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REPUBBLICA ITALIANA. La Corte dei conti Sezione di controllo per la Regione siciliana

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Deliberazione n. 259/2014/PAR

REPUBBLICA ITALIANA

La Corte dei conti

Sezione di controllo per la Regione siciliana

nella camera di consiglio dell’adunanza generale del 27 novembre 2014;

visto il T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. n. 1214 del 12 luglio 1934, e successive modificazioni ed integrazioni;

visto l’art. 23 del R. D. Lgs. 15 maggio 1946, n.455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana);

visto il D. Lgs. 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana);

vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di controllo e giurisdizione della Corte dei conti);

visto il D. Lgs. 18 giugno 1999, n. 200 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana, recante integrazioni e modifiche al D. Lgs. n. 655 del 1948);

vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione);

vista la legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), in particolare l’art.7, comma 8;

vista la deliberazione n. 32/2013/SS.RR./PAR, in data 30 settembre 2013 delle, Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede consultiva;

vista la deliberazione n. 354/2013/PAR, in data 14 novembre 2013, della Sezione di controllo per la Regione siciliana;

vista la richiesta di parere inoltrata dal Comune di Cattolica Eraclea (AG), con nota di prot.

n. 13704/2014 (prot. cc n. 8861 del 4.11.2014);

vista l’ordinanza n. 295/2014/CONTR., con la quale il Presidente della Sezione di controllo ha convocato la Sezione in adunanza generale per l’odierna camera di consiglio;

udito il relatore, il dott. Giuseppe di Pietro, ha emesso la seguente

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DELIBERAZIONE

Il Sindaco del Comune di Cattolica Eraclea ha rappresentato a questa Sezione d’aver collocato a riposo negli ultimi tre anni diverse unità di personale di cat. C e, per l’esattezza, due nel 2011, una nel 2012 e un’altra nel 2013; ha aggiunto che un’ulteriore cessazione dal servizio di un dipendente della stessa categoria sarebbe prevista per l’anno in corso.

Poiché il quadro legislativo in materia è stato ridisegnato dai commi 1 e 5 dell’art. 3 del D.

L. n. 90 del 24 giugno 2014, come convertito ex lege n. 114 dell’11 agosto 2014, con l’introduzione di una maggiore flessibilità nel turn over e della possibilità di cumulare le risorse assunzionali degli ultimi tre anni (i cc.dd. “resti”), l’Ente ha chiesto di conoscere:

1) se sia legittimo “cumulare … le risorse corrispondenti all’economia realizzata per cessazioni nell’arco temporale dei tre anni 2011, 2012 e 2013, da destinare alle assunzioni, sempre nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile”;

2) se “quanto sopra” sia possibile allo specifico “fine di poter procedere alle assunzioni mediante stabilizzazione, da effettuare ai sensi delle leggi vigenti, di personale precario in servizio a tempo determinato”.

La richiesta è ammissibile sotto il profilo soggettivo, giacché proviene dal Sindaco, legale rappresentante dell’Ente ai sensi dell’art. 50 del T.U.E.L.

Sotto il profilo oggettivo, occorre verificare se l’istanza rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alla Corte dei conti dall’art. 7, comma 8°, della legge n. 131 del 5 giugno 2003, a norma del quale le regioni, le province e i comuni possono chiedere dei pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.

In proposito, le diverse Sezione regionali della Corte dei conti hanno precisato, in più occasioni, che la funzione ex art. 7, comma 8°, della legge n. 131 del 2003 si connota come una facoltà conferita agli amministratori di regioni, province e comuni di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità dell’attività amministrativa.

I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali, al fine di consentire scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (ex plurimis, in questo senso, v. parere sez. Lombardia, n. 36 dell’11 febbraio 2009).

I pareri attengono infatti a profili di carattere generale nella materia della contabilità pubblica e non possono riguardare singoli atti o fatti concreti di gestione (ex multis, Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede consultiva, delib. n. 1/2010/SS.RR./Par.), né interferire con le competenze degli altri organi giurisdizionali (da ultimo, Sez. Riunite per la Reg. sic., par.

n. 6/2011).

L’oggetto della richiesta, infine, deve riguardare unicamente la materia della contabilità pubblica, ovverosia il “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e

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patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico ed anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Sezioni Riunite della Corte dei conti, delib. n. 54 del 17 novembre 2010).

Nel caso in esame, la richiesta presenta profili di carattere generale, non interferisce con le competenze degli altri organi giurisdizionali e rientra nella materia della contabilità pubblica, giacché attiene al contenimento e all’equilibrio della spesa pubblica, in relazione alle norme che disciplinano i limiti alle capacità assunzionali degli enti locali.

Nel merito, il Comune di Cattolica Eraclea ha chiesto se sia legittimo avvalersi della possibilità di cumulare le risorse assunzionali degli ultimi tre anni (i cc.dd. “resti”), prevista dal comma 5 dell’art. 3 del D. L. n. 90 del 24 giugno 2014, come convertito ex lege n. 114 dell’11 agosto 2014, al fine specifico di “poter procedere alle assunzioni mediante stabilizzazione, da effettuare ai sensi delle leggi vigenti, di personale precario in servizio a tempo determinato”, sempre “nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile”.

Il quesito richiede l’esame di due aspetti diversi, seppure interconnessi.

In primo luogo, occorre comprendere se, in via generale, sia legittimo “cumulare … le risorse corrispondenti all’economia realizzata per cessazioni nell’arco temporale dei tre anni 2011, 2012 e 2013, da destinare alle assunzioni, sempre nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile”.

In secondo luogo, si dovrà chiarire se “quanto sopra” sia possibile allo specifico “fine di poter procedere alle assunzioni mediante stabilizzazione, da effettuare ai sensi delle leggi vigenti, di personale precario in servizio a tempo determinato”.

Con riferimento alla prima parte del quesito, non si può che ribadire come, in materia, il punto di riferimento sia rappresentato dal principio del contenimento della spesa, enunciato dall’art. 1 commi 557, 557-bis, 557-ter e 557-quater della legge n. 296 del 2006; in virtù dell’evoluzione legislativa e degli arresti giurisprudenziali più recenti (delib. n. 25/AUT/2014), il parametro fondamentale è costituito dalla spesa media complessiva del triennio precedente.

Il principio dei “resti” è stato stabilito in via interpretativa dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti per gli enti di minori dimensioni, non sottoposti al patto di stabilità (delib. n.

52/2010). La soluzione giurisprudenziale è stata estesa da alcune sezioni regionali anche agli altri enti, soggetti al patto di stabilità (Sez. contr. Toscana, delib. n. 176 del 2012; Sez. contr.

Lombardia, delib. n. 18/2013; Sez. contr. Liguria, delib. n. 21/2013).

Con l’entrata in vigore dell’art. 3 del D. L. n. 90 del 2014, si è posto il problema di comprendere se l’orientamento relativo ai “resti” fosse estensibile anche agli enti sottoposti al patto di stabilità.

Con la recentissima deliberazione n. 27/Sez./Aut./2014/QMIG del 3 novembre 2014, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha escluso questa possibilità, sull’assunto che gli ultimi interventi del legislatore abbiano “un impatto complessivo” e siano “indirizzati a disciplinare ex novo la materia”.

In particolare, il comma 5 dell’art. 3 del D. L. in esame, benché di tenore apparentemente favorevole all’ipotesi più elastica, non cristallizza affatto il principio dei “resti”, ma appare preordinato “a risolvere un problema diverso, pur presente negli enti che debbono ridurre la

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spesa”, ovverosia “la possibilità di tenere conto delle cessazioni future ma già definite” (così in motivazione, pag. 7).

“Infatti”, prosegue la delibera, “il riferimento alla programmazione sembra lasciare intendere che il triennio possa essere quello successivo al 2014, così come la dicitura riferita alle risorse “destinate” alle assunzioni”.

“Ciò risulta funzionale anche perché, di solito, gli enti impiegano un periodo di tempo piuttosto lungo per svolgere un concorso pubblico: questa norma consente perciò di rendere la programmazione più coerente anche con i fabbisogni futuri”.

“Pur se non cambia nella sostanza il riferimento, già presente nella pregressa legislazione, alla spesa relativa alle cessazioni dell’anno precedente, il legislatore amplia i limiti - da subito per gli enti virtuosi (comma 5 quater) e nei successivi tre anni per tutti gli enti - arrivando alla percentuale del 100%. Inoltre, con l’abrogazione dell’art. 76 comma 7 del d.l.112/2008, cancella il vincolo riferito al rapporto della spesa del personale con la spesa corrente”.

“Il 2014, pertanto, si pone come momento di cesura con l’anteriore regolamentazione e registra un sostanziale ridisegno dei diversi limiti stabiliti in precedenza”.

“Se si accede all’interpretazione ipotizzata, pertanto, dal 2014 in poi, in sede di programmazione di fabbisogno e finanziaria, si potrà tenere conto delle cessazioni prevedibili nell’arco di un triennio, che, inevitabilmente, diventeranno cessazioni in parte già verificatesi nel momento in cui il concorso si conclude, e dunque rilevanti al momento dell’assunzione per il calcolo del 60% della spesa di cui alla prima parte del comma 5”.

“In tal modo, acquisisce anche maggior significato il richiamo al comma 557 che, come ricordato, richiede il contenimento della spesa complessiva del personale, poiché la somma delle valutazioni passate e future potrebbe condurre ad aumentare la spesa nel suo complesso.

Ne deriva l’obbligo di riferire la spesa complessiva alla spesa media sostenuta nel triennio precedente” (ibidem).

In conclusione, a parere della Sezione delle Autonomie, “il limite di spesa per procedere alle assunzioni nel 2014 e 2015 deve essere calcolato sulla base del 60% della spesa relativa a quella del personale di ruolo cessato nell’anno precedente, mentre per gli anni successivi i limiti vengono ampliati fino al 100%”. Per altro verso, “dal 2014 le assunzioni possono essere programmate destinando alle stesse, in sede di programmazione del fabbisogno e finanziaria, risorse che tengano conto delle cessazioni del triennio” (così in dispositivo, pag. 8).

Per quel che concerne il secondo profilo del quesito, avente ad oggetto la possibilità di cumulare le risorse assunzionali allo scopo di “procedere alle assunzioni mediante stabilizzazione, da effettuare ai sensi delle leggi vigenti, di personale precario in servizio a tempo determinato”, occorre richiamare la più specifica disciplina dettata dall’art. 4 del D.L. n.

101/2013, come convertito ex lege n. 125 del 2013.

Come già ritenuto da questa Sezione di controllo con il parere n. 192/2014/PAR., viene in rilievo l’ultimo periodo del comma 8° dell’art. 4 del d. l. n. 101/2013, in esame.

La norma stabilisce che “a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2016, gli enti territoriali che hanno vuoti in organico relativamente alle qualifiche di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni, nel rispetto

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del loro fabbisogno e nell’ambito dei vincoli finanziari di cui al comma 6, procedono, in deroga a quanto disposto dall’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, all’assunzione a tempo indeterminato, anche con contratti di lavoro a tempo parziale, dei soggetti collocati nell’elenco regionale indirizzando una specifica richiesta alla Regione competente”.

La disposizione fa riferimento ai “vincoli finanziari di cui al comma 6”, che a sua volta stabilisce il limite del 50% delle “risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate”.

Ne consegue ictu oculi che la copertura dei posti mediante stabilizzazione del personale precario in servizio a tempo determinato non può che soggiacere al limite finanziario del 50%

della capacità assunzionale dell’ente, ovverosia delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni, così come determinate, a loro volta, in base alla normativa introdotta con il D. L. n. 90 del 2014.

P.Q.M.

Nelle suesposte considerazioni è il parere della Sezione di controllo per la Regione siciliana.

Copia della presente deliberazione sarà inviata, a cura della Segreteria, all’Amministrazione richiedente, nonché all’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione pubblica – Dipartimento delle Autonomie locali.

Così deliberato in Palermo, nella camera di consiglio del 27 novembre 2014.

Il Relatore Il Presidente

(Giuseppe di Pietro) (Maurizio Graffeo)

Depositato in segreteria il 23 dicembre 2014 IL FUNZIONARIO RESPONSABILE

(Boris Rasura)

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