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Capitolo 4 Gli impatti delle nuove regole sugli intermediari bancari

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Capitolo 4

Gli impatti delle nuove regole sugli intermediari bancari

4.1 Prime valutazioni d’impatto delle nuove norme sui rischi di

mercato e di controparte

Limitando le analisi alle implicazioni operative derivanti dalle sole novità previste da Basilea 3 in tema di rischi di mercato e di controparte, si può intuire preliminarmente che le medesime saranno molto diverse a seconda della tipologia di banche considerate. Per una prima categoria di banche – senza modelli interni validati, con nulli o scarsi investimenti in prodotti SCP e bassa incidenza di contratti derivati OTC – l’impatto delle nuove regole sarà molto contenuto. Sicuramente, anche se con qualche eccezione, molte banche italiane medio - piccole rientrano in questa posizione.

Una seconda categoria potrebbe essere identificata nelle banche che, pur non avvalendosi di modelli interni, hanno investito in prodotti SCP o hanno intermediato tra i propri clienti e altre controparti un ammontare non irrilevante di contratti derivati OTC. Queste banche dovranno effettuare interventi su processi organizzativi e IT al fine di assicurare la corretta determinazione dei requisiti standard di mercato e controparte con le nuove modalità e allineare le corrispondenti segnalazioni di vigilanza.

Una terza categoria di banche è rappresentata da quegli intermediari con business model vicini a quelle delle grandi banche d’investimento operanti in contesti internazionali, dotati di modelli interni sui rischi di mercato, con rilevanti stock di cartolarizzazioni e ri-cartolarizzazioni inseriti nei trading book e fortemente attivi su derivati OTC. Tali intermediari dovranno riesaminare le proprie aree di business verificandone la redditività aggiustata per il rischio, redditività che dovrà essere riconsiderata alla luce di nuove soglie di break-even che tengano conto dei nuovi requisiti di capitale.

In generale, le valutazioni sulla redditività delle diverse strategie di trading dovranno essere riesaminate in ragione del livello di capital absorption nonché, come tutte le attività che richiedono di essere finanziate, dell’impatto dei nuovi requisiti di liquidità, visto il presumibile rialzo del costo del finanziamento dei portafogli dovuto alla necessità di rispettare i nuovi, in genere più stringenti, liquidity ratio.

Le banche con modelli interni validati sono quindi quelle maggiormente impattate dalle nuove norme, anche se a regime dovrebbero mantenere un relativo vantaggio rispetto a

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2 quelle che determinano i requisiti attraverso modelli standard. Tuttavia, tali banche dovranno effettuare investimenti non trascurabili sui propri sistemi di misurazione dei rischi e sui processi che li governano per adeguarsi ai nuovi requirements.

Particolarmente pressante, sarà l’esigenza di stimare la variazione che le attività ponderate per il rischio (RWA) subiranno a fronte delle nuove norme, al fine di individuare i possibili interventi, che gli intermediari potranno adottare, per sfruttare spazi residuali di riduzione ed ottimizzazione degli RWA.

Complemento di questi sforzi sarà l’affinamento dei sistemi di misurazione delle performance delle diverse aree di business nonché per il corretto pricing dei prodotti offerti alla clientela. In generale, affinché la normativa sui requisiti di capitale si rifletta nelle scelte gestionali in modo coerente con quanto atteso, occorre che gli intermediari dispongano di sistemi di controllo di gestione in grado di valutare correttamente redditività e rischi di ciascun prodotto e business unit1.

In particolare, la gestione del rischio di controparte, laddove la banca si avvalga di modelli interni, sarà il comparto maggiormente interessato da interventi su processi, sistemi di organizzazione e modelli operativi; ciò sia per conformarsi alle nuove disposizioni sia per ottimizzare l’esposizione al rischio di controparte e l’ammontare dei relativi requisiti patrimoniali.

Per far luce su questi aspetti, nella prima parte del presente paragrafo viene analizzato uno studio del Comitato di Basilea in cui vengono riportate le stime preliminari relative alla variazione nelle attività ponderate per i rischi di mercato (mRWA) fra banche diverse e in cui vengono messe in luce gli aspetti degli standard di Basilea che contribuiscono a tale variazione. Nella seconda parte, non avendo a disposizione alcuna stima relativa all’impatto che i nuovi requisiti previsti dallo schema “Basilea 3” avranno sui capital requirements per il rischio di controparte, vengono riportate alcune innovazioni operative che le banche stanno adottando per giungere ad un’efficace misurazione del rischio in esame. In particolare, al fine di ottimizzare la misurazione di rischi e requisiti patrimoniali conseguenti, le nuove norme incentivano l’istituzione di un CVA desk, presso cui centralizzare la gestione del rischio di rettifiche di valore della componente creditizia (Credit Valuation Adjustment, CVA).

1 P. Nasi, “I rischi di mercato e il rischio di controparte: novità regolamentari e implicazioni gestionali”, in “Basilea 3. Gli impatti sulle banche”, a cura di F. Tutino, G. Birindelli, P. Ferretti, Egea, Milano, 2011.

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4.1.1 Principali fattori che guidano la variazione delle mRWA

Il Comitato di Basilea ha pubblicato nel gennaio 2013 un documento2 che presenta

un’analisi delle attività ponderate per il rischio nel portafoglio di negoziazione e che si inserisce nel più ampio programma di valutazione della conformità delle normative con Basilea 33 avviato dallo stesso Comitato nel 2012. L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di ottenere una stima preliminare relativa alla variazione nelle attività ponderate per i rischi di mercato (mRWA) fra banche diverse e sottolineare gli aspetti degli standard di Basilea che contribuiscono a tale variazione.

Il rapporto combina due analisi:

1. uno studio dei dati disponibili pubblicamente per un insieme selezionato di grandi banche;

2. una verifica effettuata su un portafoglio ipotetico, cui hanno partecipato 15 banche con operatività internazionale.

L’analisi basata sulle informazioni disponibili pubblicamente evidenzia una considerevole variazione fra le mRWA medie pubblicate. In base a tali dati, vi sarebbero indicazioni di una correlazione fra le differenze nella composizione e nelle dimensioni delle posizioni di negoziazione e le mRWA medie delle banche, ma la qualità dell’informativa pubblica non consente agli investitori e alle altre parti interessate di valutare quanta parte della variazione rifletta effettivamente i diversi livelli di rischio e quanta sia invece dovuta ad altri fattori.

I portafogli ipotetici di verifica, invece, permettono di superare i limiti che caratterizzano l’uso dei dati pubblici e di vigilanza, poiché neutralizzano le differenze di composizione dei portafogli, ma evidenziano soltanto la variazione potenziale nelle mRWA e non quella effettiva. Inoltre, l’analisi condotta non si basa su portafogli realistici, bensì su una serie di semplici posizioni lunghe e corte, costruita in modo da far emergere l’impatto delle scelte di modellizzazione.

2

Basel Committee on Banking Supervision, “Regulatory consistency assessment programme (RCAP) –

Analysis of risk-weighted assets for market risk”, Bank for International Settlement, January 2013.

3

Tale programma di valutazione intende garantire un’attuazione uniforme degli standard di Basilea, così da rafforzare la capacità di tenuta del sistema bancario internazionale, preservare la fiducia del mercato nei coefficienti regolamentari e creare condizioni di parità concorrenziale. Per ulteriori approfondimenti si veda Basel Committee on Banking Supervision, “Basel III regulatory consistency assessment

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4

4.1.1.1 Analisi dei dati disponibili pubblicamente

L’analisi basata sui dati disponibili pubblicamente ha l’obiettivo di analizzare la variazione degli mRWA per un campione di 16 grandi banche attive a livello internazionale. L’analisi è condotta sulla base di report finanziari e delle relazioni presenti nei Pillar 3 del campione di banche esaminate.

Il campione di banche include: Bank of America (BAC), Barclays (BARC), BNP Paribas (BNP), Citigroup (C), Commerzbank (COBA), Credit Suisse (CS), Deutsche Bank (DB), Goldman Sachs (GS), HSBC (HSBC), JP Morgan (JPMC), Morgan Stanley (MS), Nomura (Nom), Royal Bank of Scotland (RBS), Société Générale (SG), Wells Fargo (WF), Unicredit (Uni).

Al fine di analizzare tale variazione, l’analisi esamina il rapporto esistente tra le mRWA e le RWA totali alla fine del 2011 (Figura 4.1) nelle banche suddette.

Figura 4.1: rapporto tra mRWA e total RWA (fine 2011)

Fonte: BCBS, Regulatory consistency assessment programme (RCAP) – Analysis of risk-weighted assets

for market risk”, January 2013.

Come è facile notare, per le banche poste alla sinistra della Figura 4.1, le mRWA rappresentano una piccola parte delle RWA totali, il 10% o anche meno. Queste banche sono in genere classificate come banche commerciali o banche universali e sono prevalentemente attive nelle attività bancarie tradizionali, come la concessione di prestiti ipotecari. Il rapporto tra le mRWA e le RWA totali aumenta per le banche poste sul lato destro della figura. In tal caso, si tratta di banche che svolgono prevalentemente attività di trading e di investment banking.

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5 Tuttavia, per le banche poste alla sinistra della figura, la quota relativamente bassa delle mRWA rispetto alle RWA totali implica che la variazione delle mRWA non può essere comunque un importante fattore esplicativo della variazione delle RWA totali. Infatti, come illustrato in Figura 4.2, per le banche commerciali e universali il rapporto tra le RWA totali e il totale attivo è leggermente più alto rispetto alle banche d’investimento, sebbene tale rapporto non sia troppo forte.

Figura 4.2: rapporto tra total RWA e total assets (fine 2011)

Fonte: BCBS, Regulatory consistency assessment programme (RCAP) – Analysis of risk-weighted assets

for market risk”, January 2013.

La Figura 4.3 analizza, invece, il rapporto tra le mRWA e i trading assets, mostrando una significativa variazione tra le banche del campione preso in esame.

Figura 4.3: rapporto tra mRWA e trading assets

Fonte: BCBS, Regulatory consistency assessment programme (RCAP) – Analysis of risk-weighted assets

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6 Le mRWA variano dal 10% a quasi l’80% rispetto ai trading assets, con la maggior parte delle banche tra il 15% e il 45%. Tale variazione sembra essere guidata dai seguenti fattori:

Business model: le banche d’investimento che detengono posizioni di trading

aperte dovrebbero segnalare una variazione delle mRWA più alta rispetto alle banche che non fanno di questa attività una parte fondamentale del loro core business. Tuttavia, la Figura 4.3 suggerisce che c’è una debole relazione tra il modello di business adottato dalle banche ed il rapporto tra mRWA e trading assets, con le banche commerciali e universali che riportano delle mRWA leggermente più basse rispetto alle banche d’investimento. Di conseguenza, una variazione significativa delle mRWA non può essere spiegata dal business model adottato dalla banca.

Composizione dei trading assets: per le banche che investono in attività più rischiose ci si aspetterebbe una variazione delle mRWA più alta rispetto a quelle banche che invece investono in attività meno rischiose. Allo stesso tempo, però, le banche che investono in attività più rischiose possono essere capaci di coprire i rischi associati a queste attività, così da ottenere delle mRWA più basse. Anche qui, quindi, possiamo dire che i dati disponibili non consentono di comprendere bene quale sia l’effetto della composizione dei trading assets sulla variazione delle mRWA.

Metodologia di misurazione del market risk: sicuramente, la variazione delle

mRWA dipende anche dal modo in cui le banche calcolano le RWA per il rischio di mercato. Le banche che si affidano maggiormente all’approccio standardizzato dovrebbero riportare una variazione relativamente più alta delle mRWA, dato che la più bassa risk sensitive della metodologia standardizzata tenderebbe ad essere più conservativa rispetto all’utilizzo dei modelli interni.

La Figura 4.4 mostra come variano le mRWA in base all’utilizzo della metodologia standardizzata e dell’approccio dei modelli interni, disponendo le banche del campione in base al loro rapporto delle mRWA rispetto ai trading assets (asse verticale) e la porzione delle mRWA generata dall’utilizzo di modelli interni (asse orizzontale). La dimensione dei cerchi aumenta all’aumentare della dimensione dei trading assets per ciascuna banca; i cerchi

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7 vuoti indicano banche presenti in giurisdizioni che non hanno ancora applicato Basilea 2.5.

Figura 4.4: Relazione tra mRWA e dipendenza da modelli interni

Fonte: BCBS, Regulatory consistency assessment programme (RCAP) – Analysis of risk-weighted assets

for market risk”, January 2013.

La figura in alto mostra che nel 2010 le banche che hanno fatto maggior affidamento sui modelli interni hanno registrato più basse mRWA in rapporto ai trading assets. Questa osservazione supporta la tesi che i modelli interni hanno una maggiore risk sensitive, la quale si traduce in una ponderazione media del

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8 rischio più bassa rispetto a quella che si otterrebbe utilizzando la metodologia standardizzata. Tuttavia, la figura mostra anche che, tra le banche, la relazione non è molto costante e che ci sono banche con lo stesso grado di dipendenza da modelli interni che hanno livelli molto differenti di mRWA.

La figura in basso, invece, si basa sui dati di fine 2011 e mostra i risultati per lo stesso gruppo di banche. Una differenza rispetto ai dati del 2010 è che la relazione sembra essere cambiata. Ciò vuol dire che l’introduzione di Basilea 2.5 ha portato ad un incremento delle spese di capitale per il rischio di mercato, specificamente per le banche che utilizzano i modelli interni. Il dato suggerisce che l’avvento di Basilea 2.5 ha, in qualche modo, alterato l’equilibrio esistente tra l’approccio dei modelli interni e l’approccio standard, riducendo

notevolmente il divario tra le due metodologie4.

Approcci di vigilanza: anche le differenze negli approcci di vigilanza in diverse

giurisdizioni possono spiegare la variazione delle mRWA. Un esempio è l’applicazione di add-on per alcune posizioni, come anche l’uso di moltiplicatori regolamentari più alti di 3, che sono applicati a discrezione delle autorità di vigilanza nazionale, al fine di incentivare le banche a migliorare i modelli e i

sistemi di risk management5. Tuttavia, questa informazione non è trasparente nei

dati pubblici ed il suo impatto non potrebbe essere esaminato utilizzando tali dati. Invece, l’esercizio sul portafoglio di verifica permette di esaminare l’importanza del moltiplicatore regolamentare più nel dettaglio, i cui risultati sono presentati nel prossimo paragrafo.

4.1.1.2 Hypothetical test portfolio exercise

L’esercizio sul portafoglio di verifica supera i limiti incontrati con l’utilizzo dei dati pubblicamente disponibili, permettendo una più profonda analisi del livello di variabilità delle mRWA e dei suoi key drivers.

4

Nell’ottobre 2013, il Comitato di Basilea ha rilasciato il secondo documento consultivo “Fundamental

review of the trading book: A revisited market risk framework”, in cui uno degli obiettivi è quello di

rafforzare il legame tra approccio basato su modelli interni e approccio standardizzato. Per ulteriori approfondimenti si veda Capitolo 2, Paragrafo 2.5.

5

Per i modelli VaR e sVaR, le banche sono tenute a moltiplicare il risultato del modello per un numero che è minimo 3, ma che può essere aumentato a discrezione dell’autorità di vigilanza nazionale. Per ulteriori dettagli si veda Capitolo 2, Paragrafo 2.3.2.

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9 All’esercizio hanno partecipato 15 banche con operatività internazionale6

, alle quali è

stato chiesto di calcolare il requisito patrimoniale per 26 portafogli ipotetici7,

utilizzando tre modelli interni (VaR, sVaR e IRC)8, in 20 giorni di negoziazione9. Inoltre, al fine di supportare i risultati quantitativi, alle banche partecipanti è stato chiesto di compilare dei questionari che forniscano informazioni qualitative sulle metodologie utilizzate. A seguito della ricezione dei questionari e dei risultati del test sul portafoglio, 9 delle banche partecipanti hanno ricevuto una visita in loco allo scopo di consentire al Comitato di Basilea di comprendere meglio i fattori principali che guidano le differenze nei risultati dei modelli.

L’esercizio sul portafoglio di verifica, mostra che può esservi un notevole divario fra la banca che segnala le mRWA più basse e quella che segnala le mRWA più elevate. La disparità dei risultati ottenuti è riconducibile principalmente a due fattori:

scelte di modellizzazione: un’importante fonte di variazione delle mRWA

attiene alle scelte di modellizzazione effettuate dalle banche. Stando ai risultati delle analisi, un numero ristretto di scelte fondamentali determina gran parte della restante variabilità dovuta ai modelli. Gli standard di Basilea prevedono un certo grado di flessibilità nella misurazione dei rischi ed è pertanto normale che si riscontri una corrispondente variazione nelle mRWA;

provvedimenti dell’autorità di vigilanza: una quota considerevole della variazione è dovuta a provvedimenti dell’autorità di vigilanza riguardanti l’insieme delle banche in una giurisdizione oppure banche individuali. Un esempio dei provvedimenti del primo tipo sono le decisioni di limitare le opzioni di modellizzazione (ad esempio, vietando il riconoscimento degli effetti della diversificazione fra tipi di rischio); un esempio dei provvedimenti a livello di singola banca è invece l’applicazione di moltiplicatori prudenziali (circa un quarto della variazione totale nell’ipotetico portafoglio diversificato è attribuibile a questo singolo fattore). I provvedimenti delle autorità di vigilanza accrescono in genere i requisiti patrimoniali, ma possono parimenti accentuare

6

E’ importante sottolineare il fatto che il campione di banche che ha partecipato all’esercizio sul portafoglio di verifica non è lo stesso di quello utilizzato nell’analisi dei dati pubblicamente disponibili. 7

Al fine di tener conto di tutti i principali fattori di rischio di mercato (azionari, tassi di interesse, di cambio, materie prime, di credito) l’analisi prende in considerazione 26 portafogli ipotetici: 7 portafogli

equity, 6 portafogli interest rate, 2 portafogli foreign exchange, 2 portafogli commodities, 7 portafogli credit spread e 2 portafogli diversificati.

8

L’analisi, per motivi semplificativi, non include il quarto modello interno previsto dal market risk

framework, ovvero il modello All Price Risk (APR).

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10 la variazione delle mRWA fra banche, specie in giurisdizioni diverse. Essi, inoltre, non vengono di norma resi noti, in particolar modo se concernono una singola banca.

Scelte di modellizzazione delle banche

Per quanto riguarda le scelte di modellizzazione effettuate dalle banche, in base ai risultati del test, si riscontra una più alta variabilità delle mRWA nel modello IRC rispetto ai modelli VaR e sVaR. E’ un dato, questo, che non ci dovrebbe sorprendere dato che l’IRC tiene conto di un holding period più lungo rispetto al VaR e sVaR (un anno per l’IRC e 10 giorni per VaR e sVaR) e viene calcolato in base ad un percentile più alto rispetto agli altri due modelli (99,9% per l’IRC e 99% per VaR e sVaR). Inoltre, l’IRC è un concetto più recente, originato da Basilea 2.5, di cui si conosce ancora poco rispetto ai modelli VaR e sVaR.

In base ai risultati del test, i più importanti fattori che guidano la variabilità dei risultati per i modelli VaR e sVaR sono:

la lunghezza del data period per la taratura e la ponderazione del modello

applicato;

la scelta di se stimare il rischio con un data period di 10 giorni o con uno che

vada direttamente oltre i 10 giorni;

la scelta di adottare un approccio di aggregazione tra classi di attività (asset classes) e tra rischio specifico e generico;

 la scelta del periodo di stress (per il modello sVaR) e la conseguente taratura del

periodo di stress.

Altre scelte di modellizzazione hanno, invece, un più basso impatto sulla variabilità, come ad esempio: il livello di approssimazione usato per il calcolo dei valori delle posizioni sotto nuove condizioni di mercato simulate; se i rendimenti assoluti o relativi sono stati utilizzati durante la simulazione dei potenziali movimenti dei fattori di rischio; se sono utilizzati dati antitetici nel modello sVaR; se è stata utilizzata la simulazione storica o la simulazione Montecarlo.

La Tavola 4.1 presenta una valutazione di tutti i key drivers della variabilità, e del loro relativo impatto, per i modelli VaR e sVaR.

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11 Tavola 4.1: Key drivers della variabilità e loro relativo impatto per VaR e sVaR.

Fonte: BCBS, Regulatory consistency assessment programme (RCAP) – Analysis of risk-weighted assets

for market risk”, January 2013.

Per il modello IRC, i principali fattori che guidano la variabilità dei risultati sono:

 l’uso di probabilità di transazione10

(spread based models o transition matrix-based models);

la calibrazione della matrice di transazione (transition matrix) e la valutazione iniziale del credito (rating) attribuito alle posizioni;

 le ipotesi di correlazione tra i debitori;

la scelta relativa al liquidity horizons da utilizzare nel modello.

La Tavola 4.2 presenta una valutazione di tutti i key drivers della variabilità, e del loro relativo impatto, per il modello IRC.

10 Le probabilità di transazione sono le probabilità, assunte nel modello IRC, che una data entità migrerà da una classe di rating all’altra.

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12 Tavola 4.2: Key drivers della variabilità e loro relativo impatto per l’IRC.

Fonte: BCBS, Regulatory consistency assessment programme (RCAP) – Analysis of risk-weighted assets

for market risk”, January 2013.

Provvedimenti dell’autorità di vigilanza

Per quanto concerne, invece, i provvedimenti dell’autorità di vigilanza, questi possono riguardare, come è stato già detto, l’insieme delle banche presenti in una giurisdizione oppure una singola banca. Un esempio dei provvedimenti del primo tipo è il divieto di riconoscere i benefici della diversificazione fra diversi tipi di rischio; un esempio dei provvedimenti a livello di singola banca è invece l’applicazione di moltiplicatori prudenziali.

Al fine di analizzare la variabilità del livello dei benefici che derivano dalla diversificazione dei rischi, l’esercizio sul portafoglio di verifica include 2 portafogli diversificati.

In base ai risultati del test, il modello IRC mostra una più alta variabilità del livello dei benefici derivanti dalla diversificazione rispetto ai modelli VaR e sVaR. Per i modelli VaR e sVaR tale variabilità sembra essere guidata principalmente da un singolo fattore: l’utilizzo di historical periods differenti (più lungo è l’historical period preso in considerazione, maggiore è il livello dei benefici che derivano dalla diversificazione); per il modello IRC, tale variabilità invece dipende da vari drivers: le assunzioni circa la presenza o meno di correlazioni tra i debitori, la valutazione iniziale del credito (rating) attribuito alle singole posizioni e, potenzialmente, altre scelte.

Infine, con lo scopo di analizzare in che misura i moltiplicatori prudenziali incidono sulla variazione delle mRWA, e di conseguenza sul capitale regolamentare, viene calcolato, sempre a livello di portafoglio diversificato, il requisito patrimoniale per il

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13 rischio di mercato utilizzando gli stessi moltiplicatori prudenziali, per i modelli VaR e sVaR, che le banche partecipanti all’esercizio sono tenute a rispettare in base ai provvedimenti della propria autorità di vigilanza nazionale. La variabilità osservata nel requisito patrimoniale complessivo incorpora tutta la variabilità discussa finora e la variabilità del livello dei benefici della diversificazione.

La Tabella 4.1 mostra il livello di variabilità (misurato come rapporto tra deviazione standard e media) del requisito di capitale per uno dei portafogli diversificati. I risultati sono mostrati sia facendo riferimento ai moltiplicatori prudenziali che le banche utilizzano per calcolare il requisito patrimoniale11, sia utilizzando il moltiplicatore 3, che è il moltiplicatore minimo applicabile.

Tabella 4.1: capitale regolamentare per un portafoglio diversificato.

Fonte: BCBS, Regulatory consistency assessment programme (RCAP) – Analysis of risk-weighted assets

for market risk”, January 2013.

La Tabella 4.1 mostra chiaramente un dato importante, ovvero che circa un quarto della variabilità totale è dovuta a differenze nelle scelte dei moltiplicatori prudenziali, soggette al controllo dell’autorità di vigilanza.

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14

4.1.1.3 Possibili alternative per ridurre la variabilità delle mRWA

Nella parte finale del documento analizzato12, il Comitato di Basilea fa alcune

raccomandazioni agli intermediari bancari al fine di ridurre la potenziale variazione delle mRWA nei risultati dei modelli da loro utilizzati. In particolare il Comitato suggerisce di:

 migliorare l’informativa al pubblico;

 restringere le scelte di modellizzazione delle banche;

 armonizzare ulteriormente le prassi di vigilanza.

Miglioramento dell’informativa al pubblico

In generale, il Comitato ha riscontrato che l’informativa al pubblico fornita dalle banche potrebbe essere migliorata includendo più informazioni dettagliate. Al fine di migliorare la qualità, il contenuto e la coerenza delle informazioni relative alle mRWA, il Comitato suggerisce alle banche di riportare:

 informazioni in maniera più frequente (meno della metà delle banche del

campione riporta informazioni su base trimestrale);

 informazioni più dettagliate circa i fattori che guidano la variabilità delle mRWA da un periodo all’altro;

 informazioni più dettagliate circa le componenti delle mRWA per consentire una

più profonda conoscenza dei rischi di mercato a cui è esposta una banca;

 informazioni circa le scelte di modellizzazione effettuate dalla banca;

 informazioni più dettagliate circa i modelli utilizzati per la gestione interna del

rischio e quelli utilizzati a fini prudenziali.

Restrizione nelle scelte di modellizzazione delle banche

Il Comitato suggerisce di restringere le scelte di modellizzazione effettuate dalle banche, puntando in particolare su quelle scelte che, in base ai risultati dell’analisi svolta sopra, appaiono essere le maggiori fonti di variabilità delle mRWA. In particolare, il Comitato raccomanda di:

12

Basel Committee on Banking Supervision, “Regulatory consistency assessment programme (RCAP) –

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15

 definire più nel dettaglio la modellizzazione del modello IRC, comprese le

ipotesi utilizzate nel calcolo della probabilità di migrazione e default dell’emittente;

ridurre la flessibilità nella scelta della lunghezza dell’historical period per calibrare i modelli VaR;

 definire un unico metodo di ponderazione per ottenere una misura di 10 giorni

per i modelli VaR e sVaR.

Ulteriore armonizzazione delle prassi di vigilanza

Un’altra raccomandazione, per ridurre la variabilità delle mRWA, in modo indiretto, è quella di sviluppare delle linee guida di vigilanza supplementari che si soffermino più da vicino sulle norme relative ai modelli e sull’approvazione al loro utilizzo, incluso l’uso di moltiplicatori prudenziali. Un'altra modifica più strutturale potrebbe includere la creazione di un team internazionale che monitori attivamente gli standards internazionali relativi alla modellizzazione dei modelli utilizzati dagli intermediari bancari.

4.1.2 Verso una gestione attiva del rischio di controparte

A seguito della recente crisi che ha visto il default di alcune fra le più importanti e prestigiose istituzioni finanziarie, ritenute baluardi in tema di merito creditizio, il rischio di controparte ha iniziato ad assumere un ruolo sempre più importante tanto da essere considerato da parte di molti attori del mercato “the key financial risk”.

Tra le maggiori novità introdotte dallo Schema internazionale di regolamentazione per le banche –“Basilea 3”– per incrementare l’efficacia della valutazione dei rischi assunti dagli intermediari finanziari, particolare peso è stato riservato alla misurazione del rischio di perdite connesse con le rettifiche di valore, o Credit Valuation Adjustment (CVA), di contratti OTC, dovute alle oscillazioni dei prezzi di mercato conseguenti alle variazioni del rischio di controparte atteso.

Oggi più che mai, c’è un enorme interesse verso il CVA, dato che tutti gli intermediari finanziari stanno cercando di rendere i loro sistemi in grado di prezzare attivamente il rischio di controparte in tempo reale. Mentre le più grandi banche d’investimento stanno costruendo trading desks, sistemi e modelli complessi per la gestione del rischio CVA, tutte le altre banche si stanno focalizzando sull’ampliamento delle loro conoscenze a

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16 riguardo. Nei prossimi paragrafi verrà analizzato come un intermediario bancario debba implementare al proprio interno un modello interno che risulti efficace per il calcolo del CVA e quali possano essere le strategie che la stessa istituzione può adoperare per gestire in maniera attiva il rischio di controparte.

4.1.2.1 Implementazione di un modello interno per il calcolo del CVA

In considerazione della natura complessa, delle caratteristiche e delle componenti finanziarie che costituiscono il CVA13, la valutazione efficace di tale misura richiede l’adozione di un modello interno di tipo EPE (il cosiddetto IMM), approccio che consente una stima significativamente più accurata dell’esposizione attesa rispetto al metodo standardizzato.

La realizzazione di un processo di calcolo strutturato del CVA, basato su un modello interno, richiede l’adozione di un framework integrato come quello basato sulla struttura rappresentata in Figura 4.7.

Figura 4.7: Implementazione di un modello interno per il calcolo del CVA.

Fonte: L. Liberace, “Dal CVA al CVA Desk: verso una gestione attiva del rischio di controparte”, in Banche e banchieri – Vol.39 – Fasc. 2. – Anno 2012.

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17 1. Data collection layer:

a questo livello sono acquisiti e gestiti gli insiemi di dati (datasets) contenenti le informazioni necessarie al calcolo del CVA:

a. Transaction data: informazioni relative a tutti i contratti derivati in essere che sono ricomprese nell’ambito della valutazione, come ad esempio informazioni sulla controparte, sulle caratteristiche dell’operazione, sui cash flow;

b. Market data: insieme di tutti i dati di mercato necessari alla rivalutazione delle posizioni, come ad esempio valori storici di fixing degli indici sottostanti, tassi di cambio, tassi di interesse;

c. Credit & collateral information: set di dati statici contenenti informazioni relative al rischio creditizio degli strumenti interessati e alla loro collateralizzazione, necessari per la fase di aggregazione, come ad esempio seniority, dati di controparte (rating, settore, paese), dati creditizi (credit spread curve, default probabilità, loss given default) e gerarchia delle stesse, appartenenza a un netting set, informazioni relative ad eventuali collaterals e dati su eventuali strumenti di copertura del rischio creditizio (CDS Single Name, CDS Index, ecc.).

2. Computation layer:

a questo livello viene implementato il motore di calcolo del modello interno, basato sulla rivalutazione di tutte le posizioni in diversi istanti temporali futuri (gridpoints) con metodologia Monte Carlo, al fine di determinare i valori di mercato futuri delle posizioni in perimetro e le conseguenti esposizioni future attese. Ad ogni gridpoint la rivalutazione è basata sui dati di scenario simulato per la relativa data di valutazione. Il layer è composto da due moduli core:

a. Scenario Generator: questo modulo è preposto alla generazione degli scenari utilizzati per la rivalutazione dei contratti ad ogni gridpoint, sulla base della struttura temporale definita per gli stessi, e delle metodologie adottate per la modellazione dell’andamento di ciascun fattore di rischio identificato come rilevante per la valutazione.

b. Pricing Engine: il motore di pricing provvede alla rivalutazione di ciascuna posizione, per ogni scenario e ogni nodo temporale.

E’ la fase computazionalmente più gravosa dell’intero processo, se si considera che per un portafoglio di 10.000 operazioni, avendo definito un set di 50

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gridpoits, con 1.000 scenari per ogni gridpoint, risulta necessario effettuare 500 milioni di operazioni di rivalutazione, con un tempo di elaborazione conseguentemente elevato. Per questo motivo, in base al numero di operazioni gestite dall’intermediario, può essere opportuno investire sull’ottimizzazione di tale componente, ricorrendo a tecniche di parallel computing che, sfruttando architetture multiprocessore o in alternativa tecniche di GPU computing, consentono di ridurre significativamente i tempi di elaborazione.

Ovviamente, in presenza di strumenti finanziari a collateral, anche questi devono essere inclusi nella rivalutazione ad ogni gridpoint, al fine di determinare il valore disponibile per la mitigazione dell’esposizione relativa al contratto principale.

3. Aggregation layer:

una volta generati i datasets dei prezzi di ogni contratto rivalutato per ogni scenario ad ogni gridpoint (i cosiddetti “cubi”, essendo strutture di dati articolate su queste tre dimensioni), i risultati vengono aggregati in modo da produrre le metriche di esposizione, ovvero Expected Exposure, Expected Positive Exposure, Potential Future Exposure, ed eventuali altre misure correlate.

Queste metriche sono calcolate per ogni nodo temporale, a livello di trade, di netting set e di controparte, tenendo conto della presenza di eventuali accordi di netting e di collateralizzazione che riducano l’esposizione, e delle caratteristiche e del valore degli strumenti a collateral. In questa fase sono utilizzate le credit & collateral information declinate nel primo layer.

A partire dalle EPE stimate per ogni gridpoint, utilizzando i dati di Loss Given Default e le curve di credit spread per scadenza della relativa controparte, viene infine calcolato il CVA, sempre articolato a livello di trade, di netting set e di controparte.

I risultati della fase di aggregazione, riportati con il maggior livello di granularità disponibile, possono essere infine pubblicati tramite un sistema di reporting per consentire l’analisi degli stessi da parte degli utenti.

4.1.2.2 Dal CVA al CVA Desk

In base agli obiettivi prefissati e al livello di maturità raggiunto da un intermediario nella valutazione e nella gestione del CVA, è possibile classificare quattro diversi livelli

(19)

19 strategici, corrispondenti a un crescente grado di consapevolezza e di gestione attiva del rischio di controparte14:

1. Gestione regolamentare/contabile: a questo livello il processo di valutazione del CVA ha principalmente o esclusivamente fini contabili e di risk management per il calcolo delle rettifiche di bilancio e per la stima dei requisiti di capitale. Questo è lo stadio minimale richiesto dallo schema “Basilea 3”, il quale non richiede necessariamente la realizzazione di un framework strutturato e di modelli interni di tipo EPE. La valutazione è dipendente anche dalla metodologia adottata e dall’infrastruttura già realizzata per la valutazione dei rischi di mercato.

2. Consulenza: come naturale evoluzione del precedente stadio, il processo di valutazione del CVA può essere esteso anche nella valutazione delle operazioni del trading desk, per stimare ed esplicitare i rischi di controparte connessi alle operazioni stipulate, e le fluttuazioni di P&L che ne derivano, fino ad includere le misure di CVA all’interno del sistema di limiti operativi adottato dall’intermediario. Per realizzare questo sviluppo è necessario disporre di funzionalità per la stima del contributo di ogni deal in termini di CVA, e di una valutazione preliminare dell’impatto di una nuova operazione in termini di capienza e assorbimento del limite.

3. Copertura (Hedging): questo livello prevede l’adozione di una gestione accentrata del rischio di controparte, mediante la realizzazione di una struttura centrale dedicata, denominata CVA Desk, responsabile della gestione delle quote di P&L derivanti dal CVA, e delle relative operazioni di copertura. La gestione attiva del rischio che caratterizza tale stadio si realizza nel ricorso ai mercati per la stipula di contratti di hedging, come ad esempio i Credit Default Swap. A tale scopo è necessario non solo valutare l’entità del CVA relativo a un’operazione, ma analizzarne anche le dinamiche e la sensibilità alla variazione dei fattori di rischio creditizio e di mercato.

Per poter valutare le possibili strategie di copertura, il CVA Desk deve infatti poter disporre di un’ampia gamma di misure di sensitività relative al rischio creditizio, alle variabili di mercato sottostanti, nonché a volatilità e correlazioni dei diversi fattori di rischio.

14 W. Vecchiato, E. Virguti, “Rischio di controparte, derivati e Credit Value Adjustment: strategie e metodi

(20)

20 La valutazione d’impatto relativa alla simulazione di operazioni di copertura deve tenere in considerazione anche l’effetto complessivo dell’operazione, non solo in termini di mitigazione della sensitività rispetto al fattore di rischio obiettivo della copertura, ma anche come eventuale aumento di sensitività ad altri fattori di rischio. Ad esempio, l’acquisizione di una posizione lunga su CDS relativo a una data reference entity ridurrà la sensitività del portafoglio alle variazioni di merito creditizio della stessa, ma nel contempo incrementerà l’esposizione e di conseguenza la sensitività nei confronti della controparte protection seller.

4. Trading: l’ultimo step di evoluzione nella gestione del rischio di controparte si realizza con la trasformazione del CVA Desk in un centro di profitto, alla pari degli altri trading desk. In questo scenario il desk svolge una vera e propria attività di negoziazione ai fini speculativi, tramite l’assunzione attiva di posizioni lunghe o corte su rischio di controparte e la strutturazione di operazioni sul mercato dei derivati creditizi. Questa trasformazione consente al desk di poter operare al fine di realizzare profitti che possano compensare componenti di rischio non hedgeable, nonché di sfruttare il punto di vista privilegiato sui mercati creditizi.

Il modello operativo, per quanto profittevole, può tuttavia risultare complessivamente controproducente per l’intermediario, rischiando di distogliere il CVA Desk dalla propria mission originale, ovvero la mitigazione del rischio creditizio connesso all’operatività finanziaria, cercando un adeguato compromesso tra la realizzazione di coperture il più possibile efficaci per l’intera vita delle operazioni e la minimizzazione dei costi di copertura connessi. Mentre i primi due modelli di gestione sono guidati da un approccio passivo, che traguarda unicamente l’obiettivo di misurazione e contenimento del rischio, gli ultimi due stadi prevedono un ruolo attivo e tempestivo non solo nella misurazione e nell’analisi del rischio, ma anche nella previsione andamentale e nella valutazione di possibili strategie adattive.

In seguito alla crisi finanziaria, la strutturazione di una funzione centrale di CVA Desk si sta imponendo sempre di più come una scelta necessaria per tutti gli intermediari che detengono posizioni significative in derivati OTC. Questo vale non solo per gli intermediari bancari ma anche per tutte quelle istituzioni finanziarie che ritengono necessario avere una funzione centralizzata per gestire il rischio di controparte. Inoltre,

(21)

21 c’è anche da dire che lo stesso schema regolamentare previsto da Basilea 3 ha in qualche modo incentivato le banche a predisporsi di un CVA Desk responsabile per la gestione del CVA e l’ottimizzazione del capitale regolamentare.

Sicuramente, il CVA Desk aggiunge un valore significativo al risk management di un’istituzione, consentendo ad essa di essere competitiva in certe transazioni e, cosa ancora più importante, di riconoscere quando uscire da un business o entrare in affari

con un’altra controparte15

.

Per garantire che il CVA Desk possa realizzare efficacemente la propria mission, ovvero consentire alla banca di aumentare i volumi delle transazioni con le controparti virtuose ed attuare misure aggiuntive di mitigazione del rischio con alcune controparti, devono però essere definiti in modo puntuale e strutturale anche i processi di interazione tra le funzioni core dell’intermediario, in particolare trading desk e Risk Management, e il CVA Desk, inteso nella duplice funzione di desk di negoziazione, attivo sui mercati, e di funzione preposta alla mitigazione del rischio.

Difatti, il CVA Desk può essere strutturato come un trading desk a tutti gli effetti, che vende copertura agli altri desks in cambio di un premio. Ad esempio, il CVA Desk può prendere in carico dal trader responsabile la componente di rischio creditizio di uno o più deals, impegnandosi a sottoscrivere le perdite dovute in caso di inadempienza della controparte, e ascrivendo al trader una commissione commisurata al costo per la copertura del rischio. Parte di queste commissioni viene destinata alla strutturazione di macrohedge, tramite ad esempio acquisizione di posizioni lunghe su derivati creditizi, mentre la restante parte può essere accantonata come riserva in caso di effettiva insolvenza di una controparte. In tale evidenza, infatti, il CVA Desk provvede a compensare il trader per la perdita di valore del derivato, al netto di eventuali effetti di netting con la controparte stessa.

Allo stesso tempo, tuttavia, il CVA Desk ha insita nella propria natura la funzione di risk mitigation, per perseguire la quale deve interagire con il Risk Management, ponendo la necessità di identificare univocamente ruoli ed interazioni, onde evitare sovrapposizioni o gap tra le due funzioni.

15 J. Gregory, “Counterparty credit risk and credit value adjustment. A continuing challenge for global

(22)

22 La sfida di maggiore rilievo che resta da affrontare risiede nell’inserimento organico di una struttura di CVA Desk all’interno dell’articolato organismo di un intermediario finanziario, a un duplice livello16:

a) sul piano interno, devono essere individuati e definiti puntualmente i meccanismi di funzionamento della struttura, le metodologie e le modalità di analisi in termini di portafogli e fattori di rischio, gli strumenti per la simulazione degli scenari attesi, nonché poteri, limiti e modalità per operare sui mercati;

b) sul piano esterno, risulta invece cruciale la revisione complessiva dei ruoli e dei processi di negoziazione e di risk management dell’istituto, al fine di integrare e armonizzare la nuova struttura nel contesto esistente, regolandone efficacemente i rapporti e le interazioni con le funzioni operative, come i desk di negoziazione, con le funzioni di controllo, come il Risk Management, e con gli organi di governance che ne delineano obiettivi, poteri e limiti.

4.2 La gestione dei rischi di mercato e di controparte nei gruppi

bancari italiani

Nel presente paragrafo viene fatta una rassegna di ciò che i cinque principali gruppi bancari italiani (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi, UBI Banca e Banco Popolare) hanno fatto e stanno facendo, a livello gestionale, per conformarsi a quanto previsto dalle nuove regole di Basilea 3, in merito al rischio di mercato e di controparte. Le informazioni sono state desunte dai Pillar 3 e dai bilanci che annualmente i gruppi bancari sono tenuti a pubblicare per adempiere ai propri doveri di disclosure nei confronti del pubblico. Un’analisi più dettagliata è riservata al Gruppo Unicredit, per il quale è stato possibile avere una testimonianza diretta avvenuta tramite intervista.

Unicredit

Rischio di mercato

Nell’intervista svolta al Gruppo Unicredit in merito al rischio di mercato, sono state affrontate le seguenti tematiche così come descritte nel Box 4.1.

16 L. Liberace, “Dal CVA al CVA Desk: verso una gestione attiva del rischio di controparte”, in Banche e banchieri – Vol.39 – Fasc. 2. – Anno 2012.

(23)

23 Box 4.1: argomenti per il rischio di mercato affrontati nell’intervista al Gruppo Unicredit.

Domande (Rischio di mercato) Risposte

Quali sono i fattori di rischio che il Gruppo considera per la misurazione del rischio di mercato?

Rischio di credito, rischio di corso azionario, rischio di tasso d’interesse, rischio di tasso di cambio, rischio di prezzo.

Attraverso quali misure viene gestito e

monitorato il market risk? Mediante due insiemi di misure: 1. Global Market Risk measures (VaR,

SVaR, IRC, Loss Warning Level e Combined Stress Test Warning Level);

2. Granular Market Risk measures

(Sensitivities).

Sulla base di queste misure, sono stati definiti dei

limiti operativi? Sono definiti due insiemi di limiti: 1. Global Market Risk limits; 2. Granular Market Risk limits.

Disponete di un programma di stress testing? Sì, su diversi scenari di stress (Scenario “Grexit”,

Scenario “Widespread Contagion” , Scenario “Adverse CEE” , Scenario “Emerging Markets Slowdown”.

Il Gruppo utilizza una misura coerente di rischio

come l’Expected Shortfall? Unicredit, pur essendo una banca universale, rimane principalmente una banca commerciale e l’utilizzo di una misura di rischio come l’Expected Shortfall troppo prudenziale.

Nel Gruppo Unicredit, l’attività di quantificazione dei rischi di mercato si basa sull’analisi giornaliera della vulnerabilità del portafoglio di negoziazione a movimenti avversi del mercato, relativamente ai seguenti cinque risk factors:

 Rischio di credito: rischio che il valore di uno strumento decresca a causa della

variazione dei credit spread;

 Rischio di corso azionario: rischio che il valore di uno strumento decresca a causa delle variazioni dei prezzi di azioni o indici;

 Rischio di tasso d'interesse: rischio che il valore di uno strumento decresca a causa della variazione dei tassi di interesse;

 Rischio di tasso di cambio: rischio che il valore di uno strumento decresca a causa della variazione dei tassi di cambio;

 Rischio di prezzo delle materie prime: rischio che il valore di uno strumento decresca a causa della variazione dei prezzi delle materie prime (ad esempio: oro, greggio).

Il gruppo UniCredit gestisce e monitora il rischio di mercato mediante due insiemi di misure:

(24)

24  Value at Risk (VaR), calcolato giornalmente mediante simulazione storica in full revaluation, con un intervallo di confidenza del 99%, sulla base di un periodo di osservazione di 500 giorni;

 Stressed VaR (SVaR), calcolato mediante simulazione storica in full revaluation, su un orizzonte temporale di un giorno su base settimanale, con un intervallo di confidenza del 99%, ma su un periodo stressato di osservazione di 250 giorni17;

 Incremental Risk Charge (IRC), calcolato su un orizzonte temporale di un anno ed un livello di confidenza del 99,9% usando una versione multivariata del modello di tipo Merton nel quale vengono considerati sia gli eventi di migrazione che di default (di fatto il default è visto come una particolare migrazione in uno stato assorbente; gli eventi migratori sono simulati su un orizzonte temporale di misura regolamentare, tenendo conto degli orizzonti di liquidità delle singole posizioni);

 Loss Warning Level (LWL), che è definito come la P&L economica cumulata su un periodo di 60 giorni lavorativi di un'unità di rischio;  Combined Stress Test Warning Level (STWL), che rappresenta la perdita

potenziale del valore di un portafoglio calcolata sulla base di uno scenario di stress.

 Granular Market Risk measures:

 Sensitivities, che rappresentano la variazione nel valore di mercato di uno strumento finanziario a causa dei movimenti dei fattori di rischio di mercato rilevanti.

Sulla base di queste misure, sono definiti due insiemi di limiti:

Global Market Risk limits (Loss Warning Levels, Combined Stress Test

Warning Level, VaR, SVaR, IRC): che hanno lo scopo di definire un limite all'assorbimento di capitale economico ed alla perdita economica accettata per le attività di negoziazione; questi limiti devono essere consistenti con il budget di ricavi assegnato e la risk taking capacity assunta;

Granular Market Risk limits (limiti sulle Sensitivity, sugli scenari di Stress e sui

nominali): che esistono indipendentemente, ma agiscono in parallelo ai Global

17

Per il calcolo del capitale regolamentare il VaR giornaliero e lo Stressed VaR sono debitamente riscalati su un orizzonte temporale di 10 giorni, mentre le misure giornaliere sono usate attivamente per la gestione del rischio di mercato.

(25)

25

Market Risk limits ed operano in maniera consolidata in tutte le legal entity (ove possibile); al fine di controllare più efficacemente e specificamente diversi tipi di rischio, portafogli e prodotti, questi limiti sono in generale associati a sensitività granulari oppure a scenari di stress. I livelli fissati per i Granular Market Risk limits mirano a limitare la concentrazione del rischio verso singoli risk factor o l'eccessiva esposizione verso risk factor che non sono sufficientemente rappresentati dal VaR.

Al fine di convalidare la coerenza dei modelli interni impiegati per il calcolo dei requisiti patrimoniali sui rischi di mercato, sono effettuati test retrospettivi (backtesting) confrontando le previsioni di rischio del modello interno con i risultati a posteriori dei profitti e perdite del portafoglio, al fine di verificare se le misure di rischio al 99esimo percentile effettivamente coprano il 99% dei risultati del trading. L’esercizio si basa sugli ultimi dodici mesi di dati (cioè 250 osservazioni giornaliere)18.

Inoltre, allo scopo di managerial reporting, i portafogli di negoziazione sono sottoposti a stress test in base a un’ampia serie di scenari complessi, quali:

Scenario “Grexit”: in questo scenario si assume l’uscita della Grecia dall’Euro. L’uscita di un paese dall’Unione Monetaria è un territorio inesplorato. In questo scenario, lo shock si propaga principalmente attraverso un effetto negativo sulla fiducia. In particolare, l’incertezza che seguirebbe l’uscita della Grecia e le speculazioni sulla possibile uscita di altri paesi avrebbe un severo effetto negativo sui mercati finanziari dell’eurozona e sulla crescita.

Scenario “Widespread Contagion”: in questo scenario, aggiornato nel Dicembre 2014, si assume un'escalation della crisi del debito, con pressioni su Spagna e Italia. Il rafforzamento dell'impegno dei governi nella costruzione di un firewall credibile contro il contagio e le politiche della BCE dovrebbero continuare a fornire un cuscinetto contro l'allargamento degli spread. Tuttavia, la volatilità del mercato e la perdurante crisi dei mercati finanziari porterebbero ad un pesante peggioramento delle condizioni finanziarie a livello europeo. A causa delle importanti interconnessioni commerciali tra i paesi dell'eurozona, tale shock finanziario sarebbe amplificato e causerebbe una recessione più profonda. L’aumento della tensione peserebbe su Spagna e Italia, generando delle pressioni sulle autorità europee per una risposta radicale e sistemica.

18 Per ulteriori approfondimenti sulla valutazione dei modelli VaR mediante l’utilizzo di test retrospettivi (backtesting) si veda Capitolo 1, Paragrafo 1.1.2.

(26)

26

Scenario “Adverse CEE”: in questo scenario, aggiornato nel Dicembre 2014, si

assume che i Paesi dell’eurozona affrontino una profonda recessione nel 2015 e 2016, dovuta all’impatto diretto e indiretto di uno shock negativo della zona CEE.

Scenario “Emerging Markets Slowdown”: questo scenario è stato introdotto a giugno 2011 e copre gli anni dal 2011 al 2013. L’assunzione base è quella di una crisi proveniente dall’economia reale, più precisamente un pesante rallentamento nella crescita delle economie emergenti che cominci nel 2011 e si intensifichi nel 2012. Questo avrebbe un effetto negativo sul PIL della zona euro, ed in misura minore su quello degli USA, dove il peso della produzione industriale e del commercio estero è minore.

Infine, è sempre più forte l’orientamento del Comitato di Basilea a sostituire il VaR con una misura di rischio coerente come l’Expected Shortfall 19

.Tuttavia, è bene ricordare che Unicredit, pur essendo una banca universale, rimane principalmente una banca commerciale e l’utilizzo di una misura di rischio come l’Expected Shortfall risulterebbe troppo prudenziale e difficilmente spiegabile sia orizzontalmente che verticalmente. Misure di SVaR e stress test risultano al momento abbastanza soddisfacenti, altrimenti basterebbe alzare a 99,5% il livello di confidenza.

Indispensabile, invece, risulta essere l’armonizzazione, tutt’ora in corso, dei sistemi risk IT e front office tra le molteplici legal entities del gruppo, al fine di ottenere una misurazione del market risk più coerente possibile con quanto previsto dalla nuova normativa regolamentare.

Rischio di controparte

Nell’intervista svolta al Gruppo Unicredit in merito al rischio di controparte, sono state affrontate le seguenti tematiche così come descritte nel Box 4.2.

19 Per ulteriori approfondimenti si veda Basel Committee on Banking Supervision, “Fundamental review of the trading book: A revisited market risk framework – second consultative document”, Bank for International Settlement, October 2013.

(27)

27 Box 4.2:argomenti per il rischio di controparte affrontati nell’intervista al Gruppo Unicredit.

Domande (Rischio di controparte) Risposte

Come avviene la stima dell’esposizione creditizia al fine di misurare il rischio di controparte?

La stima dell’esposizione creditizia, a livello di controparte, si articola in tre fasi:

 generazione degli scenari;

 valutazione degli strumenti;

 aggregazione.

In che modo viene gestito il Wrong Way Risk? Il Wrong Way Risk (WWR) attualmente non viene gestito, viene misurato attraverso indici di correlazione versus mercato o specifica controparte. Ovviamente le operazioni soggette a WWR pesano maggiormente in termini di RWA coerentemente con il modello interno.

Quale strategia avete adottato per la gestione del rischio CVA? Avete predisposto un apposito CVA

Desk?

Per la gestione e misurazione connessa al rischio di rettifiche di valore della componente creditizia (CVA), il Gruppo Unicredit non ha predisposto un “CVA Desk”. Al momento, il rischio CVA viene coperto mediante il ricorso a IRS plain vanilla e Foreign Exchange Spot.

Il gruppo ha previsto una specifica policy per il controllo e la gestione delle garanzie collateralizzate?

E’ stata definita a livello di Gruppo una specifica

policy per il controllo e la gestione delle garanzie

collaterali, la quale assicura che la garanzia collaterale concordata presenti le seguenti caratteristiche, quali la trasparenza dei prezzi, il livello di liquidità, l’esecutività, l'indipendenza e l'idoneità ai fini regolamentari.

Un’altra policy di Gruppo definisce la

re-hypothecation (l’uso delle garanzie ricevute come

garanzia dei propri debiti) di garanzie per assicurare prudenza e minimizzare i problemi di liquidità.

Il framework di gestione dei rischi creditizi di controparte nel gruppo UniCredit articola in tre fasi la stima, a livello di controparte, dell’esposizione creditizia:

Generazione degli scenari: scenari di mercato futuri sono simulati su un

insieme fisso di date di simulazione, utilizzando modelli di evoluzione di fattori di rischio;

(28)

28

Valutazione degli strumenti: per ogni data di simulazione e per ogni

realizzazione dei fattori di rischio di mercato sottostanti, si esegue la valutazione degli strumenti;

Aggregazione: per ogni data di simulazione e per ogni realizzazione dei

fattori di rischio di mercato sottostanti, i valori degli strumenti sono sommati per ottenere il valore di portafoglio per la controparte.

A scopo manageriale, l’esposizione a livello di controparte delle transazioni all’interno del modello interno (IMM) è misurato utilizzando la Potential Future Exposure (PFE). Per il calcolo del capitale regolamentare non viene effettuata nessuna stima di alpha, bensì si utilizza il valore fisso di 1,4.

UniCredit mitiga i rischi di credito di controparte in operazione con derivati attraverso il ricorso a controparti centrali (CCPs), tecniche di compensazione (netting) e di collateralizzazione. A tal proposito, viene definita a livello di Gruppo una specifica policy per il controllo e la gestione delle garanzie collaterali. Questa definisce i ruoli e le responsabilità delle strutture coinvolte sia a livello di Capogruppo sia di singola legal entity, i criteri di ammissibilità (anche tipi di garanzie pre-approvati, garanzie che richiedono approvazione specifica e garanzie non accettabili), assicurando che la garanzia collaterale concordata presenti le seguenti caratteristiche, quali la trasparenza dei prezzi, il livello di liquidità, l’esecutività, l'indipendenza e l'idoneità ai fini regolamentari.

Una struttura indipendente di gestione delle garanzie collaterali segue il processo di collateralizzazione; tale processo comprende la costituzione in pegno e la ricezione delle garanzie collaterali, effettuando la riconciliazione delle richieste di alimentazione del margine effettuate e/o non evase.

Un’altra policy di Gruppo definisce la re-hypothecation (l’uso delle garanzie ricevute come garanzia dei propri debiti) di garanzie per assicurare prudenza e minimizzare i problemi di liquidità. Inoltre, vengono effettuati reports mensili per misurare le garanzie collaterali addizionali che la banca dovrebbe eventualmente fornire in caso di downgrade del suo rating creditizio.

Il Wrong Way Risk (WWR) attualmente non viene gestito, viene misurato attraverso indici di correlazione versus mercato o specifica controparte. Ovviamente le operazioni soggette a WWR pesano maggiormente in termini di RWA coerentemente con il modello interno.

(29)

29 Per la gestione e misurazione connessa al rischio di rettifiche di valore della componente creditizia (CVA), il Gruppo Unicredit non ha predisposto un “CVA Desk”. Al momento, il rischio CVA viene coperto mediante il ricorso a IRS plain vanilla e Foreign Exchange Spot.

Intesa Sanpaolo Rischio di mercato

Nel Gruppo Intesa Sanpaolo, l’analisi dei profili di rischio di mercato relativi al portafoglio di negoziazione si avvale di alcuni indicatori quantitativi di cui il VaR è il principale. Le stime di VaR vengono svolte giornalmente con metodologie di simulazione storica, intervallo di confidenza 99% e orizzonte temporale di 1 giorno. Essendo il VaR un indicatore di sintesi che non cattura pienamente tutte le possibili fattispecie di perdita potenziale, il presidio dei rischi è stato arricchito con altre misure, in particolare le misure di simulazione per la quantificazione dei rischi rivenienti da parametri illiquidi (dividendi, correlazione, ABS, hedge fund).

Coerentemente con l’approccio di simulazione storica utilizzato per il calcolo del VaR, il Gruppo calcola lo Stressed VaR con un livello di confidenza al 99%, un orizzonte temporale di un giorno su base settimanale e su un periodo stressato di osservazione di 250 giorni.

Il controllo dei rischi relativamente all’attività di trading del Gruppo Intesa Sanpaolo si avvale anche di analisi di scenario e prove di stress. A fine giugno, gli impatti sul conto economico di selezionati scenari relativi all’evoluzione di prezzi azionari, tassi di interesse, spread creditizi, tassi di cambio e prezzi delle materie prime sono così sintetizzabili:

per le posizioni sui mercati azionari uno scenario (c.d. “bearish”), con calo dei

prezzi pari al 5% con e contestuale rialzo della volatilità pari al 10%, avrebbe comportato una perdita teorica pari a 16 milioni; nello scenario opposto il guadagno teorico ammonterebbe a 6 milioni;

 per le esposizioni ai tassi di interesse, uno spostamento parallelo di +40 punti base avrebbe comportato un impatto negativo di 143 milioni, mentre uno scenario di tassi ribassisti comporterebbe potenziali guadagni per 48 milioni;

(30)

30

 per le esposizioni sensibili a variazioni degli spread creditizi, un ampliamento

di 25 punti base degli spread avrebbe comportato una perdita teorica di 233 milioni;

 con riferimento alle esposizioni sul mercato dei cambi, il rialzo dell’euro nei confronti delle altre valute avrebbe comportato una perdita teorica di circa 11 milioni;

 infine, per le esposizioni su merci, il profilo di rischio evidenzia una potenziale

perdita teorica (-1 mln) in caso di rialzo dei prezzi del 20% dei sottostanti.

Rischio di controparte

A valere dalla segnalazione del 31 marzo 2014, Intesa Sanpaolo ha ricevuto l’autorizzazione, da parte della Banca d’Italia, per l’utilizzo del modello interno per il rischio di controparte a fini regolamentari. A partire da tale data segnaletica, pertanto, i Gruppo utilizza il modello interno ai fini del calcolo della componente di EAD del requisito a fronte di rischio default e ai fini del calcolo del nuovo requisito di CVA. E’ ammesso, ai fini della riduzione del valore delle esposizioni, il riconoscimento di vari tipi di compensazione contrattuale (contratti di “netting agreements”).

Ai fini della misurazione gestionale degli utilizzi delle linee di credito per rischio di sostituzione, il Gruppo adotta l’esposizione potenziale (stimata con la PFE effettiva media). Le misure di PFE sono calcolate giornalmente dalla Direzione Risk Management, analizzate ed inviate ai sistemi di monitoraggio delle linee di credito per derivati OTC. La Direzione Risk Management, inoltre, provvede a fornire un reporting giornaliero delle posizioni con un utilizzo superiore al 70%, con l’indicazione dell’analisi finanziaria sottostante la modifica della misura della PFE nel tempo.

Per un’efficace gestione del rischio all’interno della banca è necessario che il sistema di misurazione dei rischi risulti integrato nei processi decisionali e nella gestione dell’operatività aziendale. A tal fine, il Gruppo si è dotato di un modello operativo che ha l’obiettivo di pervenire alla stima, anche ai fini regolamentari, di misure statistiche che permettano di analizzare l’evoluzione della rischiosità dei derivati nel tempo. A tal proposito, a partire da Luglio 2013, sono stati attivati i seguenti processi aziendali:

 definizione e calcolo periodico di prove di stress su scenari di mercato e scenari

(31)

31

definizione e analisi periodica del rischio di correlazione sfavorevole (Wrong

Way Risk), ovvero del rischio di una correlazione positiva tra l’esposizione futura nei confronti di una controparte e la sua probabilità di default;

 definizione e monitoraggio di limiti gestionali a livello di portafoglio per

l’operatività in derivati OTC;

contribuzione delle misure di rischio di inflows/outflows di collaterale, calcolate

tramite il modello interno sul rischio di controparte, per le operazioni in derivati OTC con accordo di collateral;

 reporting al management delle misure, calcolate mediante modello interno, di

esposizione, requisito di capitale, livello di utilizzo dei limiti gestionali, risultati delle prove di stress e delle analisi di rischio di correlazione sfavorevole.

Per l’individuazione del WWR generico è prevista una metodologia che utilizza i risultati delle prove di stress effettuate nell’ambito del programma di stress testing del rischio di controparte, focalizzandosi sulle controparti il cui credit spread presenta maggiore correlazione storica con i fattori di rischio individuati dalle prove di stress test.

Per l’individuazione del WWR specifico è prevista una metodologia basata sull’analisi della relazione tra le previsioni sul Mark To Market del portafoglio di una controparte e le previsioni sul credit spread della stessa controparte, nei diversi scenari del modello EPE, ad un dato timestep futuro.

Per adempiere a quanto previsto dalle nuove regole, si è sviluppato un nuovo modello di calcolo, denominato Bilateral Credit Value Adjustment (bCVA), che valorizza pienamente, oltre che gli effetti delle variazioni del merito creditizio della controparte, anche le variazioni del proprio merito creditizio (Debt Value Adjustment – DVA). Il bCVA è costituito da due addendi, calcolati considerando la possibilità di fallimento di entrambe le controparti, denominati Credit Value Adjustment (CVA) e Debt Value Adjustment (DVA):

 il CVA (negativo) tiene in considerazione gli scenari in cui la controparte

fallisce prima della banca e la banca presenta un’esposizione positiva nei confronti della controparte. In tali scenari la banca subisce una perdita di ammontare pari al costo di sostituzione del derivato stesso;

 il DVA (positivo) tiene in considerazione gli scenari in cui la banca fallisce prima della controparte e presenta un’esposizione negativa nei confronti della

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