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Quando si parla di acque continentali ci riferiamo alle acque interne, generalmente dolci, che scorrono sulla superficie terrestre o nel sottosuolo, formando laghi, corsi d’acqua e falde sotterranee

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Academic year: 2021

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Introduzione

Un’ecosistema è un ambiente fisico in cui vive una comunità costituita da popolazioni appartenenti a specie diverse; in altri termini un’ecosistema risulta composto da esseri viventi (le componenti biotiche), dall’ambiente in cui vivono (le componenti abiotiche) e dalle interazioni reciproche.

L’ambiente fluviale si identifica con le sponde, le zone umide perifluviali, ma soprattutto con il suo elemento principale, cioè l’acqua.

L’acqua è sinonimo di vita: per questo gli ambienti in cui la presenza di questo elemento risulta la caratteristica dominante, sono ricchi di vita e in genere ospitano i più alti di biodiversità.

L’acqua presente sulla terra si distingue in 2 grandi categorie, le acque continentali (laghi e fiumi) e le acque oceaniche (mari e oceani).

Quando si parla di acque continentali ci riferiamo alle acque interne, generalmente dolci, che scorrono sulla superficie terrestre o nel sottosuolo, formando laghi, corsi d’acqua e falde sotterranee.

I corsi d’acqua, contrariamente a quanto si pensa, non rappresentano una entità fisica inanimata, ma sono un insieme di ambienti biologici. Infatti, lungo il loro profilo longitudinale, presentano caratteristiche diverse in funzione di più

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variabili fisico-chimiche: pendenza, velocità della corrente, temperatura, ossigeno disciolto e natura del substrato. Tali variabili influenzano fortemente la presenza e la composizione delle comunità ittiche e vegetali che popolano il corso d’acqua nei suoi vari tratti.

Tutti i fiumi, oltre a essere considerati come veri e propri “architetti” del territorio dal punto di vista morfologico-evolutivo, sono sia ambienti ad alta diversità biologica che una successione di ecosistemi “aperti,” dotati cioè di interconnessioni trofiche, flussi di materia ed energia non solo in senso longitudinale, ma anche lateralmente con l’ambiente circostante. Da qui il motivo per cui bisognerebbe parlare di ambienti fluviali.

In passato la progettazione e l’esecuzione di lavori in ambienti fluviali hanno spesso limitato la loro attenzione ai soli aspetti idraulici, trascurando quelli biologico-naturaistici. Un simile approccio, rivolto alla gestione e alla conservazione del territorio ha determinato impatti ambientali, per altro evitabili, a scapito della biodiversità propria di ogni ambiente fluviale. Finora, infatti, il vero obiettivo è stato quello di “domare” i fiumi nel processo di modellamento della superficie terrestre (attraverso le azioni combinate di erosione, trasporto e sedimentazione), per consentire la valorizzazione dei terreni perifluviali (ieri agricola; oggi residenziale, industriale e commerciale) e ad esso sono stati subordinati gli obiettivi della sicurezza idraulica e della qualità ecologica.

Spesso la gestione dell’ambiente è costellata di interventi mirati per migliorare una certa situazione a scapito di un’altra. Un esempio, forse il primo, di errata gestione ambientale è rappresentato da Yellostone Park.

Nato nel 1872 come parco nazionale, Yellostone Park, nel 1903 era un paesaggio pieno di selvaggina e vide la fondazione del Park Service, una nuova burocrazia il cui compito era quello di mantenere il parco nella sua condizione originaria. I primi manager del parco credevano erroneamente che l’alce fosse sull’orlo dell’estinzione e decisero di eliminare i predatori. A tale scopo sterminarono tutti i lupi del parco e proibirono ai nativi d’America di cacciare

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alberi che i castori usavano per la costruzione delle loro dighe, così i castori scomparvero. Fu proprio così che i manager scoprirono che i castori erano vitali per la gestione idrica dell’intera regione.

Quando i castori sparirono, i prati si seccarono; le trote e le lontre scomparvero;

l’erosione del suolo aumentò e l’ecosistema del parco cambiò ancora di più. Alla lunga i mutamenti innescati nell’ecosistema si rivelarono irreversibili e divenne chiaro che i cacciatori indiani avevano esercitato una influenza positiva sulle terre del parco tenendo basso il numero di alci presenti.

A posteriori la legge che proibiva ai nativi la caccia si era rivelata controproducente.

Questo esempio ci riporta alla realtà del nostro territorio, per fortuna, non così caratterizzata da una storia di interventi sistematori intrusivi, seguiti da tentativi di rimediare agli errori comessi dai rimedi.

Il territorio e i suoi singoli ecosistemi sono entità vive, in costante movimento. Le specie al loro interno vincono, perdono, aumentano, diminuiscono, prendono il sopravvento, vengono spazzati via.

La protezione passiva del territorio, limitarsi a lasciare stare la natura non significa conservarla al suo stato presente. Infatti, l’insieme degli ecosistemi è in mutamento e se si vuole mantenere un singolo ecosistema in uno stato particolare, occorre decidere di che stato si tratta ed in seguito intervenire attivamente, aggressivamente, se necessario.

Quanto sopra dimostra come non sia corretto parlare di gestione e conservazione dell’ambiente, ma giustifica un approccio amministrativo basato sulla totale conoscenza dell’ambiente stesso.

Per la necessaria amministrazione della qualità ecologica degli ambienti fluviali risulta necessario superare la monodisciplinarietà dell’approccio idraulico adottando, fino dalla fase iniziale della progettazione della qualsivoglia tipologia di intervento, un atteggiamento integrato rivolto al raggiungimento degli obiettivi sia idraulici che ecologici.

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Nel presente studio viene trattato il problema riguardante la gestione delle acque e la tutela del patrimonio ittico, attraverso un elemento di particolare attenzione: il danno ambientale cagionato alla fauna ittica dalle opere di sbarramento dei corsi d’acqua (dighe, traverse e soglie) e la possibile soluzione, attraverso opere di ingegneria naturalistica a basso impatto ambientale, denominate scale di risalita o più comunemente passaggi per pesci.

La realizzazione del nostro studio si articola attraverso la conoscenza degli aspetti legislativi a carattere comunitario, nazionale e regionale che regolano la materia, affiancando le conoscenze di tipo biologico (conoscenza delle specie ittiche e relative conoscenze) a quelle di tipo idraulico, allo scopo della sperimentazione e realizzazione di opere che consentono una continuità tra i vari tratti di fiume soggetti a sbarramenti.

Gli obiettivi dello studio si possono suddividere nelle seguenti categorie:

OBIETTIVI GENERICI:

• Analisi delle problematiche delle acque interne, sia dal punto di vista ecologico e naturalistico sia dal punto di vista legislativo;

• Classificazione delle discontinuità per caratteristiche proprie ed in base alle interferenze con la fauna ittica;

• Adozione di un complesso di discipline scientifiche (ingegneria idraulica, ittiologia, architettura del territorio, ecologia) interagenti fra loro;

• Realizzazione di un progetto in materia di passaggi per pesci, sotto forma di caso di studio.

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OBIETTIVI PROPRI DELLA ZONA DI INTERVENTO:

• Rilevare lo stato di necessità, ovvero se la zona in questione presenta potenzialità di sviluppo per il miglioramento della fauna ittica;

• Produzione di elaborati che, per le zone bisognose di intervento, costituiscono la base preliminare per la scelta della tipologia di un intervento da realizzare e per gli studi ittiologici che ne verificano il funzionamento.

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