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Tabella 1 - Alcune caratteristiche del furfurale.

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Academic year: 2021

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(1)

CAPITOLO 3 I DROLISI A CIDO C ATALIZZATA DI B IOMASSE PER LA

S INTESI DI F URFURALE

Il furfurale o 2-furaldeide o F (Fig. 1) è una molecola eterociclica aromatica C5 avente una funzionalità aldeidica. La presenza dell’ossigeno nel ciclo e del gruppo aldeidico rende la molecola polare e solubile nei solventi organici più comuni; è poco solubile negli alcani e in acqua con la quale forma un azeotropo bassobollente [1]. Nel 2004 la produzione mondiale di furfurale era di 450.000 tonnellate annue; nel 2002 il suo costo era di circa 1,7 $ / kg [2].

La reattività chimica del furfurale è quella tipica delle aldeidi e dei composti aromatici (indice di aromaticità 53); un esempio della sua minore aromaticità rispetto al benzene (indice di aromaticità 100) è rappresentato dalla facilità con cui viene idrogenato al corrispondente derivato tetraidrofuranico.

Tabella 1 - Alcune caratteristiche del furfurale.

Non esiste una via sintetica vantaggiosa per sintetizzarlo quindi lo si produce esclusivamente da carboidrati C5, per disidratazione, e da biomasse contenenti pentosani; nell’ultimo caso le biomasse sono depolimerizzate a xilosio e arabinosio che, successivamente, disidratano a furfurale (Fig. 2).

Le condizioni comunemente utilizzate per produrre il furfurale dalle biomasse, utilizzando sia reattori batch che reattori continui, sono temperature comprese tra 130 e 180 °C, pressioni comprese tra 3,5 e 10 atm e tempi di reazioni di 3 - 10 ore sono. I catalizzatori omogenei utilizzati in questi processi sono generalmente acidi minerali: H

2

SO

4

, H

3

PO

4

e HCl.

T ebollizione 162 °C T fusione - 36 °C Densità a 25 °C 1,16 g/ml Solubilità in acqua 83 g / l a 20°C Peso molecolare 96,08

Figura 1 - Struttura del furfurale.

Figura 2 - Idrolisi acida dei pentosani e formazione di furfurale.

furfurale pentoso

pentosano

H

 →

2O

,

H+

 

H+,

3H

2O

(2)

La resa massima teorica ottenibile a partire da un pentosano è del 72,73 % a causa della formazione di acqua come coprodotto [3].

Le biomasse hanno un contenuto di pentosani che può variare dal 16 % (guscio di riso) al 40

% della biomassa secca (pannocchia di mais); a seconda del materiale lignocellulosico di partenza si hanno quindi rese in furfurale diverse. È possibile aumentare il contenuto di pentosani nell’alimentazione mediante processi di pretrattamento del materiale lignocellulosico (estrazione della componente emicellulosica) visto che un processo di produzione industriale di furfurale economicamente sostenibile richiede un contenuto minimo di pentosani del 18 - 20 % [3].

Circa il 40 % dei monomeri costituenti i pentosani contengono sostituenti acetilici e formilici in posizione C2, C3 o entrambe (il rapporto acetile / formile è circa 10 / 1). La presenza dell’acqua a pH neutro è sufficiente a deacetilare i gruppi producendo acido acetico (Fig. 3).

L’acido acetico che si genera, nonostante sia un acido debole, dà inizio all’idrolisi dell’emicellulosa (processo di autoidrolisi) [4].

Mentre il possibile utilizzo dell’acido levulinico come piattaforma chimica è stata analizzato approfonditamente negli ultimi anni, la valorizzazione dei pentosi è stata investigata solo marginalmente. Poiché la sostenibilità delle bioraffinerie, come del resto vale anche per le raffinerie, deriva dalla loro capacità di valorizzare ogni prodotto, è fondamentale ottimizzarne le condizioni di idrolisi anche per massimizzare le rese in furfurale.

3.1 Il MECCANISMO DI REAZIONE

La scissione dei legami inter e intramolecolari presenti nell’emicellulosa e tra l’emicellulosa e le altre componenti strutturali della biomassa segue un meccanismo molto complesso e ancora poco chiaro.

 →

Figura 3 - Deacetilazione dell’emicellulosa.

(3)

Il processo di formazione di furfurale da emicellulosa (Fig. 4) può essere diviso in due stadi [3]:

1. idrolisi dell’emicellulosa (reazione eterogenea, stadio veloce): la scissione dei legami presenti tra i monomeri costituenti l’emicellulosa libera in soluzione i pentosi (essenzialmente xilosio);

2. disidratazione degli zuccheri C5 a furfurale, formazione del coprodotto (H

2

O) e dei prodotti di degradazione (reazione omogenea, stadio lento).

Nello stadio di idrolisi gli ioni H

+

, derivanti dal catalizzatore acido, diffondono dalla soluzione verso la matrice lignocellulosica solida fino a protonare l’ossigeno che lega i monomeri dell’eteropolimero. In seguito alla protonazione dell’ossigeno si ha la rottura del legame C / O e la generazione del carbocatione intermedio. La solvatazione del carbocatione da parte dell’acqua permette la rigenerazione del monomero, del dimero o dell’oligomero (a seconda del legame scisso) libero; successivamente si ha la migrazione verso la soluzione dei prodotti di dimensioni abbastanza piccole da poter attraversare la fibra (Fig. 5).

Figura 4 - Schema del processo di formazione del furfurale da emicellulosa.

Figura 5 - Stadio 1:

meccanismo di idrolisi

dell’emicellulosa.

(4)

Nel secondo stadio (Fig. 6), in cui vengono complessivamente perse tre molecole d’acqua, avvengono due eliminazioni 1,2 (tra atomi di carbonio adiacenti, ciascuna porta alla formazione di un doppio legame) e un’eliminazione 1,4 (tra atomi di carbonio separati da due atomi di carbonio, porta alla formazione di un anello); ogni eliminazione causa la perdita di una molecola d’acqua.

La resa massima teorica in furfurale è del 72,73 % in peso; le rese reali ottenute nei processi sono inferiori a causa delle numerose reazioni competitive alla disidratazione dei pentosi a furfurale che portano alla formazione di prodotti di degradazione [3].

Lo studio cinetico globale di questo processo è analogo a quello della cellulosa: anche in questo caso è possibile creare modelli empirici che descrivono l’idrolisi di un pentosano puro e definire i parametri che regolano la successiva conversione dello zucchero C5 in furfurale.

Tuttavia, quando si contestualizza la reazione di idrolisi dell’emicellulosa pura, mettendola in relazione alla biomassa lignocellulosica nel suo complesso, diventa impossibile definire un modello cinetico preciso a causa delle interazioni esistenti tra le tre componenti della biomassa.

Figura 6 - Meccanismo di formazione del furfurale a partire da xilosio.

(5)

Lo studio cinetico condotto da Dunning e Lathrop [5] ha evidenziato come la velocità di reazione sia direttamente proporzionale alla concentrazione di acido; nel lavoro è stata seguita la reazione di idrolisi di pannocchie di grano con H

2

SO

4

(1,9 e 4,4 % in peso) a 100 e 121 °C ottenendo l’equazione:

dove C

H

è la concentrazione di acido (in moli / litro) e T è la temperatura (in K)

Lo studio cinetico condotto da Bryner [6], riferito all’idrolisi con HCl (0,025 e 0,275 N) di scorze di avena a 100 e 164 °C, ha fornito risultati simili.

L’eterogeneità di questo processo porta vari fattori ad influire sulla costante cinetica: la natura della biomassa e l’accessibilità dell’emicellulosa in essa presente giocano un ruolo chiave. In ogni caso questo è lo stadio veloce del processo tanto che, in prima analisi, nella progettazione di un impianto industriale il tempo necessario all’idrolisi è trascurato nei confronti del tempo necessario alla conversione dei pentosi a furfurale.

3.2 C INETICA DEL PROCESSO E REAZIONI DI DEGRADAZIONE DEL FURFURALE

Limitando lo studio alla conversione di xilosio essenzialmente puro in acqua, le reazioni di degradazione che conducono alla formazione di sottoprodotti e che possono avvenire sono due [3]:

1. resinificazione del furfurale (è una reazione di polimerizzazione);

2. condensazione del furfurale (è una reazione del furfurale con un intermedio che si forma durante la sua sintesi).

La possibilità che queste reazioni avvengano è legata al tempo di residenza del furfurale nell’ambiente di reazione in cui si forma. Queste reazioni causano rese in furfurale minori della massima resa teorica ottenibile; la rilevanza delle perdite dipende dal tempo in cui il furfurale rimane nel mezzo di reazione acquoso liquido. Ambedue le reazioni possono avvenire solo in soluzione perché la fase vapore è priva della specie cataliticamente attiva.

Questo significa che per avvicinare le rese in furfurale a quella teorica massima ottenibile è necessario vaporizzare il furfurale appena formato.

L’esistenza delle reazioni di condensazione è stata dimostrata sperimentalmente.

Sottoponendo a idrolisi una soluzione contenente xilosio puro ed una contenente la stessa

T

H

e

mol C

k l ⋅ ⋅

⋅ ⋅

=

4 5163

0

7 , 832 10 min

(6)

quantità di xilosio ed una certa quantità di furfurale, si nota che la quantità di furfurale prodotta è minore nella miscela in cui è stato precedentemente aggiunto il furfurale. Si potrebbe pensare che questo sia dovuto ad una reazione del furfurale con lo xilosio, ma questo è escluso dal fatto che l’aggiunta di furfurale ad una soluzione contenente xilosio puro non aumenta la velocità di scomparsa di quest’ultimo. Per questo motivo si può dedurre che il furfurale reagisca con un intermedio di reazione che si forma durante la conversione dello xilosio in furfurale [66]. Una o due molecole di furfurale possono reagire con il primo intermedio di reazione per formare il furfural xilosio o il difurfural xilosio (Fig. 7).

In conclusione quando il furfurale permane in soluzione nell’ambiente di reazione è inevitabile che subisca le reazione di resinificazione e le reazioni, quantitativamente molto più rilevanti, di condensazione; la rilevanza di ambedue le reazioni diminuisce all’aumentare della temperatura.

Sono stati creati modelli cinetici riguardanti sia il processo di depolimerizzazione dell’emicellulosa pura a pentosi che la reazione di conversione di pentosi puri in furfurale [5- 14]. Tuttavia, quando la conversione dello xilosio in furfurale avviene a partire dalla complessa matrice lignocellulosica, in soluzione ci sono molti substrati in grado di reagire con gli intermedi della reazione di formazione del furfurale; la situazione diviene estremamente complicata: non è possibile definire un modello cinetico ma è chiaro che questi processi allontanano sensibilmente le rese in furfurale praticamente ottenibili dalla massima resa teorica.

Figura 7 - Formazione del furfural pentoso.

(7)

3.3 S TATO DELL ARTE : PROCESSI DI CONVERSIONE A FURFURALE RIPORTATI IN LETTERATURA

Nel 1840 il chimico scozzese Stenhouse scoprì che il furfurale poteva essere prodotto distillando una vasta gamma di cereali (avena, grano e crusca) in soluzione acida per H

2

SO

4

[3].

I processi di conversione di biomasse o pentosi in furfurale sono stati meno indagati rispetto ai processi di trasformazione delle stesse biomasse o di esosi ad acido levulinico; l’obbiettivo del presente lavoro di tesi è rivolto, oltre che alla massimizzazione delle rese in acido levulinico, anche alla valutazione delle rese in furfurale per una completa valorizzazione dei prodotti derivanti dall’idrolisi acida di materiali lignocellulosici.

È necessario mettere in risalto che tutti i processi di conversione idrolitica esaminati nel capitolo 2, e che utilizzano come alimentazione un materiale lignocellulosico, producono, oltre ad acido levulinico, inevitabilmente anche furfurale. Solo i processi che utilizzano come materia prima un pentosano possono produrre il furfurale. Nel presenta lavoro di tesi l’attenzione si è concentrata sui processi integrati in grado di produrre contemporaneamente anche l’acido levulinico.

Il furfurale può essere prodotto con un processo in uno stadio o in due stadi.

- Nel processo condotto in un solo stadio la biomassa (scarti di lavorazioni agricole, pula di riso, legno di quercia, pannocchie di mais o bagassa) è idrolizzata a xilosio e lo xilosio è disidratato a furfurale nello stesso reattore. Generalmente le rese di questo processo sono basse (0,7 - 3,3 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata).

- Nel processo in due stadi, nel primo reattore si realizza l’idrolisi della biomassa a pentosio, nel secondo i carboidrati C5 sono disidratati a furfurale. Le rese di questo tipo di processi sono maggiori (fino al 10 - 11 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata) [3]. Nei processi industriali realizzati in due stadi la reazione di idrolisi procede rapidamente e con alte conversioni, mentre la reazione di disidratazione, limita fortemente le rese in furfurale.

In entrambi i processi le condizioni di reazione utilizzate per convertire i materiali

lignocellulosici in furfurale sono meno drastiche delle condizioni usate per convertire gli

stessi materiali in acido levulinico; l’emicellulosa si depolimerizza più facilmente della

cellulosa e sono sufficienti temperature comprese tra 110 e 180 °C, pressioni di 1 - 10 atm e

presenza di catalizzatori acidi minerali diluiti, generalmente H

2

SO

4

o HCl [15-25].

(8)

Nella tabella 2 è riportato il contenuto di pentosani in alcune biomasse e la resa massima in furfurale ottenuta in uno studio del 1975 in cui la reazione è ottimizzata in due stadi [15].

Come si può osservare solo circa un terzo dei pentosani contenuti nelle materie prime vengono convertiti in furfurale.

Tabella 2 - Contenuto di pentosani in alcune biomasse e rese massime in furfurale ottenute.

In un lavoro del 1973 [16] viene condotta la reazione di idrolisi acida in un solo stadio mediante H

2

SO

4

, in condizioni di riflusso, per produrre furfurale a partire da pula di riso. A parità delle altre condizioni di reazione, l’efficacia degli acidi testati era nell’ordine: HCl >

H

2

SO

4

> H

3

PO

4

. Le rese massime in furfurale non hanno superato il 5 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata.

Tabella 3 - Resa percentuale in furfurale rispetto alla pula di riso alimentata nel processo a doppio ed a singolo stadio [27].

I processi che conducono le reazioni di depolimerizzazione di pentosani a pentosi, e la successiva loro conversione in furfurale, in un solo stadio [26][27] operano in condizioni blande: temperature moderate, basse pressioni e tempi di reazione brevi. Utilizzando come substrato pula di riso [27], cascame contenente il 28 % in peso di emicellulosa (rispetto alla biomassa secca) derivante dalla sbramatura del riso grezzo dopo trebbiatura, operando a 125 °C ed 1,5 atm per 20 minuti, con un rapporto solido / liquido nell’alimentazione di 1 g / 25 ml, è stata ottenuta una resa massima in furfurale del 3,3 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata

Biomassa Contenuto di pentosani (% in peso rispetto alla biomassa secca)

Resa in furfurale (% in peso rispetto alla biomassa secca)

Pannocchie di mais 30 - 40 % 10 %

Bagassa 25 - 27 % 8 - 9 %

Cotone 27 % 8 - 9 %

Faggio 21 - 24 % 6 - 8 %

Corteccia di legni duri 19 - 21 % 5 - 6 %

Pula di riso 16 - 18 % 6 %

Processo a singolo stadio [H

2

SO

4

]

(% in peso)

Resa furfurale (% in peso)

3 1,1

5 1,3

7 1,9

10 2,3

15 3,2

20 3,3

25 3

30 2,2

Processo in due stadi

Tempo (min) Resa furfurale (% in peso)

30 10,5

60 8,9

120 8,7

(9)

(Tab 3); la concentrazione dell’acido solforico utilizzato è del 20 % in peso. Aumentare la concentrazione dell’H

2

SO

4

causa una diminuzione delle rese in furfurale a causa dell’aumento della formazione di sottoprodotti.

La reazione di idrolisi della pula di riso [27] effettuata in un processo a due stadi ha permesso di ottenere una resa ponderale in furfurale del 10,5 % in peso rispetto alla biomassa alimentata, corrispondente al 56,1 % della massima resa teorica ottenibile (Tab. 3). Le condizioni di reazione adottate nello stadio di conversione dei pentosi a furfurale sono:

temperatura 110 °C, concentrazione H

2

SO

4

15 % in peso, tempo di residenza 30 minuti e rapporto liquido / solido 25 ml / 1 g. Se i tempi di reazione vengono aumentati a 60 minuti la resa in furfurale diminuisce all’8,9 % in peso a causa delle reazioni di condensazione e resinificazione che il furfurale subisce in soluzione.

In un lavoro del 1998 [26] è stato studiato un processo di conversione della pula di riso in furfurale. Negli anni ’90 il Cile produceva oltre 170.000 ton / anno di riso con circa 50.000 ton / anno di pula che dovevano essere smaltite; nel lavoro sono stati valutati questi scarti come materia prima per la sintesi di F, sia nel processo ad uno stadio che in quello a due.

L’alimentazione è costituita dal 30 % in peso (rispetto alla biomassa secca) di cellulosa, dal 28 % di emicellulosa, dal 18 % di lignina, dal 22 % di ceneri e dal 2 % di altri composti. Nel processo a singolo stadio è necessario triturare l’alimentazione per facilitare l’accessibilità dei pentosani agli acidi; utilizzare biomassa non triturata riduce drasticamente le rese (oltre il 30

% rispetto alla massima resa ottenuta). Nel processo a doppio stadio non triturare l’alimentazione significa ridurre in modo minore le rese (dal 10,5 al 9,5 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata).

Nel processo a singolo stadio, effettuato a 125 °C e 1,5 atm in condizioni di riflusso, è stato utilizzato un rapporto liquido / solido di 25 ml / 1 g, H

2

SO

4

al 15 % in peso ed è stata valutata l’aggiunta, nell’ambiente di reazione, di ossidi metallici e cloruri. L’aggiunta di TiO

2

aumenta la resa al 4,3 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata, valore corrispondente al 21,1 % in peso della massima resa teorica ottenibile.

Nel primo step del processo effettuato in due stadi il campione è trattato, a pressione

atmosferica, con H

2

SO

4

al 3 % in peso in condizioni di riflusso a 110 °C; nel secondo stadio

si tratta la soluzione con H

2

SO

4

al 15 % in peso. Nel secondo stadio è stato valutato l’utilizzo

di catalizzatori eterogenei acidi di Lewis (Fe

2

O

3

, ZrO

2

, ZnO e TiO

2

) in presenza di

concentrazioni di acido solforico minori del 15 % in peso. In tutti i casi aumentano le rese in

furfurale; in particolare l’aggiunta di TiO

2

porta la resa dal 10,5 % al 14,9 % in peso rispetto

alla biomassa secca utilizzata, corrispondente al 73,2 % della massima resa teorica ottenibile.

(10)

L’attività dei catalizzatori di Lewis si spiega con l’ancoraggio dello ione solfato in prossimità dei siti attivi del metallo; la formazione di queste strutture aumenta l’attività catalitica favorendo la formazione di complessi tra gli intermedi di reazione del furfurale ed il catalizzatore; l’elevato concentrazione di H

2

SO

4

, tuttavia, inibisce l’attività del catalizzatore.

L’utilizzo del sorgo come materia prima per la produzione di furfurale è stato studiato da diversi autori. Herrera [28][29] ha trattando 1 g di sorgo (contenuto di emicellulosa del 19 % in peso rispetto alla biomassa secca) con HCl al 2, 4 e 6 % in peso; conducendo la reazione a 122 °C per 300 min con HCl al 6 % in peso ed utilizzando un rapporto solido / liquido di 1 g / 10 ml è stata ottenuta una resa in furfurale del 5,6 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata (corrispondente al 40,5 % della massima resa teorica ottenibile); diminuendo la temperatura a 100 °C la resa ottenuta è stata dell’1,2 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata. Nello studio di Téllez-Luis [30] è stato effettuato il trattamento della biomassa nelle stesse condizioni di reazione, ma utilizzando H

2

SO

4

al 2 % in peso; è stata ottenuto una resa in furfurale del 3,4 % in peso rispetto alla biomassa alimentata; diminuendo la temperatura a 100 °C e aumentando la concentrazione di acido al 6 % è stata ottenuta una resa in furfurale dell’1,4 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata.

Nel lavoro di Vàzquez e altri (2006) [31], viene valutato cineticamente il processo di idrolisi acida del sorgo mediante H

3

PO

4

e le rese in furfurale ottenute. La reazione è stata condotta a 134 °C, a diverse concentrazioni di acido (2 - 6 % in peso) ed a diversi tempi di reazione (0 - 300 min). Sono stati inoltre definiti parametri e modelli cinetici che permettono di determinare le concentrazioni di xilosio, glucosio, arabinosio, furfurale, acido acetico e HMF negli idrolizzati. Il sorgo viene triturato per ottenere lotti di particelle omogeneizzate con diametro inferiore a 0,5 mm. Nel lavoro è stata determinata la composizione del sorgo utilizzato:

35,1 ± 0,8 % di cellulosa 19,2 ± 0,6 % di xilani 4,8 ± 0,7 % di arabinani 25,4 ± 0,6 % di lignina 15,5 % altri (per differenza)

Il contenuto di pentosani suscettibili alla conversione in furfurale è quindi del 24 ± 1,3 %.

Tutte le prove sono state effettuate con un rapporto acqua / sorgo secco di 10.

Utilizzando il 2 % di H

3

PO

4

la resa in furfurale massima ottenuta è stata del 7,4 % in peso

rispetto al sorgo alimentato. La resa molto bassa del glucosio in soluzione (1,6 % in peso

rispetto alla biomassa utilizzata) indica che la frazione dei glucani rimane praticamente

inalterata durante il processo di idrolisi delle emicellulose. La resa in acido acetico, derivante

dal rilascio dei gruppi acetile presenti in alcuni monomeri delle emicellulose, ha raggiunto lo

0,5 % in peso rispetto alla biomassa alimentata.

(11)

Utilizzando H

3

PO

4

al 4 % in peso è stata ottenuta una resa in furfurale dell’11,4 % in peso rispetto alla biomassa secca utilizzata. Come era lecito aspettarsi, rendendo più severe le condizioni di idrolisi, aumenta la resa in glucosio (2,7 % in peso) a causa di una più sensibile degradazione della componente cellulosica.

Utilizzando H

3

PO

4

al 6 % in peso è stata ottenuta la resa massima in furfurale: 13,7 % in peso rispetto alla biomassa secca utilizzata, corrispondente al 76,9 % della massima resa ottenibile.

Anche in questo caso, aumentando la severità delle condizioni di idrolisi, aumenta la resa in glucosio ottenuta: 3,5 % in peso rispetto al sorgo utilizzato (Fig. 8).

I valori dei coefficienti cinetici per rilascio dei monosaccaridi ricavati nello studio confermano che lo xilosio è il monosaccaride rilasciato più velocemente e che la componente cellulosica rimane pressoché inalterata e, una volta separata dal furfurale, può essere utilizzata per la sintesi di acido levulinico.

In un lavoro del 2008 [33] è stata utilizzata la componente emicellulosica presente nella bagassa per ottenere furfurale mediante un processo in due stadi. Nel primo stadio viene depolimerizzata l’emicellulosa presente nella biomassa mediante steam explosion (4 - 10 minuti a 180 - 220 °C sotto pressione); la componente cellulosica rimane pressoché inalterata e, dopo essere stata recuperata mediante filtrazione, può essere valorizzata mediante altro processo. Nel secondo stadio avviene la sintesi del furfurale: è stata ottenuta una resa del 10,3

% in peso rispetto alla biomassa di partenza effettuando il trattamento a 100 - 130 °C in presenza di H

2

SO

4

al 3 % in peso.

In un lavoro del 2010 [34] sono ottimizzate le condizioni per la produzione di furfurale da emicellulosa estratta da fibre di palma compresse (PPF), mediante un processo in due stadi

Figura 8 - Andamento della

concentrazione (nel caso

specifico equivalente alla

resa ponderale percentuale

rispetto al sorgo secco

utilizzato) di furfurale,

xilosio, glucosio, arabinosio e

acido acetico in soluzione in

funzione del tempo di

reazione per l’idrolisi

condotta in presenza del 6 %

in peso di H

3

PO

4

.

(12)

che necessita anche di un pretrattamento atto ad eliminare parte della lignina, dei lipidi e delle proteine presenti nel PPF. Il processo non esamina la possibilità di valorizzare la componente cellulosica per produrre acido levulinico. Il PPF è costituito dal 32 % in peso di cellulosa, dal 25,8 % di emicellulosa e dal 17,3 % di lignina (oltre che da proteine e lipidi). Nello stadio di pretrattamento questa biomassa viene delignificata per ottenere dPPF, un materiale contenente il 42,4 % in peso di cellulosa, il 39 % di emicellulosa e l’8,2 % di lignina (oltre che proteine e lipidi). Da 1 g di PPF sono stati ottenuti 0,89 g di dPPF mediante un trattamento basico che permette di allontanare dal PPF il 57,7 % della lignina, il 29,6 % delle proteine ed il 79,2 % dei lipidi lasciando inalterata sia la componente cellulosica che quella emicellulosica.

Il primo stadio consiste nella depolimerizzazione del dPPF per ottenere i pentosi; il processo è stato condotto con un rapporto liquido / solido nell’alimentazione compreso tra 8 e 10 ml per grammo di dPPF, a temperature comprese tra 100 e 125 °C e con concentrazioni di acido solforico del 2 - 10 % in peso. La massima resa in furfurale è stata ottenuta a 125 °C, con il 5,5 % in peso di H

2

SO

4

ed utilizzando un rapporto liquido / solido di 9 ml / 1 g.

Il secondo stadio del processo consiste nella reazione di disidratazione dello xilosio a furfurale. La resa massima in furfurale, 17,3 % in peso rispetto al dPPF utilizzato nel primo stadio, è stata ottenuta a 140 °C con un tempo di reazione di 90 minuti ed utilizzando il 5,7 % in peso di H

2

SO

4

.

È necessario considerare che, dopo il pretrattamento, da 1 g di PPF si ottengono 0,89 g di dPPF; la resa ponderale percentuale in furfurale rispetto al PPF di partenza è quindi del 15,4

% in peso.

Nello stesso studio sono state ottimizzate le condizioni di reazione di un processo che prevede, dopo il pretrattamento del PPF, un solo stadio di idrolisi e idratazione; usando il 5 % in peso di H

2

SO

4

, un rapporto liquido / solido di 8 ml / 1 g e conducendo la reazione per 90 minuti a 150 °C è stata ottenuta una resa massima in furfurale del 3,4 % in peso rispetto al dPPF utilizzato, resa drasticamente più bassa del processo realizzato in due stadi.

Nella tabella 4 sono riassunti alcuni dei principali processi di conversione di biomasse in

furfurale.

(13)

Tabella 4 - Alcuni processi di conversione di biomasse in furfurale riportati in letteratura.

Biomassa Stadio Acido C

acido

(% peso)

T (°C)

t (min)

Resa

% F

1

Rif.

Pannocchie di mais

1

2 H

2

SO

4

< 2,5 8 - 15

110 125

30 - 60

30 - 60 10 [15]

Bagassa 1

2 H

2

SO

4

< 2,5 8 - 15

110 125

30 - 60

30 - 60 < 9 [15]

Faggio 1

2 H

2

SO

4

< 2,5 8 - 15

110 130

30 - 60

30 - 60 < 8 [15]

Corteccia legni duri

1

2 H

2

SO

4

< 2,5 8 - 15

110 130

30 - 60

30 - 60 < 6 [15]

Pula di riso 1

2 H

2

SO

4

< 2,5 6 - 15

110 125

30 - 60

30 - 60 6 [15]

Pula di riso 1 H

2

SO

4

20 125 20 3,3 [27]

Pula di riso 1

2 H

2

SO

4

2 15

110 110

30

15 10,5 [27]

Pula di riso 1 H

2

SO

4

/ TiO

2

15 125 20 4,3 [26]

Pula di riso 1 2

H

2

SO

4

H

2

SO

4

/ TiO

2

3 15

110 125

30

15 14,9 [26]

Sorgo 1 HCl 6 122 300 5,6 [28]

Sorgo 1 H

2

SO

4

2 122 300 3,4 [30]

Sorgo 1 H

3

PO

4

6 134 300 13,7 [31]

Bagassa 1

2

/ (steam explosion) H

s

SO

4

/ 3

180 - 220 100 - 130

4 - 10

15 10,3 [33]

Fibre di palma (PPF)

1

2 H

2

SO

4

5,5 5,7

125 140

10 - 60

90 15,4 [34]

Fibre di palma (PPF)

1 H

2

SO

4

5 150 90 3 [34]

Arundo 1 HCl (autoclave) 1,68 170 30 9,4 [35]

Arundo 1 HCl (microonde) 1,68 150 15 10,2 [36]

Miscanto 1 HCl (microonde) 1,68 150 15 10,4 [36]

Sorgo 1 HCl (microonde) 1,68 150 15 9,5 [36]

1 = Resa percentuale rispetto alla biomassa secca alimentata

3.3.1 Il processo brevettato nell’Università di Pisa

Nei lavori effettuati presso il dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa sono state ottimizzate le condizioni di reazione per massimizzare le rese in furfurale a partire da biomasse (arundo, miscanto e sorgo) [35][36]. Il trattamento delle biomasse è stato effettuato in autoclave sotto pressione (30 atm di N

2

) oppure operando in microonde per diminuire i tempi di residenza della biomassa e i costi energetici del trattamento stesso.

Trattando l’arundo (contenuto di emicellulosa del 29,3 % in peso rispetto alla biomassa secca)

in autoclave a 170 °C per 30 min, è stata ottenuta una resa ponderale percentuale in furfurale

del 9,4 %. L’alimentazione è costituita da 2,2 g di biomassa, 1,2 ml di HCl al 37 % w/w e 30

g di acqua. Effettuare un pretrattamento idrotermale (1 - 2 h a 80 - 120 °C) o di steam

(14)

explosion riduce drasticamente la resa in furfurale. È stato ridotto notevolmente il tempo di reazione e la temperatura conducendo la reazione nel reattore a microonde: effettuando la conversione su una alimentazione costituita da 0,35 g d’arundo, 0,2 ml di HCl al 37 % w/w e 5 g di acqua, per 15 minuti a 150 °C, è stata ottenuta una resa ponderale percentuale in furfurale del 10,2 % (corrispondente al 47,8 % della massima resa teorica ottenibile); se la temperatura viene aumentata o diminuita di 10 °C la rese diminuisce, rispettivamente, all’8,4 e 5,9 %. La resa in residuo solido secco nell’intervallo di temperatura 150 - 190 °C è compresa tra il 30 % (a 150 °C) e il 27,7 % (a 190 °C); se il trattamento viene effettuato a 140

°C e 120°C la resa aumenta rispettivamente al 40 % e al 55 %. È stato dimostrato che sono necessarie temperature di almeno 150 °C per depolimerizzare la frazione cellulosica ed emicellulosica del materiale lignocellulosico.

Rese ponderali paragonabili in furfurale, operando in analoghe condizioni di reazione, sono state ottenute per il miscanto (10,4 %) ed il sorgo (9,5 %)

3.4 P ROCESSI DI CONVERSIONE SVILUPPATI SU SCALA INDUSTRIALE

I processi di produzione del furfurale sviluppati su scala industriale possono essere suddivisi in processi batch e processi continui.

3.4.1 Processi batch

I processi di questo tipo, attualmente non più utilizzati, operavano a temperature minori di 200 °C; queste temperature necessitavano dell’uso di reattori più grandi e tempi di reazione più lunghi rispetto ai processi continui che operano a temperature superiori ai 200 °C.

Il processo Quaker Oats (1921) è il più vecchio (Fig. 9). La biomassa acquosa ed il

catalizzatore acido (H

2

SO

4

al 6 % in peso) venivano alimentati in reattori cilindrici (che

durante la reazione ruotano su se stessi) e trattati con vapore a 153 °C per 5 h. Nel distillato è

stato ottenuto il 52,3 % del furfurale teorico massimo ottenibile nelle condizioni ottimali di

reazione. Gli svantaggi di questo primo processo sono molteplici: i tempi di residenza

estremamente lunghi, l’alta concentrazione di acido solforico, la necessità di materiali

anticorrosione e la generazione di un residuo estremamente acido rendono il processo molto

costoso e ambientalmente non compatibile [3].

(15)

Nel processo che era adottato in Cina, simile per progettazione e problematiche, la concentrazione di acido solforico è ridotta al 4 % in peso. Nelle condizioni ottimali di reazione è stata ottenuta una resa corrispondenti al 50 % del valore massimo teorico ottenibile.

Il processo Agrifurane utilizzava reattori batch operanti in serie. Il primo reattore operava a 177 °C e 9,35 bar, l’ultimo a 161 °C e 6,34 bar. Nel flusso uscente dall’ultimo reattore (Fig.

10 - flusso 5) sono state ottenute rese in furfurale del 5,5 % in peso rispetto alla biomassa utilizzata. Questo è il primo processo che utilizza un parziale riciclo del catalizzatore acido omogeneo (H

2

SO

4

) ai vari reattori; in ogni reattore la concentrazione di acido deve essere mantenuta all’1 % in peso (Fig. 10). Gli svantaggi del processo sono essenzialmente di natura economica: oltre ai sistemi anticorrosione, l’uso di 6 reattori in serie moltiplica i costi impiantistici; inoltre il filtro pressa utilizzato per disidratare il residuo è molto costoso [3].

1 = alimentazione biomassa 2 = riciclo soluzione acida 3, 4 = vapore

5 = vapore contenente F 6 = acqua

7 = residuo solido

8 = condensato contenente F 9 = acqua di scarto

10 = prodotti bassobollenti 11 = soluzione di NaHCO3 12 = aria

13 = polimeri 14 = furfurale

Figura 9 - Flow sheet del processo Quaker Oats.

Figura 10 - Flow scheet del processo Agrifurane.

(16)

3.4.2 Processi in continuo

Negli anni ’60 Quaker Oats, in Florida, mette a punto un rivoluzionario processo di produzione di furfurale che è stato attivo fino al 1997 (Fig. 11). La biomassa era soggetta ad un pretrattamento con vapore ad alta pressione per aumentarne il contenuto di umidità al 45 %.

Nel reattore erano inviati separatamente l’alimentazione così ottenuta, vapore a 10,9 atm e acido solforico. La miscela uscente dal reattore (contenuto di umidità del 40 %), era inviata ad un ciclone per separare il residuo solido dal liquido. In un tempo di residenza

di 1 h è stata ottenuta una resa in furfurale pari al 55 % della massima resa teorica ottenibile [3].

Il processo continuo messo a punto dalla Escher Wyss [3], ora non più usato, impiegava un reattore (Fig. 12) a letto fluido (operante a 170 °C) in cui veniva spruzzato H

2

SO

4

, fino a raggiungere la concentrazione del 3 % in peso. La biomassa era mantenuta in sospensione nel reattore (per 45 min) da un flusso di vapore proveniente dal basso. Il processo è stato abbandonato a causa delle basse rese in furfurale, della difficoltà di mantenimento del letto fluido in sospensione e di problemi di corrosione e abrasione.

Figura 11 - Schema del processo continuo Quaker Oats.

Figura 12 - Reattore del processo Escher Wyss.

(17)

Nel processo Rosenlew [3] (Fig. 13), o processo ad autoidrolisi, la biomassa entrava nel reattore, che opera in controcorrente, dall’alto e scende lentamente verso il basso (tempo di residenza di 120 min) per gravità; contemporaneamente vapore surriscaldato a 10 bar entrava dal basso del reattore ed usciva dall’alto insieme ai prodotti volatili. Al contrario dei processi analizzati fino ad ora, in questo processo non si aggiungono catalizzatori esterni; il catalizzatore è costituito da una miscela di acido acetico, acido formico e quantità minori di altri acidi carbossilici formatisi dalla materia prima (per questo il processo è detto ad autoidrolisi). Lo start della reazione può richiedere giorni se non vengono aggiunti acidi minerali dall’esterno; la concentrazione degli H

+

presenti nell’acqua neutra è minima e la reazione di idrolisi dei gruppi acetilici e formici a formare acido acetico e formico è molto lenta. Solo quando la concentrazione di questi acidi è rilevante questa è sufficienti a catalizzare in tempi ragionevoli la reazione di idrolisi dei pentosani.

La concentrazione di acido era massima ad 1 / 3 dell’altezza del reattore e diminuiva scendendo nella parte bassa. Per questo motivo le fermate dell’impianto dovevano essere limitate al minimo.

Figura 13 - Flow sheet

del processo Rosenlew.

(18)

La biomassa entrava nel reattore fredda; sulla sua superficie condensavano i vapori di furfurale provenienti dal basso; nella parte inferiore del reattore si formava il furfurale che veniva strippato via dalle particelle di biomassa. Per limitare le reazioni di degradazione del furfurale (resinificazione e condensazione) questo deve essere allontanato il più velocemente possibile dalla fase liquida; questo è possibile aumentando il flusso di vapore immesso nel reattore in modo che aumenti la velocità con cui il furfurale passa in fase vapore; tuttavia in questo modo diminuisce anche l’acidità presente nel reattore (che può essere visto come una colonna di stripping) e per questo è necessario ottimizzare il flusso.

In questo impianto i problemi ed i costi legati alla corrosione sono fortemente limitati; i tempi di reazione sono però lunghi e le rese che venivano ottenute non erano superiori al 60 % del valore massimo teorico ottenibile a causa delle reazioni di degradazione che subisce il furfurale quando permane in soluzione. Inoltre la dimensione della particelle alimentate doveva essere compresa in un certo intervallo; questo portava allo scarto di circa il 40 % della biomassa che potrebbe essere alimentata.

Nel processo Supratherm (Fig. 14) [3] la biomassa veniva miscelata con una soluzione acquosa contenente H

2

SO

4

di riciclo (e in piccola parte fresco). La miscela, dopo mescolamento, veniva inviata ad un reattore tubolare di idrolisi che opera a 230 °C in presenza di vapore surriscaldato ad alta pressione. La miscela uscente dal reattore subiva una decompressione “esplosiva”: il furfurale passa in fase vapore in modo molto più efficiente del normale stripping del processo Rosenlew e rimane per minor tempo nella fase liquida in cui subisce le reazioni di degradazione. Mediante un ciclone il vapore veniva purificato da solidi e liquidi residui. Il solido residuo viene inviato ad un filtro pressa per recuperare e riciclare il catalizzatore acido.

Nonostante i bassi tempi di residenza (permettono l’uso di reattori di volume minore rispetto

al processo Rosenlew), l’uso di cicloni (permettono di ottenere vapori di furfurale privi di

solidi e liquidi che generano incrostazioni nei processi di purificazione (distillazione) del

furfurale), il riciclo del catalizzatore e l’aumento delle rese in furfurale, realizzato grazie

all’uso di alte temperature e al rilascio “esplosivo” del furfurale per decompressione della

miscela reagita, nel processo permangono tutti i problemi legati alla corrosione e al recupero e

riciclo del catalizzatore: il filtro pressa ha un costo notevole e tutto l’impianto deve resistere

all’azione corrosiva dell’acido.

(19)

Il processo della Stake Technology [3] fonde i vantaggi del processo Supratherm e del processo Rosenlew: la reazione di idrolisi veniva condotta ad alte temperature (230 °C), in presenza di vapore surriscaldato, con gli acidi derivanti dalla biomassa (acido acetico, acido formi e altri acidi carbossilici) come catalizzatori; la reazione, che avveniva a 28 bar, è seguita dalla decompressione “esplosiva” della miscela reagita per il recupero del furfurale. Con un tempo di residenza di 6,3 minuti sono state ottenute rese del 66 % rispetto alla massima resa teorica possibile.

Anche il processo Suprayield [3] (Fig. 15) aumenta le rese in furfurale minimizzando le reazioni di degradazione che il furfurale subisce in fase liquida ma non in fase vapore. Per realizzare questo obbiettivo la miscela reagente veniva mantenuta all’ebollizione, limitando l’uso di vapore surriscaldato, che è molto costoso, e non utilizzando scambiatori di calore, che aumentano esponenzialmente i fenomeni di incrostazione. L’approccio seguito nel processo Suprayield è innovativo: si realizza una lenta decompressione della miscela reagente; mentre i pentosani si convertono in furfurale si diminuisce la pressione nell’ambiente di reazione in modo che il furfurale prodotto passi immediatamente in fase vapore. Acido acetico e acido formico, meno volatili, rimangono in soluzione.

Nella parte del reattore in cui veniva alimentata la biomassa era inviato vapore surriscaldato a 230 °C sotto pressione. Il vapore condensa sulla superficie della biomassa fredda causando

Figura 14 - Schema del processo Supratherm.

(20)

una lenta diminuzione della temperatura (non deve scendere sotto i 180 °C) e della cinetica della reazione. La lenta decompressione dell’ambiente di reazione allontana immediatamente il furfurale formato dalla fase liquida e lo rimuove dal reattore. Quando termina la produzione di furfurale è possibile inviare nuovamente vapore surriscaldato o scaricare il contenuto del reattore.

Sono state ottenute rese in furfurale vicine all’80 % della resa massima teorica ottenibile con tempi di residenza di 10 minuti; generalmente, tuttavia, un impianto di questo tipo necessita dell’aggiunta di un catalizzatore esterno per rendere accettabile la cinetica di reazione: l’acido ortofosforico è abbastanza forte ma molto meno corrosivo dell’acido solforico utilizzato nei processi di vecchia generazione.

Il processo MTC [3] è attualmente utilizzato per produrre furfurale. La biomassa viene pretrattata per eliminare l’aria e formare una alimentazione costituita da acqua e biomassa in rapporto 10 / 1. La miscela è inviata al reattore di idrolisi, da cui si produce furfurale e un residuo solido. Il reattore continuo è una colonna multiturbina che opera in controcorrente:

dall’alto entra la miscela reagente, dal basso il vapore sottopressione surriscaldato. Il furfurale prodotto, rimosso rapidamente dalla fase liquida, lascia il reattore dall’alto ed è inviato alla purificazione; mediante distillazione azeotropica sotto vuoto o estrazione con toluene sono allontanati l’acqua e gli altri sottoprodotti.

La componente cellulosica del residuo solido può essere utilizzata per la produzione di acido levulinico, la componente ligninica può essere utilizzata come combustibile.

Figura 15 - Schema

dell'impianto Suprayield.

(21)

3.5 A PPLICAZIONI DEL FURFURALE E DEI SUOI DERIVATI

Il furfurale tal quale è utilizzato come estraente selettivo di molecole organiche contenenti doppi legami; tra i doppi legami del furfurale e quelli di altre molecole si possono, infatti, creare sistemi coniugati stabili. Per questo è utilizzato per rimuovere composti aromatici da oli lubrificanti e carburanti diesel (in questo caso il prodotto desiderato, privo di composti aromatici, è il raffinato) e per ottenere composti insaturi da oli vegetali, come l’olio di soia, utilizzabili nelle vernici (in questo caso il prodotto desiderato, ricco di composti insaturi, è ottenuto dall’estratto); la presenza di composti con doppi legami permette infatti l’essicazione della vernice per ossidazione con aria e forma polimeri reticolati [3].

L’uso del furfurale come fungicida, anche in concentrazioni molto basse (0,5 % in peso), è noto fin dal 1923 [37]: è in grado di uccidere parassiti di molte specie vegetali con il vantaggio, rispetto ad altri composti usati con questo obbiettivo, di non essere tossico per l’uomo, di non venir assorbito dalle piante e di essere innocuo per l’ambiente in concentrazioni moderate.

La valorizzazione del furfurale in prodotti alternativi compatibili con lo schema delle bioraffinerie rappresenta un obiettivo strategico per una sostenibilità economica del processo di conversione dei materiali lignocellulosici in chemicals (Fig. 16).

Figura 16 - Il

furfurale come

piattaforma

chimica.

(22)

È possibile suddividere schematicamente i prodotti derivanti dal furfurale in tre classi:

- biocombustibili: conversione ecoefficiente del furfurale in 2-metil furano (2-MF);

- polimeri speciali: sintesi dell’acido 2,5-furandicarbossilico (2,5-FDCA) che può sostituire l’acido tereftalico utilizzato come monomero nella produzione del polietilentereftalato (PET) [38][39];

- intermedi ad alto valore aggiunto per chimica fine derivati direttamente dal furfurale ma anche da furfuril alcol e da furano [3].

3.5.1 Conversione di furfurale in 2-metil furano

Il furfurale non è adatto come additivo per carburanti perché si ossida facilmente ad acido.

Rispetto alla sua frammentazione in etanolo è preferibile una sua conversione catalitica diretta a componenti per combustibili. La conversione in etanolo comporta infatti la perdita di un atomo di carbonio: conservare e valorizzare tutti gli atomi di carbonio è fondamentale per l’economia atomica; la conversione diretta del furfurale conserva lo scheletro C5 e consente un recupero maggiore del valore energetico intrinseco.

Il furfurale può essere idrogenato a 2-metil tetraidrofurano (2-MTHF), utilizzato come additivo per carburanti. Tuttavia, la conversione a 2-metil furano (2-MF) per idrogenazione è preferibile perché il consumo di idrogeno è ridotto e si produce un prodotto poco solubile in acqua (basso impatto ambientale) che non forma acidi. Il RON (numero di ottano) delle molecole evidenzia come la produzione di 2-MF sia la scelta migliore (Fig. 17) [40].

L’idrogenazione del furfurale è stata studiata principalmente in Cina e Stati Uniti. Sono stati sesaminati catalizzatori a base di Pd e di Cu. La scelta del catalizzatore influenza il cammino di reazione. Le proprietà dei due metalli dipendono anche dal tipo di supporto e dalle condizioni di reazione (Fig. 17).

Figura 17 - Conversione del

furfurale in 2-MF e THF.

(23)

3.5.2 Polimeri speciali: sintesi dell’acido 2,5-furandicarbossilico

I derivati del furfurale funzionalizzati in posizione 5 rivestono un ruolo di particolare importanza nei processi in cui i carboidrati sono trasformati in prodotti chimici. L’HMF, per esempio, può venire ossidato ad acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), un monomero per la sintesi di polimeri alternativi a quelli ottenuti a partire da acido tereftalico (Fig. 18 schema 2a). Il polimero sintetizzato da FDCA, oltre ad essere ottenuto a partire da materia prima rinnovabile, è più facilmente biodegradabile e non presenta problemi di bioaccumulo.

Il primo passaggio è la produzione di HMF, ottenibile direttamente da fruttosio e da altri precursori come il saccarosio. Una alternativa interessante è costituita dalla funzionalizzazione del furfurale: in tal caso il gruppo funzionale ideale è il metilolo, con conseguente formazione di HMF. E’ possibile introdurre il gruppo metilolo in posizione 5 mediante una reazione di idrossimetilazione, cioè una reazione tra il furfurale e la formaldeide in soluzione acquosa (Fig. 18 schema 2b). La resa nel prodotto desiderato, tuttavia, è bassa perché il gruppo carbonilico in posizione 2 tende a reagire con la formaldeide per formare prodotti pesanti [41][42].

Per ottenere rese più alte si può condurre la reazione in condizioni tali da permettere la generazione in situ del reagente elettrofilo in condizioni non competitive (assenza di solventi protici e sistemi acidi di Bronsted). Si può condurre la reazione tra furfurale e metanolo in condizioni di generazione in situ della formaldeide in catalisi basica (Fig. 18 schema 2c); i catalizzatori proposti sono a base di ossidi misti di Mg / Fe, Mg / Cr e Mg / Al. Tali sistemi possiedono caratteristiche deidrogenanti in grado di attivare il metanolo in condizioni blande in fase liquida. Il secondo passaggio consiste nell’ossidazione di HMF a FDCA (Fig. 18 schema 2a); la reazione è condotta con catalizzatori a base di metalli nobili supportati per ossidazione con ossigeno molecolare. Per ottenere velocità di reazione elevate è necessario, però, un rapporto tra catalizzatore e substrato molto elevato, con costi eccessivi.

Figura 18 - Formazione del FDCA.

(24)

3.5.3 Produzione di acido furoico

L’acido furoico, utilizzato in campo farmaceutico e in agrochimica, si ottiene per ossidazione del furfurale. Nel primo stadio della reazione il furfurale reagisce con una soluzione acquosa di NaOH al 28 % in peso per formare furfuril alcol e sodio 2-furancarbossilato (reazione di Cannizzaro) (Fig. 19). Dopo la rimozione dell’alcol furfurilico il sodio 2-furancarbossilato è trattato con H

2

SO

4

per formare acido furoico e NaHSO

4

. La purificazione dell’acido formato è complessa a causa della formazione di sottoprodotti [3].

Questo processo, utilizzato industrialmente, non è green perché utilizza acidi e basi forti e non ha rese elevate a causa dell’inevitabile formazione di prodotti polimerici; è necessario mettere a punto catalizzatori eterogenei che permettano di ossidare selettivamente il furfurale ad acido furoico.

3.5.4 Sintesi di alchil furoati

Il furfurale può essere ossidato ad acido furoico, usato come agente conservante e battericida, come materia prima in sintesi organica e come intermedio nella sintesi di alchil furoati.

Gli alchil furoati sono preparati in due stadi; nel primo si ha l’ossidazione del furfurale ad acido furoico con KMnO

4

, in presenza di acetone come solvente; nel secondo stadio l’acido furoico reagisce con alcol metilico o etilico in presenza di H

2

SO

4

per formare l’alchil furoato (Fig. 20); l’uso di H

2

SO

4

rende il processo costoso (problemi di corrosione) e non ambientalmente compatibile. Gli alchil furoati trovano ampia applicazioni in chimica fine e nell’industria farmaceutica come agenti aromatizzanti, come solventi e come agenti estraenti.

Il furfurale può essere trasformato in metil furoato mediante esterificazione ossidativa con O

2

, in condizioni molto blande, usando come catalizzatore Au / TiO

2

. L’oro preparato in forma di nanoparticelle supportate è un buon catalizzatore per reazioni di ossidazione selettiva con O

2

. Nonostante i numerosi studi, restano da definire alcune problematiche riguardanti il metodo di

Figura 19 -

Formazione di

acido furoico.

(25)

preparazione, il ruolo del metallo nella reazione, il ruolo delle dimensioni e della struttura cristallina delle nanoparticelle e il ruolo del supporto [43][44].

3.5.6 La filiera delle idrogenazioni

Una importante applicazione del furfurale è la produzione di alcol furfurilico mediante idrogenazione selettiva realizzata con catalizzatori eterogenei. In letteratura sono presenti studi (Fig. 21) che riportano altri processi di idrogenazione che il furfurale e l’alcol furfurilico possono subire (filiera delle idrogenazioni) [45].

Figura 21 - Filiera delle idrogenazioni del furfurale.

Figura 20 - Etil furoato

(a sinistra) e metil

furoato (a destra).

(26)

3.5.7 Sintesi di alcol furfurilico

Attualmente circa il 65 % del furfurale prodotto viene convertito in alcol furfurilico. La sintesi è effettuate mediante idrogenazione selettiva del furfurale con catalizzatori eterogenei (Fig.

22).

La reazione viene effettuata a temperature comprese tra 130 e 140 °C, normalmente a pressione atmosferica e in fase gassosa, con catalizzatori eterogenei a base di ossidi metallici (CuO, ZnO, Al

2

O

3

, MgO) o rame metallico. La selettività verso il prodotto desiderato, le rese e le conversioni sono maggiori del 98 % [45]. L’alcol furfurilico viene utilizzato per la produzione di fibre sintetiche, gomme, resine e molte altre sostanze chimiche [3].

Generalmente l’idrogenazione selettiva di un legame carbonilico in presenza di doppi legami è termodinamicamente meno favorita e per realizzarla con alte selettività dovrebbero essere usati catalizzatori specifici e promotori. Nonostante ciò le rese e le selettività riportate in letteratura sono prossime al 100 %; questo è essenzialmente dovuto al fatto che il furfurale è un composto eteroaromatico: i due doppi legami della molecola sono coniugati e interagiscono con i due doppietti elettronici liberi presenti sull’atomo di ossigeno.

L’idrogenazione del furfurale ad alcol furfurilico è industrialmente condotta in fase gas (Fig.

23). I processi che operavano in fase liquida a 200 atmosfere sono stati abbandonati.

In una colonna che opera in controcorrente (dall’alto scende il furfurale mentre dal basso sale l’idrogeno) è inviato vapore per mantenere la temperatura a 120 °C. L’alimentazione così formata viene inviata ad un reattore catalitico tubolare che opera a 135 °C. Il catalizzatore, sottoforma di pellet, è a base di cromo e rame. La miscela uscente dal reattore è inviata alla purificazione: si recupera e ricicla l’idrogeno non reagito e, mediante una colonna di distillazione che opera a pressione ridotta, si recupera l’alcol furfurilico puro in coda e impurezze di 2-metil furfurale, acqua e furfurale non reagito in testa. La resa del processo è del 92 %.

La temperatura del reattore, nel corso dell’esercizio, è aumentata gradualmente da 122 a 152

°C per compensare una progressiva diminuzione dell’attività catalitica. Il catalizzatore è riattivato mediante riduzione con idrogeno [3].

Figura 22 - Sintesi del furfuril alcol.

→

+ H

2 cat

(27)

3.5.8 Produzione di furano

La reazione di decarbonilazione catalitica del furfurale produce furano e CO (Fig. 24). Il reattore opera sotto agitazione, a pressione atmosferica e a una temperatura di 158 °C; il catalizzatore eterogeneo, che può operare per un massimo di 240 h prima di essere rigenerato, è costituito da Pd / C al 5 % e da un promotore a base di carbonato di potassio [46]. La fase gassosa uscente dal reattore, contenente furano, furfurale non reagito, CO e H

2

O (contenuta nell’alimentazione di furfurale per lo 0,2 % in peso), è inviata alla purificazione [61].

Dal furano si possono produrre altri chemicals come il tetraidrofurano, il politetraidrofurano ed il butanolo (Fig. 23). La sintesi del furano condotta a partire da furfurale non è compatibile con i criteri della green chemistry a causa della perdita di un atomo di carbonio come CO, che rende l’economia atomica del processo insufficiente.

 →

cat

+ CO Figura 24 - Sintesi del

furano dal furfurale.

Figura 23 - Idrogenazione del furfurale ad alcool furfurilico in fase gas.

(28)

3.5.9 Sintesi del politetraidrofurano

Il tetraidrofurano, come altri eteri ciclici, può essere sottoposto ad un processo di polimerizzazione cationico per formare PTHF (Fig. 25).

I catalizzatori acidi utilizzati industrialmente sono:

1) acido fluosolfonico (FSO

3

H);

2) pentacloruro di antimonio (SbC1

5

);

3) materiali silicei con anidride acetica (processo Basf);

4) una resina acida (perfluosulfonica) con anidride acetica (processo Du Pont).

I primi due sistemi sono usati per produrre PTHF in un solo step perché i gruppi terminali delle catene polimeriche sono gruppi OH; tuttavia si producono grandi quantità di prodotti che devono essere smaltiti: CaSO

4

e CaF

2

(primo caso) o ossidi di antimonio e calcio (secondo caso). Usare il terzo e il quarto approccio implica un ulteriore step nella produzione del PTHF: si produce infatti il PTHF sottoforma di diacetato che deve essere convertito in diolo in un ulteriore passaggio. Il processo sviluppato dalla Basf produce un polietere quasi incolore e il catalizzatore, dopo essere stato separato per centrifugazione, può essere riutilizzato [3].

3.5.10 Conversione di furfuril alcol in alchil levulinati

In uno studio cinese pubblicato nel gennaio 2011 [47] è stato messo a punto un metodo che permette di convertire derivati di biomassa in fine chemicals; in particolare viene convertito alcol furfurilico in alchil levulinati mediante un catalizzatore solido ibrido costituito da cationi organici e anioni inorganici (Fig. 26). In letteratura questo tipo di reazione è condotta mediante catalizzatori acidi minerali; le rese sono però molto basse perché il furfuril alcol in ambiente acido polimerizza. Gli autori rivendicano rese massime del 93 % in peso (rispetto all’alcol alimentato) in n-butil levulinato ottenute con un processo green ed economico: si opera a temperature contenute (90 - 120 °C), in condizioni di riflusso, in assenza dei problemi di corrosione legati all’uso di catalizzatori acidi minerali. Sono state ottenute rese rilevanti (66

Figura 25 -

Il PTHF.

(29)

- 88 % in peso rispetto all’alcol alimentato) anche in n-propil levulinato e isopropil levulinato, dopo 4 ore dall’inizio della reazione; sono state ottenute rese minori (4 - 36 %) usando come substrati metanolo, isobutanolo e tert-butanolo.

3.6 P RETRATTAMENTI DEI MATERIALI LIGNOCELLULOSICI

I materiali lignocellulosici possono essere pretrattati per incrementare la porosità del materiale stesso e renderlo più vulnerabile all’idrolisi acida. I processi finalizzati al recupero del furfurale che operano in due stadi pretrattano la biomassa in modo da decomporre in monomeri (e oligomeri a basso peso molecolare) l’emicellulosa e ridurre la cristallinità della cellulosa; in questo modo i pentosi derivanti dall’emicellulosa passano in soluzione mentre la cellulosa (comunque più vulnerabile al successivo attacco acido) e la lignina non vengono idrolizzate e rimangono solide.

Il pretrattamento deve [48]:

- rimuovere la lignina o alterarne la struttura;

- favorire la formazione dei carboidrati o rendere più facile la loro formazione in uno step successivo di idrolisi;

- rimuovere i gruppi acetilici presenti nelle emicellulose;

- massimizzare il recupero dell’emicellulosa;

- evitare la degradazione dei carboidrati;

- evitare la formazione di coprodotti che possono inibire i processi successivi di idrolisi o fermentazione;

- espandere la struttura del materiale lignocellulosico per incrementare l’area superficiale.

I pretrattamenti possono essere fisici (polverizzazione), chimico - fisici (auto idrolisi), chimici (utilizzo di basi diluite, acidi diluiti, agenti ossidanti e solventi organici), o una combinazione di queste tre metodologie.

I pretrattamenti fisici delle biomasse sono di tipo meccanico e mirano a rendere la biomassa più accessibile all’idrolisi aumentandone l’area superficiale; il materiale viene ridotto in

Figura 26 - Formazione di alchil levulinati a partire da furfuril alcol.

(30)

trucioli (diametro 10 - 30 mm) o macinato (diametro 0,2 - 2 mm) [49]. I pretrattamenti chimico - fisici e chimici sono vari.

Durante la steam - explosion la biomassa viene introdotta in un reattore in cui è sottoposta ad alte temperature (190 °C per circa 10 minuti o 290 °C per circa 1 minuto) e pressioni (20 - 90 bar) per mezzo di vapore. In pratica è sottoposta ad un trattamento di autoidrolisi sotto pressione che dura pochi minuti. Successivamente il reattore subisce una decompressione

“esplosiva” fino alla pressione atmosferica: il contenuto del reattore viene scaricato attraverso un piccolo foro. Se il trattamento viene condotto in presenza di H

2

SO

4

, SO

2

o CO

2

(concentrazioni minori del 3 % in peso), è possibile diminuire i tempi di residenza e / o le temperature.

La delignificazione può essere effettuata mediante trattamento con solventi organici [50].

Per limitare la formazione dei prodotti di degradazione degli zuccheri è necessario ridurre le temperature del processo. La biomassa può essere trattata con NH

3

liquida a 40 - 140 °C e 250 - 300 psi (la pressione viene successivamente ridotta bruscamente) ma il processo è molto più costoso [51]. La biomassa può essere trattata con CO

2

supercritica operando a temperature inferiori alla normale steam - explosion e riducendo la decomposizione dei monosaccaridi liberi; questo trattamento è più economico del precedente.

Il processo Organosolv [52] utilizza uno o più solventi organici (metanolo, etanolo, acido acetico, acido formico, acetono, acetato di etile) e / o acquosi, in presenza di HCl o H

2

SO

4

, per delignificare la biomassa solubilizzando la lignina e idrolizzando l’emicellulosa.

I trattamenti con acidi (essenzialmente HCl e H

2

SO

4

) sono praticamente il primo stadio dei processi di produzione del furfurale realizzati in due step analizzati nelle sezioni 3.3 e 3.4 del presente lavoro di tesi. I processi sono utilizzati per produrre furfurale a temperature e concentrazioni di acido basse (degradazione dell’emicellulosa e conversione dei pentosi) e per produrre acido levulinico a temperature e con concentrazioni di acido maggiori (degradazione della cellulosa e conversione degli esosi) [53][54].

I trattamenti basici con NaOH o Ca(OH)

2

sono gli unici che lasciano cellulosa ed emicellulosa

come residuo solido e degradano la parte ligninica [55]; nella prima fase del trattamento

(temperature e pressioni minori rispetto agli altri processi) vengono scissi i legami strutturali

tra la lignina e i polisaccaridi. La struttura della lignina viene degradata e, successivamente, i

legami esterei saponificano.

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