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2. La rottura con la totalità speculativa di Hegel e con la sua idea di Stato

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2. La rottura con la totalità speculativa di Hegel e con la sua idea di Stato

Quando il giovane filosofo ebreo-tedesco Rosenweig inizia a scrivere Der Stern der Erlösung ha vissuto, nelle trincee del fronte balcanico, gli orrori della guerra e della miseria della vita umana confrontandosi con le «mille morti individuali».1 In questa opera il pensiero idealistico viene messo in crisi e respinto «per la sua pretesa di essere giunto all’assoluto in un eterna ragione filosofica dove la morte e i condizionamenti empirici storici dell’esistenza non hanno più valore, indirizzando il proprio pensiero su un ente astratto in cui si dileguano le paure dei singoli».2

In una lettera del 1917, indirizzata al cugino Rudolf Ehrenberg, che costituisce la «cellula originaria» della la Stella della Redenzione egli scrive:

La ragione filosofante si regge sulle proprie gambe, basta a se stessa. Tutte le cose sono in essa comprese ed alla fine essa comprende se stessa. Quindi, dopo che essa ha colto tutto in sé ed ha proclamato unica ed esclusiva la propria esistenza, l’uomo d’improvviso scopre che egli, pur filosoficamente digerito da molto tempo, è ancora qui.

E non certo l’uomo con il suo bel ramo di palma bensì l’uomo come «io, io che sono polvere e cenere». Io comunissimo privato individuo, io nome e cognome, io polvere e cenere, io sono ancora qui.[…] A me la filosofia ha fatto dire che io, nome e cognome, me ne debbo stare ben zitto; in seguito essa ha svergognato pure l’uomo dal ramo di palma tramite il quale aveva svergognato me e di fronte ad un paio di ideali lo ha fatto diventare piccino piccino e poi ha fatto sì che gli ideali si depalesassero nell’assoluto. Ed a questo punto sopraggiungo d’improvviso io, come se nulla fosse accaduto[…] Sorprendente non è però che egli «faccia della

1 Cfr. R. Bodei, op. cit., nota 46, p. XXVI, Bodei cita E. Freund, Die Existenzphilosophie Franz

Rosenzweig, Hamburg 1959 p. 2; Cfr. G. Bonola “Vorarbeit zu einer Hauptstrasse”. Il cammino di Franz Rosenzweig tra le correnti giudaiche del suo tempo, in Associazione italiana per lo Studio del

Giudaismo, Correnti culturali e movimenti religiosi del Giudaismo, Roma, Carocci 1987 pp. 274-275. 2 R. Bodei, prefazione all’edizione italiana di F. Rosenzweig Hegel und der Staat, Società editrice il

Mulino, Bologna, 1976, cit. p. XXV; Bodei fa riferimento alle pagine iniziali della Stella della

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filosofia» bensì il fatto stesso che egli è ancora qui, che egli ancora si arrischia a respirare faticosamente, che ancora «fa».3

Già negli anni precedenti alla guerra Rosenzweig avverte il bisogno, di non considerare ogni singolo uomo come semplice particella della massa amorfa del Tutto ma di restituire ad ogni persona umana la sua dignità.

Nella tesi di dottorato Hegel und der Staat, del 1912, Rosenzweig, «filosofo non abitabile»4, prende le distanze dal nazionalismo prussiano e dall’universalismo tedesco e rende esplicita la sua scelta di riconoscersi in un pensiero libero che non si fa irregimentare nell’omni-pervasività di un pensiero che approda ad una visione dello Stato che occupa ed esaurisce l’intero orizzonte della vita fino a mettere il proprio sigillo sul senso dell’uomo e del suo futuro. Emilia D’Antuono osserva che «la sua preoccupazione è che diventi vero, senza possibilità di smentita, il detto di Napoleone riportato da Goethe che aveva impressionato Hegel: la politica è il destino del moderno»5. Rosensweig prende polemicamente le distanze dalla malattia filosofica,

che dalla «Jonia fino a Jena» è giunta a compimento nel sistema hegeliano, il quale, dopo avere inglobato la totalità del reale, pretende di investire anche la sfera del politico, in una totalità di fronte al quale all’individuo è preclusa la strada di ricerca inesauribile del senso di sé, in cui gli esseri non hanno senso se non a partire dal Tutto della storia, che misura la loro realtà ed ingloba gli uomini, gli stati la civiltà lo stesso pensiero e i pensatori.6

3 F. Rosenzweig, «Urzelle» des Stern der Erlösung. Brief an Rudolf Ehrenberg vom 18. XI 1917 cit. trad. it. di G. Bonola in trad. it di F. Rosenzweig Das Neue Denken, a cura di G. Bonola, commento di G. Scholem, Arsenale Editrice, Venezia 1983 cit. p. 21.

4 Lettere di F. Rosenzweig a F. Meinecke, trad. it. a cura di E. D’Antuono, in «Archivio di Storia della cultura» 1991, IV, p. 302.

5 E. D’Antuono Eternità e Stato. La critica del politico in Franz Rosenzweig, in Patologie della politica.

Crisi e critica della democrazia tra Otto e Novecento, a cura di M. Donzelli e R. Pozzi, Donzelli editore,

Roma 2003, pp.191-192. – Le fonti citate sono: W.Goethe, Gespräche mit Napoleon, München 1962, p.152; G.W.Hegel, Lezioni sulla Filosofia della Storia, trad. it. di G.Calogero e C.Fatta, Firenze 1967 II ed, III, p. 161. Per la citazione del detto di Napoleone «il destino è la politica» cfr. S. Gustav, Il poeta e

l'imperatore Donzelli editore Roma 2012 p. 112-113.

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Rosenzweig per articolare la sua critica alla filosofia hegeliana, ripercorre, attraverso la biografia di Hegel, l’evoluzione del suo pensiero, sottolineando di volta in volta i caratteri dell’influenza che l’ambiente circostante esercita su di lui, nel tentativo di comprendere il modo in cui esso si sia evoluto fino a concepire un’idea di storia universale come teodicea che induce alla giustificazione della storia e del divenire storico fino ad ipotizzare una religione della storia che si risolve nella vanificazione del Dio eterno il quale si dissolve nella precarietà e nella mutevolezza della storia umana.7 Questa idea di Storia si traduce concretamente in un’idea di Stato che schiaccia l’uomo, il singolo, ridotto a semplice attore sulla scena anonima della storia.8 Nella concezione di Rosenzweig la storia non è la Storia universale del darsi dello Spirito Assoluto, o con altre parole del Soggetto eterno che si realizza a spese degli uomini. La storia è la conoscenza oggettivante che gli uomini fanno di sé stessi, in altri termini il risultato della storiografia.9

2.1. Gli elementi storici e culturali alla base del pensiero hegeliano nella critica di Rosenzweig

Addottoratosi in Storia Moderna sotto la guida di Meinecke, Rosenzweig interpreta Hegel, sulla scia del maestro, come precursore delle teorie anti-universalistiche dello Stato Nazionale.10 Così come Meinecke, nella tesi di dottorato Hegel e lo Stato,

7Cfr. lettera di Rosenzweig al cugino Hans Ehrenberg 26.09.1910 in Briefe und Tagebücher, I. Band 1900-1918, hrsg. Von Rosenzweig und E. Rosenzweig-Scheinmann, unter Mitwirkung von B. Casper, Den Haag 1979, p.112; un estratto della lettera in italiano è fornito da G. Caponigro in G. Caponigro,

Unde malum? Libertà e tirannia in Franz Rosenzweig, Edizioni ETS, Pisa 2015, p. 67. F. Tessitore, Apartire da Dilthey. Trittico anti-hegeliano: Weber, Meinecke, Rosenzweig, in «Atti dell’Accademia

nazionale dei Lincei», anno CDIX-2012, serie IX, volume XXXI, 2, Roma 2013 p.278.

8 Il metodo della trattazione di Hegel e lo Stato è intenzionalmente asistematico e ha un impianto storico-biografico, come egli stesso sottolinea in una lettera indirizzata a Meinecke il 7-7-1914; cfr. F. Rosenzweig, Lettere di F. Rosenzweig a F. Meinecke, trad. it. a cura di E. D’Antuono, in «Archivio di Storia della cultura» 1991, IV, p. 295-304. Sull’idea di Stato forte cfr. S. Mosés, Hegel pris au mot. La

critique de l’historie chez Franz Rosenzweig, in «Revue de Metaphisyque et de morale» 1985 (90),

328-341. 9 Ivi, p.32.

10 R. Bodei, Introduzione, in F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit., p. XIX. Quando Rosenzweig consegue il dottorato in storia moderna, Meinecke ha appena concluso la prima edizione di

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Rosenzweig analizza lo sviluppo del pensiero hegeliano comparando infine, nella conclusione della seconda parte, la tesi della teoria dello Stato di Hegel, soprattutto così com’è presentata nelle pagine finali dei Lineamenti di filosofia del diritto, con la politica bismarckiana, a sostegno dell’idea secondo la quale sia Hegel che Bismarck «concedono troppo potere allo Stato, pur pensando e agendo secondo la dura necessità della storia esterna».11

In una nota sul suo diario datata al 9 febbraio del 1906 Rosenzweig scrive:

Lo slogan del 1900 è “Razza”, nel 1800 era “Umanità”. Progresso? Alla fine nel 1800 lo scopo era generale, il disegno più grande. La Bibbia è una parabola, dell’avanzamento dell’uomo verso la famiglia, verso la tribù, verso una nazione con un ideale nazionale, verso una nazione con un ideale universale (i Profeti). È possibile che l’ultimo e il più ambizioso passo verso l’attuale ideale universale è che venga rifiutato? La realtà è tornata indietro di una rivoluzione?12

Rosenzweig individua negli ideali del XIX secolo le premesse che hanno portato alle stragi del XX secolo. Lo studio del cammino del pensiero di Hegel diventa il terreno dell’analisi di un’intera epoca le cui evoluzioni culturali hanno portato alla giustificazione di una politica che «incatena l’uomo nello Stato e nei nazionalismi».13

In Hegel e lo Stato Rosenzweig, intento a scoprire il «Giano bifronte», si domanda come e a partire da quali idee Hegel elabori la sua filosofia della Storia e la sua teoria dello Stato giungendo alla conclusione che il pensiero hegeliano debba essere racchiuso

Cosmopolitismo e Stato nazionale. Studi sulla genesi dello Stato nazionale Tedesco, opera fortemente

influente influente nel percorso di ricerca condotto da Rosenzweig. Cfr. F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato,

op. cit., p. 10. Cfr. F. Meinecke, Cosmopolitismo e Stato nazionale. Studi sulla genesi dello Stato nazionale Tedesco, trad. it. A. Oberdorfer, La Nuova Italia, Perugia-Venezia, 1930

11 Cit. Ivi pp. XX, 471-472.

12 Estratto da N.N. Glatzer, Franz Rosenzweig. His life and Thought, Schocken Books, New York, 1961, pp. 6-7; Rosenzweig coglie l’universalismo ottocentesco nel pensiero di Goethe cfr. I. Kajon, La critica

della tirannia in Franz Rosenzweig, in «Archivio di filosofia» LIX, 1991, Pisa, p. 221.

13 E. Levinas, “Tra due mondi”. (La via di Franz Rosenzweig), trad. it, in «aut-aut» n. 211-212, gennaio-aprile 1986, cit. p. 111.

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nella cornice dello sviluppo della storia nazionale tedesca.14 La critica alla filosofia della Storia si configura così come una critica ad un pensiero che credendo in un principio razionale come guida del processo storico, vede nella storia la realizzazione di questa razionalità e nella propria epoca il compiersi di questo cammino.15

Quali sono gli elementi storici e culturali che per Rosenzweig hanno influito nello sviluppo del pensiero hegeliano? Secondo Rosenzweig nello sviluppo del pensiero di Hegel hanno influito le idee di libertà ereditate dalla Rivoluzione Francese, e quelle sull’unificazione del tutto come prodotto insito nella ragione sviluppatesi nel pensiero illuministico (Stoccarda e Tubinga). A queste si accompagna la scoperta del periodo aureo dell’antichità greca in cui l’uomo vive quel perfetto equilibrio interno ed esterno in quanto parte della polis, che secondo Hegel doveva andare in frantumi perché era un equilibrio fasullo, a-riflessivo (Berna). Nello sviluppo del pensiero di Hegel l’assunzione del cristianesimo diventa importante e centrale perché l’uomo frammentato che si ritrova nel pensiero del cristianesimo avvia il processo di acquisizione di coscienza di sé dello spirito (Francoforte), qui si sviluppa l’idea dello stato come destino che a Jena, muovendo dalle idee di Machiavelli si trasforma in Stato-potenza. Innanzitutto egli rintraccia un forte influsso della visione illuministica della storia emergente già a partire degli anni di Stoccarda, in cui Hegel si pone il problema di comprendere, insieme all’origine degli Stati antichi anche l’origine del politeismo, «poiché naturale all’uomo sarebbe soltanto l’idea di un’unica divinità», cercando di spiegare un fenomeno innaturale alla visione illuministica.16 In questi primi anni di formazione Rosenzweig scorge in Hegel l’influenza del movimento neoumanistico che

14 F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit., pp. 467-468. Cfr. ivi, p. 398:«Si rivela falso il sospetto, spontaneo ad un esame superficiale, di un rapporto di imitazione diretto e anzi intenzionale tra Hegel e lo Stato…È molto più esatto dire che Hegel e lo Stato prussiano sono contemporanei e in certa misura anche coetanei; e dividono lo stesso destino».

15 Ivi, pp. 411-412. 16 Ivi, p. 30.

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emerge in particolare in una conferenza tenuta da Hegel in cui la cultura autoctona degli antichi si pone a modello per l’evoluzione del popolo tedesco.17 In questo periodo si sviluppa, nel pensiero di Hegel l’interesse per la religione, che il filosofo distingue in religione positiva e religione naturale. Rosenzweig sottolinea la particolare sensibilità di Hegel per il nesso tra storia e religione, da cui in seguito emergerà la nuova visione della storia come teodicea in grado di giustificare la genesi e lo sviluppo dell’essere dello spirito e degli uomini.

Tuttavia, per Rosenzweig, benché il pensiero di Hegel derivi dallo spirito del XVIII secolo, presenta sin dagli anni giovanili elementi di autonomia da esso. Riferendosi allo Hegel di Tubinga che legge Kant, Rosenzweig sottolinea che in questo periodo il Filososfo di Stoccarda sviluppa una nuova idea di «spirito del popolo». In opposizione a Kant, convinto che la natura è gravida delle idee della ragione, Hegel alimenta l’idea che ragione e sensualità non possano essere separate nettamente; pertanto le condizioni del popolo e le condizioni politiche costituiscono insieme lo spirito del popolo che non è una forza formatrice, ma è la stessa vita del popolo che viene generata, formata, educata e che infine si riversa sul singolo che, a sua volta, nel suo agire alimenta lo spirito del popolo di cui lui stesso è espressione.18

Lo spirito del popolo viene «formato», «generato», «educato» e poi influisce certo... a sua volta sul singolo e attraverso il singolo anche sulle forze che lo hanno generato, educato, formato… Occorre tener presente l’aspetto più rilevante di questa concezione, aspetto di capitale importanza per lo sviluppo del pensiero di Hegel: lo spirito del popolo visto come risultante, come il complesso vivente e

17 Ivi, p. 31. Rosenzweig si riferisce alla conferenza tenuta da Hegel il 7.08.1788, cfr. K. Rosenkranz, Vita

di Hegel, trad. it. e a cura di R. Bodei, Vallecchi Editore, Firenze, 1966, pp. 40-41.

18 Cfr. Lettera di Rosenzweig a Meinecke del 7.07.1914: «I capitoli dal secondo al quarto («Stoccarda», «Tubinga» e «Berna») della parte presentata nel 1912 sicuramente si presterebbero ad essere estrapolati come dissertazione… Essi occuperebbero tre fogli di stampa e fornirebbero un quadro in sé conchiuso degli inizi del pensiero hegeliano dello Stato»; F. Rosenzweig, Lettere di F. Rosenzweig a F. Meinecke, trad. it. a cura di E. D’Antuono, in «Archivio di Storia della cultura», 1991, IV, cit., p. 300.

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tangibile della civiltà di una nazione.19

Questa idea dello spirito del popolo proviene dallo spirito del XVIII secolo che: «tessendo in oscuri sotterranei foggia l’abito vivo della vita nazionale».20

Tuttavia per Hegel lo spirito del popolo è una «totalità viva», ovvero una «entità unitaria benché costituita da parti giustapposte». Proprio in quanto totalità viva, ovvero in quanto unità, per Hegel lo spirito del popolo, e quindi la vita nazionale, devono avere un’origine unitaria che egli identifica nella «ragione universale».21 In questa visione lo Stato, non è posto in relazione al singolo bensì allo Spirito del popolo di cui ne è l’espressione; in altri termini è il complesso vivente di una società che va intesa come un tutto.22 La visione hegeliana di Spirito del popolo rende, per Rosenzweig, il filosofo cieco difronte all’emergere della nascita dello Stato nazionale e ciò è determinato dal fatto che egli in questi anni vede il trionfo dei suoi ideali di libertà che non s’identificano con la libertà del singolo, bensì con una libertà «divenuta immagine di una nuova umanità dell’uomo cessando di gravitare intorno al singolo e alla sua cultura» la quale diventa presto il «modello ideale di una comunità nuova».23

Negli anni di Tubinga lo Stato interviene ancora poco nella sfera etica che a Berna diventa d’importanza centrale, fino ad elevarsi onnipotente sull’uomo.24 Negli anni bernesi Hegel sviluppa una nuova idea di storia che vede nella religione cristiana e nello

19 Cit. F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit. p. 38.

20 Cit. ivi, p. 39. D’Antuono osserva una concordanza nel pensiero di Hegel e Rosenzweig in relazione all’interpretazione del pensiero di Kant come culmine di un cammino di pensiero nel quale sono presenti accenni per un nuovo filosofare dando, purtuttavia, sensi simmetricamente opposti: mentre per Hegel Kant si configura come apice del percorso filosofico che ha conservato la scissione tra essere e pensiero, per Rorsenzwig il sapere prodottosi dalla separazione è l’unico che ha costituito intatta la realtà dell’essere. E. D’Antuono, Il credere, la rivelazione, il «Nuovo pensiero» di Franz Rosenzweig, in «Archivio di Storia della cultura» 1991, IV, pp. 291-301.

21 Ivi, p. 40. 22 Ivi, p. 41.

23 Ibdem. Nella Stella della Redenzione, come vedremo, Rosenzweig opporrà l’individuo alla personalità e di conseguenza la libertà del singolo alla libertà assoluta che è, secondo l’autore, solamente libertà divina. In merito alla tematica della libertà nel pensiero di Rosenzweig Cfr. C. Milani, Tra due mondi.

Studio sul concetto di libertà in Franz Rosenzweig, Vita e Pensiero, Milano 2011.

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spirito dei popoli moderni le risultanti di un processo di sviluppo.25 Il primo cristianesimo assume la forma della religione razionale che, sorta in opposizione alla morta positività dell’ebraismo, in seguito, quando ha conglobato tutti i cittadini dello Stato, assume la forma positiva della Chiesa.26

A partire da questo momento Hegel si pone il problema del rapporto tra Stato e Chiesa; la loro separazione dipende dalla sua concezione della società che si distingue in libera e coercitiva, in quanto lo Stato è concepito come una società coercitiva in cui i diritti di uno sono doveri per un altro. Questa società si distingue necessariamente da una società libera, come quella della Chiesa, perché i diritti assunti su un singolo che fa il suo ingresso volontario in una società, non possono essere gli stessi che lo Stato esercita con la forza, perché si tratterebbe di un potere diverso da quello dello Stato il cui fine esplicito rimane la legalità. Lo Stato può promuovere la moralità solo come mezzo per il suo fine ricorrendo alla religione che tuttavia rimane esterna all’ambito meramente legale.27

Questo problema del rapporto intercorrente tra popolo, religione e Stato per Hegel è determinato dal processo di cristianizzazione del mondo antico. Il mondo antico è un mondo di popoli liberi la cui libertà coincide con lo Stato, la polis. Ma quando gli Stati stessi perdono la libertà, il rapporto cambia. La libertà del singolo non si esprime più nella produzione continua dello Stato ma consiste nella cura dell’interesse del singolo nei confini dello Stato, cosicché, il diritto del cittadino si riduce a diritto di sicurezza relativa alla proprietà. In questa visione la morte assume connotati di terribilità perché a quest’uomo, che non porta dentro di sé l’eternità della polis, nulla sopravvive; a questo punto il cristianesimo sopraggiunge come risposta al bisogno di assoluto dell’uomo che

25 Ivi, p. 49. 26 Ivi, p. 51. 27 Ivi, p. 52.

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ha perso la fede nello Stato.28 Negli anni bernesi affiorano per Rosenzweig degli elementi fondamentali, nel pensiero di Hegel, determinanti la visione della Storia e dello Stato del periodo successivo. Innanzitutto emerge la nostalgia nell’unità della vita civile e religiosa degli antichi e l’idea dello Stato antico come prodotto della suprema attività etica dell’uomo antico. Tuttavia «lo Hegel destinato a creare la formula efficace per il pensiero politico del XIX secolo» appare a Rosenzweig «ancora lontano».29 Fino agli anni bernesi, Rosenzweig vede Hegel fortemente influenzato da Kant e dalla Rivoluzione francese. A Francoforte il pensiero di Hegel muta. Nel filosofo impegnato a ricercare un nuovo fondamento della morale, diventa predominante l’idea di unità di tutta la vita tanto che alla volontà morale di libertà si sostituisce una «singolare fede nel destino» che presto sarà capace di conglobare dentro di sé le complessità e le contraddizioni della vita.30

Hegel alimenta l’idea che la vita sia una e che questa accomuni tutti i viventi. Ogni tentativo dell’uomo di sottrarsi da quest’unità è assunto come colpa, ovvero, come tentativo di separarsi dalla vita unitaria, che non va divisa, e di porsi al di fuori di essa.31 Poiché l’uomo è parte della totalità della vita, ogni porsi al di fuori di essa è un porsi al di fuori di sé. Egli non lede qualcosa di esterno, lede se stesso. La colpa si trasforma così in destino d’infelicità. Tuttavia l’uomo può eludere il destino ricongiungendosi alla vita da cui si era separato.

Colpa e destino sono associati all’idea della vita e la vita medesima non è che il passare da colpa a destino. Il singolo non può sottrarsi a tale movimento e, proprio perché singolo non può essere innocente; quando pero vuole esserlo, e dalla

28 Ivi, pp. 56-58. 29 Cit. Ivi, p. 62. 30 Cit. Ivi, p. 79.

31 Cfr. G.W.F. Hegel, Lo spirito del Cristianesimo e il suo destino, tr. it. E. Mirri, Japadre, L’Aquila 1970.

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corrente della vita salvarsi e aggrapparsi alla riva, acquista un’innocenza che è volersi sottrarre alla vita: la sua vera colpa.32

Nel contesti di tali pensieri Hegel, secondo Rosenzweig, sviluppa un nuovo rapporto spirituale con lo Stato.

Nel periodo bernese si afferma in Hegel la concezione dell’uomo come unità indivisibile: rifiuta, quindi, ogni scissione dell’uomo e ogni sua frantumazione tra moralità pubblica e moralità privata, tra uomo dello Stato e uomo della Chiesa; nello Stato moderno l’uomo che agisce secondo l’ethos, ovvero secondo lo spirito della Chiesa, quando quest’ultima è in disaccordo con le leggi dello Stato, non agisce solamente contro le leggi di esso ma contro l’intero spirito dello Stato. Il mutamento del rapporto tra Stato e Chiesa, secondo Rosenzweig, non muta nel pensiero di Hegel il rapporto dello Stato con l’uomo, perché manca ancora un concetto capace di mettere in relazione l’idea dell’unità interna umana con l’unione metafisica generata dal superamento dell’egoismo attraverso l’amore. Questo ulteriore balzo in avanti è ricondotto al periodo francofortese, all’inverno del 1798, quando Hegel ne Lo spirito del cristianesimo e il suo destino assume il contenuto della dottrina di Cristo come possibilità della conciliazione dell’uomo frammentato con il suo destino.33

Gesù predicando il regno di Dio volge il suo appello ai farisei, ma non viene ascoltato; non gli resta che rimanere sotto la legge dello Stato «soffrendo consapevolmente».34 Il legame tra l’ethos di Gesù e la legge dello Stato è rotto. Sebbene Gesù sembri fuggire dal mondo, la sua vita è in parte attuazione del divino e quindi lotta contro il destino, tranne di quella parte di destino che si configura con lo Stato «di cui anche Gesù prese coscienza e di fronte al quale si comportò passivamente».35

32 Cit. F. Rosenzweig, op. cit., p. 80. 33 Ivi, p. 97.

34 Cit. ivi, p. 101. 35 Ibdem.

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Lo Stato è da questo momento concepito come destino nel significato di totalità della vita così come si presenta al singolo e a cui non può sottrarsi. Rosenzweig vede da questo momento in poi emergere, nel pensiero di Hegel una nuova idea dello Stato che risulta ingigantita al di sopra della dipendenza dal singolo. Questo “nuovo” Stato non ha più come fine la tutela dei diritti dell’uomo, bensì qualcosa di diverso:

Ecco il momento in cui agli occhi di Hegel divenne abenorme ogni idea dello Stato che anteponga il singolo alla totalità. È impensabile che ciò che è destino in questo senso colossale, possa essere ancora un contratto. Ora lo Stato si è ingigantito al di sopra della dipendenza dal singolo. Hegel quindi verrà trovando nello Stato qualcosa di più e di diverso dalla garanzia dei diritti dell’uomo, e non potrà più esimersi dal commisurarne gli ordinamenti alla giustizia in quanto misura suprema.36

Questa visione dello Stato inteso come intero è ancora volta alla relazione dell’intero (lo Stato) con la sua parte (l’uomo). All’inizio dell’800 Hegel raggiungerà la visione definitiva del destino come Storia:

La riconciliazione col destino non muove più dall’io, non si attua attraverso l’amore, perché il destino deve riconciliarsi con se stesso attraverso se stesso: esso diventa…storia! E in questo momento che agli occhi di Hegel la storia assume quel significato etico, anzi addirittura religioso che manterrà sempre in futuro.

Rosenzweig presenta l’evoluzione del pensiero di Hegel verso il destino come storia come una fede in cui lo Stato viene riconosciuto come potenza.37 In questo stato la libertà del singolo non costituisce più il suo fine bensì la sua limitazione.38

36Cit. ivi, p. 102; cfr. anche pp.116-117. 37 Ivi, p.111 e 117.

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2.2. Origine dell’idea di stato nazionale nella dottrina politica hegeliana

Fino alle soglie del XIX secolo lo Stato come potenza manca ancora dell’animo nazionale che Rosenzweig rintraccia a partire dagli scritti del 1801, in cui Hegel presenta la comunità non come il luogo in cui viene limitata la vera libertà dell’individuò bensì il luogo in cui essa viene ampliata.39

La Storia diventa l’essenza della libertà, ovvero il luogo in cui la comunità, lo Stato, la totalità viva di rapporti viventi, ha la possibilità di trasformarsi. In questa prospettiva il rapporto del singolo con la storia si realizza nel suo rapporto con lo Stato; visione, quest’ultima, che lo induce ad affermare che la libertà è possibile solo laddove un popolo si è unito sotto l’egida delle leggi di uno Stato e che dunque in primo luogo è necessario creare uno Stato.40 In Hegel di delinea sempre di più una nuova idea dello Stato che nel 1807 sarà totalmente differente rispetto agli anni giovanili. Rosenzweig colloca le trasformazioni delle idee hegeliane all’interno del quadro storico in cui queste prendono forma. Esse rispondono alla frustrazione nel veder da un lato crollare gli ideali degli anni giovanili, dall’altro alla speranza di vedere la Germania, uscita politicamente particolarizzata dopo il consiglio di Rastatt, unificata sotto la guida dell’Austria.41 Per il filosofo ebreo si delinea all’interno di questo contesto storico un pensiero che, inserendo lo Stato nelle fila del corso storico, rinnega gli ideali giovanili di riforma e ne giustifica l’uso della forza a fini “provvidenziali”.

A partire dal primo periodo di Jena, Rosenzweig, a proposito del manoscritto sul Sistema dell’eticità, scrive che Hegel eredita dalla filosofia classica tedesca il metodo a strutturare in maniera tripartita i diversi sistemi:

Inizia l’ascesa in tre gradi che per lo più sono a loro volta graduati in modo triplice, secondo la nota forma che era inaugurata da Kant come ripartizione logica,

39 Ivi, p. 129. 40 Ivi, p. 129-133. 41 Ivi, pp. 134-142.

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valorizzata da Schiller come articolazione della storia, animata da Fichte che ne fece un processo evolutivo, e da Schelling colmata di materiale della realtà, a scapito del vivo dinamismo interno. Poiché in generale il manoscritto concorda nel metodo con Schelling, anche Hegel svolge il suo pensiero senza conferire dinamismo alle cose, ma trapassa con lo sguardo dall’una all’altra, quasi fossero pitture ben disposte in un museo.42

Inizia da questo momento la critica di Rosenzweig verso l’applicazione forzata nella realtà del sistema tripartito, che come vedremo nella Stella cercherà di superare, sostituendo al cosiddetto metodo del pensare il metodo del narrare.43

Nel manoscritto del 1802-1803 lo Stato si fonda sulla potenza militare: «Guerra, ordinamento militare, presenza o assenza di virtù guerresche formano in sostanza la pianta di questo edificio dello Stato».44 Qui il popolo viene concepito non come una moltitudine ma come una unità in cui l’identità di tutti si costituisce nell’intero articolato in cui i singoli non si perdono ma si ritrovano.

In tal modo Hegel sposa Stato e anima singola.45

Questa eguaglianza si realizza nello Stato etico perfetto in cui particolare e universale trovano la loro conciliazione. Rosenzweig sottolinea come Hegel ne Le maniere di trattare pubblicamente il diritto naturale arriverà addirittura a rivolgere una critica alla teoria hobbesiana dello stato di natura, in quanto per Hegel, nello Stato dell’eticità stato di natura e stato giuridico sono assolutamente identici, considerando pertanto il diritto dello stato giuridico un diritto naturale.46 In questa opera, nota Rosenzweig, la forma

42 Cit. Ivi, p.143.

43 Cfr. C. Belloni, Triadi e contraddizioni fra Rosenzweig e Hegel, in «Filosofia Oggi», 26, 2003, pp. 69-91. Ne il Nuovo pensiero Rosenzweig, riferendosi alla struttura della Stella della redenzione, scrive:«Secondo l’uso consacrato, un sistema di filosofia consta di una logica, di un’etica, di un’estetica e di una filosofia della religione. Nonostante la sua scansione in tre volumi… La Stella della redenzione rompe con quest’uso. Contiene, certo tutti i consueti ingredienti di un ponce-sistema come si deve, a eccezione del quarto… il principio sistematico di questa filosofia è un altro»; F. Rosenzweig, Il nuovo

pensiero, in La Scrittura.., op. cit., cit., p. 259.

44 Cit. F. Rosenzweig, Hegel e lo stato, op. cit., pp. 145-146. 45 Cit. ibdem.

46 Ivi, p. 167. Rosenzweig contesta radicalmente questa teoria. Egli oppone allo stato coercitivo, sorto dall’appropriazione dell’uomo della terra, per mezzo di un atto violento, la libera unione degli uomini per

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moderna di eticità assoluta si distingue da quella greca. Si profila una concezione dell’eticità assoluta in un’ottica di filosofia della storia, in cui la ripartizione in stati sociali viene fondata e motivata storicamente.47

A Jena lo Stato si configura come eticità assoluta; esso è materia e anima del singolo nella misura in cui esso s’identifica nello spirito del popolo a cui appartiene. Si fa avanti un’idea della storia come conoscenza di sé dello Spirito Assoluto che induce Hegel non a non conferire valore alle individualità, nemmeno alle grandi personalità della storia le cui azioni dipendono dalla volontà del destino. Si tratta, agli occhi di Rosenzweig di

Una visione orridamente grandiosa della nullità dell’individuo!48

Rosenzweig ci dice che Hegel nell’ultimo sistema del periodo jenese, che corrisponde alla Fenomenologia dello Spirito, sviluppa sul piano universale una nuova interpretazione del mondo. Come ha osservato Irene Kajon, Rosenzweig ritiene che da questo momento in poi si verifichi una trasformazione delle fasi della vita in epoche del mondo che porteranno alla stesura dei Lineamenti di filosofia del diritto del 1821. A partire dalla Fenomenologia Hegel concilia la volontà del singolo e la volontà del monarca descrivendo l’essenza dello Stato non come potere naturale o volontà razionale, ma come volontà potente.49 Ora l’anima del rapporto tra Stato e singolo non è più l’autoalienazione della volontà singola che fa cieca obbedienza, ma risponde alla fiducia del singolo di ritrovare la propria volontà nella volontà dell’intero. Questo ideale, che sembra richiamare l’ideale della polis, è andato avanti rispetto al passato

mezzo di un gesto di amore. Questo argomento verrà affrontato meglio nel paragrafo quarto del capitolo successivo.

47 Ivi, p.169-170.

48 F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit., p. 184.

49 I. Kajon, La critica della tirannia in Franz Rosenzweig, in «Archivio di filosofia» LIX, 1991, Pisa, p. 224.

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perché il cittadino dello Stato moderno deve avere la consapevolezza che il suo sé personale è l’essenza dello Stato. 50

Nel momento in cui Hegel inizia a concepire lo Stato come una totalità gli si pone davanti il problema di comprendere in che rapporto stia con la Chiesa cristiana. Il cristianesimo che fino al 1800 è considerato ancora come una storta di decadimento in opposizione alla bella vivezza della polis greca, adesso emerge come la base dal quale il corso della storia non si allontanerà più. In un manoscritto del 1802 sulla costituzione dell’impero, Hegel dedica alcune pagine alla situazione della Chiesa nell’impero in cui spiega che la divisione delle chiese nel XVIII secolo è responsabile della divisione dell’impero tedesco; tuttavia tale divisione ha concorso, al medesimo tempo, a promuovere alcuni principi che sono condizioni necessarie per la sussistenza dello Stato, tra cui innanzitutto l’accettazione del diritto di religione e anche la costituzione dello Stato non a partire dalla religione, bensì dall’idea di Stato.51 Questa riflessione lo induce ad inserire, nel sistema del 1805, la religione nel sistema al di sopra del grado dell’eticità assoluta.

Nel Journal filosofico, che Rosenkranz colloca nel primo periodo jenese, Hegel articola il processo storico subito dalla religione in tre fasi che vanno dalla religione naturale al cristianesimo giungendo infine al protestantesimo. Per il protestantesimo la natura è consacrata in quanto natura patria, mentre la patria religiosa e la manifestazione sensibile del Dio sono rinviate dalla patria in regioni remote. Qui per Hegel il protestantesimo costituisce da un lato il decadimento del cattolicesimo, dall’altro la forma più alta della religione perché con essa il cristianesimo si dissolve e si preannuncia la terza religione, la religione dell’avvenire, in quanto ha sottratto al mondo

50 F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit. pp. 195-199. Ne La Stella della redenzione, vedremo come per Rosenzweig vi sia un tentativo, da parte della filosofia idealistica, di sopperire al bisogno di dare una risposta alla domanda di senso dell’uomo che viene giustificata dallo Stato il quale pone fine alla finitudine dell’uomo facendosi garante dell’eternità.

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la consacrazione estranea ed esterna conferitagli dal cristianesimo cattolico. A questo punto Hegel prevede l’arrivo di una nuova fase in cui il cristianesimo sarà totalmente assorbito in vista di una nuova religione, quando l’ideale di Stato del sistema sarà divenuto realtà.

Rosenzweig colloca a questo punto il primo sistema hegeliano di filosofia politica e sostiene che per comprendere la concezione dello Stato nella filosofia hegeliana di questo periodo bisogna tener presente che il pensiero di Hegel è proiettato esclusivamente verso il futuro, pervaso da una coscienza apocalittica del presente, convinto di trovarsi al culmine di un’epoca durata 1800 anni in cui la sua filosofia si mostra come porta di una nuova era.52 La vita religiosa non viene più concepita movendo dal culto del popolo, bensì dalla singola anima credente. Ascrive al mondo l’identità di Stato e Chiesa in quanto vede comparire sia nello Stato che nella Chiesa la forza dello spirito al grado di coscienza a cui è giunto. L’uomo ha nello Stato la sua realtà e nella Chiesa la sua essenza; quindi nello Stato si sacrifica, mentre nella Chiesa viene garantita la sua conservazione assoluta.

Ma l’eterno, che l’uomo vuole conquistare nella Chiesa allontanandosi consapevolmente dallo Stato, ha la «sua esistenza», la sua realtà terrena nello Stato, nello «spirito del popolo».53

Pertanto lo Stato e la Chiesa costituiscono entrambe la doppia faccia della stessa medaglia: da un lato lo Stato che s’impone come ciò che è essenzialmente realtà, dall’altro la Chiesa che pretende di istaurare in terra il regno di Dio. Benché nello Stato odierno a Hegel, Stato e Chiesa sono antitetici, cesseranno di esserlo quando raggiungeranno il grado di perfezione.

Rosenzweig scorge, in questa idea di Stato perfetto conciliato con la Chiesa perfetta, il

52 Ivi, pp. 214-215. 53 Ivi, p. 219.

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nuovo pensiero hegeliano determinante tutto il pensiero del periodo successivo che vede nello Stato la realizzazione del regno dei cieli in terra e che attribuisce alla Chiesa il compito gravoso di creare nel pensiero «la conciliazione di Stato e regno dei cieli». Il compito della Chiesa diventa pertanto quello di far conciliare l’ethos interno dell’uomo con la morale dello Stato; conciliazione che si può verificare soltanto se una Chiesa perfetta agisce in uno Stato perfetto. A questo punto lo Stato hegeliano diventa, agli occhi del filosofo ebreo, cristiano in quanto riceve dalla religione la sua garanzia. Rosenzweig osserva uno sfinimento dello Stato. L’interiorità soggettiva va oltre lo Stato, in quanto la posizione dell’anima è libera nei confronti dello Stato. E Rosenzweig sostiene che Hegel, da questa convinzione, procede ad elaborare la sua immagine globale della storia e a decifrare il suo tempo.

La Fenomenologia dello Spirito non entra a far parte del pensiero maturo di Hegel e lo dimostra il fatto che nel 1806 egli tratta ancora separatamente le lezioni di fenomenologia e logica e quelle sulla filosofia della natura e dello spirito. Tuttavia già nella Fenomenologia si delinea il processo di sviluppo della coscienza come Spirito. Hegel influenzato dalle lettere estetiche di Schiller prende le mosse, nella sua filosofia della storia, non già dal mondo d’oriente ma dall’uomo greco, l’uomo della polis.54 Rosenzweig fa emergere la novità del pensiero hegeliano in merito alla trattazione dell’individuo a partire dall’uomo della polis, il quale totalmente assorbito dalla vita politica della città si annulla. Questo uomo non è un singolo individuo, bensì l’uomo membro della famiglia, il mondo etico, l’uomo e la donna.55

Alla fenomenologia risale il problema dell’eticità di Stato e famiglia come elementi concilianti e discordi la vita della polis, come dimostra il richiamo all’Antigone di Sofocle in cui l’eticità del mondo antico crolla per dare inizio al cammino dello Spirito.

54 Riferimento alle Lettere sull’educazione estetica dell’uomo di Schiller.

55 Cfr. G. W. F. Hegel, La fenomenologia dello spirito, trad. it. a cura di G. Garelli, Enaudi, 2008, Torino pp.294-322.

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«la viva personalità intera della polis era dovuta necessariamente tramontare affinché la persona singola potesse divenire, ma una volta divenuta le mancava proprio quella patria etica perdutasi nell’al di qua. Cominciò allora la seconda età dello spirito: lo spirito estraniato a sé: la cultura».

La polis diventa il luogo in cui si realizza la compiuta armonia tra l’individuo e la comunità.56 In questo mondo prima dell’agire tragico regna l’armonia, ma l’azione di Antigone darà avvio al cammino di autocoscienza dello Spirito, per mezzo del quale Hegel ricostruirà il processo di sviluppo storico e culturale dell’intero occidente, che si compirà con l’affermazione dell’individuo autocosciente. La polis si articola nelle due leggi, dell’Al di qua ovvero nella legalità pubblica, della società di diritto, e in legge dell’Al di là, legalità privata, della società naturale. Nel mondo antico i rapporti sono immediati e quindi legati al sesso; così per mezzo dell’uomo si esprime la legalità pubblica, lo Stato, mentre per mezzo della donna si esprime la legge divina dei legami di sangue che ha come suo mondo la famiglia.57 Prima che la scissione si realizzi, queste due legalità, intrecciate tra loro generano un intero che gode di perfetta armonia. In questo quadro sarà il tema della morte a determinare la rottura dell’equilibrio delle parti. L’uomo è parte della polis e parte della famiglia; l’appartenenza alla polis si realizza per mezzo della difesa dello Stato, tramite la guerra, ma da morto egli torna nella famiglia per l’estremo saluto, la sepoltura.58 Così accade che quando Antigone

56 L’esempio della polis greca sarà ripreso anche da Rosenzweig nella prima parte della Stella, con un senso totalmente diverso rispetto alla speculazione hegeliana; come vedremo per Rosenzweig la polis rappresenta solo apparentemente il luogo in cui l’individuo si indentifica totalmente nella forma statale. 57 La famiglia è l’unione dei consanguinei, la stirpe. F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit. pp. 251-252 Rosenzweig spiega che da questo momento in poi Hegel nella trattazione dell’esistenza del diritto nella società statale non comincia più dall’individuo, a dalla famiglia che diventa da un lato il terreno della germinazione della polis e dall’altro il suo antipodo.

58 Nel commento all’Antigone di Hegel, Vinci spiega che l’agire di Antigone deve essere compreso a partire dalla consapevolezza che per i greci la sepoltura dei familiari serve a conferire senso a qualcosa che altrimenti non ne avrebbe. I greci attribuiscono valore solamente alla vita e considerano la morte assoluta negazione e la sepoltura costituisce l’unico modo per conferirgli spiritualità:« Il compito dei familiari era di aggiungere qualcosa in più di un semplice e insensato trapassare, così da renderlo ‘qualcosa di agito (ein Gatanes)’, capace di assicurare a ciascuno il riconoscimento di essere… una singolarità individuale». P. Vinci, L’Antigone di Hegel in Antigone e la Filosofia, cura di P. Montani, Donzelli Editore, Roma, 2001, cit., p. 34.

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dona sepoltura al fratello agisce eticamente, ma anche Creonte opponendo ad essa la legge della polis agisce eticamente. Antigone e Creonte costituiscono facce opposte della stessa medaglia. Il loro limite sta nel ritenersi ciascuno l’unico depositario della legge etica. Di conseguenza, l’irruzione dell’azione di Antigone determina la rottura di un’unità immatura e inconsapevole. Da questo momento in poi lo spirito inizierà un cammino che condurrà ad un processo di riconoscimento di sé della coscienza e, di conseguenza, ad una identificazione consapevole del soggetto, l’individuo, con il tutto, lo Stato. Conciliazione che Rosenzweig vede realizzarsi nello Stato nazionale in cui lo Stato di diritto, che risponde alla legalità pubblica, si trasforma in una società naturale.59 Così Hegel vede la storia dall’impero romano fino alla Rivoluzione Francese come un unica grande epoca che fa da preludio allo Stato politico compiuto tedesco.60 Il mondo etico dell’antichità è andato distrutto con la persona del diritto romano, questa si è poi creata il duplice mondo della cultura (ethos e legalità). Con la rivoluzione francese questo mondo della cultura è andato distrutto per effetto dell’unica volontà generale che diventava ora la pietra miliare del nuovo regno. Anche questo mondo è andato altrettanto distrutto quando in Francia è stata fatta la riforma. Così lo spirito dalla Francia è passato alla Germania.

Dalla Francia, ove ha istaurato lo Stato e la vita sociale dell’epoca futura avvalendosi della sostanza dell’epoca trascorsa, lo Spirito della storia è passato in Germania per iniziare qui l’opera del tempo nuovo e supremo. La storia moderna diventa il luogo in cui si potrà realizzare la ricomposizione dell’antico mondo greco andato distrutto. Dopo aver tracciato tutto il percorso del pensiero di Hegel fino all’impero napoleonico, Rosenzweig sostiene che in Hegel con la realtà napoleonica muta la visione della vita statale interna, introducendo il concetto di nazione. Benchè Hegel aspiri alla

59 Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit., p. 252. 60 Ivi, p. 224.

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costituzione di un impero mondiale, è troppo convinto che questa forma di Stato non può realizzarsi:

Lo Stato doveva essere un singolo per poter corrispondere alla sua natura fondamentale: autoconservazione per mezzo della guerra.61

La concezione della Storia così come si esplica nella Fenomenologia, inducono Hegel a ritenere che lo Stato abbia il dovere di coltivare la cultura etica e spirituale dell’individuo al di fuori dell’ambito meramente politico. Lo Stato da sé non è infatti in grado di suscitare forze etiche tra i cittadini. Così Rosenzweig risponde alla domanda su quali basi Hegel abbia inserito i fenomeni storici in questo percorso che si conclude con la trasmigrazione dello spirito sul territorio tedesco:

«È proprio nella religione, in base alle sue convinzioni del momento, il vero futuro della Germania e del mondo e in particolare il protestantesimo».62

La nuova visione della storia, o meglio la nuova fede nella storia, non consentono a Hegel di essere lucido nell’analisi dei fatti storici, tanto da indurlo ad accettare e a giustificare «lo spirito delle guerre di liberazione» e ad accettare la Restaurazione nella speranza che accanto allo accanto allo Stato si sollevi la Chiesa.63 Risulta chiaro come Rosenzweig veda in tutto questo una lettura fideistica della storia tale da rendere Hegel non solo incapace di interpretare obiettivamente la storia a lui contemporanea, ma anche di vedere nell’opera costituzionale di re Federico la volontà d’indipendenza d’Europa:

Ma proprio così facendo e potendo essere… più politico del governo stesso, proprio per questa possibilità di comprendere il punto di vista del governo in modo più profondo e grandioso di quanto il governo stesso fosse in grado di capirlo e osasse giustificarlo con solide motivazioni, Hegel si è perso in singoli punti per vie

61 F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, op. cit., p. 239. 62 Cit. Ivi, p. 255.

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pericolose. Gli è accorso più volte di fondere troppo integralmente la necessità storica della costa e l’astuzia personale del re che la sosteneva.64

Questa visione della Storia, sostiene Rosenzweig, indurrà Hegel a concludere nel 1817 che un popolo senza Stato non ha Storia e di conseguenza un popolo per la sua storia e in base ad essa deve crearsi il suo Stato.65

2.3. La scomparsa dell’individuo nello Stato hegeliano

Nella seconda parte di Hegel e lo Stato Rosenzweig, compara la filosofia hegeliana con lo Stato prussiano dimostrando infine che Hegel e lo Stato prussiano sono figli della stessa epoca e gli elementi di complementarità nel pensiero hegeliano con le teorie sulla base del quale si costituisce lo Stato prussiano è determinata essenzialmente dall’essersi sviluppati simultaneamente.66 Nel discorso tenuto al suo ingresso all’università di

Berlino Hegel definisce la nazionalità «il fondamento di ogni vita che è veramente tale» e individua nelle lotte per la nazionalità lo sviluppo del governo del mondo reale e del libero regno del pensiero.67 Lo Stato prussiano, da questo momento, diventa il terreno in cui si verificherà la convergenza tra i due mondi.68

Nei Lineamenti di filosofia del diritto il pensiero politico di Hegel è ormai giunto a maturazione. Qui la concezione hegeliana che vede la storia e le vite degli individui come espressione e sviluppo dell’autocoscienza dello Spirito Assoluto trova la sua esplicazione nell’organizzazione statale.69 Nella prefazione ai Lineamenti di filosofia

64 Cit., Ivi, p. 273. 65 Ivi, p.283. 66 Ivi, p. 364. 67 Ivi, p. 300. 68 Ivi, p. 301.

69 Questo pensiero rimarrà presente anche nel Rosenzweig maturo, tanto che, come osserva E. D’Antuono nel saggio Ebraismo e filosofia, Rosenzweig, nella terza parte della Stella, riprenderà questo argomento ritenendo che «lo stato non è l’ingresso di Dio nel mondo, ma uno specchio ustorio che riflettendo l’eterno sul fluire del tempo ne condensa le sezioni, isolate dai due limiti del già e del non-ancora, curvandole in circoli “epoché” del divenire»; E. D’Antuono Ebraismo e filosofia. Saggio su Franz

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del diritto, Hegel, criticando il filosofare effimero «come la tela di Penelope», espone l’esigenza di una trattazione filosofica in forma di compendio a sostegno dell’idea che porre in risalto la conduzione logica dell’argomentazione è importante in quanto «l’intero riposa sullo Spirito Logico».70In questa visione Diritto, Eticità e Stato sono l’espressione dello Spirito del mondo e, storicamente, del cammino dello Spirito nel mondo che si comprende affinché si riconosca in quanto Libero.71 Per riconoscersi tale, lo Spirito, deve abbandonare e superare le molteplici particolarità e vanità dell’opinare attraverso il pensiero e sapersi Unito.

L’uomo pensa e nel pensiero cerca la sua libertà e il fondamento dell’eticità.72

La filosofia che ha esaltato l’individualità e l’accidentalità, come forme di libertà, assume l’aspetto della pietas, elemento di scissione tra legge dell’individuo e della famiglia e quella dello Stato e non consente allo Stato politico compiuto, in cui il cittadino si sappia libero in quanto cittadino dello Stato, di costituirsi.73 Nello Stato politico compiuto, il cittadino si sa in quanto particella dello spirito di un popolo che si esprime nella forma dello Stato. Per Hegel la cattiva filosofia ha fatto credere che «l’universo spirituale deve esser dato in preda al caso e all’arbitrio, esso dev’esser abbandonato da Dio».74 La cattiva coscienza morale parla di spirito e di popolo non solo laddove non ci sono ma dove vige l’egoismo; in particolare disprezza la legge:

La forma del diritto inteso come dovere e come una legge viene sentita da quello come una lettera morta, fredda e come un impaccio; poiché quello che conosce in essa se stesso, non si conosce quindi libero in essa, perché la legge è la ragione

70 G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, trad. it. F. Messineo, Laterza, Roma-Bari, 1979 cit. pp. 4-5; Hegel critica la filosofia romantica per aver aver parlato «arbitrariamente, col cuore, con la fantasia, per intuizione accidentale».

71 Ivi, p. 6. 72 Ivi, p. 7.

73 Cfr. Ivi, p.8; cfr. anche G.W.F. Hegel, System der Wissenschaft. Erster Theil, die Phänomenologie des

Geistes, trad. it. a cura di G. Garelli, La fenomenologia dello spirito, cit., pp. 294-321; cfr. a cura di P.

Montani, Antigone e la Filosofia, Donzelli Editore, Roma, 2001 capitolo su Hegel, il mondo etico e la

tragedia pp. 3-30 e P. Vinci, L’Antigone di Hegel, pp. 31-48.

74 La critica è rivolta ai filosofi del romanticismo; cit. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, trad. it.,

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della cosa, e questa non permette al sentimento di infiammarsi alla propria particolarità.75

Nel sentimento soggettivo e sulla convinzione particolare avviene la distruzione dell’eticità intera e della retta coscienza morale.76 Ma la filosofia è lo «scandaglio del razionale», appunto perciò è «l’apprendimento di ciò che è presente e reale». Perfino la Repubblica platonica, sostiene Hegel, non ha fatto altro che concepire l’eticità greca. Tuttavia in Platone manca l’unità del tutto perché l’eticità della polis è affidata alla libertà di alcuni che presuppone la schiavitù. Rosenzweig sottolinea che per Hegel sarà il cristianesimo a far comprendere che è la ragione a dover dare forma alla realtà.77Verità destinata a realizzarsi per mezzo del popolo germanico.78

Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale.79

Nel mondo è intrinseco il principio di razionalità in quanto il mondo è il cammino dello Spirito che si sa facendosi altro da sé nel mondo. Nulla resta di reale all’infuori dell’idea. Scopo del filosofo diventa pertanto quello di comprendere il presente e capire a quale grado di consapevolezza di sé sia giunto lo spirito.

Il trattato sui Lineamenti di filosofia del diritto in quanto tratta la scienza dello Stato, costituisce il tentativo di comprendere ed esporre lo Stato come un qualcosa in sé razionale «non come deve essere ma come deve essere riconosciuto».80. Gli stati sono qui chiamati a difendere la vera filosofia dall’indifferenza. Nessuna filosofia, pertanto, può superare il limite della propria epoca; essa è il proprio tempo appreso nel

75 Ivi, cit. p.10. 76 Ibidem.

77 F. Tessitore, op. cit. p. 284.

78 F. Rosenzweig, Hegel e lo Stato, p. 311-312-313.

79Ivi, cit. p. 14. A tal proposito Spartaco scrive: «In Hegel si realizza l'ambizione dell'idealismo nelle forme estreme di una ragione che si autoproclama assoluta. Ma questa posizione nasconde la costituzione di un'identità negante ogni alterità, di un sapere forte e uniformante che pretende di inglobare nel suo modularsi dialettico tutta la realtà, che diviene razionale per forza»; Cit., C. Spartaco, La Solitudine della

coscienza. La critica dialogica al soggettivismo moderno, in «dialegasthai», Rivista telematica di

filosofia, 28 dicembre 2013.

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pensiero.81 Si tratta di riconoscere «nell’apparenza del temporaneo e del transitorio» l’eterno. Nulla è reale all’infuori dell’idea.

Dal «Rodi» del presente e del suo «Stato», dove la filosofia deve dimostrare se sa «danzare», Hegel fa nascere la «rosa» della ragione, che la filosofia deve riconoscere «nella croce del presente»: nel duro legno del dolore terreno il bel fiore della vita divina.82

La filosofia è il proprio tempo appreso in pensieri e quando essa giunge a maturazione allora una fase della vita è tramontata. Ma Rosenzweig si domanda quanto Hegel si sia realmente attenuto a questo dovere della filosofia e quanto invece non sia andato oltre, selezionando alcuni aspetti del suo presente piuttosto che altri proiettandosi sul futuro e non limitandosi a comprendere il proprio presente.83

Hegel inserendo lo Stato nella filosofia dell’etico è giunto all’affermazione della spiritualità dello Stato. Ma per Rosenzweig si tratta di una visione ereditata dal movimento idealistico partito da Kant. Tuttavia egli sostiene che mentre i predecessori di Hegel interpretano il mondo etico a partire dall’io, Hegel interpreta l’io partendo dal mondo reale, ovvero a partire dalla storia intesa come destino. «Definiva il singolo che agisce la nuda cellula della vita del mondo etico».84A questa visione, risalente agli anni

francofortesi, si aggiunge nel periodo jenese il concepimento del concetto di “coscienza”, ovvero di quel concetto capace di comprendere l’intera vita spirituale. Questo concetto viene posto a base della teoria del mondo etico accanto al concetto di destino. Così Hegel arriva alla conclusione che conoscenza e volontà si trovano in un unico Io e il mondo etico trae le sue radici dal loro reciproco intrecciarsi.85 Ogni volontà

singola che riconosce e al tempo stesso è riconosciuta dalle altre volontà singole

81 Cfr. Ivi, pp.15-17.

82 Cit. F. Rosenzweig, Hegel…, op. cit., p. 315. 83 Ivi, p. 316.

84 Ivi, p. 317. 85 Ivi, p. 318.

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costituisce la premessa spirituale della vita statale, ma a questa visione adesso si aggiunge che ogni volontà singola è «in accordo cosciente con la volontà universale», in altri termini partecipa della vita dello spirito universale.

Tramite l’appartenenza dell’individuo al tutto Hegel giunge a giustificare l’appartenenza dell’individuo alla classe come essenziale. L’individuo è «tutto nel suo pensare». Egli patendo e lavorando per sé e per la propria classe si collega ad un’autocoscienza. L’uomo può agire moralmente per mezzo del lavoro. La libertà interiore dell’uomo quindi si esprime nell’etica professionale. D’altro canto vediamo come si costituisce il rapporto dell’individuo con la legalità pubblica. Il perdersi dell’individuo nel tutto è determinato dalla concezione dello Stato come «volontà potente» che «subordina la volontà del singolo ad un tutto».86 In questo Stato «il singolo vi scompare».87

Dopo la caduta di Napoleone in Hegel si sviluppa la concezione che l’epoca assoluta della storia universale inizi con il cristianesimo. Diventa assoluta la divisione delle epoche in oriente, antichità occidentale, mondo cristiano-germanico. La storia «viene a perdere il posto conclusivo nel sistema».88 Con l’assimilazione della rivelazione cristiana la storia si è tramutata da tempo che scorre in eternità.89 In questa visione lo Stato come luogo del compimento della libertà morale e lo Stato come potere dominante al di sopra della volontà singola si intrecciano divenendo un tutt’uno. Questa unità si esprime con l’apparire all’interno dello spirito oggettivo delle due sfere dell’etica: diritto e moralità.90

86 Ivi, p. 323-324. 87 Ibidem. 88 Ivi, p. 327.

89 «La rivelazione cristiana, si è tramutata in esso da passato superato in presente che domina non tramonterà» Ibidem. Per Rosenzweig, così come per Hegel, il cristianesimo è un evento fondamentale per la costituzione della storia universale; a tal proposito Cfr. E. D’Antuono, Ebraismo e filosofia…, op. cit., pp. 158-166. Cfr. F. Rosenzweig, Che cosa significa essere ebrei, tr. it. a cura di N. Zippel, Castelvecchi, Roma 2015, pp. 23-27.

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Come abbiamo già visto citando la Fenomenologia, la famiglia sin dall’antichità classica pone l’uomo di fronte allo Stato. Ma nell’antichità classica le due potenze dilaniano l’uomo generando il conflitto; la famiglia, che costituisce l’esistenza originaria dell’uomo, gli permette di prendere posizione contro lo Stato. Nel regno dell’eticità compiuto essa prende posto accanto alla società civile e allo Stato, in cui tutte e tre le parti costituiscono l’unità delle particolarità. Così la famiglia costituisce l’ethos privato che produce l’eticità dello Stato; la società civile costituisce il giorno lavorativo in cui lo Stato si procura i mezzi esterni necessari all’esistenza; infine lo Stato si costituisce come la realtà dell’idea etica.91

L’etico nel suo significato più alto sarà quindi ciò che è racchiuso in ugual misura nell’oscura naturalità piena di sentimento dell’eticità familiare e nella chiarezza utilitaristica dell’eticità sociale, come appare alla «corporazione» che poggia sulla comunità di interessi economici; e quest’unione si ha nello Stato. È qui che il singolo vuole l’unità di sé e del tutto sia come compartecipe del meccanismo economico, che si propone consapevolmente uno scopo, sua come figlio della terra patria. E siccome solo qui i pensieri etici fondamentali di società e famiglia sono all’unisono, ne consegue anche che solo lo Stato, sommo fiore dell’albero dell’eticità, è la vera unità di diritto e moralità. 92

L’individuo è portato alla comunità non in quanto animale sociale, ma in quanto porta dentro di sé il razionale.

Hegel, spiega Rosenzweig, parte dalla volontà universale come pilastro dello spirito oggettivo. Questa volontà non è concepita come il risultato delle singole volontà irrazionali, ma indica la ragione universale a partire dalle volontà singole.93 Il singolo e la comunità stanno tra loro in un rapporto assoluto, ma, nota Rosenzweig, non si tratta di un rapporto reciproco, bensì unidirezionale. Vediamo perché. Inizialmente

91 Ivi, p. 333-334. 92 Ivi, p. 336. 93 Ivi, p. 339.

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l’individuo sta in un rapporto assoluto con la famiglia, ovvero nella casa in cui nasce e cresce; in un secondo momento egli rompe il rapporto di assolutezza con la famiglia per entrare nella società civile da cui non uscirà più. Ma la società civile non è essa stessa una vera comunità. Bensì il luogo in cui si formano continuamente nuove comunità di tipo economico, professionale e associativo; «egli non può rinunciare ad appartenere alla società in sé solo per il fatto che questa non esiste come vera comunità».94 Pertanto sebbene l’uomo entri necessariamente nella società, il posto che egli assume all’interno di una delle comunità in cui si articola la società non è di per sé necessario, bensì accidentale e arbitrario. Cosicché da qualunque parte si guardi il rapporto dell’individuo con la comunità etica è un rapporto assoluto sempre e solo in senso unidirezionale.95 A questo punto Rosenzweig critica la teoria dell’assolutezza del rapporto dell’individuo con lo Stato. Il rapporto dell’individuo con lo Stato, proprio in quanto rapporto, deve avere una premessa a lui estranea, ovvero i suoi stessi membri; mentre «ciò che è veramente assoluto deve essere un uno». Stato e uomo non costituiscono questo uno «non sono fatti l’uno dall’altro» ma si presuppongono reciprocamente.

Per questo l’uomo, qual è alla fine dello «spirito soggettivo», deve essere messo a disposizione dello Stato della filosofia, per così dire, pronto all’uso; non può invece accadere lo stesso per lo Stato, poiché il sistema può essere rappresentato solo in una direzione; quindi invece di essere prima dedotto come «reale», com’è il caso dell’uomo, lo Stato è premesso come reale, e la filosofia chiede in un certo senso di essere dispensata per il momento da questa realtà- lo farà in seguito.96

Questo Stato, che deve essere il luogo del rapporto umano assoluto, è concepito come un individuo prodotto dalla volontà dei suoi stessi individui che lo compongono. In altri

94 Ivi, p. 400.

95 Ivi, p. 401. F. Tessitore, op. cit., p. 285. Questa riflessione accompagnerà anche il Rosenzweig della

Stella della redenzione, come meglio approfondiremo nel prossimo capitolo, Rosenzweig critica alla

filosofia idealistica d’essere unidimensionale. 96 Rosenzweig, op. cit., p. 400.

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termini: uno Stato tra Stati. E così che Rosenzweig vede sin dalle origini del pensiero hegeliano e a fondamento della sua metafisica:

La nascita dell’idea di potenza dello spirito di un estremo individualismo, mediata dal concetto di destino.97

Nelle ultime pagine dei Lineamenti di filosofia del diritto, nella sezione dedicata allo Stato, Hegel analizza il rapporto dello Stato con la storia universale. La storia costituisce il cammino dello spirito assoluto, del razionale e pertanto è «lo sviluppo…dei momenti della ragione…realizzazione dello spirito universale».98 Lo Stato, inteso come totalità è la manifestazione dell’ordine razionale universale.99 Questo è inserito nel turbine della storia e riceve la sua dignità solo quando è la storia a concedergliela.

La storia è il «tribunale universale». Ma Rosenzweig osserva, che se il reale è razionale e il razionale è reale e se la storia è il giudizio universale, il presente che viene giudicato dalla storia, nel momento in cui è giudicato diventa passato e cessa di essere reale e pertanto cessa di essere razionale. Bisogna inserire il tempo nell’equazione ragione-realtà e dal momento che il tempo segue una sola direzione, è proiettato sempre e solo verso il futuro. Ne consegue che «dal pensiero dialetticamente a doppio taglio… risulta la frase univoca della storia che è giudizio universale».100 E Rosenzweig aggiunge che solamente perché la storia è il giudizio universale e pronuncia le sue sentenze secondo la legge della ragione che il reale è razionale.

Così la storia si serve degli Stati, dei popoli e degli individui per i suoi giudizi:

Gli stati, i popoli, e gli individui in questo travaglio dello spirito del mondo si levano nel loro determinato principio particolare, che nella loro costituzione e

97 Ivi, p. 402.

98 Hegel, Lineamenti…, op. cit., p. 265. 99 Rosenzweig, op. cit., p. 404. 100 Rosenzweig, op. cit., p. 404.

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nell’intera ampiezza della loro situazione ha la sua interpretazione e realtà, di cui essi sono a sé coscienti e nel suo interesse sono immersi, essi in pari tempo sono inconsci strumenti e membri di quell’interno travaglio, nel quale queste figure dispaiono, ma lo spirito in sé e per sé prepara ed elabora la transizione nel suo superiore grado.101

E in questo movimento

Giustizia e virtù, torto, violenza e vizio, talenti e loro fatti, le piccole e le grandi passioni, colpa e innocenza… hanno nella sfera della realtà cosciente il loro determinato significato e valore.102

Ne emerge che il male, il conflitto vengono inglobati e considerati gli accessori necessari per il cammino dello spirito così come i popoli e gli Stati, nella loro «esistenza geografica e antropologica», e gli individui che li guidano. «Ma dietro a tutto ciò appare il segreto della storia, l’astuzia della ragione».103

Così accade che nella visione hegeliana della storia l’individuo, il singolo, gioca un ruolo fondamentale esclusivamente in quanto contribuisce, con le proprie azioni, allo sviluppo dell’Autocoscienza dello Spirito Assoluto.104 L’agire umano è mosso da

interessi privati che determinano la volontà umana, ma «quelle vite di individui e popoli, impegnati a ricercare e ad appagare i rispettivi interessi, sono al tempo stesso i mezzi e gli strumenti di un disegno superiore e più vasto del quale gli uomini non saprebbero nulla, ma che realizzerebbero in maniera inconsapevole».105 La fioritura di ogni popolo consiste nel raggiungere lo stadio in cui diviene parte della storia e la decadenza consiste nell’ostinarsi a voler rimanere la protagonista della storia mentre lo spirito, per mezzo di lui, ha già concluso un momento del suo cammino e vuole andare

101 Hegel, Lineamenti…, op. cit., p. 266. 102 Ibidem.

103 Rosenzweig, op. cit., p. 405.

104 Cfr. G.F.W. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, trad. it. a cura di G. Bonacina e L. Sichirollo, Laterza, Bari, 2003

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