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4. LA SUSPENSE NELLA STORIA DEL CINEMA

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4. LA SUSPENSE NELLA STORIA DEL CINEMA

Se l’emozione cinematografica e il coinvolgimento dello spettatore sono sempre stati oggetto d’interesse per i teorici e gli studiosi di cinema, quest’argomento ha avuto un ruolo ancora più importante nelle riflessioni di coloro che, realizzando contenuti cinematografici veri e propri, hanno sempre dovuto fare i conti con chi avrebbe fruito tali contenuti.

Sono molti gli autori di film – registi, sceneggiatori e altre figure professionali – che, attraverso il proprio lavoro, hanno riflettuto sul coinvolgimento spettatoriale, elemento essenziale del gradimento di un’opera filmica, e hanno tentato poi di mettere in pratica le loro scoperte.

Dagli autori del muto a Hitchcock, da Argento a Spielberg, gli elementi della suspense cinematografia sono stati studiati e sfruttati con cura da questi maestri al fine di ottenere i loro scopi, suscitando nello spettatore la reazione desiderata, che fosse partecipazione attiva, orrore, riflessione, etc…

Alcuni tra tali autori, in particolare, si sono concentrati nello studiare i principali meccanismi di creazione di effetti di angoscia e paura, due emozioni che spesso si accompagnano vicendevolmente con la suspense.

Nel corso della storia, man a mano che innovazioni tecniche - come la sempre maggiore mobilità della cinepresa e l’uso di effetti digitali in postproduzione – si affiancavano alle esperienze dei cineasti, si è creato un bagaglio di processi che, in modo sempre più preciso, hanno permesso di elaborare una serie di strategie per creare nello spettatore uno stato di suspense sempre più intenso.

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4.1. Suspense e cinema muto

Il cinema muto non poteva sfruttare certi canali, quali il dialogo o i rumori, per creare un effetto di tensione. Anche la musica, suonata dal vivo in sala, non sempre era legata a una partitura preconfezionata legata ritmicamente alle immagini. Quindi il coinvolgimento emotivo dello spettatore si doveva basare principalmente sulle immagini e sulla loro composizione in montaggio.

Prima di Alfred Hitchcock ci sono stati autori che hanno padroneggiato la suspense.

È con questi primi esperimenti che vengono al mondo due fondamentali meccanismi per la suspense, due procedimenti predominanti ancora oggi: il montaggio alternato e la super-informazione dello spettatore rispetto ai personaggi.

Vediamo ora in che cosa consistono tali procedimenti e chi furono i protagonisti della loro messa a punto.153

4.1.1. La nascita dell’alternanza: James Williamson

Con il suo documentario del 1897 The Henley Regatta, Williamson fu il primo a moltiplicare gli angoli di ripresa (per rompere la monotonia della regata), tracciando le prime linee della tecnica della continuità filmica. Tre anni dopo con Attack on a China Mission Station, ripete il procedimento per sequenze di azioni che si svolgono contemporaneamente, ma in luoghi diversi, comunicando un’idea

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di ubiquità della macchina da presa. Gli spettatori rimasero molto impressionati. Il montaggio alternato, ovvero la giustapposizione di inquadrature che riprendono eventi che si svolgono contemporaneamente ma in differenti luoghi, poneva in condizione di conoscere sia i piani dei protagonisti che quelli dei villains, stimolando negli spettatori il medesimo tipo di tensione così ben esplorato da Hitchcock.

4.1.2. L’apparizione della frammentazione: George Albert Smith Per il corto The Little Doctor and the Sick Kitten (1901) Smith, dopo un establishig shot che illustra la situazione (due bambini, di cui uno vestito da dottore, vogliono somministrare una medicina a un gattino), fa un primo piano della bestiola che lappa il cucchiaio, vera gag su cui si basa la scenetta. Superata la struttura a tableaux, il cinema si avviava a sviluppare un linguaggio articolato per meglio distribuire la conoscenza. Nel successivo Mary Jane’s Mishap (1903), al quadro della cucina nella quale l’incauta casalinga Mary Jane si accinge a versare qualcosa, viene articolato un dettaglio per permettere di leggere sull’etichetta della bottiglia la scritta “Paraffine”, per permettere al pubblico di rendersi conto del rischio che ella sta correndo e stare in tensione per la sua sorte che, in modo assai comico, non tarda ad arrivare. Restringere il campo sul suo volto, all’inizio del film, ha anche contribuito, oltre ad aumentare l’effetto comico grazie alla sbadataggine della goffa signora, a rendere verosimile l’errore che ella compie versando la paraffina: noi spettatori abbiamo visto che ella è cialtrona e

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distratta, tanto da sporcarsi il viso con il lucido da scarpe. Versare la paraffina nella cucina a gas è solo il passo successivo: non ci stupisce questo errore.

Ciò non toglie che la scena si presenti ancora come teatrale, con inquadratura frontale fissa e il personaggio che si avvicina alla macchina da presa per rendere più manifeste le sue azioni allo spettatore. Addirittura avviene la cosiddetta “rottura della quarta parete” quando, convinta di star facendo cosa furba, Mary Jane ci fa l’occhiolino mentre versa la paraffina. Con questo gesto, la suspense si rompe, come se l’enunciatore fosse entrato in scena dicendo: “Si, la sua incoscienza la pone in pericolo di vita, ma questa è finzione, non temete per lei!”. Infatti, l’esplosione che segue, con Mary Jane schizzata su per il camino in stile Mary Poppins, e la scritta sulla lapide nella scena successiva (“Rest in pieces”) assumono totalmente un connotato comico, fino alla fine della scena, dove Mary Jane appare come fantasma giocondo.

La frattura nella fascinazione dello spettatore attraverso lo sguardo in macchina hanno permesso, quindi, d’interrompere il modo di lettura che Odin aveva chiamato finzionalizzante154 e di rompere l’incantesimo della suspense. Anche in pellicole successive, specie quelle a scopo parodico, un richiamo diretto allo spettatore avrà sempre come conseguenza il dissolvimento dell’effetto di suspense. Sarà, quindi, riproposto solo nei casi in cui il disincanto spettatoriale è il fine da raggiungere.155

154

Vd. Cap. 3.3.2.

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4.1.3. L’appropriazione di un’invenzione – Edwin S. Porter

Apprezzando i film en tableaux di Méliès, che presentano un montaggio più complesso rispetto a quelli degli inglesi, l’americano Porter si convinse della possibilità di raccontare una storia con l’articolazione dei piani, per ottenere un’intensa continuità drammatica fondata sulla logica delle immagini frammentate che si legano in modo omogeneo. Adottò il sistema in The Life of an American Fireman, del 1902, il primo film drammatico americano.156 Anche in questo caso un successo. Tale cortometraggio dimostra come l’alternanza di piani succeda nel generare emozioni pregnanti al momento drammatico. Con il famoso The Great Train Robbery del 1903, Porter ritoccò la lezione britannica: moltiplicazione di punti di vista, scala di piani, continuità drammatica, montaggio alternato e uso della profondità di campo.157

Nei due film successivi, The Ex-Convict e The Kleptomaniac del 1905, Porter sperimentò l’uso del montaggio (che Michel Cieutat denomina contrasté) per sottolineare il parallelismo tra due situazioni differenti e veicolare un concetto, ad esempio l’ingiustizia sociale. In The Kleptomaniac, ad esempio, assistiamo a due furti compiuti da due donne di differente estrazione sociale, una borghese benestante e una povera madre senza un soldo. Entrambe sono scoperte ma solo la più povera otterrà una vera pena, mentre l’altra, grazie al suo ruolo sociale, sarà scagionata. Secondo Cieutat, con questa tecnica la suspense si dora di nobiltà, manipolando ulteriormente il processo di partecipazione emozionale dello spettatore. Simpatizzando con la paura o la vittima, il pubblico, attraverso questo

156

CIEUTAT, Pag. 50

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tipo di montaggio con finalità sociale, sarà portato a provare indignazione per l’ingiustizia e a partecipare su un piano razionale, attivando quella che Jakobson ha chiamato funzione conativa.

In questo caso la suspense consiste, oltre che nel partecipare per i personaggi, nell’interrogarsi sul persistere di questa iniquità fino a, magari, stimolare un’azione pratica socio-politica. Questa tecnica sarà ripresa e sviluppata da Ejzenstejn con il suo montaggio parallelo.

4.1.4. La super-informazione dello spettatore: Cecil B. Milton Con Rescued by Rover (1905) abbiamo un ottimo esempio di proto-suspense, creata anche grazie a strategie di distribuzione del sapere, che qui favoriscono lo spettatore. Una tata, distratta dalla presenza del suo fidanzato poliziotto, non si rende conto che, alle sue spalle, una zingara sta rubando la bebè dalla carrozzina. Noi spettatori non possiamo che assistere impotenti al rapimento, che si svolge sotto ai nostri occhi grazie alla posizione della macchina da presa, che inquadra la carrozzina, la zingara e la tata di spalle. Ci troviamo di fronte a un primo caso di super-informazione dello spettatore. Come nel caso della bomba nascosta sotto al tavolo da Hitchcock, ecco che ne sappiamo di più dei personaggi, e la sorpresa che avremmo provato al posto della tata di fronte alla carrozzina vuota si trasforma in tensione e senso d’impotenza.

Fortunatamente Rover, il cagnone di famiglia della rapita, parte alla sua ricerca, la trova e torna indietro per avvertire il padrone, che lo segue fino al luogo in cui è tenuta nascosta. La suspense circa la sorte della piccola (“sarà trovata per

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tempo?”) in questo caso non è sostenuta da un montaggio alternato. Il percorso che prima il cane da solo, poi il cane insieme al padrone compiono per raggiungere la casa della zingara non è accompagnato da un alternanza con le azioni della suddetta all’interno della casa. Questa corsa ci pone in tensione, ma mai quanto il vedere rapire la bambina sotto gli occhi della tata, senza che né ella né il poliziotto se ne accorgano.

Contrariamente al caso di Mary Jane, qui la tensione non è smorzata da elementi comici o dalla rottura dell’illusione spettatoriale. Ci troviamo in un’emblematica condizione di frustrazione, come Hitchcock la chiama, poiché sappiamo più del personaggio, senza poterlo comunicare.

Abbiamo visto come le tecniche messe a punto dagli inglesi siano state perfezionate dagli autori americani per indurre maggiore tensione nello spettatore. Con David W. Griffith e i suoi lungometraggi, la suspense raggiungerà un livello ancora superiore.

4.1.5. Il primo grande maestro della suspense: David W. Griffith Griffith continuò la sperimentazione di Porter con i last minute movies, in cui sarà perfezionato il montaggio alternato e la suspense a sostegno di cause socio-politiche.158

Nel 1909 realizzò forse il primo thriller della storia del cinema: The Lonely Villa, ispirato al dramma Al telefono di Français André de Lorde. Un padre di famiglia è allontanato da casa con un trucco da dei ladri che vogliono intrufolarsi nella villa

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per aggredire moglie e figlie. Le donne riescono a barricarsi in una stanza e a telefonare all’uomo che, a seguito di un emozionante montaggio alternato tra la sua corsa e le manovre d’invasione dei malfattori, giunge al salvataggio all’ultimo istante. La struttura del corto è così ben organizzata che lo spettatore del 1909 aveva davvero la sensazione di trovarsi immerso nell’azione, grazie al fatto di essere informato costantemente su ogni fatto, che si trattasse dei buoni o dei cattivi.159 Tale sistema fu poi magistralmente ripreso da Alfred Hitchcock, come testimonia la sua intervista a Truffaut nel 1966: “Le sequenze di un film devono andare avanti. (…) Questa esigenza implica la necessità di uno sviluppo preciso dell’intrigo e la creazione di situazioni coinvolgenti scaturite dall’intrigo e che devono, in primo luogo, essere presentate con il mezzo visivo. La suspense è il modo migliore per sostenere l’attenzione dello spettatore, quello che fa domandare allo spettatore: <<E ora, che succede?>> (…) Nella forma ordinaria di suspense è indispensabile che il pubblico sia perfettamente informato degli elementi presenti. Altrimenti non c’è suspense. (…) Non dimentichiamo che il mistero per me è raramente suspense; per esempio, in un whodunit160 non c’è suspense, ma una sorta di interrogazione intellettuale. Il whodunit suscita una curiosità senza emozione; mentre le emozioni sono ingredienti necessari per la suspense.”161

Tuttavia, non riuscendo a creare un genere specifico per la suspense, Griffith l’applicò a tutti i generi dei suoi moltissimi film, definendo dei parametri da lui

159 CIEUTAT, Pag. 53

160 Contrazione di “Who has done it?” ovvero “Chi è stato?”, quei gialli in cui si deve scoprire il

colpevole di un delitto (N.d.A.)

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stesso sublimati, donandole, con i suoi capolavori quali Intolerance o Nascita di una nazione, una dimensione quasi ontologica.162

La nostra tensione è veicolata, in questo caso, sia dal contenuto narrativo – la vita dei personaggi delle differenti storie è in pericolo – che dalla velocità.

Come sostiene Casetti, l’ultima parte di Intolerance è dominata da un movimento febbrile, un movimento che coinvolge tutti e tutti i sensi.163

Il montaggio alternato, sempre più rapido, e la rapidità del movimento degli attanti si associano all’immagine ricorrente della culla. Si tratta di un movimento << accentuato, pervasivo, capace di trasmettere un’autentica scossa >>.164

L’accelerazione ci coinvolge, ci da piacere frenetico analogo a quello descritto da Vanoye e Odin, ma ci comunica anche un senso di pericolo – a causa del potenziale pericolo in cui pone i corpi che vi sono sottoposti.

Inoltre la velocità offusca l’esatta percezione delle cose, rendendoci più percettivi – e quindi più sensibili – alla ricerca di esatta comprensione di ciò che sta accadendo.165

I numerosi movimenti di macchina che seguono i corpi nei movimenti aiutano ad aumentare la nostra percezione, a non farci sfuggire i personaggi che saettano da una parte all’altra dello schermo e, allo stesso tempo, a rafforzare la sensazione della velocità.

Il montaggio alternato ci sposta da una parte all’altra della soglia temporale, mostrando alternativamente le quattro storie che si svolgono in momenti storici

162 CIEUTAT, Pag. 54

163 CASETTI, FRANCESCO. L’occhio del Novecento – Cinema, esperienza e modernità. Milano:

Bompiani, 2005, Pag. 188

164 Cit. CASETTI, 2005, Pag. 188 165 CASETTI, 2005, Pag. 190

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diversi, a una velocità tale da renderci obliqui.166 Questo ci fa “tendere” ancora di più.

E’ come se, per quei minuti (che sono molti, circa quindici) noi potessimo vedere tutto, come Dio, ma non potessimo intervenire su ciò che accade. Questo ci fa stare in tensione.

Una volta caduta Babilonia, il film abbandona un attimo le altre storie per concentrarsi su quella del condannato a morte, costruendo un repentino montaggio che lascia tutti con il fiato sospeso.

Secondo Casetti, la suspense, qui, ci fa proiettare intellettualmente oltre il momento che stiamo fruendo, immaginando cosa potrà accadere.167 Mentre osserviamo la folle corsa dell’automobile, stiamo già pensando: “Sbrigatevi, o il condannato innocente morirà!”

I personaggi devono affrontare una serie di passaggi – il governatore, la telefonata, l’arrivo alla prigione – prima di poter fermare l’esecuzione. Questi passaggi non sono degli ostacoli veri e propri – come sarà la parata del sindaco in Sabotaggio (Alfred Hitchcock, 1936) – ma ci rendono ansiosi, perché consapevoli di quale che sia la meta finale e desiderosi che essa sia raggiunta al più presto.168 La suspense qui, agisce proprio non facendoli giungere immediatamente alla meta. Lo scopo è arrivare in tempo, quindi, più strada separa i personaggi dal loro obiettivo più aumenteranno le probabilità di fallimento e più noi staremo in ansia.

166 CASETTI, 2005, Pag. 191 167 CASETTI, 2005, Pag. 192 168 CASETTI, 2005, Pag. 194

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Quando, con la fine degli anni ’20, i maestri del cinema e della suspense poterono avvalersi di un’ulteriore risorsa, il sonoro, si fecero largo nuove tecniche e strategie.

Come abbiamo visto nel primo capitolo,169 il ruolo del suono e della musica sono stati e tutt’ora sono molto importanti nel contribuire a creare suspense nello spettatore. Oltre alle ragioni che abbiamo addotto, dobbiamo anche considerare il ruolo del dialogo che, arrivando ora agli spettatori in “tempo reale”, senza intertitoli che spezzavano l’azione, favoriva maggiormente l’immersione nella storia.

L’entrata in campo del cinema sonoro permise di portare avanti le strategie per la suspense messe a punto durante l’epoca del muto, come il montaggio alternato e la super-informazione dello spettatore, ma anche di svilupparne altre, come l’uso di rumori fuori campo e di musica extradiegetica.

Con il suo primo film sonoro M – Il mostro di Düsseldorf (1931), Fritz Lang sfruttò immediatamente questa possibilità, caratterizzando l’entrata in scena del mostro da un fischiettio, la cui melodia ricorrente diviene rapidamente sinonimo di suspense, poiché sempre precedente al momento dell’attacco.

Il regista che meglio fu in grado di evolvere le strategie della suspense, dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, dall’Inghilterra all’America fu Alfred Hitchcock.

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4.2. Hitchcock, il maestro della suspense

Conosciuto da tutti come “The Master of Suspense”, Hitchcock ha diretto molti film col tempo eletti a capolavori della cinematografia.

Decine di testi sono stati scritti su di lui e altrettanti film e cineasti gli sono debitori. Sarebbe impossibile concentrare in questo paragrafo un’esaustiva riflessione sull’attività dell’artista che più di ogni altro regista al mondo sia stato associato alla suspense.

“Almeno per i quattro decenni precedenti la sua morte, il nome di Alfred Hitchcock è diventato il sinonimo di suspense, e lo resta anche oggi. (…) Nella storia del cinema, con la possibile eccezione di C.B. De Mille, nessun altro regista (che non fosse anche attore), ha mai avuto una così spiccata identità per il pubblico: il suo nome era entrato nel linguaggio corrente e si era trasformato in un marchio, una merce.”170

Cosa che alla lunga gli creò anche fastidi, poiché il pubblico finì per aspettarsi da lui sempre un certo tipo di prodotto e quando così non accadeva restava deluso.171 In accordo con Jean Douchet, che afferma che la suspense sia la principale definizione dell’opera di Hitchcock, 172 Bessalel sostiene che la suspense, nel regista inglese, è il sistema, il fine ultimo su cui si basa tutto, dalla scelta dei soggetti, dei temi e dei loro trattamenti visivi e narrativi. La concezione etica,

170

Cit. BOGDANOVICH, PETER. Che fine ha fatto quel film? – Conversazioni con i grandi

registi di Hollywood. Roma: Fandango, 2010, Pag. 741

171

BOGDANOVICH, Pag. 754

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estetica e filosofica di quest’autore ruota attorno a questa scelta, che gli ha permesso di codificare un genere attorno ai propri parametri.173

Nella sua intervista con Truffaut, Hitchcock dà una precisa definizione del suo concetto di suspense:

C’è una bomba sotto al tavolo e il pubblico (…) sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio nella stanza -; la stessa conversazione insignificante diventa tutt’a un tratto molto importante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo:

<< Non dovreste parlare di cose così banali, c’è una bomba sotto al tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro! >>174

In altri termini, secondo Hitchcock, ciò che genera la suspense nello spettatore è il suo grado di conoscenza degli eventi rispetto al personaggio. Se lo spettatore, come il personaggio, fosse stato ignaro della presenza della bomba, avrebbe soltanto provato sorpresa al momento dello scoppio, una sensazione che può durare al massimo qualche secondo. Mentre la suspense, la consapevolezza della presenza di una bomba nascosta e l’impossibilità di avvertire il personaggio ignaro generano una tensione che può durare quanto la scena.175

Un esempio chiave di tale definizione lo troviamo in un film inglese del maestro, Sabotaggio (1937), con la scena che precede l’esplosione della bomba sull’autobus.

Al fratellino della moglie del sabotatore, personaggio che abbiamo avuto modo di conoscere all’inizio del film, e per il quale abbiamo sviluppato una certa

173

BESSALEL, Pag. 9

174Cit. Alfred Hitchcock in TRUFFAUT, FRANÇOIS. Il cinema secondo Hitchcock. Milano: Il

Saggiatore, 2009, Pag. 60

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simpatia176, viene affidato in consegna un pacco di cui ignora il contenuto. Noi spettatori sappiamo sia che contiene una bomba, sia che essa deve scoppiare alle ore 13 e 45, quindi non possiamo fare a meno di stare in ansia per il piccolo quando, invece di consegnare immediatamente il pacco, è ritardato dalla parata del sindaco e dal caos che ne segue, eventi che fanno scorrere inesorabili le lancette dell’orologio che segna l’ora dell’esplosione e, purtroppo, della sua fine. Il pubblico, quindi, ha maggiore conoscenza rispetto ai personaggi, è collocato in regime di focalizzazione zero177, e la sua tensione è legata sia a questa superiorità intellettuale, accompagnata da un’incapacità ad agire – non si può mica avvertire il piccolo! – e, in minor parte, all’affezione che aveva iniziato a nutrire verso il ragazzino nelle scene precedenti.

Il pubblico criticò molto Hitchcock per aver fatto morire il bambino, anche se la sua morte era funzionale allo sviluppo narrativo.178

A mio avviso la conclusione della sequenza, con l’esplosione e con la morte del bambino, raggiunge emotivamente il pubblico a due differenti livelli di partecipazione.

L’esplosione del ragazzino – la cui ultima attività, inoltre, è giocare con un cucciolo di cane, il colmo della carineria – al termine di una sequenza in cui il montaggio si fa sempre più frenetico e angosciante, provoca come un urlo di potente dolore nello spettatore, disabituato alla morte d’innocenti al cinema quanto abituato alla conclusione positiva di sequenze come quella. In molti

176 TRUFFAUT, Pag. 88 177

CHATEUVERT, pag. 134

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probabilmente hanno sperato fino alla fine che accadesse qualcosa che portasse la sequenza a un epilogo differente.

“Ho fatto un errore madornale, in termini di suspense.” confessò Hitchcock all’amico Bogdanovich “La bomba non sarebbe mai dovuta scoppiare. Se fai crescere la tensione del pubblico fino a quel punto, l’esplosione diventa un anticlimax: è strano ma è così. Fai crescere la tensione a un punto tale che il pubblico ha bisogno di un sollievo. I critici si sono arrabbiati moltissimo”179. Questa sequenza è solo una delle molte che si potrebbero prendere ad esempio all’interno della cinematografia di un regista che, mai come allora, si è interrogato su come tenere il pubblico in tensione.

“Io voglio che il pubblico sia emotivamente coinvolto”.180

Si sostiene che Hitchcock rappresenti uno spartiacque, anzi, una boa nella storia del cinema, e la sua indiscussa supremazia in materia di suspense.181

Michel Serceau, nel suo saggio Hitchcock, maitre du suspense? s’interroga sulla veridicità di tale affermazione e sulle ragioni sulle quali si fonda.

Oggi si assiste a una moltitudine di effetti speciali nei differenti generi del cinema post-hollywoodiano. In paragone, l’opera di Hitchcock appare come un equilibrio tra necessità di spettacolo e preoccupazioni morali, tra leggi di genere e preoccupazioni psicologiche.182

“Se Hitch(cock) si è solo di rado allontanato (e senza mai avere successo) dal genere di suspense poliziesca che lo aveva giustamente reso famoso, è però anche

179

Cit. Alfred Hitchcock in BOGDANOVICH, Pag. 793

180Cit. Alfred Hitchcock in BOGDANOVICH, Pag. 747

181 SERCEAU, MICHEL. “Hitchcock, maître du suspense?” in CinémAction, 71 (1994), Pag. 55 182SERCEAU, Pag. 56

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riuscito a eseguire molte appassionanti, complesse variazioni intorno a un tema di fondo, che tocca la condizione umana nei suoi aspetti più oscuri.”183

Michel Serceau prende in considerazione come Hitchcock, la suspense e i temi a lui cari si articolino all’intero del cinema in cui egli operava, un cinema dominato dai generi.

La carriera di Hitchcock (1922 – 1976) coincise con lo sviluppo, il consolidamento e il declino del cinema classico, e di quello hollywoodiano come suo modello. Secondo Serceau, oltre al pieno utilizzo dell’effetto di realtà e della verosimiglianza, il cinema classico hollywoodiano si caratterizza per una sottomissione alle leggi dei generi, che impongono codificazioni delle storie e delle messe in scena.

La suspense non appartiene solo al cinema classico, come abbiamo visto, e si trova anche in letteratura e a teatro, e assume, a seconda dei generi in cui si trova, aspetti molto diversi. Generi che, comunque, sono mutabili e mutevoli, in continua evoluzione. Come si colloca Hitchcock? Quando arrivò in America i generi erano già stati codificati, ed erano in definizione nel suo periodo inglese. Restarono fissi tra la metà degli anni ’40 e la fine dei ’50, anni di equilibrio di un cinema hollywoodiano in via di scioglimento. Il ventaglio di generi in cui operava Hitchcock era quindi già ridotto. Abbandonando progressivamente commedia e film d’avventura, con i tardivi Psyco e Gli uccelli (1963), va scoprendo generi nuovi.

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Tutti i grandi film di Hitchcock hanno un rapporto con le opere precedenti, ad esempio La donna che visse due volte (1958) si allaccia tematicamente a Rebecca (1940).

Nessuno si fonde con un genere e hanno tutti una doppia natura.

Secondo Serceau, i suoi racconti non si subordinano alla suspense. Tutte le sue opere partono da racconti, romanzi, thriller; la suspense non è mai la matrice delle sue drammatizzazioni. Sono i generi che vengono donati delle matrici della suspense, che arriva ad assumere tratti differenti a seconda della collocazione. E’ importante come Hitchcock sia stato in grado di stabilire omologie tra generi in cui la suspense assumeva significati e funzioni molto diversi, e osservare quali denominatori comuni sia riuscito a introdurre.184

Questa omogeneizzazione avvenne tardi nella sua carriera. Delitto perfetto testimonia come nel 1954 Hitchcock non avesse abbandonato il melodramma criminale, una delle prime forme, insieme al romanzo noir e al thriller, del romanzo poliziesco.

La prima parte de Gli Uccelli ci mostra come lo humor dei tempi britannici non sia stato ancora abbandonato, come in Intrigo internazionale.

La donna che visse due volte, invece, riprende un’eredità da romanzo gotico. Hitchcock gioca con i generi, anche all’interno dello stesso film, dove cambiano le coordinate generiche e pragmatiche nel corso della storia. La motivazione dello spettatore si trova spostata.

Secondo N.T. Binh, estetica e drammaturgia sono sincretiche in Hitchcock, operano una sorta di simbiosi, oltre il primo livello di suspense. Binh definisce la

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suspense hitchcockiana come una forma pan-sistemica di suspense. Questa teoria dimostrerebbe come la suspense in Hitchcock non si baserebbe solo su un’angoscia epidermica e un sentimento d’orrore, ma anche su implicazioni psicoanalitiche.185

Apprestandosi a parlare di Hitchcock in termini psicoanalitici, Raymond Bellour gli attribuisce un’estetica della colpa, legata all’educazione moralistica della sua religione, e un’ossessione per lo sguardo che si respireranno in tutta la sua cinematografia.186

“La sua arte si costruisce su dati morali, dove si coniugano la tematica cattolica della confessione e quella protestante della predestinazione, dove il gioco dello sguardo e del doppio rivela il segno fatale e immediato” e “distrugge in modo irrimediabile ogni oggettività dei contenuti rappresentabili con una regressione violenta che articola, nell’unico sguardo di colui che la dispone, la serie speculare delle rappresentazioni”.187

Tutte le colpe riconducono a quella dell’autore, secondo Bellour.188

Il senso di colpa, elemento centrale della psicoanalisi, ben si accosta ai concetti di castrazione e blocco, elementi che Raymond Bellour - anni prima di concentrarsi sull’emozione spettatoriale – associa al cinema classico hollywoodiano e, in particolare, ai film di Hitchcock. Secondo Bellour la psicoanalisi nasce dal modello univoco dell’Edipo e della castrazione, una configurazione che si

185SERCEAU, Pag. 57 186

BELLOUR, RAYMOND. L’analisi del film. Torino: Edizioni Kaplan, 2005, Pag. 59

187

Cit. BELLOUR, Pag. 61

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troverebbe nella maggior parte dei film occidentali, a continuazione della tradizione del romanzo del XIX secolo.189

Se per Bellour Gli Uccelli narra, attraverso il découpage delle inquadrature, dei rapporti di forza all’interno delle relazioni fra i sessi, relazioni che si strutturerebbero come vere e proprie lotte tra maschio e femmina che si desiderano,190 Intrigo internazionale rappresenterebbe, a livello della narrazione, la storia dell’Edipo, dell’uomo che, per poter esprimere il vero sé, deve compiere un viaggio che colmerà con l’uccisione di una figura paterna, reale o simbolica che sia. Secondo Bellour tale film “illustra esattamente la dialettica hitchcockiana della prova che conduce l’eroe dall’enigma alla soluzione”.191 La lettura edipica del film a opera di Bellour comincia quando l’identità di Thornill, il protagonista, è confusa con quella di un tale George Kaplan, che solo più avanti si scoprirà essere una creatura fittizia.192 Thornill si trova suo malgrado protagonista di una sorta di rappresentazione teatrale che lo porta a separarsi dalla figura materna e a mettere in atto un’azione di conquista di un’altra donna, Eve, e di riappropriazione del vero sé, attraverso l’eliminazione di Townsend, una simbolica figura paterna negativa, e della sua falsa identità.

Thornill, come la maggior parte dei protagonisti delle trame hitchcockiane, è un uomo comune, tranquillo e rispettoso delle leggi della società, che si trova catapultato in una situazione più grande di lui. Come afferma Giuseppe De Marco, fatta eccezione per pellicole come Psyco o Marnie, nei film di Hitchcock la

189 BELLOUR, RAYMOND. L’analisi del film. Torino: Edizioni Kaplan, 2005, Pag. 30 190

Vd. “Sistema di un frammento” in BELLOUR, Pag. 65-99

191

Cit. BELLOUR, Pag. 107

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suspense non nasce da personaggi o inquietudini interiori quanto dalle situazioni in cui essi si trovano.193

Hitchcock è un regista di spettatori e si presenta sempre come il maestro di una tecnica, di una concezione di spettacolo.

Serceau mette in evidenza il fatto che il maestro della suspense, avanzando di anni e di film, scelga di non piegarsi alle aspettative e ai tempi dello spettatore.194 Ne Gli Uccelli, ad esempio, prima che arrivi la suspense passa molto tempo. Come vedremo meglio più avanti, questa pellicola punta molto sui tempi di attesa.195 L’intervista con Truffaut mostra quanto il regista inglese s’interrogasse sulle ragioni della non adesione o non-partecipazione del pubblico, e mettesse in campo sempre nuove soluzioni per ottenere con i suoi mezzi quello che voleva.

Integrando quest’esigenza pragmatica, Hitchcock riunisce formalmente il piacere dello spettatore e il suo bisogno di stare con il fiato sospeso, in un’angosciante e allettante situazione di attesa, di vedere differiti – attraverso la frustration - il risultato o la risoluzione del problema.196

Secondo Neil P. Hurley, i film di Hitchcock presentano tre ricorrenti variazioni di plot e personaggi:

1) Una normale situazione umana con varie motivazioni e coscienze problematiche che passa da ansietà e paura verso contentezza e tranquillità, per poi tornare indietro. Esempi di questo tipo si trovano in Giovane e innocente (1937), Notorious (1946) e La finestra sul cortile (1954) 193DE MARCO, Pag. 102 194 SERCEAU, Pag. 57 195 DE MARCO, Pag. 105 196SERCEAU, Pag. 57

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2) Le meno ordinarie, ma comunque ricorrenti situazioni di persone limitate in termini di responsabilità e libertà a causa di traumi infantili, blocchi psicologici e disagi familiari. Come in Marnie (1964) e Psyco (1960). 3) Gli esempi meno comuni di personaggi d’alto valore morale e

comportamento ispiratore che lottano e vincono contro una persecuzione ingiusta nei loro confronti, come in Topaz (1969) e Io confesso (1953)197

Hitchcock ha una sua visione del mondo, o almeno una morale. Autore, sicuramente lo si può chiamare, in virtù del suo stilismo personale. La sua presenza dietro la macchina da presa, per quanto camuffata (“ Il regista non si dovrebbe sentire mai. (…) Non bisogna dare la sensazione che stiamo facendo del

cinema.” 198), si respira attraverso le sempre azzeccate scelte tecniche e visive per creare la suspense, ad esempio attraverso l’uso del montaggio alternato, dei movimenti di macchina e delle angoscianti angolature delle inquadrature ne Il club dei trentanove (1935).199

Serceau non condivide la teoria che Hitchcock sia stato consacrato “Maestro della suspense” suo malgrado.200 La maestria di Hitchcock è inseparabile dal suo progetto autoriale, un progetto senza senso di esistenza al di fuori delle preoccupazioni e ricerche formali. Tuttavia non si può parlare di un progetto d’autore all’origine della sua carriera. Se Hitchcock è un autore, non è perché ha gettato una tematica o una visione del mondo in una forma. In lui la forma e la drammaturgia non sono meri veicoli o contenitori. La suspense non è stata, per il

197

HURLEY, NEIL P., Soul in Suspence – Hitchcock’s Fright. Metuchen, N.J. Londra: The Scarecrow Press, 1993, Pag. 268

198

Cit. Alfred Hitchcock in BOGDANOVICH, Pag. 833

199

DE MARCO, Pag. 99

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realizzatore di Psyco, il comodo ed efficace pretesto per dire altro. Nemmeno il cinema è usato come contesto per veicolare altri temi, morali o filosofici. Il suo è un cinema di discorsi, oltre i generi e le storie. Nulla è specifico, il tema è sottomesso alle strutture narrative e drammatiche.

Si parla spesso, ad esempio, del tema del falso colpevole, dell’innocente perseguitato per una colpa non commessa. Si tratta di un tema ricorrente legato, come abbiamo già accennato, al senso di colpa latente permeante la vita dell’artista.201 Ma si parla poco, invece, della funzione drammatica del segreto. Il tema oblitera il motivo, ma senza di esso si perderebbe una parte della sua forza drammatica, ora incapace a muovere la suspense. Ma in Hitchcock non sono i temi, nella cui misura si sono sviluppati e strutturati, i motivi sempre presenti. Con “motivo” Serceau intende il senso che l’autore attribuisce all’opera. I motivi non possono essere separati dalla struttura del racconto, della drammaturgia e, in occorrenza, della suspense.

La trasmissione del segreto, la scena e la sala, il coltello che si abbatte, un personaggio solo che si avvicina, questi sono motivi.

Ora, i luoghi e le funzioni di questi motivi si sono evoluti nella drammaturgia hitchcockiana, costantemente aggiustati e riorganizzati. Lontano dallo sfruttare la forza immanente o intrinseca di certi motivi e di certe forme del racconto cinematografico, Hitchcock ha trasformato la funzione generica dei motivi che ha padroneggiato.

Se esiste una maestria in Hitchcock, si trova nel posto e nella funzione datagli, suo malgrado, dalle leggi dei generi cinematografici cui ha preso in prestito i suoi

201

Interessante, a proposito, il capitolo IV di HURLEY, NEIL P., Soul in Suspence – Hitchcock’s

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motivi. Non si tratta del rapporto di Hitchcock con i codici.202 I generi non sono che un contesto, l’essenziale è racchiuso nelle trasformazioni che Hitchcock fa subire ai suoi motivi o, più precisamente, nel nuovo collegamento stabilitosi tra i motivi e la suspense.

Per questi nuovi legami, Hitchcock fa una totale riorganizzazione pragmatica lavorando con due motivi dello spettatore, antinomici, e non legati a priori alla suspense: il verismo e lo humor.

Il verismo, che in Hitchcock presiede alla costruzione del personaggio e del contesto, parte della codificazione dei generi con le loro radici letterarie. Non si tratta di rendere realistiche le situazioni, ma si tratta d’impedire la creazione di personaggi-tipo, di stereotipi di genere riconoscibili dallo spettatore, evitando quell’effetto “ludico” di riconoscimento di ruolo tipico dei film di genere.

La funzione attanziale del personaggio, allora, sussume il potere psicologico e psichico della partecipazione. Con ciò, non è contro il genere ma contro l’effetto-genere che Hitchcock lavora. Egli punta all’efficacia della significazione storica e ideologica dei suoi motivi (come il segreto), del suo potere di creare un enigma, di farvi aderire lo spettatore e di motivarlo fino alla fine con la risoluzione dell’enigma.

Le leggi di genere sono inseparabili dai codici culturali ai quali Hitchcock aderisce. Ad esempio, il motivo del segreto è legato alla confessione, un elemento importante per il cattolico regista. Ma per un pubblico cui questi motivi non si legano, un personaggio costruitovi sopra potrebbe risultare non coinvolgente, l’incomprensibilità di talune sue azioni potrebbe generare fastidio. Qui il sistema

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dei personaggi può diventare un ostacolo alla suspense. Lavorare contro l’effetto-genere e i codici culturali che vi sono legati è, attraverso un’altra definizione di personaggio, porre la suspense su altre basi rispetto al gusto per l’enigma, l’intrigo e il conflitto tra bene e male. La formalizzazione dei motivi, dall’ironia, al verismo precisissimo che presiede alla definizione e rappresentazione del personaggio è un modo diverso di procedere.

Nel 1941, dopo Mr. e Mrs. Smith Hitchcock abbandona la commedia come genere. 203

Ma lo humor, o l’ironia, continuano a giocare un ruolo molto importante nelle sue drammaturgie. Ad esempio in Intrigo Internazionale, suspense e ironia s’intrecciano in un modo chiave.

Lo humor non è né un tema né un motivo. È un punto di vista, un modo di coinvolgimento dello spettatore che è spesso l’oggetto di un puntillismo documentario e di uno humor contro le convenzioni sociali e culturali, convenzioni legate all’effetto-genere. Anche la storia non deve essere convenzionale, rispondere a funzioni codificate. Hitchcock procede in questo senso all’amplificazione o inflazione della convenzionalità, o all’inverosimiglianza dell’effetto-genere. Ma il verismo e il puntillismo documentario non sono meno amplificati degli elementi attanziali, i personaggi sono incarnazioni di una situazione sociale (e psicologica, aggiungo io) che lo spettatore può assimilare alla propria, o almeno, trovarci delle analogie. Quest’amplificazione è favorita dallo humor che la naturalizza, formalizzandola come promessa di piacere.

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C’è anche, in effetti, un gap che crea una pragmatica originale. Lo scarto tra verismo dei personaggi e convenzionalità della storia rischia l’inverosimiglianza, non induce come migliore conseguenza una promessa di piacere. Non è su un’identificazione univoca e incondizionata con i personaggi che si crea la suspense. Il realismo preciso dello schema attanziale permette di far apprendere allo spettatore le situazioni e le leggi di genere indotte come promesse di piacere. Non c’è una modifica dei codici, ma uno scarto tra forma e funzione. Hitchcock non lavora per invertire le leggi della suspense ma, in un primo momento, fa dimenticare le loro implicazioni, fa dimenticare allo spettatore di attendere la suspense, per farla poi spuntare all’improvviso. Le vicende di coppia, ad esempio, non sono solo un supporto formale, ma diventano un gioco.

La suspense diventa non solo il luogo in cui il piacere si colora d’angoscia, ma anche l’ostacolo alla concretizzazione del desiderio amoroso. Si veda come La donna che visse due volte cristallizzi la contraddizione del desiderio amoroso. L’unica donna che Scottie desidera è scomparsa, e tutto il film ruota intorno al suo percorso di ricostruzione della figura di tale donna che, appena completato, porta alla sua “seconda” morte.204

Alla fine, è chiaro: non sono i codici del racconto e della rappresentazione che Hitchcock vuole capovolgere, ma la posizione dello spettatore. In cambio rinvia lo spettatore alla vera natura del suo desiderio, alle verosimili implicazioni di un intrigo in cui l’altra faccia del piacere è l’angoscia.

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Queste sono le condizioni, la pragmatica della suspense che incorona Hitchcock, più della sua natura drammatica, il suo valore narrativo e spettacolare. La suspense è in lui un pretesto.

La malizia di Hitchcock rimanda, nascosta sotto la trama poliziesca, a quella della coppia, mettendo in opera la suspense, che agisce sullo spettatore a livello del suo esistenziale desiderio di realizzazione amorosa.

Nel paragrafo 4.4., quando confronteremo Hitchcock con i suoi eponimi, avremo modo di tornare su tale tema, soprattutto in merito a Gli Uccelli.

Secondo Serceau, quindi, non è tanto la suspense che Hitchcock padroneggia, quanto la funzione del racconto che, lungi dal confondersi con la spettacolarità nella sua pragmatica e drammaturgia, nel funzionamento psicologico che suppone e induce, è un racconto di conoscenza.205

Tutti questi elementi, a cominciare dal senso di colpa, passando per la tematica sessuale, lo sguardo, il verismo e lo humor sono sempre collegati alla suspense, elemento onnipresente nella cinematografia di Hitchcock. Che essi siano la vera chiave dei film del regista inglese, o che siano solo dei mezzi attraverso cui la suspense ha da manifestarsi, tutto riconduce armonicamente alla tensione, al gioco con le emozioni dello spettatore, a quella che Neil P. Hurley chiama “l’altalena emozionale della suspense”206, un’alternanza di tensione e rilassamento con il quale Hitchcock calibra magistralmente il ritmo delle emozioni e dei pensieri che vuole suscitare nello spettatore.

205

SERCEAU, Pag. 61

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Nessun cineasta prima di lui aveva tanto tenuto conto dell’attività mentale ed emozionale dello spettatore, della grande importanza che tale attività ricopre all’interno della ricezione del film.

Dopo di lui, a partire dagli autori europei che lo presero a modello, tale attività divenne un importantissimo elemento da considerare per chiunque volesse creare suspense al cinema.

4.3. Il giallo italiano a base hitchcockiana: Bava e Argento

All’inizio degli anni ’60 il cinema tedesco disponeva di lavoratori a cottimo per adattare le opere poliziesche di Edgar Wallace, mentre la Francia, seppur abbagliata dalla spontaneità della Nouvelle Vague, non era meno attratta dall’accademismo dei film ispirati all’universo romanzesco di un George Simenon. Il cinema popolare italiano, intanto, faceva appello ai muscoli degli attori dei peplum, genere ancora lontano dal manifestare segni d’agonia. Ma a Cinecittà si cercavano nuovi generi e, per trovare nuove idee, i produttori si rivolsero all’estero e, in particolare, ai film di Alfred Hitchcock, che divennero modello e ispirazione per autori come Mario Bava e Dario Argento, figure a loro volta destinate a diventare iconiche per chiunque abbia trattato cinema e suspense dopo di loro.

4.3.1. Mario Bava

Il regista italiano Mario Bava fu il primo a realizzare un film che dichiarava la sua affiliazione a quelli di Hitchcock, anche nel titolo: La ragazza che sapeva troppo

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(1963). Con quest’opera poliziesca, Bava si allontana dall’universo delle sue precedenti realizzazioni storiche e si confronta con una storia dove tutti gli elementi – dai decori alle fibre nevrotiche dei personaggi – si trovano piazzati sotto l’egida della contemporaneità.

Questo film è considerato come il prototipo del “giallo”, un genere che Michel Maheo, da francese, definisce “thriller transalpino”, uno stile che flirta col fantastico e che lega la suspense al sadismo e a immagini choc.207

Come trama questo primo film non ha quasi niente da spartire con L’uomo che sapeva troppo: la protagonista, un’americana a Roma, indaga su dei delitti che avvengono intorno a lei.208 Tuttavia Bava s’ispira largamente al maestro della suspense, tanto per l’intervento di “segnali” psicoanalitici quanto per il modo di condurre angoscia e senso di pericolo. Il gioco d’ombre e il bianco e nero evocano irresistibilmente la griffe hitchcockiana. Inoltre, come in Hitchcock, non conta il whodunit quanto l’atmosfera. E soprattutto, Bava gioca perversamente con l’ambiguità e con lo spettatore, facendolo spesso dubitare della veridicità delle sue percezioni. Nora ha veramente visto l’aggressione, o se l’è immaginata? Anche alla fine del film il dubbio resta.

Con Sei donne per l’assassino (1964), Bava esplora il genere del giallo e spinge più profondamente sul tasto del gotico e del sadismo, con immagini sanguinose e atmosfere malsane. L’estetismo del film non ha niente da invidiare alla violenza delle situazioni, i decori e i colori, che si segnalano per la loro aggressività e il

207 Cit. MAHEO, MICHEL. “Le suspense hitchcockien, à la source du giallo” in CinémAction, 71

(1994), Pag. 71, T.d.A.

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carattere delirante. Le scene di morte, anche per l’attesa che le precede, ricordano Psyco.

Pensando a Norman Bates, nel 1969 Bava gira Il rosso segno della follia. Il protagonista uccide giovani donne nei loro abiti da sposa in seguito a una follia generata da un complesso d’edipo mal gestito. Con questo film, Bava imita la maestrale costruzione del clima e dell’atmosfera adoperata da Hitchcock, ma la rinforza dei barocchismi tipici dei film di serie b. Il sangue, filmato senza prudenza o precauzione, diventa un’icona estetica e un agente di repulsione.209 E’ con Reazione a catena (1971) che Bava porta il giallo al suo apogeo. Il film, con i suoi omicidi illustrati nel dettaglio, conduce verso due generi molto diffusi negli anni ’80, soprattutto negli USA: il gore (o, come è più conosciuto, splatter) e i film “psico-killer”. La suspense conobbe un dirottamento verso la violenza e il sangue che tutt’oggi non permette che rare eccezioni. Ma tra il giallo di Bava e il gore americano si trova Dario Argento.

4.3.2. Dario Argento

I primi film che realizza, negli anni ’70, appartengono alla cosiddetta Trilogia degli animali: L’uccello dalle piume di cristallo (1970), Il gatto a nove code (1971) e Quattro mosche di velluto grigio (1972). Si tratta di tre opere poliziesche molto sanguinolente che ottengono tanto successo quanto critiche. Nei film successivi, Argento resta fedele alla sua ispirazione violenta, tanto che divenne per lui un marchio di fabbrica. Tutt’oggi esistono i film “in stile Dario Argento”,

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film dove il sangue ha un ruolo primordiale. È importante notare che Argento é autore completo dei suoi film, di cui scrive soggetto e sceneggiatura.

Argento è generalmente considerato il discepolo e figlio spirituale di Bava. Anche nello stile, dove Argento riprende i barocchismi e le esagerazioni di Bava.

Dario Argento, che porta il giallo alla sua fioritura e, al medesimo tempo, al suo declino, non ha preso sottogamba la lezione hitchcockiana. Noel Simsolo lo definisce addirittura l’”Alfred Hitchcock ravioli”. Il cinema dei due autori lavora parallelamente su due livelli: un primo, immediatamente popolare, e uno più profondo (metafisico nel primo, culturalmente referenziale nel secondo). In questi due universi filmici, lo spettatore percepisce la storia, prima con la sua epidermide e le sue sensazioni, più avanti in seguito a una stimolazione intellettuale. Un altro elemento in comune ai due registi, è la passione per l’anormale, per il patologico, e una condivisa predilezione per il macabro.210 Hitchcock è un cineasta che non cessa di flirtare con la dissociazione e lo psicotico, mentre Dario Argento riporta la frammentazione mentale in una trasposizione viscerale: il massacro e la mutilazione dei corpi. Alla disintegrazione hitchcockiana della coscienza, l’italiano risponde con lo scoppio delle carni.

La suspense è molto vicina alla vertigine. Questo Argento l’ha appreso dal maestro della suspense come dall’espressionismo tedesco. Ad esempio, per concretizzare questa vertigine, usa ambigue inquadrature e contre-plongée. Nel cinema di Argento si trova anche un uso molto hitchcockiano di luoghi e decori, sempre fantasmatici che rimandano all’artificio.

Entrambi gli autori donano grande importanza tematica e simbolica alle finestre.

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Condivisa è anche l’arte di dilatare l’attesa e distillare l’angoscia, come l’uso di flashback esplicativi e analitici per chiarire il comportamento dei personaggi. Nonostante tutte le similitudini, si deve far attenzione nel definire Argento uno stretto epigono di Hitchcock. È nel visuale che i due cineasti si distinguono. Ai deliri estetici di Argento (dai barocchismi cromatici ai movimenti di camera contorti) si paragona il rigore visuale del maestro inglese. Nell’opera di quest’ultimo la follia si situa molto meno nell’ornamento che nel profondo dell’anima.211

Se Dario Argento è comunque degno di nota, è grazie al “funambolismo” della sua arte, un cinema dove si naviga tra le viscere e il sogno, tra il sordido e l’idealizzazione, tra il modernismo e l’arcaismo. Questo funambolismo può essere visto come l’aspirazione a un’altra logica, a un’altra percezione.

4.3.3. Ritorno agli USA

Se Bava s’ispirò a Hitchcock pure nei titoli e Argento si appropriò dell’arsenale della vertigine e della paura del maestro inglese, presto toccò agli americani giocare ai predatori nei confronti di questi autori italiani e dei nuovi generi da loro messi a punto. Negli anni ’80 si assistette a una sorta di effetto boomerang, medesimo effetto che si era verificato per il genere western.

In America, in un momento di particolare desiderio di rottura nei confronti dei tabu della censura, il giallo fu sottoposto a un ulteriore dirottamento verso lo splatter, e si codificò in due generi: lo slasher, ovvero quei generi di film dove un

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ignoto assassino ammazza in serie un gruppo di persone (come nelle serie di Scream o Halloween), e il gore. Se tra gli autori americani permane un riferirsi a Psyco e ai cineasti locali, l’audacia visuale come le figure stilistiche e narrative devono molto a Dario Argento. Ormai era finito il tempo in cui l’orrore si poteva solo suggerire.212 Tra i registi di tali generi che dichiarano di dover molto ai maestri da noi citati abbiamo, ad esempio, Wes Craven, John Carpenter e Tom Hooper, che hanno utilizzato le idee vincenti di Hitchcock per cicli interi di film in cui suspense e orrore si fondono in alchimia.213

È dall’opera di Argento che gli autori di Jason e altri psicopatici americani hanno preso il fare tanto appello alla camera soggettiva e al carrello in avanti – elementi che, negli eredi di Hitchcock non mancano mai - come del resto la svolta verso il fanta-horror.

Suspense hitchockiana e giallo: un bell’esempio di energetica circolazione e dialogo tra i cineasti del Vecchio e Nuovo Mondo.214

4.4. Gli eredi di Hitchcock

Negli Stati Uniti, tuttavia, non tutti passarono dal giallo italiano per realizzare film. Ci furono diversi cineasti americani che presero ad esempio direttamente il maestro della suspense. Hitchcock divenne un autore-star, privilegio fino ad allora riservato a pochi, ad esempio Ford o Welles. Ma, con i Cahiers du Cinema e gli studi sul linguaggio visivo, il cinema hollywoodiano fu riscoperto oltre la critica 212 MAHEO, Pag. 75 213 DE MARCO, Pag. 104 214MAHEO, Pag. 75

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degli anni ’60 e ‘70 e celebrato da giovani ed europei, e Hitchcock salì a icona e modello di emulazione.215

In ogni caso, i giovani cineasti della Nuova Hollywood e non, seppur con il loro desiderio di spiccare e creare capolavori, non potevano permettersi le colossali spese dello star-system e degli studios, e spesso giravano con attori emergenti e giovani tecnici in vere location. Di anno in anno i film realizzati da questi autori – De Palma, Scorsese, Spielberg – aumentarono, e aumentò la fiducia che le major erano disposte ad accordargli. Le produzioni si fecero più grosse.

Questi giovani autori, ai giorni nostri ormai colossi dell’industria cinematografica, prendevano costantemente a riferimento i grandi cineasti del passato, Hitchcock in primis.

Lo si nota in Vestito per uccidere (1980) e Due sorelle (1973) di De Palma, come in Lo Squalo (1975) di Spielberg. Anche il Misery (1990) di Rob Reiner ha preso da Hitchcock. Basic Insinct (1992) di Paul Verhoeven è un altro dei numerosi film d’autore che s’ispirano al maestro della suspense, che molti hanno avuto modo di conoscere anche grazie all’”Hitchbook” scritto da Truffaut, e Il silenzio degli innocenti (1991) di Jonathan Demme presenta scene che molto devono alle teorie hitchcockiane.

Osservandoli uno per uno si scorgono tante analogie da far supporre allo studioso Patrice Buendia l’esistenza di un vero e proprio parallelo.

215

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4.4.1. La minaccia animale: Gli uccelli e Lo squalo

L’inizio de Gli Uccelli (1963) ha un tono da commedia leggera, genere praticato da Hitchcock sin dall’inizio della carriera. Quello che inizialmente cattura la nostra attenzione è l’intrigo amoroso tra l’ereditiera Melanie Daniels e il bell’avvocato Mitch. I gabbiani stridono sopra le loro teste, e il pubblico è diviso tra l’attesa dell’attacco e il desiderio di seguire le vicende della coppia. Il loro primo incontro si svolge in un negozio di uccelli. Tutti gli elementi del film sono già presenti, ben camuffati. L’aggressività seduttiva di Melanie verso Mitch è legata a quella degli uccelli. La fuga di un uccellino, catturato poi da Mitch, simboleggia la sua partecipazione a questo gioco amoroso. 216

Melanie segue Mitch a Bodega Bay per donargli i love birds e ribadire le sue intenzioni. Il suo percorso la porta già a conoscere luoghi e personaggi che si ripresenteranno durante l’attacco: la baia, la scuola, Annie, Cathy e Lydia. Gli elementi della suspense sono già presentati, coadiuvati dal perenne stridio dei gabbiani, che c’impediscono di dimenticarci del tutto della loro presenza.

La prima sequenza di suspense vera e propria, però, non è legata agli uccelli, bensì all’intrigo amoroso: riuscirà Melanie a consegnare la gabbia prima che Mitch rientri? Come reagirà l’uomo quando la troverà?

Tutto va come sperato e Mitch monta in auto per raggiungere Melanie sull’altra sponda. La donna sorride compiaciuta quando, all’improvviso, un gabbiano attacca. I due sono sorpresi, e un po’ anche noi spettatori lo siamo: sapevamo che un attacco ci sarebbe stato, ma eravamo troppo presi dalla vicenda dei due per aspettarci una tale interruzione. Hitchcock avrebbe potuto costruire la sequenza

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diversamente, ad esempio mostrando i gabbiani in volo sopra la testa di Melanie in barca. Ma la sorpresa, in questo caso, oltre ad avvicinare ulteriormente gli spettatori ai personaggi e al loro grado di conoscenza, è un efficace veicolo di persuasione, proprio in quanto figura di focalizzazione. Mentre io spettatore sono tutto concentrato sui giochi di sguardi di Mitch e Melanie, l’irruzione obliqua del gabbiano mi sciocca emozionalmente. Questo choc s’impone allora come l’elemento chiave della sequenza.

Hitchcock si prende i suoi tempi per persuadere lo spettatore della presenza reale di una minaccia, un pericolo imprevedibile ma costante. Non si crogiola con le esposizioni, ma struttura le sue scene nel dettaglio per predisporre ogni elemento alla suspense e alla vicenda, fino al climax.

La minaccia degli uccelli, per quanto non impossibile, rasenta il fantastico. Lo squalo di Spielberg, sebbene larger than life, non è un pericolo improbabile negli oceani. Squali come quello possono esistere e le notizie di bagnanti attaccati popolano le spiagge di paesi come Australia e California. Quindi non serve convincere il pubblico che (anche grazie alle promozioni del film) sa già cosa aspettarsi di trovare sotto il pelo dell’acqua. Quando la ragazza si butta in acqua all’inizio del film, siamo già in tensione, poiché siamo consapevoli del rischio che corre. E infatti, dopo breve, i nostri timori sono confermati e la giovane è divorata.217 Qui l’attacco, preceduto da un breve momento di suspense, non è fulmineo come quello del gabbiano, e la sorpresa cede presto il posto all’orrore. La morte della giovane è violenta e niente affatto breve. Le sue grida disperate ci frustrano perché non possiamo soccorrerla, e il suo amico è troppo ubriaco per

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capire cosa sta accadendo. Spielberg non lavora con la persuasione, ma con l’atavica paura per l’ignota minaccia nascosta in mare, e con l’emotivo orrore di fronte a una tale violenza.

Più che suspense, queste due prime scene di attacco presentano allo spettatore la minaccia concreta che si aggirerà per tutta la durata della pellicola. È illustrata la modalità di attacco – saettante dal cielo o brandente dall’acqua – e le conseguenze che può causare l’attacco stesso – indubbio versamento di sangue. Ci sono mostrati segni – come la soggettiva subacquea, un motivo musicale o lo stridio dei gabbiani – che impareremo a riconoscere come pericolosi anche in futuro e che, quindi, diventeranno elementi connotativi della suspense.218 Elementi che, ad esempio nel caso dello squalo, ricorreranno nella scena del secondo attacco, quella che si concluderà con la morte del ragazzino sul materassino giallo.

In questa sequenza Spielberg costruisce la suspense facendo crescere e scendere la tensione, sfruttando le aspettative dello spettatore.

All’inizio del film abbiamo visto la ragazza morire. Non abbiamo scorto lo squalo, ma sia la soggettiva subacquea che le si avvicina, sia il modo brutale in cui ella è trascinata verso il basso, ci fanno capire che, sì, c’è una terrificante creatura sotto la superficie dell’acqua.

Per tali ragioni siamo ovviamente dalla parte di Martin, quando sostiene l’importanza di chiudere la spiaggia. A noi non importa del successo della stagione estiva ad Amity, siamo preoccupati per le persone perché sappiamo che esse sono in pericolo, mentre Martin lo può solo supporre.

Spielberg gioca con questa nostra preoccupazione.

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L’inizio della sequenza presenta una normale giornata al mare. Vediamo gente in spiaggia, una donna grassa entrare in acqua, un ragazzo che gioca con il suo cane, e un bambino che chiede alla madre di poter usare il materassino. Se Spielberg ci avesse mostrato queste immagini – del tutto prive di musica extradiegetica ad aumentare la tensione – all’inizio del film, non avremmo probabilmente provato la stessa ansia che stiamo invece vivendo, consapevoli della presenza dello squalo. <<Sei troppo teso! >> dice a Martin la moglie. Noi siamo tesi con lui. Stiamo solo aspettando l’attacco.

La grassona sembra un piatto appetitoso. Non facciamo in tempo a pensarlo che ecco apparire un’ombra nera. Martin scatta, e noi con lui. Ma è un falso allarme, è un uomo con una cuffia nera. Una ragazza viene tirata giù e grida, allo stesso modo della vittima del primo attacco. Ma anche questa volta si tratta solo di un gioco tra giovani.

Martin e gli spettatori si concentrano sui due falsi allarmi e si distolgono dai veri obiettivi dello squalo, mostrati all’inizio della sequenza: il cane e il bambino, che non sono più inquadrati.

Impegnati a seguire lo sguardo di Martin con la cinepresa ci perdiamo il cane. Ritorniamo sul padrone, che lo cerca. Il suo bastoncino che galleggia in acqua è un evidente indizio della sua fine.

Le danze possono iniziare.

Ecco nuovamente una soggettiva subacquea dello squalo, ed ecco partire il suo tema musicale. Il mostro punta inesorabilmente verso le gambe del bambino. L’attacco avviene in campo medio, sullo sfondo dell’inquadratura, mentre in primo piano gli altri bambini iniziano ad accorgersi che qualcosa non va.

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L’inquadratura di Martin che realizza che i suoi principali timori si sono avverati ricalca la celebre inquadratura della vertigine de La donna che visse due volte, un altro film di Hitchcock, e comunica il senso della suo shock.

Questo stile di costruzione della tensione è ben ripreso nel film del 1993 che ha ricongiunto Spielberg con sovrumane e letali creature: Jurassic Park. Nella scena più famosa del film, la prima apparizione del tirannosauro, la suspense è costruita in modo simile a Lo squalo.

Siamo accanto al recinto del t-rex. La corrente è assente, e le jeep automatiche sono bloccate con i visitatori dentro. Noi spettatori sappiamo due cose: senza corrente elettrica, il recinto non ha potere di tenere il dinosauro dentro, una creatura che, per quel che sappiamo, è enorme e pericolosissima.

Né noi né i personaggi abbiamo ancora avuto modo di conoscerlo. Poco prima, mentre l’elettricità era ancora in funzione, era stata legata una capra vicino al recinto, con la speranza di farlo avvicinare, ma senza successo.

L’apparizione del mostro avviene, come nel caso dello squalo, prima attraverso la manifestazione delle conseguenze delle sue azioni, in modo da constatarne la pericolosità, e poi attraverso la sua apparizione reale.

La prima cosa che i visitatori notano è che un bicchiere contenente acqua sta tremando, come scosso da pesanti passi. Mentre uno di loro si chiede se si tratti della corrente che tenta di tornare, uno dei bambini indossa un visore notturno e lo punta nel recinto. La capra è sparita. Proprio nel momento in cui la ragazzina chiede “Dov’è la capra?”, una coscia sanguinante piove sul tetto della macchina. Un artiglio sfiora i cavi di tensione resi innocui, confermando i nostri peggiori sospetti. Ed ecco apparire in tutto il suo maestoso terrore, il tirannosauro, intento a

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masticare la capra esattamente come farà a breve con i poveri visitatori intrappolati nell’auto.

Ancora una volta Spielberg costruisce una scena di magistrale tensione mostrandoci prima l’effetto di un pericolo, poi il pericolo stesso, costruendo la paura sulle nostre aspettative.219

4.4.2. Amore e morte: Brian De Palma e Basic Instinct

Il rapporto tra sesso e morte è un tema chiave nei film di Hitchcock. Bellour, abbiamo visto, ha condotto un’importante riflessione analizzando le dinamiche del corteggiamento aggressivo tra i due personaggi de Gli Uccelli. Brian De Palma, il principale eponimo del regista inglese, ha realizzato molti thriller tributo al maestro, film ad alto contenuto d’eros: ad esempio, Omicidio a luci rosse (1984) presenta nuovamente il tema della donna del desiderio che muore, per poi tornare, come in La donna che visse due volte.220 Patrice Buendia ha riscontrato dei paralleli in particolare tra due delle pellicole più “erotiche” del regista, Psyco (“Una sorta di saggio sulla suspense cinematografica”, a detta di De Marco)221 e

La donna che visse due volte, e i lavori dell’epigono Brian De Palma e il famoso Basic Instinct.

Psyco ha un inizio che colpisce immediatamente lo spettatore: un uomo e una donna amoreggiano in una camera di albergo nel primo pomeriggio. Chi guarda (specialmente gli spettatori all’epoca dell’uscita della pellicola) è immediatamente

219 BUENDIA, Pag. 65 220 DE MARCO, Pag. 121 221DE MARCO, Pag. 103

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intrigato dall’erotismo latente della scena – i due sono decisamente in deshabillé - e, dopo poco, è coinvolto nelle vicende della giovane coppia. Anche De Palma comincia il suo film Vestito per uccidere con una scena ugualmente osé, ma molto più esplicita, poiché concepita in anni di liberalizzazione del nudo femminile. E guarda caso, il nudo che vediamo si trova in una doccia… A breve la scena si connota d’ulteriore erotismo, perché assistiamo prima ai gesti di piacere che la donna si dona, poi a un’aggressione sessuale ad opera di un misterioso uomo che le arriva alle spalle, coperto dal vapore dell’acqua calda, e che la ghermisce. La nostra preoccupazione per la sua sorte è subito smontata: la scena si rivela una fantasia della donna stessa durante il sesso col marito. Questa prima sequenza ci fornisce informazioni circa la frustrazione sessuale della donna e circa le sue fantasie erotiche, che svolgeranno un ruolo chiave nel film.222

La frustrazione sessuale della donna si riflette socialmente nella sua impossibilità di rivelare al suo psicanalista dei fantasmi che popolano la sua mente. Allo stesso modo Marion e Sam sono frustrati sessualmente dalle regole sociali: non possono stare insieme pubblicamente e liberamente perché lui, indebitato con l’ex moglie, non può sposarla. Questi problemi sociali, evidenziati dalle sequenze iniziali dei due film, erano attuali al momento dell’uscita dei film. Ciò non vuol dire che i due film avessero pretese sociologiche. Ci troviamo, in realtà, di fronte a due cosiddette “aringhe rosse”, ciò che Hitchcock definiva come “un trucco destinato la catturare la vostra attenzione, al fine d’intensificare l’omicidio, per costituire

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per voi una sorpresa totale”.223 Come abbiamo visto, la sorpresa è un abile mezzo per preparare la suspense, focalizzando sui segni del pericolo.

Noi ci affezioniamo invano alle due eroine: esse non sono che due strategie narrative dei cineasti per tessere i limiti della direzione degli spettatori. In Psyco restiamo sorpresi dalla morte di Marion, poiché la vicenda seguita fino ad allora era incentrata su di lei e la sua fuga. Il pubblico del 1960 non si aspettava che la diva del momento potesse venir fatta fuori a metà film, sostituendo le sue vicende con quelle dell’albergatore con una madre assassina. Hitchcock inganna così lo spettatore, presentando una situazione che improvvisamente si chiude e conduce a un’altra.

Il compito è più arduo per De Palma, che arriva vent’anni dopo di Hitchcock. Tenta, quindi, di moltiplicare le aringhe rosse. La doccia è una prima falsa pista: a seguito dell’irruzione dello sconosciuto, ci aspettiamo un omicidio come quello di Psyco, che però non avviene. Man mano che il film si costruisce, il tema della vicenda si fa chiaro: la frustrazione sessuale di una borghese di mezz’età la condurrà ad avventure extraconiugali e ai problemi che vi sono legati (rischio di essere scoperta, possibile malattia sessuale, etc). Quindi, più passa il tempo più crediamo che Kate sia in effetti l’eroina. Ma è un’altra falsa pista. Poco dopo aver intrigato lo spettatore con la scoperta della malattia venerea dell’amante di Kate, De Palma la fa uccidere in un’altra sorta di cabina: un ascensore. In Hitchcock la doccia chiude l’aringa rossa, in De Palma l’apre. I registi ci portano fuori strada con il loro elemento preferito: la suspense. In Psyco riguarda la fuga di Marion mentre in Vestito per uccidere riguarda le avventure extraconiugali di Kate Miller.

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