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6. MODELLAZIONE NUMERICA 6.1. Introduzione

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6. MODELLAZIONE NUMERICA

6.1. Introduzione

Per lo studio dell’interazione idrodinamica tra il fiume Arno ed il Ponte di Mezzo è stata scelta la strada dell’analisi fluidodinamica computazionale mediante codice calcolo commerciale.

Le analisi sono state eseguite in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Idraulica dell’Università di Pisa.

Ci sembra doveroso far presente che tutte le elaborazioni di calcolo descritte al seguito sono state eseguite con macchine a prestazioni non elevate, reperibili presso qualsiasi venditore di

Computer. Il calcolatore più prestante, da noi utilizzato, ha le seguenti caratteristiche salienti: PC con sistema operativo Windows XP, processore Intel Core i5 (dual core) con massima

frequenza di 2.3 GHz e memoria RAM installata pari a 4 GB.

Come è già stato accennato, la modellazione numerica consiste in tre fasi fondamentali: - Pre-processing: creazione modello geometrico tramite software CAD e suddivisione

del dominio di calcolo in sotto volumi elementari mediante grigliatura (meshing) - Processing: settaggio del codice fluidodinamico ed elaborazione vera e propria con

risoluzione del problema idrodinamico - Post-processing: visualizzazione risultati

Nel presente lavoro, sono state prese in considerazione e messe a confronto, due differenti metodologie per lo studio dell’interazione ponte-fiume: la prima prevede la solo presenza del fluido acqua all’interno del dominio di calcolo, mentre la seconda è stata eseguita impostando la compresenza di acqua e aria alla pressione atmosferica.

Nel primo caso la superficie libera è stata impostata come costante nel tempo con i livelli ottenuti sezione per sezione dall’analisi a moto permanente fatta con Hec-Ras, mentre nella seconda tipologia di simulazione è stato lasciato al codice fluidodinamico il compito del tracciamento dell’interfaccia aria-acqua.

Il sistema di riferimento scelto per tutti i successivi studi, comune a tutti i software utilizzati, vede l’origine degli assi coordinati posizionato sulla verticale della prima sezione di monte

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76 del tratto interessato (sezione 86), in sinistra, ad una quota “zero” sul livello medio mare; l’asse “y” verso l’alto, l’asse “Z” nel verso opposto alla corrente e l’asse “x” rivolto dalla sponda sinistra verso quella destra.

Fig.22 : Orientamento assi coordinati.

6.2. Codice fluidodinamico

I codici di calcolo fluidodinamico più diffusi, tra cui quello utilizzato nel presente lavoro di Tesi, fanno uso di strategie di discretizzazione ai volumi finiti per la risoluzione dei sistemi di equazioni alle derivate parziali governanti il problema; ovvero è attuato il trasferimento del problema di integrazione da un dominio continuo verso più domini elementari per mezzo di griglie, dette mesh, strutturate o non strutturate.

Tale metodologia, prevede l’integrazione delle equazioni governanti (RANS ed equazioni di chiusura dei modelli turbolenti) su ogni volume di controllo in cui è stato preliminarmente suddiviso il dominio di calcolo; i sottovolumi elementari possono essere tetraedri esaedri o prismi, ed dalle loro dimensioni e forma dipende strettamente la qualità della soluzione del campo fluidodinamico.

Il codice, data una certa equazione, ne esegue la discretizzazione spaziale mediante la sua applicazione ad ogni volume di controllo: si pensi di applicare l’equazione di continuità per

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77 fluidi incomprimibili (26), anziché al solito volume infinitesimo di spigolo dx, ad un esaedro o ad un tetraedro in cui è stato suddiviso il continuo.

Allo stesso modo della equazione di continuità, anche equazioni più complesse come quella della conservazione della quantità di moto e dell’energia possono essere discretizzate su sotto-volumi del dominio.

Le variabili che compaiono nelle equazioni RANS ed in quelle dei modelli di turbolenza devono essere trasportate, e pertanto devono essere attribuite ad ogni cella formante ogni singolo volume di controllo; tali valori assegnati alle celle sono considerati costanti ed applicati nel baricentro della faccia stessa.

Per la determinazione delle proprietà da attribuire alle singole celle, il codice procede mediante interpolazione spaziale a partire dalle informazioni provenienti dalle celle adiacenti a quella interessata; gli schemi di interpolazione possono essere scelti dall’utente, in ragione della potenza di calcolo a disposizione e della accuratezza richiesta, tra quelli disponibili:

- Schema First Order Upwind - Schema Second Order Upwind - Schema QUICK

- Schema Power-Law

- Schema Third-Order MUSCL - Schema Modified HRIC

Per esempio, nella simulazione di flussi turbolenti multifase con modello di chiusura K- , è richiesto dal codice la scelta del tipo di discretizzazione spaziale per la quantità di moto, per la frazione di volume, per l’energia cinetica turbolenta K e per il tasso di dissipazione di energia turbolenta ε.

Le equazioni differenziali, oltre che ad essere ridistribuite spazialmente, devono essere discretizzate nel tempo quando è implementata, come nel nostro caso, una simulazioni non stazionaria; per questo il codice di calcolo fluidodinamico procede all’integrazione dei termini delle equazioni differenziali su di un intervallo temporale finito ∆t.

Per avere controllo sulla variazione delle quantità scalari attribuite, ad ogni iterazione, alle facce dei sotto-domini fluidi, il codice introduce dei fattori di sotto-rilassamento (under

relaxation factors); questi possono essere lasciati come da default oppure ridotti per una

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6.2.1. Modelli di turbolenza

Il codice di calcolo utilizzato mette a disposizione vari modelli di turbolenza per la risoluzione del campo di moto medio, questi sono nello specifico:

- Modello Inviscid - Modello Laminar

- Modello Spalart-Allmaras

- Modello k-ε, nelle versioni Standard, RNG e Realizable - Modello k-ω, nelle versioni Standard e SST

- Modello dei flussi di Reynolds a 7 equazioni - LES

Per ognuno dei precedenti, tranne ovviamente che per i primi due dell’elenco i quali non prevedono equazioni di trasporto per la risoluzione del campo di moto, è possibile specificare valori diversi da quelli forniti di default per i coefficienti che appunto descrivono i singoli modelli.

6.2.2. Modello multifase-VOF

L’utilizzo di uno dei modelli che verranno descritti al seguito è necessario per simulare l’interazione tra due o più fluidi compresenti in un unico problema fluidodinamico.

Nella maggior parte dei problemi idrodinamici, specie quelli legati all’Ingegneria Idraulica, il dominio di calcolo vede la compresenza di aria ed acqua, e solamente mediante la simulazione della loro mutua interazione è possibile ottenere risultati compatibili con le evidenze sperimentali.

I modelli multifase hanno quindi lo scopo di risolvere il tracciamento della superficie di interfaccia tra due fluidi (o più). Esistono due tipi di approccio per la risoluzione dell’interfaccia, ovvero l’approccio Euler-Euler e quello Euler-Lagrange; il primo tipo, largamente più utilizzato, prevede di trattare le diversi fasi interagenti come continui interpenetranti, ovvero una parte di spazio del dominio è occupata ad ogni istante o da un fluido o da un altro e mai contemporaneamente. Viene così introdotto il concetto di phasic

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volume fraction, una funzione continua nello spazio e nel tempo; la somma delle frazioni di

volume dei fluidi presenti nel dominio deve essere in ogni istante pari all’unità.

Il codice di calcolo mette a disposizione tre modelli multifase che seguono l’approccio

Euler-Euler:

- Modello Volume Of Fluid (VOF) - Modello Mixture

- Modello Eulerian

Tra i tre modelli multifase disponibili, quello che si adatta al tipo di simulazione in oggetto è senza dubbio il VOF Model, infatti è particolarmente indicato per modellare flussi stratificati e flussi in canali a pelo libero.

Tale modello dà la possibilità di ottenere l’interfaccia tra più fluidi coesistenti nel medesimo dominio, una volta suddiviso con una griglia fissa di tipo euleriano, mediante la risoluzione di un solo sistema di equazioni di conservazione della quantità di moto.

Ad ogni fluido aggiunto nel dominio di calcolo, è assegnato un attributo detto volume fraction

( ; supponiamo di avere nel dominio n fasi, di cui soltanto una è riconosciuta dal codice come fase primaria. La determinazione dell’interfaccia, ovvero la presenza del fluido i-esimo all’interno del volume di controllo k-esimo, è ottenuta mediante la risoluzione dell’equazione di continuità applicata alla frazione di volume per tutte le n-1 fasi.

La equazione di continuità scritta per l’i-esimo fluido, trascurando scambi di massa tra le fasi e ritenendo nulle le produzioni di fase, è la seguente:

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Dove è la frazione di volume del fluido i-esimo.

A differenza, tale equazione non è risolta per il fluido primario, la cui frazione di volume è calcolata ponendo:

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80 E’ possibile decidere se lo schema da adottare per la risoluzione dell’equazioni di continuità debba essere di tipo implicito od esplicito; l’equazione di continuità diventano, trascurando di nuovo i termini di produzione di fase e di scambio di massa tra le fasi:

- Schema Implicito: (66) - Schema Esplicito: ∆ (67) Essendo:

- : istante temporale precedente - : istante temporale attuale - ∆ = passo temporale

- = volume di controllo

- = flusso attraverso la faccia f, calcolato come prodotto della velocità normale alla faccia per l’area della faccia stessa

Lo schema implicito può essere utilizzato sia per calcoli stazionari che transitori, mentre quello esplicito può essere utilizzato solo per calcoli non stazionari.

Dal momento che, nello schema implicito, è necessaria la conoscenza della frazione di volume all’istante di tempo attuale, è necessaria la risoluzione di una equazioni di trasporto per ogni frazione di volume delle n-1 fasi; ciò invece non è necessario nello schema esplicito. Le caratteristiche dei fluidi componenti il dominio e presenti nelle equazioni di trasporto, come ad esempio la viscosità, sono espresse in base al valore che assume la funzione volume

fraction all’interno del singolo volume di controllo.

Considerando la generica proprietà fluidodinamica di un fluido ed indicandolo con A, vale che

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6.2.2.1. Open channel flow

E’ possibile simulare e modellare gli effetti di un canale a pelo libero utilizzando il modello

VOF in concomitanza con le condizioni al contorno riservate ai flussi a superficie libera.

Le condizioni al contorno sono imposizioni che riguardano proprietà del flusso note al progettista e che devono essere assegnate su tutte le frontiere del dominio di calcolo. Tali possono riguardare pressione, velocità, portata, temperatura, parametri di turbolenza e possono essere inserite come valori costanti nello spazio e nel tempo, oppure variabili secondo leggi precise e descritte dall’utente mediante delle UDFs (User–Defined Functions). Vi sono due condizioni al contorno che è possibile definire sulla sezione di ingresso del dominio, nel caso dello schema di canale a pelo libero:

- Pressure inlet

La pressione totale all’ingresso è data dalla somma della pressione dinamica e di quella statica:

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Essendo:

: densità del fluido (fase 1+ fase 2) nella cella : densità del fluido di riferimento (di solito aria) : velocità

: versore accelerazione gravitazionale : vettore posizione del centroide di una cella

: vettore posizione di un punto sulla superficie libera (assunta orizzontale e perpendicolare alla direzione della gravità)

Pertanto, scegliendo questa tipologia di condizione al contorno è sufficiente inserire la velocità del fluido in ingresso e l’altezza della superficie libera.

- Mass flow rate

Per la generica fase in entrata, la portata in ingresso è definita come prodotto della densità della fase per l’area di ingresso per la velocità media

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82 Mentre per la sezione di uscita dal dominio possono essere utilizzate le seguenti:

- Pressure outlet

La pressione in uscita è calcolata dal codice una volta fornite le indicazioni di livello della superficie libera e del livello del fondo.

- Outflow

Questa condizione al contorno può essere utilizzata nel caso in cui non siano note a priori le pressioni e le velocità della corrente in uscita; possiede però delle limitazioni: può essere utilizzata solo se si è scelto mass flow rate come condizione in ingresso e non permette la scomposizione del dominio in uscita per le singole fasi.

6.2.3. Interpolazione interfaccia

Gli schemi di interpolazione, per determinare i valori della funzione volume fraction da assegnare ad ogni cella e definire così l’interfaccia tra più fluidi, sono molteplici e dipendono dal tipo di schema adottato per il trasporto dell’equazione di continuità:

- Schema Implicito

- First Order Upwind - Second Order Upwind - Modified HRIC - QUICK - Schema Esplicito - Geo-Reconstruct - CICSAM - Modified HRIC - QUICK

Quando si utilizza un modello multifase, è generalmente sconsigliato utilizzare schemi di tipo

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83 ricavare le caratteristiche da assegnare ad una data cella a partire dalle informazioni contenute nelle celle a monte; per esempio lo schema Upwind del primo ordine prevede di assegnare ad una faccia il medesimo valore della variabile della cella posta immediatamente più a monte. Per ovviare a questo inconveniente, il codice propone lo schema modified HRIC (High

Resolution Interface Capturing). Questo è una combinazione degli schemi Upwind e Downwind del primo ordine, che permette di ottenere una interfaccia ben definita con una

ridotta diffusività numerica.

Tale ricostruzione è effettuata secondo il Normalized Variable Diagram (NVD); per prima cosa viene definita la frazione di volume normalizzata in prossimità del centro della cella D:

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Fig.23 : Schematizzazione celle nello schema HRIC modificato.

Nello schema utilizzato, la cella A è il ricettore, D è il donatore e la cella U è la cella Upwind. Il valore normalizzato della cella sopra trovato è usato per determinare la frazione di volume della faccia , secondo le seguenti regole:

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6.3. Pre-processing

Come descritto, la fase di pre-processazione consta nella ricostruzione del dominio di calcolo e della geometria del problema mediante software CAD e nella successiva suddivisione in sotto-volumi (meshing) tramite specifico software commerciale.

Per la ricostruzione del problema geometrico è stato utilizzato il software AutoCAD di

Autodesk nella versione rilasciata per l’anno 2008.

6.3.1. Rilievi integrativi

L’accuratezza delle sezioni rilevate e fornite dall’Ufficio Idrografico e Mareografico di Pisa era senza dubbio sufficiente per l’inserimento in Hec-Ras e per la determinazione dei profili di rigurgito con i flussi prefissati.

Ma, ovviamente, non fornivano indicazioni molto precise per la restituzione delle aree nell’intorno del Ponte di Mezzo, in special modo nel tratto compreso tra la sezione 85 e la sezione 83, dove sono presenti variazioni brusche e repentine della geometria.

Pertanto, si è scesi dallo Scalo Roncioni per effettuare delle misurazioni tramite metro laser delle quantità incognite. Sono state rilevate la misura delle sporgenze dei muri arginali rivestiti in marmo rispetto a quelli in mattoni, l’entità dello scalino presente sotto il ponte sia in altezza che in profondità e vista l’opportunità è stata presa la misura della larghezza dell’impalcato del ponte, che è risultata in accordo con i dati estrapolati dai rilievi e pari a

15m.

Nella Fig.24 è riportata una schematizzazione delle misure effettuate in campagna; in tale rappresentazione non è stato riportato il Ponte di Mezzo per ottenere una migliore visualizzazione delle misure.

Da notare che le misurazioni sono state effettuate solo sulla geometria in destra arginale (lato Scalo Roncioni) e sono state estese per ragioni di simmetria anche al lato sinistro.

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Fig.24 : Rilievo geometria argini artificiali.

6.3.2. Geometria

Si intuisce quale sarebbe stata la difficoltà nel simulare tramite analisi CFD l’intero tratto di fiume considerato nel capitolo dedicato alla determinazione dei livelli liquidi, ovvero dalla sezione 78 alla 89; non solo avrebbe condotto all’impossibilità di analisi, in relazione alle capacità del calcolatore a disposizione, ma sarebbe stato anche del tutto superfluo, dato che l’interesse del presente lavoro è studiare il comportamento del solo Ponte di Mezzo durante la sua interazione con la piena.

Premesso ciò, il dominio di calcolo scelto si estende longitudinalmente dalla sezione 86 a monte del ponte fino alle sezione 82 passando per le sezioni 83, 84’,84’’ ed 85 come illustrato in Fig.25.

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Fig.25 : Tratto interessato dall’analisi numerica.

La ricostruzione della geometria è stata effettuata “per passi” successivi, ovvero, partendo da una geometria semplice e schematica del problema, si sono introdotti volta per volta gli elementi singolari e caratterizzanti la complessa situazione reale.

Iniziando da un semplice canale prismatico ed un ponte con impalcato parallelepipedo, si è per primo introdotto il fondo, fedele alle sezioni rilevate, poi un ponte con impalcato curvilineo, anch’esso rispettante le indicazioni dei rilievi, e così via fino ad ottenere la geometria reale e poco approssimata.

La tecnica adottata per la ricostruzione dei volumi è stata quella dell’interpolazione delle superfici interposte tra due sezioni rilevate; ovvero mediante la definizione di due (o più) sezioni trasversali successive, si è ricavato per interpolazione lineare il volume delimitato dalle sezioni stesse.

Questo è stato possibile mediante il comando “DisegnaModellazioneLoft” nel software

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87 Le approssimazioni apportate rispetto alla realtà e che sono da far presenti sono le seguenti:

- Mancata riproduzione delle passerelle longitudinali di sicurezza ortogonali ai muri arginali e distanti circa 1,5m dalla loro sommità, mostrate in figura:

Fig. 26: Vista dallo Scalo dei Roncioni verso valle, passerella di sicurezza in sinistra.

Si è ritenuta non influente la presenza di tali sporgenze, in quanto sottraggono volumi minimi e trascurabili al deflusso libero del corso d’acqua; inoltre ai fini dell’analisi idrodinamica, sono ancora trascurabili, in quanto strutture di spessore minimo e disposte parallelamente alla direzione del flusso.

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88 - Mancata restituzione della reale curvatura del tratto di Fiume.

Infatti, durante la creazione dei volumi tramite la funzione “Loft”, è stata scelta una superficie interpolante di tipo rigato, ovvero unente rigidamente le sezioni di input ed approssimando l’andamento del letto dell’Arno e delle sue arginature con delle spezzate. Tale schematizzazione è del tutto giustificata ed accettabile in relazione alla esigua curvatura del tratto di corso d’acqua considerato.

Le maggiori difficoltà incontrate nella restituzione geometrica, sono state quelle riguardanti il cambio di pendenza dei muri arginali in corrispondenza della sezione 85 ed 83 e lo scalino in calcestruzzo presente sotto l’impalcato del ponte (Fig.28, Fig.29).

Nella Fig.27 si può notare la singolarità presente nella sezione 85, in cui i muri arginali in mattoni cambiano pendenza per accogliere il ponte:

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Fig. 28: Dettaglio dell’area sotto il Ponte di Mezzo.

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6.3.3. Meshing

Una volta creata la geometria, è stato necessario esportare i volumi creati in AutoCAD verso il

software utilizzato per creare la griglia spaziale; per questo, è stato sufficiente salvare le

singole regioni (descritte al seguito) in formato “.sat” (formato geometrico prodotto da ACIS) ed importarle per essere riconosciute come entità “volumi”.

Infatti, il software rispetta un ordine gerarchico tra le entità, per il quale i punti formano segmenti, questi formano le facce e le facce formano i volumi; pertanto per ottenere una suddivisione in volumi elementari è necessario partire dalla suddivisione dei singoli segmenti costituenti le facce, per poi passare alla grigliatura delle facce stesse ed infine giungere ai volumi.

Gli elementi a disposizione per poter suddividere le facce sono : - Triangoli

- Elementi quadrangolari

questi vengono composti, seguendo precisi schemi scelti dall’utente, per formare griglie strutturate o non strutturate.

Mentre in tre dimensioni, gli elementi base, con i quali sono formate le griglie sono: - Esaedri

- Tetraedri

- Cunei : pentaedri con due basi triangolari

In via generale, possiamo affermare che, una griglia strutturata abbia uno schema uniforme e ricorrente con cui è suddiviso lo spazio, viceversa, una griglia non strutturata possiede un andamento non ordinato di riempimento, in cui non è possibile riconoscere una trama costante. Una griglia, per poter essere definita strutturata, deve possedere una topologia regolare (la connettività tra i nodi è regolare e possiede una trama precisa e ben individuabile); ciò non vuol dire che debba avere allo stesso tempo anche una geometria regolare, ovvero gli elementi di una griglia strutturata, possono variare di dimensioni nello spazio per meglio adattarsi alle frontiere.

I due tipi di griglia descritti hanno vanti e svantaggi reciproci, infatti, se da una parte una griglia strutturata è preferibile per un minor impegno di memoria da parte del codice CFD che

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91 la utilizzerà, dall’altra si adatta in maniera peggiore alle frontiere del dominio, dando luogo alla formazione di elementi con alte asimmetrie.

Infatti, oltre al tipo di griglia, un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione quando si esegue una suddivisione spaziale di un dominio, 2D o 3D, è la forma e la “bellezza” della mesh. Una griglia formata da elementi con buone caratteristiche di similitudine angolare e di similitudine tra i lati (l’elemento per eccellenza, e di riferimento, è chiaramente il quadrato in 2D ed il cubo in 3D) è senza dubbio preferibile per due motivi: a parità di volume da suddividere ed a parità di volume dell’elemento scelto, sono necessari meno elementi simili o riconducibili a cubi e quindi è necessario un minor utilizzo di memoria; ed inoltre il codice numerico, durante il trasporto delle equazioni differenziali della quantità di moto e della continuità attraverso tali elementi, giunge più facilmente a convergenza e risulta più stabile se il dominio è suddiviso in volumi con buoni valori delle caratteristiche sopra riportate.

Il software di meshing a disposizione, permette, una volta creata la griglia, di analizzare la qualità dei singoli elementi che la formano.

I parametri più importanti, validi sia in 2D che in 3D, da tenere sotto controllo e da valutare sono:

- EquiSize Skew : misura della simmetria definita come

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Essendo

: area (volume) dell’elemento della griglia considerato

: massima area (volume) di una cella quadrata (cubica), avente medesimo raggio

della circonferenza (sfera) circoscritta all’elemento considerato. Vale ovviamente che,

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Dove, la perfezione, espressa dall’uguagliamento del valore “0” è raggiungibile con celle quadrate (cubiche), mentre man mano che ci si avvicina al limite superiore le forme si fanno più allungate e non accettabili. Il limite di accettabilità di tale parametro non può essere oggettivo, ma dipende fortemente dal tipo di accuratezza

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92 richiesta all’analisi ed anche funzione del collocamento all’interno del dominio di elementi non soddisfacenti. Infatti, uno o più elementi con alti valori di EquiSize Skew, posizionati in aree dove non interessano i risultati forniti dal codice, possono anche essere tollerati, tenendo presente che anche nell’intorno di tali celle gli outputs potranno non essere affidabili.

E’ consigliabile, sulla base dell’esperienza maturata durante questo lavoro, e da dati di letteratura, non avere celle con valori di EquiSize Skew maggiori di 0.85-0.90 in nessuna parte del dominio.

- EquiAngle Skew : misura normalizzata di simmetria angolare, definita come:

(73) Essendo:

: massimo e minimo angolo tra i segmenti formanti l’elemento considerato : angolo di riferimento di una cella equilatera di forma simile a quella considerata

( per elementi triangolari e tetraedrici; per quadrati ed esaedri) Anche per questo parametro vale che:

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Dove,

: elemento equilatero

: elemento di bassa qualità, completamente degenere

Gli elementi primitivi con cui poter creare le griglie, descritti precedentemente, possono essere combinati in molteplici schemi; i modelli di discretizzazione, più comuni sono:

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93 - Map: creazione di una griglia regolare e strutturata:

- Submap : suddivisione di una faccia, non regolarizzabile tramite lo schema Map, in più regioni e creazioni di una griglia strutturata in ogni regione:

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94 - Pave : creazione di una griglia non strutturata mediante elementi triangolari o

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95 - TriPrimitive : suddivide una faccia triangolare in tre regioni quadrangolari e

crea una mesh di tipo map in ogni regione:

- Tre dimensioni

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96 - TetPrimitive : suddivide un volume tetraedrico in quatto regioni esaedriche per

poi creare una mesh di tipo map in ogni delle suddette regioni:

- Cooper : estrude la trama della mesh da una specificata faccia verso la faccia opposta, seguendo la traccia della griglia sulla superficie laterale del volume. Quando si applica lo schema Cooper ad un determinato volume, questo è trattato dal software come composto da uno o più cilindri, visti come entità logiche; ogni cilindro possiede due basi , chiamate facce “sorgenti”, ed una superficie laterale chiamata faccia “non-sorgente”.

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97 In sostanza, come anticipato, è necessario prima generare una griglia su una superficie laterale del volume reale interessato, poi eseguire la medesima operazione su di una delle facce “sorgenti” ed il resto è automatizzato tramite il comando “Cooper scheme”.

6.4. Postprocessing

Una volta risolto il problema fluidodinamico è necessaria la visualizzazione dei risultati, sia per meglio comprenderne la bontà, che per poter essere confrontati.

Il codice di calcolo utilizzato, permette anche la visualizzazione degli outputs sotto forma grafica (statica ed in movimento) ed in forma di report numerico.

I principali tipi di visualizzatori dei risultati utilizzati sono stati: - Vectors:

Utilizzati per indagare le velocità e le direzioni di spostamento locale dei punti del dominio. Ogni vettore è disegnato al centro di ciascuna cella, ed il colore e la lunghezza rappresentano il valore della velocità assoluta o relativa alle celle adiacenti. Per meglio indagare precise regioni del dominio o zone in cui sono presenti velocità per le quali i vettori risulterebbero invisibili o troppo densi, vi è la possibilità di modifica e personalizzare la spaziatura, il colore e le dimensioni delle frecce rappresentanti i vettori.

- Contours:

Sono linee che uniscono punti del domino ad ugual valore della generica quantità indagata.

La visualizzazione può essere limitata alle sole linee oppure può essere di tipo “filled”, ovvero con riempimento per mezzo di colore degli spazi interlinea.

Questa visualizzazione si presta molto bene all’interpretazione, perlomeno qualitativa, delle variazioni di velocità, vorticità, turbolenza e di fase, grazie al suo effetto visivo immediato.

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6.5. Modello mono-fase

Come anticipato, è stato effettuato un confronto tra modellazione numerica monofase (acqua) e bi-fase (acqua,aria).

Anziché un vero e proprio confronto, possiamo dire che è stato un processo che parte da un analisi più semplice e schematica come quella mono-fase, che fornisce basi solide, e che porta verso il tentativo di utilizzare un modello più rappresentativo della realtà come quello bi-fase. Per lo studio mono-fase è stata analizzata la sola portata di 2036 mc/s per la quale sono stati ricavati i profili di rigurgito nel capitolo 5 sulla base degli studi del Prof. Corrado Ruggiero.

6.5.1. Dominio e geometria

L’estensione longitudinale del dominio, nel senso della corrente, è quello descritto al paragrafo 5.1, con sviluppo dalla sezione 86 fino alla 82.

Mentre, il “tetto” del dominio fluido, è stato fatto coincidere con l’andamento spaziale del pelo libero, inserendo le altezze sezione per sezione ricavate nello studio a moto permanente ed utilizzando l’interpolazione tramite comando “Loft” in AutoCAD.

Affinché fosse possibile l’utilizzo dello schema di Cooper, per la creazione delle mesh tridimensionali, è stata necessaria la creazione di più regioni fluide separate, la cui unione avrebbe formato il dominio. Nello specifico, sono state realizzate le regioni così nominate ed illustrate al seguito:

- Fondo:

volume compreso tra la quota minima del letto del fiume e la quota y=+1.47mSLM, ovvero la quota coincidente con l’intersezione del sottarco dell’impalcato del ponte con le mura rivestite in marmo(Fig.31).

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Fig.31 : Modellazione solida regione “Fondo”.

- Muri-Scalini:

volumi rappresentanti sia le arginature inclinate che gli scalini sotto l’impalcato del Ponte.

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100 - Sotto-Ponte:

volume liquido limitato inferiormente dalla regione “fondo” e superiormente dai livelli liquidi a moto permanente e dall’intradosso del Ponte di Mezzo.

Fig.33 : Modellazione solida regione “Sotto-Ponte”.

- Ponte:

Proiezione della sezione trasversale di ponte non immerso lungo lo sviluppo in direzione della corrente.

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6.5.2. Discretizzazione spaziale

Come anticipato, lo schema prescelto per la grigliatura in 3D è stato quello di Cooper, poiché ricalca concettualmente il processo di formazione dei singoli volumi eseguito in AutoCAD, e vi si adatta molto bene, generando risultati soddisfacenti.

Il concetto è quello dell’ estrusione di mesh triangolari in direzione longitudinale seguendo tracce di mesh strutturate quadrangolari.

Il primo passo è stato quello di generare mesh sulle facce verticali (dirette come l’asse y) per ogni regione, tramite elementi triangolari, e adattarli a queste tramite schemi Pave.

Poi è stato necessario meshare, con elementi quadrangolari, le superfici orizzontali (dirette come z) ed utilizzare schemi Map per avere una griglia strutturata nella direzione del flusso di corrente.

Il risultato che si ottiene mediante lo schema 3-dimensionale di Cooper è quello riportato in seguito.

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102 Se si immagina di eseguire una sezione lungo la direzione z con un piano verticale:

Fig.36 : Sezione della griglia, regione “sotto-ponte”.

Il procedimento sopra descritto è stato applicato ad ogni regione creata fino ad ottenere la suddivisione in celle elementari dell’intero dominio.

La scelta dello schema adottato, è dettata anche dal fatto di essere un buon compromesso tra”bontà” della stessa, in termini di regolarità e simmetria degli elementi, e relativo impegno di memoria per il suo immagazzinamento sul computer.

Le caratteristiche delle celle create per ogni volume sono elencate di seguito: - Fondo:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,4m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,4m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 602708

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103 - Muri-Scalini:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,4m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,4m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 7580

- massima EquiSize Skew : 0.19

- Sotto-Ponte:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,4m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,4m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 642580

- massima EquiSize Skew : 0.87

- Ponte:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,4m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,4m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 175572

- massima EquiSize Skew : 0.89

(30)

104 Un’altra fase fondamentale nell’impostazione della geometria del problema è quella di assegnare ad ogni frontiera del dominio un preliminare tipo di condizione al contorno, che sarà poi mantenuta nel codice di calcolo.

Da far presente, che è stata necessaria la suddivisione della frontiere “pelo libero” in due zone distinte: quella a contatto con il ponte, che per la condizione di non slittamento dovrà avere velocità nulla, ed il resto del pelo libero a cui dovrà essere assegnata una determinata velocità sulla base di considerazioni spiegate in seguito.

Premesso ciò, i tipi di frontiera assegnati, e meglio chiariti nel seguito, sono stati: - Facce di ingresso del fluido (IN) :Mass Flow Inlet

- Facce di uscita del fluido (OUT) : Outflow

- Facce costituenti il letto del fiume, le sue arginature murarie e gli scalini (MURI): Wall

- Facce costituenti il pelo libero fisso (PELO LIBERO FISSO): Wall - Facce costituenti il pelo libero mobile (PELO LIBERO MOBILE): Wall

6.5.3. Settaggio codice

Una volta terminata la fase di pre-processing, è necessario esportare il file contenente le informazioni di geometria, di suddivisione spaziale in volumi e di condizioni al contorno, in formato “.msh”, per poter essere letto come “data_ file” dal codice di calcolo fluidodinamico. Il codice di calcolo utilizzato può essere avviato nella versione Single-precision Solver e

Double-Precision Solver. Il tipo di elaboratore scelto è sempre quello dotato di

“singola-precisione” poiché, tranne che per casi di analisi molto particolari, non si trae un reale vantaggio dalla seconda scelta e si riesce comunque ad ottenere risultati sufficientemente accurati, in linea con le attese di precisione.

Il risultato grafico della modellazione geometrica eseguita precedentemente è rappresentato in Fig.37.

(31)

105

Fig.37 : Restituzione delle zone “Fondo”, “Ponte” e “Muri-Scalini”.

Mentre il seguente è un dettaglio della restituzione grafica nella zona sotto l’impalcato del Ponte di Mezzo utile per poter essere confrontata con la realtà e per saggiarne la bontà:

(32)

106 Si riportano al seguito le impostazioni del codice che hanno fornito i risultati più soddisfacenti; dove non indicato, i valori sono quelli di default forniti dal software:

- Modelli : - Solver:

- Solver : Pressure based

Consigliabile per un fluido incomprimibile che si muove a basse velocità. - Time : Steady

A seguito di vari tentativi, è risultata più stabile la conduzione di un’analisi di tipo stazionario rispetto ad una analisi dipendente dal tempo; comunque, quest’ultima non avrebbe rivestito un grande interesse poiché non sarebbe stato possibile studiare l’evoluzione temporale del pelo libero in un modello monofase.

- Viscous:

- K-ε (2 equazioni), Standard - Model Constants : default

- Materiali:

- Water Liquid

- Density =

- Viscosity =

- Condizioni al contorno: - IN : Mass Flow Inlet

E’ da far notare che per fluidi incomprimibili, per via della costanza della densità, questo tipo di condizione al contorno è equivalente a quella di Velocity

(33)

107 automaticamente la portata. Pertanto potevano essere utilizzate entrambe per ottenere gli stessi risultati.

- Mass Flow Rate =

E’ la portata massiva, ovvero la portata liquida moltiplicata per il peso specifico dell’acqua (

- Direction Specification Method: Normal to Boundary

Si suppone, per semplicità, che la portata in ingresso sia punto per punto perpendicolare alla sezione iniziale.

- Supersonic/Initial Gauge Pressure = 0 Pa

Non è necessario definire questo termine se il flusso è sub-sonico.

- Turbulence:

- Specification Method: Turbulent Intensity & Hydraulic Diameter

- Turbulent Intensity (I) = 10%

Questo è un parametro di difficile determinazione, essendo definito come il rapporto tra le fluttuazioni di velocità e la velocità media del flusso. Esistono relazioni empiriche che lo legano a parametri geometrici ed al numero di Reynolds, ma valgono soprattutto per correnti in pressione. Pertanto, non avendo a disposizione altre tecniche per la sua determinazione, è stato deciso di lasciare il valore di default fornito dal codice, poiché reputato un valore ragionevole di turbolenza per un fiume in piena nel tratto vallivo.

(34)

108 Calcolato come il quadruplo del raggio idraulico:

- OUT : OutFlow

- Flow Rate Weighting = 1

Così facendo si impone che la portata esca interamente dall’unica sezione di uscita presente nel dominio.

- FLUID: Fluid

Questa “zona” è creata in automatico dal codice di calcolo e necessita la specificazione del tipo di fluido al suo interno.

- Material Name: Water Liquid

In questo modo, vengono riprese le proprietà di viscosità e densità dell’acqua inserire nel settaggio dei materiali.

- FONDO: Wall

- Wall Motion : Stationary Wall - Shear Condition : No Slip

- MURI: Wall

- Wall Motion : Stationary Wall - Shear Condition : No Slip

- PELO LIBERO FISSO : Wall

- Wall Motion : Stationary Wall - Shear Condition : No Slip

(35)

109 Come anticipato, il pelo libero fisso, è quella parte di frontiera che è a contatto con il Ponte di Mezzo e che pertanto deve essere considerato immobile.

- PELO LIBERO MOBILE : Wall - Wall Motion : Moving Wall - Motion: Traslational - Speed = 3 m/s - Direction:

La velocità uniforme pari a 3m/s è stata scelta sulla base della velocità media di deflusso attesa nel tratto.

- Shear Condition : No Slip

- Control Solution:

In questa sezione devono essere specificate le tecniche di discretizzazione delle equazioni di conservazione della quantità di moto, di continuità e del modello di turbolenza, utilizzate per la risoluzione del campo di moto:

- Pressure: PRESTO!

Preferito allo schema di interpolazione “standard” che non si adatta bene a flussi in cui la presenza delle forze di volume è preponderante. Inoltre non ha restrizioni legate alla qualità della mesh e si adatta a tutti i tipi di griglia.

- Momentum: First Order Upwind

- Turbulent Kinetic Energy: First Order Upwind - Turbulent Dissipation Rate: First Order Upwind

Gli schemi di interpolazione del primo ordine sono sicuramente il miglior compromesso tra impegno computazionale e accuratezza dei risultati, pertanto sono stati preferiti a quelli del secondo ordine.

(36)

110 - Under Relaxation Factors: Default

- Pressure-Velocity Coupling: SIMPLE

Nel metodo numerico di tipo pressure-based , è concepita la risoluzione del problema fluidodinamico sia in maniera “segregated” che “coupled”, ovvero, rispettivamente mediante la risoluzione indipendente delle equazioni di governo oppure simultanea di queste.

Per le analisi non dipendenti dal tempo, è consigliabile il metodo SIMPLE; questo schema è appartenente al metodo risolutivo delle equazioni di tipo

Pressure-Based Segregated.

Poteva essere utilizzato anche lo schema SIMPLEC, perché equivalente come funzionamento rispetto al SIMPLE, infatti sono del tutto equiparabili nel caso di attivazione di modelli di turbolenza, come nel nostro caso. Il primo è consigliabile per ottenere una migliore convergenza nel caso di flussi semplici di tipo laminare.

Per migliorare la visualizzazione durante le iterazioni di calcolo è consigliabile settare il

plotting dei residui in funzione del numero di iterazioni; inoltre l’analisi è stata eseguita senza

limiti di convergenza per nessun parametro delle equazioni.

A seguito del settaggio, e prima di iniziare il calcolo iterativo per determinare la soluzione, è necessario fornire dei valori iniziali al problema, ovvero è necessaria la procedura di

Inizializing the Solution. E’ infatti consigliabile, attribuire alle grandezze note, dei valori che

si avvicinino il più possibile alla soluzione attesa, per ottenere una più rapida convergenza della soluzione.

E’ possibile fornire informazioni su alcune frontiere, oppure sull’intero dominio. Selezionando una frontiera, il codice calcola automaticamente i valori a partire dalle condizioni al contorno stabilite su quella frontiera, oppure è possibile reinserirli manualmente, se necessario.

La procedura di inizializzazione adottata è stata la seguente: - Solution Initialization:

(37)

111 - Compute From: IN

- Gauge Pressure = Default - X velocity = 0 m/s

- Y velocity = 0 m/s - Z velocity = -2.89 m/s

- Turbulent Kinetic Energy = Default - Turbulent Dissipation Rate = Default - INIT

Una volta terminata questa operazione è possibile iniziare il calcolo iterativo: le iterazioni impostate, ritenute sufficienti, sulla base dell’esperienza maturata durante il presente lavoro, per ottenere la desiderata convergenza, sono state 2500.

Riguardo la convergenza della soluzione sarebbero da fare molte precisazioni, data la sua difficoltà ed importanza di raggiungimento; ci limiteremo ad alcuni concetti basilari.

Come è noto, alla base degli studi di fluidodinamica computazionale, vi sono problemi non lineari, che richiedono un procedimento iterativo per il miglioramento e l’affinamento del risultato; pertanto, la soluzione esatta non è nota a priori, ma lo scopo è quello di avvicinarsi sufficientemente ad essa in funzione del grado di accuratezza richiesto. Una prima conclusione importante è che il raggiungimento della convergenza della soluzione è strettamente soggettivo, cioè dipende dal tipo di accuratezza che si richiede all’analisi; non può avere quindi una determinazione univoca e non può avere validità estendibile a tutti i tipi di flusso.

Si può affermare che il raggiungimento della convergenza e dell’accettabilità della soluzione è percepibile dalla simultanea analisi di più fattori. Il primo è il monitoraggio, anziché degli errori nella soluzione, dei residui, ovvero dei valori di un parametro del problema la cui entità rende non soddisfatta la equazione discretizzata a cui è legato. Altri criteri per controllo della bontà della soluzione sono l’analisi e l’interpretazione dei risultati mediante il loro confronto con quelli attesi e suggeriti dall’esperienza. Sono inoltre utili i valori di discontinuità nei flussi di portata, ovvero la discrepanza tra valori di portata in ingresso ed in uscita dal dominio.

(38)

112 Come criterio per la valutazione della bontà dei residui delle equazioni in gioco, abbiamo deciso essere soddisfacenti valori al di sotto di per l’equazione di continuità e di

per i parametri di velocità nelle sue tre componenti (x,y,z) e per quelli di turbolenza (K-ε).

6.5.4. Risultati

Al termine delle 2500 iterazioni, i residui risultavano i seguenti: - Continuity : - X-Velocity : - Y-Velocity : - Z-Velocity : - K : - ε :

Pertanto, sotto questo punto di vista, il risultato è stato considerato soddisfacente.

Mentre la discontinuità in termini di differenza di flusso massivo entrante ed uscente dal dominio:

(75)

Certamente trascurabile rispetto all’ordine di grandezza della portata in ingresso in analisi. Appurata la bontà tramite i precedenti criteri di giudizio, sono da analizzare i valori idraulici ed idrodinamici del campo di moto di pratico interesse.

6.5.4.1. Campo di velocità

Il dominio di variazione delle velocità, intesa come somma vettoriale delle tre componenti Vx Vy Vz è:

(39)

113 -

-

Nella Fig.39, è riportato l’andamento delle velocità assolute su di un piano orizzontale posto a quota y=5.5mSLM, quindi mediamente ad un metro di profondità dal pelo libero. Da tale immagine si può apprezzare come le velocità, da valori presso la sezione di ingresso attestanti nell’intorno dei 2.7-3 m/s, vadano ad aumentare nelle zone poste al di sotto del ponte fino a valori di 4 m/s. Questo fenomeno di incremento della velocità è di logica spiegazione, se si pensa alla notevole riduzione della sezione trasversale utile al deflusso in prossimità del passaggio sotto il ponte.

Con riferimento alla figura descritta, sulla sinistra è riportata la scala delle velocità in m/s con i rispettivi colori. I limiti superiori ed inferiori della scala sono riferiti alle velocità sul piano considerato e non sull’intero dominio di calcolo.

Da notare che le due aree bianche mancanti nella figura, sono le “impronte” dell’impalcato del Ponte di Mezzo, omesso per una migliore visualizzazione dei risultati.

(40)

114 A valle del ponte, le velocità del flusso nella zona centrale del dominio, rimangono ancora elevate, con valori pari a 3.5-3.9 m/s; mentre nelle “zone d’ombra” laterali le velocità passano da valori quasi nulli (in blu), fino a 2.5m/s (in verde chiaro).

Nelle zone a valle delle aree in cui l’impalcato è immerso in acqua, il flusso non entra per via diretta, ma solo come riflusso dalla zona centrale e dallo spazio verticale compreso tra l’impalcato stesso e lo scalino, pertanto è congruente con le attese la minore entità delle velocità fino a valori bassissimi (in corrispondenza dei nuclei vorticosi).

Allo stesso modo, si nota come le velocità a monte del ponte nelle aree laterali, dove avviene l’urto della corrente contro l’impalcato, nei pressi del quale deve essere rispettata la condizione di non slittamento, siano rapidamente decrescenti da valori di 2.5-2.75 m/s fino a velocità nulle.

Alle stesse conclusioni appena riportate, si giunge attraverso l’analisi dei contours della componente di velocità in direzione Z (Fig.40), ricordandosi che dato l’orientamento dell’asse in senso opposto alla corrente, le velocità negative sono da intendersi verso valle e quelle positive verso monte.

(41)

115 In effetti, dalla figura si nota come vi siano zone in cui le velocità sono positive e quindi dirette in senso opposto alla corrente. Questo si verifica in due circostanze: nelle zone di ombra a valle del Ponte, dove la corrente crea dei grandi vortici all’interno dei quali le particelle hanno componenti di velocità dirette anche verso monte, ed in piccole aree confinate negli angoli formati dalle mura arginali e dall’implacato a monte del ponte, dove anche lì, a casa delle strutture vorticose, il flusso è diretto in senso opposto. Dall’ingrandimento eseguito nella Fig.41 si comprende bene come i vettori di velocità si incurvino nella direzione delle pareti delle arginature e tornino verso monte assumendo valori di velocità negativi.

(42)

116 Un’altra caratteristica del campo di moto, è che la massima velocità nel dominio, pari a

4.96ms/s, non è raggiunta su di un piano in prossimità del pelo libero, ma più in profondità.

Infatti come le velocità proiettate su piani orizzontali aumentano sotto il ponte a causa della strizione della sezione, anche le velocità sui piani verticali aumentano nelle aree laterali in cui il ponte vi ostruisce il passaggio. Per meglio comprendere il concetto si riportano delle immagini estratte dal codice rappresentanti i contours di velocità su alcuni piani verticali posti in prossimità dei muraglioni arginali.

Fig.42 : Contours velocità su piano x=3m, sponda sinistra.

(43)

117

Fig.44 : Contours velocità su piano x=70m, sponda destra.

Le precedenti figure evidenziano un netto aumento delle velocità al di sotto del ponte, colore rosso, per poi riportarsi verso valori più bassi, colore blu, a valle dello stesso.

Ciò deriva ancora dal fatto che la corrente si vede ostruito il passaggio lateralmente, dall’impalcato e deve aumentare la velocità sotto di esso (mantenendosi costante la portata) per via della notevole riduzione di sezione utile al deflusso. Infatti, se si confrontano le figure appena descritte con il campo di velocità in una sezione verticale posta in mezzeria dell’Arno, dove non si risente della strizione della sezione, si nota come le distribuzione delle velocità sia molto più uniforme.

(44)

118 Oltre alle considerazioni appena fate sulla distribuzione delle velocità nello spazio si è ritenuto interessante fornire indicazioni sulle direzioni dei vettori di velocità. Essi infatti rappresentano localmente i vettori spostamento delle singole celle in cui è suddiviso il dominio; dal punto di vista idraulico i vettori di velocità possono essere intesi come le traiettorie dei filetti fluidi punto per punto.

L’analisi detta è utile per comprendere come il modello sia aderente alla realtà, confrontando i risultati con ciò che l’esperienza ci suggerisce in merito al movimento di un fluido a contatto con corpi fermi.

E’ ad esempio interessante considerare l’immagine sottostante: questa è un dettaglio dei vettori di velocità su di un piano verticale, in corrispondenza dell’immissione sotto il ponte; come si può notare vi è una marcata curvatura degli stessi, che risultano invitati nello stretto passaggio sopra lo scalino e sotto l’impalcato.

(45)

119 Allo stesso modo, è interessante notare come i vettori di velocità si distribuiscono all’uscita dal Ponte di Mezzo (Fig.47).

Fig.47 : Vettori velocità su di un piano x=3m, dettaglio.

I filetti fluidi della vena principale continuano il loro percorso verso valle, mentre una parte di flusso si distacca e forma un ricircolo vorticoso. In corrispondenza della zona in cui si verifica la separazione del flusso le velocità decrescono sensibilmente fono a valori quasi nulli (colore blu).

Sempre in merito alla direzione dei flussi liquidi, sono da prendere in considerazione i vettori di velocità sui piani orizzontali, per poter apprendere come si verifica l’immissione sotto il ponte e la fuoriuscita a valle. Dalla Fig.48 si nota come, il flusso principale (vettori in rosso) prosegua verso valle mantenendo la traiettoria parallela alla direzione Z; mentre man mano che ci si allontana dalla zona centrale e ci si avvicina alla zona d’ombra, vi sono dei ricircoli di corrente con traiettorie casuali, anche in direzione opposta al flusso principale. Qui i filetti fluidi si incurvano dando luogo a forti vorticità, e generando quindi strutture vorticose di grandi dimensioni confinate nello spazio retrostante l’impalcato del Ponte di Mezzo.

(46)

120

(47)

121 Lo stesso fenomeno si verifica all’uscita del flusso dal lato destro del ponte (Fig.49).

(48)

122

6.5.4.2. Vorticità

L’analisi delle direzioni dei vettori mette in luce anche la vorticità del flusso in alcune zone del dominio.

Si ricorda che, per vorticità si intende la grandezza vettoriale corrispondente al rotore della velocità; essa è quindi direttamente collegata alla velocità di rotazione di un elemento fluido dalla:

ω (76)

Essendo ω la velocità di rotazione rigida istantanea di un elemento fluido. Tale grandezza ha ovviamente le dimensioni dell’inverso di una tempo [ ]. Sappiamo anche che, le vorticità in un fluido in movimento, nascono laddove esso entra in contatto con un corpo fermo; infatti per soddisfare localmente la condizione di non-slittamento, si devono presentare zone dove il gradiente di velocità è molto elevato (passaggio da velocità nulla a velocità della corrente) e dove vi sono elevate tensioni tangenziali che inducono alla rotazione locale i filetti fluidi.

(49)

123

Fig.50 : Contousr vorticità-y_positive, su di un piano y=0.7m SLM.

Nella figura precedente (Fig.50) sono illustrati i contours della vorticità in direzione y, ovvero su piani perpendicolari all’asse y. In particolare, è rappresentato il range delle sole vorticità positive, sono quindi visibili le zone dove si sviluppano strutture vorticose con rotazione anti-oraria. Si nota come la presenza dello scalino, subito a valle del ponte, con la sua marcata

(50)

124 sporgenza, dia luogo alla formazione di grandi vorticità che si propagano fino alla sezione di valle.

Lo stesso fenomeno si manifesta sulla sponda in destra dell’Arno, come si può vedere plottando le vorticità con segno negativo (Fig.51).

Fig.51 : Contours vorticità-y_negative, su di un piano y=0.7m SLM.

A differenza della sponda destra, qui le vorticità sono molto inferiori, ed assumono valori più elevati solo a stretto contatto con le pareti dello scalino; questo fatto può essere spiegato pensando al fatto che lo scalino di destra è meno intrusivo per la corrente e anzi sembra la accompagni verso valle.

E’ istruttivo associare alle figure precedenti riguardanti le vorticità, il tasso di dissipazione di energia cinetica turbolenta. Questo parametro, denominato “ε” nel modello di turbolenza, è una energia per unità di massa e per unità di tempo, dimensionalmente [ ]. Essa rappresenta l’aliquota di energia dissipata nel processo di cascata dei vortici; dalla formazione dei vortici a scala del moto medio, al trasferimento di energia a strutture sempre più piccole fino alla dissipazione in calore da parte della viscosità.

(51)

125 Si vede (Fig.52) come sulla sponda sinistra, in corrispondenza dello spigolo dello scalino, dove vi sono maggiori vorticità, si hanno anche tassi di dissipazione energetici maggiori rispetto alla sponda destra. Questo risultato conferma quello che suggerisce l’esperienza, ovvero che quando un flusso liquido incontra corpi solidi con profili non idrodinamici, si verificano distacchi di vortici che incrementano le perdite di energia ed indirettamente i livelli liquidi a monte.

Fig.52 : Contours tasso di dissipazione energia turbolenta, su di un piano y=0.7m SLM.

Il fenomeno del distacco dei vortici a valle delle strutture presenti nel dominio, è chiaramente presente, e anzi più marcato, in corrispondenza del passaggio sotto l’impalcato del ponte, dove la corrente assume velocità più elevate. In queste circostanze vi sono, infatti, i maggiori tassi di dissipazione energetica da parte del moto turbolento.

Si osservi a tal proposito, le vorticità ed i relativi tassi di dissipazione energetica sotto l’impalcato del Ponte di Mezzo su di un piano verticale (Fig.53). E’ evidente che una forma maggiormente idrodinamica, con curvatura del profilo anziché a spigolo vivo, del ponte, avrebbe accompagnato il flusso verso valle provocando minori distacchi di vortici e minori dissipazioni energetiche.

(52)

126

Fig.53 : Contours vorticità-x e contours tasso di dissipazione energia turbolenta, su di un piano x=1.5m.

Le vorticità-x, indicano l’entità della rotazione locale ed istantanea dei vettori velocità su un piano normale all’asse x; valori positivi si traducono in rotazioni anti-orarie e valori negativi in rotazioni orarie.

(53)

127

Fig.54 : Contours tasso di dissipazione energia turbolenta, su di un piano y=1.65m SLM.

Sopra (Fig.54) un’altra illustrazione di come il ponte inneschi fenomeni turbolenti con annessa dissipazione di energia non trascurabile.

6.6. Modelli bi-fase

Il modello mono-fase descritto precedentemente è servito, oltre che come valido strumento di indagine del comportamento idrodinamico del Ponte di Mezzo, nel caso in cui si conosca l’andamento della superficie libera, come base di partenza per la realizzazione di un modello più complesso ed aderente alla realtà, che prevede la contemporanea presenza dell’aria e dell’acqua.

I modelli bi-fase realizzati sono stati due, il primo con portata defluente pari a 2036mc/s, come quello mono-fase, ed il secondo con portata di 1800mc/s.

Il primo motivo per cui è stata indagata la portata di 1800mc/s è dovuto al fatto che avevamo a disposizione un video, reperito in rete, riguardante la piena del 25 Dicembre 2010 a Pisa e riprendente proprio il deflusso a valle ed a monte del Ponte di Mezzo. Sulla base della scala di deflusso e sulla base dei livelli stimati durante quella piena dal video, abbiamo concluso che la portata defluente quel giorno fosse circa 1800mc/s. E’ stato pertanto possibile effettuare un confronto qualitativo tra la corrente defluente del video e del modello.

(54)

128 La portata appena detta riveste anche un altro aspetto importante, in relazione alla massima portata di progetto prevista per il fiume Arno e pari a 2700mc/s; infatti, quando l’Arno raggiunge o si avvicina a tale portata, l’opera di presa dello scolmatore nei pressi della Città di Pontedera (circa 30 Km a monte di Pisa) riesce a derivare nel canale artificiale una portata che può arrivare fino a 900mc/s. Se la portata defluente nell’Arno si avvicinasse a monte di Pisa al valore massimo di 2700mc/s, e lo sfioratore dello scolmatore derivasse la massima portata per cui è stato progettato, si verificherebbe un deflusso di circa 1800mc/s a valle di Pontedera che, trascurando portate in entrata o uscita nei successivi 30 Km, interesserebbe anche il tratto cittadino di Pisa.

Nello studio del Prof. Ruggiero non sono state fatte tali considerazioni, in quanto all’epoca non era stata ancora realizzata l’opera di derivazione delle portate nei pressi di Pontedera.

6.6.1. Dominio e geometria

La geometria del problema è la medesima utilizzata per lo studio mono-fase, quindi valgono le stesse approssimazioni geometriche e la stessa estensione del dominio in direzione della corrente.

La differenza fondamentale è nell’estensione del dominio in direzione verticale, poiché deve essere compresa anche una regione dedicata all’aria. Per quanto riguarda l’entità dell’estensione del dominio di aria rispetto a quello di acqua sono state fatte diverse prove e tentativi, e come in tutte queste problematiche si è giunti ad un opportuno compromesso. Infatti, da una parte il volume di aria deve essere sufficientemente esteso per simulare al meglio la realtà, ma dal’altro canto una sua eccessiva estensione non è conveniente dal punto di vista computazionale in quanto porterebbe ad un numero eccessivo di elementi della mesh. Il processo di ottimizzazione ha visto come risultato un dominio, che dovrà ospitare ambo i fluidi, esteso fino ad una quota SLM pari a 17,00m, quindi con un’altezza di aria pari a circa

11-12m sul pelo libero previsto (a seconda della portata defluente); con tale sviluppo del

dominio, il volume di acqua prevista risulta circa pari al volume di aria.

E’ stato creato un solo modello geometrico utilizzato per entrambe le simulazioni di portata, poiché come si vedrà in seguito, non è necessaria la suddivisione della sezione di ingresso/uscita in due zone distinte, una per l’ingresso/uscita dell’aria ed una per l’acqua.

(55)

129 Allo stessa maniera del modello mono fase, per rendere possibile ed ottimizzare lo schema di

Cooper nella fase di suddivisione del dominio fluido, è stata necessaria la creazione di più

regioni fluide separate nominate ed illustrate al seguito:

- Fondo:

Validi gli stessi limiti ed estensioni del modello mono fase, si veda Fig.31

- Muri-Scalini:

Validi gli stessi limiti ed estensioni del modello mono fase, si veda Fig.32

- Sotto-Ponte:

In questo caso, il volume denominato “sotto-ponte” non ricalca l’andamento del pelo libero, poiché questo è incognito, perciò è stato ricavato come la proiezione longitudinale sulle sezioni dell’area compresa tra la corda inferiore dell’impalcato del Ponte di Mezzo ed il limite superiore della regione “fondo”. Tale volume assume la forma di una volta.

(56)

130 - Ponte:

E’ divisa in due sotto-volumi, il primo vede la proiezione dell’impalcato del Ponte di Mezzo verso le sezioni di monte ed il secondo verso le sezioni di valle.

Chiaramente il volume occupato del ponte vero e proprio non è stato modellato in quanto esso non fa parte del dominio di calcolo fluido.

Fig.56 : Modellazione solida regione “Ponte”.

- Sopra-Ponte

Questo volume è occupato esclusivamente dall’aria e si estende dall’estradosso del Ponte di Mezzo sino a quota +17,00m SLM.

(57)

131

6.6.2. Discretizzazione spaziale

La strategia di discretizzazione 3D è la medesima rispetto a quella del caso mono-fase, quindi lo schema esteso a tutti i volumi è quello di Cooper, con triangoli sulle sezioni verticali e quadrilateri su quelle orizzontali.

Non è stato possibile mantenere le dimensioni medie delle celle pari a 0.4m nell’intero dominio per l’eccessivo impegno di memoria che avrebbe dovuto sostenere il codice di calcolo.

Le caratteristiche delle celle create per ogni regione sono elencate di seguito: - Fondo:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,5m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,5m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 470054

- massima EquiSize Skew : 0.82

- Muri-Scalini:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,5m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,5m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 10659

(58)

132 - Sotto-Ponte:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,5m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,5m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 447142

- massima EquiSize Skew : 0.84

- Ponte:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,5m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,5m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 236250

- massima EquiSize Skew : 0.59

- Sopra-Ponte:

- facce verticali: mesh triangolari, schema Pave con dimensione degli elementi 0,5m

- facce orizzontali: mesh quadrangolari, schema Map con dimensioni degli elementi 0,5m

- volume: mesh esaedriche/cunei con schema Cooper - numero elementi 3D : 590700

Figura

Fig. 26: Vista dallo Scalo dei Roncioni verso valle, passerella di sicurezza in sinistra
Fig. 27: Cambio pendenza muri arginali, sezione 85.
Fig. 29: Dettaglio scalino sotto-ponte.
Fig. 32: Modellazione solida regione “Muri-Scalini”.
+2

Riferimenti

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