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Appendice II: Principali composti disciolti nelle acque e loro determinazione

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VII

Appendice II: Principali composti disciolti nelle acque e loro

determinazione

II.1 Anioni e cationi maggiori

La composizione chimica delle acque superficiali deriva dall’interazione di molte variabili, tra cui:

? le caratteristiche dell’acqua piovana che ricara le falde

? la composizione petrologica e mineralogica delle rocce superficiali

? le proprietà idrogeologiche delle rocce, che condizionano l’entità delle interazioni acqua-roccia: velocità elevate del flusso sotterraneo determinano acque relativamente povere in solidi disciolti per i tempi brevi di contatto.

Conoscere il contenuto delle varie specie chimiche è fondamentale per valutare se vi sono incrementi derivanti da fonti antropiche, inclusi gli effetti derivanti dalle diverse strategie di sfruttamento e gestione del suolo. In media le acque superficiali contengono da 30 a 50 cc di gas per litro, di cui i principali sono: anidride carbonica, azoto e ossigeno, mentre tra i sali prevalgono, normalmente, quelli di calcio e di magnesio.

Gli ioni maggiori presenti nelle acque superficiali sono:

? Ione cloruro (Cl-): è uno ione molto mobile la cui concentrazione aumenta con il decorrere dell’interazione con la roccia; forma sali molto solubili ed è lo ione predominante nell’acqua di mare con 19000 mg/l, ma può raggiungere i 22000 mg/l (Custodio e Llamas, 1976). Nelle acque superficiali i contenuti variano da 10 mg/l a 250 mg/l e le fonti principali sono rappresentate da rocce sedimentarie (evaporiti), miscelazione con acque marine nelle zone costiere, precipitazioni influenzate da aerosol marino, scarichi industriali od urbani dove è presente anche in concentrazione di 100 mg/l. Se la concentrazione supera i 250 mg/l le acque non vengono più usate a scopo potabile, in quanto contenuti >300mg/l conferiscono sapore salato alle acque e possono indurre danni fisiologici; con valori superiori a 350 mg/l non ne è consigliabile l’ uso irriguo ed industriale. E’ uno tra i maggiori elementi la cui massa si conserva durante le fasi del ciclo idrologico ed una sua diminuzione è attribuibile essenzialmente a diluizione, per cui può essere usato per seguire fenomeni di miscelazione con acque marine.

? Ione solfato (SO4-): forma sali generalmente molto solubili, eccetto i sali di stronzio

e di bario; rappresenta il secondo ione più abbondante nelle acque superficiali (dopo il bicarbonato) e in quelle marine (dopo i cloruri): nelle acque dolci è presente in

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VIII quantità limitate, da 2 a 250 mg/l, ma può raggiungere il limite di saturazione di 1500 ppm se sono presenti rocce evaporitiche contenenti gesso ed anidride. Tale limite nelle acque marine è di 7200 mg/l (Custodio & Lamas, 1976). Può derivare oltre che da depositi evaporatici, dall’ossidazione dei solfuri o da scarichi industriali. ? Ione bicarbonato (HCO3-): è il principale responsabile dell’alcalinità dell’acqua. Le

acque del sottosuolo hanno un contenuto in bicarbonato variabile tra 100 e 800 mg/l, mentre l’acqua di mare ha un contenuto di 100 mg/l (Custodio & Lamas, 1976). Le principali fonti degli ioni bicarbonato e carbonato sono rappresentate principalmente dalla dissoluzione delle rocce carbonatiche in presenza di CO2 e di acidi, secondo la

relazione caratteristica degli ambienti carsici: CaCO3 + H2O+ CO2 = Ca++ + 2HCO3-

? Ione Calcio (Ca++): rappresenta lo ione più abbondante nelle acque sotterranee, specialmente in quelle circolanti in litologie sedimentarie. Le concentrazioni variano da 10 a 250 mg/l nelle acque dolci, 600 mg/l nelle acque selenitose e 400 mg/l nelle acque di mare (Custodio & Lamas, 1976). La solubilità di tale ione è condizionata dal pH e dalla presenza di CO2, secondo un complesso equilibrio descrivibile dalle

seguenti equazioni (Stumm & Morgan, 1996): CaCO3(s) ? Ca++ + CO3—

CO3— + H+ ? HCO3- + H+? H2CO3

CO2 + H2O ? H2CO3

? Ione magnesio (Mg++): forma composti ad alta solubilità, maggiore di quelli formati dal calcio ma comunque meno abbondanti. Le concentrazioni nelle acque dolci variano da 1 a 100 mg/l, mentre nelle acque di mare si arriva a 1200 mg/l (Custodio & Lamas, 1976). Deriva principalmente da rocce contenenti dolomite, ma anche da rocce evaporitiche, acqua di mare ed inquinamento da miniere.

? Ione sodio(Na+): appartiene al gruppo dei metalli alcalini; normalmente è associato con il cloruro e presenta una solubilità molto elevata. Nelle acque dolci il suo contenuto varia tra 1 e 150 mg/l, ma può arrivare a qualche migliaio (Custodio & Lamas, 1976). L’acqua di mare ne contiene da 10000 mg/l a 100000 mg/l raggiungendo il limite di saturazione di 105000 mg/l (Davis & DeWiest, 1966). ? Ione potassio (K+): è caratterizzato da un’elevata solubilità, ma essendo facilmente

assorbito dalle argille non si trova in quantità abbondante nelle acque, infatti varia da 0,1 a 10 mg/l nelle acque dolci, e può raggiungere i 400 mg/l nelle acque di mare-.

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II.2 Cromatografia a scambio ionico

La cromatografia ionica è un metodo di separazione di natura fisica applicato alla determinazione di soluzioni contenenti specie ioniche in funzione della diversa forza di legame che si instaura tra una fase fissa ed una mobile. Il meccanismo su cui si basa la cromatografia liquida è lo scambio ionico con una soluzione trasportante ed eluente contenente essa stessa ioni.

Poiché il movimento del soluto può avvenire solo nella fase mobile, la velocità media con cui il soluto migra dipende dalla frazione di tempo che esso trascorre in questa fase. Le differenze di velocità risultanti fanno sì che i componenti di una miscela si separino lungo la lunghezza della colonna e escano da essa in tempi diversi. Il fatto che ogni specie esca sempre al solito tempo permette di fare una analisi qualitativa, mentre l’altezza dei picchi o la loro area permettono di fare un’analisi quantitativa La cromatografia ionica (soprattutto la cromatografia di anioni inorganici) consente di eseguire in un tempo ragionevole (massimo 30 minuti) l’analisi contemporanea di molti componenti con minime manipolazione del campione. Nel caso della cromatografia a scambio ionico, gli scambiatori ionici sono costituiti da resine polimeriche dotate di gruppi funzionali in grado di effettuare scambi reversibili di ioni con la soluzione in esame. Si possono distinguere scambiatori di cationi, che possono essere fortemente acidi con i radicali -SO2OH e -CH2SO2OH o debolmente con

il gruppo -COOH, e scambiatori anionici fortemente o debolmente basici. Gli scambiatori anionici devono le loro proprietà ai gruppi amminici sostituiti nella struttura della resina. Le reazioni che intervengono possono essere schematizzate dalle due reazioni seguenti relative ad una colonna anionica:

nRN(CH3)3+OH- + An- [RN(CH3)3+]nAn- + nOH

-Gli analiti ionici sono introdotti in testa ad una colonna impaccata con una adatta resina a scambio ionico. Viene effettuata l’eluizione utilizzando come eluente una soluzione che contenga uno ione in grado di competere con gli analiti ionici per i gruppi carichi sulla superficie della resina. Un cromatografo ionico è uno strumento che permette di determinare le concentrazioni delle specie anioniche presenti nelle acque e può essere schematizzato come in figura II.1

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Figura II.1: schema di un cromatografo ionico

La pompa a pistone assicura un flusso costante e continuo dell’eluente nel circuito idraulico, la valvola di iniezione, dispositivo a due posizioni, permette di caricare il loop di campionamento con il campione, in genere tra 20 e 50 µl, poi di iniettare questo volume nel circuito idraulico, prima della colonna cromatografia, che permette la separazione delle specie ioniche presenti in soluzione. Il soppressore serve ad ottimizzare la sensibilità del rivelatore e può essere di tipo elettronico, ossia un circuito elettrico che permette di sottrarre il valore medio della conducibilità dell’eluente alla conducibilità della soluzione nel momento che uno ione passa nella cella conduttimetrica, oppure chimico, che abbassa drasticamente la conducibilità dell’eluente prima che esso giunga nella cella. Nel caso della determinazione degli anioni si fa passare la soluzione, in uscita dalla colonna cromatografica, in uno scambiatore a membrana, all’esterno della quale circola una soluzione contenente H+ che vengono sostituiti con gli ioni Na+ dell’eluente in modo da neutralizzare gli OH- dell’eluente stesso; ciò produce specie poco dissociate come H2CO3,

per eluizione effettuata con una soluzione di Na2CO3 e NaHCO3, ed H2O, per eluizione con

NaOH. In questo modo si abbassa la conducibilità dell’eluente, con un incremento della sensibilità in considerazione di un migliore rapporto tra segnale/rumore di fondo. Il rivelatore conduttimetrico è costituito da una cella di ridottissimo volume (1,5 µl) e da un circuito elettronico di misura.

II.2.1 Determinazione degli anioni: cloruri. nitrati, solfati

E’ stato utilizzato, per la determinazione degli anioni, un cromatografo ionico Dionex, modello 1000, con colonne tipo AG-4a e AG 14-4 della dionex messe in serie, mentre per eluente si usa una soluzione di NaHCO3 e Na2CO3, avente una alcalinità totale di 8 meq/l. Il

cromatografo è collegato a un integratore che fornisce l’area e l’altezza dei picchi. Parametro, quest’ultimo, che è proporzionale alla concentrazione della specie chimica ricercata. Per il buon funzionamento dello strumento l’alcalinità del campione ha effetti sull’altezza dei picchi,, quindi l’alcalinità della fase mobile deve essere circa uguale a quella della soluzione analizzata. Per questo l’eluente con 80 meq/l, è usato per le correzioni di alcalinità sia dei campioni che degli standard. Prima di procedere alle analisi dei campioni

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XI vanno preparate le soluzioni standard a concentrazione nota con cui costruire la curva di calibrazione (altezza picco/concentrazione), necessaria poi per risalire alle concentrazioni incognite di cloruri, nitrati e solfati.

Le scale degli standard utilizzate sono mostrate in tabella II.2.1

Tabella II.2.1: scale degli standard per l’individuazione di cloruri, solfati e nitrati

Soluzione Cl- (ppm) NO3- (ppm) SO4-- (ppm)

S1 1,773 0,5 2,4

S2 3,545 1 4,8

S3 5,312 3 9,6

S4 7,09 5 14,4

Operativamente si passano prima tutti gli standard, poi 4-5 campioni e poi si passano gli standard che permettono di “riprendere” i picchi dei campioni appena analizzati. Ci si alterna in questo modo fino alla fine delle analisi, in modo da tenere sotto controllo la riproducibilità e la stabilità dello strumento. I campioni devono ricadere nell’intervallo degli standard, altrimenti si cambia la diluizione su cui effettuare l’analisi.

Per correggere l’alcalinità si usa la seguente equazione:

Alc. Campione (meq/l)*Vol.Campione+106*Vol. Eluente = Vol. scelto di diluizione*10,6 Le soluzioni da analizzare sono inserite nella colonna con una siringa da 5 ml e per ogni iniezione è possibile determinare cloruri, nitrati e solfati. I cloruri escono dopo circa 2,4 minuti, i nitrati intorno a 6 minuti e i solfati intorno a 12 minuti.

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II.3 Spettrofotometria di Assorbimento Atomico

La spettrofotometria ad assorbimento atomico consiste nel misurare la concentrazione di un elemento sulla base della capacità di questo di assorbire, allo stato atomico, luce di frequenza caratteristica. L’assorbimento sarà proporzionale alla concentrazione dell’elemento nel campione da analizzare. Gli spettrofotometri di assorbimento atomico sono strumenti capaci di misurare sia l’assorbimento atomico che l’emissione atomica. Ogni elemento ha un numero specifico di elettroni (pari al numero di protoni del nucleo). La configurazione orbitale più stabile di un atomo è conosciuta come stato fondamentale. Se ad un atomo è fornita energia, questa sarà assorbita e un elettrone dell’orbita più esterna passerà ad una configurazione meno stabile (stato eccitato). Poiché questo stato è instabile, l’atomo ritornerà immediatamente allo stato fondamentale rilasciando energia sotto forma di luce. Nell’emissione atomica sono coinvolti due processi: quello di eccitazione e quello di decadimento. Lo spettro di emissione di un elemento non è continuo ma consiste in un numero limitato di lunghezze d’onda chiamate linee di emissione (infatti gli elettroni eccitati hanno comunque ben definite energie). L’intensità di una linea di emissione aumenterà con il numero degli atomi eccitati. L’atomo nello stato fondamentale assorbe energia radiante di una specifica lunghezza d’onda passando allo stato eccitato. La quantità di radiazione assorbita è funzione del numero di atomi allo stato fondamentale presenti sul cammino ottico. L’uso di speciali sorgenti di luce ed una accurata selezione della lunghezza d’onda permette la specifica determinazione di elementi individuali. Quando una soluzione viene inviata sotto forma di minuscole goccioline all’interno di una fiamma, una frazione degli elementi presenti nella soluzione vengono trasformati dallo stato molecolare a quello atomico che è quello capace di assorbire la radiazione caratteristica. Tuttavia, la fiamma ha sufficiente energia per ionizzare una parte consistente di questi atomi. Questo fenomeno è tanto più effettivo quanto più alta è la temperatura della fiamma e quanto più basso è il potenziale di ionizzazione dell’elemento in esame. Pertanto quando si lavora in assorbimento atomico dobbiamo usare una fiamma che garantisca un elevato numero di atomi allo stato fondamentale rispetto a quelli ionizzati. Il contrario è valido quando si lavori in emissione atomica.

Qualsiasi spettrofotometro di Assorbimento Atomico è costituita di 5 componenti basilari: ? La sorgente di luce che emette lo spettro dell’elemento di interesse. Quella più

comunemente impiegata è la lampada a catodo cavo. Il bulbo della lampada è in vetro con una finestra di quarzo trasparente alle radiazioni, l’interno è riempito di Ne o Ar e quando viene applicata una differenza di potenziale di qualche centinaio di volt, il gas di riempimento si ionizza, gli ioni urtano il catodo e avviene l’espulsione

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XIII degli atomi superficiali. Questi atomi vaporizzati quando urtano il gas di riempimento emettono energia luminosa. In genere le lampade sono singolo elemento per analizzarne uno alla volta, ma esistono anche lampade multielemento, meno sensibili, che consentono analisi di diversi elementi in successione.

? Una cella di assorbimento in cui vengono prodotti atomi allo stato fondamentale del campione. La più comune cella di assorbimento è la fiamma che può essere di vario tipo: aria-acetilene (2300°C), aria-idrogeno (2045), protossido di azoto-acetilene (2900°C). Il campione viene aspirato attraverso il nebulizzatore, trasformato in aerosol e spruzzato nella camera di premiscelazione. Qui si mescola con il gas combustibile e il comburente; la combustione e l’atomizzazione avvengono poi sulla testata del bruciatoreLa soluzione da analizzare viene nebulizzata nella fiamma dove si producono gli atomi allo stato fondamentale

? Un monocromatore, da cui passa il segnale in uscita dalla fiamma, che ha la funzione di selezionare la lunghezza d’onda della radiazione. Gli spettrofotometri ad AA usano generalmente monocromatori a reticolo.

? Un rivelatore (fotomoltiplicatore), che misura l’intensità della luce e amplifica il segnale.

? Un sistema di acquisizione del segnale.

Le misure quantitative in assorbimento atomico sono basate sulla legge di Lambert-Beer. Essa dice che la concentrazione è proporzionale all’assorbanza misurata.

A = log(I0/I) I0 = Intensità radiazione entrante

I = Intensità radiazione uscente

A = x*b*N x = Coefficiente di assorbimento atomico (A = kC) b = Spessore dello strato assorbente

N = Numero totale di atomi liberi

Ad elevate concentrazioni tale legge non è più rispettata per cui bisogna cercare di lavorare nell’intervallo in cui la curva di calibrazione mantiene la sua linearità.

II.3.1 Determinazione dei cationi: sodio, potassio, calcio, magnesio

Lo spettrofotometro di assorbimento atomico “Perkin Elmer” mod.3110 è uno strumento a singolo raggio, dotato di bruciatore a fiamma. Per la determinazione dell’assorbimento atomico venivano usate come sorgenti lampade a catodo cavo:

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XIV Perkin Elmer Intensitron™ Lamp Na+(current operating 8-10mA, ?=589 ? m)

Perkin Elmer Intensitron™ Lamp Ca2+(current operating 10-25mA, ?=423 ? m) Perkin Elmer Intensitron™ Lamp Mg2+(current operating 10-25mA, ?=285 ? m) La fiamma usata è quella ottenuta con una miscela aria-acetilene ed è sempre la stessa per i quattro elementi.

? Sodio e potassio: Le scale degli standard utilizzate sono mostrate in tabella II.3.1

Tabella II.3.1: scale degli standard per sodio e potassio

Soluzione Na+ e K+ (ppm) S1 0,4 S2 0,8 S3 1,2 S4 1,6 S0 0

Per evitare di avere sodio e potassio allo stato eccitato nella fiamma prima dell’arrivo della radiazione, si aggiunge agli standard e ai campioni una sostanza che si ionizza più facilmente degli elementi da analizzare. Questa sostanza è una soluzione di cesio a 10000 ppm che è preparata a partire da polvere di CsCl. Nelle soluzioni da analizzare si aggiunge il cesio affinché la sua concentrazione sia 1000 ppm, cioè ne va aggiunta 1/10 del volume finale. Il cesio, oltre a essere più facile da ionizzare, libera elettroni creando una nube riducente che si oppone ulteriormente alla ionizzazione di sodio e potassio.

? Calcio e magnesio: Le scale degli standard utilizzate sono mostrate in tabella II.3.2

Tabella II.3.2: scale degli standar per calcio e magnesio

Soluzione Ca++(ppm) Mg++ (ppm) S1 1 0,1 S2 2 0,2 S3 3 0,3 S4 4 0,4 S5 5 0,5

La sostanza da aggiungere per evitare la ionizzazione sulla fiamma di calcio e magnesio è, in questo caso, lo stronzio. Deve essere presente una quantità di 500 ppm e la soluzione di partenza è a 5000 ppm, quindi, anche ora, ne va aggiunto 1/10 rispetto al volume finale.

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II.4 Spettrofotometria UV-VIS

I metodi per assorbimento rivelano la struttura molecolare delle sostanze e possono, quindi, essere applicati al riconoscimento ed alla determinazione quantitativa dei composti. Questi metodi si basano sull’assorbimento da parte di una soluzione trasparente di una determinata lunghezza d’onda, secondo la legge di Lambert e Beer: If = I0e-ksc dove k: coefficiente di estinzione; s: spessore della cella; c: concentrazione della specie in soluzione

L’assorbanza, A, è definita come A = logIo/If=ksc

Dato che k è una costante e lo spessore della cella è mantenuto fisso, la relazione tra assorbenza e concentrazione è teoricamente lineare.

L’analisi quantitativa viene eseguita confrontando l’assorbanza delle soluzioni in esame con quella di soluzioni a concentrazione nota. Se la specie chimica assorbe nell’UV non è necessario nessun trattamento particolare della soluzione, se non l’acidificazione; mentre se non assorbe in questa regione dello spettro si può effettuare la misura nel caso in cui formi con opportuni reagenti sostanze che assorbono radiazione visibile.

Le specie chimiche determinate con questa tecnica sono state: NH4+ e COD.

Bisogna sempre considerare le eventuali interferenze che si possono presentare in ogni determinazione, dovute, ad esempio, a: presenza di solidi in sospensione, selettività della reazione, presenza in soluzione di sostanze colorate e loro stabilità.

II.4.1 Determinazione di ammoniaca e COD

La misura di ammoniaca è stata eseguita mediante lo spettrofotometro di assorbimento “Elmer Lambda Spectophotometers” mod.632-0001”, mentre per il COD è stato usato lo spettrofotometro da campo “DR/2000 Spectophotometer HACH”.

? Ammoniaca: L’assorbimento è dovuto alla formazione di un complesso di colore verde contenente ammonio. La lunghezza d’onda necessaria alla determinazione dell’ammoniaca è 690 nm e la cella da utilizzare è quella di quarzo puro. Il volume totale deve essere 20 cc sia per gli standard che per i campioni e l'acqua da utilizzare per la loro preparazione è l'acqua millipore. La scala degli standard viene preparata a partire da cloruro di ammonio e per lo sviluppo del colore si aggiungono 2,5 cc del reagente 1B (NaOH circa 8N e Tartrato di Sodio) ed una punta di spatola del reagente 2B (ipoclorito), si attendono 15 minuti e si aggiungono 2 gocce del reagente 3B (timolo e nitroprusiato sodico). Si attendono circa 30 minuti dopodiché si esegue la lettura allo strumento. (Standard Methods, 1998).

? COD: La seguente metodologia si basa sulla digestione acida dell'analita. Si prendono aliquote note del campione in esame (2 cc se la concentrazione di cloruri è

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XVI inferiore a 1000 ppm, altrimenti prima è necessaria una diluizione), e si mettono all’interno di una provetta in vetro che ha la caratteristica di essere una cella spettrofotometrica. All’interno della provetta è presente acido solforico (86%) per mantenere la soluzione a pH acido, solfato di mercurio che permette di precipitare i cloruri a cloruro di mercurio poiché è molto insolubile, e triossido di cromo che opera l’ossidazione della materia organica a CO2. Appena chiusa la provetta va

agitata e poi la si immette in un reattore a 150 °C per 2 ore. La fase finale, cioè la misura, avviene dopo che si sono raffreddati i campioni e dopo aver pulito l’esterno della celletta da possibili interferenze ottiche. La lunghezza d’onda indicata nella metodologia di lavoro è di 420 nm e lo strumento fornisce direttamente la misura di COD in mg/l

Figura

Figura II.1: schema di un cromatografo ionico
Tabella II.2.1: scale degli standard per l’individuazione di cloruri, solfati e nitrati
Tabella II.3.2: scale degli standar per calcio e magnesio

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