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Cosa comporta non avere l agibilità?

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Cosa comporta non avere l’agibilità?

Autore: Redazione | 03/01/2022

Prima di concludere un contratto di compravendita o di affitto è opportuno effettuare i controlli sulle caratteristiche essenziali dell’edificio in termini di agibilità, regolarità urbanistica e catastale.

Il patrimonio immobiliare italiano è vetusto e spesso interessato da irregolarità.

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L’esigenza di sanare ogni eventuale abuso o problematica sorge però solo quando si vuol vendere o dare in affitto un immobile. È in questi casi infatti che viene in rilievo il dovere, per il proprietario, di fornire la garanzia di un locale in regola con la normativa edilizia ed urbanistica.

Tra i vari requisiti che un appartamento deve avere c’è l’agibilità, ciò che un tempo si chiamava «abitabilità», attestata da un certificato rilasciato dal Comune.

Cosa comporta non avere l’agibilità? La prima conseguenza è che l’eventuale acquirente o conduttore potrebbe chiedere la risoluzione del contratto e la restituzione dei soldi versati, oltre al risarcimento. Ma non solo. Lo stesso proprietario, laddove dovesse essere trovato dalla polizia municipale a vivere in un appartamento senza agibilità, rischierebbe sanzioni di carattere amministrativo.

Nel tentativo di approfondire il discorso e di comprendere cos’è l’agibilità e, soprattutto, cosa comporta non avere l’agibilità, ci rifaremo alle domande più frequenti che, sul tema, vengono di solito fornite dai nostri lettori. Ma procediamo con ordine.

Cos’è l’agibilità o abitabilità?

Con l’espressione agibilità (o, come chiamata in passato, “abitabilità”) si fa riferimento a tutte quelle qualità e caratteristiche – in termini di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico – che l’immobile/edificio deve presentare al fine di assolvere alla destinazione economico-sociale che gli è propria.

Un immobile inagibile, infatti, è inservibile, in quanto inidoneo a far fronte alle esigenze (abitative o meno) del proprietario.

L’agibilità rappresenta una qualità essenziale del bene immobile, tale da connaturarlo e identificarlo, alla luce della funzione economico-sociale che gli è propria, all’interno del panorama giuridico. L’assenza dei requisiti di abitabilità è quindi tanto incidente sulla natura stessa del bene da impedirne la qualificazione come “abitazione”.

Per tale ragione la legge disciplina in modo molto preciso e puntuale l’iter amministrativo volto a verificare la sussistenza dei requisiti necessari a qualificare l’edificio come agibile, dunque abitabile e commerciabile, con riferimento alla normativa vigente in materia edilizia.

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Tale verifica si rende opportuna e necessaria all’atto della realizzazione di una nuova costruzione, nonché ogniqualvolta vengano effettuati, su edifici già esistenti, interventi idonei, per le proprie caratteristiche, a pregiudicare, o anche solo modificare, le condizioni di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico del fabbricato. Fra detti interventi rientrano sempre le opere di ricostruzione e sopraelevazione.

Da chi e come viene rilasciata l’agibilità?

La presenza dei requisiti appena indicati relativi all’immobile, nonché la valutazione del rispetto della normativa vigente e della conformità dell’opera al progetto presentato, vengono infatti oggi dichiarate, sotto la propria responsabilità, da un professionista abilitato, attraverso la cosiddetta segnalazione certificata di agibilità (Sca) [1]. Chi non presenta la segnalazione certificata di agibilità rischia una sanzione amministrativa da 77 a 464 euro.

Detta segnalazione deve poi essere presentata, a cura del soggetto titolare del permesso di costruire e dal soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio attività, al Comune competente, presso lo Sportello unico per l’edilizia, nel termine di 15 giorni dalla fine dei lavori e deve essere corredata di tutta la documentazione impiantistica, strutturale e catastale inerente all’immobile.

All’interno di essa devono essere certamente ricompresi:

il certificato di collaudo statico;

la dichiarazione di regolare esecuzione dei lavori;

la dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e barriere architettoniche;

gli estremi dell’avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale.

L’immobile potrà essere utilizzato a partire dal giorno di presentazione della segnalazione, con la facoltà per la Pubblica Amministrazione di effettuare, nei 30 giorni successivi, tutte le opportune verifiche nei confronti della documentazione prodotta e conseguentemente richiedere eventuali integrazioni e precisazioni.

L’avvenuto rilascio del certificato di agibilità non impedisce, da parte del Comune, la successiva dichiarazione di inagibilità in caso di sopravvenienza di motivi di pubblico interesse o di accertamento del venir meno dei presupposti di agibilità dell’edificio.

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Quando va rilasciata l’agibilità?

L’agibilità deve essere attestata se ricorre una di queste ipotesi:

si tratta di un immobile di nuova costruzione;

sull’immobile sono stati effettuati interventi consistenti in ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;

sull’immobile sono stati effettuati interventi che possono influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti in esso installati.

Per nuova costruzione si intende una costruzione effettuata a partire dal 30 giugno 2003. Per le costruzioni precedenti a tale data, l’obbligo di richiedere l’agibilità non sussiste, salvo che l’immobile successivamente abbia subito un intervento di ristrutturazione.

Cosa comporta non avere l’agibilità?

Vivere in un appartamento senza l’agibilità comporta una sanzione di carattere amministrativo che va da 77 a 464 euro. Ad irrogarla può essere la polizia municipale del Comune ove si trova l’immobile.

Tuttavia, secondo la giurisprudenza, il Comune non può negare il trasferimento della residenza in un determinato immobile solo perché privo dell’agibilità (fatti salvi – come vedremo a breve – i provvedimenti sanzionatori per tale comportamento che costituisce comunque un illecito). Difatti, una cosa è la registrazione anagrafica, un’altra il rispetto dei provvedimenti comunali in materia di agibilità.

Si può vendere una casa senza agibilità?

Secondo la Cassazione, l’atto di compravendita di un immobile senza agibilità non è di per sé nullo. Ma poiché il bene è privo di uno dei requisiti essenziali, il compratore – ignaro di tale difetto – può agire contro il venditore per ottenere la cosiddetta risoluzione del contratto ossia il rimborso del prezzo corrisposto, oltre al risarcimento del danno, dietro restituzione dell’immobile. I giudici infatti ravvedono nella consegna di un immobile inagibile una forma di inadempimento

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del venditore. Questi infatti, trasferendo un’unità immobiliare di fatto inservibile, si trova a consegnare una cosa per un’altra, tanto difforme da quella pattuita da risultare appartenente a un genere del tutto diverso, e inidonea, pertanto, ad assolvere alla destinazione propria del bene compravenduto.

Tale vizio non è sanato dalla mera circostanza che il venditore, al momento della stipula, abbia già presentato domanda di condono, né che l’immobile fosse stato comunque adibito ad abitazione dai precedenti proprietari. La consegna del certificato di agibilità rappresenta quindi una vera e propria obbligazione incombente sul venditore.

Il termine per agire per la risoluzione del contratto di compravendita di immobile privo di agibilità è di 10 anni dalla sottoscrizione del contratto stesso. Non si applica infatti la normativa per vizi della cosa venduta che prevede termini più brevi [2].

L’agibilità e il compromesso

In caso di firma di un compromesso (cosiddetto contratto preliminare), il venditore ha l’obbligo di fornire al futuro acquirente il certificato d’abitabilità dell’immobile, anche al momento della stipula del contratto preliminare. In caso contrario, la somma eventualmente corrisposta prima di tale momento deve essere restituita; inoltre, l’acquirente può legittimamente rifiutarsi di stipulare il contratto di compravendita definitivo di un immobile privo dei certificati di agibilità, abitabilità e di conformità alla concessione edilizia (anche nel caso in cui il mancato rilascio dipenda dall’inerzia del Comune). L’assenza dei certificati, infatti, vale a qualificare come “grave” l’inadempimento del venditore.

Si può dare in affitto una casa senza agibilità?

Per fornire al conduttore la prova dell’idoneità dell’immobile all’uso convenuto, il locatore deve fornirgli il certificato di agibilità oppure la copia di avvenuto deposito della segnalazione certificata di agibilità.

Se l’agibilità viene definitivamente negata, può essere chiesta la risoluzione del contratto.

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La giurisprudenza, con riferimento al certificato di agibilità, ha affermato che se manca il certificato di agibilità al momento della stipulazione del contratto o se successivamente viene revocato, la locazione è comunque valida e non vi è inadempimento del locatore purché vi sia stata da parte del conduttore concreta utilizzazione dell’immobile (è stata ad esempio negata la risoluzione del contratto al conduttore che, dopo aver goduto dell’immobile per tutta la durata stabilita e pagato regolarmente i canoni, sosteneva l’impossibilità di utilizzare l’immobile per fenomeni di umidità che lo avevano reso inabitabile come da certificazione del responsabile medico Asl). Se l’agibilità viene sospesa durante il contratto di locazione (e il conduttore si viene a trovare nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito) sussiste la responsabilità del locatore.

Note

[1] Dlgs 222 del 25 novembre 2016, cosiddetto “decreto Scia 2”. [2] La qualificazione della consegna della cosa nei termini anzidetti vale a differenziare il

caso di specie dalle diverse fattispecie di vizi della cosa compravenduta (articolo 1495 del Codice civile) e di mancanza delle qualità essenziali (articolo 1497 del Codice civile), con rilevanti conseguenze applicative in termini di esperibilità delle

relative azioni. Nelle suddette ipotesi, infatti, il termine prescrizionale sarà quello specificamente previsto dalla normativa di riferimento, pari a un anno dal

momento della consegna.

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