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PENSIONI OGGI E DOMANI

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CONVEGNO NAZIONALE

PENSIONI OGGI E DOMANI

Centro Congressi Montecitorio Roma, 22 febbraio 2007

Conclusioni

Segretario Generale Confsal Prof. Marco Paolo Nigi

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Autorità, amici convegnisti,

oggi noi tutti abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare sulla riforma del sistema previdenziale e pensionistico italiano la voce del Governo e di autorevoli esperti ed accademici, oltreché la posizione politico-sindacale della nostra Confederazione.

Noi della Confsal, allorquando abbiamo scelto di organizzare il presente Convegno sul tema “Pensioni oggi e domani” eravamo consapevoli della necessità di affrontare la questione pensioni in Italia con correttezza di metodo, rigore scientifico e soprattutto equilibrio politico-sindacale e lo siamo ancor più dopo aver ascoltato le puntuali relazioni che si sono succedute riguardo ai diversi aspetti della questione aperta.

Per altro verso, ognuno di noi ha potuto trarre dai lavori del Convegno preziosi elementi per poter esprimere sul piano politico, sociale e finanziario la propria valutazione.

La Confsal attribuisce da sempre, specialmente dalla Riforma Dini del 1995 ad oggi, la massima importanza alla tenuta, all’equità e alla sostenibilità sociale e finanziaria, in una parola all’equilibrio del sistema previdenziale.

Ed è con la medesima tensione politico-sindacale che la Confsal espresse un suo motivato e deciso dissenso in occasione del recente innalzamento dell’età pensionabile, il cosiddetto scalone della Legge Maroni.

Ed è con il medesimo senso di responsabilità che oggi abbiamo presentato una proposta organica, articolata e sostenibile per una riforma che tuteli i lavoratori e i pensionati italiani.

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E’ un atto di responsabilità politico-sindacale che assume maggiore valore in assenza di una proposta governativa, fatto di per sé grave se si tiene conto delle diverse posizioni esistenti nell’ambito del Governo e della coalizione di maggioranza che lo sostiene.

La Confsal individua una questione di metodo e una questione di merito.

Sul piano del metodo la questione reclama uno studio rigoroso e corretto del sistema vigente con l’obiettivo di conoscere la sua evoluzione e la sua sostenibilità sociale e finanziaria.

In Italia, l’entrata contributiva sconta la grave situazione del lavoro sommerso – ricordo a noi tutti la grande battaglia in atto della Confsal su questo fronte – ed una avanzata legislazione in materia di lavoro mai raccordata con adeguati ammortizzatori sociali, che genera trattamenti previdenziali discontinui e come tali largamente insufficienti.

Se alla questione della previdenza obbligatoria si aggiunge il colpevole ritardo di oltre un decennio in materia di previdenza complementare, si può comprendere la ferma posizione della Confsal che tende ad escludere alcune soluzioni prospettate per l’evidente insostenibilità sociale e per le ragioni superiori dell’equità generazionale.

Sul fronte della spesa va superata l’anomalia tutta italiana della “confusione” della spesa previdenziale con quella assistenziale.

La spesa assistenziale in Italia è parte della “spesa- pensioni”, mentre nei maggiori Paesi dell’Unione Europea costituisce un capitolo distinto.

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La separazione della spesa previdenziale da quella assistenziale consentirebbe finalmente di fare una comparazione corretta fra i sistemi previdenziali in Europa:

non si possono fare comparazioni corrette fra termini disomogenei, fra spesa previdenziale ed assistenziale complessiva per l’Italia e spesa previdenziale “pura” per gli altri Paesi europei!

In relazione ai dati in nostro possesso, da una comparazione corretta potremmo registrare la tenuta complessiva del sistema previdenziale italiano, anche in rapporto a quella degli altri maggiori Paesi europei.

Comunque, quello che a noi preme affermare, oggi, è che la spesa assistenziale deve trovare la sua copertura nella fiscalità generale e non certamente assorbendo una consistente parte dei contributi previdenziali dei lavoratori.

Altra questione decisiva di metodo deve essere la considerazione prevalente del potere di acquisto delle pensioni attuali e prospettiche nel sistema fiscale e tariffario e nell’andamento dei prezzi di mercato rispetto al livello monetario nominale delle pensioni, che, tra l’altro, risulta anch’esso relativamente basso.

E’ necessario, ancora, l’impegno delle parti in sede concertativa a non rivedere l’impianto del sistema per un determinato periodo di tempo e, in caso di rivisitazione, a prevedere un congruo differimento ed una giusta graduazione per l’attuazione delle modifiche.

Tanto per evitare di creare il ricorrente stato di incertezza che genera inevitabilmente la fuga dal lavoro attivo, che, conseguentemente, si ripercuote sull’equilibrio finanziario del sistema.

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Nel merito la Confsal sostiene che il sistema previdenziale italiano ha bisogno di essere rimodulato puntando a:

™ perequare le pensioni in essere in relazione al loro potere di acquisto partendo dalla rivalutazione di quelle ante 1993 e più basse (in Italia – è noto – le pensioni sono fra le più basse d’Europa, per l’inesistenza del secondo pilastro);

™ garantire una pensione equamente rapportata agli ultimi trattamenti retributivi ai giovani lavoratori intervenendo adeguatamente sugli ammortizzatori sociali;

™ creare un solido impianto di previdenza integrativa nel settore privato ed in quello pubblico, in relazione all’attuale mercato del lavoro regolato dalla vigente legislazione;

™ eliminare lo scalone, graduandolo e coniugandolo con l’incentivazione finalizzata ad una maggiore permanenza al lavoro.

La questione prioritaria da risolvere è la eliminazione dell’attuale rigidezza del sistema introducendo flessibilità e incentivazione.

La questione demografica e quindi attuariale può trovare risposta nella possibilità, da garantire con un meccanismo incentivante, del lavoratore di optare per la permanenza al lavoro per determinati periodi successivi all’età pensionabile-base.

La Confsal in relazione ad un aspetto della flessibilità ha più volte proposto al Governo la “banca del tempo” che potrebbe costituire un obiettivo perseguibile a vantaggio del lavoratore e dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale.

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Comunque, l’allungamento della vita va valutato anche in rapporto allo stato di salute della terza e della quarta età delle attuali generazioni e di quelle future, almeno nel medio periodo.

E ancora, l’età pensionabile va definita prendendo in seria considerazione i lavori usuranti, in merito ai quali è irrinunciabile un serio e rigoroso approfondimento.

Per la Confsal è da escludere la revisione al ribasso dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo:

avrebbe effetti fortemente penalizzanti per larghe fasce di giovani lavoratori. La conseguente drastica riduzione dell’assegno pensionistico colpirebbe soprattutto i giovani lavoratori discontinui, peraltro in una situazione in cui la previdenza complementare è per la stragrande maggioranza dei lavoratori, privati e pubblici, all’anno zero.

La Confsal porta a sostegno della sua posizione il fatto inconfutabile che dal 1995 (anno della Riforma Dini) ad oggi l’età media dei pensionati è passata dai 53/54 ai 59/60 anni.

Sono da escludere altresì meccanismi disincentivanti per l’uscita dal lavoro, sicuramente penalizzanti per i lavoratori e probabilmente irrilevanti per l’equilibrio finanziario del sistema.

In conclusione, mi preme sottolineare che la Confsal ha dato la sua disponibilità al Governo a partecipare al tavolo concertativo con le altre parti sociali rappresentative.

La concertazione in materia di pensioni, ovvero di retribuzioni differite, è obbligatoria nel quadro normativo pubblicistico e privatistico italiano. Oggi è anche possibile in presenza di proposte serie e

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responsabili delle parti sociali rappresentative, a condizione che il Governo garantisca in tempi utili una sua responsabile proposta di soluzione equilibrata sulla quale aprire un proficuo e trasparente confronto.

La Confsal – come è noto – ha denunciato con forza a tutte le Istituzioni della Repubblica l’assenza di una concertazione democratica e trasparente fra Governo e parti sociali rappresentative che potrebbe portare a provvedimenti governativi – penalizzanti per pensionati e lavoratori - unilaterali o frutto di “patti carbonari”

sottoscritti al di fuori del legittimo e democratico iter concertativo.

Intanto sulle questioni aperte: riforma del sistema previdenziale e pensionistico, rinnovo dei contratti e precariato la Confsal ha aperto una vertenza, dichiarando lo stato di agitazione, e, in assenza di risposte immediate, concrete e puntuali da parte del Governo, proclamerà dure azioni di lotta, incluso lo sciopero generale. Per i primi giorni di marzo è stato già convocato il Consiglio Generale per le definitive valutazioni politico-sindacali in merito.

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