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Academic year: 2021

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Capitolo 1: Generalità sui reattori veloci

1.1 Caratteristiche generali dei reattori veloci

L’energia ottenuta per mezzo delle reazioni di fissione nucleare è prodotta oggi nel mondo in reattori che utilizzano flussi di neutroni termici (E = 0.0253 eV) per fissionare i nuclei del combustibile, costituito di norma da ossidi di uranio leggermente arricchito (3÷4%) o da ossidi misti di uranio e di plutonio. Lo sfruttamento del combustibile in tali reattori si limita però a circa 1% dell’uranio estratto (di cui almeno metà è fornito dall’U238 attraverso le fissioni del plutonio

convertitosi all’interno del core stesso), mentre il resto viene trattato come scoria o, nella migliore delle ipotesi, riprocessato per il recupero dell’uranio e del plutonio. In un reattore veloce, oltre ad uno spettro nettamente differente, si ha anche un flusso neutronico più intenso (circa 100 volte più elevato). Pertanto il combustibile potrebbe essere sfruttato fino anche al 70% mediante le reazioni di conversione che autoalimentano il reattore stesso, innalzando così il burn-up e lo sfruttamento del combustibile. Tale processo sarebbe in teoria fattibile anche in un reattore termico minimizzando le fughe, utilizzando moderatori e refrigeranti con bassissima sezione di cattura (rispettivamente grafite a purezza nucleare ed elio) e limitando al massimo l’uso di materiali con alta sezione di assorbimento per i componenti del core. Tale processo sarebbe enfatizzato mediante l’uso del ciclo U-Th in quanto l’U233 presenta, tra i nuclei fissili, il maggiore rapporto η tra il numero di neutroni prodotti ed il numero dei neutroni assorbiti, mentre per l’U235 e per il Pu239 tale rapporto è comunque

troppo basso.

Sotto il nome di “reattori veloci” vengono normalmente compresi tutti quei sistemi moltiplicanti in cui l’azione di rallentamento dovuto allo scattering elastico ha un’incidenza di scarso rilievo in confronto a quanto invece accade nei reattori termici in cui tale azione gioca un ruolo determinante. Ciò è dovuto alla scelta di limitare, in maniera più o meno accentuata, la presenza di materiale moderante nel core. La conseguenza che ne deriva è l’elevato valore dell’energia media dello spettro neutronico (“indurimento” dello spettro). Indicando con Σf e φ(E) rispettivamente la sezione

d’urto macroscopica di fissione ed il flusso neutronico, l’energia media di fissione Ef, (energia alla

quale avvengono mediamente le fissioni) è data da:

∞ ∞ Σ Σ = 0 0 dE dE E E f f f φ φ (1.1)

I valori che Ef assume per le diverse tipologie di reattore sono riassunti nella seguente tab. 1.1.

Tipo di reattore Energia media di fissione

Termico <1 eV

Epitermico 1 eV÷10 KeV

Veloce > 100 KeV

Spettro di fissione (valore medio) ~1 MeV

Tabella 1.1: Valori dell’energia media di fissione [1.5]

Vale la pena di sottolineare come l’energia media del flusso di un nocciolo veloce non è pari a quella dello spettro di fissione ma inferiore. Infatti non è possibile annullare l’effetto moderante dei materiali componenti il core (combustibile legato come ossido o carburo, materiali strutturali leggeri, etc.), principalmente per le reazioni di scattering anelastico: contrariamente a quanto

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avviene nei reattori termici, il flusso neutronico è condizionato in buona parte proprio dalle reazioni di scattering anelastico dei neutroni veloci con i nuclei di combustibile (fissile e fertile), e degli altri materiali presenti nel core. Lo scattering anelastico è caratterizzato da un’energia di soglia al di sotto della quale l’interazione non avviene; un neutrone scatterato al di sotto di tale energia di soglia subisce solo poche reazioni di scattering elastico, che è una reazione molto meno importante dell’assorbimento e delle fughe in merito alla distribuzione energetica del flusso ma riveste una notevole importanza nei riguardi del controllo del reattore in quanto tale “coda epitermica” è quella che maggiormente interagisce con le risonanze (effetto Doppler). Tali collisioni anelastiche fanno sì che la distribuzione energetica del flusso neutronico ricordi nella forma lo spettro di fissione, con uno slittamento più o meno marcato verso valori energetici più bassi.

Un’altra tipica caratteristica dei reattori veloci (specie se di potenza) è la grande quantità di combustibile richiesto rispetto ai sistemi termici per raggiungere la massa critica. Ciò è dovuto ai bassi valori delle sezioni d’urto microscopiche nella zona energetica rilevante dello spettro, ovviabile mediante un opportuno aumento della quantità del combustibile. Di conseguenza, considerando le specifiche di progetto (potenza, massima temperatura di camicia, massima velocità del refrigerante, etc.) ed anche le necessità di risparmio sui costi di immobilizzo della massa critica, si tende a progettare noccioli il più possibile compatti con potenze specifiche molto elevate. Fino ad ora l’uso di metalli liquidi (Na, Pb-Bi, Pb) ha consentito l’adozione di potenze specifiche elevate (500÷700 MWth/ton. di fissile) e quindi una certa compattazione dei noccioli, grazie agli elevati

coefficienti di scambio termico ed alla bassa tensione di vapore. A tale fine contribuisce anche l’utilizzo di elementi di combustibile molto più sottili rispetto a quelli utilizzati nei reattori termici: ciò consente in particolare di disporre di una maggiore superficie di scambio termico e di avere un rapporto tra la temperatura al centro e quella di superficie dell’elemento abbastanza basso. I maggiori costi di produzione dovrebbero essere compensati dal burn-up, mediamente superiore di un ordine di grandezza rispetto ai reattori termici.

Uno dei principali motivi del notevole interesse per i reattori veloci e per cui ancora oggi si ritiene essi rappresentino il futuro dell’energia nucleare è costituito dalla maggiore capacità di questi sistemi, nei confronti di quelli termici, a rigenerare materiale combustibile attraverso il processo di fertilizzazione o breeding.

Le possibili catene di reazioni di fertilizzazione che possono avvenire in un reattore sono le seguenti:

1. U238 + n Æ U239 + γ; U239 Æ Np239 + e-; Np239 Æ Pu239 + e- (1.2)

2. Th232 + n Æ Th233 + γ; Th233 Æ Pa233 + e-; Pa233 Æ U233 + e- (1.3)

Nel primo caso il materiale fissile è il Pu239, mentre nel secondo caso è l’U233.

Le ragioni per cui si auspica nel futuro il progressivo sviluppo e la diffusione dei reattori veloci sono molteplici, di natura sia tecnica che economica.

In primo luogo con un reattore veloce lo sfruttamento del combustibile potrebbe, come già anticipato, passare dall’attuale 1% fino anche al 50% moltiplicando il periodo di utilizzo delle risorse di uranio di almeno cinquanta volte, oltre che impedire un’eventuale ascesa dei costi del combustibile; inoltre il grande quantitativo di plutonio disponibile dallo scarico dei reattori termici costituisce un ottimo materiale per il core di un reattore veloce, per cui il Pu239 è il miglior combustibile grazie al suo favorevolissimo rapporto η alle alte energie tipiche di questi reattori. Questo induce a ritenere che bruciando il combustibile nucleare in un reattore veloce il costo dell’energia possa mantenersi basso e stabile per lungo tempo. La tab. 1.2 fornisce un’idea dei differenti ordini di grandezza disponibili, in termini di autonomia energetica, mediante uso esclusivo di reattori veloci.

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Da un punto di vista tecnico il reattore veloce appare molto promettente grazie ad alcune sue caratteristiche non riscontrabili in filiere con spettro termico; in particolare il core di un tale reattore è molto compatto con elevate densità di potenza a causa principalmente dell’assenza di moderatore.

Reattore/Ciclo combustibile Sfruttamento delle risorse convenzionali1 Sfruttamento delle risorse convenzionali stimate2 Sfruttamento delle risorse non convenzionali e altri materiali3 LWR, once-through 85 270 675

Fast reactor with recycling

2570 8015 19930

Tabella 1.2: Durata delle risorse di Uranio presenti sulla Terra [1.1]

Le sezioni d’urto di cattura di tutti i materiali in esso presenti sono molto più basse rispetto ad un reattore termico e questo, unito al fatto che la massa critica è più elevata, rende le catture parassite da parte dei prodotti di fissione e delle strutture molto meno influenti sul burn-up la cui principale limitazione sarebbe quindi la tenuta meccanico-strutturale dell’elemento di combustibile (burn-up metallurgico) piuttosto che la diminuzione della reattività. La scelta dei materiali strutturali è quindi molto meno dipendente dalle loro sezioni di cattura rispetto ad un reattore termico e consente una certa libertà; ciò però non significa che l’economia neutronica sia da ritenersi trascurabile in un reattore veloce perché su di essa si fonda uno dei maggiori vantaggi di operare con uno spettro veloce: difatti mentre in un reattore termico essa è importante per mantenere la criticità, in un veloce è essenziale per raggiungere rapporti di conversione elevati, di norma comunque superiori all’unità.

Uno dei possibili utilizzi del reattore veloce (compresi gli ADS) è quello di “chiudere il ciclo del combustibile”. Il concetto è quello di bruciare il combustibile scaricato dai reattori termici (waste) praticamente senza separazione isotopica (e con un più semplice riprocessamento chimico che miri a separare gli elementi più “pesanti” come gli attinidi dal resto[1.2]). Un altro indubbio vantaggio è dato dal fatto che si possono bruciare non solo gli isotopi fissili del plutonio (Pu239 e Pu241), ma anche quelli non fissili, ma fissionabili (U238, Pu240, Pu242, etc…) e addirittura gli attinidi minori (Am241, Np237, etc…), producendo energia anche dalla trasmutazione di questi ultimi, seppure con rapporti di conversione leggermente inferiori a causa dell’abbassamento del valore medio del fattore η dovuto alla presenza degli isotopi non fissili; il plutonio “inquinato” non rappresenta quindi un problema e non occorre riprocessarlo, risparmiando così in modo consistente sui costi e contribuendo alla “non-proliferazione”.

1.2 Caratteristiche neutroniche dei reattori veloci

Al fine di agevolare la comprensione delle successive discussioni a coloro i quali sono privi di dimestichezza con i concetti base della fisica dei reattori nucleari, si illustrano in questo capitolo le principali caratteristiche di un reattore veloce in contrapposizione alle soluzioni riscontrate in un impianto termico. Per maggiori dettagli si rimanda all’App. A o alla bibliografia.

Come già accennato, i reattori veloci derivano il proprio nome dal tipo di spettro neutronico che li caratterizza, spostato verso energie relativamente elevate, dell’ordine di qualche centinaio di KeV.

1 Risorse convenzionali: Known Conventional Resources (KCR) suddivise a loro volta in Reasonably Assured

Resources (RAR) e Estimated Additional Resources Category I (EAR-I);

2 Risorse convenzionali stimate: Estimated Additional Resources Category II (EAR-II) e Speculative

Resources (SR);

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Ciò si deve essenzialmente alla mancanza all’interno del core di grandi quantità di materiali moderanti che rallentino i neutroni fino all’energia termica, cioè in equilibrio cinetico con i nuclei del mezzo in cui si trovano. Poiché la capacità moderante di un materiale aumenta fortemente al diminuire del numero di massa, in un reattore veloce si dovrà evitare o quantomeno ridurre il più possibile l’uso di materiali a basso peso atomico.

Il flusso neutronico è maggiore di quello tipico di un reattore termico di circa un fattore 100: questo perché le sezioni d’urto di fissione si riducono di un fattore simile rispetto allo spettro termico e consentono, quindi, di innalzare il flusso, mantenendo inalterati rispetto ad un reattore termico i valori di produzione di potenza; le maggior parte delle reazioni di fissione avviene quindi ad alte energie, e ciò ha conseguenze positive. In particolare:

1. l’aumento del fattore η, cioè del numero di neutroni prodotti per neutrone assorbito dal combustibile;

2. l’aumento del fattore ε, cioè dell’importanza delle fissioni veloci nell’ U238;

3. la diminuzione delle catture parassite;

4. la migliore utilizzazione del plutonio rispetto ad un reattore termico;

Nell’esecuzione dei calcoli occorre tenere conto, in particolare per i reattori veloci, dell’incertezza con cui sono tuttora note le sezioni d’urto dei materiali alle alte energie, incertezze che possono anche superare il 10%.

1.2.1 Il fattore η

Il fattore η dipende dall’energia dei neutroni e dalla specie fissile considerata; il concetto di reattore autofertilizzante si fonda sul fatto che, ad elevate energie del flusso neutronico, tale fattore aumenta per tutti gli isotopi fissili (ed in particolare per il Pu239) fino ad oltre il valore 2. In un reattore termico infatti l’autofertilizzazione sarebbe molto più complessa ed ottenibile (come già evidenziato) soltanto in particolari condizioni di geometria e con particolari materiali sia come combustibile che come moderatore e refrigerante. Nell’analizzare l’importanza di tale fattore, è opportuno indicare (tab. 1.3) i valori di alcuni parametri nucleari dei principali isotopi fissili e fertili (ricordando che i valori delle sezioni d’urto in zona veloce, in quanto funzioni dell’energia, non possono essere precisati che con un valore mediato approssimato).

Isotopo Spettro σf σc4 ν α5 (η−1)6 Termico 527 54 2.51 0.10 1.28 U233 Veloce 2.37 0.20 2.55 0.08 1.35 Termico 582 112 2.47 0.19 1.07 U235 Veloce 1.59 0.32 2.51 0.20 1.09 Termico 746 280 2.91 0.37 1.12 Pu239 Veloce 1.83 0.32 2.97 0.18 1.53

Tabella 1.3: Parametri nucleari dei principali isotopi fissili [1.3]

4 f c σ σ α= 5 c f f σ σ σ α = + + 1 1 6 c f f σ ν η + =

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In campo termico è l’U233 a presentare il maggiore valore di η, mentre in campo veloce è il Pu239.

Una delle considerazioni che si trae dai valori di questi parametri è che l’U235 è sostanzialmente inadeguato all’impiego nei reattori veloci, mentre gli altri isotopi fissili (in particolare il Pu 239) presentano caratteristiche più adatte a tale scopo. Si può ipotizzare l’uso dell’U233 in un reattore termico autofertilizzante con il ciclo U-Th, ma ciò appare fattibile soltanto in un reattore HTR moderato a grafite e refrigerato ad elio grazie alle caratteristiche del combustibile (microsfere) in quanto il problema del reimpiego dell’U233 costituisce una limitazione. Tale processo è agevolato dalle bassissime sezioni di cattura di tali materiali [1.6] a tale soluzione7. L’utilizzazione del Pu239 in un reattore veloce appare invece molto conveniente: presenta il valore più alto di η dopo il Pu241

e quindi la possibilità di breeding risulta molto accresciuta in quanto l’economia neutronica è migliorata rispetto agli altri fissili.

Per dare una valutazione quantitativa della “resa” dei cicli di fertilizzazione di un reattore, questa si esprime comunemente mediante il rapporto di conversione (Breeding Ratio). Esso è definito come il rapporto fra il numero di atomi fissili prodotti ed il numero di atomi fissili consumati nell’unità di tempo. Una derivazione della formula per il calcolo del BR e delle grandezze ad essostrettamente correlate (Breeding Gain e Doubling Time) è data in App. A.

I vantaggi ottenibili con il processo di breeding sono però pagati in termini di economia neutronica, dal momento che le reazioni di fertilizzazione, volutamente accresciute, sono assorbimenti di risonanza, e perché, non essendoci moderatore, tali noccioli sono piccoli e quindi le fughe sono elevate; da ciò emergerebbe la necessità di una notevole massa critica fortemente arricchita, ma a tali perdite si fa fronte circondando il core con il blanket, cioè un mantello di materiale fertile che, oltre a produrre nuovo fissile, ha anche funzioni di riflettore: il materiale più indicato è infatti l’uranio depleto, che svolge la triplice funzione di isotopo fertile, di riflettore ed anche (seppur in misura ridotta) di fissile, con grandi vantaggi per l’economia neutronica. Perciò il blanket circonda il core sia assialmente che radialmente, ed è spesso di dimensioni notevoli rispetto allo stesso core. A tale proposito è opportuno fare due osservazioni sul Breeding Ratio [1.3]: la prima riguarda la stretta dipendenza del BR stesso dalla percentuale in peso di Pu239 rispetto all’U238 nel combustibile (fig. 1.1).

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Breeding Ratio 1.5 1.55 1.6 1.65 1.7 1.75 1.8 1.85 1.9 0 20 40 60 80 100

%Pu in U+Pu core

Br eed in g Rat io Breeding Ratio

Figura 1.1: Breeding Ratio di un sistema alimentato con Pu239 e U235 [1.3]

Si nota che per i casi di interesse (circa 1000 Kg di Pu239) per elevate masse critiche il BR tende a diminuire (fig. 1.2). Ciò è dovuto da un lato al fatto che l’effetto del blanket, benefico per le fertilizzazioni, tende a divenire sempre meno rilevante a causa della minore percentuale di neutroni che escono dal nocciolo rispetto alla totalità degli altri eventi che entrano nel bilancio neutronico (fissioni e catture parassite), dall’altro lato al fatto che all’aumentata frazione di U238 nel nocciolo si contrappone uno spettro mediamente meno duro, caratterizzato cioè da valori di α più elevati e quindi meno favorevoli ai processi di fertilizzazione.

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Critical Mass 1 10 100 1000 10000 0 20 40 60 80 100 % Pu in U+Pu core Cri ti cal Mass ( K g P u 239) Critical Mass

Figura 1.2: Massa critica di un sistema alimentato con Pu239 e U235 [1.3]

La seconda osservazione riguarda la definizione stessa del BR data in precedenza che è valida solo in un contesto statico quale non è certo quello di un impianto. Innanzitutto è spesso conveniente fare la distinzione tra il breeding ratio interno, nel core (IBR), e quello esterno, nel blanket (EBR), per meglio caratterizzare le diverse zone in cui avviene il fenomeno della fertilizzazione [1.3].Pertanto, le definizioni di IBR ed EBR sono:

zone le in tutte cattura) (fissione bruciati fissili atomi di Numero core nel formatisi fissili atomi nuovi di Numero IBR + = (1.4) zone le in tutte cattura) (fissione bruciati fissili atomi di Numero blanket nel formatisi fissili atomi nuovi di Numero EBR + = (1.5) Ovviamente si ha che: IBR + EBR = BR (1.6)

In secondo luogo si deve notare, generalizzando il concetto precedentemente esposto, che il BR non è una quantità costante ma varia durante la vita del reattore. Nel caso si abbia un materiale con combustibili fissili e fertili formati da più isotopi, come del resto avviene nella realtà, si avrà [1.3]:

∞ ∞ = V i fiss i V i fert i t r N t r E dr dE t r N t r E dr dE t BR fiss i c fert i a ) , ( ) , , ( ) , ( ) , , ( ) ( , , 0 0 σ φ σ φ (1.7)

Quindi, per avere un’idea più precisa delle caratteristiche di fertilizzazione di un sistema, non basta calcolare il BR al tempo iniziale, ma occorre procedere ad una valutazione temporale (da cui

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eventualmente si possa dedurre un valore medio) che tenga conto dell’evoluzione della distribuzione isotopica del materiale fissile e di quello fertile oltre che del flusso neutronico, distribuzione che viene via via modificata in seguito al bruciamento del combustibile cui corrisponde un accumulo di prodotti di fissione e di decadimento ed un’opportuna strategia degli elementi di controllo per mantenere la criticità.

1.2.2 Aumento dell’importanza della fissione veloce dell’U238

La reazione di fissione, nell’U238, è una reazione “a soglia”, cioè avviene solo se l’energia dei

neutroni incidenti è superiore ad un certo valore, detto appunto “energia di soglia”. Per tale isotopo essa vale 0.9 MeV; oltre tale energia la σf dell’ U238 cresce rapidamente fino a 0.02 barn a 1 MeV e

1 barn a 7 MeV. In un reattore veloce, il cui spettro neutronico, come più volte ribadito, ha energie medie nell’ordine delle centinaia di KeV, è facile immaginare come le fissioni dell’isotopo fertile U238 assumano una notevole importanza per l’economia neutronica del sistema. Tale isotopo, a differenza di quanto avviene ad energie termiche, per flusso veloce presenta infatti un valore della sezione d’urto di fissione comparabile a quella degli isotopi fissili (vedere App. 2 per approfondimenti) e perciò contribuisce in maniera non trascurabile al totale delle fissioni.

Ciò conduce, come detto, ad un sensibile miglioramento dell’economia neutronica, come inoltre emerge chiaramente dall’analisi del “flusso aggiunto” in un punto fisso del nocciolo (fig. 1.4).

Flusso aggiunto 0,96 0,98 1 1,02 1,04 1,06 1,08 1,1 1,12 1,14

1,0E-03 1,0E-02 1,0E-01 1,0E+00 1,0E+01

E (MeV) Prob a b ilità d i f is s io n e ( P (E) /P m ) Flusso aggiunto

Figura 1.4: Flusso aggiunto [1.4]

Tale funzione è definita come il rapporto, nel punto preso in esame, tra la probabilità che ha un neutrone di dare luogo a fissione e la probabilità media di fissione: si nota che all’aumentare dell’energia dei neutroni la probabilità di dare luogo a fissione diminuisce fino a quando non si oltrepassa la soglia di fissione dell’U238, dopo di che aumenta. Tale aumento si può semplicemente spiegare in quanto i neutroni con tale energia hanno a disposizione molto più materiale fissile (occorre tenere presente che ad energie superiori ad 1 MeV le sezioni d’urto degli isotopi fissili e fertili sono comparabili).

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All’aumentare dell’energia dei neutroni incidenti le sezioni d’urto di cattura di tutti i materiali diminuiscono. Ciò consente (come anticipato) una più ampia scelta dei materiali strutturali componenti il core in quanto le penalizzazioni da questi imposte sull’economia neutronica sono decisamente inferiori rispetto a ciò che si ha invece in un reattore termico: un esempio è dato dall’acciaio inossidabile, che nei reattori LWR è stato sostituito dalla Zircalloy come materiale incamiciante a causa della migliore economia neutronica che quest’ultima comporta8, a scapito però delle proprietà termomeccaniche e del rendimento d’impianto (temperatura massima di camicia, resistenza alla corrosione) o del burn-up massimo (minore permanenza degli elementi all’interno del core, peggiore sfruttamento del combustibile). In un reattore veloce l’uso dell’acciaio non comporta praticamente nessuno svantaggio dal punto di vista nucleare, infatti è stato fino ad ora utilizzato nelle filiere veloci.

1.2.4 Migliore utilizzazione del plutonio

Il plutonio, come noto, non esiste in natura ma si produce mediante la reazione di conversione dell’U238; nei reattori nucleari a spettro termico questo elemento si trova distribuito principalmente in quattro forme isotopiche: Pu239, Pu240, Pu241 e Pu242. Di queste, solo gli isotopi Pu239 e Pu241 sono fissili in campo termico, mentre tutti sono fissili in campo veloce.

Tutti questi quattro isotopi si trasformano nell’isotopo del plutonio di peso atomico superiore in caso di cattura neutronica; è da notare che il Pu242 si converte in Pu243, isotopo con decadimento β e vita media di 5 ore.

Nei reattori termici il plutonio prodotto ha di norma, allo scarico, la composizione indicata in tab. 1.3.

Pu239 Pu240 Pu241 Pu242

55÷60 20÷25 10÷15 5÷10

Tabella 1.3: Composizione isotopica del plutonio prodotto nei reattori termici [1.4]

Tale composizione isotopica del plutonio, detto “sporco” (o “Reactor Grade”, RG), è bruciata con scarso rendimento nei reattori termici a causa della presenza degli isotopi pari, non fissili alle energie termiche. Un rapporto del flusso termico ottenuto bruciando tale miscela “sporca” ed U235 in un reattore termico può essere valutato nell’ordine di circa 0.8. Se si volesse ottenere un rendimento migliore, si renderebbe necessaria una preventiva separazione isotopica, operazione costosa e aggravata, nel caso del plutonio, dalla estrema tossicità chimica di tale elemento notevolmente superiore rispetto all’uranio.

Tale problema non si pone in presenza di flusso veloce, in quanto, come più volte menzionato, in campo veloce tutti questi isotopi sono fissili con sezioni d’urto comparabili.

Per dare una valutazione quantitativa dei vantaggi che si hanno operando con flusso veloce, si può introdurre il “parametro di reattività”, che mette a confronto tra loro gli isotopi e fornisce un indice del loro contributo all’economia neutronica. Esso è dato da:

) 1 ( 1 ) 1 ( ) ( − + = − − = − − = η α σ α ν σ σ σ νσ f f c f f PR (1.8)

e rappresenta i (ν-1-α) neutroni che il materiale in esame fornisce per ogni fissione, moltiplicati per σf. Occorre notare che, poiché dipende dalle sezioni d’urto, tale parametro è mediato sullo spettro

neutronico del core in cui tali materiali sono inseriti, quindi può variare in base all’impianto che si

8 Da cui consegue un minore arricchimento iniziale a parità di burn-up e quindi una maggiore facilità di regolazione e

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esamina. A titolo di esempio si riportano (tab. 1.4) i parametri di reattività per alcuni isotopi in due reattori veloci. Parametro di reattività Reattore U238 Pu239 Pu240 Pu241 Pu242 EBR II 0.033 3.467 1.045 3.995 0.931 Fermi -0.004 3.391 0.667 4.251 0.581

Tabella 1.4: Parametro di reattività per alcuni isotopi [1.4]

É interessante notare come, essendo tale parametro calcolato come valore medio su tutte le energie, esso possa anche assumere valori negativi. Per i nuclei fertili, infatti, con energie inferiori alla soglia, essendo σf = 0, questo assume il valore -σc.

Un parametro di reattività negativo significa che il materiale assorbe più neutroni di quanti ne sia capace di produrre. Per tutti gli isotopi del plutonio, Pu240 e Pu242 compresi, tale parametro è positivo, e ciò spiega perché nei reattori veloci il loro uso non peggiora affatto l’economia neutronica; anzi, poiché tali isotopi producono più neutroni di quanti ne catturino, essi la migliorano. Il rapporto tra i rendimenti (flussi termici) del plutonio “sporco” rispetto all’U235 è, nel

caso di reattori veloci, di circa 1.5, cioè quasi il doppio di quello precedentemente citato per reattori termici: il guadagno è evidente. Inoltre, nei reattori veloci si può bruciare il plutonio prodotto nei reattori termici senza la preventiva (ed onerosa) separazione isotopica, vantaggio non trascurabile in favore dello sviluppo di filiere veloci.

1.3 Considerazioni sulla cinetica dei reattori veloci

1.3.1 Variazioni delle frazioni di neutroni ritardati e relative conseguenze sul controllo

Il controllo del reattore nucleare è certamente un problema della massima importanza per quanto riguarda l’esercizio e, soprattutto, la sicurezza dell’impianto.

Un’inserzione di reattività positiva è causa di un aumento del flusso neutronico che può essere espresso dalla seguente relazione:

t T Kex e 0 0 φ φ = φ Æ flusso neutronico

φ0 Æ flusso neutronico iniziale (1.9)

Kex = Keff -1

T0 = vita media dei neutroni

t = tempo

Il rapporto τ = T0/Kex è detto “periodo stabile del reattore” e rappresenta il tempo necessario

affinché, in assenza di controreazioni, la densità neutronica aumenti di un fattore e. Nelle condizioni di normale esercizio è richiesto che il periodo τ non scenda al di sotto di determinati valori (dell’ordine della decina di secondi) per contenere entro limiti accettabili i transitori conseguenti: una delle cause che può determinare lo scram del reattore è infatti il basso periodo (molto importante soprattutto all’accensione). Tale periodo, come si nota, dipende dalla vita media dei neutroni e dalla reattività inserita; la vita media dei neutroni è però una caratteristica del reattore (connessa al tipo di reattore, al tipo di combustibile, di reticolo, etc.). Per un dato reattore, quindi, porre un limite inferiore al valore del periodo significa porre un limite superiore al valore della reattività inseribile ed alla sua velocità di inserimento.

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La vita media dei neutroni è strettamente connessa con la frazione β dei neutroni ritardati che è a sua volta funzione del tipo di combustibile e dello spettro neutronico. Nella tab. 1.5 sono riportati i valori di β per i diversi materiali fissili per fissioni prodotte da neutroni termici e da neutroni veloci.

Spettro Termico Spettro Veloce

Isotopo U233 U235 Pu239 U233 U235 Pu239 Th232 U238

β 0.0026 0.0065 0.0020 0.0027 0.0065 0.0020 0.0204 0.0147

Tabella 1.5: Valori di β per diversi materiali fissili [1.5]

Si osservi adesso, in ambito termico, il valore notevolmente più piccolo di β relativo al Pu239

rispetto a quello relativo all’U235. Ciò implica che il raggiungimento della pronto-criticità (inserzione di reattività superiore alla frazione β, cioè criticità raggiunta considerando solo i neutroni pronti) è possibile per inserzioni accidentali di reattività più piccole in reattori alimentati a plutonio rispetto a quelli alimentati con uranio. Per questa ragione i reattori alimentati con plutonio presentano problemi di controllo più complessi rispetto a quelli con uranio. Se si pensa ad i sistemi moltiplicanti a flusso veloce e ad elevato arricchimento tale problema si pone in maniera ulteriormente complicata dalla vita media dei neutroni pronti notevolmente minore (100÷1000 volte minore) rispetto a ciò che si ha in un core termico, che rende la pronto-criticità molto più temibile.

Qualora invece si sia in presenza di un sistema moltiplicante in cui siano presenti più elementi pesanti, come di norma si ha, i valori di β si ricavano mediando tra le frazioni di neutroni ritardati relative ad ogni isotopo presente, pesando sul fattore (νΣf), cioè sul contributo di ciascun isotopo

alla generazione di neutroni. Nel caso di un reattore veloce alimentato a Pu239 con blanket di U238 (quindi in percentuali comparabili), si nota dai valori espressi in tabella come la presenza dell’uranio come elemento fertile renda i valori di β abbastanza superiori (si tenga presente che con flusso veloce le sezioni d’urto di fissione dei due isotopi sono molto simili) a quelli che si avrebbero con solo Pu239 come fissile (reattore termico), e ciò contribuisce ad aumentare significativamente l’entità di reattività necessaria per raggiungere la pronto-criticità.

Quindi, poiché nei reattori vengono comunemente impiegate miscele di materiali differenti (fissili e fertili), è opportuno fare riferimento ai valori di β relativi alle miscele, piuttosto che a quelli relativi ai singoli isotopi fissili. Nella tab. 1.6 sono riportati i valori della frazione di neutroni ritardati e della vita media (a titolo di esempio) relativi a reattori di tipo diverso.

Reattore Termico Reattore Veloce

Fissile iniziale

β T0 β T0

U233 0.0029 0.051 0.0038 0.055

U235 0.0067 0.083 0.0076 0.085

Pu239 0.0025 0.035 0.0034 0.039

Tabella 1.6: Valori di β e di T0 relativi a reattori di tipo diverso [1.5]

Come emerge dall’esame dei dati in tab. 1.6, la frazione dei neutroni ritardati per i diversi materiali fissili rimane praticamente costante al variare dello spettro neutronico. Per le miscele, invece, β aumenta all’aumentare dell’energia dei neutroni. Ciò si spiega facilmente se si tiene presente che la frazione dell’energia prodotta per fissione del materiale fertile è sensibilmente maggiore nei reattori veloci che nei reattori termici. Questa infatti varia dal 5% circa dei reattori termici ad oltre il 20% che si riscontra nei reattori veloci. Poiché, come già più volte notato, la frazione dei neutroni ritardati per fissione dei nuclei fertili è sensibilmente maggiore di quella che si ha dalla fissione dei nuclei fissili, tale aumento di β appare perfettamente chiaro.

(12)

La vita media T0 dei neutroni è una media pesata della vita media dei neutroni pronti e di quelle

dei neutroni ritardati. La vita media dei neutroni pronti (che costituiscono oltre il 99% dei neutroni rilasciati dalla fissione, in un intervallo di tempo nell’ordine di 10-13s) è dell’ordine di 10-3÷10-5s nei reattori termici e di circa 10-7s nei reattori veloci. Per quanto la frazione dei neutroni ritardati sia piccola, l’elevato valore del rapporto tra la vita media di questi e quella dei neutroni pronti fa sì che la vita media T0 sia sostanzialmente determinata dalla frazione dei neutroni ritardati. Nei reattori

veloci, pur essendo la vita media dei neutroni ritardati inferiore rispetto ai reattori termici, poiché la loro frazione è maggiore la vita media risulta addirittura maggiore in presenza di flusso veloce.

Quindi il controllo di un reattore veloce non pone problematiche diverse da ciò che si ha in un reattore termico alimentato dallo stesso tipo di fissile; i problemi maggiori non derivano affatto dal flusso veloce, bensì dal fatto che il Pu239, di norma utilizzato come fissile nelle filiere veloci, presenta un valore di β molto basso rispetto all’uranio, ma ciò si riscontrerebbe anche in un reattore termico.

Il discorso cambia radicalmente qualora la reattività inserita sia maggiore o, al limite, uguale alla frazione β dei neutroni ritardati: in tali condizioni infatti, dette di pronto-criticità, la velocità di salita di potenza è determinata sostanzialmente dalla vita media dei neutroni pronti che, come visto, nei reattori veloci è almeno due ordini di grandezza inferiore rispetto ai reattori termici. É allora ancora più importante evitare assolutamente le situazioni di pronto-criticità, che potrebbero condurre a seri danneggiamenti dell’impianto. L’unica controreazione di cui si dispone in questo caso è l’effetto Doppler nel combustibile ed eventuali rilocazioni del materiale all’interno del core, non essendo ovviamente ipotizzabili interventi esterni (barre di controllo) considerata l’esiguità dei tempi relativi a questo tipo di transitorio.

1.3.2 Coefficiente di reattività Doppler

Nei reattori veloci lo spettro neutronico si estende anche alle regioni di risonanza del materiale fissile e fertile del nocciolo. Se la temperatura del combustibile aumenta si avrà, a causa dell’effetto Doppler, un aumento delle fissioni nel fissile e degli assorbimenti nel fertile. L’effetto Doppler, quindi, può determinare un aumento o una diminuzione della reattività in relazione all’importanza relativa dei due effetti di cui sopra.

Nei reattori nei quali fosse impiegato combustibile fortemente arricchito si avrebbe un aumento della reattività all’aumentare della temperatura del combustibile a causa della prevalenza delle risonanze di fissione. Occorre però tenere presente che nei reattori veloci altamente arricchiti lo spettro neutronico è particolarmente “duro” (spostato verso energie nell’ordine delle decine÷centinaia di KeV), in quanto la maggior parte dei neutroni viene assorbita prima che gli stessi siano stati rallentati fino all’energia di risonanza: il coefficiente Doppler sarà quindi positivo, ma molto piccolo in valore assoluto. Con gli arricchimenti normalmente adottati (15%÷20%) il contributo negativo dovuto all’aumento degli assorbimenti prevale su quello positivo causato dall’incremento delle fissioni, per cui il coefficiente Doppler è globalmente negativo. A titolo di esempio, nel reattore veloce Enrico Fermi il combustibile impiegato era arricchito al 26% in Pu239 ed il coefficiente Doppler, negativo, era di -1·10-6 °F-1, a 1020 °F; è circa un decimo di quello

abitualmente riscontrato nei reattori termici.

Per aumentare in valore assoluto il coefficiente Doppler è possibile diminuire l’arricchimento o addolcire lo spettro neutronico, utilizzando combustibile sotto forma di ossidi e in generale di tipo ceramico anziché metallico oppure inserendo piccole quantità di materiale moderante (idruri, ossidi). Occorre però tenere ben presente che l’addolcimento dello spettro neutronico conduce ad una diminuzione del rapporto di conversione, quindi va nella direzione opposta alle esigenze di economia neutronica dell’impianto. D’altra parte l’importanza di disporre di un coefficiente Doppler consistente è di primaria importanza ai fini della sicurezza.

Nei reattori veloci refrigerati a sodio fuso esiste anche un coefficiente Doppler del sodio conseguente all’allargamento del picco di risonanza del sodio stesso all’energia di 3 KeV. Tale

(13)

effetto è però quantitativamente poco rilevante e certamente non pronto in quanto si manifesta successivamente all’incremento di temperatura nel fluido refrigerante.

1.4 Materiali impiegati nel nocciolo dei reattori veloci

1.4.1 Effetti dell’irraggiamento neutronico sui materiali impiegati nei reattori veloci

Lo studio dell’effetto dell’irraggiamento neutronico sui materiali impiegati nella costruzione dei reattori veloci è stato oggetto di una consistente attività di ricerca condotta in tutti i paesi fin dall’inizio dello sviluppo industriale dell’energia nucleare. Alcuni impianti ad alto flusso neutronico sono stati appositamente realizzati con lo scopo di effettuare prove di irraggiamento su campioni di materiale.

I risultati ottenuti hanno consentito di verificare che gli effetti dell’irraggiamento neutronico sono funzioni dell’energia dei neutroni, del flusso integrato e della temperatura.

Per quanto riguarda gli impianti termici, le conoscenze disponibili derivate sia dalle ricerche che dall’esercizio stesso degli impianti si ritengono adeguate per consentire una ragionevole valutazione delle variazioni delle caratteristiche dei materiali normalmente impiegati nella costruzione (temperatura di transizione duttile-fragile, carico di snervamento, carico di rottura, resilienza, etc.).

L’estrapolazione di questi dati nell’ambito delle filiere veloci non è immediata soprattutto a causa dell’elevato valore del flusso neutronico ed alla composizione energetica dello stesso. Si hanno infatti comportamenti mai riscontrati nei reattori di tipo termico.

I materiali metallici sottoposti ad irraggiamento con neutroni di elevata energia presentano fenomeni di rigonfiamento (swelling) con conseguente aumento di dimensioni delle parti costruite con i materiali stessi. Questo fenomeno, noto fin dal 1967, fu osservato sulle guaine del reattore di Dounreay (Inghilterra), in cui si ebbe un sostanziale aumento delle dimensioni delle guaine stesse. Tali incamiciature erano realizzate, per l’appunto, in acciaio inossidabile di tipo austenitico, che è uno dei principali materiali impiegati nella costruzione di impianti veloci. Il fenomeno osservato costituì quindi motivo di ragionevole preoccupazione.

Ad un esame microscopico il fenomeno dello swelling negli acciai appare dovuto alla presenza di microporosità (con diametro fino a 1500 Å) che si generano nella massa metallica. Tale nucleazione avviene in corrispondenza di nuclei o germi costituiti da microscopiche sacche gassose contenute inizialmente nel materiale o prodotte dalla segregazione di elio formatosi nella reazione (n, α) dei neutroni con il B10.

Il grado di rigonfiamento, definito come la variazione di volume ∆V ed il volume iniziale V, è funzione della temperatura e, soprattutto, del valore del flusso neutronico integrato (fluenza). Per la sua stima possono essere utilizzate correlazioni empiriche dedotte dall’esame dei risultati sperimentali. Le correlazioni finora proposte sono del tipo:

RT C ne nvt A V V = − ∆ ) ( (1.10) In cui si ha che: nvt = flusso integrato (n/cm2);

A, n, C = costanti empiriche il cui valore varia a seconda del tipo di materiale e del tipo di lavorazione a cui lo stesso e sottoposto;

R = costante universale dei gas; T = temperatura assoluta;

(14)

Nelle fig. 1.5 e 1.6 sono riportati gli andamenti dello “swelling” per l’AISI 316 lavorato a caldo, in funzione della fluenza a temperatura imposta e della temperatura a fluenza imposta.

Si nota che, alla stessa temperatura, lo swelling tende ad aumentare con l’aumento della fluenza (l’andamento per i valori più elevati delle fluenze è stato estrapolato); a flusso integrato costante si osserva invece un massimo dello swelling intorno a circa 600°C (con un valore del flusso integrato però piuttosto basso rispetto a ciò che ci si attende in un impianto di potenza a flusso veloce).

0.1 1.0 10.0 100.0

1.E+23 1.E+24 1.E+25

Fluenza (n/cm2) dV /V ( % ) T=510°C

(15)

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 350 400 450 500 550 600 650 700 750 Temperatura (°C) dV /V (%) Fluenza=5*10^22n/cm2

Figura

Tabella 1.1: Valori dell’energia media di fissione [1.5]
Tabella 1.2: Durata delle risorse di Uranio presenti sulla Terra [1.1]
Tabella 1.3: Parametri nucleari dei principali isotopi fissili [1.3]
Figura 1.1: Breeding Ratio di un sistema alimentato con Pu 239  e U 235  [1.3]
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Riferimenti

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