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Occupazione per pubblica utilità, quando spetta il risarcimento

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Occupazione per pubblica utilità, quando spetta il risarcimento

Autore: Redazione | 07/05/2017

Se l’occupazione abusiva di un terreno privato da parte del Comune è illegittima al proprietario non spetta la restituzione ma solo il risarcimento del danno.

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Chi viene espropriato dal Comune di un proprio terreno e il provvedimento viene dichiarato illegittimo può limitarsi a chiedere il solo risarcimento del danno e non la restituzione del fondo quando questo è stato ormai irreversibilmente trasformato e, quindi, è venuto meno l’interesse allo stesso. È quanto chiarito dal Tar Calabria con una recente sentenza [1] con cui viene affrontato il problema della cosiddetta occupazione per pubblica utilità e dei rapporti col diritto al risarcimento da parte del proprietario.

La questione riguarda tutti i casi di illegittima occupazione per pubblica utilità. Si pensi al caso in cui, a seguito della dichiarazione di pubblica utilità da parte della pubblica amministrazione, non abbia fatto seguito il decreto di espropriazione entro i termini indicati dalla legge. Il proprietario ha innanzitutto il diritto a chiedere la restituzione del bene occupato in quanto, secondo la giurisprudenza [2] – la realizzazione dell’opera pubblica non è un ostacolo alla possibilità di restituire l’area illegittimamente espropriata.

Tuttavia, in alternativa alla restituzione dell’immobile, il proprietario può chiedere il solo risarcimento del danno subito, rinunciando in tal modo alla proprietà del bene ed alla sua restituzione (in quanto non interessato a quest’ultima). Il che di norma avviene in caso di avvenuta o irreversibile trasformazione del fondo.

Secondo il Tar, «deve riconoscersi alla parte ricorrente il risarcimento del danno per la mancata disponibilità del bene per tutto il periodo di occupazione illegittima». Il danno dovrà essere liquidato entro centoventi giorni e va commisurato al valore del terreno «prendendo come riferimento il valore medio indicato nelle banche dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle entrate».

Come si calcola il danno da mancata disponibilità del bene? Secondo i giudici la liquidazione avviene nella misura del 5% per cento del valore del terreno per ogni anno di occupazione illegittima. Oltre al risarcimento vanno corrisposti anche gli interessi legali e la rivalutazione monetaria.

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La causa deve essere intrapresa entro massimo 5 anni, a pena di prescrizione.

Note

[1] Tar Calabria, sent. n. 708/17 del 2.05.2017. [2] C. Cost. sent. n. 293/10; Cons.

St. sent. n. 5844/2011. Autore immagine: Puxabay.com

Sentenza

Pubblicato il 02/05/2017 N. 00708/2017 REG.PROV.COLL. N. 00738/2013 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA NON DEFINITIVA sul ricorso numero di registro generale 738

del 2013, proposto da: Ivana Furfaro, Sciarrone Giuseppe, rappresentati e difesi dall'avvocato Massimo Cannata', con domicilio per legge presso Segreteria del

T.A.R. Calabria via A. De Gasperi n.76 B in Catanzaro; contro Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio; nei confronti di Ditta Leopoldo Sorriso non costituito in giudizio; per ritenere e dichiarare l’avvenuto trasferimento della proprietà dei suoli occupati per

la realizzazione dell’opera pubblica di cui in premessa in favore

dell’Amministrazione convenuta e, per l’effetto, condannare la convenuta a corrispondere agli istanti: a) un’indennità per il periodo di occupazione legittima

dei fondi occupati con decorrenza dal 04/02/1999 fino al termine di legge; b) un’indennità per il periodo di occupazione illegittima; c) una somma a titolo di risarcimento commisurata al valore del bene, quale corrispettivo della sua perdita

definitiva e dell’inverarsi della cd. accessione invertita; d) nonché il risarcimento del danno relativo alla diminuzione di valore dei residuati; il tutto per la complessiva somma che sarà accertata in corso di causa a mezzo di idonea CTU,

oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; e) spese e competenze di causa.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2017 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc.

amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.

Con atto di citazione, notificato in data 2 febbraio 2006, gli odierni ricorrenti convenivano in giudizio la Provincia di Vibo Valentia dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, per accertare e dichiarare che la Provincia si era appropriata di terreno di

loro proprietà, meglio indicato nell’atto, e, per l’effetto, per condannarla a corrispondere: a) un’indennità per il periodo di occupazione legittima con decorrenza dal 4 febbraio 1999 fino al termine di legge; b) un’indennità per il periodo di occupazione illegittima; c) il risarcimento dei danni in ragione del valore

reale degli immobili in favore degli stessi, quale corrispettivo della sua perdita

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definitiva e dell’inverarsi della cd. accessione invertita; d) il risarcimento del danno relativo alla diminuzione di valore dei residuati; il tutto per la complessiva somma

che sarà accertata in corso di causa a mezzo idonea CTU, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. 1.1. Premettevano che: - con determina n.88 del 14 dicembre 1998 del responsabile del IV settore dell’amministrazione provinciale di Vibo Valentia veniva autorizzata l’occupazione d’urgenza degli immobili necessari per la realizzazione dei lavori di collegamento stradale rapido tra la SS 522 e la SS

18, precisamente il secondo stralcio variante Santa Domenica di Ricadi (dichiarazione di pubblica utilità ex art.1 L. 3.01.1978 n.1 con approvazione del progetto da parte della G.P. di VV n.102 del 13 marzo 1998); - i terreni di parte ricorrente per cui è causa, all’epoca di proprietà del sig. Cesare Bragò, sono stati

interessati dal procedimento di espropriazione; - le opere di immissione in possesso si sono svolte in data 4 febbraio 1999, per come comunicato a parte ricorrente; - in data 15 marzo 2001 i lavori sono stati ultimati, per come risulta da certificato di ultimazione lavori; - nonostante il decorso dei termini di occupazione d’urgenza, nonché la realizzazione delle opere pubbliche, non è mai intervenuto il

relativo decreto di espropriazione pubblica. 1.2. Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione provinciale eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice

ordinario e formulava la chiamata in garanzia della ditta Leopoldo Sorriso.

1.3. Il Tribunale di Vibo Valentia autorizzava l’integrazione del contradditorio, ordinando la vocatio in ius della ditta su citata che, chiamata in giudizio, rimaneva

contumace. 1.4. Con sentenza n. rep. 309/2013, all’esito della camera di consiglio del 14 marzo 2013, il Tribunale di Vibo Valentia declinava la propria giurisdizione in

favore del giudice amministrativo. 2. Con il ricorso in epigrafe, portato alla notifica in data 10 giugno 2013 e depositato lo stesso 10 giugno 2013, i sigg.ri Furfaro

Ivana e Sciarrone Giuseppe hanno riassunto il detto giudizio innanzi a questo giudice, riproponendo le medesime istanze, già formulate con atto di citazione

innanzi al giudice ordinario. 2.1. Non si sono costituiti nè l’Amministrazione provinciale né il controinteressato. 3. Tanto premesso ed esposto, questo Collegio,

sicuramente con giurisdizione a decidere sulla domanda risarcitoria da occupazione illegittima, non condividendo, invece, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla pretesa di parte ricorrente relativa

alla corresponsione delle somme dovute a titolo di indennità per occupazione legittima, atteso l’assetto normativo in materia di riparto di giurisdizione tra le due

magistrature, ai sensi dell’art. 53 comma 2, del D.P.R. n. 327 del 2001, con ordinanza collegiale n.2022 del 2016 ha sollevato il conflitto di giurisdizione innanzi alla Corte regolatrice per le determinazioni conseguenti, sospendendo il

giudizio relativamente alla domanda di condanna alla corresponsione

dell’indennità da occupazione legittima; con riferimento alle restanti domande, il Collegio ha disposto di acquisire documentata relazione sui fatti di causa, con particolare riferimento all’adozione degli atti della procedura in questione ed alla

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eventuale definizione della procedura espropriativa dei terreni di che trattasi, con allegazione dei relativi atti e di ogni altro atto utile relativo alla procedura espropriativa in questione. 3.1. L’amministrazione provinciale di Vibo Valentia ha provveduto al detto incombente mediante deposito, presso la Segreteria di questa Sezione, di documentazione in data 21 dicembre 2016. 4. Alla pubblica udienza del 12 aprile 2017 il ricorso è passato in decisione. 5. Il Collegio ritiene che sussistono,

nel caso, i presupposti per una sentenza non definitiva, limitatamente alla domanda risarcitoria avanzata dai ricorrenti per illegittima occupazione dell’area di

proprietà, rimanendo sospeso, invece, il giudizio con riferimento alla domanda di indennizzo da occupazione legittima, rispetto alla quale la questione, come detto, è stata rimessa alla Corte regolatrice per le determinazioni di competenza. 6. Con riferimento alla pretesa “risarcitoria”, essa merita accoglimento nei termini che seguono. Il Collegio deve farsi carico, preliminarmente, di esaminare la questione

relativa alla proponibilità della (sola) domanda risarcitoria, come articolata da parte ricorrente, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n.2 del 2016 e quindi procedere a verificare la fondatezza della relativa

domanda. Il Collegio ritiene, in ordine alla questione evidenziata, di attenersi a quanto affermato dalla più recente giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 30 aprile 2015 n. 71), delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (sentenze 19 gennaio 2015 n. 735, 29 ottobre 2015 n. 22096 e 25 luglio 2016 n.

15283), dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 9 febbraio 2016 n.

2) e del Consiglio di Stato (cfr. da ultimo, sez..IV, 7 novembre 2016, n.4636).

Il quadro che ne risulta – ricostruito alla luce dei principi elaborati dalla Corte di Strasburgo – è, in estrema sintesi, il seguente: a) quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la

condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043

c.c., con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dalla proposizione della domanda basata sulla occupazione contra ius, ovvero dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene; b) l’illecito permanente viene a cessare solo in conseguenza: I) della restituzione del fondo; II)

di un accordo transattivo; III) della rinunzia abdicativa (e non traslativa) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo; IV) di una compiuta usucapione; V) di un provvedimento emanato ex art. 42 –bis t.u. espr. Ne consegue

che, a fronte di un’occupazione illegittima e della mancanza di un legittimo atto di acquisizione (come nel caso ove a seguito della dichiarazione di p.u. non ha fatto

seguito il decreto di espropriazione nei termini), il proprietario, fermo restando il diritto alla restituzione del bene occupato, può formulare una domanda di mero risarcimento del danno per equivalente a fronte dell’irreversibile trasformazione del fondo. La recente giurisprudenza, sulla base dei superiori principi, è giunta a

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superare anche la posizione della persistenza del diritto di proprietà in capo all’originario proprietario, non scalfita nemmeno dalla proposizione della domanda di risarcimento del danno, quest’ultima da rigettarsi proprio perché presupponente una perdita del diritto di proprietà, invece non intervenuta (Cons. Stato, sez. IV, 29

agosto 2011 n. 4833; 2 settembre 2011 n. 4970; 3 ottobre 2012 n. 5189).

Conclusivamente, ritiene il Collegio, aderendo ai recenti approdi giurisprudenziali che appaiono in linea con l’orientamento della Corte Europea, che il privato che abbia subito un’occupazione illegittima, fermo restando il diritto alla restituzione del bene, non costituendo la realizzazione dell’opera pubblica un impedimento alla

possibilità di restituire l’area illegittimamente appresa (cfr. C. cost. 4 ottobre 2010 n. 293; Cons. Stato, Sez. V, 2 novembre 2011 n. 5844), può ben chiedere il solo risarcimento del danno subito, rinunciando in tal modo alla proprietà del bene ed alla sua restituzione (in quanto non interessato a quest’ultima). 6.1. Risulta agli atti

che, permanendo l’occupazione anche in data successiva alla scadenza

dell’efficacia dei provvedimenti legittimanti l’immissione in possesso, l’occupazione dei terreni di proprietà di parte ricorrente si sia protratta illegittimamente, con efficacia lesiva della situazione giuridica fatta valere in questa sede; deve pertanto

riconoscersi alla parte ricorrente il risarcimento del danno per la mancata disponibilità del bene per tutto il periodo di occupazione sine titulo oltre che il

danno per equivalente per la perdita del bene, cui parte ricorrente ha implicitamente rinunciato, da calcolarsi secondo i criteri che di seguito vengono

indicati ex art. 34, co. 4, c.p.a.:

- il danno per equivalente va commisurato al valore del terreno prendendo come riferimento il valore medio indicato nelle banche dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle Entrate del Comune di Vibo Valentia (dati reperibili per ciascun Comune sul sito wwwt.agenziaentrate.gov.it), al momento del deposito del ricorso

introduttivo, con cui è stata manifestata implicitamente la volontà dismissiva del diritto di proprietà (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 16 febbraio 2017, n.253);

- quanto al danno da mancata disponibilità, esso può essere determinato applicando analogicamente quanto previsto dall’art. 42 bis co. 3 DPR 327/2001 nella misura del 5% del valore del terreno, come sopra determinato, per ogni anno

di occupazione illegittima (ovvero a decorrere dallo scadere del termine massimo di occupazione legittima, qualora questa prima fase sia rimasta integra, come appare nel caso in questione) sino al momento in cui ha richiesto il risarcimento

del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno (Cass. S.U. 19 gennaio 2015, n.735); - trattandosi di un debito di valore, su tale somma dovranno

essere corrisposti interessi legali e rivalutazione, anno per anno, sino alla data di liquidazione dell'importo così determinato; - in mancanza di qualsivoglia prova al riguardo ed alla genericità della formulazione della relativa domanda, va invece rigettata la richiesta di risarcimento del danno relativo alla diminuzione di valore

dei residuati. Va specificato che la rinuncia abdicativa su suolo irreversibilmente

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trasformato, che muove la presente richiesta risarcitoria, ha carattere meramente abdicativo (Cass. S.U. 19 gennaio 2015, n.735, Cons. St. Ad. Pl. n.2/2016) e non traslativo, donde da essa non può conseguire, quale effetto automatico, l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’Amministrazione, che, sulla base dell’attuale

assetto normativo e giurisprudenziale, può sicuramente avvenire sulla base del meccanismo di cui all’art.42-bis del T.U. sulle espropriazioni, dichiarato compatibile

con i principi CEDU, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte di Strasburgo, con la sentenza della Corte Costituzionale n. 71 del 30 aprile 2015. Riassumendo, le parti intimate, in applicazione della disciplina attualmente vigente, sulla base del

petitum azionato con il presente giudizio (azione di risarcimento danni) sono tenute a risarcire i danni nei termini sopra indicati, fermo restando il potere dell’amministrazione di procedere all’acquisizione dell’immobile mediante un valido titolo di acquisto, e, in primo luogo, tramite quello disciplinato dall’art. 42-

bis d.p.r. n. 327/2000; in quest’ultimo caso, oltre alle somme come sopra determinate, sarà dovuta anche la posta del ristoro per danno non patrimoniale secondo quanto stabilito dall’art.42-bis citato. Ai sensi dell’art. 34, primo comma,

lett. c), cod. proc. amm. è, pertanto, opportuno disporre che le parti intimate procedano, entro centoventi giorni dalla comunicazione o notificazione, se

anteriore, della presente sentenza, al risarcimento del danno come sopra determinato, fermo restando il potere dell’amministrazione intimata, entro il medesimo termine, di emettere provvedimento ex art.42-bis, corrispondendo le

somme di cui sopra; l’eventuale provvedimento di acquisizione dovrà essere tempestivamente notificato alla parte ricorrente e trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’Amministrazione procedente,

nonché comunicato alla Corte dei Conti. Resta inteso che i predetti termini, disposti nell’esclusivo interesse di parte ricorrente, potranno essere aumentati su

autorizzazione scritta da parte della stessa. 7. Le spese del giudizio verranno determinate in seno alla sentenza definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) accoglie la

domanda risarcitoria per occupazione illegittima nei termini di cui in parte motiva, condannando, per l’effetto, le parti intimate, in solido, al pagamento della somma da determinarsi come sopra; b) rinvia la trattazione della domanda di condanna alla corresponsione dell’indennità da occupazione legittima alla prima udienza utile

successiva alla decisione delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione innanzi a cui è stato sollevato il conflitto di giurisdizione; c) spese al definitivo.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti e per la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei Conti per quanto di

competenza. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 12

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aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Schillaci, Presidente Emiliano Raganella, Primo Referendario Giuseppina Alessandra Sidoti, Referendario, Estensore L'ESTENSORE Giuseppina Alessandra

Sidoti IL SEGRETARIO

IL PRESIDENTE Salvatore Schillaci

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