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Capitolo 19 LAVORO AGILE E TELELAVORO Natura e definizione

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Capitolo 19

LAVORO AGILE E TELELAVORO

Sommario: 19.1. Natura e definizione 19.2. Forma e contenuto del contratto 19.3.

Durata e recesso 19.4. Diritto alla disconnessione 19.5. Incentivi fiscali 19.6. Ruolo contrattazione collettiva 19.7. Divieto di discriminazione 19.8. Diritto all’apprendi- mento permanente 19.9. Potere di controllo datoriale 19.10. Potere disciplinare 19.11. Comunicazione obbligatoria 19.12. Sicurezza sul lavoro 19.13. Assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali 19.14. Telelavoro.

19.1. Natura e definizione

Il concetto di smart working è stato ben delineato dal CIPD, HR: Getting smart about agile working, November 2014, 3-4, quale approccio all’organizza- zione del lavoro caratterizzato dalla migliore efficienza nelle concrete possi- bilità di raggiungere gli obiettivi del lavoro, mediante una sinergica interazio- ne fra interventi di flessibilità, autonomia e collaborazione, secondo «un alto grado di autonomia e una filosofia di responsabilizzazione», nonché in ragione di specifici «indicatori di prestazione basati sui risultati», nel contesto di una innova- tiva ottimizzazione delle strumentazioni di lavoro e di una elevata «flessibilità di luoghi e posti di lavoro».

La legge 22 maggio 2017, n. 81 in materia di «Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato», si propone di favorire una articolazione flessi- bile della prestazione lavorativa del lavoratore subordinato con riferimento sia al tempo che al luogo di svolgimento di essa. Il punto di partenza del nuovo intervento riformatore in materia di lavoro va presumibilmente indi- viduato nella presa d’atto dei mutamenti straordinari subiti non soltanto dal sistema produttivo italiano, ma dalla stessa composizione della forza lavoro, con un ruolo nuovo per il lavoro in forma autonoma, che pure ha subito in modo più rilevante le conseguenze della crisi economica, mostrando una peculiare condizione di fragilità, per l’assenza di un sistema di tutele, di diritti, di welfare che sia di adeguato sostegno.

D’altra parte, il Legislatore non trascura di affrontare un altro tema della grande trasformazione del lavoro in atto, quello della quarta rivoluzione industriale, della evoluzione (o anche rivoluzione) tecnologica, dell’avanza- mento tecnologico, della Industry 4.0, della stampante 3D, della robotica, dei big data, della biotecnologia. In effetti su questo scenario di innovazione il World Economic Forumha previsto che nel prossimo lustro i modelli di impresa e di lavoro subiranno fondamentali cambiamenti derivanti propriamente dalla

«grande trasformazione» del lavoro.

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L’avvento della tecnologia nel rapporto di lavoro ha stravolto le variabili

“luogo” e “tempo” tradizionalmente intese, riducendo tanto le barriere “spa- ziali” quanto quelle “temporali”, di fatto rendendo possibile in concreto sia il lavoro“asincrono” (reso da uno o più lavoratori in tempi differenti rispetto alla generalità degli altri) sia il lavoro“disperso” (reso in postazioni lavorative collocate in luoghi diversi e anche molto distanti dalla realtà aziendale). A ciò hanno contribuito in particolar modo non soltanto i nuovi media, ma anche i sistemi tecnologici più avanzati di supporto al lavoro di gruppo.

In questa prospettiva, sulla frontiera di quella che alcuni già chiamano

“Quarta Rivoluzione Industriale”, accanto alle regole per la tutela del lavoro autonomo si pongono nuovi strumenti e nuove norme per agevolare il lavoro agile che si struttura con una estesa flessibilità di luogo e di tempo per la prestazione lavorativa, nella prospettiva di un incremento della produttività e di una facilitazione di modelli conciliativi vita-lavoro.

Nel Capo II della legge 22 maggio 2017, n. 81 si trovano sei articoli che rappresentano l’avvio delle tutele specifiche della forma più avanzata delle prestazioni lavorative remotizzate, caratterizzate dalla più ampia flessibilità consentita dall’utilizzo delle nuove strumentazioni tecnologiche. Le nuove norme delineano un quadro normativo e contrattuale (individuale, ma in prospettiva anche collettivo) di riferimento per le prestazioni lavorative rese in regime di smart work, vale a dire, nel lessico del Legislatore, con quelle forme di flessibilità della prestazione lavorativa, nello spazio e nel tempo, che rendono il lavoro“agile”.

D’altronde, la tutela del lavoro agile approntata non riguarda soltanto gli aspetti definitori e quelli di protezione nella fase contrattuale, ma anche i profili relativi allo svolgimento delle prestazioni lavorative remotizzate con- nesse all’organizzazione aziendale mediante l’utilizzo delle strumentazioni tecnologiche. In questo senso, dunque, le disposizioni della legge 22 maggio 2017, n. 81 disegnano il sistema delle tutele per le prestazioni lavorative rese in regime di lavoro agile, con particolare riferimento al divieto di discrimi- nazione, ai limiti al potere di controllo datoriale e al potere disciplinare, alle regole sulla protezione dei dati e sugli obblighi di custodia e di riservatezza, alle tutele della salute e sicurezza sul lavoro e all’obbligo dell’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali.

19.1.1. Definizione

L’art. 18, commi 1 e 2, della legge 22 maggio 2017, n. 81 definisce i tratti essenziali del lavoro agile.

Così, anzitutto, il comma 1 della disposizione sancisce che tutte le norme del Capo II (intitolato appunto al «Lavoro agile») sono specificamente finaliz- zate alla promozione del lavoro agile inteso come modalità di articolazione

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flessibile dello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, con lo scopo peculiare di incrementare la produttività del lavoro e di agevolare la conci- liazione dei tempi di vita e di lavoro.

Nel primo comma dell’art. 15 della legge viene individuato il lavoro agile come la prestazione di lavoro subordinato che viene eseguita con quattro specifiche caratteristiche organizzative di tipo flessibile sia riguardo al tempo, che al luogo, che alla strumentalità del lavoro, fermo restando l’accordo fra le parti:

a) si tratta di una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita con accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro;

b) la prestazione lavorativa è svolta in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, ma comunque nei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, stabiliti dalla legge e dalla contratta- zione collettiva;

c) per lo svolgimento dell’attività lavorativa il lavoratore può avvalersi di strumenti tecnologici;

d) durante i periodi di lavoro che vengono svolti all’esterno dei locali aziendali rileva la mancanza in azienda di una postazione fissa destinata al lavoratore.

Ne deriva, quindi, che il “lavoro agile” non rappresenta una nuova tipologia di lavoro, ma piuttosto una declinazione specifica della prestazione lavorativa nelle sue modalità più flessibili rispetto alle dinamiche spazio-tem- porali.

19.1.2. Elementi essenziali

Nello specifico l’art. 15, comma 1, della legge n. 81/2017 definisce il lavoro agile quale una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subor- dinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizza- zione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici. Dal passaggio nor- mativo possiamo dire che questa è una nuova modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato, non già una nuova tipologia contrattuale.

Concretamente nella genesi dell’obbligazione della prestazione di lavoro su- bordinato, che si estrinseca in una prestazione di mezzi, la regolamentazione dello smart working individua una tipizzazione delle modalità di esecuzione dell’obbligazione stessa, con carattere definitorio. Non a caso proprio al comma 1 del menzionato art. 18 viene precisato che la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa, ma nel rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale stabiliti dalla legge e dai con-

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tratti collettivi di lavoro. Il Legislatore pertanto con la locuzione“modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato” individua e caratterizza un’obbligazione accessoria (smart working) che andrà ad attribuire una speci- ficità a quella principale (prestazione di lavoro subordinato).

Ne deriva, quindi, che gli elementi essenziali del lavoro agile sono i seguenti:

a. accordo tra le parti, ossia tra datore e lavoratore subordinato;

b. prestazione lavorativa eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa;

c. assenza di vincoli di luogo o di orario di lavoro, nei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale;

d. possibile (ma non indispensabile) l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Questa forma contrattuale che oggi non deve per forza passare per una regolamentazione collettiva, ma che può essere contenuta nell’espressione della libera contrattazione individuale, ha comunque visto le sue prime albe nell’ambito di specifiche regolamentazioni derivanti dalla contrattazione col- lettiva. La norma quindi interviene nell’ambito di una libertà regolamentare, che non definiva aspetti qualificanti della modalità di svolgimento del rap- porto di lavoro, ma che anzi offriva margini di contrattualizzazione ampi.

Questa libertà nell’ambito civilistico poneva però problematiche sotto l’a- spetto gestionale del rapporto oltre che sotto il profilo assicurativo. Nei successivi paragrafi approfondiremo proprio questi aspetti, ma qui vale la pena evidenziare che un intervento legislativo era necessario per poter defi- nire alcuni aspetti di gestione del rapporto di lavoro, che solo la forza nor- mativa poteva imprimere. Resta all’interprete comprendere quanto la norma abbia poi offerto il giusto equilibrio, tra libera regolamentazione e tutele introdotte nell’interesse del lavoratore.

Per completezza si deve rilevare che la norma ha voluto regolamentare il lavoro agile, nella piena coscienza che le necessità del mercato del lavoro cambiano, perché cambiano inevitabilmente le sue forme di espressione.

Sempre più le imprese si sviluppano su aree tecnologiche, dove il prodotto non è un bene fungibile, ma un servizio immateriale, impalpabile e le tecno- logie moderne permettono di sviluppare idee e contenuti che diventano i beni che soddisfano i nuovi bisogni, in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo. Anche in una logica di abbattimento dei costi, le aziende per questo definiscono organici virtuali e le postazioni di lavoro sono solo un luogo in un determi- nato momento. Un mercato del lavoro, che in questa sua espressione si dilata talmente tanto da prendere dimensioni incontenibili, certamente non da un concetto ordinario di posto di lavoro. A questo elemento va aggiunta la potenzialità che veniva negata alla tecnologia, per quanto attiene non tanto

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ad aspetti di disciplina contrattuale, ma di gestione organizzativa del lavoro, improntata a favorire un’alternanza vita-lavoro. La possibilità di poter svol- gere la prestazione in ogni luogo o in qualsiasi orario apre prospettive ap- plicative che nella loro complessità però cercano di affrontare proprio i nuovi bisogni del mercato del lavoro.

Nell’intento di rafforzare la strumentalità dello smart working in materia di alternanza vita-lavoro, con uno specifico intervento contenuto nella Legge di bilancio 2019 (art. 18, comma 3-bis, legge n. 81/2017, introdotto dall’art. 1, comma 486, legge n. 145/2018) viene previsto, che i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in tale modalità formulate dalle lavoratrici nei 3 anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità grave1.

19.2. Forma e contenuto del contratto

L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, pertanto il ricorso alla forma scritta è assolutamente consigliabile, specie ai fini dell’assicurazione infortuni (art. 19, comma 1, legge n. 81/2017; INAIL, Circolare 2 novembre 2017, n.

48). L’accordo, con riferimento alla modalità di svolgimento in lavoro agile, può essere a termine o a tempo indeterminato (art. 19, comma 2, legge n. 81/

2017).

L’accordo deve prevedere:

a. la disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali;

b. le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro;

c. gli strumenti utilizzati dal lavoratore;

d. i tempi di riposo del lavoratore;

e. le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnes- sione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro (art. 19, comma 1, legge n. 81/2017);

f. se previsto, il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali,

1La locuzione «che stipulano accordi» parrebbe escludere da questo vincolo quei rapporti di lavoro agile normati con regolamento aziendale. Non potendo però il regolamento, disciplinare tutti gli aspetti contrattuali dello smart working, sembra poi necessario la stipula almeno di un contratto individuale che attrarrebbe comunque il vincolo normativo.

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non formali o informali, e alla periodica certificazione delle relative competenze (art. 20, comma 2, legge n. 81/2017);

g. l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali;

h. le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’ester- no dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari (art. 21, commi 1 e 2, legge n. 81/2017).

Dal dettato normativo, testualmente prevede, che la modalità di lavoro agile è «stabilita mediante accordo tra le parti», da questo passaggio normativo si estrapola il c.d.“principio di volontarietà”. Benché tra le finalità normative, vi è l’espresso riferimento all’incremento di produttività, unitamente a quello di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in ossequio a questo principio, il datore di lavoro non può imporre direttamente o indirettamente al singolo dipendente lo smart working. Tale modalità lavorativa, che incide sul luogo dell’adempimento della prestazione, viene attivata esclusivamente sulla base dell’accordo tra le parti. In considerazione del principio di volontarietà, ancorché non vi sia una espressa indicazione normativa, il rifiuto del dipen- dente non dovrebbe comportare il licenziamento o l’attivazione di sanzioni disciplinari.

Ciò che cambia davvero, rispetto a quanto già introdotto in precedenza dalla contrattazione aziendale o da policy aziendali, è la necessità di un accordo scritto a livello individuale che stabilisce l’attivazione della modalità agile.

L’accordo serve ai fini della prova di tale modalità, ma anche della regolarità amministrativa. Tale espressione sottende la possibilità che in caso di sua assenza gli enti competenti potrebbero sollevare contestazioni, probabilmen- te con riferimento al luogo di svolgimento della prestazione. La mancanza della forma scritta non dovrebbe determinare la configurazione di illeciti amministrativi. Certamente l’assenza dell’accordo può offrire il fianco a rischi di contenzioso sotto il profilo civilistico con il lavoratore dipendente, sotto il profilo amministrativo su aspetti che afferiscono gli obblighi assicurativi e di tutela della salute sui luoghi di lavoro. Come esplicitato la forma scritta viene previsto ad probationem tantum (e non a pena di nullità), per cui il contratto di lavoro agile, deve essere provato per iscritto. È dunque inammissibile ex art.

2725 cod. civ. la prova testimoniale (salvo che per dimostrare la perdita incolpevole del documento), per sopperire ad un’eventuale carenza docu- mentale, e finanche la prova per presunzioni. Parimenti, deve escludersi che la prova del contratto possa essere ricavata da documenti comprovanti l’effettuazione delle prestazioni riconducibili al rapporto, fermo restando che in difetto della forma scritta, deve comunque ritenersi valida l’esecuzione volontaria del contratto (Cass. civ. n. 5165/2015; Cass. civ. n. 1824/2013).

A seguito delle vicende (nazionali ed internazionali) relative al virus

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COVID-19 (Coronavirus), con uno specifico intervento normativo è stata prevista dall’art. 4, comma 1, lett. a), del D.P.C.M. 1° marzo 2020, in seguito, da ultimo, ribadita dall’art. 2, comma 1, lett. r), del D.P.C.M. 8 marzo 2020, reso operativo su tutto il territorio nazionale dal D.P.C.M. 9 marzo 2020 (contenenti disposizioni attuative del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito dalla legge 5 marzo 2020, n. 13), una forma di attivazione del lavoro agile di gran lunga semplificata rispetto a quella ordinaria: «la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro».

Per il lavoro agile previsto dall’art. 4, comma 1, lett. a), del D.P.C.M. 1°

marzo 2020 e dall’art. 2, comma 1, lett. r), del D.P.C.M. 8 marzo 2020, la formalità dell’accordo individuale viene ritenuta non necessaria.

In particolare, come si evince dai contenuti della norma, la principale modifica, assai rilevante, attiene proprio agli obblighi formali che incombono nell’ambito della gestione del rapporto in smart working.

Le disposizioni normative semplificatorie, peraltro, hanno carattere di eccezionalità e straordinarietà, pertanto restano legate alla situazione contin- gente determinata per l’esigenza di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, con la evidente finalità di prevenire fattori di contagio nell’ambito dei rapporti di lavoro, nell’ottica di una continuità delle attività aziendali, attraverso la compressione massima dei formalismi buro- cratici che gravano su questa modalità di svolgimento della prestazione di lavoro, realizzando di fatto un sistema di avviamento e di gestione semplifi- cato.

La nuova procedura di ricorso allo smart working consente, infatti, di attivare sull’intero territorio nazionale tale modalità di lavoro beneficiando sostanzialmente di questa prima importante semplificazione procedurale:

non è necessario il preventivo accordo sottoscritto con il lavoratore.

D’altro canto, la disposizione normativa permette anzitutto una soluzio- ne gestionale a carattere unilaterale avanzata dall’azienda.

Assunta la decisione di ricorrere al lavoro agile, il datore di lavoro può comunicare direttamente a un singolo dipendente, ma anche a gruppi di dipendenti, la volontà di richiedere lo svolgimento della prestazione in mo- dalità “agile”, allegando, contestualmente o con comunicazione distinta e separata, l’informativa sui rischi per la sicurezza.

Allo scopo di evitare incertezze, si ritiene opportuno indicare nella co-

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municazione ai lavoratori che il lavoro agile viene attivato ai sensi dei D.P.C.M. 9 marzo, 8 marzo e 1° marzo 2020, sebbene ove manchi tale indicazione le disposizioni aziendali permangono perfettamente valide.

Inoltre, se in via ordinaria, le modalità di svolgimento dello smart working vengono definite con apposito accordo sottoscritto dalle parti, nella forma semplificata in fase emergenziale l’accordo non deve essere obbligatoriamen- te sottoscritto in modo preventivo, si ritiene comunque necessario che il datore di lavoro comunichi ai lavoratori posti in modalità agile tutte le infor- mazioni essenziali che di norma devono essere inserite nell’accordo.

L’attivazione in forma semplificata del lavoro agile pone anche la que- stione relativa alla possibilità per i dipendenti destinatari della comunicazione datoriale di opporre rifiuto allo svolgimento della prestazione lavorativa in tale modalità: d’altra parte stante la natura emergenziale della norma dero- gatoria e la finalità, costituzionalmente rilevante (art. 32 Cost.) della stessa, si deve ritenere che la decisione unilaterale di attivazione del lavoro agile avan- zata dal datore di lavoro, stante la materiale fattibilità dello smart working, prescinda dalla volontà del dipendente, che ragionevolmente non può disat- tendere la disposizione aziendale per recarsi al lavoro in azienda.

Ciò appare tanto più vero a fronte della previsione generale contenuta nella normativa emergenziale che impone di «evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza» (art. 1, comma 1, lett. a), D.P.C.M.

8 marzo 2020, art. 1 D.P.C.M. 9 marzo 2020), con previsione esplicita di sanzioni penali in caso di violazione della norma.

Allo stesso modo, nel caso in cui sia il lavoratore a richiedere la trasfor- mazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in azienda nella forma del lavoro“agile”, il datore di lavoro non può esercitare il diritto potestativo di non posizionare il lavoratore richiedente in modalità agile, a fronte delle esigenze organizzative imposte dalla situazione di emergenza.

D’altra parte, poiché si tratta di una modalità di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, soggetta, in quanto tale, al potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro, l’azienda potrà accordarsi con i lavoratori in modalità agile affinché siano calendarizzati opportunamente i giorni di pre- senza in azienda al fine di consentire la migliore organizzazione gestionale dei luoghi di lavoro, anche a fronte degli obblighi di sanificazione, igienizzazione e dislocazione della prestazione lavorativa che consenta il rispetto delle di- stanze minime imposte dalla normativa di emergenza.

Inoltre, per i lavoratori che avessero già in corso un accordo di lavoro agile alla data di entrata in vigore dei DPCM richiamati, l’ampiezza della

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portata della normativa di semplificazione consente interventi straordinari di variare, transitoriamente, singoli contenuti dell’accordo per renderlo mag- giormente rispondente alle specifiche esigenze di contrasto e di prevenzione, come ad esempio per aumentare i giorni di lavoro all’esterno dell’azienda.

Il lavoro agile è peraltro favorito dalla successiva normativa legale e con- trattuale collettiva a contrasto della pandemia da COVID-19, si pensi al D.P.C.M. 26 aprile 2020, al Decreto Rilancio e al Protocollo di regolamenta- zione delle misure per il contrasto del Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali del 14 marzo 2020, integrato il 24 aprile 2020. Il c.d.

“Decreto Rilancio” ha introdotto, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, il diritto dei genitori lavoratori dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di anni quattordici a decidere liberamente se continuare a svolgere la propria prestazione di lavoro in smart working, anche in assenza degli accordi individuali, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Il diritto non è alternativo, ma spetta ad entrambi i genitori, anche contemporaneamente.

19.3. Durata e recesso

Per quanto concerne l’istituto del termine, nello smart working può essere analizzato sotto due prospettive diverse. La prima interconnessa all’obbliga- zione principale del contratto, nel senso se il rapporto di lavoro dovesse contenere un termine (perché è a tempo determinato), questo naturalmente coinvolgerebbe anche il “mezzo” dell’obbligazione, ovvero la modalità di svolgimento della prestazione. L’altra prospettiva invece afferisce la durata del solo “mezzo”. In questo caso l’obbligazione principale è svincolata dalla modalità di svolgimento della prestazione, anzi quest’ultima acquisisce carat- teristiche autonome. Infatti, l’espletamento della medesima prestazione po- trebbe essere svolto per un periodo in azienda dove solo per un predetermi- nato periodo in modalità lavoro agile. Questa autonomia dell’obbligazione accessoria (modalità di svolgimento della prestazione), riverbera inevitabilmen- te sulle dinamiche giuridiche temporali del rapporto. Pertanto, il passaggio normativo contenuto nel comma 2 dell’art. 19 della legge n. 81/2017, prevede che la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in smart working può essere a termine o a tempo indeterminato, e pertanto questa previsione riguar- da non tanto l’obbligazione principale, ma alla durata dell’obbligazione acces- soria (la durata di svolgimento della modalità di lavoro agile). Nello stesso comma è inserita una previsione sulle tempistiche di recesso, prevedendo che nel caso in cui le parti contraenti non abbiano previsto un termine per l’obbligazione accessoria, il recesso può avvenire con un preavviso non infe- riore a 30 giorni. Sempre sulla questione del preavviso legato al recesso è

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prevista una specifica regolamentazione che riguarda i lavoratori disabili ai sensi dell’art. 1, della legge n. 68/1999: il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a 90 giorni, al fine di consentire un’adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. Si evidenzia però che il termine di preavviso di 90 giorni risulta espressamente previsto solo per i lavoratori disabili individuati all’art. 1 della legge n. 68/1999, non includendo dunque le c.d. “categorie equiparate”. Essendo una norma con natura eccezionale e specifica, non dovrebbe comportare interpretazioni analogiche estensive.

Da considerare che in ossequio al disposto normativo contenuto nell’art.

19 della legge n. 81/2017, la previsione del termine dell’obbligazione acces- soria deve essere indicata per iscritto. Ci si chiede se l’indicazione del termine deve essere espressamente operata o possa essere fatto un rinvio al determi- narsi di un evento (es. il compimento del terzo anno di vita del figlio): in tal senso non si rilevano motivi ostativi nell’apposizione di condizioni ovvero clausole di condizione per l’obbligazione del lavoro agile. Altro aspetto che non trova specifica regolamentazione nell’ambito della normazione del ter- mine dell’obbligazione del lavoro agile, riguarda l’ipotesi della prosecuzione di fatto, oltre il termine pattuito: in questi casi pare opportuno che la lacuna legislativa venga colmata tramite l’intesa negoziale individuale ovvero per il tramite di apposita regolamentazione inserita nella contrattazione collettiva.

In ogni caso, in ossequio ai principi generali, la protrazione de facto del rapporto di lavoro agile a termine dovrebbe essere inefficace, in difetto, appunto, di una formale proroga per iscritto (salvi gli effetti di cui all’art.

2126 cod. civ.).

Come precisato l’accordo per il lavoro agile può essere a termine o a tempo indeterminato (e nell’ambito di questi due generi, anche a tempo parziale)2; in tale ultimo caso diventa interessante ragionare sull’applicabilità del principio di libera recedibilità ad nutum, essendo previsto che il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a 30 giorni. È dunque suffi- ciente un recesso anche acausale per porre fine alla modalità in lavoro agile ante tempus. Il recesso ad ogni modo come già detto riguarderà l’obbligazione accessoria che volgerà a termine, mentre quella principale (la prestazione di lavoro) continuerà a produrre i suoi effetti.

Nel caso di specie, sembra sia stata effettuata una comparazione tra l’interesse individuale del lavoratore agile e l’interesse collettivo “alla ripresa dell’economia”, optando per un sacrificio del primo in forza di un auspicato

2Cfr., ad esempio, CCNL Alimentari della piccola e media industria del 16 settembre 2016.

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