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Natale in casa Cupiello: tradimento di famiglia

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Academic year: 2022

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Natale in casa Cupiello:

tradimento di famiglia

Delusione al teatro Verdi per l’allestimento della più amata e frequentata delle commedie di Eduardo, da parte del nipote Luigi De Filippo

Di OLGA CHIEFFI

Se il caffè nella tazza di Lucariello non c’è mai stato, il primo riallestimento di un De Filippo, di Natale in casa Cupiello, dopo la scomparsa di Eduardo e di suo figlio Luca, da parte di un Luigi, ottantaseienne, figlio di Peppino, ha ricevuto la stessa condanna del caffè di Concetta, da buona parte del pubblico del teatro Verdi di Salerno. Se si è scelta la messinscena tradizionale, come quella voluta da Luigi De Filippo, con gli stessi abiti, le stesse corone in testa dei Magi, lo stesso “strummolo”, tra le mani di Tommasino, si sarebbe dovuto rispettare almeno il testo, come pubblicato nella cantata dei Giorni Pari da Einaudi, quella che conosce a memoria il pubblico, col caffè che puzza ‘e scarrafone, la regina della frittata di cipolle, l’alfabetico e la rispostera, le cui battute sono entrate nel linguaggio comune, in particolare in quello di noi campani. Luigi De Filippo, crediamo anche per problemi fisici, in particolare ad una gamba, ha dovuto cucirsi addosso un po’ l’intero primo atto, eliminando le entrate e le uscite, ma questo glielo concediamo, nel rispetto di un uomo che, bene o male, ha calcato le tavole di un palcoscenico per l’intera esistenza. A cosa serve sostituire gli stacchi a sipario chiuso delle evocative zampogne, con una ballata e chiudere il terzo atto con la danza di Rossini, eliminare d’un tratto le pause e i silenzi, il dubbio, le attese, le lungaggini, gli sguardi, la ricerca sulla camminata, sulla parola eduardiana, che racchiude tanti significati, cassare gli approfondimenti sociologici, come il compiacimento di Luca per l’agiatezza del

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genero, per la sua “bellissima” casa, che ha anche un

“pianoforte”, che non sanno suonare, o tagliare l’ossessione del Presepe, la gara con Pastorella del terzo piano, il progetto, le case stile ‘900, il ritmo del dialogo tra Nennillo, Lucariello, Concetta, praticamente una vera e propria invenzione a tre voci, in doppio contrappunto, reintroducendo, però, le didascalie affidate al medico, come nel manoscritto del ’34, poi eliminate nell’economia della commedia, per eccesso di didascalismo? La recitazione di Luigi De Filippo, come la sua regia, ha fatto il pari con i tagli e le aggiunte, schizzando un Lucariello piatto, bonario, ove è apparsa solo nella parola scritta la guerra fra i due bambini, entrambi caparbi ostinati e dispettosi, come recita la didascalia, sul vero protagonista che è il Presepe, “Te piace?” “Nun me’ piace!”, far realizzare una Concetta non lontana dalle desperates housewifes, con i suoi scatti isterici, esagerati, circensi, nascosto l’amaro, il lato oscuro, il sinistro della parola di Eduardo, sempre e comunque presente anche nel candido personaggio di Lucariello. A fine della passerella finale abbiamo dovuto essere eruditi da Luigi De Filippo anche sulla modernità di questa “commedia giovanile, piacevole”. Nel teatro si è sempre giocato sui dissensi tra padre e figlio, sull’adulterio, così ha spiegato il capocomico, ieri come oggi, la moglie spera che il marito cambi e non è così, e il marito invece che la donna non si trasformi, invece, si hanno le amare sorprese. Crediamo che i temi universali di questo scritto siano ben altri, l’incomunicabilità tra il linguaggio del sogno, della fantasia e quello duro della realtà, il dramma del passaggio, la relazione del mondo circostante con quello dell’Io, le presenze, semi che ritroveremo ne’ Le voci di dentro e in Questi fantasmi. Ben vengano, allora, le riletture rivoluzionarie di Antonio Latella o di Fausto Russo Alesi, che sono riusciti a comunicare l’effetto straniante di questo capolavoro, il sognatore viene soffocato dal primo, mentre nel secondo si pone in luce la solitudine assoluta di Lucariello, abitante per caso di un mondo precario e, quindi, destinato a

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ritornare nel suo attraverso la morte. Il Natale è un rito di passaggio e questa, come il rito cristiano, è una commedia sulla memoria e sulla possibilità di trasmettere sentimenti e cultura da una generazione all’altra. Uscendo dal teatro una voce: “Non ti preoccupare bella del nonno, se la ridanno in televisione, ti faccio vedere come è la vera commedia, recitata da Eduardo”.

Lucariello, il presepe, la Morte

Questa sera alle 21, il sipario del teatro Verdi si leverà sulla compagnia di Luigi De Filippo, interpreti di Natale in casa Cupiello

Di OLGA CHIEFFI

E’ la prima volta in assoluto che un De Filippo porta in scena

“Natale in casa Cupiello” dopo Eduardo. Non ci ha provato il figlio Luca, forse perché dal 1931, infiniti spettatori hanno imparato a collegare l’idea del Natale ai sentimenti e alle speranze di Luca Cupiello, al concentrato di sogni e desideri racchiuso nel presepe dedicato alla famiglia affettuosa che tanto intensamente vorrebbe avere, ai suoi gesti misurati e l’infinita pazienza con cui tenta di renderlo vivo, al teatro anatomico della faccia di Eduardo-Lucariello, tanto vera da far ridere e piangere della caparbia volontà di Luca di ricostruire il “suo” quadro familiare, tanto forte da non recedere mai dalla promessa miracolosa del Natale che si è presentato con tutti sentimenti. Ci si è voluto cimentare, invece, il nipote Luigi, figlio di Peppino che questa sera, alle ore 21, ritroveremo sul palcoscenico del teatro Verdi,

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nei panni di Lucariello. Diretti dallo stesso Luigi De Filippo, in scena ci saranno Stefania Ventura (la moglie di Luca Cupiello, Concetta), Vincenzo De Luca (il figlio Tommasino, detto Nennillo), e poi Claudia Balsamo, la rispostera Ninuccia, Paolo Pietrantonio (Niculino), Massimo Pagano (Zio Pasqualino) Michele Sibilio, (il Portiere) Ferdinando Maddaloni (Vittorio Elia) Luca Negroni (il medico), Marisa Carluccio (Carmela) Tiziana Tirrito (Olga), Carmen Landolfi (Rita), Carlo Zanotti (Alberto), Geremia Longobardo (Luigi). Nell’iconografia teatrale classica di Eduardo “Natale in casa Cupiello” coincideva con una domestica discesa all’inferno e ricostruiva, nella cornice del Natale e nell’apparentemente innocua preparazione del presepe, un ritratto di famiglia fatto di menzogne, segreti, frustrazioni, umiliazioni e ambizioni. Casa Cupiello, è alla deriva nella precarietà della vita, in un clima realistico che scaturisce dal contrasto fra il crepuscolarismo e la vita (Luca Cupiello era un vecchio bambinone: considerava il mondo come un enorme giocattolo. Quando ha capito che con questo giocattolo ci doveva scherzare non più da bambino, ma da uomo…non ha potuto.

L’uomo in Luca Cupiello non c’è, e …il bambino aveva vissuto già troppo). Il sogno inconfessato di Luca è di fermare il tempo, di avere i figli sempre piccoli; in realtà è lui che si proietta nei figli rimasti bambini. Il presepe è l’immagine che fissa per sempre Luca a uno stato fanciullesco. La Morte che è una scelta psicosomatica che denuncia e proclama il rifiuto di Luca di crescere di assumere le sue responsabilità di padre di una figlia che vuole essere libera. Forse è possibile spingere più a fondo lo scavo, in questo personaggio enigmatico e complesso di adulto-bambino che non tradisce la fedeltà alla propria infanzia, che preferisce morire, piuttosto che rinunciare al principio di piacere, che egli applica, peraltro, anche alla figlia. Il grado sociale di Luca, il suo rango di fattorino di fiducia della tipografia lo rendono solidale con il desiderio della moglie di imporre a Ninuccia un matrimonio di interesse. Ma la sua misura profonda, il suo carattere puerile, anarchico e ribelle,

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spontaneamente egoistico, lo spinge a solidarizzare con le scelte adulterine della figlia. Certo, c’è del metodo nella follia di Luca Cupiello, nel primo atto consegna al genero la lettera della figlia che rivela il suo adulterio; nel secondo invita a pranzo l’amante, nel terzo unisce le mani dei due adulteri e benedice, con l’autorità sacrale di chi parla in limine mortis il loro eterno amore, prima di prendere il proprio posto nel Presepio.

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