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Capitolo 5: la concorrenza monopolistica

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Academic year: 2021

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Capitolo 5: la concorrenza monopolistica

5.1 Introduzione

In questo capitolo sarà affrontato il tema della concorrenza monopolistica rifacendosi a Torres (2013). Nei modelli affrontati precedentemente si era fatta l’assunzione di perfetta concorrenza sia nel mercato dei beni che dei fattori produttivi, assunzione che sovente si trova nell’approccio neoclassico. Il risultato della concorrenza perfetta è che nel mercato dei beni il prezzo è uguale al costo marginale di produzione, le imprese hanno dei profitti uguali a zero e il costo dei fattori produttivi eguaglia la loro produttività marginale. Queste sono delle assunzioni base del modello standard neoclassico che guidano l’economia verso l’equilibrio competitivo. L’obiettivo di questo capitolo è quello di eliminare l’assunzione di concorrenza perfetta introducendo, invece, una situazione di concorrenza imperfetta all’interno di un modello DSGE; questa è una delle assunzioni principali nei modelli DSGE Neo-Keynesiani.

La concorrenza imperfetta sarà aggiunta nel settore produttivo; ciò implica che la struttura del modello canonico (che per ora è sempre il nostro punto di riferimento) non cambierà tanto in relazione al comportamento delle famiglie, quanto nella struttura del settore produttivo considerato. Adesso il problema che riguarda la scelta ottima per le imprese diventa più complicato: la presenza di concorrenza monopolistica rende necessaria l’introduzione di due tipologie di bene, un bene finale ed un bene intermedio diversificabile. La concorrenza imperfetta si manifesta al livello del bene intermedio che è prodotto in un regime di concorrenza monopolistica, terminata la produzione di questa tipologia di bene, esso viene assemblato a formare il bene finale scambiato in un ambiente di perfetta concorrenza.

La struttura finale del modello è analoga a quella vista per il modello standard, ad eccezione del fatto che adesso il prezzo dei fattori produttivi dipende dall’elasticità di sostituzione dei beni intermedi diversificabili così da riflettere il potere di mercato delle imprese. Allora si ottiene che i salari ed i tassi di interesse reali sono più bassi rispetto a quelli ottenuti nel modello standard, in quanto esiste un mark-up prezzo dei beni rispetto al costo marginale di produzione. Il fatto che i fattori produttivi abbiano un

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prezzo minore determinerà un minor utilizzo degli stessi che risulterà, infine, in un livello di produzione più basso. Quindi, in questo modello, ci scostiamo dall’assunzione di efficiente allocazione delle risorse che risultava nell’ambiente competitivo.

5.2 La concorrenza monopolistica

Nel modello DSGE canonico si assume una struttura molto semplice per il settore produttivo dell’economia: una funzione di tecnologia con rendimenti di scala costanti e una situazione di perfetta concorrenza sul mercato del bene finale e sul mercato dei fattori produttivi. Con questa struttura le imprese non hanno un potere di mercato che permetterebbe la scelta del prezzo del bene finale, ma esso è perfettamente flessibile e pari al costo di produzione marginale. Il risultato è un equilibrio competitivo nel mercato dei beni, del capitale e del lavoro dove i prezzi dei fattori produttivi sono uguali alla loro produttività marginale. Con questi settaggi le risorse sono allocate in maniera efficiente.

D’altra parte l’evidenza empirica mostra l’esistenza di mark-up nei mercati dei beni e dei servizi, ciò significa che i prezzi dei beni sono più alti rispetto a loro costo di produzione. La concorrenza imperfetta è un assunzione frequente nei modelli in cui si vogliono considerare i prezzi vischiosi; la concorrenza imperfetta può essere inserita all’interno di un modello economico assumendo una situazione di concorrenza monopolistica sebbene altri lavori accademici riportino esempi di strutture oligopolistiche come Rotemberg e Woodford (1992). La maggior parte di questi lavori sono basati sulla specificazione proposta da Dixit e Stiglitz (1977): il sistema economico è formato da una serie di imprese tra di loro differenti, ciò fa sì che ciascuna impresa abbia un potere di mercato che le consente di fissare il prezzo del bene prodotto. Successivamente questi beni differenziati vengono aggregati in un bene finale che viene consumato dalle famiglie.

La concorrenza imperfetta è uno dei pilastri dei modelli DSGE Neo-Keynesiani; innanzi tutto in essi si considera l’esistenza del potere di mercato delle imprese che permette l’introduzione delle rigidità nominali. In seconda analisi si potrebbe considerare che anche il lavoro sia un fattore produttivo diversificabile tra le famiglie, il che implica che le famiglie hanno un certo potere contrattuale nel momento in cui

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vi è da fissare il salario; in questo modo possono essere introdotte delle rigidità nel processo di determinazione dei salari.

In generale esistono due modi alternativi per introdurre la concorrenza monopolistica nei modelli DSGE. Per prima cosa si può assumere che le imprese vendano direttamente ciascun bene diversificato alle famiglie che poi procedono all’aggregazione dei beni intermedi in un bene finale attraverso una funzione CES (constant elasticity of substitution). La seconda opzione consiste nel considerare che le imprese vendano il bene diversificato ad un produttore del bene finale; in questo caso ciascuna impresa produce un bene intermedio che il produttore finale usa per produrre il bene finale attraverso una funzione di produzione CES. In entrambi i casi è necessario assumere che la domanda sia data. In letteratura spesso si assume che la trasformazione da bene intermedio a bene finale avvenga per mezzo di un unico produttore. Questo sarà il caso preso in esame nel capitolo. Assumendo che l’aggregazione avvenga nel settore produttivo è necessario considerare l’esistenza di un’impresa aggregatrice. Prendendo come dati i prezzi dei beni intermedi, tale impresa determina la quantità prodotta di ciascun bene diversificabile e lo usa per produrre il bene finale da vendere ai consumatori. Questa impresa prende le decisioni in un ambiente competitivo. Il modello viene risolto in due fasi. Nella prima fase le imprese determinano il prezzo che massimizza il profitto del bene diversificabile che esse producono e, quindi, l’ammontare di questo bene che sarà prodotto. Nella seconda fase le imprese scelgono la quantità di input che sarà necessario utilizzare per produrre la quantità determinata nel primo step, minimizzando i costi. Il problema si risolverebbe in due fasi se anche assumessimo che l’aggregazione fosse fatta dalle famiglie. Nella prima fase sarebbero i consumatori a scegliere il livello ottimo di consumo aggregato attraverso un problema di massimizzazione standard. Nella seconda fase i consumatori scelgono il livello di consumo di ciascun bene diversificabile risolvendo un problema di minimizzazione de costi.

L’introduzione della concorrenza monopolistica porta ad un prezzo dei beni che eccede il loro costo marginale di produzione, quindi ci sarà un mark-up che riflette il potere di mercato delle imprese. Di conseguenza i prezzi relativi dei fattori produttivi sono più bassi rispetto a quelli ottenuti in un ambiente competitivo, nonostante che in questo modello i fattori produttivi siano scambiati in condizioni di concorrenza perfetta.

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Allora la concorrenza monopolistica crea una situazione di inefficienza nell’uso dei fattori produttivi che porta ad una situazione di inefficienza in termini di output totale dell’economia. Quindi, il meccanismo attraverso il quale la concorrenza imperfetta si ripercuote nell’economia è proprio l’introduzione di distorsioni nei prezzi dei fattori produttivi.

5.3 Il modello

Il modello DSGE con concorrenza monopolistica sviluppato in questo capitolo lascia invariato il blocco delle famiglie ma incorpora un’analisi più complessa del settore produttivo dell’economia. La struttura del modello è quella che segue; si assume l’esistenza di un singolo bene finale e di una serie di beni intermedi indicizzati con j. Il bene finale è costituito attraverso l’aggregazione dei beni intermedi in una condizione di concorrenza perfetta e può essere utilizzato dalle famiglie sia per il consumo che per l’investimento. La concorrenza monopolistica si manifesta nel mercato dei beni intermedi; quindi ciascun bene intermedio è costruito da una singola impresa monopolistica che, avendo un certo potere di mercato, può selezionare il prezzo per il bene che essa produce.

5.3.1. Le famiglie

L’economia è popolata da una famiglia rappresentativa immortale che ha delle preferenze separabili nel tempo osservabili nella seguente funzione di utilità:

( ) ( ) ( ) (5.1)

Dove sono i consumi di beni e servizi, il tempo libero è definito da ed il tempo discrezionale disponibile per l’individuo è stato normalizzato ad 1. Allora il tempo libero è definito come il tempo discrezionale meno il tempo dedicato all’attività lavorativa, . Il parametro ( ) rappresenta la proporzione dei consumi sul totale del reddito. Il problema da risolvere per il consumatore è quello di massimizzare il valore della sua funzione di utilità data da:

* +

∑ ( ( ) ( )) (5.2)

(5)

(5.3) Dove sono i risparmi, è il salario, è il tasso al quale viene preso a prestito il capitale e è lo stock di capitale fisico. Il capitale fisico si accumula in accordo alla seguente equazione:

( ) (5.4)

Dove è il tasso di deprezzamento del capitale e è il tasso lordo di investimento. Assumendo che e sostituendo l’equazione di accumulazione del capitale nel vincolo di bilancio si ottiene:

( ) (5.5)

Si ricorda che è lo stock iniziale di capitale e ( ) è il fattore di sconto del consumatore. A questo punto si può impostare il problema Lagrangiano per il consumatore e risolverlo per determinare la quantità che massimizza:

( ) ∑ * ( ) ( ) ,

( ) -+ (5.6)

Le condizioni del primo ordine per il problema di massimizzazione delle famiglie sono:

(5.7) ( )( ) (5.8) , - (5.9)

Dove è il moltiplicatore lagrangiano assegnato al vincolo di bilancio al tempo t. Dalla combinazione delle equazioni (5.7) e (5.8) si ottiene la condizione di equilibrio che eguaglia la disutilità marginale di un’unità di lavoro addizionale con l’utilità marginale del consumo:

(5.10)

(6)

, - (5.11)

La (5.11) rappresenta la condizione di equilibrio che eguaglia il tasso marginale del consumo con il tasso di ritorno dell’investimento.

5.3.2 Le imprese

Ciò che contraddistingue un modello DSGE con perfetta concorrenza da un altro con concorrenza imperfetta è la struttura del settore produttivo. Nel caso di concorrenza imperfetta il settore produttivo dell’economia sarà diviso in due parti: un settore che produce un bene intermedi ed un settore che produce il bene finale. Il settore del bene intermedio è costituito da un largo numero di imprese che producono ciascuna un bene diversificabile (concorrenza monopolistica). Queste imprese devono decidere l’ammontare di fattori produttivi che devono essere acquisiti, ed il prezzo dei beni che producono. Nel settore del bene finale si ha un’unica impresa che aggrega i beni intermedi in un singolo bene finale che può essere consumato (o risparmiato) dagli agenti. Si assume inoltre che il mercato dei fattori produttivi sia un mercato competitivo.

5.3.3 Il settore produttivo del bene finale

Partiamo con la descrizione del comportamento del settore che produce il bene finale nell’economia. Il bene finale è prodotto da un’impresa rappresentativa in un ambiente perfettamente competitivo. L’impresa produce il bene finale attraverso l’aggregazione dei beni intermedi secondo la seguente tecnologia:

[∫

]

(5.12)

Dove rappresenta l’elasticità di sostituzione tra i beni intermedi (spiega quindi il grado di sostituibilità tra i beni). Questo metodo di aggregazione per i beni intermedi è chiamato aggregazione alla Dixit-Stiglitz. Il parametro rappresenta il mark-up nei beni di mercato e definisce l’intensità della concorrenza nel nostro modello: valori più elevati di comportano un maggior grado di sostituibilità tra i beni e quindi una maggiore concorrenza tra le imprese (ed un valore nel mark-up

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minore). Esso può essere considerato come costante oppure come componente stocastica del modello. Per esempio in Smets e Wouters (2007) si considera questo parametro in termini stocastici e ciò permette l’inserimento di uno shock nell’inflazione. Qua si assume che questo parametro sia costante.

Le imprese massimizzano i profitti data la funzione di produzione (5.12), e prendendo come dati i prezzi dei beni intermedi, , ed il prezzo del bene finale, . Allora il

problema di massimizzazione per l’impresa rappresentativa nel settore del bene finale può essere definito come:

∫ (5.13)

Dove i profitti sono definiti dalla differenza tra l’entrata che si ottiene dalla vendita del bene finale e l’uscita rappresentata dai costi per l’uso dei beni intermedi. Tenendo in considerazione l’equazione (5.12) si ottiene:

[∫

]

∫ (5.14)

Le condizioni del primo ordine per ciascun bene intermedio j sono date da:

[∫ ] Risolvendo si ottiene: [∫ ] (5.15)

È possibile dividere le condizioni del primo ordine per 2 categorie di beni intermedi, j ed i, ed integrare per tutti i beni intermedi:

(5.16) Data l’assunzione di perfetta competizione nel mercato dei beni finali, i profitti devono essere uguali a zero, ; sfruttando la (5.13) si arriva a:

(8)

Dalla risoluzione di questa equazione si ottiene:

(

)

Quest’ultima equazione implica che la domanda del bene intermedio j è una funzione decrescente del suo prezzo relativo, ed una funzione crescente della quantità prodotta del bene finale. L’assunzione che ci sia perfetta competizione nel mercato del bene finale ci consente di determinare il prezzo del bene finale. Dall’integrazione della funzione appena vista, e imponendo la funzione di produzione del bene finale, si può ottenere la relazione tra il prezzo del bene finale ed il prezzo del bene intermedio:

[∫ ] ∫

Dove il prezzo del bene finale può essere riscritto come:

[∫ ]

5.3.4 Il settore produttivo dei beni intermedi

Adesso descriviamo il comportamento dei produttori nel settore dei beni intermedi. Ciascun bene j è prodotto da una determinata impresa j utilizzando la seguente funzione di produzione:

Dove sono i costi fissi assunti costanti. L’introduzione dei costi fissi implica che la funzione di produzione abbia dei rendimenti di scala crescenti. Se si assumesse, invece, allora si avrebbero dei rendimenti di scala costanti.

I produttori del bene intermedio risolvono il problema in due fasi. Nella prima fase le imprese determinano il prezzo ottimo dei beni prodotti e le quantità di questi beni

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che esse producono. Nella seconda fase le imprese, prendendo come dati il salario ed il costo del capitale , determinano le quantità di lavoro e di capitale che devono essere utilizzate per la minimizzazione dei costi. Nella nostra analisi si procede prima alla soluzione della seconda fase e si determina l’ammontare dei fattori produttivi che devono essere utilizzati, poi ci si focalizza sulla prima fase determinando il prezzo dei beni differenziati.

5.3.5 La seconda fase

Il secondo step consiste nel risolvere :

( ) (5.18)

Sottoposta al seguente vincolo tecnologico:

* +

(5.19)

La funzione Lagrangiana corrispondente a questo problema è:

( )

, -

Le condizioni del primo ordine sono:

( ) (5.20) (5.21)

Il parametro Lagrangiano associato al vincolo tecnologico rappresenta il prezzo ombra del cambiamento del rapporto tra l’utilizzo del capitale e l’utilizzo del lavoro. Questo significa che il parametro Lagrangiano misura il costo marginale nominale, , e quindi le condizioni del primo ordine per la minimizzazione dei costi del problema sono:

( ) (5.22)

(10)

Risolvendo possiamo determinare l’ammontare dei fattori produttivi:

( )

(5.24)

(5.25)

Dalla combinazione di queste equazioni otteniamo la relazione standard tra il capitale ed il lavoro:

(5.26)

Infine sostituendo le espressioni (5.24) e (5.25) nella funzione di produzione, si ottiene:

(

) ( ( ) ) (5.27)

È possibile manipolare l’equazione (5.27) ed ottenere:

( ) (5.28)

Da qua possiamo ricavarci il costo marginale nominale per ciascuna impresa operante nel settore intermedio:

. / (

)

(5.29)

Si può osservare che il costo marginale nominale non varia per le diverse imprese che operano in concorrenza monopolistica, infatti il termine si ritrova in entrambi

i termini dell’equazione (5.28) e può essere eliso. Il fatto che costo marginale sia uguale per tutte le imprese del settore intermedio si è dovuto al fatto che esse condividono la stessa tecnologia, sono soggette agli stessi shocks tecnologici e anche i prezzi dei fattori produttivi sono gli stessi. Il costo marginale rappresenta, per ciascuno dei fattori produttivi, il costo per produrre un’unità addizionale di bene intermedio. Questo significa che il costo marginale può essere ricalcolato sia in termini di lavoro, sia in termini di capitale. In altre parole la (5.29) può essere riscritta in due forme alternative facendo le opportune sostituzioni che derivano dalla (5.26),

(11)

l’equazione che descriveva il tasso di sostituzione tra capitale e lavoro. Sostituendo nell’espressione del costo marginale le condizioni relative al capitale si ottiene:

( ) ( ) ( )

Eseguendo delle semplici operazioni si ottiene: ( )

(5.30)

La stesa operazione può essere eseguita considerando, invece, le condizioni relative al lavoro: ( ) ( ) ( )

Nuovamente, eseguendo alcune operazioni, si ottiene:

(5.31)

5.3.6 La prima fase

Nel primo step l’impresa monopolistica sceglie il prezzo ottimale per i beni che essa produce. È quindi necessario risolvere il problema di massimizzazione del profitto che viene impostato nella seguente maniera:

(5.32)

All’interno dell’equazione che descrive la massimizzazione del profitto è possibile inserire la funzione di domanda del bene intermedio ottenuta precedentemente attraverso la soluzione del di massimizzazione per l’impresa rappresentativa che opera nel settore del bene finale; quindi la massimizzazione del profitto può essere riscritta come:

(5.33)

Inoltre, in base al prezzo dei fattori produttivi che abbiamo ottenuto nella seconda fase dalle espressioni (5.30) e (5.31), si osserva che:

(12)

( )

(5.34)

Svolgendo alcuni semplici calcoli si ottiene:

( ) (5.35)

Sotto l’assunzione di rendimenti di scala costanti, il problema di massimizzazione può essere scritto come:

(5.36)

La condizione del primo ordine si ottiene facendo la derivata dei profitti rispetto al prezzo:

( )

(5.37)

Svolgendo i calcoli si ottiene:

( ) (5.38)

Quindi possiamo ricavare il prezzo dei beni intermedi:

(5.39)

Dove

è il mark-up che rappresenta la differenza tra il prezzo ed il costo

marginale, e si assume essere maggiore di 1. Se tende ad infinito, allora il mark-up tende ad 1, ed il modello converge verso il caso di perfetta concorrenza. Se assumiamo, poi, che tutte le imprese produttrici del bene intermedio siano tra di loro identiche e normalizziamo il prezzo del bene finale ponendolo pari ad 1, otteniamo:

(5.40)

(13)

5.3.7 L’equilibrio del modello

L’equilibrio del modello è dato dalla combinazione delle condizione del primo ordine per le imprese e per i consumatori. Combinando tra loro le equazioni (5.30), (5.31) e (5.40) arriviamo alle due equazioni fondamentali che caratterizzano i modelli DSGE con concorrenza monopolistica, i prezzi dei fattori sono:

( ) (5.41)

(5.42)

Inoltre, siccome le imprese sono tra di loro identiche ed utilizzano le stesse quantità di lavoro e di capitale per unità di output, è possibile cancellare il pedice j dalle espressioni (5.41) e (5.42) ottenendo i seguenti risultati:

( ) (5.43)

(5.44)

Ricapitolando la struttura del modello con concorrenza monopolistica è simile al modello DSGE standard, ad eccezione delle condizioni di equilibrio per il salario ed il tasso cui viene preso in prestito il capitale. Una volta che sono stati fissati i prezzi dei fattori produttivi, le condizioni di equilibrio per le famiglie sono le seguenti:

( ) (5.45) , - (5.46)

Questo set di equazioni, insieme con le condizioni sulla compatibilità, definisce l’equilibrio dell'economia.

5.4 Le equazioni e la calibrazione

L’equilibrio dell’economia che abbiamo appena delineato è dato da una serie di otto equazioni corrispondenti alle variabili endogene, , , , , , , e alla variabile

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che rappresenta la produttività totale dei fattori, , che si assume segua un processo di autoregressione del primo ordine. Il set di equazioni è il seguente:

( ) (5.47) , - (5.48) (5.49) (5.50) ( ) (5.51) ( ) (5.52) (5.53) ( ) ̅ (5.54)

Il set di parametri che devono essere calibrati sono i seguenti, * +. Rispetto al modello base, l’unico parametro che rimane da essere calibrato è , il parametro che esprime l’elasticità di sostituzione tra i beni diversificabili e, quindi, il potere di mercato delle imprese che producono il bene intermedio. Questa operazione equivale ad assegnare un valore al rapporto in cui stanno il prezzo dei beni ed il costo marginale di produzione. In letteratura molti lavori hanno stimato il up per l’economia statunitense, per esempio in Hall (1988) si stimava un mark-up pari a 1.8 che implica un’elasticità di sostituzione tra i beni diversificati di 2,25 ( = 1.8). Invece Rotemberg e Woodford (1992) avevano utilizzato un valore per il mark-up pari a 1.2 da cui risultava che l’elasticità di sostituzione era pari a . In generale i valori del mark-up, ottenuti tramite stima o calibrazione, oscillano tra 1.1 ed 1.8 cui corrisponde un’elasticità di sostituzione tra i beni diversificabili compresa tra 2.25 e 11. Nel nostro modello l’elasticità di sostituzione è fissata pari a 5 equivalente ad un mark-up di 1.25. In tabella è riportata la calibrazione dei parametri.

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Parametro tecnologico 0.350

Fattore di sconto 0.970

Parametro delle preferenze 0.400

Tasso di ammortamento 0.060

Elasticità di sostituzione tra i

beni differenziati 5.000

Parametro di autoregressione

TFP 0.950

Deviazione standard TFP 0.001

Tabella 1. La calibrazione

5.5 Lo shock nella produttività totale dei fattori

Adesso possiamo studiare gli effetti della produttività totale dei fattori in un contesto di concorrenza monopolistica. Dal punto di vista qualitativo gli effetti non sono particolarmente diversi dal caso con perfetta concorrenza, ma dal punto di vista quantitativo ci sono delle differenze da considerare. Si può osservare che, rispetto al contesto di perfetta concorrenza, gli effetti sulle variabili endogene di uno shock tecnologico sono più bassi nel momento in cui esso si manifesta: si fanno sentire le inefficienze prodotte dalla concorrenza imperfetta che riducono l’effetto dello shock nella produttività.

Le implicazioni della concorrenza monopolistica sono principalmente legate al prezzo dei fattori produttivi. Con questa struttura il prezzo di equilibrio per il lavoro ed il capitale è più basso della loro produttività marginale, ciò si può cogliere dalle equazioni (5.52) e (5.53) confrontandole con le corrispondenti equazioni dei precedenti modelli. Il significato è che ad un più alto potere monopolistico da parte delle imprese corrisponde una maggiore differenza tra la produttività marginale dei fattori produttivi ed il loro prezzo. Tutto questo è una diretta conseguenza del fatto che l’elasticità di sostituzione tra i beni diversificabili è strettamente maggiore di 1. In questo contesto uno shock nella produttività marginale dei fattori produttivi determina una reazione più bassa sia dei salari, sia del tasso al quale è preso in prestito il capitale. Di conseguenza i proprietari

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dei fattori produttivi percepiranno un effetto ridotto dallo shock produttivo rispetto al caso osservato nel modello DSGE canonico.

Queste considerazioni possono essere osservate in figura, dove sono riportate le funzioni di risposta delle variabili del modello. Si può riscontrare che sia il salario, sia il tasso cui viene preso in prestito il capitale aumentano ad un tasso più basso rispetto a quanto accadeva nel modello competitivo in conseguenza del fatto che non risentono interamente dell’aumento della produttività marginale del capitale e del lavoro. Il risultato è che l’aumento nei consumi e nell’output è quantitativamente inferiore rispetto al modello canonico.

Figura 1. Shock tecnologico nel caso di concorrenza monopolistica

5.6 Conclusioni

In questo capitolo è stato presentato un esempio di un modello DSGE con concorrenza imperfetta. Questo elemento è uno degli aspetti chiave dei modelli DSGE Keynesiani; in essi sono considerate un certo numero di rigidità e di fallimenti del mercato come ingredienti fondamentali per spiegare la dinamica delle variabili endogene. Un modo per assumere la presenza di concorrenza imperfetta in un modello DSGE è quello di inserire la concorrenza monopolistica o nel mercato dei beni, o nel mercato dei fattori produttivi, o in entrambi.

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La diretta conseguenza della concorrenza monopolistica è che il prezzo dei fattori produttivi è più basso rispetto alla loro produttività marginale a causa di un mark-up. La deviazione rispetto alla situazione di ambiente competitivo determina un’inefficiente allocazione delle risorse che ha come risultato un più basso effetto di uno shock tecnologico sulle variabili endogene considerate.

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