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1 PARTE PRIMA: LA DISCIPLINA DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI

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PARTE PRIMA:

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Capitolo 1 IAS 16 – IMMOBILI, IMPIANTI E MACCHINARI

1. Introduzione

Lo IAS 16 “Contabilizzazione di immobili, impianti e macchinari”, fu approvato nel marzo del 1982. Nel dicembre del 1993 tale principio è stato rivisto nella sostanza all’interno del progetto sulla comparabilità e sui miglioramenti da apportare al bilancio ed è stato modificato in IAS 16, “Immobili, impianti e macchinari”.

Il presente principio contabile internazionale entra in vigore a partire dall’ esercizio con inizio dal 1° luglio 1999 o da data successiva. Era incoraggiata una applicazione anticipata e le imprese che applicavano il presente principio per i bilanci annuali degli esercizi con inizio anteriore al 1° luglio 1999 dovevano indicare in nota integrativa tale fatto ed adottare congiuntamente lo IAS 22 “Aggregazioni di imprese”, lo IAS 36 “Riduzione durevole di valore delle attività” e lo IAS 37 “Accantonamenti, passività e attività potenziali1”.

Nel corso degli anni al suddetto principio internazionale sono state apportate numeroso modifiche al fine di renderlo coerente con gli altri IAS.

2. Definizione ed ambito di applicazione

La dottrina definisce come “Immobilizzazioni” o “fattori pluriennali” quei “beni che non esauriscono la loro utilità per l’impresa in un solo esercizio, ma partecipano al processo produttivo di più esercizi”2.

I fattori pluriennali comprendono:

1) le immobilizzazioni materiali costituite da terreni, fabbricati, macchinari, attrezzature, macchine d’uffici, beni mobili in genere, etc;

2) le immobilizzazioni immateriali costituite da marchi, brevetti, know-how;

1

IAS 23, par. 67 - 68 2

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3) i costi pluriennali che comprendono le spese di impianto, di pubblicità, di studi e di ricerche.

Analogamente si pone l’art 2424-bis del codice civile, per le quali le immobilizzazioni sono gli “elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente nell’impresa” e non anche i beni acquistati o costruiti per essere alienati nel breve o medio periodo di tempo3. I beni che si decide di destinare alla vendita vanno classificati separatamente dalle immobilizzazioni materiali (in un’apposita voce dell’attivo circolante)4.

E’ quindi la destinazione oggettiva o soggettiva (impressa dall’imprenditore) del bene all’utilizzazione durevole nel processo produttivo dell’impresa, e non la sua natura o struttura, a farlo qualificare come immobilizzazione.

Ne consegue che, in funzione della predetta destinazione, è possibile che il medesimo bene operi in un esercizio come immobilizzazione ed in un altro come elemento del capitale disponibile (cioè come disponibilità).

Per questa ragione il legislatore impone la diversa collocazione in bilancio, delle immobilizzazioni rispetto alle disponibilità, cioè ai beni acquistati o costruiti per essere alienati nel breve o nel medio periodo5.

Nell’impostazione dettata dal codice civile fra le immobilizzazioni materiali non sono compresi solo i beni che già partecipano al ciclo produttivo, ma anche quelli in corso di realizzazione ed i crediti per gli acconti corrisposti ai fornitori di beni strumentali. La collocazione di quest’ultimi valori finanziari tra le immobilizzazioni materiali trova giustificazione nel fatto che gli stessi non si tradurranno in introiti monetari, ma nell’acquisizione di beni strumentali.

3

Definizione fornita facendo riferimento alla destinazione dall’elemento patrimoniale all’interno dell’impresa.

4

La classificazione dei cespiti destinati alla vendita non è chiaramente identificata di principi IAS, mentre trovano chiara disciplina nell’OIC 16

5

Per un approfondimento del problema relativo alla classificazione dei beni secondo la destinazione economica, piuttosto che secondo ui criteri finanziari e delle relative caratteristiche, si richiamano i seguenti scritti: P. Onida, Il Bilancio di Esercizio nelle imprese, Dott. Antonino Giuffrè –Editore Milano, 1974, G. Ferrero, F. Dezzani, Manuale delle analisi di bilancio, Milano, Giuffrè, 1979.

(4)

Nei principi contabili internazionali le immobilizzazioni materiali sono disciplinate dello IAS 16 “Immobili, impianti e macchinari”6, il quale ha come finalità principale quella di definire il loro trattamento contabile.

Lo IAS 16 definisce gli immobili, impianti e macchinari come quelle attività materiali che:

− sono possedute dall’impresa per essere utilizzate nella produzione o nella fornitura di beni e di servizi, per usi amministrativi, o per affittarle ad altri; − sono destinate ad essere utilizzate per più esercizi.

Affinché un’attività sia rilevata in bilancio come immobilizzazione materiale i principi contabili internazionali prescrivono che debbano essere soddisfatte le seguenti condizioni:

1. si deve avere la probabilità che l’impresa godrà di futuri benefici economici generati dal bene;

2. l’impresa è in grado di determinare il costo del bene in modo attendibile. Tuttavia mentre per la disciplina italiana al fine di iscrivere in bilancio un’attività è necessario il passaggio del titolo di proprietà, secondo gli IAS è sufficiente anche la sola esistenza di contratti preliminari, promesse di vendita o compromessi; ovvero si prende in considerazione il momento in cui i rischi e i benefici legati al bene sono trasferiti all’impresa7.

Le problematiche principali nella contabilizzazione di immobili, impianti e macchinari sono la determinazione del momento per la rilevazione delle attività, la determinazione dei loro valori da iscrivere e degli ammortamenti che devono essere rilevati in relazione ad essi.

Il presente principio richiede che un elemento di immobili, impianti e macchinari sia rilevato come attività quando soddisfa il criterio di definizione e di rilevazione di un’attività esposto nel quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio.

6

Per ulteriori approfondimenti confronta Documento n. 24/2004 Le immobilizzazioni materiali secondo gli IAS elaborato dalla fondazione Luca Pacioli.

7

Per un maggiore approfondimento B. Frizzera, Principi Contabili nazionali ed Internazionali, Il Sole 24 Ore S.p.A. – Milano - 2006

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Lo IAS 16 deve essere applicato per la contabilizzazione di immobili, impianti e macchinari eccetto quando un altro principio contabile internazionale richiede o consente un trattamento contabile differente, e rinvia ad altri principi contabili internazionali la trattazione per la svalutazione delle perdite di valore (IAS 36), degli oneri finanziari (IAS 23), dei contributi pubblici (IAS 20), e degli investimenti in immobili (IAS 40). In relazione alla tipologia dei beni regolati dal suddetto IAS, si ha una sostanziale equivalenza rispetto all’OIC n. 16: infatti in entrambi sono contemplate le categorie di immobili, impianti e macchinari detenuti dall’impresa e aventi una funzione strumentale per la produzione del reddito.

I principi contabili sono, nella sostanza, in linea con quanto disposto dalla prassi internazionale con l’eccezione della contabilizzazione del leasing finanziario, Trattato dalla prassi internazionale nello IAS 17. Altre differenze significative sono inerenti il momento di iscrizione delle immobilizzazioni materiali che per la prassi contabile italiana avviene al passaggio di proprietà mentre per lo IAS 16 un immobilizzazione può essere iscritta a bilancio se è probabile che i benefici economici vadano a favore dell’impresa e il costo è ragionevolmente determinabile.

Altro aspetto che va evidenziato sono le rivalutazioni, che in Italia sono consentite solo in applicazione di leggi speciali, mentre sono previste dagli IAS nel modello della rideterminazione del valore e dei terreni che per la pressi internazionale non possono mai essere ammortizzati, mentre in Italia è permesso l’ammortamento a particolari condizioni8.

L’ultima differenza da evidenziare riguarda gli immobili destinati dall’impresa all’investimento immobiliare, i quali per la prassi internazionale non ricadono nell’ambito di applicazione dello IAS 16, ma hanno una specifica disciplina, quella contenuta nello IAS 40.

Il presente principio non si applica:

8

Per un maggiore approfondimento B. Frizzera, Principi Contabili nazionali ed Internazionali, Il Sole 24 Ore S.p.A. – Milano – 2006.

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− alle attività biologiche connesse ad attività agricole9;

− ai diritti minerari, ricerca ed estrazione di minerali, petrolio, gas naturale e simili risorse naturali non rigenerative.

La disciplina internazionale10 stabilisce che una classe di immobili, impianti e macchinari è un raggruppamento di simile natura e utilizzo nell’attività dell’impresa. Sono esempi di classi distinte:

a) terreni, b) terreni e fabbricati, c) macchinari, d) navi, e) aerei, f) autoveicoli, g) mobili e attrezzature, h) macchine d’ufficio.

Lo IAS 1 “Presentazione del bilancio” non richiede di norma, obbligatoriamente, la separata indicazione, nello Stato Patrimoniale, delle diverse categorie di immobilizzazioni materiali, che deve però poi essere demandata alle note di bilancio. Il suddetto IAS individua, infatti, un’unica voce, “Immobili, impianti e macchinari”, per iscrivere i beni materiali in bilancio. Al paragrafo 73, lo IAS 1 prevede però che se vi sono singole categorie di immobili, impianti e macchinari valutati in modo differente, queste devono essere separatamente indicate nello schema di stato patrimoniale (ad esempio, attività valutate con il metodo del costo e attività valutate con il metodo della rideterminazione).

Lo IAS 1 prevede inoltre che gli investimenti immobiliari devono essere esposti in una voce separata dello stato patrimoniale. Nella disciplina Italiana il legislatore all’articolo 2424 detta esplicitamente le categorie di immobilizzazioni materiali e le individua in:

1. terreni e fabbricati, 2. impianti e macchianario, 9

Alle attività biologiche connesse all’attività agricola si applica lo IAS 41.

10

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3. attrezzature industriali e commerciali, 4. altri beni,

5. immobilizzazioni in corso e acconti11.

Ai fini degli IFRS viene ritenuta valida la rappresentazione in bilancio delle immobilizzazioni materiali secondo la disciplina civilistica, ad eccezione della separata indicazione dei terreni, i quali “devono essere contabilizzati separatamente anche quando sono acquistati congiuntamente ai fabbricati”12. L’OIC 24 prevede, invece, che “i terreni possano essere esposti insieme ai fabbricati con la dizione terreni e fabbricati. Sono possibili altre descrizioni più rappresentative delle immobilizzazioni dell’impresa”. Autorevole dottrina rileva come questa precisazione sia di dubbia interpretazione, in quanto non è chiaro se si intende che è consentito iscrivere nell’attivo in un’unica voce i terreni e i fabbricati oppure se essi possano essere rilevati in un unico conto. La prima ipotesi è certamente l’unica corretta in quanto i terreni e i fabbricati devono essere esposti in maniera separata in quanto i primi non sono ammortizzabili. La valutazione delle immobilizzazioni materiali nell’approccio metodologico comporta una logica unitaria, in quanto vi è una stretta interdipendenza tra le diverse sottostanti problematiche, sebbene in astratto, sul piano meramente organizzativo, possano essere analizzate separatamente13

11

Lo stesso schema di classificazione delle immobilizzazioni materiali nell’attivo dello stato patrimoniale è proposto anche dall’OIC 16

12

IAS 16, paragrafo 58. il principio chiarisce in oltre che:

− i terreni hanno vita illimitata e perciò non sono ammortizzabili (ad eccezione dei terreni come cave e per discariche);

− gli edifici hanno una vita limitata e per questo sono attività ammortizzabili.

Inoltre un incremento del valore del terreno sul quale non è costruito un edificio non influisce sulla determinazione della vita utile del fabbricato.

13

Così si esprime in proposito P Onida, (Il Bilancio), op. cit. : Nella composizione dei bilanci ordinari d’esercizio possano considerarsi, relativamente alle immobilizzazioni di cui parliamo, i seguenti problemi caratteristici:

determinazione del valore complessivo attribuibile alle immobilizzazioni, nonché delle parti da esse ammortizzabile in più esercizi e quindi del presunto valore di eliminazione;

determinazione del tempo entro il quale l’ammortamento dovrebbe esaurirsi; determinazione delle quote di ammortamento.

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3. Valutazione iniziale di immobili, impianti e macchinari

Il vecchio articolo 2424, 1° comma, numero 1 e 3 del codice civile, stabiliva che “le immobilizzazioni materiali o tecniche e quelle immateriali non potevano essere iscritte in bilancio ad un valore superiore al prezzo di acquisto o costo”. Il novellato art 2426 numero 1 codice civile stabilisce, invece, che “le immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie vanno iscritte in bilancio al costo di acquisizione o di produzione”.

Risulta evidente la differenza tra le due norme: mentre per la prima, il prezzo di acquisto o di produzione era il limite massimo di valutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali – al di sopra del quale non si poteva andare se il valore del bene fosse stato superiore al detto prezzo, ma al di sotto del quale si doveva andare (in applicazione del principio di precisione) se il valore fosse stato inferiore al prezzo stesso, per la seconda norma il costo di produzione o di acquisizione è il criterio normale di valutazione di tutti i beni costituenti immobilizzazioni.

Si definisce criterio normale in quanto il costo, per volontà del legislatore, opera come limite massimo di valutazione, per le rimanenze di magazzino, per i titoli e per le attività finanziarie rientranti nell’attivo circolante (e, quindi, non costituenti immobilizzazioni) e il valore desumibile dall’andamento del mercato alla chiusura dell’esercizio, è minore del costo storico (art. 2426, n.9); e può essere surrogato dal criterio del patrimonio netto della partecipata, per la valutazione delle partecipazioni in società controllate e collegate, o dal criterio del presunto ricavo pro-quota nel caso di lavori in corso su ordinazione14.

Il legislatore stabilisce poi che il criterio del costo va derogato:

Questi problemi non possano avere soluzioni indipendente; anzi le soluzioni reciprocamente si condizionano, essendo l’una fattore per la determinazione delle altre e viceversa. La determinazione delle quote di ammortamento è naturalmente connessa a quella del valore da ammortizzare e del tempo entro il quale l’ammortamento si dovrebbe esaurire.”

14

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− nelle rivalutazioni economiche non dovute ad inflazioni effettuate in casi eccezionali;

− nel caso di rivalutazioni monetarie imposte o consentite dal legislatore con apposite leggi-ordinarie;

− nella valutazione delle partecipazioni e dei lavori in corso su commessa. Negli IAS e nei principi contabili nazionali i valori originari delle immobilizzazioni materiali da iscrivere in bilancio, sono, salvo alcuni casi particolari, i loro costi di acquisizione15; essi rappresentano elementi che concorrono a configurare i sottosistemi delle immobilizzazioni tecniche, “componenti negativi di risultati lordi da ripartire tra gli esercizi ai quali detti

sottosistemi sono comuni, secondo considerazioni disgiunta delle

immobilizzazioni tecniche rispetto a tutti gli altri processi di impresa”16.

Rientrano all’interno dei costi di acquisizione anche gli oneri finanziari maturati sui finanziamenti stipulati per sostenere l’acquisizione dei beni in questione17, argomento specificatamente trattato nel quarto capitolo “Costi di borrowing” del presente lavoro.

Il criterio generale del costo non viene utilizzato o comunque necessita di ulteriori considerazioni nel caso in cui l’immobilizzazione sia stata acquisita grazie a contributi pubblici18, derivi da un’aggregazione di imprese19 o sia stata acquisita tramite un contratto di leasing finanziario.

15

In questa sede per costo di acquisizione ci si riferisce sia al costo di acquisto, sia al costo di produzione, sia alla permuta

16

A. Viganò, Le immobilizzazioni tecniche investigate nella dinamica economica di impresa, Milano, Giuffrè, 1979.

17

Gli oneri finanziari nella disciplina nazionale vengono disciplinati dallo stesso OIC 16 “Le immobilizzazioni materiali” nella disciplina internazionale trovano, invece, separata disciplina nello IAS 23 “Oneri finanziari”.

18

IAS 20 “Contabilizzazione dei contributi pubblici e dell’assistenza pubblica”. Tema trattato nel capitolo successivo.

19

I beni acquisiti in aggregazione di imprese devono essere iscritti al fair value del momento dell’operazione, al lordo dell’eventuale effetto di imposte differite derivanti da un differente valore tra quello di bilancio e quello riconosciuto fiscalmente.

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Il costo di un bene acquistato da terzi deve comprendere tutti gli oneri che possono essere ad esso correlati in maniera diretta e consentano di portarlo nelle normali condizioni di operatività, quali i costi di installazione, trasporto, collaudo e assicurazione. Non sono invece da ricomprendersi nel valore del bene le spese che l’impresa ha affrontato per formare il personale addetto affinché sia in grado di utilizzare tali impianti e macchinari.

Lo IAS 16 e i principi contabili nazionali dettano tre criteri differenti di costo: − costo di acquisto;

− costo di produzione; − permuta.

3.1. Costo di acquisto

Il costo di acquisto è comunemente inteso come il costo che nasce da un rapporto di scambio con economie esterne attraverso la definizione di un prezzo20.

Il costo di acquisto è quello realmente pagato per acquistare da terzi la titolarità del bene (lo si ricava in genere dal contratto o dalla fattura); esso non può essere difforme dal prezzo dichiarato nell’atto di acquisto salvo che ne sia dimostrata la simulazione.

Ai sensi del documento OIC n.16 il costo di acquisizione originario è costituito da tutti i costi necessari affinché l’immobilizzazione possa essere utilizzata. Comprende quindi, oltre al prezzo di acquisto, anche gli oneri accessori, quali, a titolo esemplificativo, le spese notarili per la redazione dell’atto di acquisto e le imposte necessarie per la sua registrazione, gli onorari tecnici per la progettazione, i costi di trasporto, i dazi di importazione, le spese di istallazione, montaggio e posa in opera, le spese di messa a punto, gli oneri per perizie e collaudi. L’IVA, invece, non rappresenta parte del costo, salvo al caso di IVA indetraibile. Gli sconti commerciali, infine, devono essere portati a riduzione del costo di acquisto, mentre gli sconti per cassa rappresentano proventi finanziari, a

20

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meno che non siano di ammontare rilevante, nel qual caso devono essere portati a riduzione del prezzo di acquisto.

Lo IAS 16 al paragrafo 15 detta la definizione di costo di acquisto, e stabilisce che esso comprende21:

− il prezzo d’acquisto del bene, inclusi i dazi all’importazione e le tasse di acquisto non recuperabili, dopo aver dedotto sconti commerciali e abbuoni; − gli eventuali costi direttamente imputabili alla messa in funzione del bene per

l’uso inteso dalla direzione aziendale22;

− la stima iniziale dei costi di smantellamento e di rimozione del bene e dei costi di bonifica del sito in cui si trova l’attività, se rispondenti alle previsioni dello IAS 37. Tali costi, pur non portando direttamente benefici economici all’azienda, devono essere sostenuti per ragioni ambientali e di sicurezza; devono, quindi, essere capitalizzati sul bene stesso con contropartita un accantonamento del passivo.

Vengono considerati costi accessori anche gli oneri finanziari relativi al finanziamento stipulalo per effettuare la fabbricazione, interna o presso terzi (art. 2426 n.1 codice civile).

3.2. Costo di produzione

Per costo di produzione si intende, in dottrina, un costo formato in relazione ad atti compiuti all’interno dell’azienda per l’ottenimento di un bene, quali stratificazione di costi sostenuti per effettuare le diverse fasi di produzione. Il costo di produzione si riferisce alla fabbricazione interna di immobilizzazioni, ovvero alle costruzioni in economia, ma deve essere determinato impiegando gli

21

IAS 16, par 15. tale paragrafo oltre a dettare la definizione di costo di acquisto, fornisce un’elencazione dei costi direttamente imputabili: predisposizione del luogo di istallazione; costi iniziali di consegna e movimentazione; costi di istallazione; onorari professionali, quali quelli di architetti ed ingegneri; costo stimato per lo smantellamento, per la rimozione dell’attività e per la bonifica del territorio.

22

IAS 16, par. 15. Tra tali costi rientrano: i costi di predisposizione del luogo di istallazione; i costi iniziali di consegna e movimentazione; i costi di istallazione; gli onorari professionali, quali quelli di architetti ed ingegneri.

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stessi principi previsti per i beni acquistati23. Tale costo è costituito dai costi direttamente correlati alla realizzazione del bene (ad esempio materie prime, semilavorati e prodotti finiti, lavoro diretto, forniture, spese per onorari professionali e altri servizi) e dai costi indirettamente imputabili al prodotto, ovvero tutti i costi sostenuti per portare il bene nelle sue condizioni di operatività per l’uso24. I costi legati ad inefficienze e inadempienze non sono inclusi nel valore del bene, ma sono imputati direttamente nel conto economico dell’esercizio in cui sono sostenuti.

Per la valutazione del costo delle immobilizzazioni acquisite per mezzo della costruzione interna il principio contabile nazionale, invece, prevede la differenziazione dei costi indiretti da comprendere nel costo di acquisto a seconda che la costruzione in economia sia effettuata come attività a carattere continuativo o come attività occasionale all’interno dell’azienda. Nel primo caso menzionato il costo di fabbricazione si considera inclusivo dei costi diretti (materiale, mano d’opera diretta, spese di progettazione, costi di fornitura, ecc.) e di una quota parte delle spese generali di fabbricazione, la quale è soggetta alle stesse regole per la determinazione della quota attribuibile alle rimanenze di magazzino; mentre nel secondo caso non vengono aggiunte ai costi di produzione le spese generali di produzione.

Secondo la dottrina aziendale e la prassi consolidata i costi indiretti riguardano, nella fattispecie, costi relativi specificatamente al processo tecnico di produzione. Non rientrano invece le spese generali, le spese amministrative, le spese commerciali25. Anche lo IAS 16, al paragrafo 17, esclude la possibilità di

23

IAS 16, par. 18.

24

L’articolo 2426 stabilisce che il costo di produzione “può comprendere altri costi per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto”. L’espressione “può comprendere” non può essere intesa quale facoltà concessa al compilatore del bilancio, G.E.Colombo si esprime infatti dicendo che: “.. il verbo “potere” (“può comprendere”) nell’art. 2426, n.1, non assegna all’autore del bilancio una scelta di opportunità, bensì un margine di discrezionalità tecnica da utilizzare al fine della miglior realizzazione della rappresentazione veritiera e coretta”.

25

Osserva in proposito N. Di Cagno “La difficoltà nel procedimento valutativo delle costruzioni interne discende dalla necessità di distinguere nell’insieme dei costi di diversa natura, sostenuti dall’impresa, quelli da capitalizzare come immobilizzazioni materiali e, di converso, la parte di tali costi da far

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includere nel costo di produzione e nel costo di acquisto le spese generali e amministrative, i costi di avviamento (start up) e i costi di pre-produzione “pre-production cost”26. Tali costi non fanno parte del costo di acquisto o di produzione a meno che essi non siano necessari per portare il bene nelle normali condizioni di utilizzo.

Sia il costo di acquisto che il costo di produzione possono, invece, includere gli oneri finanziari, sostenuti dall’impresa in relazione all’acquisto o alla produzione di un elemento di immobili, impianti e macchinari. Tali costi possono, infatti essere capitalizzati secondo quanto previsto dal trattamento contabile alternativo disposto dallo IAS 2327 “Oneri finanziari”.

3.3. Permuta

L’OIC n. 16 e lo IAS 16 prevedono che un elemento di “immobili, impianti e macchinari” possa essere acquisito in cambio di attività non monetarie o con una combinazione di attività monetarie e attività non monetarie28. In questo caso la regola generale prevede che il valore dei beni oggetto di permuta debba essere determinato in base al fair value (valore equo o valore di mercato) dei beni permutati, rilevando quindi utili o perdite dall’operazione. Il valore di mercato del bene ricevuto in permuta consiste nel valore da iscrivere in bilancio per il

concorrere alla determinazione del reddito come componenti negativi. Invero gli impianti costruiti in economia non possono essere valutati al costo primo, comprensivo cioè dei soli costi di manodopera diretta impiegata e dei materiali utilizzati. E’ necessario, invece, assegnare con tutte le cautele, ma con l’inevitabile discrezionalità, una quota di costi generali in modo da attribuire alle immobilizzazioni un valore pieno, confacente ai fini della corretta e veritiera rappresentazione della situazione patrimoniale, e in modo da iscrivere un valore adeguato per la determinazione delle quote d’ammortamento e perciòdella redditività degli esercizi nei quali le immobilizzazioni saranno utilizzate.”

26

Devono essere esclusi ad esempio i seguenti costi: costi di apertura di un nuovo impianto, i costi per l’introduzione di un nuovo prodotto o servizio, compresi costi pubblicitari e per attività promozionali.

27

IAS 16, par. 18. “Lo IAS 23, “Oneri finanziari”, stabilisce i criteri che devono essere rispettati affinché gli oneri finanziari possano essere rilevati come componente del costo di immobili, impianti e macchinari.” Tema affrontato nel capitolo 4 del presente lavoro.

28

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bene ricevuto e rappresenta il valore con cui si determina l’utile o la perdita sul bene dato in permuta.

Sono previste due eccezioni a questa regola generale. Il costo del bene acquistato (o ceduto) in permuta deve essere rilevato al valore contabile del bene ceduto (o acquistato), anzichè al valore di mercato quando:

− l’acconto della permuta non ha sostanza commerciale,

− non sia attendibilmente misurabile il fair value dei beni permutati.

4. Dal costo al fair value

Con il ricorso ai nuovi principi internazionali di derivazione anglosassone, i valori reddituale prospettici, positivi e negativi, sono determinati in stretta derivazione patrimoniale29, comprese minusvalenze e plusvalenze patrimoniali. Gli effetti reddituale della nuova ottica valutativa sono, in particolare, l’inclusione delle plusvalenze patrimoniali nei componenti positivi del reddito di esercizio e, correlativamente, l’inserimento, tra i componenti negativi del reddito dei costi, non più capitalizzabili, di start-up, di ricerca, di istruzione del personale, di lancio di nuovi prodotti e, più in generale, di impianto e ampliamento.

I nuovi principi valutativi comportano anche un parziale abbandono della visione retrospettiva del costo storico, introducendo la visione prospettica del fair value, facendo riferimento, in particolare ai valori correnti di mercato ed ai flussi di cassa da attualizzare, i valori prospettici, quest’ultimi, che possono essere definiti solo all’interno di un quadro attendibile di previsioni e di “business plan”.

Sulla possibile evoluzione dei criteri valutativi, sui rischi e sulle opportunità delle valutazioni al così detto fair value, conviene svolgere alcune considerazioni aggiuntive.

L’articolo 2426 del codice civile, numeri 1 e 9, come abbiamo detto fino a qui, prevede il costo quale criterio base per le valutazioni delle poste di bilancio. Tale

29

Come aumenti e diminuzioni di benefici futuri ad attività, ovvero come aumenti e diminuzioni di oneri futuri a passività, cioè variazioni patrimoniali “prospettiche” misurate in modo attendibile.

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criterio di valutazione riguarda le valutazioni di bilancio dell’impresa in funzionamento ed è quello che, in teoria, dovrebbe lasciar meno spazio agli apprezzamenti soggettivi. La norma di legge, inoltre, prevede che il costo debba essere costantemente riesaminato al fine di non precludere il riconoscimento di eventuali perdite; in conseguenza della rilevazione di perdite e svalutazioni, se queste vengono meno, si impone il ripristino del costo originario. La valutazione in base al costo, è disattesa, nel codice civile, in due specifici casi, precisamente con riferimento alla valutazione delle seguenti attività:

− partecipazioni immobilizzate in imprese controllate o collegate, per le quali è consentita e preferita la valutazione con il metodo del patrimonio netto30; − lavori in corso su ordinazione, per i quali è prevista e preferita la valutazione

sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza31. La prassi contabile internazionale e, in particolare, i principi contabili internazionali, sono attualmente orientati, in taluni casi, all’abbandono del costo in favore del “fair value”, definito dallo IAS 32 “Financial instrument: presentation” e dallo IAS 39 “Financial instruments: recognition and meausurement” come “il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in un’operazione tra terzi”. In sostanza, si tratta della valutazione al valore che si può definire di “mercato”, tradotto dalle direttive comunitarie in “valore equo”.

Attualmente, i principi contabili internazionali che prevedono la valutazione al fair value sono: lo IAS 32 e 39, in particolare quest’ultimo, con riferimento alle attività detenute a scopo di negoziazione e disponibili per la vendita; lo IAS 40, relativo agli investimenti immobiliari; lo IAS 41, relativo all’agricoltura. Inoltre gli IAS 16 e 38 consentono la rivalutazione di tali immobilizzazioni, materiali e immateriali, con imputazione della stessa a patrimonio netto, come avviene nel nostro paese a seguito dell’introduzioni delle specifiche leggi di rivalutazione32.

30

Si vedano l’articolo 2426 codice civile, numero 4, e il principio contabile nazionale numero 21.

31

Si vedano l’articolo 2426 codice civile, numero 11 e il principio contabile nazionale numero 23.

32

Per un maggiore approfondimento si veda F. Roscini Vitali, Ias e fair value: motivazioni della scelta, Da Fisco Oggi, Rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, 30/10/2003 – Edizione delle 13.30.

(16)

Più in particolare, nell’ambito dei principi contabili internazionali, il concetto di fair value può essere ricondotto a diversi approcci valutativi: al costo, al mercato, ai flussi di cassa scontati33.

Un primo approccio valutativo riconduce il concetto di fair value al “costo”. Nella valutazione al costo di immobili, impianti e macchinari, ad esempio si stabilisce che “le attività sono registrate per l’ammontare del denaro o dei suoi equivalenti pagati o del valore corrente dei beni ceduti in permuta al momento della loro acquisizione”.

Un secondo approccio valutativo è quello del “mercato”. Al riguardo nello IAS 39 si stabilisce quanto segue:

- quando un bene è trattato in un mercato attivo e per contanti, il suo prezzo di mercato corrente, rettificato dai costi da sostenere in una operazione effettiva, fornisce la migliore evidenza del fair value;

- quando un mercato è poco attivo o non è disponibile un prezzo corrente di mercato, possono essere utilizzate tecniche di valutazione consolidate quale il riferimento al fair value di un altro bene sostanzialmente simile.

Un terzo approccio valutativo è quello dei flussi di cassa scontati. Con questo approccio valutativo il fair value viene stimato attraverso i flussi di cassa futuri attesi che l’attività o la partecipazione genererà, scontandoli ad un adeguato tasso di rischio commisurato al rischio reale dei flussi di cassa riscossi. L’approccio dei flussi di cassa scontati può essere utilizzato, in particolare per le attività immateriali, per le passività finanziarie e per le corrispondenti attività finanziarie di copertura.

I principi contabili internazionali privilegiano il criterio di valutazione del fair value, il quale in alcuni casi è stato scelto in alternativa al costo, preferendolo a quest’ultimo. Il primo approccio o la prima impressione che si traggono potrebbero essere negative o improntate a scetticismo, tuttavia, comprendendo le ragioni che sono alla base della scelta, l’impressione iniziale potrebbe essere riveduta, inquadrando la problematica nella diversa funzione che la prassi

33

Per un maggiore approfondimento L. Marchi, Evoluzione dei principi contabili e dei criteri di valutazione: dal costo al fair value, in “Revisione Contabile”, n. 5/2005.

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internazionale affida al bilancio e conoscendo pregi e punti critici del nuovo metodo di valutazione.

Per comprendere le motivazioni che hanno portato all’introduzione del metodo di valutazione in questione, è importante evidenziare il diverso approccio al bilancio dei Principi Contabili Internazionali rispetto alla prassi vigente nel nostro Paese, e più in generale, in altri Paesi, che deriva dalle direttive comunitarie; infatti, i primi si rivolgono agli investitori e presentano il bilancio in una visione prevalentemente prospettica, mentre i secondi, interessati alla tutela dei soci e dei creditori, hanno come finalità la prudente valutazione ai fini della conservazione del capitale34. In sostanza i principi contabili internazionali, interpretano il bilancio in chiave dinamica e, seppure nel rispetto del principio di competenza, il risultato di esercizio è visto quale indicazione delle “performance” aziendali future; da questo punto di vista i documenti internazionali sono vicini alla prassi contabile statunitense, che interpreta il bilancio in chiave prospettica, al fine di fornire agli investitori la possibilità di stimare la capacità di generare utili futuri e di interpretare eventuali rischi futuri connessi all’investimento, in modo tale da potere assumere decisioni in campo economico-finanziario.

In tale contesto, per lo IASB la competenza35 prevale sovente sulla prudenza36 (anche in funzione dei destinatari e della funzione dei bilanci), mentre per la

34

G.Capidoglio – M.G. Baldarelli, L’armonizzazione dai Principi contabili in Europa. Allargamento dell’U.E. e confronto Internazionale, Roma, Rirea, 2003. Capidoglio sottolinea che “se il destinatario delle informazioni che scaturiscono dal bilancio è l’investitore e l’obbiettivo conoscitivo è il valore dell’investimento, ci troviamo di fronte ad un completo ribaltamento di tutti i principi di redazione di un documento che stenterei a chiamare bilancio di esercizio.mi criteri di valutazione non potrebbero più essere considerati ordinari e riguardanti i così detti capitale di funzionamento, ma dovrebbero riflettere l’esigenza di conoscere il così detto capitale economico dell’azienda.”

35

In base al principio di competenza possono partecipare alla formazione del reddito i costi ed i ricavi riferibili all’esercizio, indifferentemente dalla loro manifestazione finanziaria. Per quanto riguarda la competenza civilistica, l’articolo 2423-bis, comma 1 n. 3, del codice civile si limita ad enunciare il principio di competenza, disponendo che “si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data di incasso o di pagamento”. Il principio contabile n.11 detta, invece, le linee di guida del principio di competenza secondo cui:

(18)

prassi comunitaria la prudenza prevale sulla competenza, essendo un aspetto fondamentale nella redazione del bilancio, con importanti conseguenze circa i criteri valutativi da adottare.

Questo aspetto aiuta a comprendere come il bilancio redatto utilizzando i principi IAS, si utilizza per una valutazione prospettica dell’impresa, rispetto al medesimo bilancio redatto secondo la prassi contabile comunitaria e, ovviamente, nazionale. I valori correnti, rispetto ai costi storici, hanno il pregio di costituire un migliore riferimento ai fini della capacità revisionale. Nelle direttive comunitarie si assiste quindi ad un cambiamento, anche se il costo, essendo un parametro certo, espone sicuramente a minori rischi; mentre i valori correnti possono essere scarsamente documentati e sono più aleatori e soggetti a variazioni più frequenti: in definitiva, sono volatili. Tuttavia, questi problemi, dei quali sarebbe sbagliato non tenere conto, devono essere risolti predisponendo appositi e specifici controlli. Infatti, si deve precisare che non è il fair value che offre meno garanzie rispetto al costo, ma è la serietà dei redattori di bilancio e quella dei controllori, che offrono le garanzie maggiori.

Il fair value, come il costo, deve essere correttamente interpretato e rappresentato; e costituisce una stima come tutte le altre valutazioni di bilancio, e quale stima, deve rispettare il principio generale che presiede alla formazione del bilanci, ovvero alla rappresentazione corretta e veritiera, prevista dall’articolo 2423, comma 2, del codice civile.

Come illustrato, il fair value fa prevalere il principio di competenza su quello di prudenza, rilevando soventi utili in via anticipata, rispetto alla nostra prassi

− i ricavi sono conseguiti al momento della cessazione dei beni o dei servizi oggetto del processo produttivo;

− i costi devono essere imputati nell’esercizio in cui sono stati conseguiti i ricavi correlati.

36

Il principio di prudenza non viene definito dal legislatore, il quale però enuncia distintamente il principio di iscrizione delle perdite presunte da quello di differimento degli utili sperati, che costituiscono, in realtà, dei semplici corollari del postulato di prudenza. Per un maggiore approfondimento vedi M. Allegrini e P. Martini “Bilancio civilistico e imponibile fiscale”, Napoli, Sistemi editoriali, 2003.

(19)

contabile, anche se tali utili non sono realizzati37; questo comportamento potrebbe alterare la funzione di garanzia che il bilancio offre ai creditori e ad altri soggetti. Questo è un fatto innegabile o, quanto meno, un rischio insito in tale metodo di valutazione: se, per esempio, i soci di oggi destinassero alla distribuzione tutto l’utile risultante dal bilancio (reddito prodotto), la società potrebbe subire, in futuro, conseguenze negative. Per ovviare a tale inconveniente, il legislatore potrebbe, o meglio, dovrebbe distinguere, nelle disposizioni interne, la nozione di reddito prodotto da quella di reddito distribuibile, al fine di preservare la funzione di garanzia verso i terzi, propria del bilancio di esercizio: il primo, infatti, comprende anche taluni componenti non realizzati, derivanti dall’applicazione del fair value, mentre il secondo include soltanto i componenti realizzati. In sostanza come illustrato, i principi contabili internazionali vedono il bilancio in chiave evolutiva, ovvero dinamica, facendo prevalere sovente il principio di competenza rispetto a quello di prudenza: altro discorso è la distribuzione degli utili di impresa.

In sostanza, gli utili derivanti da particolari situazioni, nella quale gli stessi non possono definirsi “realizzati con economie esterne”, possono essere “sospesi” e accantonati in una riserva: saranno distribuibili quando la posta contabile che li ha generati sarà realizzata nei confronti dell’esterno. E’ questa una cautela, realizzata con una restrizione alla distribuzione degli utili, che il legislatore può introdurre nelle norme di legge; tra l’altro, anche i principi contabili internazionali prevedono cautele, per certi aspetti, simili.

L’aspetto più significativo dei nuovi criteri valutativi collegati ai principi contabili internazionale è senz’altro rappresentato dall’introduzione della visione prospettica del fair value. Si fa riferimento, in tal senso, ai valori correnti di mercato ed hai flussi di cassa da attualizzare, valori prospettici quest’ultimi, che

37

Imputazione limitata a precise fattispecie per il disposto della direttiva 65/2001, la quale all’art. 42 prevede l’imputazione delle variazioni di valore al patrimonio netto nel caso in cui l’oggetto di valutazione sia uno strumento di copertura nell’ambito di un sistema di copertura che non consente l’iscrizione nel conto economico della totalità o di una parte della variazione di valore, oppure la modifica del valore si riferisca ad una differenza di cambio sui un elemento monetario parte di un investimento netto in un’entità estera.

(20)

possono essere definiti solo all’interno di un quadro attendibile di previsioni e di “business plan”. La nuova ottica valutativa ha rilievo per quanto riguarda, tra le altre, le valutazioni relative alle attività e passività finanziarie.

L’applicazione della valutazione al fair value comporta38, in particolare:

− “una sopravvalutazione del reddito operativo dovuta soprattutto alla scorporazione di cosiddetti oneri finanziari connessi al processo di attualizzazione”;

− “il valore attuale del debito è sistematicamente inferiore al suo valore nominale, con conseguente sopravvalutazione del patrimonio netto di funzionamento fino all’epoca della cessazione del rapporto di lavoro”;

− “elevatissima è la probabilità di generare componenti erratici, oneri o proventi straordinari, in relazione alla massa di mere ipotesi che sottostanno all’applicazione di questo metodo valutativo: ipotesi sulla durata del rapporto, ipotesi sull’andamento del tasso d’inflazione e sulla retribuzione ordinaria, ipotesi sul tasso di sconto”.

5. Capitalizzazione di spese successive

I costi sostenuti successivamente all’acquisto del bene per effettuare migliorie, sostituire una parte, o effettuare manutenzioni di un suo elemento possono essere capitalizzati nel valore contabile del bene stesso se rispettano il criterio generale di rilevazione39; ovvero, una spesa successiva relativa a un elemento di immobili, impianti e macchinari già rilevato deve essere aggiunta al valore contabile del bene quando è probabile che l’impresa godrà di benefici economici futuri eccedenti le prestazioni normali del bene stesso originariamente accertate, e l’impresa posa misurare tale costo in maniera attendibile, analogamente a quanto previsto in genere per tutte le altre immobilizzazioni materiali. Tutte le altre

38

Al riguardo si veda I. Tozzi, “Un esempio di tentativo di armonizzazione contabile: il trattamento di fine rapporto. Riflessioni sull’esposizione in bilancio alla luce dei principi contabili internazionali”, in L’armonizzazione dei principi contabili in Europa, Roma, RIREA, 2003, pagg. 357-381.

39

(21)

spese sostenute successivamente devono essere rilevate come costo nell’esercizio in cui sono sostenute40.

Lo IAS 16 individua diverse tipologie di spese successive: − le manutenzioni ordinarie41;

− gli interventi di rifacimento a intervalli regolari o non regolari; − le manutenzioni a interventi regolari o non regolari.

In particolare possono essere capitalizzati: i costi sostenuti dall’impresa per effettuare delle sostituzioni di parti di un elemento di “immobili, impianti e macchinari” (l’impresa nel corso della vita utile di un bene, può procedere, con intervalli regolari o non regolari, alla sostituzione di alcuni parti del bene stesso; i costi sostenuti dall’impresa per effettuare significative verifiche o ispezioni per evidenziare eventuali guasti, indipendentemente dal fatto che le parti dello stesso siano sostituite o meno, per garantire il continuo proficuo utilizzo)42. In questi casi il valore contabile delle parti sostituite, e l’eventuale valore contabile netto del costo della precedente verifica deve essere eliminato dalla contabilità dell’impresa.

40

G. Zappa, Le valutazioni di bilancio, con particolare riguardo ai bilanci delle società per azioni, Milano, Coc. An. Istituto Editoriale scientifico, 1971 : per una corretta imputazione delle spese di cui ora dico è importante di distinguere le spese di manutenzione e di riparazione da quelle di rinnovazione. Queste ultime, come pure quelle sopportate per sostituzioni o per nuove costruzioni, o si aggiungono ai costi iniziali oppure separatamente si iscrivono e si ammortano nei conti e negli inventari. Non sempre però torna facile la distinzione di cui sopra, né minori difficoltà presenta la necessaria separazione tra spese di manutenzioni e di riparazione ordinarie e straordinarie. Nel procedere a detta classificazione la pratica ha quasi unicamente riguardo all’ammontare delle spese stesse, e collocano fra le ordinarie le spese che voglion farsi sopportare ad un solo esercizio, fra le straordinarie quelle il cui onere, come troppo gravoso per un solo bilancio, vuol addossarsi a più di un esercizio. La via seguita dai pratici è nell’essenza sua sostenuta anche dal Fisher.

41

A. Palma, (Il bilancio di esercizio) op. cit.: le manutenzioni ordinarie sono quelle costituite da spese di natura ricorrente che si sostengono per mantenere in efficienza le immobilizzazioni materiali, onde garantire la loro vita utile prevista, nonché la capacità e la produttività originarie.

42

A. Palma, (Il bilancio di esercizio) op. cit.: le manutenzioni straordinarie sono costituite da costi che comportano un aumento significativo di produttività o di vita utile del cespite; pertanto sono capitalizzabili. Cfr. principi contabili nazionali documento 16.

(22)

Lo IAS 16, inoltre, specifica che il valore residuo di precedenti manutenzioni che siano stati capitalizzati deve essere stornato dal bene e contabilizzato a conto economico allorché venga effettuata una nuova manutenzione.

Non sono capitalizzabili, invece, i costi di manutenzione ordinaria (costi di manodopera, materiali di consumo e piccoli pezzi di ricambio) effettuati su un elemento di “immobili, impianti e macchinari”. La ragione di ciò risiede nel fatto che tali costi non rispettano il criterio generale previsto per l’iscrizione di un’attività in bilancio e, quindi, sono rilevati a conto economico nell’esercizio in cui sono sostenuti.

Nella disciplina nazionale vengono enunciati gli stessi principi, sono capitalizzabili tutti questi costi che apportano miglioramenti, modifiche o sostituzioni ai beni di riferimento. Il documento n.16 dei principi contabili nazionali stabilisce che possono essere capitalizzate: le spese di manutenzioni straordinarie che comportano un aumento significativo e tangibile di produttività o di vita utile del cespite; i rinnovamenti, purché non riguardino soltanto una parte dell’immobilizzazione materiale; gli oneri finanziari se sono relativi a finanziamenti accesi per acquistare o produrre un bene utile all’attività di impresa; e i pezzi di ricambio di rilevante costo unitario e di uso molto ricorrente.

6. Valutazioni successive alla rilevazione iniziale

Nel corso della loro persistenza in azienda le immobilizzazioni materiali subiscono differenti tipi di valutazioni.

Successivamente alla rilevazione iniziale, il valore dei beni materiali subisce modificazioni dovute in parte agli andamenti di mercato ed in parte all’utilizzo e al logorio fisico-tecnico dei beni stessi.

In base alla disciplina internazionale ogni anno gli immobili, impianti e macchinari devono essere inseriti in contabilità scegliendo uno dei due trattamenti contabili previsti del menzionato principio43. Al termine di ogni esercizio gli immobili, gli impianti e i macchinari devono essere ammortizzati, in

43

(23)

modo da determinare la quota di deterioramento, le possibili rivalutazioni o svalutazioni, nel caso in cui il valore di mercato subisca una variazione, ed infine devono essere valutati nel momento in cui l’impresa decida di eliminare contabilmente il bene materiale per mezzo della cessione o della dismissione. Analizziamo singolarmente i diversi tipi di valutazione.

6.1. Trattamento contabile

Lo IAS 16 per la valutazione successiva alla rilevazione iniziale dei beni materiali prevede due trattamenti differenti: come trattamento contabile preferito (benchmark treatment), il metodo del costo44; ed come trattamento contabile alternativo consentito (allowed treatment), il metodo della rideterminazione del valore45.

L’impresa deve applicare il modello prescelto ad un intera classe di “Immobili, impianti e macchinari”; in altre parole, due impianti appartenenti alla medesima classe di attività, non possono essere valutati uno secondo il modello del costo e l’altro secondo il modello della rivalutazione. E’ possibile invece applicare modelli di valutazione diversi in relazione alle diverse classi di “Immobili, impianti e macchinari”.

L’opzione di valutazione offerta da tale principio rappresenta l’elemento di maggiore differenza tra la disciplina nazionale e la disciplina internazionale. I principi contabili nazionali e la disciplina civilistica prevedono, infatti, che la valutazione delle immobilizzazioni debba avvenire al costo di acquisto o di produzione, con possibilità di svalutazione di tale costo nel caso in cui alla data di chiusura dell’esercizio il valore dell’immobilizzazione risulti durevolmente inferiore al valore residuo dello stesso bene.

44

IAS 16, par. 30.

45

(24)

6.1.1. Trattamento contabile preferito

Secondo il trattamento contabile di riferimento, il metodo del costo, l’attività deve essere iscritta al costo, al netto degli ammortamenti accumulati e di qualsiasi perdita per riduzione di valore accumulato.

Tale criterio è analogo a quello sancito in Italia dall’articolo 2426 codice civile46.

6.1.2. Trattamento contabile alternativo consentito

Qualora per la rilevazione delle immobilizzazioni materiali si intenda utilizzare il modello del fair value le rivalutazioni sono da effettuarsi con riferimento al valore corrente. Di norma il fair value è rappresentato dal valore di mercato del bene ed è costituto dall’importo per il quale il bene in questione può essere scambiato con terzi laddove entrambe le parti siano consapevoli e disponibili. Nel caso in cui non sia possibile avere un valore di mercato, la valutazione al fair value è effettuata al costo di sostituzione ammortizzato.

Con il modello della rideterminazione del valore l’attività deve essere iscritta ad un valore rideterminato, pari al suo fair value alla data della rideterminazione al netto di qualsiasi successivo ammortamento accumulato e di qualsiasi successiva perdita per riduzione di valore accumulata. Un’impresa può adottare il modello della rideterminazione solo nel caso in cui il fair value del bene possa essere attendibilmente determinato.

46

L’art. 2426 c.c. detta i criteri di valutazione da osservare per la redazione del bilancio di esercizio. In relazione alla valutazione delle immobilizzazioni sancisce i seguenti criteri:

• Punto 1: “le immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione”

• Punto 2: “Il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzo.

• Punto 3: “L’immobilizzazione che, alla data della chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minor valore”.

(25)

Il processo di rideterminazione del valore del bene deve essere effettuato con sufficiente regolarità in modo che il “valore contabile non differisca in maniera rilevante da quello che sarebbe determinato utilizzando il fair value alla data di riferimento del bilancio”. La frequenza della rideterminazione dipende dalle oscillazioni del fair value dei beni oggetto di rivalutazione.

Con riferimento alla rideterminazione del fair value di un bene, lo IAS 16 prevede che tale valore è rappresentato generalmente dal valore di mercato degli stessi beni (market value) determinato mediante una perizia effettuata normalmente da periti professionalmente qualificati. Il principio internazionale non dispone peraltro un obbligo in merito all’utilizzo di un perito indipendente per effettuare la rivalutazione dei cespiti.

Nell’effettuare la rideterminazione del valore di un bene, lo IAS 16 stabilisce che l’intera classe di beni di cui l’attività fa parte deve essere rideterminata. Se così non fosse, ci si troverebbe ad avere, nell’ambito di una stessa classe di beni, alcuni beni valutati al costo, altri valutati al fair value. Inoltre, il principio prevede che la rideterminazione di una classe di “Immobili, impianti e macchinari”, debba avvenire in modo simultaneo per evitare rideterminazione di valore selettive.

Alla data di rideterminazione del valore del bene, gli ammortamenti accumulati devono essere alternativamente:

− ricalcolati proporzionalmente alla variazione nel valore contabile lordo dell’attività, così che il suo valore contabile dopo la rideterminazione coincida con il suo valore rideterminato;

− eliminati a fronte del valore contabile lordo dell’attività e il valore netto dell’attività è nuovamente iscritto in bilancio in base al valore rideterminato dall’attività.

La rideterminazione del valore di un elemento di “Immobili, impianti e macchinari” può determinare47:

47

P.Moretti, Rilevazione iniziale e rideterminazione dei cespiti secondo il principio IAS 16, in “Corriere Tributario” n. 31/2005, Approfondimenti Bilancio.

(26)

− un surplus, ovvero un valore rideterminato superiore rispetto al valore contabile del bene ante-rideterminazione. Di norma, il surplus deve essere iscritta in una riserva di patrimonio netto. Tuttavia, esso deve essere rilevato come provento nel conto economico nella misura in cui esso annulla una svalutazione (deficit) dello stesso bene precedentemente rilevata in conto economico; l’eventuale parte del surplus deve essere iscritta nall’apposita riserva di patrimonio netto;

− un deficit, ovvero un valore rideterminato inferiore rispetto al valore contabile del bene ante-rideterminazione. Di norma, il deficit deve essere rilevato in conto economico come costo. Tuttavia, esso deve essere addebitato alla relativa riserva di rivalutazione nella misura in cui lo stesso deficit non ecceda la riserva di rivalutazione dello stesso bene; l’eventuale parte del deficit deve essere iscritta come costo nel conto economico.

La riserva di rivalutazione inclusa nel patrimonio netto può essere trasferita direttamente a utili portati a nuovo nel momento in cui l’attività è eliminata dal bilancio, senza transitare per il conto economico. In questo caso l’intera riserva può essere stornata quando l’attività è cessata o dimessa (realizzo integrale della riserva).

Tuttavia, se il bene è ancora in uso presso l’impresa, in ciascun esercizio di utilizzo, un ammontare della riserva, pari alla differenza tra l’ammortamento basato sul valore rideterminato del bene e l’ammortamento basato sul costo originario del bene stesso, può essere trasferito ad utile portato a nuovo (realizzo parziale della riserva)

6.2. Rivalutazioni48

Come sopra esposto, la normativa civilistica in tema di valutazioni di bilancio è fortemente ancorata al criterio del costo storico, che rappresenta il limite massimo di iscrizione delle immobilizzazioni. Tale limite può essere superato

48

(27)

solo, in casi eccezionali49, in applicazione della deroga di carattere generale di cui al quarto comma dell’art. 2423 C.C50.

La relazione ministeriale al predetto articolo precisa inoltre che non costituisce caso eccezionale neppure l’eventuale sopravvenuta scarsa significatività dei valori storici per effetto dell’inflazione, essendo la disciplina di tale fenomeno riservata al legislatore ordinario.

Coerentemente con la normativa civilistica, il l’OIC 16 dispone che le immobilizzazioni possano essere oggetto di rivalutazione solo nei casi in cui apposite disposizioni legislative51 lo richiedono e lo permettano. E’ quindi del tutto precluso all’impresa procedere periodicamente o saltuariamente al riallineamento dei valori di carico delle immobilizzazioni ai loro valori correnti o d’uso.

Secondo il Documento OIC n. 16 in un sistema a costi storici il valore originario di un’immobilizzazione materiale è costituito dal costo, intendendo con tale espressione tutti i costi relativi all’acquisizione del cespite nel luogo e nelle condizioni di utilità, affinché esso costituisca bene duraturo per l’impresa.

In sostanza il valore di bilancio di un’immobilizzazione materiale può comprendere rivalutazioni del costo se queste vengono effettuate in applicazione

49

Secondo alcuni Autori sarebbe possibile operare rivalutazioni economiche che trovino giustificazione anche nel conseguimento di un vantaggio fiscale. A riguardo, vedi G. e A. Raspolli, Dal bilancio di esercizio al reddito d’impresa, Milano, IPSOA, 2001.

50

P. Onida (Il bilancio di esercizio) op. cit.: Occorre però ricordare che le straordinarie svalutazioni o rivalutazioni sogliono effettuarsi quando siansi verificati profondi e straordinari mutamenti nella situazione economica dell’impresa o quando, pur senza il concorso di formazione, siano palesemente e notevolmente inadeguati alla presunta utilizzazione economica dei ben, secondo le più attendibili previsioni. In queste circostanze, appunto, le svalutazioni o le rivalutazioni straordinarie possono spesso trovare sufficiente fondamento e riuscire convenienti anche se non è dato pervenire a rigorose stime.

51

Nel corso degli anni si sono succedute diverse leggi di rivalutazione, e precisamente: − la Legge 2 dicembre 1975, n. 576 (Legge Vicentini);

− la Legge 19 marzo 1983, n. 72 (Legge Vicentini bis); − la Legge 29 dicembre 1990, n. 408 (Legge Finanziaria 1991); − la Legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Legge Finanziaria 1992);

(28)

di leggi speciali. I criteri di rivalutazione, le metodologie di applicazione ed i limiti di rivalutazione traggono origine, nei limiti del valore recuperabile tramite l’uso. Non sono, invece, ammesse rivalutazioni effettuate al di fuori dell’applicazione di leggi speciali. La rivalutazione delle immobilizzazioni materiali a differenza del ripristino di valore conseguente al venir meno delle ragioni che hanno determinato una precedente svalutazione, non costituisce componente del conto economico, ma deve essere accreditata alle riserve di patrimonio netto nell’esercizio in cui viene effettuata. Se la legge speciale non stabilisce criteri, metodologie e limiti da adottare per effettuare la rivalutazione, tutti questi elementi debbono comunque essere determinati in conformità al principio generale di rappresentazione veritiera e corretta del bilancio.

La rivalutazione di un’immobilizzazione materiale trova il suo valore massimo nel valore d’uso dell’immobilizzazione stessa che non può in nessun caso essere superato52. Il valore d’uso delle immobilizzazioni oggetto di rivalutazione deve essere oggettivamente determinato, con le medesime modalità applicabili all’accertamento della congruità del costo originario.

La rivalutazione di un’immobilizzazione materiale non può avere l’effetto di modificare la stimata residua vita utile del bene cui viene applicata, che prescinde dal valore economico del bene. L’ammortamento dell’immobilizzazione materiale rivalutata deve continuare ad essere determinato coerentemente con i criteri precedentemente applicati al costo originario alla medesima.

L’effetto netto della rivalutazione (ad esempio, la rivalutazione del costo

originario dell’immobilizzazione materiale dedotto l’importo della

corrispondente rivalutazione degli ammortamenti) non costituisce elemento di ricavo e, pertanto, viene accreditato in apposita voce delle riserve di patrimonio netto.

52

Nel caso in cui la legge speciale stabilisca che la rivalutazione di un bene debba essere effettuata in base a parametri prestabiliti, qualora l’adozione di tali parametri comportasse l’iscrizione di un valore rivalutato che negli esercizi successivi risultasse eccedente il valore d’uso dell’immobilizzazione, detto valore rivalutato sarebbe poi soggetto ad una sua svalutazione, in conseguenza della necessità che i valori contabili siano recuperabili tramite l’uso.

(29)

Come affermato in precedenza, per quello che concerne gli immobili, gli impianti e i macchinari, il Principio Contabile Internazionale – IAS 16, precisa che l’impresa in questione deve scegliere la loro contabilizzazione con il così detto modello del costo oppure con il così detto modello della rideterminazione del valore, come principio contabile, applicando il modello scelto ad un’intera classe di immobili, impianti e macchinari.

Se si sceglie il modello del costo, dopo la rilevazione come attività, un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere iscritto al costo al netto degli ammortamenti accumulati e di eventuali perdite per riduzione di valore accumulate.

Se si sceglie il modello della rideterminazione del valore, dopo la rilevazione come attività, un immobile, un impianto e un macchinario – il cui fair value (cioè il valore equo) può essere attendibilmente determinato – deve essere iscritto al suo valore equo, pari alla rideterminazione di valore operata, al netto di qualsiasi successivo ammortamento accumulato e di qualsiasi successiva perdita per riduzione di valore accumulata. Le rideterminazioni devono essere effettuate con regolarità tale da assicurare che il valore contabile non differisca in maniera rilevante da quello che si sarebbe determinato utilizzando il valore equo alla data di riferimento del bilancio.

Tale valore equo, per i terreni e gli edifici, è determinato mediante gli ordinari parametri di mercato e di certificato da una specifica perizia, redatta da un perito professionalmente qualificato. Il valore equo di impianti e macchinari è rappresentato solitamente dal valore di mercato, determinato mediante una perizia. In assenza di parametri di mercato, il valore equo, a causa della natura specifica del cespite, può essere determinato utilizzando un approccio basato sui flussi di reddito o sul costo di sostituzione. La frequenza della rideterminazione del valore dipende dalle sue oscillazioni nel corso del tempo. Il paragrafo 39 del menzionato principio IAS 16 prescrive che se il valore contabile di un bene è aumentato a seguito di una rivalutazione, l’incremento deve essere imputato direttamente a patrimonio netto alla voce “Riserva di rivalutazione”. Tuttavia, l’incremento deve essere rilevato in conto economico nella misura in cui esso

(30)

annulla una svalutazione del medesimo bene imputata precedentemente a conto economico.

La riserva di rivalutazione di un elemento di immobili, impianti e macchinari iscritta a patrimonio può essere trasferita direttamente alla voce “Utili portati a nuovo” quando l’attività è eliminata dal bilancio.

Lo IAS 16 stabilisce inoltre che l’impresa è tenuta a stimare il fair value ad ogni bilancio e deve rivalutare un bene solo qualora vi sia una significativa differenza rispetto al suo valore contabile. Ne consegue che per i beni che hanno oscillazioni significative del loro valore corrente si potrebbero rendere necessarie delle rivalutazioni annuali, mentre beni che presentano delle oscillazioni di valore minime potrebbero presentare rivalutazioni solo ogni due o tre anni. Viene inoltre specificato che qualora venga rivalutato un elemento di immobile, impianto e macchinario occorre rivalutare l’intera classe alla quale quel bene appartiene, intendendo per classe un raggruppamento di beni di natura e utilizzi simili all’interno dell’attività dell’impresa.

Nel momento in cui si procede alla rivalutazione di un bene è necessario rideterminare anche gli ammortamenti e in ogni caso le rivalutazioni non devono essere superiori al valore d’uso del bene e non devono essere fatte in modo saltuario o casuale.

6.3. Ammortamento

L’ammortamento costituisce un procedimento tecnico – contabile di ripartizione di un costo avente utilità pluriennale tra gli esercizi che beneficiano del suo concorso alla formazione dei ricavi53. Esso non costituisce, pertanto, né un procedimento di valutazione del bene, finalità assunta dalle svalutazioni e, ove

53

A. Ceccherelli, Istituzioni d ragioneria, Firenze, Felice Le Monnier, 1955: la quota di ammortamento dei beni materiali corrisponde tra l’altro anche ad un deperimento, nel senso che in realtà le cose deperiscono con l’uso fino a perdere la loro capacità produttiva, ed assumere anche il carattere di quota di ricostituzione, in quanto le cose deperite debbono, per assicurare il funzionamento dell’impresa, sostituirsi quando in modo da mantenere costante lo stato di efficienza.

(31)

ammesse, dalle rivalutazioni, né di accumulo delle risorse finanziarie necessarie alla sostituzione dell’immobilizzazione.

Il calcolo delle quote di ammortamento, cioè della quota di costo che deve essere periodicamente recuperata deve considerare i seguenti aspetti:

− i beni ammortizzabili; − il valore da ammortizzare; − il periodo di ammortamento; − i criteri di ammortamento.

Sia che si adotti il metodo del costo, sia che si adotti il metodo della rideterminazione del valore, un elemento di “immobili, impianti e macchinari” deve essere iscritto in bilancio al netto degli ammortamenti accumulati.

Sia i Principi Contabili Internazionali che quelli Italiani affermano che l’ammortamento di un bene deve essere sistematicamente ripartito durante la sua

vita economica utile ed è un costo di esercizio. Lo IAS 16 definisce la vita utile di un’attività come il “periodo di tempo nel quale si attende che l’attività sia

utilizzabile dall’impresa”; ovvero la quantità di prodotti e unità similari che l’impresa si aspetta di ottenere dall’utilizzo dell’attività; e stabilisce che per determinarla occorre tener presente:

− il grado di deterioramento fisico, legato alle condizioni di operatività ed al programma di manutenzioni;

− l’obsolescenza tecnica a seguito dell’immissione sul mercato di nuove tecnologie;

− l’utilizzo che l’impresa prevede, le politiche di rinnovo dell’impresa potrebbero prevedere la sostituzione del bene ancor prima del termine della sua vita fisica o della sua utilità economica;

− l’esistenza di vincoli o di restrizioni al suo utilizzo.

La vita utile originariamente stimata per un cespite può subire variazioni, sia in aumento che in diminuzione, in relazione a vari fattori, quali, ad esempio, gli interventi di manutenzione che ne consentono un utilizzo maggiore, o, viceversa, le innovazioni tecnologiche non previste che lo rendono obsoleto prima del termine inizialmente programmato.

Figura

Figura 1. Rappresentazione  percentuali delle società appartenenti al settore industriale (1), al settore  bancario  (2)  e  al  settore  assicurativo  (3),  che  hanno  redatto  il  bilancio  secondo  i  principi  contabili  nazionali, e delle società che
Figura  3.  Schema  di  Stato    Patrimoniale  presentato  dalla  Società  Parmalat  nel  bilancio  consolidato  redatto al 31/12/2005
Figura  4.  Conto  Economico  minimo  del  Conto  Economico  redatto  con  l’applicazione  dei  principi  contabili internazionali previsto dallo IAS 1 al paragrafo 74
Figura  5.  Schema  di  conto  economico  presentato    dalla  società  Parmalat  nel  bilancio  redatto  al  31/12/2005
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Riferimenti

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