso è legato ad una forma di sdoppiamento del Sé, in cui la parte resa visibile attraverso la maschera può essere ricondotta alla dimensione di un apparire fittizio (si pensi anche solo alla tradizione carnevalesca) che dissimula aspetti segreti, altre “verità”: si tratta di un apparire, dunque, dietro il quale si nasconde un’identità che si autoprotegge e si autocela.

La nostra eroina utilizza una pelle d’asino che restituisce, rende visibile, un’immagine repellente di sé.

Tenendo conto dei profondi condizionamenti propri di una radicata cultura maschilista, protrattasi fino ai nostri giorni, potrebbe essere lecito ipotizzare che tale ripugnante mascheramento simboleggi una specie di senso di colpa della giovane figlia per essere stata ispiratrice di un desiderio paterno tanto malsano; oppure, come la letteratura psicanalitica ha, in altri casi, sottolineato, per essere stata, forse, lei stessa soggetto di fantasie malsane, tanto da portarla a desiderare una forma di espiazione attraverso l’annullamento di sé e del proprio corpo.

Potrebbe diversamente, invece, simboleggiare la ricerca di protezione, del diritto a difendere la propria femminilità, ed insieme anche la denuncia, attraverso quella «sozza pelle d’asino», dell’atto animalesco che avrebbe rappresentato la violenza su di sé da parte del padre.

Nascondimento – del corpo, cioè della bellezza fisica, della propria capacità di seduzione, e del proprio Sé – può pertanto essere intesa, al contempo, come difesa da e ribellione per l’umiliazione a cui la fanciulla sarebbe andata incontro.

Si potrebbe anche individuare una possibile legge del contrappasso, con l’assunzione “esterna”

e palese di una lordura, attraverso lo sconcio abito, che altrimenti sarebbe stata solo intima, privata e incomunicabile. La pelle dell’asino diviene allora esplicitazione di un’accusa senza tregua, seppure indecodificabile, in quanto trasferita dal termine a quo al termine ad quem, dalla causa alla destinataria dell’oscenità: costituisce la provocazione di una nausea e di uno schifo che, diversamente, non avrebbero avuto voce, né visibilità, e che qui assumono forte valore simbolico.

Certo è che l’eroina, nei fatti raccontatici da Perrault, è prigioniera: di una prigionia indiretta, traslata, inflitta/autoinflitta in conseguenza del comportamento paterno: la pelle dell’asino, infatti, se da un lato è salvifica, dall’altro è l’opaca gabbia dietro cui la fanciulla si trincera, come risposta alla trappola tesa dal Re.

La protagonista, con la scelta volontaria dell’osceno mascheramento, vince sul padre, ma al contempo perde la (visibilità della) propria bellezza, oltre alla propria principesca vita felice.

Entra, deliberatamente, in una sì carestia del corpo,13 ma non dell’anima, come il prosieguo della narrazione ci dimostrerà.

Ma come è questa pelle?

Come è consegnata «con tutta galanteria» (A.1.11) dal Re padre: ancora sanguinolenta e intrisa di cruore e di umori dell’asino appena «trucidato», oppure già conciata,14 con un prolungamento dei tempi che si interpongono al soddisfacimento della frenesia paterna?

11 L’autrice, Joanne Katleen Rowling, ne ha declinato le imprese in otto volumi.

12 Se ne veda la storia in Pinkola Estès C., Donne che corrono coi lupi. Il mito della donna selvaggia, op.cit., pp. 248- 253.

13 Ivi, p. 218.

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5 Perrault ci lascia la libertà di immaginare, e non si esprime in proposito. Certo è che la pelle dell’asino assume il valore simbolico di luogo per la ri-nascita: non opaca gabbia, ma utero simbolico che protegge e trasforma l’Infanta.

Ma vediamo quali tortuose fasi precedano il lieto fine.

3.1. Temi della discesa

Riconosciamo, nel primo movimento della fiaba, il tema cosiddetto della discesa (a un mondo inferiore),15 relativo, nel nostro caso, all’abbandono (forzato) dello status privilegiato della vita di corte, allorché la protagonista si reca dalla propria comare,16 allontanandosi dal mondo superiore del Palazzo reale.

Simbolicamente il grazioso carrozzino (si veda il punto A.1.8), guidato dalla Principessina rappresenta, al di là dell’interpretazione platonica,17 la determinazione a compiere la propria scelta, il voler governare la situazione, il prendere in mano il proprio destino,18 mentre il grosso agnello è immagine che insiste sul richiamo simbolico della condizione di innocenza e di sacrificio19 in cui si trova la fanciulla, e che anche ricorda il simbolo archetipico del Sé.20

L’altro tema della discesa è quello che chiude la prima fase del racconto: l’allontanamento deliberato dal Castello sotto altre spoglie.

L’allontanamento non dà qui origine alla quest: non c’è una ricerca definita, una meta esplicita verso cui volgere, ma solo un allontanarsi a quo; è fuga da un mondo detestabile, senza la cognizione precisa di quale sia il mondo desiderabile a cui tendere.

3.2. Cambiamento d’identità

Nel tema della discesa ritroviamo il cambiamento d’identità,21 per ora ristretto al travestimento, ma, nel prosieguo della storia, trasferito anche al nome: in tal modo l’identità della Principessina costituirà tutt’uno con la pelle dell’asino22 di cui si ammanta.

Ed in effetti, tra i temi della discesa individuati da Frye vi è la spaccatura della coscienza, la

«confusione e la sospensione nella continuità dell’identità»,23 che in questo caso può essere intesa

14È domanda che si pone anche M. Soriano: «Le roi a-t-il livré à sa fille cette peau encore sanglante ou déjà tannée?» (Il re ha consegnato a sua figlia questa pelle ancora sanguinante o già conciata ? ). Si veda: Les contes de Perrault, op.cit., p. 120.

15Ci piace utilizzare la suggestiva interpretazione simbolico archetipica dello studioso canadese scomparso alla fine del secolo scorso, Northrop Frye. In particolare ci si riferisce qui alle sue opere: La scrittura secolare. Studio sulla struttura del «romance», Il Mulino, Bologna 1976, e Anatomia della critica , Einaudi, Torino 1969. Dice Frye che il romance, vale a dire la narrativa fantastica, è, tra tutte le forme letterarie, quella che più si avvicina alla

“rappresentazione del sogno o soddisfazione dei desideri umani, e ha perciò una funzione stranamente paradossale da un punto di vista sociale”. Egli continua affermando: “In ogni epoca la classe sociale o intellettuale dominante tende a proiettare i suoi ideali in una qualche forma di romance, in cui gli eroi virtuosi e le eroine bellissime rappresentano gli ideali, e i cattivi la minaccia che ostacola l’influsso dei primi sulla società. Questa è la caratteristica del romance cavalleresco nel Medioevo, del romance aristocratico nel Rinascimento, del romance borghese dal XVIII secolo in poi, e del romance rivoluzionario nella Russia contemporanea” (Frye N., Anatomia della critica, op.cit., p.247). Il mondo ideale, superiore, è associato alla felicità, alla sicurezza, alla pace, e dunque alla luce, al sole, al mattino, al ciclo stagionale della primavera o dell’estate, dei fiori e della natura rigogliosa, e alla fase del ciclo della vita corrispondenti alla fanciullezza o alla giovinezza “innocente”, ovvero “pre-genitale” (Frye N., La scrittura secolare, op.cit., p.64). Il mondo demoniaco è caratterizzato da misteriose avventure eccitanti, ma sono anche piene di solitudine e separazione, di umiliazione, dolore, minaccia di morte (ibidem). Nel romance il movimento narrativo ora si innalza ad appagare il desiderio, ora sprofonda nell’apprensione, nell’affanno, nell’incubo (ibidem). Il romance è tuttavia caratterizzato dal lieto fine, con un ritorno da parte dell’eroe al suo originario stato d’identità, dopo la liberazione da avventure che lo hanno trascinato nell’alienazione (ivi, pp.65-66).

16 Perrault Ch., Il libro delle fate,op. cit., p. 140.

17 Per il quale, come si ricorderà, il carro rappresenta la natura fisica dell’uomo, le sue passioni, l’istinto di conservazione e di distruzione; il carro è governato dall’auriga, cioè dall’intelligenza dell’uomo.

18 Si veda, per le rispettive molteplici interpretazioni, Chevalier J., Gheerbrant A., Dizionario dei simboli, cit., ad vocem, p. 209 e ss.

19Ivi, ad vocem, p. 19 e ss.

20 Von Franz M.L., Le fiabe interpretate, Boringhieri, Torino 1980, p. 26.

21 Frye N., La scrittura secolare. Studio sulla struttura del «romance», Il Mulino, Bologna 1976, p. 101 e ss.

22 Perrault Ch., Il libro delle fate,, op., cit., p. 148.

23 Frye N., La scrittura secolare, cit.., p. 108.

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6 nel senso proprio di un restringimento/annullamento del potere d’azione della protagonista all’interno di questa nuova identità: simbolo centrale della discesa è infatti «l’entrare in un mondo di dimensioni ridotte.»24

Il tema della discesa è di solito accompagnato da crudeltà, orrore, alienazione e solitudine25: infatti, la Principessina è «il bersaglio di tutti gli scherni grossolani e vili del basso servitorame»,26 e vive nell’isolamento per la sua pelle d’asino che la rende «schifosa e nauseabonda»,27 che dunque colpisce il lettore/ascoltatore per una sinestesia in negativo, che coniuga insieme vista e olfatto.

3.3. Gli animali della discesa

Accompagna il tema della discesa l’asino, ovvero le sue vestigia, la sua pelle.

Oltre al valore referenziale dell’animale che, “trucidato”, evoca l’idea del cruore in contrasto con la sua magnificenza dell’oro lucente che sapeva defecare quand’era in vita,28 che valore acquista l’asino, qui, simbolicamente?

Dall’Asino d’oro di Apuleio (II sec. d.C.), al «Paese dei Balocchi» e alla trasformazione di Pinocchio e Lucignolo in ciuchini, consuetamente questa bestia richiama il collegamento con l’accondiscendere ai desideri, alle seduzioni sensibili (sia esso piacere sessuale o piacere del disimpegno e del gioco).29

Altri animali, che accompagnano il tema della discesa, sono le pecore e i tacchini30: del simbolismo delle prime già si è detto; dei secondi si riconosce la valenza, a livello simbolico, sia di potenza virile che di fecondità materna.31

È interessante questo incrociarsi, nella trama, dell’innocenza, della purezza, del sacrificio delle pecore con il simbolismo dei tacchini: in questo caso, comunque, le due tipologie di animali accompagnano il preludio dei temi dell’ascesa.

Sono infatti i primi testimoni muti del «ribrezzo» e della «vergogna»32 che «l’orribile pelle»33 suscita nella sua proprietaria, testimoni muti della presa di coscienza dell’eroina della propria nuova identità riflessa nella «limpida fontana»34 a cui si affaccia.

3.4. Temi dell’ascesa

È la «tentazione di fare un bagno»35 che permette alla fanciulla di ripristinare il desiderio di recuperare la propria bellezza («si trovò bella e se ne rallegrò tutta»36) e di volersi restituire alla pienezza della sua condizione.

In questo movimento di ascesa è il rispecchiamento di Pelle d’asino – il doppio orribile di se stessa restituitole dalla superficie dell’acqua – ad avviare il recupero del distacco dalla prigionia della pelle, attraverso l’amore di sé e del proprio corpo.

24 Ivi, p. 111.

25 Ivi, p. 118 e ss.

26 Perrault Ch., Il libro delle fate,,op. cit., p. 147. E ,quando Pelle d’Asino si accinge ad andare a Palazzo dal Principe per la prova dell’anello, la folla è lì a «ridere, a fischiare, a far baccano», ivi, p. 157.

27 Ivi, p. 147.

28 «Perrault qui a un certain goût pour les plaisanteries scatologiques […] a dû particulierment apprécier ce passage […] sur le plan littéraire cet âne «cacauro» est une vraie trouvaille» (Perrault che ha un certo gusto per le battute scatologiche […] ha dovuto apprezzare particolarmente questo passaggio […] sul piano letterario quest’asino

«cacaoro» è una vera trovata), afferma Marc Soriano, Les contes de Perrault, op. cit., p.119. Per la creazione di Pelle d’Asino Perrault trae ispirazione, secondo quanto afferma Soriano, dal Basile e dallo Straparola, ma anche dalla leggenda di una raccolta di vite di santi scritta da un gesuita, Pierre Ribadeneira (ivi, p. 117).

29 In certe tradizioni, tuttavia, l’asino è anche animale sacro, che ha un ruolo importante, ad es., nei culti in onore di Apollo. Rappresenta il simbolo degli asceti , ad es., l’asino quando è selvatico (onagro): si veda Chevalier J., Gheerbrant A., Dizionario dei simboli,op. cit., ad vocem, p. 105 e ss.

30 Perrault Ch.., Il libro delle fate,,op. cit., p. 147 e p. 148.

31 Chevalier J., Gheerbrant A., Dizionario dei simboli, op. cit., ad vocem, p. 441.

32 Perrault Ch., Il libro delle fate,op. cit., p. 147 e p. 147.

33 Ivi, p. 148.

34 Ivi, p. 147 .

35 Ivi, p. 147-148 .

36 Ivi, p. 147 .

(7)

7 Pelle d’asino vede con raccapriccio la propria negativa metamorfosi (è il momento dell’agòn – del conflitto – tra come è e come vuole essere) e incomincia a vivere «l’aumento dell’identità tramite il rifiuto di ciò che la nasconde e la vanifica.»37

La riprogettazione di se stessa ha dunque quel corpo negato come fulcro, come riscatto dalla propria condizione di emarginazione.

Ritrovare la propria identità – cioè prendersi cura di sé e indossare i propri preziosi abiti e gioielli – è azione che Pelle d’asino riserva a se stessa, nei giorni della festa, nella dimora appartata in fondo al viale ombroso, nel chiuso di quella stanza «serrata a catenaccio», violata-spiata dallo sguardo incredulo del Principe attraverso il buco della serratura.

Qui Perrault richiama la bellezza fisica e quella interiore della fanciulla: la Principessa è scorta dal Principe «con un’aria nobile e modesta che pareva piuttosto una divinità che una donna!»38 3.5. La «cura sui»

C’è un rituale, quello di dedicare cure al corpo e acquisire bellezza, per sé, nel privato, che è ripetuto dalla Principessa anche quando è investita del compito di fare la “stiacciata”, la focaccia, per il Principe malato: anche allora si lava accuratamente e si prepara con i vestiti della festa, per impastare, insieme, farina e anello (in termini proppiani: marchiatura per l’agnizione) , che servirà al riconoscimento.

Pelle d’asino dedica un tempo alla cura di sé,39 – cura sui, epimelia heautou, heautou epimeleisthai 40: il tempo della festa, e della privatezza, in cui le è possibile sibi vacare,41 rendersi libera per se stessa, incondizionatamente, non in funzione di altri .

La presa di coscienza della fanciulla si conferma in questo suo appuntamento costante,42 che prelude alla sua conclusiva salvezza.

Il momento definitivo dell’ascesa è quello in cui fisicamente la Principessa sguscia fuori, si libera, con «impercettibile mossa» (A.1.16.5), dalla pelle dell’asino, e contemporaneamente supera la prova dell’anello al dito43 . L’anello assume qui la funzione di certificato di quell’identità di bellezza e perfezione a suo tempo vista-spiata dal Principe, attraverso la serratura della casetta in fondo al bosco, e ora, prima dell’agnizione finale, da lui supposta e sperata.

Qui Pelle d’asino dimostra di avvalersi di tutta l’arte della seduzione femminile: è difficile esaltare la bellezza solo dell’anima, senza una visibilità che attrae.

Ed infatti, la fase del pathos è vissuta intensamente dall’Infanta, che ama il Principe di un

«amore [… ] timido e modesto»,44 allorché teme che qualche dama di Corte possa avere «le dita sottili come le sue»45.

Le nozze – termine con cui Propp indica in generale il lieto fine di ogni fiaba, ma che qui avvengono realmente – hanno luogo solo allorché l’Infanta si toglie spiritualmente-interiormente-

37 Frye N., La scrittura secolare, cit., p. 142.

38 Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., p. 148.

39 È «imperativo che circola in un buon numero di dottrine diverse» precisa Foucault M., La cura di sé. Storia della sessualità 3, Feltrinelli, Milano 2001, p. 48.

40 Dai platonici, a Plutarco, a Epicuro, a Seneca, ad Apuleio, a Marco Aurelio…: Michel Foucault passa in rassegna le diverse elaborazioni filosofiche sul tema. Si veda Ivi, pp. 47-48 e ss. Storia della sessualità 3, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 43 e ss.

41 L’espressione è di Seneca (ivi, p. 50).

42 «Sautoi boethei ei ti soi meleî sautou» (“aiutati da te stesso, fin che ti è possibile”) è il monito di Marco Aurelio nei Ricordi (ivi, p. 51).

43 «L’anello, in quanto oggetto circolare, è ovviamente uno dei molti simboli del Sé[…] il Sé è il fattore centrale regolatore della psiche inconscia e possiede tante funzioni differenti tra loro. Esso garantisce l’equilibrio psichico o […]

struttura un atteggiamento dell’Io che pone questo nella giusta relazione con il Sé. […l’] anello, al di là della forma circolare, che ne fa un’immagine del Sé…simboleggia sia una relazione che un vincolo. L’anello […] d’oro […]

associato all’incorruttibilità e all’immortalità…le pietre preziose sottolineano ancora di più questo significato; esse simboleggiano generalmente valori psicologici»: von Franz M.L., Le fiabe interpretate, Boringhieri, Torino 1980, pp.

72-76.

44 Ivi, p. 154.

45 Ibidem.

(8)

8 psicologicamente la pelle d’asino attraverso la sua richiesta di consenso al Re suo padre di partecipare alla cerimonia, di approvare l’unione col Principe.

Questi viene, in tal modo, riabilitato agli occhi del lettore, poiché egli convalida la felice relazione tra i due coetanei e avalla, come già si è detto, il «trasferimento delle nozze ad un più adeguato partner.»46

4. Considerazioni pedagogiche

Quanto del messaggio perraultiano è possibile sia colto dai piccoli lettori, dalle piccole lettrici?

La frase ricorrente “da grande ti sposo” che talora i figli/le figlie rivolgono a padri e madri, forse rende “innocente” e non decodificabile il significato così inquietante della fiaba.

I piccolo destinatari, in realtà, si fermeranno a gustare le suggestioni e la suspense dell’avvincente trama narrativa, sul cui profondo senso rifletteranno, in caso, quando, per loro, la lettura emozionale (vicariale o no) avrà lasciato il passo alla lettura critica.

Appendice

A. È forse il caso di richiamare brevemente le principali sequenze della nostra fiaba, al fine di coglierne i passaggi più significativi.

A.1. La trama

A.1.1.«… è il monarca più felice di quanti portan corona su questa terra.»47

L’introduzione narrativa alla situazione di partenza ci permette di cogliere tutti i motivi della piena felicità di cui gode il fortunato Re della fiaba, padre della nostra protagonista-eroina48: i rapporti del monarca con gli altri personaggi individuano, in quella che i narratologi definiscono l’esposizione, tutte le circostanze di una pienezza materiale e morale senza riserve.

Amore, rispetto, timore da parte dei sudditi e degli alleati fanno da contraltare all’unione perfetta del Re con la Regina impalmata «tanto bella quanto virtuosa», e alla gratificazione per la nascita,

«dal casto imeneo», di una fanciulla dotata di «tante incantevoli perfezioni.»49

Gusto, magnificenza, abbondanza, saggezza, fedeltà, laboriosità di ministri, cortigiani, servitori:

tutto, già al massimo grado, non è che il preludio all’impennata di ulteriore meraviglia per i lettori riguardo alla perfetta vita del Re: il possesso del gigantesco asino cacaoro che, collocato dal monarca in un «posto speciale e distinto», tutte le mattine ricopre di monete d’argento e d’oro la sua lettiera.

A.1.2.«…volle il cielo che la Regina fosse assalita improvvisamente da una crudele malattia»50 Il limite all’ umana felicità inesorabilmente compare. Scatta qui la funzione che Propp definisce della mancanza, che dà avvio al cosiddetto esordio, vale a dire alla stura delle peripezie, delle azioni che caratterizzano la fiaba. Perrault stesso lo sottolinea in una sequenza gnomica: «…poiché le peripezie dell’esistenza non risparmiano i Sovrani più che i semplici sudditi, e non si trova al mondo così grande felicità che non sia mescolata di qualche amarezza»,51 mentre indica il crescendo della disperazione del Re, che tenta tutto, che vuole offrire anche la sua propria vita “in olocausto”, e che è costretto, invece, dalla Regina, in fin di vita, a giurare di risposarsi solo quando avrebbe trovato «una Principessa più bella e più ben fatta» della Regina stessa, «donna virtuosa ma piena d’amor proprio […] e tanto valeva allora assicurarsi che il Re non sarebbe mai passato a seconde nozze».

A.1.3.«Dolore acuto dura poco»52

I grandi dignitari della Corona insistono perché il Re, scosso da singhiozzi continui, prenda moglie .

46 B. Bettelheim, Il mondo incantato, cit., pp. 126-127.

47 Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., p. 135.

48 Termine che i narratologi designano per indicare il/la protagonista.

49Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., p. 135.

50 Ivi, p. 136.

51 Ibidem.

52 Ivi, p. 139.

(9)

9 «Nessun marito mai alzò tanto romore di gemiti e di lamenti: piangere a tutte le ore, singhiozzare notte e giorno, inabissarsi nelle querule angoscie della vedovanza furono le sue sole occupazioni».53

Alle loro insistenze il Re oppone il giuramento fatto alla Regina. Ma i ministri non demordono prospettando al Re le inevitabili conseguenze della fine della sua dinastia. Il Re è colpito da queste considerazioni, e, «così per fare», passa in rassegna «tutte le Principesse che conosceva in età da marito.»54

A.1.4. «Per sua disgrazia gli parve un giorno di accorgersi che l’Infanta sua figlia… »55

Le doti che il Re improvvisamente coglie nella propria figlia sono anzitutto quelle fisiche, che le conferiscono una bellezza ben superiore a quella delle Principesse che egli ha « di recente esaminate». La superiorità della fanciulla si stabilisce tuttavia anche per le doti interiori (di atteggiamento: “grazia”), e intellettuali (“acume”), in relazione con quel termine di paragone insuperabile rappresentato dalla stessa sua madre , la defunta Regina.

Il Re è in preda ad una «fiamma così violenta», che non solo non riesce a nasconderla, ma che gli impone di rendere partecipe sua figlia del proprio disegno di sposarla «perché lei sola poteva scioglierlo dal suo giuramento.»56

A.1.5. «La giovane Infanta, adorna di tanta virtù e amabile appunto per la sua pudicizia, credette di smarrire i sensi all’annuncio di un così orribile e raccapricciante disegno»57

La figlia scongiura suo padre, dinanzi al quale è «prostrata in ginocchio», di risparmiarle

«cotesto enorme delitto».

A.1.6. «Il Re …domandò consiglio ad un vecchio Druido»58

Il Re, per realizzare il suo «pazzo proposito» e trovare il modo di «mettere in pace la coscienza della giovane Principessa», trova la collaborazione di un ambizioso sacerdote,che sacrifica i «diritti dell’innocenza e della virtù» all’onore di essere confidente del suo sovrano. Il Druido59 arriva a persuadere il Re di fare «opera pietosa e meritoria sposando sua figlia.»60

A.1.7. «… il Sovrano fece notificare all’Infanta l’ordine di prepararsi ad obbedire»

I ragionamenti del «perfido consigliere» lusingano il Re e lo rendono ostinato nel suo disegno.

A.1.8 «La Principessa…la notte stessa partì in un grazioso carrozzino, tirato da un grosso agnello che conosceva benissimo tutte le strade»

La meta è la Fata delle Rose, sua comare, alla quale la fanciulla si rivolge per chiedere aiuto, e che assume dunque la funzione di donatore, secondo Propp.61

La Fata consola e rassicura la figlioccia: «Sarebbe certo una gran colpa…sposare il tuo genitore;

ma questa colpa la possiamo evitare senza irritare il Re con un rifiuto. Digli che, per levarti un capriccio, ti deve dare un vestito del colore del Tempo» (funzione dell’inizio della reazione62).

A.1.9. «Digli che, per levarti un capriccio, ti deve dare un vestito del colore del Tempo…un abito del colore della Luna…un abito del colore del Sole»63

53 Ibidem. “Angoscie”, come più oltre “minaccie”, è plurale arcaico.

54 Ibidem.

55 Ibidem.

56 Ivi, p. 140.

57 Ibidem.

58 Ibidem.

59 Il druido, sacerdote della religione celtica, diffusa dunque anche nella zona della Bretagna, aveva tradizionalmente anche il ruolo di consigliere del Re.

60 Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., p. 140.

61 Propp V.J., Morfologia della fiaba, Einaudi, Torino 1997, pp. 45-46;

62 Ivi, p. 48.

63 Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., pp. 142-143.

(10)

10 Il Re, «farneticante per la nuova speranza che gli sorgeva in cuore», non può «rifiutare più nulla», è «innamorato»: ogni nuova richiesta della figlia è, via via, assecondata grazie all’abilità dei più «celebri artefici», ora minacciati d’impiccagione, ora sottoposti ad altre «ingiunzioni e minaccie», ora riforniti di «tutte le gemme, e i brillanti e i rubini della corona», per realizzare abiti sempre più preziosi, senza «nemmeno un sospiro» da parte del sovrano.

Al moltiplicarsi della rapidità nell’assecondare le richieste della figlia, alla trionfante insistenza paterna per la decisione delle nozze, all’«amoroso ardore» del padre nel procurare, di volta in volta, un vestito più difficile da confezionare, corrispondono, nella figlia, ora la mortificazione e l’essere confusa, ora le «smanie del più profondo dolore», lo sdegno e lo sbalordimento.64

La Fata, al contempo, è «stizzita e vergognosa, anche lei oltre ogni dire», è «rossa dalla collera».

Essa che, come si è detto, assume, secondo la teoria di Propp, la funzione del donatore, aiuta la fanciulla a formulare la serie di prove rivolte al Re– ossia la reiterata richiesta di nuovi abiti –, che costruiscono, nella trama, la conferma ripetuta della determinazione del padre-antagonista nel portare a termine il proprio «pazzo proposito».

A.1.10. «Chiedigli la pelle di quell’asino che Lui tien così caro…[che] basta da sé solo a mettere in pari tutti gli anni il bilancio del Regno»

La fanciulla dà seguito al consiglio della Fata, alleviata nell’avere un’altra possibilità per

«eludere la minaccia di un matrimonio aborrito», ed esegue «la sua parte stupendamente».

A.1.11. «Il Re restò un po’ sorpreso…ma non esitò un minuto a soddisfarlo»

L’asino è «trucidato» e la pelle è recata «con tutta galanteria» all’Infanta.

Ella si dispera e sta per prendere «qualche terribile risoluzione».

La Fata la soccorre: le fa prendere consapevolezza che è «nel momento più critico» della sua vita «ma che non deve disperare». La pelle rappresenta la marchiatura proppiana,65 un segno/oggetto particolare che l’eroe/eroina porta con sé nella successione delle peripezie che affronterà.

A.1.12. «Prendi quella pelle, imbacuccati sotto quella ignobile spoglia, esci dal Palazzo, e cammina dritto avanti a te finché troverai terra che ti sostenga…»

Il sostegno della Fate delle Rose è psicologico: «Quando si sacrifica tutto alla virtù, la ricompensa degli dei non è lontana», ma anche materiale: «Fuggi…io provvederò affinché i tuoi abiti ti seguano da per tutto…la cassa del tuo vestiario e dei tuoi gioielli verrà con te viaggiando sotto terra», con l’aggiunta della componente magica (fornitura del mezzo magico66):

«Prendi…questa è la mia bacchetta. Battendo sul terreno quando ne avrai bisogno, la cassa non si farà aspettare». L’identità è nascosta dal procedere ctonio della dote principesca della fanciulla.

A.1.13. «…Si vestì della sozza pelle dopo essersi imbrattata il volto di fuliggine per non essere riconosciuta, ed uscì di casa sua…»

È la cosiddetta funzione della partenza: l’eroina-vittima dà inizio a una peregrinazione che non ha per scopo una ricerca, la quest. Siamo nell’esordio della fiaba, dopo la fornitura del mezzo magico da parte della Fata- donatore.

A.1.14. «La disparizione dell’Infanta mise in grande scompiglio tutta la Corte Reale…»

Il Sovrano è «smaniante», non sa «darsi pace», poiché ha fatto preparare una «festa magnifica per la cerimonia della scritta». Inizia la persecuzione.67.

Il Re fa partire «più di cento» uomini d’arme e «più di mille moschettieri» in «tutte le direzioni».

64Ivi, pp. 143-144.

65 Propp V.J., Morfologia della fiaba,op. cit., p. 57.

66 Ivi, p. 49.

67 Ivi, p. 61.

(11)

11 La Fata protettrice rende invisibile la fanciulla ai «più astuti investigatori», tanto che è giocoforza «rassegnarsi e tacere».

Si chiude la prima parte della storia, con il salvataggio,68 e la vittoria dell’eroina-protagonista sull’antagonista. Salvataggio e vittoria vanno tuttavia mantenute: la fanciulla è infatti perennemente ricoperta dalla pelle d’asino.

A.1.15. «Durante questo tempo la Principessa camminava, camminava…Andò lontano, molto lontano, sempre più lontano…»

La peregrinazione è senza meta precisa: ha il solo scopo di consentire alla Principessa di essere definitivamente lontana dalle sciagurate mire paterne.

Tutti trovano la fanciulla troppo sudicia per prenderla a servizio.

A.1.16. «Finalmente arrivò in una bella città, presso la cui porta si trovava una fattoria, e la fattoressa per l’appunto aveva bisogno d’una stracciona purchessia…»

L’arrivo in incognito della Principessa alla fattoria apre il nuovo movimento della fiaba: la nuova serie di azioni porta all’ identificazione, all’agnizione della Principessa sotto le vestigia della sguattera.

Le fasi possono essere sintetizzate secondo la scansione che segue.

A.1.16.1. La nuova condizione dell’eroina:

- alla fanciulla sono assegnati dei compiti ( «lavare i cenci da cucina, ripulire la stia dei polli e- con rispetto- il trogolo dei maiali»), da lei svolti in modo così puntuale «che la fattoressa la prese sotto la sua protezione». I compiti aumentano («Menava le pecore a pascere, le riconduceva alla stalla in tempo debito, andava fuori coi tacchini…tutto prosperava sotto le sue belle mani» 69);

- le sono assegnati degli spazi: «un cantuccio in cucina»,70 e «una stanza appartata», con una porta «serrata a catenaccio» in fondo ad un «viale ombroso»71;

- la fanciulla sopporta di essere «il bersaglio di tutti gli scherni grossolani e vili del basso servitorame; tanto la sua pelle d’asino la rendeva schifosa e nauseabonda.»72

A.1.16.2. La riconquistata consapevolezza della propria bellezza:

- un giorno, seduta sulla sponda d’una limpida fontana, la fanciulla si specchia e la

«spaventosa pelle d’asino che la copriva dalla testa ai piedi » le fa «veramente ribrezzo.»73 - Si lava la faccia e le mani; si trova bella; sente la «tentazione » di fare un bagno…Si ricopre,

alla fine, della pelle d’asino per tornare alla fattoria. Qui, essendo libera perché l’indomani è festa, si cambia la biancheria, si pettina e incipria i biondi capelli, ricorre alla sua cassa e indossa il vestito color del Tempo. Tutto di nascosto.74 Ripete questo appuntamento con se stessa in ogni giorno di festa. Sospira «per il dispetto di non avere nessuno a testimone della sua bellezza». Invece tutti la vedono con l «orribile pelle d’asino, di cui le era ormai rimasto il soprannome.»75

A.1.16.3. La scoperta del Principe:

- il Principino, padrone della fattoria e colà ospite, dopo una partita di caccia, vagando per la campagna, s’inoltra per un viale ombroso e s’imbatte nella porta «serrata a catenaccio.»

68 Ivi, p. 62.

69 Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., p. 147.

70 Ibidem.

71 Ivi, p. 148.

72 Ivi, p. 147.

73 Ibidem.

74 Ivi, p. 148.

75 Ibidem.

(12)

12 Spia attraverso il buco della serratura e scorge la Principessa «così bella, così riccamente vestita, con un’aria nobile e modesta che pareva piuttosto una divinità che una donna». Solo

«il rispetto [per] quella celeste visione» lo trattiene dal buttar giù quella porta. S’informa su chi abiti in «quella stanza appartata». Gli si risponde che ci sta «una straccioncella chiamata per soprannome Pelle d’Asino…una ragazzaccia così lercia e spregevole che nessuno la guardava né le parlava.»76

Il Principe capisce bene che «quella gente grossa e volgare» non ne sa di più.

A.1.16.4. La febbre d’amore del Principe:

- il Principe la notte stessa, per la «fiamma amorosa», s’ammala gravemente. Chiede alla Regina sua madre una stiacciata fatta da Pelle d’asino. Compare qui la funzione del compito difficile77. Resistenza dell’ufficiale del seguito ad eseguire l’ordine della Regina, in quanto la destinataria della consegna è «una serva; una bestiaccia che meno il lupo non ce n’è un’altra più brutta; una mora schifosa, una stracciona ch’è alla fattoria, e bada ai tacchini…»78

- Intrusione dell’A.: Perrault fornisce la versione della corrispondenza di sguardi tra i due giovani attraverso la toppa della serratura, e del subitaneo innamoramento anche da parte della Principessa.

- Per l’adempimento del compito la fanciulla si prepara e si veste a festa. Apposta o per caso cade un suo anello nell’impasto.

- Il Principe mangia la stiacciata, e quasi si soffoca per la presenza dell’anello. La mancanza della proprietaria dell’anello gli provoca una ricaduta della malattia. Chiede ai suoi genitori di poter sposare la fanciulla cui potrà andar bene l’anello. Si dà il via alle “prove” dell’anello:

è percorsa tutta la gerarchia sociale fino agli ultimi gradi. Manca solo Pelle d’asino, che è fatta cercare. Pelle d’asino si prepara e si adorna con la sua maggior cura, ricoprendosi poi con la «solita pelle», e raggiungendo il palazzo reale tra le burle, i fischi e il baccano della folla, e l’incertezza, la confusione, la «vergogna di uno sbaglio che lo esponeva al ridicolo»79 da parte del Principe.

A.1.16.5. Trasfigurazione e agnizione

- Il Principe interroga Pelle d’asino: «siete voi che abitate…fatemi vedere la vostra mano…»

- La manina delicata, «candida come neve e vermiglia come una rosa», che scaturisce fuori dalla lurida pelle nera meraviglia Principe e Corte. Mentre l’anello si adatta perfettamente al dito, la Principessa, con una «mossa impercettibile» fa cadere la pelle, mostrando a tutti

«una bellezza così sfavillante e divina». Alla trasfigurazione80 Il Principe cade in ginocchio, il Re e la Regina accorrono ad abbracciare la futura nuora; dal soffitto della sala appare prodigiosamente la madrina Fata delle Rose in un carro di ramoscelli di rosa, che racconta la storia ed intesse elogi alla virtù e allo spirito della fanciulla. L’agnizione, l’identificazione81 permette di appurare la certezza del lignaggio regale della fanciulla e di procedere alle nozze.

A.1.16.6. Richiesta di consenso alle nozze e superamento del desiderio incestuoso

- La Principessa pretende tuttavia il «consenso del Re suo augusto genitore», il quale «aveva dimenticato la sua riprovevole passione, e aveva sposato una Regina vedova, molto avvenente, dalla quale però non ottenne figliuoli.»82

- Nozze: la coppia si sposa. Il Re lascia il trono al figlio. Festeggiamenti. Amore sincero per tutta la vita.

10-08-2018 Donatella Lombello Soffiato

76 Ibidem.

77 Propp V.J., Morfologia della fiaba, op. cit., p. 65.

78 Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., p.152.

79 Ivi, p. 157.

80 È la XXIX funzione di Propp V.J., Morfologia della fiaba,op. cit., p. 67.

81 È la XXVII funzione di Propp, ibidem.

82 Perrault Ch., Il libro delle fate, op. cit., p. 158.

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