• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 1 “IL LAVORO & LE RISORSE UMANE”

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 1 “IL LAVORO & LE RISORSE UMANE”"

Copied!
49
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO 1

“IL LAVORO & LE RISORSE UMANE”

Partendo con l’analisi dell’ampio problema delle Risorse Umane, credo sia utile cercare di darne una definizione, per quanto ampia e non esaustiva essa possa risultarne.

Per dare una definizione di Risorse Umane, possiamo fare riferimento a William R. Tracey, che in “The Human Resources Glossary” le qualifica come: “The

people that staff and operate an organization.. as contrasted with the financial and material resources of an organization. The organizational function that deals with people” ovvero: “Le persone che operano in un’azienda e si sostentano grazie ad essa.. che operano nei limiti delle risorse finanziarie e materiali dell’organizzazione. La funzione organizzativa che riguarda le persone”

In un’accezione ristretta sono Risorse umane coloro che vengono impiegati in azienda ed hanno con essa un contratto di lavoro, sia a tempo indeterminato che con contratto a termine. Se invece si decidesse di utilizzare un’ottica più ampia, possiamo definire Risorse Umane, tutti i soggetti che si trovano a offrire le proprie prestazioni lavorative all’interno dell’impresa in oggetto di esame, pur non trovandosi in una posizione contrattuale subordinata all’interno della stessa.

1.1 – IL LAVORO SUBORDINATO, cenni storici e normativa

Una prima definizione del concetto di “Lavoro Subordinato” la troviamo già nella Repubblica del filosofo Platone, il quale esegue un elenco relativo alla divisione del lavoro all’interno dello Stato, nella descrizione di quello che dovrebbe essere lo Stato Ideale, elenca artigiani, contadini, mercanti e commercianti; oltre a tale suddivisione, definisce anche una ulteriore categoria di lavoratori, ovvero:

(2)

“Coloro che offrono forza lavoro, il cui valore prende il nome di salario, e che

sono chiamati, se non erro, salariati”.1

Oltre a questo doveroso richiamo per porre l’accento su quanto antico sia il tema del lavoro subordinato, ricordiamo che esso è ovviamente trattato anche in tutti gli ordinamenti giuridici moderni, per quanto riguarda quello italiano possiamo capire quanto importante sia il tema del lavoro, riportando innanzitutto il Primo Comma della Costituzione Italiana (del 1947):

“L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul Lavoro.”

Troviamo però la definizione di lavoro subordinato nell’articolo 2094 del Codice Civile:

“E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a

collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.

È necessario ricordare però che il Codice Civile italiano è stato emanato nel lontano 1942, e da allora profonde trasformazioni sono intercorse nell’assetto economico e industriale del nostro paese; le professionalità sono mutate, e sono anzi in continua trasformazione, sono inoltre cambiate le modalità di prestazione del lavoro. Oggi più che in passato risulta netta la differenza tra lavori a contenuto intellettuale e lavori di tipo manuale; per dirla in modo più semplice, tra impiegati ed operai. Inoltre, al momento attuale, lavori a carattere prettamente manuale sono molto scarsi, ridotti ad una limitata cerchia di occupazioni scarsamente specializzate, che assumono caratteri di marginalità; vi è infatti un netto squilibrio a favore di posizioni impiegatizie ed intellettuali, e comunque, ogni lavoro manuale, nella maggior parte dei casi, avrà al suo interno anche una parziale componente intellettuale. Si può dire che anche quelli che ad oggi sono lavori “di braccia”, hanno sempre e comunque anche una componente “di testa”, e lo stesso lavoro operaio presenta delle figure professionali nelle quali è

1

La “REPUBBLICA” è l’opera in cui affiorano maggiormente i temi di Platone, è un libro composto da 10 dialoghi dove in particolare emerge il pensiero politico platoniano; egli era rimasto deluso dalla politica della sua città che aveva condannato il suo uomo più giusto quando per lui lo stato ideale è quello in cui l'uomo giusto può trovare il suo collocamento senza essere tormentato; profondamente deluso era anche rimasto dall'incontro con il tiranno di Siracusa grazie al quale si rende conto che il suo concetto di stato è inattuabile, puramente ideale: come ogni altra idea, anche quella di stato va imitata, sebbene sia impossibile riuscirvi totalmente. Si dice spesso che lo stato platoniano sia mera utopia. La prima definizione di lavoro subordinato lo troviamo nel LIBRO SECONDO del trattato filosofico, all’interno del quale Platone affronta il tema della giustizia contrattuale, propone una divisione tecnica del lavoro, per il raggiungimento dell’ordine, alla ricerca della giustizia, che si può trovare nel singolo uomo,

(3)

indispensabile il contributo intellettuale per l’efficiente svolgimento della mansione. Questa trasformazione può essere imputata a molteplici cambiamenti della società:

- Una sempre minor presenza di lavori “ripetitivi”, dove il soggetto svolge

un solo compito, sempre lo stesso in modo continuativo. Le prime teorie sul lavoro (Taylorismo e Fordismo) della tipologia “catena di montaggio” sono state ampiamente superate dall’evidenza che per valorizzare il dipendente è necessario che questi abbia una rosa di compiti più varia, in quanto il lavoro routinario crea una sorta di alienazione del dipendente. Inoltre diminuisce la motivazione nel soggetto che svolge sempre la stessa unica mansione senza avere la possibilità di sentirsi parte del prodotto finito. Per questo si ritiene preferibile che il dipendente svolga più di un compito allo scopo di coinvolgerlo, per farlo sentire parte reale della creazione del prodotto finito.

- Una maggiore “intellettualizzazione” del lavoro. Quindi una maggiore

concentrazione delle risorse su attività più “discrezionali” rispetto al passato che richiedono a tale proposito una maggiore professionalità dai dipendenti e quindi un più alto valore aggiunto della professionalità apportata all’organizzazione.

- Un incremento globalizzato del livello delle professionalità di base. Ciò è

dovuto alle esigenze del mercato del lavoro, le quali si muovono sempre di più alla ricerca di personale formato e specializzato, capace di affrontare in autonomia un sempre maggior numero di problemi. Questo ovviamente va di pari passo con l’aumento del livello medio di istruzione. Sempre meno persone si fermano alla scuola dell’obbligo, la quasi totalità delle persone in forze a lavoro ha un titolo di scuola superiore, ed in aumento sono anche le persone che ottengono un titolo universitario. Questi tre elementi di modifica strutturale della società dimostrano come al momento attuale sia antiquata la formulazione dell’articolo 2094 c.c. in quanto le caratteristiche del mondo del lavoro sono strutturalmente diverse rispetto al 1942. Una maggiore istruzione come già affermato, ma soprattutto un aumento dei

(4)

costi del lavoro per i datori di lavoro, hanno contribuito a rendere il mercato dell’occupazione sempre meno stabile, e a creare nuovi assetti, nuove tipologie di rapporti, come una riduzione di Contratti a tempo Indeterminato a favore di nuove forme (si pensi ai contratti cosiddetti contratti co.co.co e co.co.pro)2 Nonostante si possa ritenere per alcuni versi anacronistico l’articolo in questione, resta però fermo il requisito che sia l’imprenditore a organizzare il lavoro, ciò in quanto, se la persona è alle dipendenze di un’azienda, quindi un’istituzione che può contare su di un Soggetto Economico che predispone e organizza il lavoro (soggetto che può essere fatto coincidere con la figura dell’imprenditore) si instaura un vero e proprio rapporto di “subordinazione”, indicando che il lavoratore opera secondo le direttive dell’imprenditore. Nell’adempimento della propria mansione il lavoratore opera dunque secondo le modalità, i tempi e utilizzando gli strumenti che l’imprenditore ha predisposto in funzione dello svolgimento del lavoro.

È sempre il Codice Civile, all’articolo successivo, il 2095 a riconoscere le quattro grandi categorie di prestatori di lavoro subordinato:

- Dirigenti: essi ricoprono in azienda ruoli caratterizzati da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi d’impresa

- Quadri: questa categoria di dipendenti, pur non appartenendo alla categoria dei dipendenti, svolgono con carattere continuativo funzioni di rilevante importanza ai fini dell’attuazione e dello sviluppo degli obiettivi d’impresa. I requisiti di appartenenza alla categoria sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale in relazione a ciascun

2

Si tratta di contratti di lavoro a tempo determinato. I primi, CO.CO.CO, il cui acronimo sta a significare Contratti di Collaborazione Coordinata e Continuativa, sono rapporti di lavoro caratterizzati dal fatto che il collaboratore presta la propria opera a favore di un committente senza essere suo dipendente (quindi in maniera autonoma), anche se tale attività è coordinata con quella del committente e prestata in modo continuativo. In mancanza di una specifica definizione di legge, la giurisprudenza ha definito il contenuto degli elementi necessari per configurare tale rapporto: la continuità, intesa come costanza dell'impegno e suo perdurare nel tempo, la coordinazione della prestazione, intesa come collegamento funzionale con l'attività del committente e come possibilità per questo ultimo di fornire istruzioni nel rispetto dell'autonomia professionale del collaboratore e la personalità della prestazione, intesa come prevalenza dell'apporto personale del collaboratore. Le collaborazioni coordinate e continuative rientrano nell'area del lavoro cosiddetto parasubordinato. Per quanto riguarda invece i contratti CO.CO.PRO., stanno ad individuare Contratti di Collaborazione a Progetto. Il contratto di lavoro a progetto è un contratto di collaborazione coordinata e continuativa caratterizzato dal fatto di essere riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, e di essere gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del committente e

(5)

ramo di produzione e alla particolare struttura organizzativa dell’impresa. Salvo diversa disposizione, ai Quadri si applicano le norme riguardanti la categoria degli impiegati

- Impiegati: il contratto d’impiego privato è quello per cui una società o di un privato, gestori di un’azienda, assumono al servizio dell’azienda stessa, normalmente a tempo indeterminato, l’attività dell’altro contraente, con funzioni di collaborazione tanto di concetto che di ordine, eccettuata, pertanto, ogni prestazione che si semplicemente di mano d’opera.

- Operai: sono lavoratori la cui prestazione ha generalmente un carattere meno specializzato, con una professionalità minore, e in modo più limitato è richiesto un loro apporto di carattere intellettuale.

Questo elenco è così costituito da una modifica avvenuta nel 1985, con la legge 190 che ha aggiunto alle voci preesistenti quella dei Quadri. L’articolo recita così: “I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri,

impiegati e operai. Le leggi speciali e le norme corporative, in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie”.

Il lavoro svolto all’interno delle imprese, a prescindere dalla loro natura (di produzione o erogazione di servizi) ha assunto nel tempo forme sempre più diversificate, per rispondere alle esigenze di rendere maggiormente flessibile la prestazione lavorativa, per far fronte alle condizioni industriali ed economiche dei mercati in cui le imprese si trovano ad operare, settore sempre meno prevedibili; quindi più dinamici; e sempre più competitivi, questo in ragione del fatto che i mercati sono sempre più globalizzati e la concorrenza non arriva più solo dal settore di appartenenza, dal contesto locale – regionale o nazionale – ma sempre di più le aziende subiscono la concorrenza di paesi esteri le cui condizioni economiche sono strutturalmente molto diverse.

(6)

1.1.1 – Le Caratteristiche del Lavoro Subordinato

Il lavoro subordinato assume delle caratteristiche particolari, che si estrinsecano

come segue:3

- Obbligazione di Fare; la quale consiste in un’attività positiva assolta

personalmente da colui che in veste di lavoratore assolve l’incarico, cioè colui che ha stipulato il contratto, ed in tale prestazione; da ritenersi come strettamente personale; non possono subentrare altri soggetti.

- Subordinazione; il lavoratore è in questo senso assoggettato al potere

organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro. Questi può esercitare il suo potere disciplinare in ogni situazione ritenga che il dipendente abbia assunto comportamenti non coerenti con il modello organizzativo predisposto dal datore, oppure in ogni caso in cui si ritenga che il lavoratore non abbia ottemperato alle richieste (inerenti sempre all’attività lavorativa) fatte dal datore di lavoro. È da notare comunque che tale potere viene limitato, per evitare comportamenti scorretti da parte dell’imprenditore, e per la salvaguardia del dipendente, dallo “Statuto del

Lavoratore” (negli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 LEGGE 300/1970).

- Collaborazione; fatto che comporta di operare secondo il principio della

buona fede e con l’obbligo della diligenza e della fedeltà, previste sia dal Codice Civile sia nello specifico dal contratto di lavoro. Questi principi determinano in capo al lavoratori obblighi specifici, e, nel caso in cui siano violati possono comportare sanzioni che arrivano fino al licenziamento per Giusta Causa o Giustificato Motivo nei casi di colpa grave del lavoratore inadempiente.

3

(7)

1.1.2 – La Prestazione

La prestazione lavorativa è regolata nel Codice Civile all’articolo 2103: “Il

prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione…”

L’individuazione dell’attività che il lavoratore si impegna a prestare è fondamentale al fine di determinare quelli che sono i diritti e i doveri che sorgono in capo alle due parti nello svolgimento del rapporto di lavoro.

L’oggetto della prestazione lavorativa è individuato nelle mansioni, in relazione alle quali in azienda sono stabilite le qualifiche e le categorie lavorative.

Le mansioni indicano in pratica l’insieme dei compiti e delle operazioni concrete che il lavoratore è chiamato ad eseguire, quelle che il datore di lavoro può ragionevolmente pretendere dal lavoratore. L’oggetto specifico dell’obbligazione è individuato nel contratto di lavoro.4

4

Risulta utile fornire una definizione di Compito, in base alla definizione da vocabolario “lo Zingarelli” risulta al primo punto essere: “Lavoro assegnato da eseguire”; oppure, sempre attinente al nostro caso, il secondo punto: “Incarico, dovere, mansione”. Da entrambe le definizioni, si evince intrinseco il fattore della subordinazione, da cui risulta che il compito viene assegnato da un

BOX 1.1

Dopo aver menzionato il Codice Civile in relazione a questo proposito, citiamo alcuni articoli di interesse:

Art. 2099 Retribuzione: “la retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o

a cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata dalle norme corporative, con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito.

In mancanza di norme corporative o di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice, tenuto conto, ove occorra, del parere delle associazioni professionali.

Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazioni agli utili o ai prodotti, con provvigioni o con prestazioni in natura

Art. 2104 Diligenza del prestatore di Lavoro: “il prestatore di lavoro deve usare la diligenza

richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.

Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende

Art. 2105 Obbligo di Fedeltà: “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto

proprio o di terzi, in occorrenza con l’impreditore, né divulgare notizie e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

Art. 2106 Sanzioni Disciplinari: “L’inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli

precedenti può dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione e in conformità alle norme corporative

(8)

Nel corso del rapporto le mansioni possono cambiare con il favore del prestatore di lavoro, oppure per decisione unilaterale del datore di lavoro, in virtù del potere ad esso conferito di poter determinare la struttura dell’organizzazione aziendale, il cosiddetto “Ius Variandi”.

Ovviamente però il potere del datore di lavoro conosce dei limiti: infatti, il lavoratore può essere adibito solo a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza diminuzione della retribuzione (secondo il principio della “Irriducibilità della retribuzione”), oppure superiori, con diritto però alla relativa retribuzione maggiorata.

L’adibizione a mansioni inferiori (c.d. “Demansionamento”), invece, può avvenire solo in casi eccezionali previsti dal legislatore. Al di là di tali ipotesi, il lavoratore può sempre opporre il proprio rifiuto allo svolgimento di mansioni diverse da quelle per le quali fu assunto, in forza dell’eccezione di inadempimento come da articolo 1460 c.c. (vedere Box 1.2), senza, quindi, esporsi ad alcuna responsabilità disciplinare.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di far conoscere al lavoratore al momento dell’assunzione il proprio inquadramento, ossia la categoria e la qualifica che gli vengono assegnate in relazione alle mansioni per le quali è stato assunto.

La qualifica designa lo status professionale del lavoratore, legalmente e contrattualmente identificato secondo il contenuto delle mansioni. Essa esprime il tipo ed il livello di una figura professionale e concorre con le mansioni a determinare la posizione del lavoratore nella struttura organizzativa dell’impresa, e quindi il suo trattamento normativo ed economico.

L’inquadramento del lavoratore deve avvenire con riferimento alle categorie previste dalla contrattazione collettiva. Le qualifiche devono essere distribuite

BOX 1.2

Art. 1460 c.c. Eccezione d’Inadempimento: “ Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.

Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.

(9)

per gradi, entro la varie categorie di dipendenti, in modo che si prestabilito l’ordinamento gerarchico dell’impresa. Le categorie costituiscono, infatti, delle entità classificatorie che raggruppano i vari profili professionali. Si tratta cioè di un sistema di classificazione professionale che, al pari delle qualifiche, delinea il particolare regime giuridico cui il lavoratore è sottoposto ai fini del trattamento economico.

Accanto alle categorie legali, già individuate precedentemente (dirigenti, quadri, impiegati ed operai), vi sono le categorie contrattuali.

Tali categorie sono state introdotte dalla contrattazione collettiva in aggiunta a quelle legali. Le figure professionali che si individuano in tale ambito sono quelle dei funzionari (personale con funzioni direttive nei settori del credito e delle assicurazioni) e degli intermediari (categoria collocabile nel grado superiore della categoria degli operai, figura tipica è il capo operaio).

1.1.2.1 – La Diligenza

Il Codice Civile prevede che il prestatore “deve usare la diligenza richiesta dalla

natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale…. (vedere Box 1.1)”

Sullo stesso argomento il contratto dell’industria metalmeccanica privata afferma che il lavoratore “Deve svolgere le mansioni affidategli con la dovuta diligenza,

osservare le disposizioni del contratto nonché quelle impartite dai superiori, avere cura dei locali e di tutto quanto è a lui affidato (mobili, attrezzi, macchinari, utensili, strumenti, ecc.)” cioè tutto quello che gli viene messo a

disposizione per l’esecuzione del lavoro. Egli deve farne uso come se fossero cose sue e può essere chiamato a rispondere delle perdite, degli eventuali danni che siano imputabili a sua colpa o negligenza, nonché delle arbitrarie modifiche che abbiano apportato agli oggetti in questione.

La diligenza indica, quindi, quel complesso di cautele, cure e attenzioni che devono informare l’esecuzione della prestazione.

Il problema fondamentale nella valutazione della diligenza richiesta è quello di verificare il suo concreto ambito operativo, la sua effettiva estensione. Secondo

(10)

l’orientamento giurisprudenziale prevalente l’obbligo di diligenza si sostanzia non solo nell’esecuzione della prestazione lavorativa secondo la particolare natura di essa, ma anche nello svolgimento di quei comportamenti accessori che si rendano necessari in relazione all’interesse del datore di lavoro ai fini di un’utile prestazione.

1.1.2.2 – La Fedeltà

L’obbligo di fedeltà è previsto dal Codice Civile in questi termini: “Il prestatore

di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.

L’obbligo di fedeltà si articola dunque in due doveri diversi: il Divieto di Concorrenza e l’Obbligo di Riservatezza.

Al riguardo, sempre il contratto metalmeccanici sottolinea che il lavoratore: “deve conservare assoluta segretezza sugli interessi dell’azienda; inoltre non

dovrà trarre profitto con danno dell’imprenditore da quanto forma oggetto delle sue mansioni in azienda, né svolgere attività contraria agli interessi della produzione aziendale, né abusare, dopo risolto il rapporto di lavoro ed in forma di concorrenza sleale, delle notizie attinte durante il servizio”.

La giurisprudenza ampia il concetto legale considerando la fedeltà come l’obbligo di tenere un comportamento leale determinato dalla necessità di salvaguardare il datore di lavoro contro il possibile uso pregiudizievole delle notizie e informazioni di cui il lavoratore viene comunque a conoscenza durante lo svolgimento della sua attività. Tale obbligo deve essere rispettato anche al di fuori dell’orario di lavoro e durante la sospensione del contratto.

La violazione dell’obbligo di fedeltà è fonte di responsabilità disciplinare e, quando causa un danno al datore di lavoro e quest’ultimo sia in grado di fornirne la prova, del relativo obbligo risarcitorio.

(11)

1.1.2.3 – L’Onerosità e la Continuità

L’onerosità della prestazione consiste nella corrispettività tra lavoro e retribuzione, essa deve essere proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto così come previsto dalla Costituzione.

La continuità della prestazione consiste nel fatto che il prestatore di lavoro deve essere disposto a prestare la propria opera per tutto il tempo previsto dal contratto.

1.1.3 – Diritti ed obblighi reciproci di Lavoratore e Imprenditore Il lavoratore gode di tre principali diritti:

1. Il Diritto alla Retribuzione in cambio del lavoro prestato,

2. Il Diritto alla tutela della sua Libertà e Dignità come persona, diritti che non devono mai ed in alcun modo essere compressi o limitati nello svolgimento della propria attività lavorativa dal potere organizzativo, direttivo e disciplinare da parte del datore di lavoro,

3. Il Diritto alla tutela della sua Salute, Integrità Fisica e Personalità Morale. A questi si aggiungono:

4. Il Diritto Sindacale, costituzionalmente garantito,

5. Il Diritto a eseguire la prestazione lavorativa in tutti quei casi in cui assume specifica rilevanza l’interesse personale e professionale del lavoratore stesso a eseguire la prestazione (es. nell’apprendistato),

6. Il Diritto del lavoratore di essere riconosciuto autore delle Invenzioni o Opere dell’ingegno fatte nello svolgimento del rapporto di lavoro. (vedere Box 1.3)

A fronte di tutti questi diritti il lavoratore ha l’obbligo, come si è già previamente detto, di dare la prestazione richiesta in regime di BOX 1.3

Art. 2590 c.c. Invenzione del prestatore di lavoro: “Il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro.

I diritti e gli obblighi delle parti relativi all’invenzione sono regolati dalle leggi speciali.”

(12)

subordinazione, in condizioni di collaborazione, con la diligenza dovuta come “Buon padre di famiglia” e con l’obbligo della fedeltà.

Dall’altra parte il datore di lavoro esercita tre poteri:

1. Potere Organizzativo,

2. Potere Gerarchico,

3. Potere Direttivo.

L’imprenditore, assumendosi il rischio di impresa, decide anche come organizzarla, come farla funzionare, come delegare il potere direttivo e disciplinare.

Come obblighi fondamentali ha quello della Retribuzione, della sicurezza sul posto di lavoro, e del riposo (giornaliero, settimanale, annuale), per consentire al lavoratore il ripristino delle energie psicofisiche spese. Ha, inoltre, l’obbligo di tutela assicurativa o previdenziale del lavoratore mediante le assicurazioni obbligatorie previste dalla legge, l’obbligo di assicurare i dipendenti contro il rischio di responsabilità civile verso terzi conseguente alla colpa nello svolgimento delle loro mansioni contrattuali, e l’obbligo di informazione. Quest’ultimo si articola in due direzioni:

- Nei confronti del lavoratore; al quale devono essere comunicati qualifica,

mansioni, periodi di ferie, prospetto paga, ecc.

- Nei confronti del sindacato; che deve essere informato non solo sullo

svolgimento dei rapporti di lavoro, ma anche sulla gestione complessiva dell’azienda.

Nel già ampiamente citato contratto del settore metalmeccanico, il potere gerarchico è individuato in questi termini: “Nell’ambito del rapporto di lavoro, il

lavoratore dipende dai rispettivi superiori come previsto dall’organizzazione aziendale”

Il potere direttivo viene invece così formulato: “Il lavoratore deve osservare

l’orario di lavoro ed adempiere alle formalità prescritte dall’azienda per il controllo delle presenze, con espresso divieto di fare variazioni o cancellature sulla scheda, di ritirare quella di un altro lavoratore o di tentare in qualsiasi modo di alterare le indicazioni dell’orologio controllo”.

(13)

1.2 – DIRITTO DEL LAVORO E FONTI

Il diritto del lavoro è quel ramo del diritto privato che ha per oggetto la regolamentazione dell’attività lavorativa subordinata sotto il profilo sociale, politico ed economico; esso si propone, fin dalle origini, essenzialmente una funzione di protezione del lavoratore subordinato (favor) in quanto riconosciuto come contraente più debole all’interno del rapporto.

Il diritto del lavoro ha tutta una serie di fonti che sono comuni agli altri rami: civile, penale, familiare, fallimentare, d’impresa, fiscale, ecc. in quanto li può abbracciare tutti, ma presenta inoltre, alcune fonti specifiche.

Per quanto riguarda le fonti comuni, la prima è rappresentata dalla Costituzione in quanto legge fondamentale della Repubblica. Seguono le leggi ordinarie, cioè quelle il cui iter è ordinario (disegno di legge, presentazione e discussione alle Camere, invio al presidente della Repubblica, promulgazione, pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, entrata in vigore al quindicesimo giorno dalla pubblicazione). Sono altre fonti le leggi delegate, che originano dal potere esecutivo in base a una specifica delega del potere legislativo. Dal governo originano i decreti legge che entrano immediatamente in vigore, ma hanno bisogno poi delle conversione in legge da parte del Parlamento entro il termine massimo di 60 giorni, trascorso il quale decadono. Altre fonti comuni sono infine i regolamenti di esecuzione e, oltre la dimensione dei confini nazionali, i trattati internazionali, le convenzioni dell’OIL (Organismo internazionale del lavoro) e poi, con rilevanza sempre maggiore, man mano che progredisce l’integrazione europea, le direttive e le norme dell’Unione Europea.

Sono invece fonti specifiche, cioè del solo diritto del lavoro, i contratti collettivi e i regolamenti aziendali, ovvero i comportamenti di fatto nella gestione del rapporto. Queste fonti sono importanti e rilevanti al pari delle norme di legge e di contratto.

Secondo la raccomandazione dell’OIL n. 91/1951, contratto collettivo di lavoro è “qualsiasi accordo scritto relativo alle condizioni di lavoro o di impiego

(14)

organizzazioni di datori di lavoro da una parte e, dall’altra, una o più organizzazioni rappresentative dei lavoratori o, in assenza di tali organizzazioni, i rappresentanti dei lavoratori interessati, debitamente eletti e muniti di mandato da questi ultimi in conformità con la legislazione nazionale”

Secondo tale raccomandazione quindi, il contratto collettivo stabilisce una regolamentazione generale relativa alle condizioni di lavoro che riguardano una collettività di lavoratori ed è stipulata da uno o più soggetti che li rappresentano collettivamente.

Sotto il profilo giuridico, in Italia il contratto collettivo non ha efficacia generale obbligatoria in relazione alla mancata attuazione dell’articolo 39 della Costituzione. È un contratto di diritto comune la cui efficacia sarebbe limitata o ai soci aderenti alle associazioni stipulanti o ai rapporti di lavoro i cui soggetti hanno convenuto di applicare il contratto stesso. Di diritto e di fatto è poi esteso ed applicato a tutti i lavoratori della categoria per cui è stato stipulato.

Una particolarità del contratto di lavoro, è che, ancorché scaduto, continua a dispiegare efficacia (principio dell’Ultrattività dell’efficacia) fino a quando non sia sostituito da un contratto successivo; se così non fosse, non si saprebbe ovviamente come regolare i rapporti di lavoro che continuano durante la “vacanza” contrattuale, ma soprattutto non si potrebbero regolamentare i rapporti nuovi che nascono dopo la scadenza del contratto stesso e prima della stipula di quello nuovo.

1.2.1 – Il Contratto Collettivo di lavoro

Il “Sistema di Produzione” dei contratti collettivi va sotto il nome di contrattazione collettiva di lavoro.

In Italia, nel periodo che va dall’abrogazione dell’ordinamento corporativo fino al 1993, essa si è articolata su tre livelli di risultato normativo, tra loro distinti in relazione ai soggetti che agiscono nella contrattazione stessa.

- Quando come soggetti intervengono da una parte le confederazioni dei

datori di lavoro (come Confindustria) e dall’altra le confederazioni dei datori di lavoro ( come CGIL, CISL, UIL), il risultato normativo che si

(15)

produce prende il nome di “Accordo interconfederale”, questo livello di contrattazione è stato molto significativo fin verso la metà degli anni Sessanta e ha prodotto importanti accordi di contenuto economico, come quelli sulla scala mobile delle retribuzioni, che valevano per una pluralità di categorie merceologiche.

- Quando invece come soggetti della contrattazione intervengono le

associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro (come Federmeccanica) e le federazioni nazionali di categoria dei sindacati dei lavoratori (come FIOM, FIM, UILM, FISMIC), il risultato normativo che si produce è il “Contratto collettivo nazionale di lavoro” (CCNL) della

categoria merceologica specifica (nell’esempio in esame i

metalmeccanici).

- Quando infine come soggetti della contrattazione intervengono le

associazioni sindacali territoriali dei lavoratori (come FIOM, FIM, UILM provinciali) e le direzioni aziendali, normalmente rappresentate dalla loro associazione territoriale di categoria (es. Unione industriali di Roma, Assolombarda), il risultato normativo che si produce prende il nome di “Accordo aziendale”, con efficacia a livello di impresa o di gruppo di imprese.

Un ulteriore livello, soprattutto nelle aziende di maggiori dimensioni, è poi la negoziazione a livello di singola unità produttiva, tra la direzione e le RSA o le RSU, su materie molto specifiche, che produce gli accordi interni di stabilimento o di unità produttiva.

L’articolazione descritta dalla contrattazione collettiva è entrata

progressivamente in crisi per molteplici ragioni, come ad esempio l’eccessiva onerosità; una conflittualità continua, sovrapposizioni di finalità e contenuti. Nel luglio del 1993 è stato sottoscritto, dalle organizzazioni imprenditoriali e sindacali e del governo, un documento molto importante per il sistema di relazioni industriali: il “Protocollo sulla politica dei redditi e

dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo”, trattasi di un documento di programma tra

(16)

gli attori del sistema che in una sua parte ridefinisce l’articolazione della contrattazione collettiva a livello nazionale di categoria e a livello aziendale o territoriale, introducendo alcune innovazioni molto importanti.

Per quanto riguarda il contratto nazionale di categoria è previsto che la durata della parte normativa sia di 4 anni e quella della parte economica sia di 2 anni. La dinamica degli effetti economici deve essere coerente con i tassi di inflazione programmata assunti come obiettivo comune.

Nell’arco di vigenza del contratto si ha un rinnovo biennale dei minimi contrattuali; punto di riferimento del negoziato è, oltre all’inflazione programmata per il biennio a venire, anche la comparazione tra l’inflazione programmata e quella effettivamente intervenuta nel precedente biennio. Per quanto riguarda il contratto aziendale, che ha una durata di 4 anni, il protocollo stabilisce che questo deve riguardare materie e istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi perciò propri del contratto di categoria. Le erogazioni retributive, a questo livello contrattuale, sono strettamente correlate all’andamento economico dell’impresa. Gli accordi possono definire premi annuali con carattere variabile e calcolati sulla base dei risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità, di redditività e altri elementi di competitività di cui le imprese dispongano. Tali erogazioni consistono anche in voci legate ai risultati economici dell’impresa.

Oltre a questi aspetti di carattere più generale sono stati identificati anche aspetti operativi e di procedura che risultano particolarmente significativi. Per quanto attiene ai comportamenti delle parti, alle modalità e ai tempi, i sindacati dei lavoratori, se intendono chiedere modifiche alle condizioni normative o economiche del contratto collettivo nazionale in scadenza, devono presentare la loro piattaforma rivendicativa tre mesi prima della scadenza. In questi tre mesi e per il mese successivo alla scadenza, le parti

non assumeranno iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette;

interviene una sorta di moratoria conflittuale per cui gli uni non promuovono azioni di sciopero e gli altri non fanno scelte unilaterali; sono infatti previsti

(17)

quattro mesi da dedicare interamente alla negoziazione per trovare la soluzione contrattuale.

Trascorsi quattro mesi senza che sia stata raggiunta un’intesa e proseguendo le trattative ancora infruttuosamente, quando si dovesse superare la vacanza contrattuale di tre mesi senza che sia intervenuto il rinnovo del contratto, il protocollo prevedere che venga corrisposto ai lavoratori un elemento provvisorio della retribuzione, pari al 30% del tasso di inflazione programmato dell’anno, che deve essere computato sul minimo retributivo della categoria aumentato della voce ex indennità di contingenza; dopo sei mesi tale importo sale al 50%.

1.3– IL RAPPORTO DI LAVORO IN PROSPETTIVA

La descrizione fatta fino ad ora, è stata molto generale, però bisogna tener conto della sempre maggiore esigenza di flessibilità delle imprese.

Emerge come il rapporto di lavoro subordinato si presenta oggi, attraverso lo sviluppo di una elaborata legislazione del lavoro e previdenziale, molto strutturato, poco flessibile, e ad alto costo per le imprese.

Inoltre il sistema della contrattazione collettiva ha realizzato, a titolo esemplificativo: un diffuso egualitarismo, la garanzia del posto, la tutela del lavoratore attraverso la limitazione dell’orario di lavoro, la sicurezza del compenso, la costituzione in diritti dei vantaggi acquisiti e molti altri.

Negli ultimi decenni, tuttavia, il contesto competitivo è mutato profondamente, di conseguenza le imprese si sono dovute adeguare con profonde riorganizzazioni e anche il lavoro è mutato: da abbondante è diventato una risorsa scarsa, da prevalentemente manuale, più intellettuale; ma soprattutto, da sicuro a incerto. Si assiste, in particolare nella società italiana, da una parte a una progressiva erosione numerica dell’occupazione ufficiale e dall’altra a una crescita di quello che viene chiamato “Lavoro Nero”, cioè privo di una base formalizzata e quindi di una qualunque garanzia.

È opinione sempre più diffusa che le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato e il suo alto costo, da una parte, rendono più cauto il suo utilizzo per

(18)

cogliere opportunità congiunturali e incoraggiare nuove intraprese, dall’altra determinino una delocalizzazione produttiva verso altri paesi con legislazioni sociali meno onerose o un’ampia fascia di lavoro “sommerso”.

Per incoraggiare ad assumere, pur nell’incertezza e nell’imprevedibilità, si ritengono necessari, nel quadro di politiche di sviluppo a più ampio respiro, nuovi strumenti più adatti al mutato scenario, che richiede minori garanzie, minori costi e più flessibilità d’impiego. Nelle legislazioni dei principali paesi europei, sono previste e ampiamente diffuse già da tempo varie tipologie di lavoro con cui si cerca di dare risposte “leggere e certe” alle nuove necessità: il tirocinio, il part time, il telelavoro, i contratti a tempo determinato, il lavoro consulenziale, il lavoro interinale, il lavoro a tempo ridotto o flessibile, il job

sharing (lavoro a coppia) ecc.

Anche in Italia si è progressivamente affrontato il tema. Dopo un lungo percorso di conflitti e di contrasti, che ha portato l’Italia ad avere un sistema giuslavoristico e sociale fra i più avanzati del mondo, è comprensibile l’atteggiamento “prudente” delle OOSS. In particolare si teme che il passaggio “dal posto di lavoro fisso al lavoro flessibile” possa favorire u utilizzo troppo disinvolto da parte delle imprese delle nuove opportunità. Si è quindi all ricerca di nuovi punti di equilibrio fra ciò che si deve perdere e ciò che si deve accettare per accrescere la base occupazionale, in un quadro economici-sociale dove sembra proporsi progressivamente una polarizzazione, non più in termini di distinzione gestionale e sociale fra “colletti bianchi” e “colletti blu”, ma, come è stato detto, fra core workers e contingency workers.

Per promuovere anche in Italia una maggiore flessibilità del mercato del lavoro (e che nei fatti ha sviluppato una molteplicità di fattispecie lavorative che, nel linguaggio corrente, sono raggruppate nei termini “contratti atipici” o contratti parasubordinati), senza pregiudicare quel minimo di garanzie che ogni lavoro deve dare e nel contempo cominciare a incidere sulla staticità dello schema del lavoro classico, in coerenza con quanto accade nell’Unione Europea, sono stati individuati alcuni filoni d’intervento che, in linea generale, si possono riassumere nelle seguenti linee:

(19)

- Rapporti di lavoro alternativi in relazione all’elemento della subordinazione (prestazione di lavoro coordinata e continuativa, associazione in partecipazione, società, cooperative, lavori socialmente utili, stage o tirocini formativi, associazioni non profit);

- Forme di lavoro alternative in relazione alla durata (lavori a tempo

determinato, lavoro interinale);

- Forme di lavoro alternative in riferimento all’orario (part time, lavoro a tempo ridotto, lavoro a coppia);

- Forme di lavoro alternative in relazione alle modalità di svolgimento

(telelavoro, distacco, lavoro destrutturato);

- Incentivi all’imprenditoria (imprenditoria giovanile);

- Incentivi al lavoro dipendente (apprendistato, contratti di formazione

lavoro, assunzione di cassintegrati, ecc.)

Un primo punto di arrivo di questo nuovo percorso è stato rappresentato dalla legge 24 giugno 1997, n. 196 che ha prodotto nuove norme in materia di occupazione.

La legge ha affrontato tre questioni:

1. La Flessibilità del lavoro,

2. La Formazione professionale,

3. L’avvio di interventi di emergenza per l’occupazione.

In particolare la legge ha rivisitato in termini di maggiore flessibilità istituti già previsti nella precedente legislazione, quali il part time, il contratto di formazione e lavoro, l’apprendistato, l’orientamento e i lavori socialmente utili, e ha consentito, attraverso l’introduzione di una precisa modalità, il cosiddetto lavoro interinale o temporale.

Più specificatamente, la legge 196/1997, superando il divieto esistente di assumere appositamente una persona per distaccarla presso un’altra impresa, ha prefigurato un rapporto triangolare, fra la società fornitrice, l’azienda cliente e il lavoratore, che è assunto nella prima ma va a svolgere una missione specifica e limitata nel tempo nella seconda. Ma il percorso dal “lavoro tradizionale” al “lavoro flessibile” è ancora lungo e difficile.

(20)

La globalizzazione la competizione, in particolare tra Occidente ed Estremo Oriente, spingono a cambiare, ma si è riluttanti ad andare verso una società del lavoro “post Novecento”. Le critiche al modello produttivo, alle relazioni industriali e allo stato sociale prevalgono ancora sugli elementi di risposta e di ricostruzione, resi più problematici dalla necessità comunque di puntare sullo sviluppo.

La nuova flessibilità riguarda comunque le modalità di entrata e di uscita dal lavoro, gli orari e il tempo lavorativo, il collocamento obbligatorio e sul piano dei costi, i livelli contributivi e retributivi ecc.; nuovi assetti che impegnano quindi sindacati, imprese e governo alla ricerca di nuove opportunità e nuove tutele all’interno di un quadro generale in cui l’incertezza e il rischio sembrano gli inevitabili prezzi da pagare alla necessità di sviluppo.

L’innovazione tecnologica introduce nuovi prodotti e quindi nuovi rischi; un mercato del lavoro flessibile aumenta le possibilità occupazionali ma, come accennato, rende incerte le prospettive future per i singoli; la globalizzazione dei mercati migliora la concorrenza, ma aumenta i rischi di crisi aziendali; il cambiamento rende più dinamica l’economia e la società, ma anche più incerta la scelta della carriera professionale; l’aumentata concorrenza di mercato accresce il

turnover e la gamma di prodotti, ma anche l’incertezza dei consumatori.

È in questo quadro di rischi ed incertezze che nasce, alla ricerca difficile e ancora problematica di nuovi equilibri fra tutele per il singolo e flessibilità per le imprese, la “Riforma Biagi”.

1.4 – LA RIFORMA BIAGI, approfondimenti sul decreto legislativo 10

settembre 2003, n. 276

Il decreto legislativo 276/2003 rinnova e istituzionalizza tutti gli istituti in cui in precedenza si poteva articolare di fatto e di diritto la prestazione di lavoro.

In questo lavoro non andremo a approfondire i vari aspetti della legge, troppo vasti per essere trattati nella loro totalità, ci limiteremo pertanto a delineare in termini sintetici alcune delle fattispecie principali, già in precedenza menzionate.

(21)

- Il Contratto di lavoro intermittente; che può essere stipulato anche a tempo determinato, ha come caratteristica la dichiarata disponibilità del lavoratore a dare la sua prestazione lavorativa a seguito di “chiamata” del datore di lavoro. Se l’impegno alla disponibilità ha natura obbligatoria, il lavoratore ha diritto all’indennità di disponibilità. Il contratto di lavoro intermittente, stipulato in forma scritta, può essere concluso solo per lo svolgimento di prestazione di carattere discontinuo o intermittente, individuate dalla contrattazione collettiva o da decreti ministeriali. In via sperimentale, può essere concluso da soggetti disoccupati di età inferiore ai 25 anni o superiori ai 45, espulsi dal ciclo produttivo o iscritti nelle liste di mobilità o di collocamento.

- Il Lavoro ripartito (job sharing); è stipulato dal datore di lavoro con due

lavoratori congiuntamente. Dato che i due lavoratori assumono in solido l’impegno dell’adempimento di un’unica e identica prestazione, ogni lavoratore resta responsabile dell’intera prestazione lavorativa. Questa solidarietà è l’elemento caratterizzante che differenzia il contratto di lavoro ripartito dalla somma di due contratti di lavoro a tempo parziale. I lavoratori possono decidere sostituzioni fra di loro e modifiche alla collocazione temporale dei rispettivi orari.

- Il Lavoro a tempo parziale (part-time); è stato regolamentato ex novo con

numerose modifiche che hanno la finalità di ampliare la possibilità di utilizzo dell’istituto. La regolamentazione (condizioni, modalità, limiti) della “elasticità” è demandata, in linea di massima, alla contrattazione collettiva.

- Il Contratto d’inserimento sostituisce il contratto di formazione e lavoro;

il contratto d’inserimento ha la finalità di realizzare l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di determinate categorie di persone mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo. Il presupposto della conclusione del contratto d’inserimento è quindi la definizione, con il consenso del lavoratore, di un progetto individuale

(22)

d’inserimento. Il contratto in oggetto è a tempo determinato, con una durata minima di 9 mesi e massima di 18. Ai contratti d’inserimento si applicano le stesse agevolazioni contributive già in vigore per i contratti di formazione e lavoro.

Per combattere le numerose irregolarità riscontrate nell’ambito delle collaborazione coordinate e continuative, il decreto legislativo stabilisce che i rapporti in oggetto devono essere riconducibili a un progetto o programma di lavoro o fasi di esso da indicare nel testo del contratto di lavoro (co.co.co a progetto/programma). Non sono quindi ammissibili rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non prevedano un risultato finale (progetto) o una collaborazione al raggiungimento di un risultato ben individuato (programma di lavoro). Nel contratto di lavoro a progetto devono essere evidenziate le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e le forme di coordinazione del collaboratore da parte del committente che devono essere compatibili con il fatto che il lavoratore rimane un lavoratore autonomo. Questi rapporti, instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sono considerati rapporti di lavoro subordinati a tempo indeterminato sin dalla loro costituzione. In funzione dell’originaria natura e ambito di applicazione di questo rapporto, sono esclusi dall’obbligo di stipulare un contratto a progetto/programma di lavoro i rapporti di collaborazione con i professionisti iscritti ad albi, i componenti di organi di amministrazione e controllo della società, i partecipanti a collegi e a commissioni e, in aggiunta, i titolari di pensione di vecchiaia e quelli a favore di società sportive dilettantistiche.

- Per concludere questa pur parziale rassegna delle molteplici fattispecie

collegate alla legge n. 276/2003 con un accenno all’istituto del Distacco. Si tratta qui di un datore di lavoro che, per soddisfare un proprio interesse, mette a disposizione di un altro soggetto di lavoratore. La caratteristica fondamentale dell’istituto è la permanenza del rapporto di lavoro in capo

(23)

al distaccante, anche se la prestazione lavorativa viene resa al distaccatario, e ciò in virtù di un interesse del distaccante.

Come si sarà notato, pur dai rapidi accenni sopra riportati, la normativa introdotta dalla legge è vasta e complessa; è necessario del tempo per individuare delle linee interpretative soddisfacenti e soprattutto far entrare nella vita aziendale istituti destinati a rinnovare gli strumenti tradizionali di gestione del personale.

1.4.1 – Il Telelavoro

Non possiamo concludere questa sezione, centrata sulle caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato e della sua evoluzione, senza parlare della fattispecie del Telelavoro che sta assurgendo a simbolo di una società di lavoro in cambiamento.

Il telelavoro nasce negli USA negli anni Settanta, con le tecnologie disponibili in quegli anni e si evolve rapidamente in connessione con lo sviluppo dell’informatica e delle telematica.

Potremmo dire che il telelavoro si collega a temi/obiettivi quali localismo e globalizzazione, flessibilità e innovazione, autonomia e responsabilità che, in modo dinamico, si rincorrono nel tempo e nello spazio.

Il telelavoro si configura così come una delle modalità più emblematiche per rendere il lavoro flessibile nell’interesse sia del datore di lavoro sia del lavoratore che ottiene minore pendolarismo e maggiore autonomia e il tutto con benefici potenziali per la collettività in termini di circolazione, inquinamento e consumi. Le esperienze acquisite sul campo portano a distinguere varie tipologie di telelavoro:

- Quello a Domicilio, svolto prevalentemente a casa.

- Quello svolto in centri Stellari

- Il Lavoro Mobile, quando l’attività si attua in punti diversi dalla sede dell’azienda.

Da quanto appena detto, emerge che esso non è un nuovo mestiere o professione, ma un modo di lavorare, con contenuti prevalentemente qualificati, lontano dai luoghi tradizionali come l’ufficio o l’azienda. Si destrutturano così i tempi e gli

(24)

spazi di lavoro, almeno in quei settori e attività dove il lavoro può “Correre sul

filo”.

In un disegno di legge presentato in Parlamento si definisce “Telelavoratore, il

lavoratore che effettua la propria prestazione, con l’ausilio di strumenti telematici, prevalentemente al di fuori dei locali del datore di lavoro o del committente cui la prestazione stessa inerisce”.

Esso pertanto richiede o richiederà la costituzione di un rapporto di lavoro autonomo o muterà le molteplici caratteristiche della prestazione di lavoro subordinato per quanto attiene al nuovo modo di intendere e declinare i diritti e i doveri del lavoratore e del datore di lavoro.

In attesa di una preannunciata legge quadro che definisca e regoli la specificità del nuovo rapporto, nell’ambito del processo di riorganizzazione e ammodernamento della Pubblica Amministrazione e in conseguenza del processo di privatizzazione del pubblico impiego, la legge 16 giugno 1998, n. 191 introduce il telelavoro nell’organizzazione pubblica subordinando tuttavia la sua effettiva applicazione all’emanazione dei regolamenti attuativi.

In questo quadro il telelavoro acquista le potenzialità per realizzare una rivoluzione culturale che costringe a mettere in discussione culture organizzative tradizionali, con effetti che escono dai luoghi di lavoro e si collegano alla collettività (casa, famiglia, città, trasporti, ecc.)

Naturalmente non tutti i lavori possono prestarsi al telelavoro e sicuramente il telelavoro non è la soluzione dei tanti problemi che affliggono il mercato del lavoro e più in generale le economie in fase di cambiamento.

Il telelavoro deve essere infatti inserito in un’organizzazione quando esso rappresenta un’opportunità per risolvere problemi o sviluppare innovazione, in attesa, in particolare in Italia, di una specifica normativa di legge che disciplini, anche nell’impiego privato, il telelavoro. Il 9 giugno 2004 è stato firmato tra Confindustria e Organizzazioni Sindacali, un accordo che recepisce, con scelta autonoma, un accordo generale europeo, già raggiunto due anni fa, prima tra i rappresentanti dei sindacati e delle imprese dell’UE. Questo accordo definisce alcuni principi base sul telelavoro quali ad esempio: la volontarietà (la decisione

(25)

di lavorare a distanza, per quanto reversibile, è una libera scelta tra azienda e lavoratore, secondo modalità prefigurate da accordi collettivi o individuali); il diritto del lavoratore alle tutele e alle condizioni di lavoro dal punto di vista della sicurezza previste per chi opera in azienda; il dovere da parte dell’azienda di fornire al lavoratore i mezzi e gli strumenti necessari; inoltre l’organizzazione del lavoro è un mix fra flessibilità e doveri; è il lavoratore che stabilisce la gestione del proprio tempo di lavoro, ma i carichi professionali sono identici a quelli di chi opera in azienda. Infine, per prevenire l’isolamento del telelavoratore, l’azienda deve garantire la possibilità di accesso all’impresa e l’incontro con gli altri colleghi.

1.4.2 – Il rapporto di lavoro subordinato e seguito della L. 247/2007 e della L. 133/2008, le novità introdotte.

La L. 247/2007 ha introdotto una serie di misure finalizzate a favorire la stabilizzazione dei giovani lavoratori, inserire nuove garanzie per i precari, e, più in generale, a recepire le misure a tutela del mercato del lavoro e della crescita occupazionale contenute nel protocollo sul Welfare, sottoscritto tra governo e parti sociali.

Si tratta di una serie di importanti interventi volti e migliorare il sistema pensionistico, le tutele contro la disoccupazione, la condizione dei giovani, il governo del mercato del lavoro e le sue regole, garantendo e rafforzando la stabilità finanziaria del sistema.

Nell’ambito dell’obiettivo del contenimento del precariato, viene affermato il principio per cui “il contratto di lavoro subordinato è stimato di regola a tempo

indeterminato”. Inoltre per la durata dei contratti a tempo determinato, è

introdotto il limite massimo di 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro. Superato questo limite temporale, il rinnovo del contratto a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti, comporta la trasformazione del rapporto di lavoro in contratto di lavoro a tempo indeterminato. Questi vincoli non si applicano ai lavoratori stagionali. La soglia dei 36 mesi potrà essere superata solo

(26)

una sola volta e a condizione che la stipula del nuovo contratto avvenga presso la Direzione provinciale del lavoro, con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali alla quali il lavoratore sia iscritto o abbia conferito il mandato.

È stato, inoltre, stabilito un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato per coloro che sono stati utilizzati con contratto a termine per un periodo superiore a 6 mesi. Lo stesso diritto è riconosciuto anche ai lavoratori stagionali nel caso di ulteriori contratti stagionali. Questi diritti possono essere esercitati entro 6 mesi (tre mesi nel caso di lavoratori stagionali) dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e si estinguono automaticamente dopo un anno dalla stessa data.

Per ciò che concerne i contratti di lavoro a tempo parziale, le norme che li regolano, sono state modificate per introdurre ulteriori garanzie per il lavoratore. In particolare, ora è possibile modificare l’orario del part-time solo in presenza di una espressa previsione contenuta nei contratti collettivi di lavoro, quindi con un preventivo vaglio delle organizzazioni sindacali.

Nel caso in cui i contratti collettivi lo consentano, il datore di lavoro potrà aumentare la durata della prestazione lavorativa o modificarne l’orario, con un preavviso di almeno 5 giorni lavorativi, riconoscendo, al lavoratore il diritto a specifiche compensazioni. Viene, comunque, esclusa la possibilità di concordare tra le parti le eventuali clausole elastiche, in assenza di specifiche previsioni dei contratti collettivi.

I lavoratori affetti da patologie oncologiche o con coniugi, figli, genitori o conviventi con patologie oncologiche o con totale o permanente inabilità lavorativa o con un’invalidità al 100% e lavoratori con figli con disabilità o di età non superiore ai 13 anni, hanno la precedenza nel diritto di trasformazione del contratto a tempo pieno in rapporto al lavoro a tempo parziale. Il lavoratore che trasforma il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per le mansioni identiche o equivalenti a quelle che copriva precedentemente.

(27)

Al fine di ridurre le forme di lavoro che possano produrre alti livelli di precarietà sono stati eliminati il contratto di lavoro a chiamata e lo staff leasing. Infine, per tenere conto di specifiche esigenze di imprese e lavoratori in particolari settori – come quello del turismo e dello spettacolo, caratterizzati da prestazioni di lavoro discontinue – è stata introdotta la possibilità che i contratti collettivi possano prevedere la stipula di specifici rapporti di lavoro da svolgere nei fine settimana, nelle festività, nei periodi di vacanza scolastica.

Interventi significati sono, inoltre, quelli riguardanti il sistema previdenziale con l’obiettivo di finanziare adeguatamente le future pensioni dei giovani lavoratori in considerazione dell’allungamento della vita media delle persone e del carattere discontinuo che sempre di più assumono le carriere.

Al fine di rendere più stabile e finanziariamente sostenibile il sistema pensionistico, si è proceduto alla revisione del sistema che regola l’età di accesso alla pensione e all’applicazione del sistema del calcolo contributivo per determinare la pensione (con il principio di offrire una pensione più elevata a soggetti che accedono alla pensione stessa, in età maggiormente avanzate).

Il nuovo sistema contempla l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione ogni tre anni. A ciò si potrà aggiungere, volontariamente una pensione integrativa finanziata attraverso il trattamento di fine rapporto (TFR).

Questa aggiunta discrezionale e non obbligatoria viene incentivata con alcuni benefici fiscali previsti dalla legge.

Grazie anche alle nuove misure, un lavoratore con carriera normale ed almeno 35 anni di contributi potrà maturare una pensione pubblica netta equivalente a più del 60% della retribuzione netta.

In materia di ammortizzatori sociali la legge è intervenuta per elevare sia la durata temporale dell’indennità ordinaria di disoccupazione, sia per la percentuale di commisurazione della retribuzione.

Tra le principali novità introdotte dalla L. 133/2008, invece, troviamo l’istituzione del Libro Unico del Lavoro che sostituisce il libro matricola, il libro paga, il libro presenze, i registri d’impresa, il libro del lavoro a domicilio e

(28)

dell’orario dell’autotrasporto semplificando e unificando strumenti e modalità di trascrizione dei dati e della tenuta dei registri.

In tema di orari di lavoro, la legge ha previsto significative innovazioni. In particolare, è prevista la possibilità che il riposo giornaliero sia fruito in modo non consecutivo anche per chi osserva il regime di reperibilità.

Ampliata, inoltre, la base di calcolo del periodo di riposo settimanale: le 24 ore consecutive possono essere calcolate come media in un periodo fino a 14 giorni. Abrogato l’obbligo, per i datori di lavoro che occupano più di 10 dipendenti in una stessa unità produttiva, di informare la Direzioni Provinciale del Lavoro in caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale e l’obbligo di informare annualmente la stessa in caso di esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuato.

Le novità in tema di contratto a tempo determinato riguardano, invece, la possibilità di utilizzare personale a tempo determinato anche per attività riferibili all’ordinaria organizzazione del lavoro e, dunque, non solo straordinaria come previsto dalle precedenti norme. Non solo; i contratti stipulati con le organizzazioni sindacali possono ora stabilire tempi più lunghi per questo tipo di rapporto di lavoro, rispetto alle limitazioni fissate a 36 mesi dalla legge 247/2007.

La contrattazione collettiva, ad ogni livello, potrà, inoltre, prevedere una differente disciplina del diritto di precedenza spettante al lavoratore a termine nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dallo stesso datore di lavoro entro i successivi 12 mesi.

Ulteriore attenzione va rivolta alle novità apportate in tema di apprendistato. Il decreto avvia una semplificazione di una serie di obblighi amministrativi

connessi all’avvio e alla gestione del contratto di apprendistato

professionalizzante, e riconoscendo la possibilità di praticare la formazione esclusivamente in azienda e di regolamentare i profili formativi per via esclusivamente contrattuale.

Con riferimento alle assenze per malattia nel pubblico impiego, la legge in oggetto dispone, infine, che nei periodi di assenza per malattia, di qualunque

(29)

durata, per i primi 10 giorni è corrisposto il pagamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità. In caso di assenza per più di 10 giorni o alla terza assenza per malattia nell’anno solare, incede, l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante la presentazione di una certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica. La verifica di controllo dello stato di malattia è effettuata dalla Pubblica Amministrazione anche per assenze di un solo giorno nelle fasce orarie 8.00-13.00 e 14.00-20.00

Questi principi non sono derogabili dalla contrattazione collettiva.

1.5 – LA GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Il rapporto di lavoro si costituisce validamente attraverso l’accordo reciproco fra il datore di lavoro e il lavoratore nell’ambito delle norme di legge e di contratto. La legge impone al datore di lavoro il rispetto di determinati vincoli, obblighi e divieti in fase di assunzione dei lavoratori, e di consentire l’esperimento che forma oggetto del patto di prova.

Il rapporto è gestito in base a quanto disposto dalle norme in tema di classificazione e inquadramento del lavoratore, assegnazione di mansioni, orario di lavoro (normale, straordinario, notturno, festivo), festività e ferie, vigilanza sul lavoro, rapporti in azienda, ambiente, igiene e sicurezza, oltre a diritto allo studio e molti altri.

Il rapporto infine cessa per iniziativa o del datore di lavoro (licenziamento) o del lavoratore (dimissioni) ovvero per cause di forza maggiore dalle quali derivi l’impossibilità definitiva di fornire o di accettare la prestazione.

Sono stati indicati già i diritti fondamentali di cui gode il lavoratore subordinato nel rapporto, viene ora approfondita l’analisi dei diritti relativi alla libertà e alla dignità personale così come sono regolati dallo Statuto dei lavoratori.

1.5.1 – Lo Statuto dei Lavoratori

La prima proposta di uno Statuto dei Lavoratori fu avanzata nel 1952 dall’Onorevole Giuseppe Di Vittorio al terzo congresso della CGIL, di cui era

(30)

segretario, e consisteva in un elenco di diritti Costituzionali che dovevano essere in ogni modo salvaguardati anche nelle fabbriche.

All’inizio degli anni Sessanta, con i primi governi di centro-sinistra, alcuni problemi furono in parte risolti con interventi legislativi diretti, come l’introduzione del divieto di intermediazione e interposizione di persona nel contratto di lavoro, o il divieto di licenziamento della dipendente di sesso femminile a causa del matrimonio.

Il discorso fu affrontano nuovamente nel 1963 quando il Presidente del Consiglio, Onorevole Aldo Moro, annunciò il proposito di definire uno Statuto

dei Lavoratori vero e proprio al fine di garantire libertà, dignità e sicurezza nei

luoghi di lavoro.

L’intervento definitivo si ebbe però solo nel corso della quinta legislatura; con il Ministro Brodoloni; il quale assunse direttamente l’iniziativa legislativa, dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, nel giugno del 1969, il progetto di legge passò all’esame della decima commissione del Senato che procedette alla stesura definitiva.

Varato dalla Camera il 14 maggio 1970, entrò in vigore il successivo 11 giugno, fra l’altro la legge previde che l’inosservanza di alcuni divieti fosse perseguita penalmente.

La questione del potere nell’impresa è il tema centrale dell’intervento sul sistema delle relazioni industriali attuato dalla legge e investe la concezione del rapporto di lavoro e quindi la sua stesura normativa.

La legge accoglie le rivendicazioni dei lavoratori, emerse in modo dirompente nella crisi del 1969, durante il cosiddetto “Autunno Caldo”. In questo senso si propone un intervento sull’organizzazione del lavoro per realizzare un nuovo equilibrio fra i valori oggettivi dell’efficienza produttiva e i valori soggettivi del fattore lavoro e si sforza di ricondurre il potere organizzativo dell’imprenditore entro i confini segnati dall’oggetto e dalla causa del contratto, a tale scopo definisce i valori di dignità del lavoratore che non possono essere limitati nel rapporto di subordinazione.

Riferimenti

Documenti correlati

L’attuale organizzazione degli standard delle scuole di specializzazione, introdotta con la legge del 2005, appare ad oggi inconsistente e parziale nella definizione

Tali strumenti risultano finalizzati, da un lato, all’adeguamento del periodo di comporto, ossia di un periodo predeterminato durante il quale è giustificata la

E consentirà anche l’introduzione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro come il cosiddetto leasing di manodopera: una tecnica innovativa di gestione del personale

La data e la sede della prova scritta ovvero di un eventuale rinvio verranno comunicate dalla commissione esaminatrice ai candidati ammessi con riserva, con un

Art. Il trattamento in ogni forma di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale eventualmente registrati su carte anche non elettroniche, compresa la carta

successive modificazioni, di seguito denominato «decreto legislativo», sono apportate le.. All'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956,

contributivo nei confronti dell’Inail viene assolto con il pagamento all’Inps di un contributo in misura fissa del 10% (come previsto per gli apprendisti) (3 e 4). Imprese del

In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente