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Conclusioni e sviluppi futuri

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Academic year: 2021

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Conclusioni e sviluppi futuri

Nel lavoro di ricerca qui presentato si è cercato di approfondire il fenomeno della canonicità, manifestato dalla relazione di antonimia. Come già ampiamente discusso, infatti, nel corso degli anni sono stati proposti due diversi approcci a tale fenomeno, uno di tipo lessicale ed uno di tipo cognitivista. L'obiettivo, quindi, era quello di stabilire quali sono i parametri della canonicità, ovvero perché alcune coppie di antonimi sono riconosciute come tali dalla totalità dei parlanti, causando un forte grado di associazione tra i due membri. A tale scopo è stato effettuato un esperimento di elicitazione; i dati così ottenuti sono poi stati analizzati sulla base delle frequenze di co-occorrenza, in termini di Mutua Informazione, e dei contesti nominali di occorrenza. Se in linea generale tali evidenze sperimentali e distribuzionali hanno confermato la validità del modello cognitivista, è stato possibile allo stesso tempo mettere in luce alcuni ulteriori aspetti del fenomeno. L'esperimento di elicitazione, presentato e discusso nel Capitolo 3, ha confermato l'esistenza di un continuum di bontà dell'opposizione. La canonicità non è, pertanto, un fenomeno di tipo dicotomico, con un gruppo di coppie canoniche nettamente opposto ad uno di coppie non-canoniche, ma vi sono esempi migliori e peggiori della relazione di antonimia. Tra i 202 aggettivi stimolo, infatti, ve ne sono alcuni che hanno elicitato un solo antonimo possibile, ma anche altri che ne hanno elicitati 9 o 10. È stato pertanto possibile individuare due diversi tipi di coppie tra quelle emerse, sulla base della reciprocità della relazione: le coppie non-reciproche, quelle per cui la relazione è valida solo in uno dei due sensi; e le coppie reciproche, per le quali ciascuno dei due membri ha elicitato almeno una volta l'altro. Vi è poi un sottogruppo delle coppie reciproche, le coppie canoniche, dove il primo membro ha elicitato come risposta più frequente il secondo e viceversa, e che presentano quindi elevata frequenza di produzione.

In realtà, anche tra i membri delle stesse coppie canoniche non vigono sempre le stesse relazioni, ed è infatti stato possibile rintracciare differenti pattern di reciprocità. Il massimo grado di canonicità si ha quando i due membri di una

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coppia sono quelli più frequentemente prodotti l'uno in risposta all'altro e sono simmetrici, il rapporto è quindi uno a uno. In questo caso, si viene ad instaurare una forte associazione lessicale oltre che semantica. Una sorta di secondo grado di canonicità è dato da quelle coppie che hanno alta frequenza di produzione reciproca ma il rapporto non è uno a uno, ma “uno a due” o “uno a molti”. Uno dei due membri, quindi, ha elicitato più risposte, e queste si contendono il ruolo di antonimo canonico. Il caso limite è presentato dalla tripla attivo – passivo/inattivo. Il minor grado di canonicità, invece, si ha nei casi in cui il rapporto è di “molti a molti”, e diversi aggettivi elicitano uno stesso antonimo. Per quanto sia sempre possibile individuare una coppia canonica, i rapporti che si instaurano sono molteplici e piuttosto complessi. Tutto ciò conferma il fatto che la relazione di antonimia non è caratterizzata esclusivamente dalla binarietà; un aggettivo può infatti avere più antonimi, e formare con ognuno di questi una coppia canonica. Per quanto riguarda, invece, il rapporto tra canonicità e frequenza di co-occorrenza, espressa in termini di forza di associazione, le evidenze proposte falsificano il modello lessicale di approccio alla canonicità. In primo luogo, infatti, quasi tutte le coppie di antonimi hanno una frequenza di co-occorrenza maggiore di quella attesa. Inoltre, per le coppie canoniche non vi è una correlazione lineare tra la frequenza di produzione e la Mutua Informazione; ciò significa che per quanto la frequenza di produzione sia quasi sempre elevata, i valori della MI sono vari. Due aggettivi non formano quindi una coppia canonica a causa dell'elevata associazione statistica, e dell'alta frequenza di co-occorrenza dei membri.

Il modello lessicale sembra invece fornire una buona spiegazione al comportamento delle coppie non-canoniche. Per queste coppie, infatti, si è riscontrata una correlazione lineare tra la Mutua Informazione e la frequenza di produzione reciproca. Le coppie non-canoniche avranno quindi frequenza di produzione più alta se i due membri tendono a co-occorrere; il loro uso in coppia nei corpora permette infatti che vengano riconosciuti come antonimi. La MI e la frequenza di co-occorrenza possono pertanto essere considerate buoni indicatori della canonicità di una coppia non-canonica.

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Tali risultati hanno suggerito che le coppie canoniche potrebbero essere tali a causa dell'allineamento dei due membri lungo una dimensione semplice, come proposto dal modello cognitivista. L'analisi dei contesti nominali di occorrenza, esposta nel Capitolo 4, ha infatti mostrato che vi è una differenza significativa di coseno tra le coppie canoniche e le coppie non-canoniche. I membri di una coppia canonica tendono quindi a modificare o essere predicato degli stessi sostantivi. La correlazione tra la similarità dei contesti e la frequenza di produzione è inoltre lineare, ciò significa che quanto più una coppia è canonica tanto più i suoi membri tenderanno ad occorrere negli stessi contesi nominali. Il coseno di similitudine può quindi essere utilizzato come un buon indicatore del grado di canonicità di una coppia.

In conclusione, si può parlare della canonicità come di una “similarità distribuzionale paradigmatica”, recuperando l'ipotesi di Deese (1964), secondo la quale due aggettivi sono antonimi canonici poiché sono utilizzati per descrivere le stesse cose. L'elevata frequenza di co-occorrenza, in questo caso, è da ritenersi un effetto di questo tipo di relazione.

In quanto al parametro della concretezza, dalle analisi è emerso che non vi è differenza significativa tra le coppie concrete e le coppie astratte né per quanto riguarda i valori della Mutua Informazione né per quelli del coseno. Bisogna però notare che le coppie canoniche concrete sono in numero maggiore di quelle astratte, e che queste ultime sono quasi tutte derivate morfologicamente. Sembra quindi esserci una correlazione tra concretezza e canonicità e, quindi, tra concretezza e dimensione semplice. Ciò è confermato dal fatto che le coppie canoniche con valori del coseno più basso sono proprio quelle morfologicamente derivate. Si può quindi supporre che per queste ultime, così come per le coppie canoniche astratte, la dimensione non è facilmente individuabile e si ricorre alla negazione del concetto espresso dall'aggettivo base tramite derivazione morfologica.

Tali evidenze supportano un approccio cognitivista al fenomeno della canonicità e, più in generale, alla relazione di antonimia. Viene inoltre confermata la validità

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interlinguistica del fenomeno. Negli stimoli dell'esperimento di elicitazione erano infatti state incluse alcune coppie che in Inglese ed in Svedese erano già state individuate come canoniche e che si sono confermate tali anche in Italiano.

I risultati emersi sono senza dubbio interessanti, ma lasciano aperte alcune domande, che potrebbero essere materiale di ulteriori ricerche. Innanzitutto, andrebbe ulteriormente approfondita e chiarita la nozione di “dimensione semplice”, non intesa solo come similarità distribuzionale. Sembrano infatti esistere dimensioni più semplici di altre, e non è chiaro cosa accade quando una coppia allineata lungo una dimensione semplice nel suo senso base acquisisce un senso metaforico o figurato.

Sarebbe poi interessante fare anche un analisi di tipo qualitativo dei nomi che questi aggettivi modificano o di cui sono predicato; vi sono infatti coppie con bassa frequenza di produzione che però ricorrono in contesti nominali simili.

Altro terreno per successive ricerche è offerto dalle coppie morfologicamente derivate. L'interazione tra tale fattore e il parametro della concretezza sembra infatti di un certo rilievo.

Infine, sarebbe opportuno raccogliere ulteriori dati sperimentali con altri metodi, come ad esempio effettuando un esperimento di giudizio sulla bontà dell'opposizione delle coppie emerse o un esperimento di priming per valutare le eventuali differenze tra coppie opache e morfologicamente derivate.

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