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LE QUESTIONI FORTI CHE CI HANNO COINVOLTI NEI MESI CALDI

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Academic year: 2022

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LE QUESTIONI FORTI CHE CI HANNO COINVOLTI NEI MESI “CALDI”

PER UNA LETTURA FILOSOFICA

– E NON SOLO – DEL COVID E DEL DOPO COVID

Il primo tema che vogliamo insieme affrontare è quello dell’emergenza sanitaria che ha accompagnato la prima parte di questo 2020, con tutte le sue paure, con tutti i suoi lutti, con tutte le sue privazioni e astinenze, ma, soprattutto, con tutte le opportunità che essa ci ha dato per operare finalmente un vero e proprio disincanto: non credo si renda necessaria ulteriore spiegazione da parte mia, a indicare che cosa io intenda qui con questo termine.

“Il coronavirus si distende come un’ombra scura sull’intero mondo, ora, in particolare, sul nostro amato Paese. Il nemico è anonimo, impercettibile, onnipervadente; vive e si fa minaccioso grazie a noi stessi; riesce a sopravvivere soltanto moltiplicandosi esponenzialmente facendo di noi i suoi veicoli. Il virus è scaltro; approfitta della nostra inclinazione a vivere con gli altri per colpirci, ferirci ed ucciderci. L’ombra si distende in modo enigmatico, producendo sorpresa, preoccupazione e paura. Chi ha ricordo del Signore degli Anelli trova in questa situazione un riscontro analogico della profezia di Tolkien.” Così Mauro Ronco, magistrato torinese e documentato studioso delle realtà culturali e sociali (1), il quale prosegue – e faccio mie qui, insieme con voi, le sue considerazioni, condividendole e sentendole ben fondate – evidenziando come le reazioni al virus nelle prime settimane della diffusione siano state sconsolanti, all’insegna dell’inconcludenza e della vanità con cui molti “competenti” si sono presentati sulla scena per manifestare le loro opinioni, senza tener conto del danno che le loro parole in libertà erano in grado di provocare sulla popolazione; e ci mettiamo poi l’indecisione e la supponenza con cui la politica del political correct ha affrontato la prima fase del contagio, con un atteggiamento che giustamente ha chiamato in causa il termine greco hybris: “Oggi nel political correct passa lo slogan ‘andrà tutto bene’, come

Maurizio Dossena

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superficiale manifestazione di bolsa indifferenza verso i dolori e le preoccupazioni della gran parte dei cittadini, ma di sicurezza tutta immanentistica che il corso delle cose ha un andamento comunque progressivo verso sempre più ampi spazi di libertà.” (2) Ed ecco l’immancabile componente ideologica!

Ed è appunto questa componente che non deve sfuggirci, a cominciare da un’occhiata realistica – ancorché piuttosto complessa e non facile – a quanto sta alle radici di questa tragedia moderna, circostanze da vero e proprio “giallo”, che vedremmo adatto per un bel film triller e sul quale ogni tentativo di saperne di più e di farne sapere di più, ha provocato reazioni di forte censura: è recentemente uscito il libro Cina Covid 19. La Chimera che ha cambiato il Mondo (Ed.Cantagalli 2020), dello scienziato Joseph Tritto, nel quale si parla degli esperimenti di bio-ingegneria compiuti dalla Cina (con apporti di altre nazioni magari insospettabili), nati per creare vaccini e via via divenuti una ricerca a scopo bellico, presentata con ampissima documentazione su questo laboratorio di Wuhan, che pare abbia ricevuto per la ricerca virologica i fondi più consistenti di tutta la Cina, diventando un laboratorio di ricerca molto avanzata, che l’Accademia delle Scienze, e lo stesso governo cinese, hanno posto sotto il loro diretto controllo. (3) “Pensare al dopo è certamente un modo positivo per esorcizzare il presente che è indubbiamente drammatico. […] Pensare al dopo è quasi automatico quando si fa una interminabile fila per comprare da mangiare al supermercato, […] quando non puoi andare a Messa oppure quando incontri l’amico per strada e non puoi abbracciarlo, né parlare con lui magari bevendo un caffè. Impossibile non pensare al dopo, anzi direi che è necessario, quasi una cura contro il coronavirus perchè non faccia danni ulteriori, di carattere psicologico, oltre a quelli che sta già facendo.” (4) “Il coronavirus, del resto, non è l’unica malattia da combattere”, ci ricorda Papa Francesco.

E si arriva così alle inevitabili conclusioni di ordine filosofico, esistenziale, religioso, a cominciare da un’insopprimibile necessità di dimensionare il fenomeno: “catastrofe”?

“apocalisse”? (5). Fino a giungere all’inevitabile dilemma: si è trattato di un castigo? Ma non dobbiamo avere la pretesa di esaminare in modo razionalistico il rapporto con il Mistero, per cui mi ritrovo senz’altro nel pensiero secondo cui “il coronavirus non è mandato da Dio (viene da Satana, che è la sorgente ultima di ogni male nel mondo), ma è da Lui permesso perché ci svegliamo da un torpore mortale e pensiamo a ciò che conta davvero.” (6)

Vorrei conchiudere questa angolatura di discorso con uno dei consueti arguti e severi angoli riflessivi - in tal caso rivestito di un’amara ancorché rispettosa sottolineatura sulla “mancanza di guida e conforto da parte della nostra Chiesa, che più che di anime sembra occuparsi di economia e ambiente, rischiando di trasformare le nostre paure in cinismo” – da parte del mio amico e concittadino Ettore Gotti Tedeschi, che suggerisce

“con devozione, al Presidente della CEI e al Presidente della Pontificia Accademia per la vita, la lettura estiva del dramma shakespeariano ‘Re Lear’, […] che rivela e illustra il valore della purificazione della sofferenza fisica e psicologica quando si viene spiritualmente aiutati. […] anche noi credevamo di avere tutto: progetti, salute, benessere, libertà, speranze… Poi arriva questo Covid e i progetti si interrompono tutti, iniziano le paure, […] Abbiamo avuto persino paura di leggere i giornali e paura delle informazioni stesse. […] E infine la paura di morire non in grazia di Dio, quando siamo stati privati […] dei conforti religiosi da parte di una prudentissima “Chiesa in uscita “…, ma non per i fedeli. Pensando al dramma di Re Lear si potrebbe immaginare che da tutte queste paure (e dalle loro cause) si sarebbe potuto trarre nuovi e migliori valori

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morali. […] Probabilmente un giorno capiremo che il maggior impatto prodotto dal Covid è consistito nel rischio di affermazione di un nuovo umanesimo cinico, proposto grazie alla disattenzione dell’ autorità morale, che sembra aver dimenticato la dottrina e presume di saper dare ricette utopistiche di economia, camuffate da attenzione alla dignità umana. […] Il rischio di un nuovo umanesimo denso di cinismo è conseguenza evidente. Rischiamo, grazie al Covid, di preferire ispirarci a Shakespeare piuttosto che alla nuova dottrina, anche sociale, della Chiesa?” (7) La tentazione sarebbe ora un manzoniano “ai posteri l’ardua sentenza”, ma non abbiamo tempo di attendere i posteri…

La vita di Chiesa, la liturgia e l’emergenza sanitaria: lealtà? corresponsabilità? invadenza? arrendevolezza?

Uno degli aspetti che – comprensibilmente e motivatamente – ha creato maggior sconcerto riguardo ai mesi di astinenza da vita ordinaria, è stato quello relativo alla pratica del culto e della vita religiosa e liturgica, al cui riguardo si è creata una situazione per molti versi priva di precedenti (anche a parità di emergenza: ad esempio, un secolo fa, la famigerata “spagnola”), accompagnata anche da contesti non solo di dura privazione e limitazione, bensì anche di discutibile fai-da-te liturgico, con punte di forte discutibilità dottrinale. E’ pure avvenuto – e senza che provocasse il giusto spazio di reazione e protesta, ma solo qualche minuto di gossip televisivo o dei media da asporto, soprattutto con lo sconcertante silenzio, per lo più, delle autorità ecclesiastiche – il fatto gravissimo che le forze dell’ordine siano intervenute a interrompere celebrazioni eucaristiche, ove, all’opposto, chiassose brigate nei bar, magari senza mascherina, passavano “inosservate”; è stato detto – ed è vero – che il Governo che ha trattato la Chiesa alla stregua delle tabaccherie e ricevitorie (sia detto con tutto il rispetto per questa essenziale categoria professionale! (8)), strumentalizzando oltre il lecito il doveroso atteggiamento dei cattolici giustamente preoccupati del virus: di questo non ci si è stupiti ben conoscendo il dna “politico” che vi sta dietro, ma certo ci si è

“rammaricati del fatto che la Conferenza Episcopale abbia dato segnali contrastanti, prima semplicemente tacendo e obbedendo alle misure del governo, poi uscendo dal silenzio con un comunicato contro il governo che sembrava incitare alla disobbedienza civile, quindi ritornando subito al precedente silenzio, addirittura ringraziando governo e comitato tecnico-scientifico che pochi giorni prima erano stati aspramente criticati.”

E così è accaduto che i fedeli siano rimasti sconcertati di fronte al silenzio sul futuro della partecipazione alle liturgie. E a questo silenzio i fedeli hanno reagito con un altro silenzio e con una triste freddezza, diradando – questo sta ancora accadendo, lo osserviamo ogni domenica – la loro presenza alle celebrazioni (non parliamo poi dei giovani…!), cosicché, a fronte di parroci tutti impegnati a collocare in chiesa attrezzature da sanificazione, a imporre accostamenti all’Ostia consacrata lunghi e degradanti e a esporre cartelli limitanti il numero delle presenze, spesso non si giunge nemmeno alla metà di questi numeri alla Messa domenicale. E non ne avevamo certo bisogno! I fedeli, dunque, hanno reagito distanziandosene, non riconoscendo più in loro la voce del vero

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pastore… Dicono che il silenzio dei sudditi sia una lezione per i re. Che cosa possiamo dire del silenzio dei fedeli? (9)

UNA TRAGICA NOVITA’ IN TEMA DI ABORTO Mentre in Francia arriva l’aborto anche al nono mese di gravidanza, una delle più drammatiche notizie italiane di questa drammatica estate è costituita da questa sconcertante uscita del Ministro della Salute (sic) Roberto Speranza (sic): "Un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194, che è e resta una legge di civiltà (sic) sono le nuove linee guida, basate sull’evidenza scientifica sulla pillola abortiva Ru486, che prevedono l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana". Secondo la nuova direttiva, pertanto, per l'aborto farmacologico non è più necessario il ricovero in ospedale. Con le nuove indicazioni ministeriali sull’aborto farmacologico si conclude (conclude??) un percorso iniziato nel 1978, quando fu approvata la legge che legalizzò l’aborto in Italia. Ora nel nostro Paese questo è definitivamente divenuto un esclusivo problema delle donne, che fa parte del novero delle scelte personali come lo è un qualsiasi atto medico, senza alcuna valutazione dell’evento in quanto tale, e che riguarda il Servizio Sanitario Nazionale solo se la situazione precipita dal punto di vista clinico e la donna deve recarsi urgentemente in ospedale per evitare il peggio. Le due pillole usate per interrompere la gravidanza in atto – la prima per far morire l’embrione in pancia, la seconda dopo due giorni per indurre le contrazioni espulsive – potranno essere somministrate senza ricorrere al ricovero ospedaliero, ritenuto necessario finora da tre precedenti pareri del Consiglio Superiore di Sanità. Un quarto parere diverso, quindi, ha dato via libera al Day Hospital e – parrebbe, dalle anticipazioni – alla somministrazione anche in ambulatori e consultori. "[…] Finalmente, con le nuove linee guida del ministero, questo metodo viene sottratto alla discussione ideologica (sic!) e riportato alle evidenze scientifiche e dunque al rispetto della salute delle donne e delle loro scelte (sic). Per l’Italia è una grande novità, per cui tanto ci siamo battute, così come siamo sempre state in prima fila per la piena applicazione della legge 194". Lo scrive, in una nota, la portavoce delle donne di un importante partito politico. “Ma non ingannino le apparenze:

non si tratta di una mera scelta fra tecniche abortive più o meno appropriate. Se così fosse, non se occuperebbero consigli regionali e comunali: […] È proprio l’avventarsi della politica su apparenti procedure tecniche a svelare la strategia che utilizza la RU486 come cavallo di Troia: l’aborto farmacologico è un metodo per cambiare nei fatti la legge 194 senza passare per il Parlamento. […]” Questa, una delle prime e più lucide reazioni dell’opinione pubblica alla notizia: si tratta di Assuntina Morresi del Centro Studi

“Rosario Livatino” dell’8 agosto scorso. (10)

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"Con il favore delle chiusure estive e di un Italia ferma per il covid, [si] proroga fino alla nona settimana di gestazione la possibilità di eseguire un aborto farmacologico in day hospital. Assumere la Ru486 senza ricovero è un attentato alla vita e alla salute della donna, alla quale viene indicata una soluzione che banalizza l’aborto e che la lascia sempre più sola in una decisione drammatica”, afferma il leader del Family Day Massimo Gandolfini, il quale ben rimarca come

“l’aggiornamento delle linee guida viene dettato da pregiudizi ideologici, poiché tra le altre cose non esiste alcun problema legato all’accesso all’interruzione di gravidanza, visto che in tutto il territorio nazionale non esiste una sola donna che non sia riuscita a portare a termine un aborto nei tempi stabiliti dalla legge. Pensare a come facilitare l’aborto in tempi in cui l’Italia raggiunge il suo minimo storico di nascite tradisce il pensiero nichilista e dello scarto […].

Queste le più interessanti reazioni del mondo scientifico, giuridico e associativo, che noi teniamo sempre a privilegiare, con priorità rispetto alle nostre pur motivate risposte emotive. E il mondo ecclesiastico? Vi sono qui alcuni – si contano sulle dita, purtroppo…- pronunciamenti di vescovi italiani. “Con un atto amministrativo in tema di interruzione volontaria di gravidanza il Ministro della Salute ha allargato le maglie dell'aborto. Il tutto presentato come una conquista di civiltà. Non c'è nessun progresso umano e civile quando con l'aborto si favorisce l'uccisione di un individuo della specie umana nel grembo che lo accoglie, invece di prodigarsi per la difesa dell'essere più indifeso che ci sia. […] A questa cultura mortifera e decadente vogliamo rispondere promuovendo l'amore e il rispetto della vita.” Così, con la sua consueta incisività, l'Arcivescovo di Trieste, Mons.Giampaolo Crepaldi, in una nota letta al termine delle celebrazioni per l'Assunzione di Maria in Cielo. Non da meno, Mons. Giuseppe Zenti da Verona: “Se lo Stato è barbaro e suicida”: “[…] L’intervento più recente riguarda la pillola abortiva Ru486 da assumere in day hospital fino a 63 giorni di gravidanza, fino cioè alla nona settimana di gravidanza (!). Si tratta di un aborto farmacologico. Praticamente fai da te: somministrato o in consultorio o in ambulatorio. E la donna dopo mezz’ora potrà tornare a casa! Una banalizzazione allucinante del delitto più feroce e atroce che una persona umana possa compiere. Non si fa alcun cenno al dramma interiore che prova una donna sana di mente, che sa di aver distrutto una parte di se stessa, dopo averla chiamata un giorno al banchetto della vita! Quante donne in crisi psicologica anche per soli aborti spontanei! Quelle creature sono pur sempre carne della loro carne e sangue del loro sangue. […] In pratica, si sta anestetizzando la coscienza collettiva nei riguardi di diritti inalienabili di quanti, nel grembo della madre, già esseri umani, persone, si trovano nella fase della vita uterina in cui tutti noi, viventi, un giorno ci siamo trovati.

Come vescovo […] ho il compito e il dovere di manifestare la verità contenuta nella Parola di Dio, autenticamente interpretata dal Magistero della Chiesa, pure in materia di antropologia, nel suo trattato di Dottrina sociale della Chiesa. Chiariamo anzitutto la terminologia. L’aborto non è un diritto, ma un delitto. Il Concilio Vaticano II lo definisce un crimine nefando! (GS 51). Chi dà la patente di civiltà avanzata alla pratica dell’aborto contraddice i principi fondamentali, etici, della civiltà. Conosciamo le pseudo motivazioni della legge che autorizza la pratica dell’aborto. [….]” La reprimenda prosegue ancora in modo ampio e assai autorevole.

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Per il Vescovo di Reggio Emilia Mons.Massimo Camisasca, “invece di scegliere la strada dell’aiuto alla maternita’, in una situazione di declino demografico che sta mettendo una seria ipoteca sul futuro del nostro Paese, si nasconde ipocritamente l’origine vera di questa decisione: gravare meno sulle strutture ospedaliere, anche a costo di pesanti conseguenze che il Consiglio superiore della Sanita’ nelle sue Linee guida del 2010 aveva riconosciuto come rischiose per la salute della donna [che] viene lasciata sempre piu’ sola […] a casa con il proprio dolore e le possibili conseguenze negative sulla sua salute.”

E il Vescovo di Monreale (PA) Mons.Michele Pennisi ci ricorda che “come comunità cristiana siamo chiamati a interrogarci per porre in atto un piano pastorale che metta al centro la promozione della vita nascente con il coinvolgimento capillare di tutte le risorse positive presenti.” E, a proposito della misericordia verso la madre che ha ucciso il proprio figlio nel grembo, sottolinea trattarsi di “una misericordia difficile, perchè il problema non è dare il perdono ma accompagnare una donna che ha preso coscienza di avere abortito. Sono drammi terribili. Bisogna essere nel confessionale, lì devi dare consolazione e per questo ho concesso a tutti i preti la facoltà di assolvere l’aborto per misericordia. Tante volte, ma sempre, loro devono “incontrarsi” con il figlio.

[…]”

Per quanto riguarda la Conferenza Episcopale Italiana, rimandiamo al Documento «Aborto e Legge di aborto», nel quale “i Vescovi membri del Consiglio Permanente della C.E.I., prendendo in considerazione gli attuali problemi che in modo acuto agitano il nostro Paese, si sono soffermati sulle molteplici forme di violenza e di attentati alla vita e alla dignità della persona umana. Già varie volte i Vescovi italiani si sono pronunciati contro i sequestri di persona, gli attentati politici, la violenza di piazza. Un'attenzione particolare è stata rivolta al dibattito sull'aborto, che di giorno in giorno in forma sempre più audace coinvolge l'intera popolazione.”

In un’intervista a Crux, l’Arcivescovo Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in un insieme di affermazioni piuttosto disorientanti, ha, tra l’altro, messo in guardia dal “trasformare la causa pro-vita in un’arma ideologica (sic),” dicendo che “fare della protezione della vita un sport politico rischia di fare un grande male” “Farebbe un grande male”, dice, “se qualche argomento di bioetica venisse estratto dal suo contesto generale e messo verso strategie ideologiche”. Mah…! Certo la chiarezza e la decisione non le troviamo ove invece più ce le attenderemmo.

IL D.D.L. ZAN-SCALFAROTTO SULL’OMOFOBIA E OMOTRANSFOBIA Presento qui alcuni fondamentali riferimenti a questo d.d.l., con la precisazione che tale è la situazione al momento in cui questo mio articolo mi esce dalla penna, non essendo, per ora configurabile se e quando giungerà in discussione in Parlamento (con una certa previsione di vita facile alla Camera dei Deputati e un po’ meno al Senato), per cui, al momento di questa pubblicazione, potrebbero esserci varianti rispetto a ciò che qui viene indicato. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una tappa ulteriore

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di un iter di sovversione dei valori etico-sociali già in atto, con lucida strategia e altrettanto lucide performance (un po’ meno lucidi sono stati, nel recente passato, coloro che avrebbero potuto e dovuto “mettersi di traverso”…); un iter pure assai invasivo nei confronti del dettato legislativo, sia ordinario sia costituzionale.

Il nuovo disegno di legge, in cui vengono riunificati cinque ddl (Boldrini-Zan- Scalforotto-Perantoni e Bartolozzi), ha lo scopo di amplificare, estendendola, la normativa sulla protezione della popolazione lgbt; tale scopo vuole essere raggiunto introducendo l’orientamento sessuale e l’identità di genere all’interno dei reati caratterizzati dall’odio. Il ddl originario è stato ampliato e, pertanto, oltre agli articoli 1 e 2, che prevedevano la modifica degli art. 604 bis cp e 604 ter cp, sono stati previsti ulteriori otto articoli, la cui struttura potrebbe risultare particolare poiché, nonostante si sarebbe potuto formulare gli stessi con riferimento specifico a casi concreti, contengono invece una semplice indicazione delle modifiche che verranno apportate alle varie leggi. Analizzando gli articoli da 1 a 5 (de ci scusiamo del dettaglio, ma, altrimenti, non si coglie la sostanza del discorso), sono elencate le modifiche che verranno apportate all’art 604 bis cp, art. 1, all’art. 604 ter cp, art. 2, al d.l n. 122/93, art. 3, all’art. 7 del DPR 115/02, art. 4, e all’art. 90 quater cpp, art. 5. Vale la pena fare una precisazione sull’art. 3: in questo caso viene espressamente indicato il testo che sostituirà l’antecedente, per cui, per chi istiga a commettere violenza o atti di provocazione alla violenza anche per motivi legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere, è prevista la reclusione da sei mesi a quattro anni (sic!), con la possibilità di accedere a pene alternative.

“Su identità di genere e orientamento sessuale ci dev’essere “libertà di pensiero”. Non è pensabile che esprimere perplessità sul matrimonio gay o argomentare come l’utero in affitto offenda la dignità delle donne, possa diventare un reato.” È quanto sostiene

un fronte

trasversale interpartitico, che chiede d’integrare il testo unico contro l’omotransfobia con un articolo che esprima chiaramente la volontà del legislatore di perseguire sì la violenza o l’istigazione alla violenza “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere” e non di limitare la libera espressione delle idee. Si pensa quindi a inserire una premessa che esprima da un lato la volontà di tutelare la dignità delle persone punendo discriminazioni e violenze, dall’altro sottolinei la volontà di garantire la libera espressione delle idee. Vanno in questa direzione numerosi emendamenti che si propongono l’obiettivo di escludere che nell’istigazione a comportamenti discriminatori possa rientrare l’espressione di legittime opinioni di dissenso, per esempio, sulle famiglie arcobaleno o sull’omogenitorialità.

L’emendamento in questione, ribadito con lievi sfumature da tutte le forze politiche recita che non può essere perseguita “la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio alla violenza.” “Due articoli del ddl Zan sono già nel decreto rilancio. Quindi continuare l’esame del provvedimento ignorando questo aspetto rischia di ledere gravemente la dignità del Parlamento”: sembrano formule destinate a essere superate da una nuova riscrittura più attenta, come detto, a esprimere gli obiettivi del legislatore ma anche le preoccupazioni di chi è impegnato ad evitare che la norma si trasformi in una legge-bavaglio.

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Ci sembra, ancora una volta, particolarmente lucido e pacato l’appello esplicitato dal Centro Studi Rosario Livatino: “Facciamo nostro l’appello rivolto oggi dalla Conferenza Episcopale Italiana al legislatore perchè il contrasto a eventuali ingiuste discriminazioni non richieda un intervento legislativo, men che mai penale, che finirebbe con il punire il mero disaccordo, introducendo un inaccettabile reato di opinione e comprimendo le libertà fondamentali. Esprimiamo gratitudine per l’iniziativa dei vescovi, volta alla difesa della libertà di tutti gli italiani, credenti o no, i quali – se fossero approvati gli attuali disegni di legge in discussione -, per il solo fatto di ritenere che gli esseri umani siano maschi o femmine, che il matrimonio sia solo quello tra un uomo e una donna e che un bambino abbia bisogno di una mamma e di un papà, rischiano di essere sottoposti a procedimento penale e condannati. Non è introducendo un reato di opinione - che vuole imporre alla popolazione italiana un pensiero unico - che si affronta il tema delle eventuali concrete e materiali discriminazioni alle persone: di qui l’auspicio, soprattutto in questa fase emergenziale, che il Parlamento abbandoni quelle che paiono iniziative meramente ideologiche e si concentrino sui temi prioritari per la ripresa della Nazione”. (11)

LE SORTI DELLA SCUOLA PARITARIA

Suor Anna Monia Alfieri

L’ultimo tema forte che intendo riproporre qui (ed è un tema che sta molto a cuore a tutti noi legati a questo mondo!) è quello della sorte della scuola paritaria: e anche qui vale la precisazione fatta all’esordio del paragrafo precedente, circa l’incertezza su come evolverà la cosa. Qui ci basta (si tratta di un tema che abbiamo già trattato più volte e che certo riprenderemo) evidenziare come sia stato necessaria la pandemia perchè i problemi della scuola paritaria – che qualcuno si ostina ancora a definire “privata”…! – arrivassero alla pubblica opinione, perchè il nodo venisse al pettine.

Proprio nella grigia ricorrenza ventennale della Legge di parità scolastica n.62 del 2000 - al cui riguardo non abbiamo mancato di sottolineare la triste e precaria situazione delle scuole paritarie, dal momento che tale legge (che pure costituisce un traguardo storico, con tutti i limiti e difetti, sul forte ritardo che la legislazione italiana si è presa in materia, con pecche di destra sinistra e centro) è poco più di un flatus vocis per la mancanza di decreti attuativi -, la drammatica realtà connessa con le corpose conseguenze dell’emergenza sanitaria, mentre getta sulla Scuola in quanto tale

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un’ipoteca di ulteriore fragilità di cui essa, per la sua fragilità intrinseca, non aveva proprio bisogno, pesa come un macigno sulla scuola paritaria e crea per essa ulteriori ombre e minacce. “Paritarie al collasso. Più che il virus poté il governo”: così titolava, in una sua recente edizione, un blog assai attento e concreto, che proseguiva evidenziando “la totale dimenticanza nei decreti del governo delle scuole pubbliche paritarie”, per cui la chiusura prolungata renderà difficilmente sostenibili le rette.

L’obiettivo messo a fuoco con interesse è quello di ottenere il costo standard di sostenibilità, l’unica strada percorribile per evitare “il fallimento inevitabile di molte scuole – questo è il timore adombrato, e non facciamo fatica a condividerlo -, che riverseranno sulle statali gli alunni con costi enormi.” E così – aggiungiamo noi – ci si renderà conto di quanto da tempo stiamo sostenendo (ma la politica a volte è dura d’orecchi…), che cioè lo Stato, grazie alla scuola non statale, risparmia, per cui l’ingiustizia legislativa (e anticostituzionale!) è doppia, sia in termini di principio (attentato alla libertà di educazione) sia in termini economici. (12) Si fa dunque strada – e l’abbiamo rilevata con interesse – la via consistente nel cercar di ottenere dal Governo il sistema di istruzione basato sul costo standard di sostenibilità per tutte le scuole pubbliche statali e pubbliche paritarie, “l’unica strada percorribile e scientifica, già spiegata in migliaia di pagine negli ultimi dieci anni e confermata dai dati e dagli esperti del Ministero, costernati dal baratro di spesa che questo inghiotte: solo questa strada garantisce la vera libertà di scelta educativa dei genitori, espressamente prevista nella Costituzione. Solo così anche il povero può scegliere l’educazione per il proprio figlio.” (13) L’obiettivo del costo standard di sostenibilità è ancora fuori portata;

tuttavia, al presente, registriamo interventi di carattere finanziario da parte del Governo che, se ancora inadeguati in assoluto, rappresentano tuttavia un passo avanti sul quale siamo autorizzati a un atteggiamento più fiducioso: il nodo è venuto al pettine!

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(1) M.RONCO, L’ombra del Covid-19 sul nostro modo di vivere, in Newsletter Alleanza Cattolica del 23.3.2020.

(2) Ibid.

(3) Renaud GIRARD ha scritto su Le Figaro che il coronavirus ha ucciso in un colpo solo le tre ideologie che stanno dominando la postmodernità: il comunismo (nella esotica versione cinese), l’europeismo (nella versione Unione Europea, che poco ha a che fare con l’Europa che amiamo) e il globalismo (che poco o nulla ha a che fare con l’universalismo cristiano).

(4) M.INVERNIZZI, Un esame di coscienza per orientare il dopo coronavirus, Newsletter di Alleanza Cattolica del 27.3.2020.

(5) Ved., al riguardo, la profonda analisi che ne fa Domenico AIROMA, attento magistrato napoletano, nel suo “Fermo immagine”, per non dimenticare, dopo la pandemia, in “Cristianità”

n.403.

(6) Il pensiero del giorno di Don Piero CANTONI, 23 marzo 2020. L’Arcivescovo di Udine Mons.

Andrea Bruno MAZZOCATO ci ha magistralmente ricordato che “nulla accade per caso e tutto può servire alla gloria di Dio e alla salvezza degli uomini, anche il dolore, la reclusione, la morte, la rinuncia alla propria volontà, tutte cose che stiamo sperimentando adesso.”

(7) E.GOTTI TEDESCHI, Il covid: Re Lear o la dottrina sociale?, in “Stilum Curiae” del 2.9.2020.

(8) Il Ministro della Cultura e del Turismo ha detto che la riapertura delle librerie “non è un gesto simbolico, ma il riconoscimento che anche il libro è un bene essenziale”, e su questo è difficile non concordare; ma allora, la partecipazione alla Messa per chi ha il dono della Fede? “Se è essenziale mangiare (e i supermercati giustamente non sono stati chiusi), se è essenziale curarsi (anche le farmacie sono sempre state regolarmente aperte), se è molto meno essenziale andare in edicola (che pure sono aperte), dato che le informazioni si possono ricevere da radio e tv o dai social, perchè è sempre esclusa da ogni ipotesi di riapertura la partecipazione alla Messa, pure nel rigoroso rispetto delle prescrizioni previste per garantire la sicurezza dei partecipanti (alle messe feriali non ci sarebbe neppure bisogno di alcuna organizzazione speciale, visto il numero dei partecipanti)?”

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(9) Ved. J.LOREDO, Il silenzio dei fedeli, in “Stilum Curiae” del 31.8.2020.

(10) Del medesimo Centro Studi consigliamo la lettura del comunicato del 20/04/2020, autrice la Prof.ssa Maria Pia BACCARI VARI, Ordinario di Diritto romano presso la Libera Università Maria S.S. Assunta, nel quale, tra l’altro, si evidenzia – in relazione anche al connesso problema dell’emergenza sanitaria – che “le procedure di aborto sono considerate prestazioni indifferibili.

La letteratura scientifica, peraltro, attesta da anni che la pratica dell’aborto ‘farmacologico’ può esporre la donna a forti rischi per la sua salute, tali da rendere l’aborto farmacologico certamente più pericoloso di quello chirurgico.” Con un edificante richiamo pure del diritto romano, ove l’aborto è considerato omicidio (necare homines in ventre), mentre il giuramento di Ippocrate, oggi offuscato, recita: “mai aiuterò un uomo a morire … mai una donna ad abortire”.

(11) Il riferimento è alla nota della C.E.I., Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, CS n.

42/2020, I Vescovi contro ogni discriminazione omofobica; non serve una nuova legge.

Suggeriamo altresì la completa e articolata ripresa dei i contenuti dell’Audizione al cospetto della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati sui progetti di legge volti a contrastare l’omofobia e le discriminazioni fondate sull’identità di genere, in data 21 maggio 2020, da parte del Prof.Mauro RONCO, avvocato torinese, professore emerito di Diritto Penale nell’Università di Padova, presidente del Centro Livatino: I. Nessun obbligo internazionale o europeo di incriminazione. – II. Le discriminazioni razziali. – III. I reati d’odio: contrasto con il principio del diritto penale del fatto (art. 27 e 3 Cost.). – IV. La criminalizzazione del diverso. – V.

Violazione della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), della libertà di associazione (art. 18 Cost.) e della libertà di religione (artt. 19-20). – VI. Ulteriore e inaccettabile estensione della normativa punitiva. – VII. Creazione, costituzionalmente illegittima, di disparità di trattamento tra situazioni simili o, addirittura, tra situazioni che richiedono una più incisiva tutela rispetto alle situazioni indicate nelle proposte di legge.

(12) In relazione all’emergenza nell’emergenza, La FISM (Federazione Italiana Scuole Materne) e l’AGIDAE (Associazione Gestori degli Istituti di Attività Educativa) hanno proposto alle scuole di attivare gli ammortizzatori sociali che sono stati nel frattempo predisposti (in particolare Fondo Integrativo di Solidarietà e Cassa Integrazione). Per quanto riguarda gli stipendi ai docenti, vi sarebbe da praticare una differenziazione fra le scuole che applicano e quelle che non applicano la didattica a distanza, in merito alla necessità, da parte delle famiglie, di pagare (nel primo caso) o meno per intero le rette. Peraltro, la Nota del MIUR del 17 marzo 2020 raccomanda che si faccia lezione (a distanza) anche nelle scuole dell’infanzia, ma… possiamo onestamente concludere che la permanenza prolungata allo schermo dei pc sia una cosa raccomandabile per i nostri bambini? Viene inoltre fatto notare che le scuole hanno costi fissi vivi, che richiedono da parte dei genitori almeno un versamento ridotto della retta, certo è avvenuto che alcune famiglie abbiano già interrotto i pagamenti di propria iniziativa (teniamo presente che non vi è solo una questione di equità, diciamo, fra dare e avere, ma anche il problema dell’impoverimento generale che l’emergenza ha creato alle famiglie…) e stiano chiedendo il rimborso delle rette già versate. Al di là, pertanto, di tutta una serie di ipotesi che sono allo studio sul, comunque complesso, difficile e precario terreno dei rimborsi fiscali alle famiglie, il percorso rimane fortemente arduo, delicato e rischioso.

(13) Il riferimento è sempre al già citato blog. Va particolarmente evidenziato, su tale forte problema, il cospicuo impegno dell’On.le Valentina APREA - già Sottosegretaria di Stato e Assessore Regionale in Lombardia – presso il Parlamento, riguardo alla situazione della Scuola in generale, con particolare riferimento all’avvìo dell’anno scolastico e al corretto e fattivo utilizzo delle innovazioni metodologiche informatiche e per la d.a.d.; inoltre quello di Suor Anna Monia ALFIERI, che in questo periodo ha animato organi di stampa e televisivi con la sua appassionata testimonianza circa i problemi della Scuola Paritaria. Particolarmente preziosi i pronunciamenti del Prof. Giuseppe BERTAGNA, ordinario di Pedagogia presso l'università di Bergamo, direttore del Dipartimento di Scienze della persona e del mercato del lavoro, uno dei grandi e colti animatori del maggior impegno, fra gli anni Settanta e Duemila (mi pregio di ricordare collaborazioni con lui nel periodo della mia attività come funzionario dell’amministrazione scolastica e anche prima, quand’ero preside di liceo a Piacenza) per una riforma autentica della Scuola, un processo che, purtroppo, negli ultimi tempi è un po’…deragliato!

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