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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

1.1 LA NARRATIVA DI MCEWAN

The novelist’s privilege, according to Ian McEwan, is to step inside the consciousness of others, and to lead the reader there like a psychological Virgil. Again and again in McEwan’s books, it is the interior monologue of the characters, and that monologue’s encounter with the ‘truth’ in the outside world, that grips us. 1

Nella prefazione al lavoro di Sebastian Groes, Matt Ridley evidenzia come nel corso della sua eterogenea produzione, l’attenzione di McEwan alla dimensione psicologica dei personaggi sia rimasta costante. Dagli esordi letterari nel 1975, contraddistinti da atmosfere claustrofobiche e alienanti, fino alla pubblicazione dell’ultimo romanzo nel settembre del 2016, segnato da una diegesi più sperimentale, l’autore ha conservato la propria curiosità nell’esplorazione dell’alterità ideologica e sociale, indagando incessantemente l’aspetto etico del racconto. La vita e la carriera di McEwan coincidono con un periodo storico segnato da cambiamenti di carattere globale e una svolta a livello politico e sociale che nel Regno Unito non ha conosciuto precedenti. Tutto ciò ha costituito la materia prima dei suoi romanzi. Come rileva D. Head, la fine del colonialismo, la scomparsa della rigida suddivisione in classi del sistema britannico, la riforma dell’educazione, la progressiva acquisizione di potere del movimento femminista e la più recente minaccia globale del terrorismo sono gli aspetti storici che hanno un ruolo indiscutibile nelle opere di McEwan, la cui classificazione come autore postmoderno è confermata proprio dall’insistente presenza della dimensione storica nei suoi romanzi.

Non meno rilevante è la passione per la scienza, che non si traduce in mera esplorazione delle forme della razionalità, ma costituisce piuttosto la forma mentis per affrontare la vita in ogni suo aspetto, mantenendo viva la curiosità: da qui i ruoli assegnati alla psicologia evolutiva in Enduring Love e alla neurogenetica in Saturday, un mezzo per conoscere meglio l’uomo, che attraverso la narrativa trova la sua forma comunicativa per eccellenza. Si tratta, dunque, della volontà di integrare arte e scienza, laddove questa viene

1 Matt Ridley, “Preface: Ian McEwan and the Rational Mind”, in Contemporary Critical Perspectives, 2nd

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considerata la fonte per eccellenza non dello svelamento ma della creazione dei più grandi misteri.

1.2 CENNI BIOGRAFICI

Ian Russell McEwan nasce ad Aldershot, in Inghilterra, il 21 giugno del 1948. Il padre David era un sergente dell’esercito inglese e la madre Rose, originaria di Ash, era già stata sposata a Ernest Wort, deceduto nel corso della Seconda Guerra mondiale, da cui aveva avuto due figli, Roy e Margy. Nel 2002, McEwan viene a conoscenza della relazione clandestina che i genitori avevano avuto durante il primo matrimonio della madre, dalla quale era nato in segreto un figlio, David Sharpe, dato immediatamente in adozione nel 1942, in seguito autore di un memoriale intitolato “Complete Surrender”, per cui McEwan ha scritto l’introduzione. La decisione di dare David in adozione fu probabilmente dettata dalla natura burrascosa del rapporto fra i genitori, che ha influenzato anche la produzione di McEwan: del padre egli ricorda soprattutto la personalità dominante, “a remote, organizing figure with a service revolver strapped around his waist2”, incline al vizio dell’alcool e ad abusare della moglie, dolcissima e succube delle prepotenze del marito, spesso vicina al figlio che volentieri evitava il padre, per quanto possibile. Nel suo articolo “Mother Tongue”, pubblicato nel 2001, l’autore ricorda affettuosamente il timoroso approccio della madre alla parola, che ha influenzato anche la sua prima produzione: “I still had her attitudes, her unsureness of touch”3. Il

complicato rapporto fra David e Rose funge da modello per i genitori di Stephen Lewis in The Child in Time; allo stesso modo, una chiara traccia della figura materna si riscontra nella madre di Henry Perowne, Lily, affetta dalla stessa patologia degenerativa di Rose, e ancora nella protagonista di Atonement, Briony Tallis.

L’infanzia di McEwan trascorre tra Singapore e la Libia. Gli spostamenti continui sono dettati dalla carriera militare paterna e più di qualsiasi altro elemento, è la costante presenza del sole a suggerire una vaga sensazione di esoticità. I primi anni di vita dell’autore trascorrono tra campi e tende militari ma vengono anche segnati da eventi storici di portata mondiale, come la crisi del canale di Suez, nel 1956. Esattamente tre anni dopo, McEwan viene mandato dai genitori in Inghilterra, per frequentare il collegio di Woolverstone, dove non ottiene risultati scolastici particolarmente brillanti, facendosi notare piuttosto per

2 Lynn Wells, Ian McEwan, Palgrave MacMillan, London 2010, p. 23.

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timidezza e introversione. Solo più tardi, verso i 16 anni, comincia ad interessarsi alla letteratura inglese e si appassiona a Iris Murdoch e William Golding.

Dal 1967 fino al 1970 frequenta l’Università del Sussex, che definisce “unexciting”, cominciando a prendere in considerazione il corso di scrittura creativa, spinto in prima battuta più dalla fantasia di essere scrittore che da una reale esigenza comunicativa e si indirizza verso la produzione romanzesca, che preferisce alla poesia per la sua maggiore libertà stilistica. Presso l’università dell’East Anglia consegue un Master, seguendo Angus Wilson e Malcolm Bradbury, che lo avvicina alla letteratura americana, in particolare a Saul Bellow, il quale influenzerà moltissimo le sue opere. Nel 1972 compone alcune short stories che invia alla “New American Review” e che andranno a far parte della prima raccolta First Love, Last Rites, uscita nel 1975. Nello stesso anno, viaggia con alcuni amici in Afghanistan; qui, però, McEwan si sente “slightly separated” dalle convinzioni e dallo stile di vita della popolazione locale, per cui il rientro in Gran Bretagna è un vero e proprio sollievo. Nel 1976 riceve il Somerset Maugham Award per le short stories e due anni dopo viene pubblicata una seconda raccolta, intitolata In Between the Sheets, insieme al suo primo romanzo, The Cement Garden. Il 1981 è l’anno di uscita di The Comfort of Strangers, selezionato per il Booker Prize. Nel 1982 sposa Penny Allen; il matrimonio dura quindici anni e l’influenza dello spiritualismo della moglie è chiaramente individuabile anche nella produzione di quegli anni. La fuga in Francia della Allen alla fine del matrimonio, insieme al figlio minore e al nuovo compagno, è causa di fortissimo stress e di una consistente pressione mediatica per McEwan. La faccenda si conclude con un’ammenda di 1000 sterline per la moglie, con l’obbligo di fare ritorno in patria con il figlio. Nel 1997 McEwan decide di sposarsi di nuovo con la giornalista Annalena Mcafee; la loro felice unione sembra aver trovato una fedele trasposizione nella dimensione familiare di Saturday, con il neurochirurgo di successo Henry Perowne e la moglie Rosalind, la cui abitazione presenta non poche somiglianze con la casa di Fitzrovia dell’autore.

Nel corso della sua prolifica carriera, McEwan ha ricevuto numerosi riconoscimenti, a partire dal Whitbread Novel Award per The Child in Time, seguito dal Prix Fémina Award. La satira di Amsterdam ha conquistato il Man Booker Prize e Atonement è diventato best seller, oltre ad aver ottenuto diversi premi, come il W.H. Smith Literary Award e il Los Angeles Time Prize for Fiction. Il romanzo è anche stato oggetto di un’accusa di plagio, per le somiglianze rilevate con il memoriale di guerra No Time for Romance risalente al 1977, che racconta l’esperienza autobiografica dell’autrice come infermiera volontaria presso un ospedale di Londra durante la Seconda Guerra Mondiale. Una prima contestazione di questo

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tipo aveva già interessato l’autore al momento della pubblicazione di The Cement Garden, che qualcuno aveva avvicinato a Our Mother’s House di Gloag, sebbene McEwan avesse esplicitamente negato di averlo letto e affermato, in seguito, che un’eventuale somiglianza delle trame non cancellava comunque il fatto che “Gloag’s concerns were more the supernatural and the religious. I came at the subject from an entirely different route, which was partly through a wish to examine power relationships in the family and also an interest in the sexuality of young children”4. Saturday, in cui il tema del terrorismo globale anticipa

tristemente gli attentati di Londra nel 2007, è stato invece premiato con il James Tait Black Memorial Prize.

Diverse opere sono state inoltre adattate per il cinema e per la televisione; è il caso dei primi due romanzi, a cui hanno lavorato Andrew Birkin e Harold Pinter. Lo stesso McEwan ha scritto alcuni copioni per la televisione, come la sceneggiatura di Soursweet di Mo nel 1988 e il film The Good Son nel 1993, anno di uscita della versione cinematografica di The Innocent, per cui ha scritto la sceneggiatura. Ha anche collaborato alle versioni cinematografiche di Atonement e Enduring Love, per cui però non ha direttamente scritto, giustificando così la sua scelta: “I didn’t want people sitting around the table telling me I hadn’t fully understood these characters”5, elogiando comunque il lavoro della produzione e

il risultato finale.

Fin dagli anni ‘70 McEwan ha partecipato attivamente a svariate cause, prima fra tutte il movimento femminista, mentre più recentemente, nel 2005, ha preso parte ad una spedizione al Circolo Polare Artico, descrivendo nell’articolo “Save the boot room, save the earth” il clima a bordo della nave e i conflitti che rischiano di distruggere l’ambiente: “we will not rescue the earth from our own depredations until we understand ourselves a little more, even if we accept that we can never really change our natures”6. In seguito agli attacchi dell’11 settembre del 2001 McEwan ha criticato il fanatismo religioso, non solo quello islamico, aggiungendo una riflessione sulla religione in senso lato:

I think religion actually is a morally neutral force. It’s clearly deeply stitched into what we are. You find forms of supernatural belief in all cultures, Christian and Judaic visions of “sky gods”

4 WELLS, op.cit., p. 26. 5 Ibidem, p. 27.

6 Ian McEwan, “A Boot Room in the Frozen North”, Cape Farewell,

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or whatever…but now and then, people rise up and perform terrible things in its name, just as people perform extraordinary fine, courageous things in its name7.

Sulla scia di Lévinas, McEwan attribuisce alla mancanza di immaginazione la causa della volontà di ferire gli altri: “what those holy fools clearly lacked, was the ability to enter into the minds of the people they were being so cruel to”8. La capacità empatica è proprio alla

base del ruolo che svolge il romanzo; il senso che ognuno ha della vita altrui forma il personale concetto di moralità, rivolgendo al lettore la questione della responsabilità etica.

1.3 LA DIMENSIONE SPAZIALE

Le short stories e i due primi romanzi sono caratterizzati da atmosfere claustrofobiche e spazi degradati, in totale consonanza con i personaggi depravati ed emotivamente assenti che vi agiscono. Il primo romanzo, The Cement Garden, è ambientato in una casa isolata di una indefinita quanto grigia periferia, in un quartiere dove le macerie degli edifici demoliti si sono accumulate ai lati della desolante autostrada. I cinque protagonisti, adolescenti e bambini, a seguito dell’improvvisa morte di entrambi i genitori, trascorrono le giornate nella loro casa dai tratti gotici, molto simile a un castello, con le finestre alte, i muri neri dall’umidità, i tratti spigolosi, con la sporcizia che si accumula giorno dopo giorno. Nelle stanze dell’abitazione volano indisturbati sciami di mosche e un materiale appiccicoso ricopre il pavimento; dalla cantina, si comincia infine a percepire il fetore emanato dal cadavere della madre, sepolta in maniera frettolosa e approssimativa dai figli in un baule ricoperto da una colata di cemento. Il giardino e il cemento, riuniti nell’ossimoro del titolo, indicano l’intervento e la volontà della figura paterna di imporre ordine e controllo all’interno del perimetro domestico, attorno al quale il genitore avrebbe voluto costruire un muro se la sua patologia cardiaca non gli avesse impedito lo sforzo. È lo spazio esterno a contrapporsi diametralmente alla rigorosa organizzazione dei fiori e delle piante del giardino: fuori dalla casa, l’erba cresce rigogliosa, simbolo di una natura sfrenata, dove l’impulso normativo umano non si è ancora imposto.

L’indeterminatezza dei dati topografici si manifesta anche nel secondo romanzo, The Comfort of Strangers, anche se il lettore è in grado di riconoscere le atmosfere tipiche della città lagunare di Venezia senza che venga mai esplicitamente nominata. La coppia di turisti inglesi in vacanza, Colin e Mary, si muove in una dimensione in cui ogni coordinata spaziale

7Helen Whitney, “Faith and Doubt at Ground Zero”, Frontline, April 2002,

https://www.pbs.org/wgbh/pages/frontline/shows/faith/interviews/mcewan.html (ultimo accesso 10/04/18).

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sembra dissolversi: le viuzze, piccole, contorte e del tutto simili fra loro, si moltiplicano, incrementando il senso di smarrimento, topografico quanto ontologico. Più di una volta i protagonisti capiscono tardivamente di essersi persi durante le loro gite, mentre i numerosi scorci cittadini ritraggono quasi sempre il paesaggio al tramonto o di notte. La loro incapacità di individuare precisi e utili punti di riferimento, in viaggio come nella vita, li porta a vagare senza meta per la città. La condizione liminare del paesaggio, sospeso in egual misura fra cielo, terra e mare corrobora ulteriormente il senso di inquietante intrappolamento in una incomprensibile dimensione di alterità. Se lo spazio aperto, invece di suggerire libertà, sembra comprimere ulteriormente l’orizzonte, anche epistemologico, dei protagonisti, quello interno rispecchia in toto le loro debolezze: perfino la camera d’hotel in cui alloggiano è stata affidata alle cure giornaliere del personale, senza le quali regnerebbe il caos.

È solo con l’arrivo del terzo romanzo, The Child in Time, che si registra un netto cambio di direzione rispetto alla produzione precedente, in cui prevaleva la dimensione del singolo, spesso isolato e disturbato; l’autore privilegia adesso spazi più ampi, comuni e condivisi, in ragione dei quali le vaghe coordinate topografiche lasciano il posto a luoghi realistici e rilevabili. Nel caso di The Child in Time, gli eventi si svolgono a Londra, quella di un prossimo futuro, dove miseria, corruzione e accattonaggio sono all’ordine del giorno. L‘evento che segna il romanzo, il rapimento della figlia del protagonista Stephen, la piccola Kate di tre anni, avviene all’interno di uno spazio contemporaneo e collettivo, il supermercato: di qui in poi, il tema della violenza che irrompe nella quotidianità distruggendo un sistema o minando il suo equilibrio, diventa un elemento cardine nella produzione di McEwan. La ricerca spasmodica da parte del protagonista, che non si rassegna alla perdita della figlia, lo costringe a vagare smarrito da una parte all’altra della città: la disperazione che attanaglia Stephen è in accordo con una dimensione urbana e anzi, globale, affetta dall’ansia, ossessionata dalla costante minaccia nucleare, dall’ inquinamento e dal buco dell’ozono, tutti segnali di un pianeta ma anche di un sistema politico ormai esausti.

È Julie, la moglie di Stephen, a trovare il coraggio di contrapporre alla corrotta topografia cittadina lo spazio aperto della campagna, dove decide di ritirarsi, nel faticoso tentativo di cercare un equilibrio spirituale che il contatto diretto con la natura possa favorire. Julie ci riesce solo accettando l’irreparabile perdita che ha subito e affrontando vis à vis il proprio dolore; anche Charles Darke, amico di Stephen, fugge dalla città dispotica e asfissiante, ritirandosi nel bosco per regredire completamente all’infanzia, ma finisce per congelare ai piedi della casa sull’albero che ha costruito. La natura non è sinonimo di fuga da

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ogni responsabilità che la vita adulta comporta, bensì possibilità di recuperare un personale equilibrio, anche attraverso, questo sì, un approccio sincero e istintivo, come quello dei bambini. L’armonia a fine romanzo sembra davvero riconquistata, perché è proprio nel cottage di Julie nel Suffolk che lei e Stephen si riuniscono, abbracciando teneramente il loro secondo figlio appena nato.

Anche The Innocent, la cui pubblicazione segue di tre anni quella di The Child in Time, risponde all’intenzione di McEwan di adottare ancora un’ambientazione concreta per le sue vicende: questa volta il protagonista, Leonard Marnham, originario di Tottenham, si trasferisce per motivi di lavoro a Berlino, dieci anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La capitale tedesca è divisa, o meglio lacerata, in quattro settori, corrispondenti a istanze ideologiche, politiche e culturali ben distinte. Gli spazi aperti risultano meno decisivi rispetto a quelli interni, in gran parte coincidenti con il tunnel, vero e proprio fulcro dell’intero romanzo. Il protagonista, impiegato radiofonico, deve intercettare nelle gallerie segretamente scavate dalle potenze inglesi e americane ogni conversazione della controparte russa. È dunque un’atmosfera claustrofobica a prevalere, inevitabilmente determinata dai rigidi ed esclusivi vincoli di segretezza che la missione comporta. Ben sotto le macerie che ancora ricordano la distruzione spietata e inumana del conflitto mondiale, gli avidi vincitori sono ancora in cerca di conquiste, tentando di sopraffare il nemico, invadere il suo spazio, violentare la sua proprietà. Berlino è la città di Maria, fidanzata di Leonard: una città e una donna, segnate dalle bestialità belliche, dai reiterati soprusi, entrambe parte attiva e determinante nel percorso che segna la conquista della maturità da parte del protagonista, che inizia con l’esperienza sessuale e coincide con la fine della sua innocenza. Nessun progresso in termini morali per Leonard, che nel tentativo di difendere Maria dalle violenze dell’ex marito Otto, uccide l’uomo, smembrandone il cadavere (che ricorda la ripartizione della capitale), riponendolo in valigie depositate all’interno del tunnel, che viene in seguito scoperto, anche se per colpa di una spia e non del protagonista, rendendo comunque vana l’intera operazione segreta.

Storia pubblica e storia privata si intrecciano anche in Black Dogs, in cui il narratore Jeremy, genero di June e Bernard Tremaine, racconta la natura dell’incontro che durante il viaggio di nozze dei suoceri sancì la loro irrimediabile frattura. Il romanzo è ambientato negli anni della Seconda Guerra Mondiale, attraverso un’ Europa sconquassata dal conflitto: i suggestivi scenari della costa ligure sono ridotti in gran parte a flagellati lembi di terra brulicanti di ospedali da campo, mentre la Francia del Sud, seconda tappa del loro itinerario,

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ugualmente sconvolta dalla guerra, incanta e atterrisce al tempo stesso, con i suoi sentieri ancora imbattuti, le vette delle Causses, la campagna provenzale selvaggia e sconfinata.

È questo il luogo in cui June rimane sconvolta da un incontro che si rivela epifanico: durante un’escursione nella Val de Gorge si trova il cammino sbarrato da due cani neri, che minacciano la sua incolumità. Sola, June scopre un’inedita e insospettata forza di reagire e riesce a liberarsi degli animali. Una vera e propria rivelazione spirituale, la definisce: come Julie in The Child in Time, June decide di ritirarsi in aperta campagna, acquistando una bergerie nel Sud della Francia. La natura le ha permesso di acquisire una nuova consapevolezza e di realizzare le potenzialità della sua spiritualità ed è proprio questa dimensione di armonia e naturalezza, a diretto contatto con la vita bucolica, che June coltiva per il resto della vita. Se da un lato risveglia un’interiorità assopita, la natura sancisce anche la definitiva separazione di Bernard dalla moglie, che durante il fatidico incontro si trova sullo stesso sentiero, ma molto più avanti del marito, totalmente rapito dal minuzioso studio anatomico di un millepiedi e che dunque non può essere di alcun aiuto alla moglie. Quello di Bernard non è un sincero e diretto contatto con la natura, gli rimprovera June, che ben individua l’approccio scientifico e asettico del marito, applicato in ogni ambito e nei riguardi di ogni forma di vita. Il richiamo della natura rimane quindi sostanzialmente inascoltato dall’uomo, troppo distratto dalla ragione e dall’ordine per poter apprezzare l’energia e l’armonia naturali.

Il quinto romanzo di McEwan, Enduring Love, è strutturato circolarmente; sia l’inizio che la fine del racconto si svolgono, infatti, all’aperto. I protagonisti, Joe e Clarissa, si stanno godendo un picnic su un prato, quando una folata di vento fa perdere il controllo ad una mongolfiera con un bambino a bordo. I presenti, Joe compreso, tentano di riportarla a terra ma tutti eccetto uno, il dottor Logan, lasciano le funi, decretando la morte dell’uomo. La critica si è ampiamente soffermata sul richiamo edenico della scena, riconoscendone la matrice nel modello biblico della Cacciata dal Paradiso; nel romanzo, la dimensione arcadica si carica dunque, in prima battuta, di lutto e inquietudini: i novelli Adamo ed Eva, infatti, si sono già imbattuti nel serpente, Jed Parry, erotomane che ha assistito alla scena e che diventerà lo stalker di Joe. La conclusione, parallela per ambientazione all’incipit, si discosta dalla connotazione negativa iniziale, trasmettendo, piuttosto, una possibilità di felicità: i due coniugi sono di nuovo in campagna e Joe, divulgatore scientifico, è impegnato a guadagnarsi la simpatia dei figli di Logan, vittima dell’incidente della mongolfiera, creando un’atmosfera

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davvero magica attraverso la minuziosa descrizione della natura delle particelle di acqua. L’elemento bucolico, dunque, incornicia la ritrovata serenità e l’armonia della coppia.

Diversa sembra l’idea suggerita dagli spazi interni: le mura domestiche entro le quali Joe, molestato da Jed Parry, si blinda più volte, sembrano insufficienti ad arginare le minacce esterne ed è infatti è proprio in casa che, più tardi nel romanzo, riesce ad intrufolarsi il maniaco, minacciando l’incolumità di Clarissa. Poco prima, un altro spazio chiuso, un ristorante dove Joe e Clarissa erano a pranzo con un conoscente, era stato luogo di una sparatoria, che aveva ulteriormente esasperato l’ansia di Joe, allontanandolo sempre più da Clarissa. Il romanzo, che vede la coppia riunita, si chiude comunque gettando un’ombra sulla totale positività del finale: il lettore viene infatti a conoscenza della delirante lettera inviata a Joe da Jed Parry, ospite di una struttura per la cura delle malattie mentali. L’ isolamento dell’uomo (di nuovo uno spazio chiuso) è accertato, ma un latente senso di insicurezza e l’idea dell’impossibilità di contenere e prevenire le brutalità di un mondo aggressivo restano.

Il romanzo che segue è Amsterdam, che già nel titolo indica una precisa connotazione spaziale. In realtà, la capitale dei Paesi Bassi compare solo nella sezione finale del racconto, che si apre invece in un cimitero dove due amici, un compositore e un giornalista di successo, si trovano per commemorare una giovane amica morta da poco, Molly. Torna alla mente l’immagine di un Eden ormai compromesso: le piante sono state impietosamente potate e il piccolo prato è lordo di mozziconi di sigaretta. Non si tratta dunque di uno spazio in grado di suscitare commemorazione e toccanti ricordi ma piuttosto un crudo ritratto della morte e della degenerazione. La corruzione dell’elemento naturale sembra endemica: neanche il paesaggio dello Wiltshire, dove si trova la casa di campagna della famiglia del primo ministro Garmony, inchiodato da alcune foto oscene, vero e proprio rifugio dallo scandalo, protegge e conforta: ruscelli e pecore intente a brucare l’erba nei pressi dell’accogliente dimora stridono non poco con la disposizione morale dei suoi abitanti, che davvero nulla conservano in termini di autenticità e trasparenza. La sensazione è che l’uomo sia incapace di accogliere la bellezza della natura, rivelandosi insensibile al suo richiamo. È ciò di cui dà prova Clive, prototipo dell’artista luciferino, rinchiuso per quanto gli è possibile entro i confini della sua lussuosa dimora di South Kensington che, in cerca d’ispirazione, decide di trascorrere una giornata presso il distretto dei laghi. Durante la sua passeggiata, il compositore assiste all’aggressione di una donna ma decide di non intervenire, venendo poi a sapere che si è trattato dell’ennesima violenza commessa da uno stupratore seriale. L’invocazione della natura, veicolata dal canto dell’uccello grigio che Clive sente, forse monito contro il crimine commesso, è alle orecchie

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del compositore poco più di un vago cinguettìo. La natura, dunque, non ha più alcun potere empatico sull’animo umano e la città di Amsterdam, tradizionalmente associata a libertà e rispetto, è un luogo dove invece sembrano prevalere egoismi e interessi personali. In apparenza tollerante e aperta, ricca di edifici eleganti e abitanti civili, diventa il simbolo del delirio e della morte di due ex amici ormai incapaci di comunicare, che decretano vicendevolmente la loro fine.

È con Atonement, pubblicato nel 2001, che McEwan si ripropone di affrescare l’Inghilterra degli anni che precedono e seguono la Seconda Guerra Mondiale. Le quattro sezioni di cui si compone il romanzo sono caratterizzate da una diversa ambientazione storica e spaziale; l’incipit del racconto presenta Briony, la protagonista adolescente, nella villa di campagna di famiglia, in piena estate. I Tallis sembrano condurre una vita serena e agiata ma l’apparente solidità della struttura familiare sta per sgretolarsi, destinata a soccombere a causa di minacce interne quanto esterne. La lussuosa villa, vero e proprio concentrato di strutture architettoniche fin troppo eterogenee (“bright orange brick, squat, lead-paned baronial Gothic”9), sembra testimoniare la facciata di perbenismo che ancora i Tallis cercano di

conservare, destinata presto a soccombere di fronte ai cambiamenti epocali dettati in primis dalla guerra. L’incapacità dei Tallis di far fronte all’inevitabile cambiamento accelera i tempi della loro autodistruzione: non è un caso che proprio in questa villa, al calare delle tenebre, avvenga l’aggressione sessuale a Lola, cugina di Briony. Lo spazio della madre della protagonista, Emily, è essenzialmente quello della sua camera; costretta a letto, trascorre le sue giornate in isolamento e il buio che la circonda fisicamente coincide con la sua mancata conoscenza degli eventi che si susseguono nella casa. Il ridotto e viziato punto di vista dell’adolescente Briony è invece spesso associato alla finestra, vero e proprio termine di confine: da qui la protagonista osserva il resto del mondo, cercando di farlo quadrare con le sue personali e faziose convinzioni, essenzialmente dettate dalla fantasia più che da un’oggettiva osservazione. Lo spazio domestico è dunque l’ultima roccaforte dell’infanzia di Briony, che la protegge dalle insidie e dall’esperienza dell’età matura.

La seconda sezione, che racconta della ritirata di Dunkerque, narrata dal punto di vista del soldato Robbie Turner, riprende l’interesse di McEwan per gli eventi decisivi nella storia e nella memoria umana: gli avvenimenti e le testimonianze sono parte di una storia più ampia, come anche in The Innocent e Black Dogs. Ogni guerra è tristemente e dolorosamente simile

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alle precedenti, tanto che McEwan ha dichiarato di aver utilizzato foto delle stragi nella Bosnia degli anni Novanta per ritrarre gli orrori del conflitto da lui descritto.

La terza sezione, in cui Briony offre servizio come infermiera volontaria all’ospedale di San Thomas, segna il periodo di maturazione della protagonista, che attraverso la scoperta della compassione può finalmente abbandonare miti e atteggiamenti infantili.

Solo l’ultima parte, fra tutte le quattro del romanzo, è titolata e il riferimento va alla dimensione della città, anni e anni dopo: “London, 1999”. A prevalere è lo spazio interno: la Briony del presente è ospite in una casa di cura a causa di una malattia neurodegenerativa ma fa ritorno per un giorno alla villa dei Tallis. Tutto è cambiato: oramai la vecchia dimora di famiglia ha ceduto alla globalizzazione ed è diventata un hotel; qui, i pronipoti insceneranno per lei il dramma che aveva composto quando era ancora ragazzina.

In Saturday, pubblicato nel 2005, il neurochirurgo Henry Perowne si muove nella Londra del ventunesimo secolo. Il racconto, che occupa solo poche ore di una giornata, interessa lo spazio interno quanto quello esterno e permette al lettore di conciliare dettagli ed eventi della vita privata del protagonista con avvenimenti di natura pubblica. L’incipit del romanzo mostra una metropoli assediata da un corteo di manifestanti contro la partecipazione alla guerra in Iraq, che Perowne osserva comodamente dalla sua accogliente e sicura dimora, simbolo dell’agiatezza e del benessere familiare. Come in Atonement, è la finestra a dividere il protagonista confortato dal tepore delle mura domestiche dalla fredda piazza cittadina di fronte alla sua abitazione. Il neurochirurgo osserva lo squallore e la miseria che la realtà cittadina ripropone: uno spacciatore che litiga con una tossicodipendente e un’alcolista che grida, tenuti a debita distanza grazie a “three stout Banham locks, two black iron bolts, […] two tempered steel security chains, a spyhole10”. La sensazione è che il protagonista cerchi

per quanto possibile di evitare ogni genere di contaminazione con le nefandezze del mondo esterno, rifugiandosi in una casa accogliente e incontaminata, lontano dai tumulti urbani. Un altro spazio interno richiama la sicura atmosfera domestica ed è la sala operatoria, una sorta di appendice della casa, anch’essa conosciuta e gradevole ma soprattutto pulita, sicura, sorvegliata e ordinata. Si tratta di un genere di ambiente che genera in tutto e per tutto l’illusione del controllo da cui sembra tanto attratto Perowne, convinto sostenitore dell’approccio scientifico in quanto garante di un sistema di tutela e progresso.

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In prima battuta, la dimensione urbana sembrerebbe confermare l’entusiasmo del chirurgo, con i suoi numerosi trionfi di ingegneria edile e civile. Libero e soddisfatto di guidare la sua Bmw per le strade di Londra, il protagonista si lascia andare ad un moto di incontenibile compiacimento: “the street is fine, and the city, grand achievement of the living and all the dead who’ve ever lived here, is fine too, and robust. […] It’s too good to let go. Life in it has steadily improved over the centuries for most people”11. Basta poco, però, perché la violenza,

come già in The Child in Time e in Enduring Love, invada la dimensione della quotidianità: la piazza, magnifico progetto di epoca georgiana e opulenza moderna, è purtroppo anche un palcoscenico in cui il degrado del genere umano si mette in mostra, ricordando i nostri istinti più bassi, emblematizzati nel romanzo dallo sgradevole Baxter, con il quale Perowne è coinvolto in un incidente stradale. Baxter e i suoi compagni rappresentano certamente il lato meno civile del progresso ma anche quello più irruento e difficilmente arginabile dell’aggressività: poco dopo il sinistro, Baxter e Nigel fanno irruzione nell’abitazione di Perowne, dove è riunita tutta la famiglia, smascherando definitivamente l’illusorietà del concetto di hortus conclusus. Al protagonista non resta che accettare l’ormai inevitabile confronto con l’esterno, uscendone, tutto sommato, vincente: al termine della giornata, le minacce di Baxter sono state vanificate dalla sua rovinosa caduta per le scale e quando Perowne, di sera, si affaccia ancora alla finestra, può meditare sulle inevitabili scommesse e prove che il futuro gli riserva.

Nel 2007 esce On Chesil Beach, che narra della prima notte di nozze di due giovani nel luglio del 1962. Di nuovo, McEwan sceglie di rappresentare una fase cruciale per la cultura britannica, descrivendo, attraverso le delicate vicende dei due giovani, l’esperienza di una intera generazione. Chesil Beach è una stretta area di terra, circondata ovunque dal mare: il paesaggio ricorda per le atmosfere marittime The Comfort of Strangers, suscitando una sensazione di sospensione e fusione, data dalla convivenza dell’ambiente marino con quello terrestre. Proprio come nel secondo romanzo di McEwan, il lettore percepisce il crescente senso di smarrimento e claustrofobia dei protagonisti, atterriti dalle loro insicurezze, le quali amplificano l’atmosfera asfittica di questa già angusta fascia di terra. Il mare è, in questo romanzo, presente e memoria, ma anche un’infaticabile forza della natura: il movimento instancabile delle onde si oppone ai deboli e poco convinti tentativi comunicativi di Edward e Florence. Così i moti marini fatti di attrazione e allontanamento sembrano replicare la danza dei due giovani, che a tratti si avvicinano, solo per poi respingersi con maggior forza.

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Ma il movimento del mare rappresenta anche il progressivo riaffiorare del trauma, solo accennato ma intuibile, di Florence, che le riporta alla memoria alcune traversate che da bambina aveva condiviso con suo padre, “waiting, shivering in the narrow bunk12”. Il ricordo

della brezza marina e dello spazio angusto, inevitabilmente associati agli abusi subiti, impediscono alla giovane di consumare il matrimonio con Edward, che solo e frustrato, resta a scagliare pietre in mare. Come in Amsterdam, l’elemento naturale rimane sostanzialmente inascoltato dall’uomo e anche qui, la volontà di comprensione e di aiutare l’altro svanisce: al chiaro di luna, sulla spiaggia, il futuro che sembrava “richly tangled as the summer flora of the Dorset coast, and as beautiful13”, svanisce sotto una luna fiacca che non riesce a far luce. Ad anni di distanza, resta ad Edward solo il ricordo del silenzio che l’ha separato da Florence, le sue orme sulla sabbia e il fotogramma dell’inarrestabile e indifferente movimento marino, fedele al suo moto, di fronte alla definitiva separazione della coppia.

Solar, pubblicato nel 2010, dimostra l’interesse di McEwan per le attuali condizioni dell’ ambiente e per la scienza in generale, la crisi energetica e le fonti rinnovabili. Come succedeva anche in The Cement Garden, il protagonista, lo scienziato Michael Beard, cerca di evitare ogni confronto con lo specchio, che gli ricorda la sua indesiderata pinguetudine, incapace di nascondere le parti del suo corpo percepite con imbarazzo e rifiuto, sintomo di una personalità disgregata. Fra gli spazi interni, è certamente l’appartamento in cui vive, sporco e caotico, a ricalcare la condizione morale del protagonista, disordinato e menefreghista. Il titolo stride con la personalità di Beard, diametralmente opposto alla cifra della solarità: il calore del pianeta e la fotosintesi, attraverso la quale la pianta trasforma il calore in energia, collidono con lo scienziato, sempre sazio e costantemente bisognoso in materia di affetto, incapace di commutare le smisurate quantità di cibo che ingurgita in energia vitale e positiva e il cui carattere arido niente condivide con la pressoché inesauribile energia solare.

L’attività umana, in questo romanzo, viene evidenziata nei suoi effetti deleteri sullo stato del pianeta: Londra è ormai ridotta ad un groviglio di strade e crateri mentre la degenerazione dell’ambiente è rappresentata dalla descrizione dell’Artico e del deserto del New Mexico. In entrambi i casi la tecnologia impedisce ogni sincero contatto con la natura, a causa dei confort a cui l’uomo si è ormai abituato, emblematizzato dall’uso delle motoslitte per le isole Svalbard e l’irrinunciabile climatizzazione nelle aree desertiche.

12 Ian McEwan, On Chesil Beach, Vintage, London 2008, p. 99. 13 Ibidem, p. 6.

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1.4 LA DIMENSIONE TEMPORALE

Le short stories sono caratterizzate da un’ambientazione vaga e indefinita sia a livello topografico che cronologico. Maniaci, pervertiti e pedofili confessano i loro misfatti senza apparente consapevolezza, con imperscrutabile distacco. Le storie sono spesso collegate ad esperienze adolescenziali, come accade in The Cement Garden. L’interesse di McEwan per questa fase delicata e complessa della vita determina la scelta del protagonista, Jack, colto nel difficile tentativo di trovare il suo posto nel mondo degli adulti dopo la perdita dei genitori, alla quale segue lo smarrimento di ogni riferimento cronologico nell’ambiente domestico. Mentre Julie e Sue, le sorelle, trascorrono il tempo dedicandosi ad attività di lettura, scrittura e cucito, Jack rimane chiuso per ore nella sua stanza, limitandosi ad osservare la vita scorrere. Tom, il più piccolo dei fratelli, addirittura percorre a ritroso il tempo, fino a regredire totalmente. Solo il caldo opprimente rimane costante, mentre è la soggettiva percezione cronologica a dettare i ritmi della vita e quelli della narrazione. Emblematica l’immagine della pala nello scantinato, simile alla lancetta di un orologio, situata vicino al baule dov’è stata segretamente seppellita la madre dei ragazzi, simbolo del tempo che si è arrestato dopo la sua morte. Sonno e apatia si sussegguono, scandendo una dimensione ciclica piuttosto che lineare degli eventi, tanto che perfino nella chiusa del romanzo, con l’arrivo delle autorità, l’esperienza dei ragazzi sembra aver coinciso con il tempo di un sogno, o come dice Julie a Tom, con “a lovely sleep14”.

Ugualmente vago e opprimente il senso del tempo che il lettore percepisce in The Comfort of Strangers; la routine giornaliera dei due turisti, Colin e Mary, si ripete priva di entusiasmo e sorprese. Indolenza e staticità hanno imprigionato le loro vite, che anche a livello professionale sembrano infiacchite e noiose. Mary “sleepwalked from moment to moment15”,

senza alcun ricordo; le notti sono popolate da incubi e Colin ammazza il tempo dedicandosi a fumare marijuana, quando non si rivolge a Mary per ricevere le stesse attenzioni che richiede un bambino. La mancata consapevolezza del tempo che trascorre e l’incapacità o la mancanza di volontà di reagire attivamente, creando progetti di qualche tipo, è segnale tanto della loro reciproca e infruttuosa dipendenza, quanto della loro inettitudine nella valutazione dell’ambiente che li circonda.

Coerentemente con un crescente interesse per la psicologia dei personaggi e il contesto politico sociale e storico in cui si muovono, McEwan dedica un ruolo incisivo al tempo, e alla

14 Ian McEwan, The Cement Garden, Picador, London 1980, p. 127. 15 Ian McEwan, The Comfort of Strangers, Picador, London 1982, p. 19.

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sua concezione, in The Child in Time, anticipando la sua importanza già nel titolo. La percezione soggettiva dello scorrere del tempo persiste e anzi, si rafforza: sono le teorie della fisica novecentesca a dominare nel romanzo, condensate nella figura di Thelma, fisica di professione, che confessa a Stephen, il protagonista, il prolifico dibattito che si è generato attorno al tempo, non più inteso come scorrimento lineare e assoluto bensì come strumento piegato alla percezione della coscienza e, perciò, inevitabilmente condizionato a livello personale. Il tempo si muove in ogni direzione possibile, fino a confondere passato, presente e futuro: il bambino del titolo, in movimento, comprende la piccola Kate, assente nel presente ma viva nel ricordo, negata al futuro, cristallizzata nel passato. Ma anche gli adulti sono in costante moto: Stephen, diretto in campagna nel cottage della moglie, si incammina su un sentiero che lo conduce verso l’episodio decisivo del romanzo, indietro di quasi trent’anni nel tempo, fino ai primi giorni del suo concepimento. Si tratta di una sorta di déjà vu, durante il quale il protagonista che si affaccia alla finestra di un pub nel mezzo ai campi del Suffolk incrocia il proprio sguardo con quello della madre seduta al tavolo e incinta di lui, episodio che lascia a Stephen la sensazione di aver realmente camminato a ritroso nel tempo. Per ritrovare il proprio equilibrio da adulti sembra necessario riappacificarsi con la parte infantile ma è altresì doveroso accettare le sfide del presente. È così che Stephen può, con una nuova consapevolezza, ricongiungersi a Julie, mentre Darke, suo amico, soccombe fisicamente nel disperato e inutile tentativo di regredire completamente all’infanzia, una dimensione che è ormai preclusa.

La multidimensionalità del tempo di The Child in Time si riduce ad un’ambientazione nel passato per The Innocent, che narra l’esperienza di vita di Leonard Marnham in una Berlino frantumata fisicamente e moralmente, nel 1955. Per la prima volta nella sua produzione, McEwan affida il ruolo centrale alla Storia, con il suo carico di inevitabili conseguenze sulle singole vite. In questo caso, è la giovane coppia formata da Leonard e Maria a simboleggiare il complicato rapporto fra vincitori e vinti del conflitto, il difficile percorso di ricostruzione e il tentativo di arginare la violenza, accettando l’altro. Il protagonista, inglese, è l’emblema anche della sua Nazione: sono anni di crisi per l’ex Impero Britannico, che deve accettare di aver perso il ruolo di leader mondiale, adesso ambìto da Stati Uniti e Unione Sovietica, che qui, non a caso, sono intenti a spiarsi, cercando di prevalere l’uno sull’altro. Benché venticinquenne, Marnham è ancora inesperto, dunque, innocente: il suo percorso di maturità e corruzione morale coincide con il declino della Gran Bretagna. Proprio il caso del protagonista dimostra che il procedere della storia non sempre coincide con un’evoluzione morale assoluta: il carico di orrori senza fine sfociato nelle due guerre mondiali e la stessa

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creazione del tunnel con il fine di intercettare le comunicazioni altrui lo dimostrano. Allo stesso modo, Leonard, nella sua relazione con Maria, dimostra piuttosto un’involuzione.

La Storia assume un ruolo centrale anche in Black Dogs, dove ambientazione spaziale e temporale scandiscono le varie sezioni del romanzo. La cronologia degli eventi copre un periodo ampio, dalla Seconda Guerra Mondiale fino agli anni della caduta del muro di Berlino. Il memoriale che Jeremy deve redigere è frutto dell’appassionata urgenza di June di ricordare la propria esperienza- l’ incontro con i cani neri su un sentiero di montagna- e trova invece maggior resistenza da parte di Bernard. Anche qui, la memoria è piegata alle insidie del tempo, alla volontà di ricordare, alla sensibilità. Esiste in questo romanzo il tempo della scrittura, che coincide con un faticoso cammino, e il tempo della Storia ufficiale e della storia umana. Il viaggio di nozze di June e Bernard del 1946 fotografa un’Europa sconquassata dalla guerra: le Cinque Terre depredate del loro fascino, il monumento di pietra nel piccolo villaggio della Vacquerie, in memoria dei caduti del presente e monito rivolto alle generazioni future. Anni dopo, a Majdanek, è Jenny, moglie di Jeremy, a constatare l’assenza di riferimento alle vittime ebraiche della Seconda Guerra Mondiale e anche con la caduta del muro di Berlino, l’aggressione da parte di un gruppo di naziskin palesa l’incapacità dell’uomo di comprendere davvero le brutalità del passato e lo scarso valore, purtroppo, attribuito alla memoria: “a multiplicity, a nearinfinity of private sorrows, as a boundless grief minutely subdivided without diminishment among individuals who covered the continent like dust, like spores whose separate identities would remain unknown16”.

Rispetto ai romanzi precedenti, Enduring Love rinuncia a trattare l’interazione fra storia pubblica e storia privata, concentrandosi piuttosto sui tempi della narrazione, evidenziando attraverso il processo della scrittura la qualità soggettiva della percezione in genere, tempo incluso. La diegesi è veicolata essenzialmente da Joe, che pur manifestando lucidità e abilità narrative, crea un resoconto progressivamente incrinato dal confronto con le versioni degli altri personaggi. Anche qui, è il ricordo a subire le storture, più o meno inconsapevoli, di chi lo rammenta: così, durante l’episodio della sparatoria al ristorante, ogni testimone fornisce una diversa serie di dettagli (il dessert, l’abito del cameriere, la dinamica degli spari). Ciò che il tempo restituisce e conserva non è un incorruttibile e realistico ricordo, ma l’amore: il titolo anticipa la natura duratura del sentimento, che vede la felice riunione di Joe e Clarissa.

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L’intenzione di McEwan, di qui in poi, è quella di concentrare la sua attenzione sulla caratterizzazione dei personaggi: in Amsterdam il setting è contemporaneo, una fotografia poco lusinghiera della società inglese di fine millennio, in cui si agitano ormai irriconoscibili gli intellettuali della sinistra degli anni Sessanta. I protagonisti Clive e Vernon, introdotti nel prologo iniziale, ricordano l’amica Molly: è la sua perdita a congiungere il ricordo del passato trasgressivo e spensierato della donna al desolante presente, corrispondente ad una dolorosa e inevitabile dipendenza dalle cure del marito, seguita da una morte prematura. Nel “Garden of Remembrance” i vecchi amici passeggiano, ricordando il tempo perduto, senza riuscire a riacciuffarlo. Il tempo del racconto è quello che separa i due meschini uomini dalla loro morte nelle pagine finali e questo è il tema che condiziona l’intero romanzo: non si percepisce solo l’assenza di Molly, il cui ricordo riaffora continuamente, ma ancora di più si sente l’assurda ma effettiva inconsistenza dei due protagonisti, silhouettes, figure svuotate e logorate dallo scorrere del tempo, dai vizi, dalle paure che condizionano inevitabilmente anche i loro ultimi pensieri durante l’iniezione fatale. Storditi e annebbiati, i due si abbandonano alle rispettive allucinazioni: a Clive sembra di intravedere il critico musicale che vuole stroncare la sua sinfonia di fine millennio mentre davanti a Vernon si materializza il nuovo direttore del Judge, che ormai l’ha sostituito. Cifra comune a entrambi è l’apparizione di Molly, che coincide con le figure delle infermiere.

Atonement è il romanzo più complesso della produzione dell’autore, che decide di affidare alla Storia un ruolo di prim’ordine, come in The Innocent. La valorizzazione del personaggio e dell’atto della scrittura inteso nella sua autoreferenzialità si uniscono all’intenzione di creare un’immagine ricca e complessa dell’Inghilterra del secolo scorso, in bilico fra gli anni che precedono e quelli che seguono al conflitto mondiale. La prima sezione comprende gli eventi di una afosa giornata d’estate del 1935 nella villa di campagna di famiglia. Qui il tempo è essenzialmente quello di Briony, sospesa fra infanzia e maturità, il cui precario sistema di giudizio comincia a scricchiolare sotto il peso delle minacce e delle apparenti contraddizioni del mondo adulto. La seconda sezione è ambientata a Dunkerque nel 1940 ed è Robbie Turner a denunciare le assurdità del conflitto, evidenziando la qualità allucinatoria del tempo, la sospensione del suo normale scorrimento e di ogni ordinario e sicuro riferimento. Di nuovo Briony è la protagonista nella parte che segue: attraverso un’ellissi temporale, il lettore la ritrova ormai diciottenne, impegnata come infermiera volontaria. L’ultima sezione, l’unica peraltro intitolata, “London, 1999”, si proietta avanti di circa sessant’anni. Briony, affetta da arterosclerosi, rivela a questo punto di essere l’autrice della storia raccontata. Qui, il tempo è quello della memoria, connessa alla Storia e alle

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inevitabili insidie che la cancellazione del ricordo porta con sé. Briony è malata e anziana e presto non resterà più alcuna testimonianza del passato, ad eccezione del suo romanzo, la sua faziosa e artistica verità. Come in Black Dogs e The Innocent, la Storia è anche quella del singolo: ognuno a raccontare la propria dimensione, uniti da una comune consapevolezza: “everyone was guilty, and no one was17”. Milioni di voci che si mescolano e si intrecciano, si

scavalcano vicendevolmente, tessere del mosaico della storia del Novecento. Come in Black Dogs, l’impressione è che davvero sia complicato e inafferrabile il quadro generale, lo strazio dell’uomo, lo sterminio, la distruzione, la ricostruzione. Anche la Storia, però, deve scendere a compromessi con questioni di ordine etico e con la pratica della scrittura, per farsi testimonianza.

Ugualmente importante la dimensione storica nel romanzo che segue, Saturday, che racchiude gli eventi di un solo giorno, il 15 febbraio 2003. Il racconto è strutturato circolarmente, con l’immagine di Perowne davanti alla finestra, prima all’alba, quando osservando lo spazio di fronte a casa sua scorge nel cielo un aereo in fiamme, e poi la sera stessa, di ritorno dall’ospedale, dove ha operato Baxter. L’immagine del velivolo in avarìa suggerisce nella mente del lettore l’immediata associazione con gli eventi traumatici del 2001, in particolar modo gli attacchi dell’11 settembre. La Storia è quella contemporanea: McEwan è consapevole dell’impatto che il terrorismo ha avuto sulla popolazione di tutto il mondo, intrappolata in un costante stato d’ansia. Il tempo nell’era della globalizzazione è accelerato, inseguito, scandito dalle continue informazioni e sollecitazioni mediatiche. La giornata di Perowne inizia come da copione: come tutti i sabati, la partita di squash con il collega seguita dalla visita alla madre, ricoverata in una casa di cura. Il tempo è però anche attesa in questo particolare weekend: a breve tutta la famiglia si riunirà, dato l’imminente ritorno di Daisy da Parigi e l’arrivo del padre di Rose. Attesa e routine, dunque, sono le premesse. Ciò che interrompe il normale svolgimento dei piani è l’incontro con Baxter e compagni: da qui in poi, la giornata segue un andamento imprevisto, nel quale ogni azione sembra replicarsi, per poi assumere una diversa connotazione. Il sinistro con Baxter, durante il quale le minacce a Perowne vengono vanificate dalla sua inaspettata diagnosi della malattia dell’aggressore, è solo il primo dei due incontri che avverranno. Il secondo coincide con l’inattesa intrusione di Baxter e Nigel nell’abitazione di Henry, dove viene tentata, e fortunatamente sventata, un’aggressione sessuale ai danni di Daisy. Al momento del suo rientro a casa, dopo l’intervento a Baxter, rovinosamente caduto, Perowne sembra aver acquisito una diversa

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consapevolezza: come quella stessa mattina, replica l’incontro amoroso con Rose ma stavolta con più intensità e urgenza, e di nuovo, come all’alba, si affaccia alla finestra. Adesso, però, non sono i progetti giornalieri ad occupare la mente di Perowne, bensì il pensiero dell’imminente futuro: il prossimo arrivo del figlio di Daisy, il conseguente e definitivo distacco da lei, le inevitabili trasformazioni di una società in costante allerta, il cui continuo movimento si ripercuote sulla dimensione privata.

Anche On Chesil Beach restringe l’arco temporale ad una sola giornata, una nottata per la precisione, e precisamente la prima notte di nozze di due novelli sposi. Siamo nel luglio del 1962 ed Edward e Florence arrivano al matrimonio da contesti culturali e sociali diversi, entrambi schiacciati dal peso degli indottrinamenti tipici dell’educazione dell’epoca. La prima notte di matrimonio era allora intesa in termini di definitivo passaggio all’età adulta, ma i protagonisti in questo caso sembrano fin troppo ancorati ai rispettivi passati. La narrazione lo esprime appieno: ad ogni capitolo che procede al presente, segue un’ampia sezione che narra gli eventi del passato: il clima di sostanziale anaffettività e di insospettabili abusi in cui è cresciuta Florence e il deficit neurologico della madre di Edward che ha condizionato la vita familiare. La compenetrazione fra Storia e racconto è totale: il giovane sposo ha ottenuto una laurea proprio in questa disciplina, dopo aver scelto un tema piuttosto desueto e discutibile, quello dei grandi uomini che da soli hanno deciso le sorti dei popoli o hanno inevitabilmente modificato il corso degli eventi. Edward, però, si mostra incapace di procedere verso i giusti cambiamenti: non riesce a salvare il proprio matrimonio e rimane sostanzialmente imprigionato nella sua inesperienza. Le aspettative riservate alla nuova generazione, da lui emblematizzata, cadono nel vuoto. Florence, al contrario, comprende la necessità di attendere il giusto momento, convinta che la relazione abbia bisogno di tempo per salvarsi: “Not immediately18” dice a Edward, non sentendosi pronta ad accogliere e soddisfare le esigenze del marito. L’amore, da solo, non è sufficiente ad evitare la separazione: Florence non ha affrontato né superato il trauma infantile degli abusi, di cui Edward neppure è consapevole. Convinto che non sia necessario aspettare oltre, persuaso dalla necessità di consumare il matrimonio, come socialmente ci si aspetta, non concede alla coppia il tempo di cui ha bisogno per confrontarsi e crescere. I progetti per un futuro brumoso si esauriscono appena nel tempo di una giornata, mentre per il resto della sua vita, Edward ritorna più e più volte con il pensiero a quella sera in spiaggia, meravigliandosi un po’ di aver lasciato andare via quella ragazza, sapendo di aver troppo facilmente rinunciato alla pazienza necessaria per superare ogni cosa.

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Solar segna il ritorno dell’autore a setting e contesti contemporanei, confermati dalle stesse tematiche dei cambiamenti climatici e della crisi energetica. Nella prima sezione del romanzo, ambientata nell’anno 2000, Beard è alle prese con il suo problematico matrimonio con Patrice, che tradisce e da cui viene tradito a sua volta. La sua attività di fisico è fatta di una noiosa routine, svogliate ricerche e conferenze noiose, che si discostano totalmente dagli entusiasmi che la fisica gli suscitava quand’era ancora giovane. Nessuna traccia di entusiasmo, quindi, nella vita di Beard, rappresentante delle vecchie e superate conquiste della fisica, ormai estraneo alle teorie attuali e più in voga. Dopo un salto temporale di ben cinque anni, il lettore trova nella seconda sezione un Beard dal rinnovato entusiasmo: la ripetitiva attività svolta nella prima parte ha lasciato il posto alla vivace mobilitazione per la raccolta fondi destinata ad uno studio sulla fotosintesi. Anche le precedenti conquiste amorose sono state sostituite dalla dolcissima e paziente Melissa, che nell’ultima sezione è a sua volta rimpiazzata da Darlene. L’ambientazione della terza parte è quella del New Mexico: nell’asfissiante clima desertico, Beard si prende il tempo necessario per festeggiare l’inaugurazione di un laboratorio per la fotosintesi artificiale. L’ultimo capitolo contiene anche episodi e dettagli analettici della vita di Beard, come la sua infanzia e la figura della madre Angela, ma anche di Maisie, la prima moglie. Il tempo a sua disposizione, però, adesso, sembra prossimo ad esaurirsi: le maglie del passato si intrecciano a quelle del presente e lo scienziato stavolta non può, come suo solito, procrastinare o evitare le decisioni definitive. Dal suo passato, ritorna l’operaio Tarpin, da Beard ingiustamente accusato di un omicidio mai commesso: scontata la pena, adesso è Beard a dover estinguere il suo debito. Il passato presenta il suo conto anche in ambito professionale: l’avvocato del funzionario del Centro di ricerca di Reading lo incalza riguardo la sospetta paternità delle idee da Beard presentate come originali. Nel frattempo, anche la vita sentimentale sembra sul punto di una decisiva svolta: le donne della sua vita, quella del passato, Melissa, quella del presente, Darlene, e anche quella destinata a restare nel futuro di Beard, la figlia Catriona, tornano da lui con la pretesa di un degno riconoscimento. Un’altra sfida, infine, lo attende: un tumore alla pelle pericolosamente cresciuto minaccia la sua salute rendendo dubbia la sua sorte. Beard rappresenta, pur con i suoi limiti, l’uomo del nuovo millennio, consapevole come tutta la sua generazione del costante e latente rischio di estinzione per autodistruzione del genere umano: la Storia e l’inarrestabile progresso lo incalzano con domande a cui solo la scienza è in grado di rispondere, ma la risposta è ancora incerta.

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1.5 IL RAPPORTO FRA I SESSI

Le short stories pubblicate nel 1978 valgono a McEwan la conquista della popolarità: la critica riconosce le influenze kafkiane nella sua prima produzione, che alcuni trovano spregiudicata per il carattere dei personaggi, affetti e soggiogati da perversioni e disturbi di vario genere. L’intenzione dell’autore è quella di indagare senza riserve morali e senza intenti didascalici la natura della psiche umana: il risultato è un crudo ritratto di un’umanità che raramente mostra solidarietà o empatia. Il genere maschile appare largamente corrotto, ossessionato dalla volontà di sopraffazione, incapace di comunicare, violento ed emotivamente immaturo, con l’inevitabile conseguenza che spesso la figura femminile viene ridotta a mero oggetto. Rispetto a queste linee, non si registra alcun sostanziale cambiamento nella caratterizzazione dei personaggi del primo romanzo, The Cement Garden, del 1978: il padre di Jack è un fanatico dell’ordine, delle regole, un tipo iracondo abituato ad esercitare un rigido controllo sulla moglie e sui figli. La donna, che muore poco dopo il coniuge, incarna invece un ideale femminile positivo: sensibile, affettuosa, attenta alla sfera emotiva e sociale dei figli. Anche se questo modello soccombe alla prevaricazione maschile, è quello che si rivela adeguato dopo che i ragazzi rimangono orfani: Julie, la sorella maggiore che si era presa cura della madre, è premurosa proprio come Sue, che ricorda la figura materna anche nella dolcezza dei lineamenti del volto e che si occupa della famiglia cercando di colmare il vuoto di autorità. Attenta all’educazione del piccolo Tom, sistema le faccende domestiche, si dedica al cucito. Il ruolo della parte femminile è dunque attivo e produttivo; la controparte maschile, invece, rappresentata in primis da Jack, incarna la figura passiva dello spettatore, intento per la maggior parte del tempo a fissare la propria figura allo specchio senza riuscire a percepire la sua identità, spesso dedito a pratiche autoerotiche, che sottolineano la sterilità delle sue azioni. In questa prospettiva, anche l’episodio dell’ incesto consumato fra Jack e Julie, da alcuni critici inteso come atto finalizzato ad esorcizzare l’isolamento del giovane adolescente, segnale di una possibile svolta empatica, rimane essenzialmente una semplice descrizione dell’evento, che restituisce l’immagine di un’azione vuota, una consumazione senza alcun impatto emotivo sul narratore autodiegetico.

Cambiano scenario e personaggi per il secondo romanzo, The Comfort of Strangers, dove Mary e Colin, più maturi in termini d’età, consentono ancora all’autore di scandagliare ogni aspetto più recondito della mente umana, concentrandosi sulla complicata relazione fra i sessi. Pur adulti, i protagonisti del racconto non sembrano molto più maturi degli adolescenti della prima produzione di McEwan: fiacchi e inesperti turisti, cedono ben presto alla violenza

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disarmante della coppia formata da Robert e Caroline. Mary e Colin dimostrano dalle prime pagine del romanzo la loro incapacità di essere autonomi in ogni campo della vita pratica: la donna si trascina stanca da un momento all’altro e Colin si affida totalmente a lei, manifestando segnali tipici della regressione infantile e caratteristiche anche fisiche spiccatamente femminili (come il collo sottile), allontanandosi dallo stereotipo della figura maschile che popolava finora l’universo di McEwan. Stereotipo che si concretizza invece, nelle pagine successive, nel personaggio di Robert, l’uomo dalle braccia lunghe e muscolose, col dorso coperto di peli, aggressivo e prevaricatore, che non esita ad esporre a Colin le sue convinte teorie misogine e che ricorda con orgoglio le figure del padre e del nonno, uomini che sapevano governare il mondo, invadenti e prepotenti. La moglie, Caroline, da figura “ectoplasmica” ed inconsistente, rassegnata ai reiterati soprusi del marito, si rivela in ultima battuta altrettanto perversa: incapace di concepire la propria autonomia rispetto al marito, trova negli abusi di Robert un’alternativa fonte di piacere, acquistando un ruolo attivo alla fine del romanzo, quando diventa a tutti gli effetti l’altra carnefice di Colin. Un’attenta analisi suggerisce che la fonte del piacere di Robert derivi essenzialmente dalla prospettiva di esercitare il proprio potere su una figura disposta a sottomettersi alla sua autorità e compiacerlo, spostando il punto essenziale della questione da una matrice sessuale a una psicologica e ideologica. Robert e Caroline rappresentano in un certo senso l’alter ego della coppia di turisti, i quali ritrovano in loro un lato oscuro tristemente latente nel genere umano.

È solo con The Child in Time, pubblicato dopo il libretto per l’oratorio di Michael Berkeley, che McEwan amplia la claustrofobica dimensione psicologica dei primi romanzi, per scandagliare le forme più varie dei rapporti umani in generale, prendendo ispirazione in primis dalla propria esperienza come padre. La coppia di questo romanzo è formata da Stephen Lewis, scrittore affermato, e sua moglie Julie, violinista; è il rapimento della figlia di tre anni, la piccola Kate, a dissestare le loro vite felici, innescando una serie di reazioni che determinano la momentanea quanto necessaria separazione della coppia. Stephen si trova a riflettere sulla propria paternità e sul ruolo che hanno avuto anche i suoi genitori, sulle responsabilità nei confronti della figlia, convincendosi di dover insistere nelle sue ricerche. Julie, al contrario, decide di ritirarsi in un cottage in campagna, sforzandosi di accettare i nuovi dolorosi limiti della sua realtà, abbandonandosi all’idea della costante ed eterna mutevolezza della vita, (“against the faith men had in the institutions they and not women had shaped, women upheld some principle of selfhood in which being surpassed doing”19). Lontano da Julie, però,

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Stephen ha la possibilità di ritagliarsi un modello nuovo e autentico di genitore, che la moglie, più aperta e consapevole, ha già in parte conquistato. La ricompensa per ogni sforzo si realizza per Stephen nel finale del romanzo, con l’arrivo del suo secondo figlio, che rappresenta una faticosa ma riconquistata armonia fra i sessi, simboleggiati nel cielo notturno carico di stelle, dalla luce di Marte e da quella della luna, splendenti.

L’esperimento successivo di McEwan si concretizza nell’uscita di The Innocent, 1990, che propone una riflessione sul tema dell’innocenza, dell’esperienza e della colpa. È Leonard Marnham, un giovane di venticinque anni, vissuto a Tottenham e trasferitosi a Berlino per lavorare in un tunnel segreto, il protagonista. Siamo nella Germania degli anni del Dopoguerra; il giovane londinese, non più bambino, è ancora inesperto soprattutto in materia di sesso, al quale viene “iniziato” dalla seducente Maria Eckdorf, più grande di lui. La relazione dei due giovani, cittadini di Paesi diversi, illustra bene il complicato rapporto fra vincitori e vinti, tra chi esercita il potere e chi lo subisce. Se al suo arrivo in Germania, Leonard percepisce se stesso con una punta d’orgoglio in quanto cittadino inglese e dunque, vincitore, l’incontro e l’unione con Maria cambia il suo atteggiamento e segna l’inizio del suo percorso. Messa da parte la presunta superiorità, sintomo di ingenuità, il giovane guarda alla città con occhi diversi: la relazione con Maria è causa del cambio di prospettiva di Leonard, la cui vita privata rappresenta anche una dimensione storica collettiva. In questo romanzo l’intenzione di McEwan è anche quella di rappresentare, attraverso l’esperienza di Leonard, una situazione potenzialmente comune, quella di un giovane immaturo che grazie al sentimento si trasforma in uomo sicuro di sé. Ma non sempre crescita ed evoluzione morale coincidono, e questo è il caso. Il motivo per cui Maria avvicina Leonard è la sua evidente inesperienza, che la ragazza percepisce come rassicurante; lei, più grande di Leonard e apparentemente indipendente, conserva in realtà molti dei tratti caratteristici delle fragili figure femminili ricorrenti nella produzione di McEwan: mani piccole e unghie corte, Maria è stata vittima di abusi e violenze, anche da parte dell’ex marito. La progressiva consapevolezza acquistata in campo erotico, libera presto incontrollabili e ripetute fantasie di violenza che Leonard non riesce più a reprimere e che si riversano su Maria stessa, da lui aggredita. Il tema della sessualità è qui accostato alla prevaricazione: il desiderio di sopraffazione di Leonard è dettato dall’istinto di controllo e dalla smania di potere, che induce all’invasione della dimensione dell’altro. L’atteggiamento aggressivo del protagonista è spia della sua incapacità di comprensione e di immedesimazione, tratti che riportano alla mente del lettore alcuni tipici modelli maschili della prima produzione dell’autore.

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La polarizzazione uomo-donna raggiunge il suo apice nel romanzo successivo, Black Dogs, del 1992, imperniato sulle divergenze inconciliabili di due giovani sposi, costretti a separarsi a causa dell’insanabile divario epistemologico che li separa. I protagonisti sono Bernard e June Tremaine, suoceri del narratore autodiegetico Jeremy. La donna, ormai anziana e malata, consapevole del poco tempo che le rimane, mostra l’urgenza di raccontare al genero la sua storia, mentre il marito mantiene nel corso del romanzo un atteggiamento piuttosto cinico. Rispetto ai lavori precedenti, la figura femminile acquista un peso nuovo e riesce ad affrancarsi da una dipendenza psicologica e fisica, rifiutando di sottomersi alle rigide imposizioni della controparte maschile. Il trauma subito da June si rivela nel suo caso una vera e propria presa di coscienza, che la convince della necessità di intraprendere un percorso spirituale che la impegnerà per l’intero corso della sua vita. Nonostante McEwan non abbia mai negato la sua convinta adesione al metodo scientifico, l’approccio che il romanzo sembra consacrare è quello “mistico” di June; dopo la morte della moglie, Bernard confessa al genero di aver realizzato di essere stato freddo, dottrinale e arrogante nell’esporre le sue idee e nell’approccio con gli altri. Era stata proprio June a contestare l’intollerabile mancanza dell’uomo in termini di empatia, affermando che il sostegno del marito al comunismo si riduceva alla sua irresistibile necessità di catalogare, ordinare e sezionare, pratica quasi ossessiva, in accordo con il suo spiccato interesse per l’entomologia, privo di un orientamento emotivo al mondo animale. Il materialismo di Bernard è aspramente contestato da June, che come altri modelli femminili della produzione di McEwan, si dimostra capace di accettare e unire vari aspetti di una realtà infinitamente complessa, che non può essere ridotta a meri dati oggettivi.

La necessità del suo isolamento in una bergerie in Provenza richiama l’esperienza di Julie di The Child in Time: la natura, al contrario di come la intende Bernard, va vissuta immergendovisi, anche quando si rivela fonte di paura e di entusiasmo al tempo stesso. In questo ambiente selvaggio e aspro della Francia meridionale, avviene il terrificante incontro di June con due cani neri, che secondo il sindaco del Paese di Saint Maurice de Navecelles erano stati usati dai nazisti per torturare e costringere alla confessione i cittadini francesi. Non è un caso che June debba affrontarli da sola: è la sua prova personale, dalla quale Bernard rimane escluso, perché incapace di cogliere e accettare l’impatto spirituale dell’evento e l’inevitabile conversione ad un diverso stile di vita. La visione dei cani altro non è che, nelle parole di June, “a new understanding”20, il mezzo per stabilire un legame con il proprio mondo

Riferimenti

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