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2 ANALISI LINGUISTICA

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ANALISI LINGUISTICA

2.1 Introduzione teorica

«Fatica di Ercole, e insieme di Cenerentola, ponte sospeso tra il banale e l’ideale, approdo all’altra riva dell’impossibilità, luogo delle contraddizioni»1, la traduzione è, per sua stessa natura, una delle discipline più difficile da definire. Nel corso degli anni sono stati addirittura attribuiti a questa attività diversi nomi. Nergaard traccia l’evoluzione della formazione di questa disciplina proprio attraverso il nome che di volta in volta le è stato dato e in base a questo criterio individua tre generazioni. Negli anni cinquanta-sessanta, la prima definizione che si dà alla disciplina destinata a occuparsi di traduzione è quello di scienza. Sono soprattutto linguisti ma anche ingegneri e matematici a essere impegnati in questo progetto. La ricerca viene svolta secondo la logica dei calcolatori e ha lo scopo di costruire una teoria in grado di stabilire dei criteri fissi e stabili su come fare una traduzione equivalente all’originale. Tale approccio dà un’impronta scientifica e porta a un’inevitabile scientifizzazione della lingua che

1

Paduano, G. (2004) «Tradurre». In: Lavagnetto M. (a cura di), Il testo letterario.

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sottovaluta l’influenza che questa disciplina può avere sulla lingua, sui processi di comunicazione e sulla cultura. Alla fine degli anni settanta e all’inizio degli anni ottanta risalgono le prime reazioni antilinguistiche e i primi tentativi di creare una disciplina lontana dall’approccio scientifico, che privilegi i testi letterari, fino ad allora esclusi perché considerati devianti e «troppo complessi dal punto di vista di uno studio linguistico della traduzione perfettamente controllabile»2. La seconda generazione amplia l’unità di analisi dalla parola al testo e sposta l’interesse dalle relazioni interlinguistiche a quelle intertestuali. L’intento non è quello di superare l’approccio linguistico ma di inserirlo in un contesto più ampio che prenda in considerazione anche gli aspetti extralinguistici ed extratestuali e che ritenga l’aspetto linguistico come uno dei tanti fattori coinvolti nel processo di traduzione. Scienza o teoria, scientificità della traduzione o supremazia del testo letterario, la divergenza fra linguisti e letterati si è ormai affievolita, forse in concomitanza con la crescita dei

Translation studies, periodo che Nergaard definisce “terza

generazione”3. La nascita dei Translation studies concide con il colloquio di Lovanio su “Letteratura e Traduzione” nel 1976. Gli atti del convegno raccolti nel volume Literature and Translation (Louvain, 1978) danno per la prima volta un’organizzazione sistematica agli studi che da quel momento definiscono i propri ambiti di ricerca ed escono da una sorta di marginalità assumendo la configurazione di una disciplina vera. Il termine Studi, per parlare di traduzione, è forse più adatto rispetto alle parole scienza o teoria.

2

Nergaard, S. (1995) Teorie contemporanee della traduzione, Milano: Bompiani, p.4 3

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Definire una disciplina scienza implica una possibilità di valutazione oggettiva e dei criteri riconoscibili con cui poter dimostrare che una teoria sia sbagliata. Il termine teoria, a sua volta, presuppone uniformità e univocità, caratteristiche che non appartengono certamente alla riflessione sulla traduzione. Il traduttore o lo studioso di traduzione che voglia acquisire consapevolezza di metodo e riflettere sulla storia di questa disciplina si troverà di fronte ai due opposti orientamenti che da sempre dominano la scena del dibattito sulla traduzione: “traduzione libera” o “traduzione letterale”. George Steiner, infatti, ritiene che dall’antichità a oggi le idee su questa attività non siano cambiate e che il dibattito ruoti ancora intorno all’opposizione fra “lettera” e “spirito”. Già Cicerone, in età classica, aveva dovuto confrontarsi con questa opposizione e aveva concluso:

io ho considerato che non fosse necessario di rendere il testo parola per parola, ma di conservare tutta la forza e la proprietà dei vocaboli. E ho creduto che non dovessi rendere conto al lettore del numero delle parole, bensì del loro peso4.

Se Cicerone non ha dubbi e afferma senza mezzi termini di cercare di mantenere nella traduzione lo spirito del testo di partenza, San Gerolamo individua due diversi approcci traduttivi in base al tipo

4

Cicerone, M. T. (1993) «Qual è il miglior oratore». In: Nergaard S. (a cura di), La teoria

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di testo, una resa «senso per senso» per i testi profani e una traduzione letterale per le Sacre Scritture. Egli dichiara infatti:

affermo a gran voce che nelle mie traduzioni dal greco in latino, eccezione fatta per quei libri sacri, dove anche l’ordine delle parole racchiude un mistero, non miro a rendere parola per parola, ma a riprodurre integralmente il senso dell’originale5

.

Se facciamo un salto temporale e arriviamo in epoca moderna, ci accorgiamo che la nota opposizione “senso vs spirito” si è mantenuta attraverso i secoli, la domanda è ancora la stessa: è più fedele una traduzione letterale o una traduzione che cerca di rendere lo spirito del testo di partenza inserendolo nella cultura di arrivo?

Nida, linguista e traduttore della Bibbia, suggerisce di mantenere lo spirito del testo attraverso l’equivalenza di stile, di effetto, di senso. Per Nida, tradurre significa riprodurre nella lingua di arrivo l’equivalente più vicino al messaggio comunicato nella lingua di partenza. La fedeltà al testo di origine si ottiene adattando il significante alla sensibilità del pubblico al quale è destinato il testo in traduzione, è evidente quanto per Nida la trasmissione del messaggio sia prioritaria rispetto allo stile, visto come un elemento secondario. Affinché il testo di arrivo susciti al nuovo pubblico lo stesso effetto prodotto dal testo di partenza sul lettore originario, Nida non esita quindi a cambiare, talvolta profondamente, i significanti del testo originale6. Dunque una forma di equivalenza che egli definisce

5

San Gerolamo (1993) «Le leggi di una buona traduzione». In: Nergaard S. (a cura di),

La teoria della traduzione nella storia, op. cit., p.66.

6

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«dinamica» e che si contrappone al concetto di «equivalenza formale» espresso da John C. Catford. Se per Nida era necessario riprodurre nel testo di arrivo il messaggio di partenza, per Catford il concetto di fedeltà implica un’adesione alla forma linguistica del testo di partenza. Una buona traduzione è tale quando mantiene le stesse categorie di partenza, un aggettivo tradotto con un aggettivo, un nome con un nome, e così via. Laddove la distanza tra le due lingue sia tale da non permettere questo processo di sostituzione, Catford suggerisce di mirare a un’equivalenza testuale, meno vincolata alle categorie7

.

I concetti di «equivalenza dinamica» e di «equivalenza formale» non sono così distanti dai due metodi traduttivi proposti da Newmark. Egli parla di traduzione comunicativa e traduzione semantica. La prima cerca di riprodurre sul lettore un effetto quanto più vicino a quello prodotto sul lettore del testo di partenza. La seconda vuole invece rendere l’esatto significato dell’originale mantenendo inalterate le strutture semantiche e sintattiche del testo di partenza. Siamo di nuovo di fronte al binomio “lettera vs spirito”. La traduzione comunicativa, rivolta al pubblico di arrivo, non lascerà punti oscuri e difficili ma trasferirà gli elementi stranieri nel contesto culturale di arrivo. La traduzione semantica, al contrario, resterà nell’ambito della cultura di partenza. Prendendo in considerazione un’altra coppia dicotomica potremmo affermare che la traduzione semantica e l’equivalenza formale sono source-oriented, mentre la traduzione comunicativa e l’equivalenza dinamica sono

7

Catford, J. C. (1965) A linguistic Theory of Translation, London: Oxford University Press, p.101.

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oriented. Se il traduttore opterà per la prima strategia traduttiva allora

manterrà nel testo di arrivo gli elementi culturali appartenenti al mondo in cui il testo è nato, proiettando il lettore in una cultura straniera, la seconda strategia implica un trasferimento degli elementi culturali di partenza nel contesto di arrivo. Per ottenere una traduzione

source-oriented si ricorrerà alla tecnica dello straniamento, quindi

all’utilizzo di materiali linguistici e culturali non familiari, per quella

target-oriented la tecnica da adottare è detta “addomesticamento”,

cioè la tendenza a normalizzare lo stile dell’autore e cancellare le peculiarità della lingua e della cultura di partenza, che darà al lettore l’illusione di leggere un testo nato nella propria lingua.

Già nel 1813 Scheilermacher indicava questi due approcci profondamente diversi come le due vie possibili da percorrere in traduzione:

o il traduttore lascia il più possibile in pace lo scrittore e gli muove incontro il lettore, o lascia il più possibile in pace il lettore e gli muove incontro lo scrittore.8

Anche su questo punto vi sono pareri discordanti. Goethe, dell’idea che ogni cultura abbia una propria visione del mondo, combatte l’addomesticamento alla cultura di arrivo sostenendo che solo l’aderenza al testo di partenza possa «rendere la traduzione identica all’originale sicché l’una non sia il surrogato dell’altro, bensì

8

Scheilermarcher, F.(1993) «Sui diversi metodi del tradurre». In Nergaard S. (a cura di), op. cit., p.153.

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lo rappresenti paritariamente» 9. Vicina a quella di Goethe è la visione del rapporto tra cultura e tradizione di Wilhelm von Humboldt. La traduzione, secondo Humboldt, permette di passare da una «immagine del mondo a un’altra diversamente caratterizzata» poiché ogni lingua «esprime la peculiare visione del mondo propria del popolo in cui si è originata». Secondo lo studioso, la traduzione «ha raggiunto i suoi fini se […] fa sentire l’estraneo»10

. Lingua come espressione di una particolare visione del mondo è la tesi ripresa qualche anno più tardi da Wierzbicka, secondo la quale, mettendo a confronto l’inglese e l’italiano, nota la preponderanza di imperativi in italiano nella comunicazione internazionale e ritiene che l’assenza di questa forma verbale in inglese sia dovuta «ai valori di libertà, rispetto per la privacy, princìpi di cortesia e desiderio di riservatezza in cui i membri della cultura anglosassone credono»11. Anche Josè Ortega y Gasset sottolinea l’importanza della diversità e in riferimento alla distinzione tra cultura classica e moderna afferma:

abbiamo bisogno degli antichi proprio perché sono dissimili da noi, e la traduzione deve sottolineare il loro carattere esotico e distante, rendendolo intellegibile in quanto tale12 .

9

Goethe, J.W. (1993) «Note e saggi sul Divan occidentale-orientale» In: Nergaard S. (a cura di), op. cit., p.122-123.

10

Von Humboldt, W. (1993) «Introduzione alla traduzione dell’Agamennone di Eschilo». In Nergaard S. (a cura di), op. cit., pp.43-44.

11

Ulrych, M. (1997) Tradurre. Un approccio multidisciplinare, Torino: UTET Libreria, p.48.

12

Ortega, y Gasset J. (1993) «Miseria e splendore della traduzione». In: Nergaard, S. (a cura di), op. cit., p.205.

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Il suggerimento di Berman è proprio quello di accogliere lo straniero anziché respingerlo e cancellarne le differenze13 e il traduttore, secondo Maurice Blanchot, «è il signore segreto della differenza delle lingue, non per abolirla, ma per utilizzarla, per risvegliare, nella propria, attraverso i cambiamenti violenti o sottili che vi apporta, una presenza di ciò che vi è di differente, in origine, nell’originale14

. Per Derrida il traduttore non può evitare di indicare le differenze semantiche giacché traduzione è sinonimo di differenza tra significato e significante. Egli paragona la traduzione a un atto di violenza,il testo viene penetrato, frammentato e ricostruito in un nuovo testo originale. Questo nuovo punto di vista porta a un ribaltamento del pensiero tradizionale, che identifica il testo di partenza come originale e di conseguenza il testo di arrivo come copia.

Per questi studiosi, quindi, la traduzione non deve cancellare le differenze per dissimulare la propria natura di testo tradotto ma deve accompagnare il lettore in un’altra cultura e fargli avvertire il contatto con un mondo diverso dal suo. Com’è tipico del dibattito sulla traduzione, questa non è un’opinione universalmente accettata, ma ci sono diverse voci fuori dal coro. Se per alcuni la traduzione è il luogo della differenza, è incontro tra due mondi, dialogo fra due culture, per

13

Ortega, y Gasset J. (1993) «Miseria e splendore della traduzione». In: Nergaard, S. (a cura di), op. cit., pp.276-289.

14

Ortega, y Gasset J. (1993) «Miseria e splendore della traduzione». In: Nergaard, S. (a cura di), op. cit., p.103.

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altri tale pratica deve mirare a nascondersi e un bravo traduttore saprà quindi aggirare l’ostacolo della diversità cancellando qualsiasi differenza linguistica e culturale. Secondo Highman la traduzione è

una sorta di illusione. Le migliori traduzioni sono quelle in cui l’illusione è più completa e la costruzione meno rivela la traduzione 15

.

Siamo di fronte a un approccio del tutto opposto a quello analizzato in precedenza. L’intento adesso è nascondere la natura di “testo tradotto” per dare al lettore l’impressione di trovarsi di fronte a un libro nato nella sua lingua. Anche Norman Shapiro si schiera a favore di una traduzione che non faccia sentire la sua presenza:

vedo la traduzione come il tentativo di produrre un testo così trasparente da non sembrare tradotto. Una buona traduzione è come una lastra di vetro. Si nota che c’è solamente quando ci sono delle imperfezioni: graffi, bolle. L’ideale è che non ce ne siano affatto.

Non dovrebbe mai richiamare l’attenzione su di sé.

[…] Credo di considerare me stesso in una sorta di collaborazione con l’autore, […] sicuramente il mio io e la mia personalità sono coinvolti nella traduzione, eppure devo cercare di rimanere fedele al testo originale in modo che la mia personalità non appaia. 16

La critica più aspra nei confronti della tendenza a normalizzare lo stile dell’autore e addomesticare il testo di partenza alla cultura di

15

Bernascone, R. (1994) ABC della traduzione letteraria, Torino: Tirrenia Stampatori, p.34.

16

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arrivo in modo da rendere invisibile traduzione e traduttore arriva da Lawrence Venuti. Egli fa notare che le peculiarità richieste alla traduzione da parte degli editori sono la «facile lettura» e la «pronta reazione» e il criterio su cui si basa il giudizio dei critici poggia sul principio della «scorrevolezza». Il traduttore deve pertanto evitare ambiguità semantiche, privilegiare le espressioni idiomatiche e far uso di una sintassi piana e un linguaggio standard indipendentemente dallo stile dell’autore. Come osserva giustamente Venuti, le traduzioni di «facile lettura», favorite da redattori, editori e recensori, sono un ottimo bene di consumo per il mercato librario ma contribuiscono alla marginalizzazione di quelle traduzioni che oppongono maggiore resistenza a essere addomesticate in funzione di una facile lettura. Prendendo in prestito la metafora di Cavagnoli, potremmo affermare che coloro che optano per una traduzione source-oriented si immaginano il lettore modello intellettualmente curioso e desideroso di avventurarsi in mondi narrativi nuovi, pronto a compiere “un viaggio all’estero” per conoscere chi è diverso da sé, convinto che da questo incontro la sua identità ne uscirà rafforzata. Al contrario, coloro che preferiscono una traduzione target-oriented, compresi gli editori, si immaginano il lettore modello pigro e un po’ viziato, per niente intenzionato ad abbandonare la poltrona di casa per compiere il viaggio17.

17

Cfr. Cavagnoli, F. (2010) Il proprio e l’estraneo nella traduzione letteraria di lingua

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Il dibattito sulla traduzione è ben lontano dal trovare una visione universalmente accettata, tuttavia su una cosa gli studiosi sembrano d’accordo:

l’attività del tradurre è un PROCESSO DECISIONALE: una serie di un certo numero di situazioni consecutive - di mosse, come in un gioco -, situazioni che impongono al traduttore la necessità di scegliere tra un certo numero di alternative18.

La scelta non è casuale ma è legata al contesto e una volta che il traduttore ha deciso in favore di una delle alternative, con la propria scelta, ha predeterminato le mosse successive, poiché sempre secondo Levy

il processo di traduzione ha la forma di un GIOCO A INFORMAZIONE COMPLETA – un gioco in cui ogni mossa seguente è influenzata dalla conoscenza delle decisioni precedenti e dalla situazione che ne è risultata […]. Scegliendo la prima o la seconda alternativa, il traduttore ha deciso di giocare uno dei due possibili giochi19.

Anche per Eco la traduzione è una questione di scelta, e la riflessione sui “possibili giochi” di Levy non è poi così distante da

18

Levý, J. (1995) «La traduzione come processo decisionale». In: Nergaard S. (a cura di), op.cit., p.63.

19

Levý, J. (1995) «La traduzione come processo decisionale». In: Nergaard S. (a cura di), op.cit., p.65.

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quella di Eco sui “mondi possibili”. Per quest’ultimo, il traduttore, di fronte ai molteplici significati messi a disposizione da una voce di dizionario

deve scegliere l’accezione o il senso più probabile e ragionevole e rilevante in quel contesto e in quel mondo possibile20 .

Fare una scelta, però, porta inevitabilmente a subire delle perdite. Paul Ricoeur consiglia addirittura di

abbandonare il sogno della traduzione perfetta accettando fino in fondo un dato di realtà – la differenza insormontabile fra il proprio e l’altrui. Non si tratta quindi di negare che qualcosa si perda in traduzione, si tratta di accettarne l’inevitabilità21

Tradurre da una lingua all’altra, secondo Eco, è dire quasi la

stessa cosa, quindi un procedimento che «si pone all’insegna della

negoziazione»22. Negoziare vuol dire scegliere quali proprietà di un termine debbano essere mantenute in una traduzione e quali, per dirla alla Eco, possano essere narcotizzate. L’idea di fondo è quella che qualcosa vada sempre perduto in traduzione, dal momento che i campi

20

Eco, U. (1995) «Riflessioni teorico-pratiche sulla traduzione». In: Nergaard S.(a cura di), op. cit., p.45.

21

Venuti, L.(1998) The Scandals of Transaltions, London: Routledge, p.18. 22

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semantici delle due lingue e le sintassi non sono sovrapponibili e perfettamente equivalenti.

Non sempre, però, la parola traduzione si accompagna a quella di perdita. Può capitare che una cultura si arricchisca dall’incontro con un’altra, oppure che una lingua contribuisca al rinnovamento di un’altra. La letteratura latina, per esempio, si è consolidata attraverso traduzioni dal greco ma anche il tedesco letterario moderno deve molto alla traduzione della Bibbia a opera di Martin Lutero, grazie alla quale è nata una lingua nazionale e si è così rafforzata l’identità culturale del popolo tedesco. Facciamo un salto temporale e spaziale e pensiamo all’Italia del cosiddetto “decennio delle traduzioni”, nella definizione di Pavese. Grazie alla traduzione di letteratura nordamericana a opera di personaggi come Cesare Pavese, Elio Vittorini, Eugenio Montale, la letteratura italiana ha subìto una sorta di “svecchiamento” uscendo dall’immobilità in cui era piombata nel periodo fascista. Le opere di Joyce, di Eliot, di Pound e di tanti altri con la loro lingua della verità quotidiana, “la lingua del confessionale”, hanno avuto un grande impatto non solo sulla cultura italiana, ma anche sulla lingua che si è esaltata e intensificata grazie all’incontro con una tradizione nuova. Proviamo a pensare, quindi, che un’opera tradotta non sia una copia dell’originale, di una qualità inferiore che porta con sé inevitabilmente una perdita. Perché non pensarla come Salman Rushdie:

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si ritiene solitamente che qualcosa dell’originale si perda in una traduzione; insisto sul fatto che si possa anche guadagnare qualcosa23 .

Probabilmente, questa digressione sui diversi punti di vista riguardo le strategie di traduzione coinvolge più da vicino i testi letterari ma la riflessione sul senso della stessa ne abbraccia il significato nella sua completezza.

Credo, infatti, che l’essenza della traduzione sia quella di essere dialogo, scambio e incontro tra due culture. La letteratura «è uno spazio di libertà»24 e la traduzione ci offre la possibilità di superare i limiti geografici, politi e sociali per farci scoprire altre culture, diversi modi di vivere e pensare. La traduzione, come la definisce Sepúlveda è «una sorta di miracolo[…]è una bellissima finestra che permette di guardare il mondo in maniera più ampia e più generosa», un mondo che altrimenti sarebbe piccolissimo e grigio25.

2.2 La traduzione nella cultura russa

Per quanto riguarda la traduzione, la Russia vanta una lunga tradizione. Nel IX-X secolo a.C. a Kiev si traducevano già testi

23

Rushdie, S. (1991) , Immaginary Homelands, London: Granta Books, p.206. 24

Sepúlveda, L. (2007) «Intervista a Luis Sepúlveda». In: Corso di laurea specialistica in traduzione dei testi letterari e saggistici (a cura di), La traduzione d’autore, Pisa: Edizioni Plus – Pisa University Press, p.7.

25

Sepúlveda, L. (2007) «Intervista a Luis Sepúlveda». In: Corso di laurea specialistica in traduzione dei testi letterari e saggistici (a cura di), La traduzione d’autore, op. cit., p.8.

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religiosi e secolari, soprattutto dalle lingue classiche. Tuttavia il pubblico era scarso e i traduttori, avendo una conoscenza limitata della propria lingua, traducevano letteralmente dando vita spesso a opere inintelligibili.

Il XVIII secolo fu decisivo per lo sviluppo della traduzione. Le riforme politiche di Pietro il Grande ampliarono i contatti culturali ed economici con i paesi europei e crebbe la necessità di traduzioni di materiale tecnico e scientifico come di quello letterario. Ai traduttori era richiesto un maggiore livello qualitativo e venne addirittura emesso dallo Zar un decreto sulla traduzione nel quale si richiedeva un resa “chiara e distinta” del senso dell’originale. In questo periodo la lingua russa cominciò a sviluppare un proprio modello letterario e attraverso la traduzione molti russi illuminati arricchirono il linguaggio aumentandone l’originalità e il potenziale espressivo. Lomonosov, scienziato e poeta russo, sosteneva che le opere di Cicerone, Virgilio e Ovidio nella versione russa non perdessero la loro qualità e metteva spesso in evidenza il valore del lavoro del traduttore e il suo carattere creativo.

Neanche la Russia riuscì a sottrarsi alla nota opposizione “traduzione libera vs letterale”. All’inizio la scelta dipendeva dal tipo di testo da tradurre, per i testi tecnici o narrativi il traduttore optava per un’interpretazione molto libera sfiorando i limiti di una riscrittura totale; per i testi religiosi o trattati filosofici il traduttore rimaneva fedele al testo di partenza a scapito addirittura delle regole e del senso della lingua di arrivo.

In tempi più recenti la scelta fra traduzione libera o letterale è divenuta a discrezione del traduttore, e in questo modo si sono delineate due fazioni ben distinte: da una parte i fautori della

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traduzione letterale convinti che anche la minima deviazione dal testo di partenza rappresenti una parafrasi e quindi un lavoro diverso; dall’altra i sostenitori della traduzione libera, che accusano i loro avversari di generare lavori inaccessibili ai lettori imponendo alla lingua di arrivo le forme e le espressioni di quella di partenza.

Queste due diverse posizioni si sono delineate soprattutto nel XIX e nel XX secolo, durante il processo di formazione della scuola di traduzione russa. Le opere di Karamzin e Žukovskj dettero un grande contributo alla nascita di tale scuola. Alla fine del XVIII secolo Karamzin pubblicò su periodici numerose traduzioni, egli, infatti, riteneva la traduzione la scuola migliore per la crescita dello stile di un autore e allo stesso tempo una fonte di informazione “per la propria curiosità, per gli avvenimenti storici, per le donne, per nuove riviste o per libri non molto conosciuti” 26

. Žukovskij, definito da Puškin “il genio della traduzione”, tradusse dall’inglese, dal francese, dal russo antico, dal latino e dal tedesco. Egli, così come Karamzin, era a favore di una traduzione libera, ai limiti di una parafrasi, tuttavia le sue traduzioni migliori sono fedeli al testo di partenza del quale egli sapeva riprodurre lo stile, il ritmo e l’intonazione. La maggior parte dei traduttori del XIX secolo era per una versione libera. Irinarkh Vvedenskij, traduttore di Dickens, aggiungeva spesso numerose pagine che negli originali non esistevano. Pensava, infatti, che il traduttore avesse il diritto di ricreare liberamente e di dare una nuova vita alle idee dell’autore in un contesto mutato e per un pubblico diverso. Molti traduttori, invece, introducevano piccoli cambiamenti

26

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nel testo di arrivo in modo da suggerire un collegamento con la realtà russa con lo scopo di diffondere idee democratiche o rivoluzionarie eludendo la censura.

Tra i sostenitori di una traduzione più fedele al testo vi erano Vjazemskij, Gnedič e Fet, anche se loro per primi non misero sempre in pratica le loro teorie.

Dopo la rivoluzione di ottobre del 1917 la traduzione ricevette un nuovo straordinario impulso. Erano gli anni della casa editrice di Maksim Gor’kij “Letteratura universale”, che si occupava di pubblicare traduzioni, nuove o rivedute, di tutta la letteratura più significativa orientale e occidentale. Nonostante le difficoltà materiali, vennero pubblicate opere di autori celebri come Balzac, Stendhal, Heine, Schiller, Byron, Dickens, e dagli anni trenta numerose traduzioni apparvero su periodi locali e nazionali. L’arte della traduzione raggiunse livelli di perfezione. I traduttori, consapevoli della loro responsabilità, misero a punto nuovi principi per una traduzione efficace, così da evitare la troppa letteralità e un’eccessiva libertà nei confronti dell’opera di partenza.

In uno stato multinazionale come l’Unione Sovietica, la traduzione divenne necessaria per conoscere i valori culturali di altre nazioni del loro stesso paese così la circolazione delle traduzioni raggiunse massimi livelli. In questo modo, poeti e scrittori di fama locale, con le loro opere tradotte in russo, divennero celebri all’interno del paese e in tutto il mondo.

Nella seconda metà del secolo, il progresso scientifico e tecnologico comportò un’esplosione dell’informazione, intensificando scambi di notizie e di materiale stampato. Questo fenomeno determinò un ulteriore sviluppo della traduzione, l’unica attività che rendeva

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possibile tale scambio di informazioni a livelli internazionali. Il traduttore divenne così un professionista, non operava per sua scelta ma su incarico, di conseguenza non poteva più scegliere lavori o autori a lui congeniali, né concedersi libertà con il testo di partenza. Non cambiò solo lo status del traduttore ma anche il tipo di materiale con cui lavorare. Si richiedevano soprattutto testi di natura tecnica, che trattavano di commercio, affari o politica in cui il traduttore aveva meno possibilità di esprimere la propria creatività. Le traduzioni di prosa e poesia non sparirono, anzi erano in aumento anch’esse, ma la maggior parte dei lavori riguardava testi scientifici e tecnici perché permettevano agli esperti russi di aggiornarsi sulle ultime scoperte scientifiche e di capire l’uso corretto delle apparecchiature di importazione.

La disintegrazione dell’Unione Sovietica provocò un cambiamento radicale della situazione. Venute meno le restrizioni ideologiche e morali, le casa editrici private riversarono sul mercato testi di ogni genere, dai gialli, agli erotici, tradotti per lo più dall’inglese, mentre le traduzioni da altre lingue quasi sparirono, provocando la chiusura di molte case editrici statali e i traduttori professionisti persero il lavoro. Gli editori cercavano ora guadagni facili e la qualità non era più una prerogativa, per questo affidavano i lavori a traduttori non professionisti. Il livello generale della traduzione in Russia, che aveva raggiunto un’ottima qualità, non poté che abbassarsi, benché numerosi professionisti cercavano di mantenere alto il livello.

Il successo che tale attività ha raggiunto in Russia è dovuto ai metodi efficaci per preparare i futuri traduttori e al notevole progresso della teoria della traduzione. Il traduttore professionista deve essere

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colto, non basta la conoscenza di una lingua straniera, ma deve sapere anche la geografia, l’economia, la storia, la letteratura e tutti gli aspetti della vita di chi parla la lingua da cui traduce. Inoltre, in Russia vengono organizzati numerosi congressi, sia su scala nazionale che internazionale. Il traduttore gode di grande rispetto e prestigio, anche se, come in altri paesi, tanto deve ancora essere fatto per migliorare le retribuzioni e il contratto di lavoro.

2.3 Analisi del testo di partenza

Newmark divide i testi in tre categorie, espressivi, informativi, vocativi. Alla prima categoria appartengono i testi letterari in cui l’enfasi ricade sulla lingua di partenza e sullo stile dell’autore, poiché non è tanto importante quello che si dice ma come si dice. I testi informativi sono di solito trattati tecnici e scientifici o libri di testo, in cui lo scopo principale è trasmettere un’informazione. Qui il traduttore si impegna a mantenere lo stesso messaggio del testo di partenza e l’enfasi in questo caso cade sul testo di arrivo che deve suscitare nel lettore lo stesso effetto che il testo di partenza ha prodotto sul destinatario originario. I testi vocativi sono annunci pubblicitari, propagande, avvisi o letteratura popolare; lo scopo è provocare nel lettore una determinata reazione, che deve essere la stessa nel testo di partenza e in quello di arrivo. Il traduttore può, quindi, modificare anche il contenuto di una frase intera per farla risultare comprensibile al destinatario.

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Il testo da me tradotto appartiene al genere della biografia e in quanto tale si caratterizza per il contenuto informativo, poiché lo scopo dell’autore è mettere al corrente i lettori della vita del personaggio, volontà, peraltro, che Bykov manifesta sin dalle prime righe:

«Цель у меня одна ˗ вернуть широкому читателю большого и сложного писателя, который при всех своих ошибках, отступлениях и заблуждениях всегда учил нетерпимости к скотству. Что-то подсказывает мне, что это хорошо.» (p.85)

[tr.it.: Il mio obiettivo è uno solo: recuperare per un ampio pubblico uno scrittore grande e complesso, che con tutti i suoi errori, i suoi sbagli e le sue mancanze ha sempre insegnato l’intolleranza per la bestialità. Qualcosa mi suggerisce che è giusto così.]

In questo caso, facendo riferimento alle categorie di Newmark, possiamo individuare le caratteristiche principali del testo di cui tenere conto per una buona traduzione. Secondo lo studioso, lo stile dovrebbe essere neutro, oggettivo e con una narrazione in terza persona. Di conseguenza il traduttore dovrebbe scegliere un’unità traduttiva di media ampiezza, come un periodo o una collocazione, dovrebbe dare maggiore importanza alla lingua d’arrivo che a quella di partenza, trasmettere il senso delle metafore più che la loro forma e stare attento che la perdita semantica sia molto limitata.

In realtà queste peculiarità non si possono attribuire in tutto e per tutto al testo in questione. Ѐ chiaro fin dal primo paragrafo che ci non ci troviamo davanti a un libro dallo stile neutro e impersonale,

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riportando l’affermazione ironica che Gor’kij aveva rivolto alla scrittrice Lidija Sejfullina, Bykov dichiara subito il taglio vuole dare alla sua narrazione:

«Меня теперь везде приглашают и окружаюут ˗ почетом. Был у пионеров ˗ сталь почетным пионером. У колхозников ˗ почетным колхозником. Вчера посетил душевнобольных. Видимо, стану почетным сумасшедшим.» (p.87)

[tr.it.: Ora mi invitano ovunque e sono colmato di onori. Ero dai pionieri e sono diventato un pioniere d’onore. Dai colcosiani sono diventato un colcosiano d’onore. Ieri ho fatto visita ai malati psichici. Senza dubbio diventerò un matto d’onore.].

L’autore intervalla passaggi di narrazione dallo stile neutro ad altri in cui la sua presenza si cela a stento dietro un velo di ironia:

«Думается, наблюдение таких сценок, сопровождаемых бурной божбой, не отвращало Горького от веры, а, напротив, подталкивало к ней ˗ создать же Господь такое чудо, как человек, во всем диапазоне его мерзости и святости! Другим чудом был приказчик Мишка, способный за два часа ухомячить десять фунтов ветчины, запивая ее пивом ˂…˃» (p.101).

[tr.it.: Sembra che l’osservare episodi del genere, accompagnati da un impetuoso ragionamento su Dio, non avesse allontanato Gor’kij dalla fede, anzi lo aveva spinto a essa, farà Dio un tale miracolo, come l’uomo, con tutta la sua portata di porcheria e sacralità! Un altro

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miracolo era il commesso Miška, capace di divorarsi in due ore dieci

funt di prosciutto, bevendoci su birra; ˂…˃]

In molte parti il punto di vista dell’autore è ben palesato, spesso infatti Bykov esprime giudizi su persone o personaggi che ci presenta nel testo, per esempio «Бабушка его, Акулина Ивановна, ˗ одна из самых обаятельных женщин во всей русской литературе ˂...˃» (p.95) [tr.it.: La nonna, Akulina Ivanova, era una delle donne più affascinanti di tutta la letteratura russa ˂…˃, oppure «В пекарне Семенова познакомился он и с одним из самых обаятельных своих героев ˗ ˂...˃ Коноваловым.» (p.107) [tr.it: Al panificio di Semenov conobbe uno dei suoi eroi più affascinanti ˂…˃ Konovalov], o ancora «Борис Константинович Зайцев ˗ писатель очень небольшого таланта ˂…˃.» (p.141) [tr.it: Boris Konstantinovič Zajcev, scrittore dalle modeste capacità ˂…˃.].

Altre volte l’autore dà il suo giudizio su testi letterari, per esempio «вот, допустим, рассказ “Как поймали Семага”, не лучший у него и не самый известный.» (p.142) [tr.it: Prendiamo il racconto “Come fu acchiappato Semaga” che non è né il migliore né il più famoso.], oppure «Пожалуй, этот рассказ из самых обаятельных у раннего Горького - потому что обаятелен и сам спутник» (p.134) [tr.it.: Questo racconto è, forse, uno dei più affascinanti, perché affascinante è proprio il compagno di viaggio ˂…˃.]. Molto ironico e tagliente è, invece, l’intervento di Bykov sul testo del già citato scrittore “dalle modeste capacità” Boris Konstantinovič Zajcev:

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64 «Особенно усердствовал в разоблачениях Борис Константинович Зайцев ˗ писатель очень небольшого таланта, которому Горький много помогал и который отплатил ему очерком столь клеветническим, мелочным, пристрастным, что на его фоне и бунинский мемуар кажется верхом благородства.» (p.141).

[tr.it.: Si impegnò in particolare a smascherare Boris Konstantinovič Zajcev, scrittore dalle modeste capacità che Gor’kij aiutò molto ma che lo ripagò con un saggio tanto diffamatorio, meschino, prevenuto che in confronto perfino le memorie di Bunin sembravano il massimo della generosità.].

Da questo passaggio, dove peraltro in modo non molto indiretto ci offre anche un suo punto di vista sulle memorie di Bunin, Bykov lascia intravedere la sua ammirazione nei confronti del protagonista della nostra biografia. Ѐ non è l’unica occasione in cui l’autore manifesta questo sentimento: «Ясное дело, человек с врожденным и огромным талантом писателя, вынужденный то печь хлеб, то командовать строительством, будет ненавидеть всякую работу, кроме той, к которой призван ˂...˃» (p.139) [tr.it.: Ѐ naturale che una persona con un grande talento innato da scrittore, costretta ora a infornare pane, ora a dirigere un cantiere, odierà qualsiasi lavoro eccetto quello che è destinato a fare ˂...˃]; «Между тем популярность Горького была вполне заслуженной.» (p.141), [tr.it.: Nel frattempo la popolarità di Gor’kij era del tutto meritata].

Nella lettura di questo libro siamo guidati da un autore che di tanto in tanto fa capolino tra le righe del testo («Постараемся

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поскорей миновать этот унылый период ˂...˃ p.100, [tr.it.: Cercheremo di passare in fretta questo periodo monotono]; «Это тоже любопытный зигзаг литературной истории... но мы отвлеклись.» p.123, [tr.it.: Questo zigzag nella storia della letteratura è interessante… ma abbiamo divagato], «˂...˃ но что ж поделаешь. Горечи он повидал достоточно.» p.139, [tr.it.: ˂…˃ che ci vuoi fare, di amarezza ne aveva vista abbastanza.]). Bykov non riesce a mantenersi distaccato, pensiamo al commento riguardo al tentato suicidio di Gor’kij, «К счасью, обошлось ˂...˃» (p.110) [tr.it.: Per fortuna è andata bene] e in questo suo entusiasmo cerca di coinvolgere il lettore che più volte è chiamato in causa: « ˂...˃ помните сцену, когда в проруби тонет одиннадцатилетний Борис Варавка, заклятый враг Климa?» (p.87), [tr.it.: ricordate la scena in cui in un buco nel ghiaccio annega l’undicenne Boris Varavka, nemico giurato di Klim?]; «Вспомните, как чествовала его по случаю пятидесятилетия “Всемирная литература” ˗ 16 марта 1919 года.» (p.90), [tr.it.: Pensate a come gli rendeva omaggio in occasione del suo cinquantesimo compleanno “Letteratura universale”].

Molte volte Bykov solleva quesiti, per esempio «˂...˃ не эту ли свою печоринскую особенность, вообще присущую людям одиноким и самостоятельным, он всю жизь пыталься компенсировать, чуть не насильно благотворительствуя направо и налево?.» (p. 93), [tr.it.: facendo beneficenza a destra e a sinistra avrà forse cercato tutta la vita di compensare questa sua peculiarità tipica di un Pečorin, caratteristica in genere delle persone solitarie e indipendenti?], altre volte apre riflessioni «Вообще вся его профессиоональная одиссея вызывает вопрос: неужели человеку из низов в тогдашней России было в самом деле так трудно

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пробиться к более-менее приличной жизни? Неужели с вертикальной мобильностью все обстояло так безнадеждо?» (p.137), [tr.it.: In generale la sua odissea professionale solleva un quesito, possibile che nella Russia di allora per un uomo di umili origini fosse davvero così difficile avere una vita più o meno decente? Possibile che la situazione fosse tanto disperata con la mobilità verticale?].

Dunque, non si tratta di un testo puramente informativo, ma la nostra biografia presenta caratteristiche e sfumature di tutte e tre le categorie individuate da Newmark. La funzione informativa, quindi, coesiste con le funzioni espressiva e vocativa, tutte ugualmente importanti per conferire al nostro testo il suo carattere di unicità. Di conseguenza è stato necessario adottare una strategia di traduzione che prevedesse soluzioni diverse per ciascuna funzione.

Vediamo ora nel dettaglio quali sono gli aspetti che hanno creato maggiore difficoltà e analizziamone le strategie adottate.

2.3.1 Sintassi

La sintassi di Bykov alterna periodi complessi e articolati, costruititi da subordinate, a periodi brevi, scanditi da frasi coordinate dal ritmo incalzante. Per i primi molto spesso ho mantenuto la costruzione di partenza, per esempio «Поразительно много бродила тогдашняя интеллектуальная Россия, словно надеясь уморить себя ходьбой до такой степени, чтобы выдуло из головы мучительные мысли.» (p.117), [tr.it.: Era sorprendente quanto la Russia intellettuale di allora vagasse, cose se camminando sperasse di finirsi tanto da scacciare dalla mente i pensieri angoscianti.], altre

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volte mi è capitato di dover semplificare la frase, cercando comunque di mantenere un periodare articolato: «Именно этот эпизод, пронзительный, слезный, несмотря на весь понятный

читательский ужас перед дедом Кашириным, скрыто

процитирует Розанов в предсмертном письме к Мережковским ˂...˃» (p.97), [tr.it.: Rozanov citerà in segreto nell’ultima lettera ai Merežkovskij proprio questo episodio, toccante, commovente, nonostante il terrore del tutto comprensibile del lettore di fronte al nonno Kaširin ˂…˃]. Una delle caratteristiche della lingua russa è, infatti, la possibilità di tematizzare più o meno liberamente gli elementi della frase questo soprattutto grazie al sistema dei casi che permette di distinguere facilmente la funzione di soggetto e oggetto, rendendo possibile collocare quest’ultimo a inizio frase. In italiano spesso non è possibile e pertanto a volte è necessario stravolgere l’ordine originale di un periodo. I periodi più articolati si fanno portavoce dei pensieri di Bykov, come se nel raccontare alcuni episodi si sollevassero in lui dei quesiti ai quali molto spesso trova delle risposte e, grazie a un ritmo più lento della narrazione, il lettore viene coinvolto a pieno nelle sue riflessioni. Il ritmo lento di questi passaggi si frappone a quello ben più veloce che caratterizza la narrazione di molti episodi della vita del nostro protagonista. La sintassi in questi casi si semplifica, la punteggiatura spesso prende il posto delle congiunzioni, i periodi si susseguono a ritmo incalzante: «В общем, убедительно: в трехлетнем возрасте он заболел холерой и заразил отца, который его выхаживал. Это случилось в Астрахани, куда Максим Пешков с семьей был откомандирован пароходством Колчина: он получил там должность конторщика.» (p.92) [tr.it.: Tutto sommato è convincente: all’età di tre anni egli si ammalò di

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colera e contagiò il padre che lo assisteva. Questo accadde ad Astrachan’, dove Maksim Peškov era stato trasferito con la famiglia dalla compagnia di navigazione Kolčin: là assunse la carica di impiegato.]. In questi momenti Bykov utilizza molto il segno di interpunzione dei due punti, benché in italiano non sia usato così di frequente e se ne faccia forse uso in circostanze diverse, ho mantenuto la punteggiatura del testo di partenza, in modo da non stravolgere l’effetto che il nostro autore ha intenzionalmente dato a certi passaggi. I periodi più brevi e scanditi dal ritmo serrato fanno da eco, infatti, alla vita piena di emozioni e carica di avvenimenti del nostro Gor’kij.

2.3.2 Verbi

Nel testo ricorrono soprattutto verbi perfettivi e imperfettivi al passato. In italiano, per veicolare il significato di queste due coppie aspettuali si ricorre a una diversificazione dei tempi. Nella traduzione, infatti, per mantenere una consecutio tempororum, ai verbi perfettivi possono corrispondere il passato prossimo, il trapassato prossimo e il

passato remoto, («Максим Горький обогатил советскую

разговорную речь десятками цитат» (p.86) [tr.it.: Maksim Gor’kij ha arricchito il linguaggio sovietico con decine di citazioni.]; «И первым во всей этой литературе Горьий наотрез отказался умиляться Коновалову ˗ он решил всем назло показать, до чего доходит его рабское, скотское смирение.» (p.109) [tr.it.: E per primo in letteratura si era rifiutato in modo risoluto di commuoversi per tipi come Konovalov, e aveva deciso apposta di mostrare a tutti fino in fondo a che punto arrivava la sua servile animalesca rassegnazione.]; «В конце 1871 года Варвара Каширина с сыном

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вернулась под отцовский кров, и началась та страшно густая, насыщенная, зверская и по сути совершенно адская жизнь, о которой Горький в 1913 году написал едва ли не самую известную свою прозу ˗ повесть “Детство”.» (p.94) [tr.it.: Alla fine del 1871 Varvara Kaširin fece ritorno con il figlio alla casa paterna e cominciò quella vita terribilmente densa, carica, brutale, in sostanza del tutto infernale, sulla quale Gor’kij scrisse nel 1913 forse la sua opera in prosa più famosa, il romanzo Infanzia.]).

Per quanto riguarda i verbi imperfettivi al passato, nella traduzione sono stati resi con l’imperfetto italiano: «˂...˃ люди часто упрекали его в равнодушии ˗ и они же страстно, готовно, при первой возмохности выкладывали ему свои биографии и мнения ˂...˃» (p.89) [tr.it.: ˂…˃ spesso gli rimproveravano di essere insensibile e con fervore e prontezza alla prima occasione tiravano fuori la sua biografia e le sue opinioni ˂…˃].

Bykov fa molto uso anche dell’imperfettivo al presente che nel testo italiano viene reso con l’indicativo presente. In questo caso non è stato necessario fare modifiche ai tempi verbali in quanto l’imperfettivo presente viene utilizzato soprattutto con riferimento ai testi di Gor’kij e per commentarne i personaggi, non alterando quindi la consecutio tempororum, come vediamo dagli esempi: «Но не похож он и на крестьян-хищников, на скучных тружеников, больше всего озабоченных выгодой. Коновалов ˗ художник.», p.108, [tr.it.: Ma non somiglia neanche ai contadini-predatori- né ai lavoratori noiosi, e né soprattutto a quelli che si preoccupano del profitto. Konovalov è un artista.]; «Мальва ˗ тот женский тип, который Толстому глубоко отвратителен, ей приятно, когда пожилой любовник Василий ее бьет ˂значит, любит˃, ей нравится

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стравливать мужчин, а фантазии у нее вообще странные», p.148, [tr.it.: Malva è un tipo di donna che lo stesso Tolstoj ritiene molto ripugnante, lei prova piacere quando l’anziano amante la picchia ˂vuol dire che la ama˃, a lei piace stuzzicare gli uomini, e ha di solito strane fantasie].

In un caso ho modificato il presente russo in un passato prossimo italiano:

«Лет с шестнадцати и по сей день я живу приемником чужих тайн и мыслей, словно бы некий перст незримый начертал на лбу моем: “здесь свалка музора”. Ох, сколько я знаю и как это трудно забыть.» (p.89).

[tr.it.: Dall’età di sedici anni fino a oggi, ho vissuto come un ricevitore di segreti e pensieri altrui, come se un dito invisibile avesse impresso sulla mia fronte: “scarico della spazzatura”. Oh, quante cose so e come è difficile dimenticarle.].

Ho ritenuto opportuno tradurre живу con “ho vissuto” e modificare quindi il testo di partenza per ottenere una maggiore coerenza con la grammatica italiana. Le preposizioni c e по circoscrivono un arco temporale ben preciso, indicano un inizio e una fine, benché quest’ultima sia comunque nel presente сей день. Per mantenere il verbo al presente avrei potuto tradurre così “Ѐ dall’età di sedici anni che vivo come un ricevitore di segreti e pensieri altrui (…)”, ma avrei creato un periodo in italiano dotato di minore effetto rispetto all’equivalente russo.

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Nel testo sono presenti anche forme di futuro che però non hanno creato problemi particolari e vengono resi in italiano nella forma corrispondente (per esempio: «До шестнадцати лет, до 1884 года будет продолщаться эта жизнь, наполненная, как напишет он впоследствии “мелким, бессмысленным, безрезультатным трудом”» (p.99) [tr.it.: Fino ai sedici anni, fino al 1884, andrà avanti questa vita piena di, come scriverà in seguito, «fatiche insignificanti, inutili e vane».].

Le forme non finite del verbo, come gerundi e i participi, a volte vengono esplicitate altre volte lasciate inalterate («художник Юрий Анненков, хорошо его знавший ˂…˃.» (p.87) [tr.it.: l’artista Jurij Annenkov, che conosceva bene Gor’kij ˂…˃.]; «Запойный,

поющий, тоскующий, огромный, неутомимый, добрый

Коновалов ˗ в один миг пропивающий все отложенные деньги, гонимый непонятной своей тоской прочь от всех, кого жалеет и любит» (p.108) [tr.it.: L’ubriaco cronico, cantante, malinconico, grande, instancabile, buono Konovalov, che in un attimo si beveva tutti i soldi risparmiati, spinto da un’incomprensibile ansia lontano da tutti quelli a cui voleva bene e amava]; «Не застав Толстoго в Ясной Поляне ˂...˃» (p.117) [tr.it.: Non avendo trovato Tolstoj a Jasnaja Poljana ˂…˃].

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2.3.3 Lessico

Bykov utilizza un lessico prevalentemente comune, tuttavia in alcune situazioni è stato necessario fare delle scelte e decidere di seguire una strategia ben precisa:

1. Realia. Nel testo compaiono numerosi realia che descrivono sia la realtà russa (творожок, пирожок, щи, лубок, самовар) che quella sovietica (интеллигенция, гулаг, лищенец, разноčинец). Nella versione in italiano ho deciso di non tradurre ma di traslitterare i termini riportandoli in corsivo (lišenec, raznočinec, intelligencija,

gulag, lubok, samovar, tvorožоk, pirožok, šči). Fatta eccezione per i

primi due vocaboli, per gli altri non ho ritenuto necessario inserire note, in quanto, sebbene il lettore possa non conoscere la singola parola, il contesto è piuttosto chiaro e permette di capire almeno l’ambito al quale il termine appartiene, per esempio: «Творожка хочется, пирожка хочется..» p.97, [tr.it.: Ho voglia di tvorožок, vorrei un pirožоk…]; «˂…˃ и зимой обварил руку горячими щами, после чего попал в больницу.» p.100, [tr.it.: e in inverno finì all’ospedale per essersi scottato con lo šči bollente.]. Per ragioni esattamente contrarie ho ritenuto opportuno, invece, inserire una nota per le parole lišenec e raznočinec. Per quanto riguarda la frase «Жил на Жуковской улице, ныне улица Минина ˂...˃» (p.125), ho pensato di renderla con “Viveva in ulitsa Žukovskaja, oggi ulitsa Minina ˂...˃.”, traslitterando il termine улица e non traducendolo. Credo infatti che l’effetto con la parola italiana “via” (Viveva in via Žukovskaja, oggi via Minina) sarebbe stato troppo addomesticato e avrebbe creato un senso di straniamento.

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2. Unità di misura. In questo caso non è stato semplice fare una scelta traduttiva. Prendiamo i due casi:

- «Другим чудом был приказчик Мишка, способный за два часа ухомячить десять фунтов ветчины, запивая ее пивомю ˂…˃ (p.102).» [tr.it.: Un altro miracolo era il commesso Miška, capace di divorarsi in due ore dieci funt di prosciutto, bevendoci su birra; ˂…˃];

- «Правда, отсутствие носа красноречиво намекало об ее прежник маленьких заблуждениях, а густой рыбный запах, исходивший от ее одежды на тридцать пять сажен в окружности, не оставлял сомнений в ее ремесле; она занималась потрошением рыбы на заводе купца Деревякина.» (p.150) [tr.it.: Certo, la mancanza del naso alludeva ai piccoli errori del passato, e un odore intenso di pesce che proveniva dai vestiti a 35 sažen di distanza non lasciava alcun dubbio sul suo mestiere: sviscerava i pesci nello stabilimento del mercante Derevjakin.].

Confesso di essere stata indecisa sulla decisione da prendere, in un primo momento, infatti, avevo tradotto le unità di misura rapportandole al nostro sistema. Questa scelta era dettata dal tono ironico del testo di partenza in entrambi i passaggi. Traslitterare l’unità di misura mettendo una nota, avrebbe diminuito l’effetto comico del testo di partenza e forse non avrebbe suscitato la stessa emozione nel lettore italiano. Alla seconda lettura del testo italiano ho cambiato idea. Trovare unità di misura italiane in un testo immerso nella cultura sovietica e russa, oltretutto nel secondo esempio viene riportato un passaggio di un testo dello scrittore Kuprin, dava al testo in italiano quel senso di addomesticamento che poco si addice a un libro di questo genere. Credo che traslitterare le unità di misura russe

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in corsivo (aggiungendo una nota a piè di pagina) non metta a tacere nel testo di arrivo l’effetto di partenza, è ovvio che il lettore non riesca a capire nell’immediato di quanti chili o metri si stia parlando ma è chiaro fin da subito che si sta facendo riferimento a quantità smisurate, suscitando in questo modo anche l’ilarità del lettore di arrivo.

3. Modi di dire e giochi di parole. Nel testo incontriamo due modi di dire per i quali ho adottato due strategie diverse. Se il primo esempio è stato sufficiente tradurlo senza portare modifiche, dal momento che è un modo di dire che usiamo anche in italiano («он берет быка за рога» p.142, [tr.it.: prendeva il toro per le corna], per il secondo ho trovato una soluzione diversa: «Память у него, слава богу, лошадиная.», p.98); [tr.it.: ha una memoria da elefante, grazie a Dio]. Nel testo russo, per indicare un soggetto dotato di una buona memoria, Bykov utilizza il termine di paragone del cavallo, dal momento che in italiano trovare l’espressione “ha una memoria da cavallo” sarebbe suonato strano, ho tradotto con il nostro consueto modo di dire riuscendo comunque a non allontanarmi troppo dal testo di partenza.

Analizziamo ora le strategie traduttive adottate per i giochi di parole, iniziando dal primo che troviamo subito nelle prime pagine: «Да и сама жизнь ˗ максимально горькая.» (p.86) [tr.it.: Addirittura la vita era amara al massimo]. In questo caso ho tradotto l’espressione russa con una equivalente in italiano inserendo una nota a piè di pagina per sottolineare l’allusione al nome del nostro protagonista Maksim Gor’kij. La stessa strategia ho adottato per «˂…˃ село

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Кандыбино было торжественно переименовано в Пешково (согласитесь, Горькое по контексту не звучит, да и пришел он сюда пешком).» (p.133), che ho tradotto con «˂… il villaggio di Kandibino era stato solennemente ribattezzato Peškov (concorderete con me che nel contesto “Gor’kij” non suonava bene, e per giunta era arrivato lì a piedi)» aggiungendo una nota a piè di pagina per spiegare il gioco di parole tra l’avverbio russo peškom e il cognome naturale dello scrittore, Peškov. Il terzo esempio è un caso particolare di gioco di parole, si tratta, infatti, di un’interpretazione di una sigla. In italiano ho cercato quindi di trovare delle parole le quali avessero in comune con quelle russe non solo il significato ma anche la lettera iniziale, in modo da non alterare in nessun modo la sigla:

«Заставляля его километрами заучивать любые стихи ˗ он и заучивал, благодаря все той же памяти, но противился. Ему постоянно хотелось их коверкать, отсюда постоянная горьковская страсть к переделке, пародии, издевательству над каноническими образцами, ˗ он и свой похвальный лист, полученный в Кунавинсом начальном училище 18 июня 1878 года, испортил самодельными надписями, расшифровав НСК (Нижегородское Слободское Кунавинское) как “Наше свинское кунавинское”.» (p-98)

[tr.it.: Lo costringeva a imparare chilometri di versi, che lui imparava, grazie a quella memoria, ma protestava. Avrebbe voluto storpiarli, da qui la passione costante di Gor’kij per il rifacimento, la parodia, la derisione delle regole canoniche: rovinò il certificato di merito preso alla scuola elementare di Kunavin il 18 giugno 1878, sul

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quale, a mano, Gor’kij interpretò la sigla NSK (Kunavin sobborgo di Nižnij Novgorod) in «la Nostra Sporca Kunavin».].

4. Nomi e soprannomi. Esistono nel testo degli esempi di nomi propri che sono portatori di un significato (Башлык, добрый,

Грохало). Nella traduzione ho optato per una traslitterazione (Bašlik,

Dobrj, Grochalo), inserendo, per gli ultimi due esempi, una nota a piè di pagina. In questi casi ho ritenuto necessario inserire delle note esplicative perché nel testo si fa allusione proprio al significato delle parole («˂…˃поступил буфетчиком на пароход “Добрый”, который иногда, вопреки своему названию, буксировал по Волге баржи с арестантами ˗ до Камы, до Тобол, до в Сибири.», p.100, [tr.it.: ˂…˃) divenne sguattero sul battello «Dobrj» che, malgrado il nome, a volte rimorchiava nel Volga barconi con detenuti fino alla Kama, al Tobol e in Siberia.]; («˂…˃ oн за громкий голос прозвал Грохало ˂...˃», p.106, [tr.it.: ˂…˃ lui aveva soprannominato Grochalo per la voce alta˂…˃]. Per quanto riguarda il primo nome, invece, credo che la comprensione del periodo sia chiara a prescindere dalla conoscenza del significato di “Bašlik” (copricapo caucasico di panno a forma di cappuccio che lunghe “orecchie” che si annodano sulla nuca): «В училище у него была кличка Башлык ˗ он любил там пересказывать сверстникам истории о разбойнике Максиме Башлыке, о котором часто говорил ему дед.» (p.98) [tr.it.: A scuola lo chiamavano Bašlik: gli piaceva raccontare ai coetanei le storie del brigante Maksim Bašlik, del quale spesso gliene aveva parlato il nonno.]

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5. Tecncicismo. Nel testo abbiamo a che fare con un tecnicismo (болванка- billetta), ovvero un termine che viene usato di rado nel lessico comune e che è noto a una determinata classe di lavoratori, ma che il lettore così come il traduttore leggeranno forse per la prima volta. Non ho inserito una nota per spiegare che cosa sia la billetta perché si capisce comunque il senso del discorso e la bella immagine che evoca Bykov nel descrivere l’arte di Gor’kij non perde il suo effetto. Del resto come la parola “billetta” possa non risultare familiare al lettore italiano, la parola “болванка” susciterà la stessa reazione sul lettore russo. Per la traduzione, in questo caso mi sono stati di aiuto i dizionari bilingue, e, una volta trovato l’equivalente in italiano, mi sono dedicata alla ricerca su internet. Ho consultato la pagina Wikipedia e il dizionario Treccani27. Per avere un ulteriore riscontro ho verificato che la parola in questione fosse presente anche in altri dizionari monolingue quali Hoepli e Garzanti. Inoltre, digitando la parola “billetta” su Google appaiono ben 91.000 risultati, si tratta dunque di un lemma che è senza dubbio in uso anche nell’italiano scritto di internet e non solo attestato dai dizionari.

6. Altri accorgimenti lessicale. Talvolta vi sono delle ripetizioni, di solito relative ai nomi o comunque a informazioni ritenute di primaria importanza. Se spesso in italiano viene quasi

27 Si vedano i siti internet http://it.wikipedia.org/wiki/Semilavorati_siderurgici,

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naturale evitare la stessa parola, abituati a seguire la regola della

variatio, in un caso particolare la ripetizione è stata inevitabile:

«Суть оргии в том, что голая пьяная баба символизирует могилу, и на нее ˗ как в могилу ˗ укладывают пьяного бывшего студента, совершенно не сознающего, что происходит. Эта параллель ˗ баба и могила ˗ для тогдашнего Горького, как ни странно, актуальна ˂...˃.» (p.119)

[tr.it.: Erano orge in cui la donna nuda ubriaca simboleggiava la tomba, sulla quale, come in una tomba, veniva messo l’ex studente ubriaco, del tutto inconsapevole di ciò che accadeva. Il parallelismo fra la donna e la tomba, per il Gor’kij di allora, per quanto possa sembrare strano, è attuale ˂…˃].

In un caso, invece, ho dovuto aggiungere un verbo per esplicitare meglio il senso del testo:

«Пешков отправился в Тулу ˗ частью на тормозных площадкак, частью пешком.» (p.117)

[tr.it: Peškov partì per Tula, viaggiando in parte su carrozze di servizio di treni merci e in parte a piedi.].

2.3.4 Ulteriori scelte traduttive

Bykov fa uso di numerose citazioni tratte soprattutto dai testi di Gor’kij, ma anche da altre fonti. Per la traduzione ho adottato due tecniche. Per le prime ho riportato il testo dell’edizione edita in italiano senza inserire una nota per specificare da dove fosse tratta la

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citazione. Se in un primo momento avevo inserito le note, una seconda riflessione mi ha spinto a cambiare idea. Nel testo di partenza Bykov non aggiunge nessuna nota per chiarire il riferimento della citazione, e dato le innumerevoli volte che fa uso dei testi di Gor’kij, inserire ogni volta una nota a piè di pagina appesantirebbe la lettura. Verrebbe forse meno anche l’intento dell’autore, ovvero quello di trasportarci e coinvolgerci nella vita del nostro protagonista attraverso i suoi scritti. Per quanto riguarda invece le altre citazioni, ho proposto una mia traduzione in quanto non è stato possibile reperire la stessa fonte edita in italiano, vediamo in particolare di quali citazioni si tratta: «Меня теперь везде приглашают и окружаюут ˗ почетом. Был у пионеров ˗ сталь почетным пионером. У колхозников ˗ почетным колхозником. Вчера посетил душевнобольных. Видимо, стану почетным сумасшедшим.» (p. 87), [tr.it.: Ora mi invitano ovunque e sono colmato di onori. Ero dai pionieri e sono diventato un pioniere d’onore. Dai colcosiani sono diventato un colcosiano d’onore. Ieri ho fatto visita ai malati psichici. Senza dubbio diventerò un matto d’onore.]; «Лет с шестнадцати и по сей день ˂…˃.Ох, сколько я знаю и как это трудно забыть.» (p.89), [tr.it.: Dall’età di sedici anni fino a oggi ˂…˃ Oh, quante cose so e com’è difficile dimenticarle.]; «Если бы надо было изобрести писателя, который каждой своею строкою и всем своим существом отрицал бы нас, и наш духовный быт, и нашу литературу, ˗ пишет Чуковский, ˗ то это был бы Владимир Короленко. ˂...˃ Видя много УЖАСОВ ЖИЗНИ, Короленко совсем не видить УЖАСА ЖИЗНИ.» (p.124), [tr.it.: Se ci fosse stato bisogno di inventare uno scrittore che in ogni sua riga e in tutta la sua essenza ripudi noi, la nostra vita spirituale, la letteratura, – scrive Čukovskij – allora quello sarebbe stato Korolenko.

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Nella cultura cinese è una figura importante, da rispettare incondizionatamente sulla base della virtù della pietà filale anche se, da come si vedrà più avanti, questo