26/11/2009 lezioni CTF - MdP 1
Corrente elettrica
1) Definizione di corrente elettrica
Consideriamo un filo di materiale conduttore ai cui estremi viene applicata una d.d.p
| ∆ V| = V
A− V
Bcon V
A>V
B.
Nel filo si stabilisce un campo elettrico che esercita una forza sulle cariche libere del conduttore e le pone in movimento nella direzione del campo (vedi fig. 1). Se poniamo attenzione ad una sezione S’ del filo conduttore, essa sarà attraversata da una certa quantità di carica ∆ q in un intervallo di tempo di osservazione ∆ t. Si definisce corrente elettrica media attraverso la sezione S’ la quantità, generalmente indicata con I
m,
t I
mq
∆
= ∆
Se siamo interessati alla corrente istantanea I attraverso una generica sezione S, dobbiamo ridurre il tempo di osservazione ∆ t (al limite ∆ t → 0) ottenendo, con ovvio significato dei simboli:
(1) dt
dq t lim q
I
t 0=
∆
= ∆
→
∆
Se | ∆ V| = cost nel tempo, anche la corrente è costante e quindi I
m≡ I.
L’unità di misura per la corrente è l’ Ampere = s A = C .
In effetti, poiché si assume l’Ampere (A) come unità fondamentale per i fenomeni elettrici, la precedente è la definizione del Coulomb (C): il Coulomb è la quantità di carica trasporta in 1s da una corrente di 1 A.
ℓ
V
AV
B−
−
−
− +
+ +
+ S’ S V
A>V
B.Fig. 1
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 2
Si assume come verso positivo della corrente quello del moto delle cariche positive ossia verso potenziale decrescente (nel nostro caso, da punti a potenziale V
Aa punti a potenziale V
B). E’ da sottolineare che se il conduttore è un filo metallico, dove le cariche libere sono gli elettroni, il moto fisico delle cariche è opposto a quello scelto come positivo per la corrente. Ciò deriva da una convenzione sul verso positivo della corrente posta precedentemente alla comprensione della struttura dei metalli e delle loro proprietà conduttrici.
Per la conservazione della carica, se un filo si divide o se più fili si uniscono abbiamo:
ossia: la somma delle correnti entranti in un punto (detto nodo) è pari alla somma delle correnti uscenti (Legge dei nodi).
2) Velocità di deriva
Le forze elettriche in un conduttore sottoposto ad una differenza di potenziale pongono in movimento i portatori di carica liberi. Dobbiamo osservare che:
a) questi portatori sono già in moto casuale per agitazione termica con una certa velocità media (che a temperatura ambiente è dell’ordine di 10
5m/s nei metalli ) b) i portatori possono essere accelerati solo nell’intervallo di tempo che intercorre fra due loro urti successivi con atomi ed elettroni costituenti il materiale stesso.
Di conseguenza si ha, come verificato anche sperimentalmente, che al moto termico casuale degli elettroni di conduzione si sovrappone un loro moto collettivo “di deriva” nel verso imposto dal campo elettrico che avviene con velocità costante, detta velocità di deriva (v
d). Si risconta che v
ddipende dal materiale e dall’intensità del campo elettrico applicato. La velocità di deriva nei diversi conduttori è in genere molto piccola; per esempio nel rame per campi intorno a 10-20 V/cm è dell’ordine di 10
-5m / s
I
1I
2I
3I
1I
2I
3I
1= I
2+ I
3I
1+ I
2= I
3Fig. 2
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 3
3) Densità di corrente elettrica
La definizione di corrente (vedi la 1) è legata alla geometria del conduttore ossia alla sezione S. Per avere una grandezza che dipenda solo dalle proprietà fisiche, e non geometriche, del materiale dobbiamo introdurre il concetto di densità di corrente.
Considerato il conduttore in fig. 1, assumiamo che sia costituito da un materiale caratterizzato da:
a) un numero n (in m
-3) di portatori di carica per unità di volume,
b) una carica q per ogni singolo portatore di carica ( q = e nei conduttori metallici), c) una velocità di deriva v
dper il dato campo elettrico applicato.
Allora la carica totale Q in un tratto di filo lungo ℓ è: Q = n(Sℓ)q = qnSℓ. Essendo v
dcostante, abbiamo che ℓ = v
d∆ t, con ∆ t intervallo di tempo necessario ad un portatore per percorrere la distanza ℓ.
Segue che: Q = qnSv
d∆ t.
Tale relazione permette di interpretare Q come la carica totale che attraversa la sezione S nel tempo ∆ t e quindi di calcolare la corrente I nel filo come:
J S qnv
qnSv I t
I Q = d ⇒ = d =
= ∆
La quantità J è detta densità di corrente (misurata in A/m
2).
(2) J = qnv
d= S
I .
Si noti che la definizione di I coinvolge l’intera sezione del conduttore, mentre J è definita punto per punto ed è fissata solo dalle caratteristiche fisiche del mezzo (tramite n, q, v
d) e dall’intensità del campo (tramite v
d).
Dalla (2), la corrente in un filo di sezione S può essere calcolata, nota J, come:
(3) I =JS.
Commento: in effetti una trattazione più dettagliata mostra che la densità di corrente è un vettore v
dqn J
= in genere variabile con la posizione e la relazione 3 è solo un caso particolare della
relazione più generale I = ∫
SJ ⋅ d s , valida per J costante nella sezione S.
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 4
4) La legge di Ohm e la resistenza elettrica
Nella definizione di corrente elettrica I è implicita una sua dipendenza dalla d.d.p.
| ∆ V| applicata al conduttore. Se procediamo sperimentalmente, come fece Ohm, misurando I in un dato conduttore variando | ∆ V| otteniamo che per ogni conduttore
La resistenza elettrica si misura in Ohm =
A
= V
Ω .
La (4) | ∆ V| = IR è nota come legge di Ohm.
Si trova che R dipende dalla geometria e dal materiale del conduttore. Le caratteristiche del materiale sono espresse tramite una grandezza, detta resistività ρ (misurata in Ω m). Se S ed ℓ sono rispettivamente la sezione e la lunghezza del conduttore si ha:
(5) R = ρ A . Il simbolo circuitale della resistenza è :
La resistività rende più quantitativa la distinzione fra conduttori e isolanti (vedi tabella); un isolante perfetto dovrebbe avere ρ = ∞ .
I
∆ V
Conduttore 1
Conduttore 2
Fig. 3
si ha una relazione lineare passante per l’origine ossia: I ∝ | ∆ V| (fig. 2).
La costante di proporzionalità, generalmente indicata con R, è detta resistenza elettrica:
(4)
I
| R ∆ V
=
Essa misura la “difficoltà” a generare
una corrente in un conduttore: per un
dato | ∆ V|, maggiore è R, più piccola è
la corrente I.
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 5
Valori della resistività ρ a temperatura ambiente.
Materiali Resistività ρ ( Ω m) tipo
Rame 1.7⋅10
-8conduttore
Alluminio 2.8⋅10
-8conduttore
Ferro 1.0⋅10
-7conduttore
Germanio 45,4
Silicio 6.24⋅10
4Legno secco 10
8÷10
11isolante
Vetro 10
10÷10
13isolante
Ceramiche 10
10÷10
15isolante
La resistività dipende dalla temperatura T come ρ (T) = ρ
0+ αρ
0(T − T
0), con α dipendente dal mezzo e ρ
0= ρ (T
0). Di conseguenza anche R dipende da T.
Osservazione: avendo chiamato la (4) legge di Ohm dovremmo aspettarci che tale relazione sia valida sempre. Oggi sappiamo che ci sono due importanti deviazioni dalla legge suddetta: a) nei semiconduttori e b) nei superconduttori, pertanto si definiscono conduttori ohmici i conduttori che obbediscono alla legge di Ohm.
a) Caratteristica I-V in
un semiconduttore b) andamento della resistività in funzione della temperatura : a T
C(temperatura critica) il materiale diventa superconduttore. T
Cè in genere di pochi °K.
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 6
5) La legge di Ohm locale
Assumendo che il campo elettrico E e la densità di corrente J siano costanti all’interno del conduttore in fig. 1, possiamo scrivere | ∆ V| = Eℓ e I = JS. Dalle
relazioni 4 e 5 segue: ⇒ ∆ = ⇒ = ⇒ = ⇒ E = J ⇒
JS S E
JSR E
IR
| V
| ρ ρ
(6) J = ρ 1 E detta legge di Ohm locale.
Essa stabilisce che l’origine della densità di corrente (ovvero della corrente) in un materiale caratterizzato da una resistività ρ è l’esistenza di un campo E nello specifico punto dello spazio.
6) Potenza elettrica ed effetto Joule
Le cariche in moto nei conduttori subiscono continuamente degli urti. Gli effetti di questi urti sono paragonabili a forze di attrito; le particelle cariche perdono energia e ciò costituisce l’origine della resistività. Il lavoro fatto dal campo elettrico per spostare (vedi fig. 1) una carica infinitesima dq dall’estremo A all’estremo B, tra i quali vi è una differenza di potenziale ΔV, è:
dW
el= − dq ∆ V = − dq(V
B− V
A) = dq(V
A− V
B) ⇒
(7) dW
el= dq| ∆ V | > 0. (lavoro positivo, fatto dal campo)
Il lavoro per unità di tempo dt fatto dal campo per far circolare una corrente I è:
V I dt V
dq dt
| V
| P dq
dt
dW
el=
el= ∆ = ∆ = ∆
ossia per far circolare una corrente serve una potenza elettrica P
el= I| ∆ V|
Osservazione: la potenza elettrica è misurata anche in V·A, equivalente al Watt, infatti:
s Watt J s C C A J
V ⋅ = ⋅ = =
Il campo fa lavoro sui portatori di carica liberi, ma questi non aumentano la loro
energia cinetica perché la velocità iniziale e quella finale sono uguali (v
d= cost);
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 7
pertanto il lavoro del campo sarà dissipato ovvero ceduto al conduttore tramite gli urti fra i portatori di carica liberi e gli atomi ed elettroni costituenti il materiale stesso.
La potenza elettrica necessaria a far circolare la corrente sarà dissipata nel materiale e l’energia apparirà sotto forma di agitazione termica (calore) dei costituenti il materiale, con conseguente riscaldamento del conduttore (effetto Joule). Usando la legge di Ohm si ha che: P
dis= I| ∆ V|= RI
2⇒
(8) ( )
R RI V
P
dis=
2= ∆
2La (8) esprime il fatto che per fare circolare una corrente I serve una potenza P che ritroviamo come riscaldamento del mezzo conduttore. Questo è un effetto indesiderato se si vuole solo fare circolare una corrente, ma al contrario esso è usato in molti dispositivi di uso frequente come le lampade ad incandescenza, le stufe elettriche, i ferri da stiro, i tostapane, i fusibili...
7) Generatori elettrici
Abbiamo visto (fig.1) che, per avere una corrente I in un conduttore, bisogna applicare ad esso una | ∆ V| = V
A− V
B. Se non facciamo altro, il sistema tende all’equilibrio: le cariche positive, ad esempio, migrano dall’estremo A all’estremo B, il conduttore diviene equipotenziale (| ∆ V| = 0) e non c’è più corrente. Se vogliamo che la corrente continui a circolare dobbiamo trovare il modo di riportare le cariche positive dall’estremo B all’estremo A, ovvero da potenziale minore V
Ba potenziale maggiore V
A. Questo non può essere fatto da un campo elettrico.
Moto
per effetto del campo elettrico V
AV
B+ +
+
+ + +
+
Moto per cause non elettriche
Generatore
di forza elettromotrice
Conduttore elettrico
Fig. 4
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 8
Conclusione: per avere continuamente una corrente in un conduttore sottoposto ad una | ∆ V| = V
A− V
Boccorre una causa interna non elettrica che riporti le cariche da B ad A, mentre esse si muovono per effetto del campo elettrico da A a B.
In termini di energia diciamo che se per portare una carica dq da A a B il campo elettrico compie un lavoro (vedi rel. 7) dW
el,A→B= dq| ∆ V|, serve un agente esterno non elettrico che faccia un lavoro dW
est,B→Aper portare la carica dq da B a A. Per la conservazione dell’energia dW
el, A→B= dW
est ,B→A⇒
(9) dW
est,B→A= dq ∆ V.
La causa esterna in grado di fare questo lavoro è detta generatore di forza elettromotrice. Un generatore di forza elettromotrice è quindi un dispositivo in grado di mantenere fra due punti (detti poli) una differenza di potenziale costante (indicata con ε) e di far muovere al suo interno le cariche elettriche positive da potenziale più basso (polo negativo) al potenziale più alto (polo positivo). La forza elettromotrice ε (misurata in Volt) è la differenza di potenziale fra il polo positivo e quello negativo.
Per la (9), il lavoro fatto da un generatore di forza elettromotrice ε è dW
gen= dW
est⇒ (10) dW
gen= ε dq ⇒
dq dW
genε =
che può essere considerata la definizione operativa di ε .
I simboli circuitali di un generatore sono:
Esempi di generatori sono le comuni pile elettriche, le batterie delle auto, le batterie di un cellulare, le dinamo delle biciclette ecc. Nelle pile i fenomeni che danno origine alla forza elettromotrice sono di natura chimica, nella dinamo di natura elettromagnetica (come vedremo in seguito).
In un generatore reale la d.d.p fra i due poli non è rigorosamente costante e pari ad
ε , essa può variare leggermente in funzione della corrente che eroga, (esempio l’abbassamento dell’intensità delle luci di un auto al momento della messa in moto).
Per giustificare questo comportamento un generatore reale che fornisce una d.d.p fra
ε
• +
• −
ε
• +
• −
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 9
i poli V
abè schematizzato da un generatore ideale di f.e.m ε e una resistenza interna r in modo che, detta I la corrente fornita,
V
ab= ε- Ir
Esempio:
se una batteria ha ε =12 V, r = 0.1 Ω ed eroga una I = 10 A risulta V
ab= 11 V. Segue che più piccola è r, più il generatore ha un comportamento ideale .
8) La corrente continua e la corrente alternata
Se in un conduttore vogliamo avere una corrente costantemente nel tempo dobbiamo avere collegato ad esso un generatore di forza elettromotrice ε = | ∆ V| ovvero realizzare un circuito elettrico e il moto delle cariche avverrà lungo un percorso chiuso (coincidente con il circuito).
Fissato il circuito, la resistenza R è determinata dal circuito ed è costante, pertanto dalla legge di Ohm segue che se nel circuito ε è costante nel tempo, come nel caso di una pila, anche la corrente è costante nel tempo ed è detta corrente continua o stazionaria. Possiamo dire quindi che: una corrente stazionaria scorre lungo una linea chiusa.
Se invece ε ha uno specifico andamento temporale ε = ε (t), anche la corrente varierà
nel tempo i = i(t). Un caso interessante si ha quando ε = ε
0sin ω t come per la
tensione distribuita nelle nostre case con ε
0= 220 V e ω = 2 π f con f = 50 Hz. In tal
caso la corrente sarà i(t) =( ε
0/R) sin ω t e viene detta corrente alternata.
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 10
9) L’equazione dei circuiti.
Ricordando che un conduttore presenta sempre una resistenza R, la fig. 4 precedente può essere schematizzata con un circuito in cui il generatore e la resistenza sono localizzati in precise zone e i collegamenti (rappresentati da linee) sono conduttori ideali a resistenza nulla, come in fig. 5a.
La legge di Ohm (eq. 4) dice che ai capi di una resistenza si ha una “caduta di potenziale”, ossia il potenziale decresce lungo la resistenza nel verso della corrente (vedi fig 4b): | ∆ V|=IR ⇒ | V
A− V
B| = IR ⇒ V
B= V
A− IR ( con V
B<V
A).
La conservazione dell’energia applicata lungo il percorso di una corrente (circuito) permette il calcolo della corrente circolante, note le forze elettromotrici ε e le resistenze R presenti.
a) Caso di una f.e.m. ε ed una resistenza R.
L’energia fornita dal generatore per portare dq dal punto B al punto A dU
gen= dW
gen= ε dq deve essere pari al lavoro fatto dalle forze del campo E per portare dq dal punto A al punto B: dW
el= − dq(V
B− V
A) = dq| ∆ V| ⇒
ε dq= dq| ∆ V|, ma | ∆ V|= IR ⇒ ε dq= dqIR ⇒ (11) ε = IR
B
A V
V
AV
BFig. 5a Fig. 5b
R
V
BR
ε
• +
• − I
V
AV
BA B posizione
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 11
b) Caso di una f.e.m. ε e più resistenze (R
1, R
2, R
3)
L’energia fornita dal generatore per portare dq dal punto B al punto A deve essere pari al lavoro fatto dalle forze del campo E per portare dq dal punto A al punto C, dal punto C al punto D e dal punto D al punto B :
ε dq = − dq(V
C− V
A) − dq(V
D− V
C) − dq(V
B− V
D) = dq| ∆ V
AC|+dq| ∆ V
CD|+dq| ∆ V
DB| ⇒ ε dq = dq (IR
1+IR
2+IR
3) ⇒
(12) ε = IR
1+IR
2+IR
3c) Caso di più f.e.m. ( ε
1, ε
2) e più resistenze (R
1, R
2)
Si procede come prima, ma ora dobbiamo distinguere il caso in cui le forze elettromotrici farebbero singolarmente circolare corrente nello stesso verso (fig 7a) per cui scriviamo:
ε
1dq = − dq(V
C− V
A) − dq(V
D− V
C) − dq(V
B− V
D) ma (V
D− V
C)= ε
2⇒ ε
1dq = dq| ∆ V
AC| − dq ε
2+dq| ∆ V
DB| ⇒ ε
1dq + ε
2dq = dq (IR
1+IR
2) ⇒
Fig 7a Fig 7b
V
AB
R
1R
1R
2V
CC
D V
D• +
• −
V
BI A V
AB
ε •
1+
• −
ε
2D V
D• −
• +
V
BI
R
2ε
1• +
• −
ε
2V
CC A
V V
AV
CV
DV
BFig 6a Fig 6b
A
ε • +
• −
B
A C D B pos.
R
1R
1R
2R
3V
BI
V
AV
CC
D V
DR
3R
226/11/2009 lezioni CTF - MdP 12
(13) ε
1+ ε
2= IR
1+IR
2dal caso in cui le forze elettromotrici farebbero singolarmente circolare corrente in verso opposto (fig 7b) per il quale scriviamo (nell’ipotesi che il verso sia quello in figura):
ε
1dq = − dq(V
C− V
A) − dq(V
D− V
C) − dq(V
B− V
D) ma (V
D− V
C)= − ε
2⇒ ε
1dq = dq| ∆ V
AC| + ε
2dq +dq| ∆ V
DB| ⇒ ε
1dq − ε
2dq = dq (IR
1+IR
2) ⇒ (14) ε
1− ε
2= IR
1+IR
2Osservazione: la corrente è quella in figura solo se ε
1> ε
2e succede che solo ε
1fornisce energia al circuito che è in parte prelevata da ε
2(processo di carica di una forza elettromotrice).
Le relazioni 11,12,13,14 permettono di concludere che lungo un percorso di una corrente (detto maglia), fissato un verso di percorrenza, la somma algebrica delle forze elettromotrici è pari alla somma delle cadute di potenziale nelle resistenze (legge delle maglie).
Questa legge, insieme alla legge dei nodi permette il calcolo delle correnti in circuiti a più maglie come nell’esempio seguente:
Prima maglia: ε
1= I
1R
1+ I
3R
3Seconda maglia: ε
2= I
2R
2+ I
3R
3Nodo A: I
3= I
1+ I
2Le precedenti relazioni costituiscono un sistema di 3 equazioni in 3 incognite (I
1, I
2, I
3) che permette il calcolo delle correnti.
ε
1• +
• − ε
2I
1I
3I
2R
1R
2Fig. 8 R
3A
• −
• +
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 13
9) Reti di resistenze.
Se le maglie di un circuito sono costituite solo da resistenze (rete di resistenze) c’è un modo più semplice di procedere che consiste nel calcolo della resistenza complessiva (R
eq= resistenza equivalente) della rete. Essa dipende dal modo in cui le resistenze sono collegate fra loro. I casi limite sono:
a) tutte le resistenze della rete sono attraversate dalla stessa corrente (detto collegamento serie)
b) tutte le resistenze della rete sono sottoposte alla stessa differenza di potenziale (detto collegamento parallelo)
Caso a) Collegamento serie
Dalla legge di Ohm per ogni singola resistenza segue:
(*) anche ma
V V R I , V V R , V V R I ,
, I R V
V
A−
C=
1 C−
D=
2 D−
B=
3 A−
B=
eq( R R R ) , I
I R I R I R V V V V V V V
V
A−
B=
A−
C+
C−
D+
D−
B=
1+
2+
3=
1+
2+
3confrontando con * , segue R
eq= R
1+ R
2+ R
3Caso b) Collegamento parallelo
Dalla legge di Ohm per ogni singola resistenza segue:
R
1R
3•
A
•
B
R
2I
1I
2I
3I
R
1R
3•
A
•C
•D
•B
R
2I
26/11/2009 lezioni CTF - MdP 14
(*) anche ma
,
R V I V
R , V I V
R , V I V
R , V I V
eq B A 3
B 3 A
2 B 2 A
1 B
1
=
A− = − = − = −
( )
+ +
−
− =
− +
− +
= + +
=
3 2 B 1
3 A B A 2
B A 1
B 3 A
2
1
R
1 R
1 R V 1 R V
V V R
V V R
V I V
I I I
confrontando con * , segue
3 2 1
eq