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Academic year: 2021

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5.

L

A

C

OMUNICAZIONE EFFICACE

:

UNO STRUMENTO PER IL FARMACISTA CONSAPEVOLE

5.1 LA COMUNICAZIONE

La comunicazione si definisce come: “tutti i modi con cui gli esseri umani

entrano in contatto tra loro, ovvero lo scambio di messaggi tra due o più persone in un’interazione”.

“Comunicare” deriva dal latino communis, che significa propriamente “condiviso”, “comune”, “pubblico”. Quando si comunica si condivide: nell’era della globalizzazione è ormai indispensabile fornire informazioni, che devono però rispondere a criteri di qualità e di efficacia tali da permettere ai destinatari un loro uso consapevole.

Perché si possa parlare di comunicazione, infatti, non è sufficiente che ci sia passaggio di informazione da una fonte ad un ricevente, altrimenti si tratterebbe di un semplice transito di dati; un atto comunicativo prevede uno scambio di informazioni, in grado di attivare nel ricevente, a livello conscio o inconscio, immagini, sentimenti, giudizi ed impressioni, che ne influenzeranno le opinioni.

Un bravo comunicatore stimola la cooperazione attraverso il rispetto delle regole della conversazione (qualità, quantità, modo e relazione), e allo stesso tempo riduce l’asimmetria comunicativa adattando il proprio linguaggio a quello dell’interlocutore.

La comunicazione umana di distingue in:

 Comunicazione sociale o Comunicazione di massa

viene realizzata da una o poche persone ed è rivolta a molti individui (televisione, stampa, radio, pubblicità, utenti e riceventi).

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 Comunicazione interpersonale

coinvolge due o più persone e si basa sempre su una relazione in cui gli interlocutori si influenzano sempre l'un l'altro, anche quando non se ne rendono conto.

La comunicazione interpersonale non implica solo l’atto consapevole del “parlare”, ma avviene in larga parte a livello inconscio, si distingue infatti in:

› Comunicazione verbale, che avviene attraverso l'uso del linguaggio sia scritto che orale;

› Comunicazione non verbale, che avviene senza l'uso delle parole, attraverso vari canali (mimiche facciali, sguardo, gesti, posture, andature etc.);

› Comunicazione paraverbale, che riguarda la voce (tono, volume, ritmo) ma anche le pause e le varie espressioni sonore (risate, schiarirsi la voce).

Si distinguono vari elementi in un atto comunicativo:

L’emittente: è la persona che avvia la comunicazione attraverso un messaggio.

Il ricevente: accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende.

Il codice: parola parlata o scritta, immagine, tono impiegata per formare il messaggio.

Il canale: il mezzo di propagazione fisica del codice (onde sonore o elettromagnetiche, scrittura, bit elettronici).

Il contesto: l'ambiente all'interno del quale si situa l'atto comunicativo. Il referente: l'oggetto della comunicazione, a cui si riferisce il

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In un processo comunicativo ideale, il messaggio dell’emittente arriva al ricevente attraverso il giusto canale e grazie al giusto codice, evitando “barriere della comunicazione”, come ad esempio: dare ordini, spaventare, moralizzare, persuadere, elogiare, cambiare argomento.

5.2

L’

IMPORTANZA DI SAPER COMUNICARE

La grande massima della comunicazione è che non si può non comunicare al di là della nostra volontà. In una comunicazione tra persone l’importanza di ciò che non diciamo sovrasta quello che diciamo. Il messaggio viene infatti trasmesso per il 93% grazie alla comunicazione non verbale e para verbale, mentre solo il 7 % di quanto comunichiamo è veicolato dalle parole:

Grafico 5.1

E’ attraverso il linguaggio del corpo che passa il grosso del messaggio che trasmettiamo durante una comunicazione, come ad esempio la mimica facciale, i gesti, le posture, il tono della voce.

Comunichiamo anche attraverso i comportamenti: il silenzio, la distrazione o l’attenzione possono trasmettere sicurezza, fiducia e autorevolezza oppure insicurezza, sospetto e paura.

Comunicazione verbale 7% Comunicazione paraverbale 38% Comunicazione non verbale 55%

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Una frase assume significati diversi a seconda del tipo di linguaggio del corpo che la accompagna: se quanto detto è incongruente con i messaggi non verbali, questi prevalgono nella trasmissione del messaggio; tutto questo avviene prevalentemente al di sotto del livello di consapevolezza, infatti la comunicazione non verbale è recepita a livello inconscio, e stimola reazioni di tipo emotivo.

Sarebbe dunque un grave errore ignorare questo aspetto della comunicazione soprattutto per chi lavora a stretto contatto con il pubblico: tutti gli operatori sanitari dovrebbero essere formati per saper sfruttare

questa risorsa, con cui spesso si riesce a dire più che con il parlato. Il farmacista in questo senso, padroneggiando tecniche comunicative non

verbali, potrebbe aumentare l’efficacia dei messaggi, accostando alle giuste parole un linguaggio del corpo capace di veicolare le informazioni.

Un altro aspetto importante della comunicazione, è che la comunicazione

non è mai a senso unico: ogni processo comunicativo avviene in entrambe

le direzioni, non si può parlare di comunicazione se il flusso di informazioni è unidirezionale. Parlare a molti senza ascoltare, rappresenta una semplice trasmissione di informazioni, come avviene ad esempio con la televisione, dove non c’è possibilità di replica. Il processo comunicativo è un operazione cooperativa dove si costruisce insieme una realtà e una verità condivisa; se il messaggio viene percepito in modo distorto, spesso la distorsione è alla fonte, e dipende da chi non è riuscito a far arrivare bene il proprio messaggio e non solo da chi non lo capisce.

Una comunicazione efficace inizia con la comprensione completa del

messaggio da trasmettere, a cui segue un’adeguata scelta del linguaggio. Il messaggio deve essere chiaro e possibilmente non noioso, ma deve

restare integro del suo significato: tutti sono in grado di parlare o scrivere in modo oscuro ed anonimo, la difficoltà sta proprio nel rendere facili concetti complessi.

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Inoltre alla chiarezza bisogna accompagnare un'ulteriore fatica: la concisione.

La parte più delicata è però il processo dell’ascolto: l’ascoltare non è un “sentire automatico”, ma un processo intellettuale ed emotivo, che cerca di integrare gli stimoli fisici, le emozioni ed i ragionamenti per dare significato ad un messaggio. L’ascolto è una condizione non solo sufficiente, ma necessaria dell’atto comunicativo, che necessita di pazienza, della capacità di mettersi nei panni dell’altro, e nel sapere cambiare prospettiva.

Distinguiamo nell’ascolto quattro fasi:

› L’udito (il sentire fisicamente il messaggio);

› L’attenzione (mettere a fuoco ciò che si è sentito);

› La comprensione (implica l’interpretazione del messaggio); › Il ricordo (la capacità di richiamare le informazioni).

5.3 SIAMO CIÒ CHE COMUNICHIAMO

La comunicazione può avere vari scopi: informare, convincere, comandare, esprimere se stessi o esprimere il pensiero di altri. Saper comunicare è importante perché per gli altri conta di più ciò che comunichiamo piuttosto che ciò che siamo in realtà: cioè siamo ciò che siamo percepiti. Per una professione come quella del farmacista questo è fondamentale, perché è una delle professioni che deve godere maggiormente della fiducia del pubblico.

Se un farmacista comunica un’immagine negativa di sé, attraverso atteggiamenti di ansia o di nervosismo, potrebbe indurre il paziente a dubitare della sua affidabilità. Questo potrebbe avere ripercussioni economiche, in quanto si potrebbe allontanare un possibile cliente, ma ci potrebbero essere anche ripercussioni nell’efficacia di una terapia: se il paziente non si fida del farmacista, non si fiderà neanche della terapia.

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Avere a fianco un professionista che alla semplice dispensazione del farmaco unisca la capacità di dare fiducia, attraverso un’adeguata comunicazione, può essere un punto di partenza importante in un processo di guarigione. La cosa più importante è tenere conto che la comunicazione tipica tra farmacista e paziente è di tipo verticale, perche è sbilanciata sia dal punto di vista conoscitivo che di potere.

Un buon comunicatore sa quello che dice e il modo in cui dirlo: sa utilizzare le migliore strategie per rendere il suo messaggio il più efficace possibile, e oltre a saper comunicare, sa ascoltare in modo attivo, rendendosi conto del livello di chi ha davanti.

Così facendo è in grado di riportare la comunicazione dal piano verticale al piano orizzontale eliminando le distorsioni e ottenendo il massimo risultato comunicativo.

5.4 LA COMUNICAZIONE SANITARIA IN FORMA SCRITTA

Comunicare significa far capire ad altri il nostro messaggio: oltre alla comunicazione orale, riveste un ruolo importante nella divulgazione delle informazioni la comunicazione scritta. Nel mondo moderno siamo circondati da scritte, che vanno dai cartelli nelle strade, ai libri, fino ai moderni mezzi di comunicazione scritti, come le e-mail, gli sms, ed internet in generale. Il principale vantaggio di un testo scritto, rispetto a una discussione orale, è che il testo può essere riletto più volte, e le informazioni vengono fissate meglio nella mente; inoltre un testo scritto permette di riflettere meglio sui messaggi, a mente fredda e calma.

Nella divulgazione di informazioni sulla salute e sui farmaci si utilizza

molto la forma scritta: i materiali informativi delle aziende sanitarie, i moduli di consenso informati, i foglietti illustrativi dei farmaci o ancora le

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Spesso però questi testi non tengono conto del livello medio di alfabetizzazione dei destinatari, cioè non garantiscono un livello di comprensibilità accettabile. Questo avviene anche a livello del giornalismo medico scientifico, quella parte della stampa che si occupa di produrre testi sulla sanità e l’innovazione scientifica; a volte gli autori di questi testi tendono a scrivere più che per informare i lettori, per esibire ai loro interlocutori (gli esperti, e forse ancora di più i colleghi) la loro cultura scientifica.

Per creare una popolazione più consapevole nelle scelte sulla salute andrebbero pensati dei percorsi di semplificazione del linguaggio usato in questi tipi di settori. Tutti i cittadini dovrebbero avere la possibilità di capire i documenti che influiscono, talvolta in modo sostanziale, sulle loro vite, sui loro diritti e obblighi; ecco perché i testi scritti che li riguardano da vicino dovrebbero essere scritti con la precisa intenzione di essere compresi il più

possibile. Esiste una modalità di scrittura che ha questo preciso scopo: il plain language.

5.5 IL PLAIN LANGUAGE: LA VIA PIÙ BREVE TRA DUE PUNTI

Idealmente, un lettore dovrebbe riuscire a comprendere un testo alla prima lettura: esiste uno stile di scrittura, detto plain language usato dallo scrittore per trasmettere le informazioni in suo possesso al lettore nel modo più semplice ed efficace possibile.

Privo di complessità non necessaria, è la linea retta che costituisce la via più breve fra due punti: l'emittente ed il destinatario del messaggio.

“Put the reader first”, il lettore prima di tutto: questo concetto sintetizza

il principio cardine del plain language, scrivere in questo stile significa individuare solo le informazioni di cui il lettore ha bisogno, per poi organizzarle ed esporle in modo che abbia alte probabilità di comprenderle.

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Il plain language è la lingua ordinaria, che si sforza di assomigliare a quella usata nella conversazione quotidiana: è un linguaggio moderno, vicino all'uso, privo di espressioni gergali, dotte, formali o rare, e dotato di un'impostazione grafica che facilità la lettura. Con Il plain language non si cerca la comprensibilità assoluta, che sarebbe un'utopia, bensì la massima comprensibilità possibile: il concetto stesso di comprensibilità, del resto, è relativo, perché dipende dalle capacità del lettore stesso. Nessun testo è comprensibile in assoluto, ciò che è chiaro allo specialista non lo è al profano: la chiarezza non è una qualità intrinseca al testo, l’arbitro della chiarezza è solo il lettore.

Il plain language è basato sul lettore e non sullo scrittore, le sue caratteristiche variano in funzione del lettore: si tratta di un testo adeguato al ricevente. Lo scrittore deve calarsi nei panni dei lettori, e adattare quello che deve dire alle loro esigenze e capacità di comprensione. Chi scrive deve tenere presente cosa il lettore abbia bisogno di capire, e cosa sia in grado di capire; per questo deve cercare di selezionare le informazioni rilevanti per il lettore, scartando quelle superflue, e presentarle in modo che il lettore le possa facilmente comprendere.

Il testo viene realizzato in base alle presunte conoscenze possedute dal destinatario che sono di due tipi:

› Conoscenze linguistiche, in particolare le abilità di lettura;

› Conoscenze extralinguistiche, ovvero l’insieme delle conoscenze che il lettore ha sul mondo, comprese le nozioni specifiche riguardanti l'argomento di cui si tratta.

Un testo, quindi, può essere scritto in plain language pur contenendo termini altamente tecnici, se si pensa che siano familiari al tipo di lettore a cui ci si indirizza.

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Il plain language si avvale di tecniche mirate a ottenere testi di facile lettura: si tratta di linee guida, più che di vere e proprie regole, e non sono certo inderogabili. Per esempio: tendenzialmente si usano verbi in forma attiva, ma non si esita a ricorrere alla forma passiva, se necessario; nessun dogma, dunque. Queste tecniche dello scrivere chiaro sono suggerite da rigorose ricerche sulla leggibilità e sulla comprensibilità: si utilizza un lessico comune, familiare ai più; le parole vengono prese il più possibile dal vocabolario di base, l'insieme minimo di parole che garantisce la possibilità di comunicare.

Si evitano parole complesse, le espressioni astratte, gli acronimi e le abbreviazioni; se si usa una sigla, si indica il significato per esteso almeno la prima volta che compare, si limita il più possibile l'uso di termini tecnico-specialistici. Oltre alle parole, si dà anche alle frasi una struttura semplice, che il lettore possa facilmente elaborare prediligendo le frasi brevi e si evita di concentrare troppe informazioni in un'unica frase.

Al livello dell'organizzazione generale del testo, le informazioni non vengono presentate in ordine casuale, ma disposte secondo un criterio

preciso, che può essere logico, cronologico, gerarchico o di altro genere, purché aiuti il lettore a seguire il filo del discorso. L'informazione

principale precede, di preferenza, quelle secondarie o di dettaglio, le conclusioni sono fornite prima delle motivazioni (è la cosiddetta struttura “a piramide rovesciata”).

Il testo è frammentato in paragrafi brevi: nulla è più indigesto al lettore che un grosso blocco compatto di parole, fitto e senza interruzioni. Ogni paragrafo corrisponde a un'unità concettuale, contiene, cioè, informazioni tra loro omogenee. Titoli, sottotitoli, didascalie, parole chiave evidenziate e altri elementi di contorno al testo orientano il lettore, costituendo una sorta di segnaletica stradale del discorso.

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Il plain language tiene conto anche della ricerca su come la realizzazione grafica dei documenti incide sulla loro leggibilità. Il testo è presentato in modo da risultare anche visivamente più comprensibile: è preferibile l’uso di caratteri sufficientemente grandi, almeno di corpo 12.

Le varie parti del testo sono opportunamente separate da spazi bianchi, che fanno respirare la pagina (e il lettore); tabelle e grafici forniscono un supporto visuale alla comprensione.

5.6 VALUTARE LA COMPRENSIBILITÀ DI UN TESTO

L'unico modo per stabilire se un documento è veramente comprensibile è testarlo sui lettori: sottoporlo a un campione rappresentativo dei suoi destinatari reali, cioè a persone con caratteristiche socio-culturali simili a quelle degli utenti a cui è rivolto, e verificare se l'hanno capito.

Naturalmente sono operazioni che comportano un dispendio di tempo, soldi ed energie; tuttavia, quando si producono documenti di larga diffusione, i costi del test sono certamente inferiori ai costi economici e sociali della scarsa chiarezza: si pensi solo al tempo perso dai dipendenti per rispondere alle domande dei cittadini o ai problemi conseguenti alle compilazioni errate.

La partita della chiarezza si gioca invece, soprattutto, sul piano dei

contenuti, dell’organizzazione delle informazioni, della coerenza logica. Il plain language, essendo accessibile a un numero maggiore di persone,

costituisce un fattore di democraticità, in quanto riduce questa ingiusta discriminazione tra i cittadini, basata sul livello di istruzione; il successo della comunicazione, infatti, incontra alcuni ostacoli invalicabili, la sua piena comprensione spesso richiede conoscenze che vanno al di là del documento stesso.

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Il plain language si prefigge solo di eliminare le complessità inutili, generate dalla scarsa competenza comunicativa di chi scrive e non mira ad abbassare il livello intellettuale dei testi, bensì a rimuovere gli ostacoli linguistici alla comprensione. Inoltre si fonda sulla consapevolezza che la lettura è un processo cognitivo, che si svolge secondo determinate regole: la scrittura deve assecondare questo processo, modellandosi su di esso, anziché, come avviene nel caso della prosa burocratica tradizionale, renderlo più difficoltoso.

Più in generale, è auspicabile che siano scritti in plain language tutti i testi

rivolti ai cittadini, contenenti informazioni importanti per le loro vite: dai foglietti illustrativi dei farmaci alle etichette dei surgelati, dai referti e

certificati medici alle istruzioni per l'uso degli elettrodomestici.

5.7 IL FOGLIETTO ILLUSTRATIVO CARTACEO

Uno dei testi scritti più importanti per il cittadino-paziente è il foglietto illustrativo, noto come Bugiardino: termine ormai registrato nei dizionari della lingua italiana dell'uso; all’origine di questa parola, entrata a far parte dell’uso comune, c’è il fatto che nell’immaginario collettivo il foglietto illustrativo, dato il suo linguaggio criptico, sia ideato per nascondere, più o

meno velatamente, qualche inganno.

Nel 2009 una ricerca condotta nelle Ipercoop italiane, dal Prof. Calamusa e dalla Prof.ssa Carducci, aveva evidenziato come gli italiani avessero

problemi con il foglietto illustrativo e le parole della salute in genere. La ricerca, basata sulla distribuzione di 1.416 questionari, aveva indagato

quanto le persone comprendevano il significato dei termini più comuni presenti nei foglietti illustrativi, e quanto erano consapevoli del rischio legato al loro uso.

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La prima carenza rilevata dal questionario risultò la comprensione dei termini usati per i farmaci di automedicazione: solo il 37% sapeva che quelli senza ricetta corrispondevano ai farmaci "da banco", mentre il 40% faceva confusione con i generici; Solo il 61% dei pazienti, poi, sapeva che il bollino “smile” indica i farmaci da automedicazione.

Per quanto riguarda il foglietto illustrativo, anche se l’86% affermò di leggerlo, solo il 67% dichiarò di trarne un qualche aiuto, il 23% ne risultò allarmato, e il 9% confuso.

Il sondaggio evidenziò anche che di vari termini non è noto il significato come, ad esempio, nefrite e stipsi. Riguardo alle proprietà dei farmaci, la parola mucolitico risultò la meno nota, nonostante i tanti sciroppi per la tosse “autosomministrati” ai primi freddi.

Nel complesso il livello di “consapevolezza del rischio” risultò abbastanza elevato, ma ci fu una quota di persone che sottostimava il rischio di interazioni tra farmaci da banco e gli altri farmaci.

Altri studi hanno rilevato che il foglietto illustrativo è in genere scritto con caratteri estremamente ridotti che mal si adattano alle condizioni visive degli anziani.

5.

IL FOGLIETTO ILLUSTRATIVO ELETTRONICO: L’E-LEAFLET

Un sito internet ha recentemente realizzato un servizio che potrebbe essere molto interessante per superare alcuni limiti dei foglietti illustrativi.

Si tratta di MyHealthbox (https://www.myhealthbox.eu/it), una sorta di gigantesco “database”di farmaci, che contiene principio attivo, composizione, forma farmaceutica e foglietto illustrativo di circa un milione di farmaci.

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Il sito offre un servizio che si chiama e-leafleat: si tratta di un vero proprio “foglietto illustrativo elettronico”, aggiornato in tempo reale, con funzionalità aggiuntive di navigazione, ricerca, contributi audio, immagini, video e forum di aiuto per il calcolo del dosaggio.

Un “bugiardino digitale” che si propone come più utile, ricco di contenuti ed informativo del tradizionale foglio illustrativo cartaceo: grazie a questo servizio le aziende farmaceutiche potrebbero risolvere le problematiche di aggiornamento dei fogli illustrativi cartacei e delle restrizioni sui contenuti imposte dal formato.

Il contenuto degli e-Leaflet segue lo stesso percorso di approvazione dei fogli cartacei, preparati dalle case farmaceutiche e approvati dall'Aifa in Italia e dall'Emea in Europa, e prevede un foglio per ogni lingua e formulazione; inoltre questo servizio, che è totalmente gratuito, offre la possibilità di segnalare eventuali reazioni avverse, che in tempo reale vengono inviate direttamente alla aziende farmaceutiche seguendo un preciso protocollo deciso dal Ministero della Sanità e dall'AIFA.

Questa è una novità importante che potrebbe davvero essere a vantaggio dei consumatori, e utile anche per diminuire il problema delle reazioni avverse non segnalate. La prospettiva è che un sistema del genere possa essere d’aiuto a quella branca della farmacia che si occupa di vigilare i farmaci immessi sul mercato: la Farmacovigilanza.

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