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CAPITOLO III
Il complesso militar-industriale-finanziario
1- Il complesso militar-industriale.
Il sistema di rapporti economici e politici che si usa definire complesso militar-industriale, nell‟accezione con cui oggi ci si riferisce ad esso, ha le sue radici tra gli anni ‟70 e „80 del secolo scorso. Il susseguirsi di una serie di fenomeni in quel periodo ha portato infatti ad una nuova tappa della sua evoluzione, che, con soltanto circoscritte differenze, è giunta immutata sino ai nostri giorni. In particolare, si suole ricondurre tale evoluzione alla crisi economica degli anni „70, all‟intensificarsi dei movimenti di
liberazione nazionale, all‟aggravamento della tensione
internazionale e al sempre maggior coinvolgimento delle multinazionali nel campo dell‟economia bellica. L‟aumento del numero di programmi comuni internazionali nella produzione di armamenti, gli accordi di specializzazione, la cooperazione e lo scambio dei risultati degli studi tecnico-scientifici nella sfera militare, insieme al repentino aumento del volume del commercio di armi, ha portato alla creazione delle basi economiche di un complesso militar-industriale su scala internazionale, con l‟unione di tutte le forze ed organizzazioni economiche, politiche e militari. In questo contesto la tecnologia bellica si perfeziona sempre di più e trova, non solo nuove forme e canali di diffusione, ma anche nuovi centri di produzione di armamenti. Si dà così avvio ad un “processo di estensione dei complessi militari-industriali dei paesi fornitori al di là dei loro confini, nonché alla costituzione all‟estero e alla riproduzione a nuove condizioni dell‟intero sistema di rapporti tra
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industria, produttori, subappaltatori, governo e forze armate; si crea un complesso di rapporti e ambienti che si integrano a vicenda nell‟ottica del mantenimento di un riarmo e dilagando oltre i campi pertinenti la macchina bellica”.1
I consorzi militari-industriali producono merci di tipo particolare, che nel tempo sono divenute talmente complesse e costose da non permettere a nessuna azienda, per grande che sia, di elaborare e produrre in piena autonomia un nuovo sistema d‟armamento, comprendente i sistemi di elaborazione e ricezione delle informazioni, i sistemi di controllo, la parte propriamente bellica, i
mezzi di assistenza tecnico-materiale. Di conseguenza
all‟elaborazione di un nuovo sistema d‟arma partecipano centinaia, migliaia o addirittura decine di migliaia di aziende dei diversi settori. Un posto particolare tra queste, che partecipano alla produzione d‟armi sulla base di un subappalto, è occupato dalle multinazionali, alle quali spetta la gran parte delle ordinazioni effettuate dall‟appaltatore generale. Quanto più è complesso il sistema d‟arma, tanto più perfezionati saranno i mezzi necessari per la sua produzione, tanto più alte le esigenze di materiali e componenti elettronici, tanto più grande la quota di partecipazione che viene a ricadere sulle multinazionali che, grazie alla loro superiorità economica, tecnologica e organizzativa sulle piccole e medie imprese, sono in grado di adempiere più efficacemente alle condizioni contrattuali, rappresentando quindi la più ampia base produttiva, tecnico-scientifica del complesso militar-industriale. Il giro d‟affari sul quale ruota il complesso militar-industriale è talmente vasto e fumoso nei suoi dettagli, da renderne quasi impossibile una sua precisa analisi. Basti pensare al fatto che alla crescita delle spese militari e all‟elaborazione di nuovi programmi militari sono interessate le multinazionali di innumerevoli settori
1 Departament of Disarmament Affairs, Report of the Secretary-General, Economic and Social
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(aeromissilistico, navale, petrolifero, elettronico, ecc), oltre ad una rilevante quantità di banche ed istituti finanziari ad essi collegati. Se non tutti ricavano un profitto diretto dai contratti con i dicasteri militari, tuttavia il tornaconto indiretto viene comunque assicurato: gli istituti finanziari attraverso gli interessi sui crediti bancari ed il pagamento dei dividendi delle società produttrici di armi, le multinazionali industriali attraverso le ordinazioni delle materie prime, e, per finire, l‟aumento della produzione di armamenti e la crescita costante dei bisogni di approvvigionamento portano ad un inflessibile accrescimento dei consumi da parte dei dicasteri militari di petrolio, energia elettrica, ed altre innumerevoli risorse. Il tutto ovviamente va considerato alla luce delle lunghe scadenze dei programmi militari integrali2.
Secondo gli economisti è possibile riconoscere una compagnia militar-industriale in base alla percentuale di produzione bellica in profitti o volume di vendite, che dovrebbe aggirarsi attorno al 40-50%. Così l‟economista americano M.Weindenbaum considera compagnie militari-industriali quelle che investono più del 50% del loro volume di circolazione annua nel materiale bellico3. Una simile interpretazione può però sminuire l‟importanza che i grandi produttori d‟armi hanno nel complesso militar-industriale, infatti un indice più oggettivo del ruolo che una società svolge sul mercato degli armamenti e del grado di influenza su di esso, sono le dimensioni assolute delle ordinazioni militari che riceve ed i profitti che ne ricava, nonché la quota di partecipazione al volume totale dei contratti appaltati dai dicasteri militari per la produzione di singoli tipi di armamenti. In base a tali criteri sarebbe ben maggiore il numero delle compagnie militar-industriali di una certa rilevanza nel panorama mondiale.
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A.Buzuev, Le multinazionali e il militarismo, Genova, 1985, p.28.
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2-La domanda nel mercato degli armamenti.
Dopo un rapido accenno sulla portata politico-economica del complesso militar-industriale, sorge l‟esigenza di delimitare il contorno del mercato nel cui contesto esso opera, individuando, per cominciare, i soggetti che vi interagiscono dal lato della domanda. A tal proposito, una prima ed immediata differenziazione che bisogna compiere, per evitare fraintendimenti, è quella tra mercato della difesa e mercato degli armamenti.
All‟interno del mercato della difesa ricadono tutte le attività che concorrono all‟espletamento del servizio di difesa ed esso è caratterizzato dalla presenza di un unico fornitore (lo Stato con le strutture amministrative e operative specificamente preposte), da un unico prodotto indifferenziato nelle sue caratteristiche (la difesa) e da un numero definito di “acquirenti” (i cittadini di un dato Paese)4
. Assumendo che la difesa sia un servizio pubblico che risponde ad un bisogno collettivo5, l‟industria della difesa sarà dunque costituita dall‟insieme delle attività funzionali al soddisfacimento del bisogno difesa e l‟industria degli armamenti sarà data dall‟insieme delle attività volte alla produzione di strumenti specializzati per il mantenimento di un sistema difensivo/offensivo efficace. Le caratteristiche del mercato degli armamenti differiscono in parte da quelle del mercato della difesa: esso è infatti costituito da più produttori, un unico acquirente (il Ministero della Difesa) e molti prodotti (i sistemi d‟arma)6. Le differenze tra i due mercati si rispecchiano nelle diverse regole di funzionamento: se infatti, nel primo, la domanda complessiva (capacità di difesa operativa e potenziale) e l‟offerta complessiva (quota di spesa pubblica per la
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F.Gobbo (ed.), Rapporto di ricerca su L’industria italiana degli armamenti, in Rivista Militare, Centro militare di studi strategici, Roma, 1990, p.20.
5Principali autori che propongono tale visione: W. J. Weida e F. L. Gertcher, Political Economy of
National Defence, Boulder, Westview press, 1987.
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difesa) in un dato periodo vengono determinate dalla contrattazione politica, a cui le logiche economiche sono per lo più estranee, nel secondo la domanda complessiva (in questo caso la quota di spesa per armamenti sul totale della spesa della difesa) è conseguenza di una contrattazione politica, mentre l‟offerta si muove secondo ragioni economiche. In questa trattazione ci si occuperà prettamente del secondo tipo di mercato, quello degli armamenti, ovvero come si formula la domanda di questi beni specifici (armi e sistemi d‟arma) e quale impatto essa abbia sul sistema delle imprese. Tuttavia risulta utile, ai fini di una più comprensibile trattazione, fare una rapida riflessione sul contesto in cui operano i produttori e gli acquirenti di materiale bellico. La Difesa infatti è un bene pubblico che, per sua natura, presenta le caratteristiche della inescludibilità e della non rivalità, e la decisione sulla quantità e qualità della Difesa da attivare viene lasciata all‟interazione tra il potere politico e gli addetti istituzionalmente preposti a questo settore. I risultati da ottenere sono essenzialmente due: la deterrenza (in tempo di pace l‟effetto principale), che consiste nel far desistere altri Stati da un tentativo di aggressione grazie ad un certo dispiegamento di forze, o la capacità operativa vera e propria, qualora il primo obiettivo fallisse. Si comprende subito quanto sia difficile prevedere un costo effettivo della difesa, dato che la decisione su quale quota di spesa pubblica impegnare in “difesa” si fonda per lo più su valutazioni politiche. In via generale il costo viene valutato con riferimento a quello che si dovrebbe sopportare se, in caso di attacco, non si fosse dotati di un sistema preventivo, in pratica una sorta di investimento dal rendimento incerto. La strategia di difesa che viene perseguita dipende poi da ciascuno Stato e dal suo disegno politico-strategico nel contesto internazionale in cui viene inserito, da ciò si deduce come possa essere variabile nel tempo, rendendo incostante la stessa domanda di difesa, sia in termini di quantità che di qualità. Poiché la difesa è un bene collettivo, vi è una profonda relazione tra essa e gli
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strumenti utilizzati per garantirla: la tipologia di armi che andranno a comporre il sistema difensivo non è affatto indifferente rispetto alla capacità di deterrenza e quindi all‟efficienza del servizio, perciò occorrerebbe disporre di indicatori qualitativi tali da permettere una scelta appropriata degli armamenti da acquistare.
La domanda di armamenti viene formulata sulla base di un processo di contrattazione politica, per lo più indipendente da logiche di efficienza economica, che porta alla possibilità di acquisire gli strumenti necessari alla difesa a seconda delle risorse assegnate al soddisfacimento di questo bisogno e della ripartizione fra i vari settori delle Forze Armate. La conseguenza di ciò è la possibilità per l‟acquirente di scegliere lo standard qualità/quantità più adeguato per la sua utilità, in base al vincolo di bilancio. La domanda può indirizzare le scelte fondamentali dell‟offerta, oppure agire come un fattore regolatore del mercato: in un caso, infatti, essa può stimolare l‟attività di ricerca arricchendo il bagaglio tecnologico delle imprese (è in questo ambito che la domanda può finanziare le fasi più rischiose della ricerca, facendo da coproduttore, attraverso le strutture istituzionalmente preposte quali l‟Università o gli Enti di ricerca), nell‟altro caso la frequenza, modalità di assegnazione e valore delle commesse vanno a delimitare l‟estensione del mercato e le dinamiche di relazione tra le imprese; l‟acquirente monopsonista, per esempio, tende a distribuire nel tempo la propria domanda su più fornitori per garantirsi una pluralità di offerta. Maggiore è il numero dei produttori, maggiore sarà il potere monopsonistico della domanda; tuttavia, affinché ciò sia possibile, deve sussistere una dimensione del mercato tale da permettere la presenza di più imprese ed un livello di specificità del prodotto tale da non richiedere investimenti troppo specializzati da parte delle imprese. Una particolarità propria di questo mercato è che l‟acquirente compra un prodotto, nella maggior parte dei casi, non ancora esistente e che, a volte, richiede di essere compiutamente progettato,
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reso un prototipo e infine prodotto in alcuni esemplari. Servirà dunque una continua collaborazione tra produttore e acquirente nelle diverse fasi, oltre che sul prezzo finale proposto.
3-L‟offerta: l‟industria militare.
Per quanto attiene alla struttura dell‟industria militare, si può constatare come essa sia formata da una somma di specifici segmenti appartenenti ai più svariati settori (aerospaziale, navale, chimico, ecc), uniti da un solo elemento aggregante a cui i prodotti finali sono destinati: la difesa. Il SIPRI, l‟istituto di ricerca sul controllo degli armamenti di Stoccolma, definisce come impresa produttrice di armi “qualsiasi azienda che produce beni e servizi militari per acquirenti militari, anche se si tratta di una percentuale molto bassa di produzione di armamenti sul totale della loro produzione”. I beni ed i servizi militari sono definiti come quelli appositamente progettati per uso militare e le tecnologie correlate a tali beni e servizi7. Le imprese che appartengono a questa industria sono molto eterogenee sia per quanto riguarda la dimensione, che il coinvolgimento in questo business, e per poter permettere quindi una valutazione più attendibile andranno prese in considerazione: la quota di fatturato “militare” sul totale del fatturato dell‟impresa, in modo da capire quanto l‟impresa sia specializzata in quel settore e quanto da esso sia dipendente, e la quota di mercato dell‟impresa, cioè quanto della produzione complessiva di uno specifico sistema d‟arma dipenda dall‟impresa in esame; quest‟ultima informazione, raccolta per ogni impresa, permette di valutare il grado di concentrazione del mercato e la capacità della singola impresa all‟interno di esso. Considerate inoltre le diverse dimensioni delle
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E. Skons, L’industria militare e le sfide della globalizzazione, in C. Bonaiuti-D. Dameri- A.Lodovisi,
L’industria militare e la difesa europea: rischi e prospettive, Annuario La Pira Armi e Disarmo n.3, Milano,
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varie tipologie di imprese presenti nel mercato degli armamenti, bisogna porre attenzione al modo in cui esse operano in esso: infatti, data la concomitante presenza di imprese che operano come capocommesse ed altre come subfornitrici, è opportuno precisare che nella maggior parte dei casi è la sola capocommessa ad interfacciarsi con i funzionari della difesa addetti al procurement, mentre le subfornitrici si relazionano di fatto con le altre imprese. In un mercato delle armi così circoscritto, le grandi imprese offrono prodotti differenziati e fanno ricorso, in molti casi, ad una strategia di diversificazione produttiva. La differenziazione permette di operare, all‟interno di uno stesso settore, sia nel comparto civile che militare, sfruttando una tecnologia di base per diverse applicazioni. La diversificazione invece consiste nel produrre una vasta gamma di beni, oltre agli armamenti, fra loro completamente diversi per tecnologie utilizzate, funzioni e gruppi di clienti8. Grazie alla prima si permette un maggiore sfruttamento di sinergie tecnologiche, ampliando la gamma di prodotti ottenibili partendo da quello base, con la seconda invece ci si assicura contro il rischio e si permette di rendere possibile l‟offerta di un sistema di prodotti correlati fra loro. Il rischio della non aggiudicazione di una commessa può far derivare per l‟impresa gravi difficoltà, perché la costringe ad una costosissima inattività per mantenere in efficienza impianti e risorse; se invece tale impresa è dotata di una struttura diversificata può ripartire tra le diverse divisioni9 i profitti e le perdite. L‟industria degli armamenti è composta dunque da poche imprese specializzate, che assurgono spesso a ruolo di main contractors, e molte imprese differenziate o diversificate, che hanno in comune la dimensione: nella media infatti si tratta di grandi imprese. Le ragioni per cui esse prevalgono nel mercato possono essere diverse: la dimensione degli
8F.Gobbo (ed.), Rapporto di ricerca su L’industria italiana degli armamenti, op.cit., p.42
9 Lo sviluppo della forma divisionale è stato studiato in modo particolare da Chandler (1961):
l‟organizzazione interna di un‟impresa diversificata prevede la ripartizione delle attività in sezioni indipendenti e con un certo grado di autonomia, esse vengono definite divisioni. Al di sopra di queste si trova uno staff che definisce le strategie per l‟impresa nel suo complesso.
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impianti di produzione o assemblaggio di sistemi d‟arma generalmente elevata, pur variando a seconda dei segmenti specifici considerati; la maggior compatibilità dei costi e rischi collegati alle attività di ricerca e sviluppo con la grande dimensione; il ruolo determinante che svolge la grande dimensione sul mercato ed il suo peso contrattuale, essa risulta infatti essere l‟unica in grado di dare maggiori garanzie nelle varie fasi della produzione.
Le condizioni di oligopolio dal lato dell‟offerta ( per quanto riguarda i main contractors) sono il risultato di vari elementi, tra cui il più importante è la presenza di ostacoli volti ad impedire movimenti in entrata ed in uscita dal mercato delle imprese. Queste barriere10 sono per lo più legate al prevalere di alcune condizioni, dal lato della domanda o dell‟offerta, o da strategie messe in atto dalle imprese, facenti già parte del mercato, volte ad alterare tali condizioni. Ostacoli all‟entrata possono essere connessi al fatto che l‟acquirente sia un ente pubblico che manifesta una certa diffidenza al cambiamento, oppure dalle prassi burocratiche e dalle modalità di accesso ai finanziamenti. Il fatto che l‟acquirente molto spesso acquisti un sistema d‟arma a scatola chiusa, sulla sola base di un progetto, comporta la preferenza da parte di questi nel trattare con un produttore di cui si conosca l‟affidabilità. In modo simmetrico, dal lato dell‟offerta, la produzione e la vendita di armi richiede al management un rapporto costante con un acquirente insensibile alle logiche del mercato, che ha tempi lunghi di decisione e preferisce alcuni produttori ad altri. Va dedicato molto tempo ai contatti e alla promozione dell‟impresa, sviluppando la capacità di colloquiare con l‟apparato burocratico militare, quindi la barriera sarà quel tempo necessario per l‟apprendimento delle regole di comportamento più adeguate. Un‟altra barriera all‟entrata legata alle condizioni tecniche di produzione è l‟elevata specializzazione degli impianti necessari
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Per uno studio più approfondito sulle barriere si rimanda all‟analisi effettuata da Gansler (1986) sul mercato degli Stati Uniti.
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che rappresentano in molti casi un costo non recuperabile, infatti operare in alcuni settori dell‟industria degli armamenti richiede investimenti fissi specifici di difficile riconversione verso altri utilizzi11. Ciò innalza il costo e, di conseguenza, la difficoltà d‟ingresso per la nuova impresa, mentre aumenta la resistenza all‟uscita delle imprese già sul mercato; le conseguenze immediate sono: da un lato, l‟ostacolo che questo fenomeno pone al raggiungimento di una situazione efficiente, rallentando l‟uscita delle imprese meno efficienti e scoraggiando l‟entrata di nuove, dall‟altro, il tentativo effettuato dalle imprese che intendano entrare di acquisire un‟impresa già sul mercato, non creando nuova capacità, ma entrando direttamente in quella rete di legami predisposta già dalla routine.
Le condizioni strutturali appena descritte e la capacità delle imprese belliche di evolversi costantemente da un punto di vista tecnologico comportano un mercato degli armamenti molto concentrato. L‟innovazione non ha rotto l‟equilibrio presente all‟interno di esso, proprio perché le varie imprese sono riuscite a controllarla, gestirla o intuirla, grazie alla loro maturata esperienza nel campo. Tuttavia, in questi anni, a livello europeo il processo di concentrazione si è andato intensificando: di fronte ad una riduzione di domanda nazionale, si è avviato un processo di internazionalizzazione che ha visto imprese e governi muoversi su linee di condotta non sempre simili. Le imprese optano, con accordi o acquisizioni, per più mercati geografici in uno o più segmenti industriali, mentre i governi, col duplice ruolo di acquirenti e regolatori del mercato, spesso privilegiano la formazione di grandi complessi diversificati nazionali che contrastino la penetrazione del mercato interno da parte di altri. L‟innovazione però è anche la caratteristica principale delle armi o dei sistemi d‟arma creati dalle imprese di questo settore, che richiede continua attività di ricerca e aggiornamento. Questo
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comporta la rapida obsolescenza dei prodotti di tale mercato, nonché i loro elevati costi. I prodotti sono sempre più costituiti da assemblaggi di parti specializzate con diverse tecnologie, resi possibili da accordi specifici o join ventures tra imprese, volti ad ottenere una miglior qualità del sistema finale, e i costi sono legati, oltre che alla produzione e vendita, ai cruciali servizi ausiliari legati a quel prodotto finale (manutenzione, scorte, logistica).
Per passare da una trattazione più teorica ad una più concreta ed attuale, con dati alla mano, dell‟industria della difesa, ci si è basati su analisi e studi dei principali istituti di ricerca internazionali. Il riferimento principale è costituito dalla lista delle prime cento aziende a produzione militare stilata dal SIPRI nel suo annuario, il SIPRI Yearbook, nel 2014, che oltre a riportare i nomi di queste aziende, traccia una panoramica su: commercio internazionale di armamenti, spese militari nel mondo, produzione militare e trattati internazionali. Questo istituto raccoglie dati ed informazioni, rese pubbliche e considerate ufficiali, principalmente da tre fonti: aziendali (rapporti e relazioni annuali, bilanci societari, comunicati stampa, marketing, interviste dei rappresentanti), governative (rapporti annuali e statistiche governative sull‟industria militare, pubblicazioni ministeriali sui contratti ed eventuali indagini, tutti elementi accomunati purtroppo da scarsa trasparenza), informative (riviste specializzate in economia della difesa e siti sullo studio dei servizi militari). Raccolti ed analizzati questi dati, la lista viene stilata per valore delle vendite dei grandi sistemi d‟arma nel mondo, con ulteriori e successive informazioni su vendite complessive, fatturato, occupazione, Paese d‟appartenenza e categorie di armamenti prodotti. Ebbene, in base all‟analisi dei dati aggiornati al 2014 dell‟annuario del SIPRI12
, la spesa militare mondiale sembra seguire due tendenze divergenti: una in diminuzione, in Occidente,
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SIPRI, SIPRI Yearbook: Armaments, Disarmament and International Security, Oxford-New York, Oxford University Press, 2014.
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determinata da austerità, controllo del deficit e conclusione di lunghe operazioni militari; una in aumento nel resto del mondo (soprattutto in Africa e Medio Oriente) a causa di una combinazione di crescita economica, interessi di sicurezza, ambizioni geopolitiche e contrasti interni. Mentre la prima potrebbe esaurirsi nei prossimi anni, tornando ad aumentare, la seconda non mostra segni di diminuzione. La diminuzione delle spese militari in Occidente si è riflettuta in un calo di vendite in ambito militare per i primi 100 produttori di armi, con una forte crescita invece delle vendite dei produttori russi e delle imprese collocate in contesti produttivi emergenti come Brasile, Corea del Sud e Turchia. I produttori tradizionali, pur sempre ai primi posti nella lista e con una predominanza schiacciante, detengono una quota di vendite di armi sempre più ridotta, mentre aumenta quella detenuta dai nuovi attori. Secondo la lista stilata dallo yearbook ai primi 10 posti si trovano imprese Statunitensi ed Europee quali (in ordine di rilevanza gerarchica per vendita di armamenti): Lockheed Martin, Boeing, BAE Systems (UK), Raytheon, General Dynamics, Northrop
Grumman, EADS (trans-europea), United Technologies,
Finmeccanica (IT), L-3 Communications.
Se si volesse tracciare una stima sulla portata del commercio internazionale di armamenti maggiori, si nota come esso sia aumentato del 14% nei quinquenni 2004-2008 e 2009-2013; Stati Uniti ed Europa hanno dominato negli ultimi 20 anni la classifica dei venditori, dato deducibile già dalla netta predominanza di multinazionali americane ed europee nel settore, anche se la Cina si è collocata negli ultimi anni al quarto posto tra i fornitori. La riduzione del procurement nazionale, dovuta alla crisi finanziaria che ha coinvolto l‟Occidente, ha aumentato la pressione sui produttori verso un aumento delle esportazioni ed un‟apertura a nuovi mercati, e come ulteriore conseguenza ha ridotto i flussi
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internazionali di armamenti tra i Paesi europei, intensificandoli, al contrario, verso Asia e Africa.
4- Le Procedure di acquisto e le fasi di produzione degli
armamenti.
La domanda e l‟offerta nel mercato degli armamenti, analizzate nei precedenti paragrafi, vanno ad interagire fra loro nel momento in cui si rende necessario provvedere concretamente allo studio, all‟acquisto e alla produzione dei grandi sistemi d‟arma. Per l‟esigenza dettata dal desiderio di rendere più chiara possibile la trattazione di quest‟ambito, è possibile distinguere quelle che sono generalmente, e per sommi capi, le procedure di acquisto e le fasi di produzione degli armamenti in Europa, da quelle italiane. Le principali tappe del processo di acquisizione in Europa comprendono una fase di definizione, una successiva di realizzazione (divisa in sviluppo e produzione del sistema d‟arma), e un‟ ultima fase di utilizzazione. La prima fase, quella di definizione, ha inizio con l‟emergere di un‟idea per un progetto e termina con la definizione formale delle necessità operative; alla base di essa si colloca la discussione tra gli enti per l‟acquisizione, ed avviene in forme e sedi istituzionali diverse nei vari Paesi. Una volta definiti progetti e costi, questi vengono esaminati dalle commissioni competenti e approvati dai Ministeri della Difesa, prima di procedere alla fase di sviluppo. Nella fase di realizzazione gli enti di acquisizione possono collaborare con le imprese effettuando parte della progettazione e attribuendosi parte della responsabilità sullo sviluppo finale (come avviene in Francia o in Inghilterra), oppure queste ultime possono avere maggiore autonomia e piena
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responsabilità (come nel caso della Germania)13. Nella fase di utilizzazione si prevedono attività di addestramento e manutenzione, previste in tutti i Paesi, ed in alcuni di essi anche possibilità di nuovi studi per eventuali modifiche da apportare ai sistemi d‟arma già realizzati. In tutti i Paesi gli enti hanno la responsabilità della sperimentazione ed accettazione dei sistemi d‟arma acquistati. Ciascun Paese sceglie successivamente la definizione dei costi e dei contratti per l‟acquisto di armamenti che ritiene più opportuna, se ad esempio in Inghilterra e Germania si tende a far largo uso delle offerte competitive tra imprese, in Francia viene ad esse lasciato poco spazio. La stessa selezione dei subfornitori viene spesso lasciata al prime contractor, ma in Francia serve l‟autorizzazione del Ministero della Difesa. Se molte possono essere le differenze tra Stati nelle decisioni riguardanti la produzione e l‟acquisto di armamenti, basta una valutazione neanche troppo approfondita sui costi di queste operazioni per trovare una costante che li accomuna tutti: il mancato contenimento della crescita dei costi. L‟esempio più documentato è quello della Gran Bretagna, dove uno studio del National Audit Office su 12 progetti militari ha trovato aumenti dei costi pari al 91% rispetto a quanto concordato con il Ministero della Difesa in fase contrattuale (Willett, p.394). A questo fenomeno non è sfuggito neanche il primo grande progetto di coproduzione militare europea, il caccia Mrca Tornado, oggetto di inchieste parlamentari in ogni Stato partecipante al progetto.
In Italia l‟iter contrattuale ha inizio con un ordine di approvvigionamento che avvia un rapporto contrattuale tra l‟amministrazione della Difesa ed i privati che sono in grado di soddisfare le sue specifiche esigenze. La scelta del contraente può avvenire attraverso diverse forme14:
13 Per uno studio più approfondito in materia si rinvia a:M. De Cecco e M.Pianta, Amministrazione militare
e spesa per gli armamenti in Europa, Bologna, 1992, pp.17 e ss.
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M. De Cecco e M. Pianta, Amministrazione militare e spesa per gli armamenti in Europa, op.cit., pp. 81-82.
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L‟asta pubblica: essa ha un‟importanza limitata negli acquisti dell‟amministrazione della Difesa poiché è aperta a qualsiasi soggetto che dimostri il possesso dei requisiti richiesti, contrastando con l‟opposto interesse della Difesa ad aver rapporti consolidati con soggetti in possesso di particolari capacità produttive;
La licitazione privata: consente all‟amministrazione di invitare alla gara soltanto le imprese, iscritte nell‟albo dei fornitori del Ministero della Difesa, che presentino elevate garanzie tecniche, economiche e di sicurezza; anche questo modello di gara pubblica non è molto adatto per l‟acquisto di armamenti, mancando di una collaborazione tra enti e imprese successiva all‟acquisto, ma fondamentale, dato il rilevante profilo tecnologico e industriale del materiale ed i problemi che possono derivarne.
L‟appalto concorso: consente di invitare un numero limitato di imprese a presentare una proposta articolata per la fornitura di un sistema d‟arma i cui requisiti vengono indicati dall‟amministrazione soltanto in modo sommario, in modo da permettere un raffronto sia tecnico che economico delle varie soluzioni.
La trattativa privata: amplia la discrezionalità del ministero, consentendogli, in caso di speciali circostanze, di contrattare nelle forme del diritto privato; per questo motivo questa forma di contrattazione ha assunto un‟importanza crescente nell‟acquisizione di armamenti. Se da un lato riduce la concorrenza tra imprese, dall‟altro permette una stretta collaborazione fra impresa ed enti, un controllo più attento sulla produzione ed una riservatezza maggiore verso l‟esterno.
I servizi in economia: rispondono ad una diversa esigenza, ovvero quella di semplificazione delle procedure ed
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individuazione del contraente per l‟urgenza con cui vanno ottenuti determinati beni o servizi a basso livello tecnologico.
Se da un punto di vista giuridico si è osservato in precedenza come la tecnica che andrebbe preferita per la stipula dei contratti in materia di armamenti dovrebbe essere quella dell‟asta pubblica, si constata invece, sia nella prassi amministrativa della Difesa, che nelle deliberazioni degli organi di controllo, una preferenza per la trattativa privata, nonostante una diminuzione della trasparenza all‟esterno delle operazioni effettuate tramite questo mezzo di contrattazione. Si stipulano, senza concorrenza, accordi di notevole valore economico con le imprese militari capocommesse, lasciando ad esse la scelta dei subfornitori, con la conseguente riduzione dei controlli sul costo finale dei programmi militari. Se infatti, nel caso di asta pubblica o licitazione privata, il prezzo che verrà pagato dalla Difesa sarà determinato dalle offerte dei partecipanti alla gara, nel caso di trattativa privata andrà fatto riferimento al tipo di impegno organizzativo richiesto dall‟impresa, alla forza lavoro utilizzata, ai materiali acquistati e ai costi diretti supportati dall‟impresa, con l‟aggiunta di una percentuale fissa come utile industriale (legato al tipo di contratto e di prodotto fornito all‟amministrazione e all‟impegno dell‟impresa in fase di ricerca e sviluppo). Ciò che interessa più di ogni altra cosa all‟amministrazione è però la spesa complessiva, legata allo sviluppo dei costi nel tempo; ovvero, occorre prendere in considerazione, oltre al costo di produzione, i possibili incrementi del costo in futuro, gli interessi passivi sulle anticipazioni sulle spese effettuate dall‟impresa, gli importi relativi alle revisioni del prezzo e degli interessi attivi e passivi degli accantonamenti.
Una volta individuato un contraente, il Ministero determina il contenuto e le caratteristiche del contratto, sottoponendolo al
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controllo di legittimità della Corte dei Conti e della Ragioneria centrale della Difesa, ai pareri del Consiglio di Stato e del Consiglio Superiore della Difesa e all‟approvazione del ministro. Superati questi controlli di merito e di legittimità, si dà avvio alla produzione del sistema d‟arma.
L‟evoluzione dello sviluppo temporale di acquisto degli armamenti è soggetta a molte variabili, quali: l‟acquisto di un prodotto nel mercato interno o esterno, la sua produzione da parte di un‟impresa nazionale, estera o da una coproduzione di imprese nazionali ed estere. Alla luce di ciò, viene descritto il processo base con l‟identificazione delle fasi significative e dei legami tecnici, economici ed amministrativi, facendo riferimento alla descrizione data dal Ministero della Difesa alla Commissione parlamentare
d‟inchiesta sull‟acquisto di armamenti, opportunamente
aggiornata15. Le fasi che vengono prese in esame sono: fattibilità, definizione, sviluppo, produzione e supporto. La prima fase, quella di fattibilità, è di competenza dell‟area tecnico-amministrativa della Difesa e verifica la realizzabilità delle richieste effettuate dalle Forze Armate, considerando i vincoli economici e tecnologici; indicativamente essa dura circa 12 mesi. Segue la fase di
definizione, svolta all‟interno delle imprese private o negli
stabilimenti dell‟area industriale della Difesa, sotto la direzione ed il controllo delle Direzioni Generali interessate o degli Stati maggiori; è in questo frangente che gli studi di fattibilità si trasformano in progetti di massima con disegni e relazioni tecniche, ed è sempre in questo momento che si affrontano i principali problemi progettuali, senza giungere però ad una definizione finale del prodotto. Questa fase dura mediamente 18 mesi. La fase di sviluppo, svolta quasi sempre presso le imprese, comprende la definizione finale del progetto fino ai disegni costruttivi dei componenti, la costruzione di modelli e prototipi, e l‟esecuzione delle prove necessarie. E‟ in
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questa fase che assume una forma definitiva il rapporto contrattuale tra amministrazione e imprese e la sua durata, spesso assai variabile, può arrivare fino ai 10 anni. La fase di produzione contiene al suo interno una “pre-fase di attrezzamento e industrializzazione”, una fase eventuale di “pre-produzione” e una di costruzione vera e propria. Di solito si divide la fase di produzione in lotti diversi, acquistati in momenti successivi. La durata di questa fase è determinata dalle caratteristiche del prodotto, dalla sua complessità e, naturalmente, dagli ordini di acquisto effettuati; può durare anch‟essa fino a 10 anni. La fase finale, di supporto, è parallela a quella di produzione e si prolunga per tutta la vita operativa dei beni prodotti. Essa consiste nella definizione e produzione di beni e
servizi necessari all‟addestramento, nonché garantisce il
funzionamento del sistema prodotto e dei servizi necessari per un‟efficienza di lungo termine. La durata di questa fase, evidentemente legata alla vita operativa del bene, può durare fino ai 20 anni.
Ultimo problema spinoso, che attiene alle procedure di acquisizione e produzione degli armamenti, è la revisione dei prezzi, prevista quando l‟impresa sostiene costi superiori, almeno del 10%, rispetto a quanto preventivato. Nei contratti pubblici, di solito, l‟amministrazione fissa un prezzo iniziale e sposta ad un momento successivo, rispetto a quello in cui inizia l‟esecuzione del contratto, il riconoscimento di spese ulteriori, in modo da far pressione sulle imprese fino alla fase finale. Nel sistema attuale però, essa viene considerata dalle imprese come parte dell‟utile finale atteso. Si può anche prevedere un‟anticipazione sul prezzo contrattuale da versare alle imprese, entro sei mesi dall‟inizio del rapporto contrattuale, che permetta loro di alleggerire gli oneri di finanziamento e che non sia poi revisionabile. Ulteriore facoltà concessa all‟amministrazione dalla l.41/1986 (legge finanziaria) è la possibilità di concordare con l‟impresa fornitrice un “prezzo chiuso”, che comprende, fin dalla
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fase contrattuale, l‟aumento del 5% annuo sul costo complessivo, per ognuno degli anni stabiliti per l‟evasione della commessa, escludendo qualsiasi ipotesi di revisione (questa pratica ha interessato soltanto i contratti di grande importo con grandi imprese nel settore della tecnologia avanzata).
5-Il sistema finanziario.
Una volta analizzata l‟interazione della domanda e dell‟offerta di materiale d‟armamento in questo particolare mercato, è il momento di indagare sulle forme di finanziamento a cui ricorrono le imprese per garantirsi l‟esecuzione dei contratti e, quindi, la produzione e manutenzione dei grandi sistemi d‟arma o delle armi in generale. Un‟impresa deve quasi sempre ricorrere al sistema finanziario per svolgere l‟attività corrente e per continuare a crescere, soltanto in alcuni e rari casi può evitarlo, e ciò accade quando essa è in grado di autofinanziarsi (ad esempio attraverso fondi di riserva o utili non distribuiti a dividendo), oppure quando si finanzia con l‟ausilio di altri soggetti, che possono essere lavoratori (attraverso fondi del TFR), lo Stato (attraverso normative varie o ritardando versamenti di imposte o contributi sociali) o altre imprese (anticipi da clienti o fornitori, inseriti in bilancio come crediti commerciali). Esaurite queste scarse possibilità, non c‟è altra soluzione per le imprese se non il ricorso al credito bancario (a breve o lungo termine) o l‟emissione di titoli (siano essi azioni o obbligazioni). Quest‟ultima attività richiede comunque un intervento in funzione di intermediario, garante e collocatore di titoli presso il pubblico, del sistema bancario. Da questi diversi canali affluiscono alle imprese i fondi che verranno destinati essenzialmente a due tipi di impieghi: l‟attività corrente e la crescita strutturale. Nel primo caso le risorse servono per l‟acquisto di materie prime, la lavorazione, le attività di
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vendita e soprattutto quelle di ricerca e sviluppo. Nel secondo caso si può avere una crescita interna , grazie all‟acquisto di macchinari e impianti produttivi o all‟attività di ricerca e sviluppo, o esterna, per esempio acquistando delle imprese già operative.
Data la difficoltà di reperire informazioni dettagliate sui finanziamenti concessi alle imprese, questa trattazione sfrutta uno studio di caso su Finmeccanica Holding che risale al 200916, aggiornandolo per quanto possibile in base ad informazioni e dati attuali, che però potrà essere considerato in modo induttivo, e per sommi capi, valido canone di riferimento per la generalità degli altri casi riguardanti i rapporti tra istituti di credito e grandi imprese produttive di armamenti. Ma prima di entrare nel merito, bisogna anticipare brevemente da cosa deriva la difficoltà di un completo aggiornamento sul caso e, di conseguenza, sulla materia. Come anticipato nel primo capitolo, a partire dal 1991, era stata predisposta, dall‟allora Ministero del Tesoro ed attuale Ministero dell‟Economia e delle Finanze, una relazione al Parlamento sulle operazioni autorizzate agli istituti di credito operanti in territorio italiano, riguardanti l‟esportazione, importazione e transito di materiali d‟armamento, regolati dalla l.185/90. In queste relazioni si è sempre presentato un chiaro prospetto per “Banca-Operazione” o un “Riepilogo in dettaglio suddiviso per istituti di credito” che riportavano una serie di informazioni di notevole valore, ovvero: il nome dell‟istituto di credito a cui si rilasciava l‟autorizzazione, l‟autorizzazione rilasciata dal Ministero degli Esteri o della Difesa relativa all‟operazione, il Paese destinatario, la valuta, l‟importo e la sua tipologia; in questo modo, grazie a questi dati, si poteva ricollegare l‟istituto di credito all‟operazione effettuata. Dal 2008 però, le relazioni inviate al Parlamento, da parte del Ministero dell‟Economia, presentano una sostanziale modifica: piuttosto che
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F. Bortolotti e C. Bonaiuti, Il finanziamento dell’industria militare, in C.Bonaiuti e G. Beretta, Finanza e
armamenti. Istituti di credito e industria militare tra mercato e responsabilità sociale, Annuario
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un prospetto di “riepilogo in dettaglio suddiviso per istituti di credito”, si è presentato un “Riepilogo in dettaglio suddiviso per aziende”, il quale non ha riportato più gli estremi delle operazioni effettuate dalle banche. Tale cambiamento venne giustificato affermando che “al fine di ottimizzare la procedura autorizzativa, assicurare la trasparenza dell‟azione amministrativa e la tracciabilità della documentazione, è stata adottata una innovativa procedura informatica, che consente la presentazione di un allegato con riepilogo di dettaglio su autorizzazione del Ministero degli Affari esteri e nulla osta del Ministero della Difesa, al fine di garantire al
lettore un confronto diretto con i dati forniti
dall‟amministrazione”17
. Il risultato di questa operazione conduce però in un senso opposto rispetto a quanto affermato, sottraendo al controllo parlamentare e della società civile informazioni rilevanti sull‟operato degli istituti di credito; in particolare non venne più dichiarato il paese destinatario delle singole operazioni autorizzate agli istituti di credito, rendendo di conseguenza estremamente difficoltosa la loro tracciabilità.
Compiuta questa digressione, si affronta adesso lo studio di caso riguardante Finmeccanica, attualmente nono produttore mondiale in materia d‟armamenti, in base a quanto riportato dai dati SIPRI del 2014, che produce per oltre il 50% direttamente nel settore militare. Finmeccanica fa parte di quei gruppi che negli ultimi anni si sono internazionalizzati, nello specifico si è alleato con la britannica BAE Systems, è fornitore di spicco del Pentagono, partecipa al programma del caccia americano F-35 JSF insieme a britannici e olandesi, ha acquistato la società americana DRS. E‟ costituito da 327 società e, in base al bilancio pubblicato nel 201318, possiede un fatturato di circa 16,03 miliardi di euro con 63 835 dipendenti. Il gruppo è molto diversificato, i pilastri portanti 19sono: l‟elettronica
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Relazione del Ministro dell‟Economia e delle Finanze- Dipartimento del Tesoro, 2008, p.513.
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Bilancio Finmeccanica al 31/12/2013.
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per la difesa, l‟aeronautica, e gli elicotteri; seguiti da spazio e settori civili. Finmeccanica è un gruppo che investe ingenti risorse in ricerca e sviluppo (fra il 17% e il 20%), ed una parte rilevante dei finanziamenti provengono dallo Stato. Nell‟ultimo periodo, dal 2008 in poi, gli ordini sono scesi nei settori di aeronautica, spazio ed elettronica per la difesa, con un incremento, all‟opposto, dei settori di elicotteristica e civili. Non è facile trovare la sottile linea di demarcazione tra settore militare e civile, perché, se da un lato, sotto la voce di bilancio “altro” vi sono settori interamente civili, e dall‟altro, sotto la voce “sistemi per la difesa” interamente militari, nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a sistemi misti. In aggiunta a questo elemento, considerato quanto sia centralizzato il gruppo Finmeccanica da un punto di vista finanziario (la consociata Finmeccanica Finance di Lussemburgo), non è sempre possibile sapere cosa realmente stiano finanziando le banche, mancando per di più fonti aziendali che distinguano in modo netto fatturato civile e militare. E‟ solo consultando i bilanci consolidati del gruppo che si possono trarre maggiori informazioni sul modo in cui vengono finanziate le varie attività. Grazie alle elaborazioni IRES Toscana sulla relazione del bilancio consolidato Finmeccanica del 2009, si è potuto trarre uno schema riassuntivo dei soggetti detentori delle passività del gruppo, che comprende: capitale proprio (patrimonio netto, riserve, fondi rischi e simili), crediti commerciali, crediti bancari, emissioni di obbligazioni, altri soggetti titolari di risorse (i lavoratori con il TFR, lo Stato in forma di creditore di imposte o titolare di fondi destinati all‟impresa20
). Per quanto riguarda nello specifico il gruppo Finmeccanica, dall‟analisi dei dati si constata il primario rilievo che hanno i crediti commerciali, dei clienti (spesso Stati) e delle organizzazioni internazionali, il capitale proprio e l‟emissione di obbligazioni, a discapito dei crediti bancari, i quali
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Per fare un esempio, spesso nel bilancio, alla voce “altre passività correnti” si riconducono debiti nei confronti del Ministero dello Sviluppo economico.
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hanno invece un‟incidenza molto ridotta. Del capitale proprio fanno parte il Ministero dell‟economia in veste di principale azionista, vari altri investitori istituzionali come istituti di credito e fondi di investimento, investitori individuali. Si deduce un ruolo non diretto delle banche, le quali non mirano ad investire direttamente nelle imprese a produzione militare, quanto piuttosto sulla gestione degli spostamenti delle quote di proprietà sul mercato, dove viene raccolto il capitale proprio. I crediti commerciali comprendono acconti provenienti da fornitori o acquirenti, e nelle complesse dinamiche interstatali l‟ambito degli anticipi e delle transazioni è spesso accompagnato dal sistema bancario. I crediti bancari sono indebitamenti verso le banche ed il settore finanziario per ottenere liquidità o garantire una copertura in caso di particolari operazioni (come è stato per l‟acquisto di DRS da parte di Finmeccanica); è molto raro un riscontro preciso sull‟erogazione dei crediti e sugli istituti che la effettuano, le imprese infatti, quotate o meno in borsa, pongono un‟attenzione particolare nel non citare nei bilanci alcuna banca con cui hanno contatti. L‟emissione di obbligazioni è una modalità di finanziamento molto importante, ma è caratterizzata dagli stessi limiti dei crediti bancari, ovvero una scarsa trasparenza e documentazione da parte delle imprese verso terzi.
Considerata, dunque, l‟importanza dell‟operato che gli istituti di credito svolgono nei confronti delle imprese, alla luce di quanto ricavato da questo particolare studio, e comparandolo con la situazione delle altre imprese dello stesso rango del gruppo di Finmeccanica presenti sul mercato (caso Thales)21, si può percepire la trasformazione che il concetto di complesso “militar-industriale” ha sempre di più subito con il passare degli anni, mutando in complesso “militar-industriale-bancario”; tale è infatti attualmente
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Per un maggior approfondimento in materia: F.Bortlotti e C.Bonaiuti, Il finanziamento dell’industria
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l‟importanza di quest‟ultima componente, da far sì che i suoi manager abbiano in mano le redini del mercato degli armamenti.