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2. Il pascolo macchiatico suino

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2.

Il pascolo macchiatico suino

2.1 L’allevamento macchiatico nel passato

Nel periodo medievale, con il termine pascolo veniva inteso un bosco ceduo avente diritto di pascolo; esso differiva dalla selva che invece era intesa come una fustaia chiusa.

Proprio il pascolamento, unitamente al disboscamento per le necessità di riscaldamento ed a quello per l’ottenimento di nuove aree coltivabili, è stato uno dei principali fattori che hanno condizionato lo sviluppo e la modificazione delle foreste rispetto al loro andamento originario. Questa situazione è andata progressivamente mutando sino all’avvento della rivoluzione industriale, momento in cui è stata notevolmente ridotta la pressione sul bosco. Ciò ha consentito alla popolazione rurale, che rimaneva legata al mondo agricolo, di poter pianificare più adeguatamente la produzione e con essa anche le tecniche di allevamento.

Sul finire di questo periodo iniziò a sorgere una nuova metodologia di allevamento brado che vedeva la collocazione dei nuovi allevamenti nella zona collinare e sub montana, inglobati in aziende che gestivano in modo integrato sia zone adibite alla coltivazione, sia pascoli e bosco.

La massima espressione di questa tipologia di azienda fu la grande fattoria suddivisa nei vari poderi che esistette sino agli anni ’60 nella maggior parte del nord e del centro Italia.

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2.2 La valorizzazione del bosco

La valutazione della conciliabilità tra il bosco e l’allevamento del suino deve tener conto che il pascolamento di un numero di soggetti adeguato rappresenta, nei sistemi forestali, un controllo omeostatico fondamentale per allontanare organismi limitanti il rinnovo naturale e garantire, quindi, la sostenibilità e la buona durata del bosco.

Attualmente, sulle orme di una tendenza tesa a sviluppare e valorizzare le risorse proprie dell’ambiente rurale, viene proposto l’allevamento macchiatico del suino come fonte di produzioni di nicchia ad alto valore aggiunto; particolare attenzione viene inoltre rivolta agli effetti benefici che questo metodo di allevamento può apportare al bosco, dove questo animale viene allevato, garantendone la propria sostenibilità.

Le situazioni sia vegetazionali che strutturali della maggior parte dei boschi del nostro territorio sono particolarmente variabili; si passa da boschi ad alto fusto, caratterizzati da alberi dotati di folta chioma ma con ridotta proliferazione del sottobosco, a cedui con diverse tipologie di copertura. Si possono trovare, inoltre, fitte boscaglie dove prevale uno strato arbustivo, che ha ormai preso il sopravvento sugli alberi ad alto fusto, a seguito di un quasi totale stato di abbandono. Molto diffuse sono, infine, aree caratterizzate da castagneti in disuso, spesso presenti nella fascia vegetazionale del querceto ed uniti a pinete artificiali frutto di rimboschimenti.

Gli elementi fondamentali su cui si deve basare lo sviluppo di questa tecnica di allevamento sono sostanzialmente questi:

• Una superficie boscata adeguata al carico degli animali che insistono su di essa

• La presenza di terreno limitrofo pascolabile, che consenta agli animali di usufruire di alimenti complementari

• La fornitura di integrazioni alimentari

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Per fare un esempio sulle produttività del bosco, inerente i frutti fruibili da parte dei suini durante la fase di pascolamento, si riportano qui di seguito una tabella ed un grafico relativi, rispettivamente, alle produzioni annue di ghiande ed all’aumento delle produzioni di ghiande collegato all’età della pianta.

Tabella 2.1 - Media annuale della produzione di ghiande (Convegno Nazionale Cuneo

2003)

Anno Quercus cerris Quercus ilex

2000 61,67 426,3

2001 28,7 365,25

2002 916,16 1740,66

2003 965,31 3252,85

Grafico 2.1 - Andamento della produzione di ghianda all’aumentare dell’età della pianta (Convegno Nazionale Cuneo 2003)

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Qualora si renda possibile, risulta di grande giovamento, per una ottimale conservazione della zona di pascolamento, l’applicazione di tecniche di razionalizzazione quali : una turnazione con recinzioni o la realizzazione di alti carichi limitati a periodi molto brevi.

In ogni caso, considerate le differenti condizioni compositive e strutturali delle molteplici superfici boschive, è quasi del tutto impossibile stabilire a priori i carichi unitari sostenibili.

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2.3 Le principali strutture impiegate nell’allevamento

macchiatico.

Le strutture necessarie per un coretto sviluppo dell’allevamento macchiatico del suino, si possono sostanzialmente suddividere in quattro blocchi distinti: • Le recinzioni • I ricoveri • Mangiatoie ed abbeveratoi • Zona di cattura

2.3.1 Le recinzioni

Le recinzioni ricoprono particolare importanza in questo metodo di allevamento; esse infatti devono essere in grado di contenere animali che trascorrono la totalità della loro vita al pascolo.

Quando si vengono ad utilizzare vaste superfici boschive ed è necessaria, per la gestione dell’allevamento, la formazione di gruppi a numero variabile, la scelta della corretta recinzione da impiegare risulta fondamentale ed a volte determinante per la buona riuscita o meno dell’allevamento brado.

Attualmente, le tipologie di recinzione impiegate sono prevalentemente di due tipi; un primo fisso (con l’impiego di pali e rete metallica), ed un secondo, mobile ( mediante recinzione elettrica e paletti amovibili).

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Recinzione elettrica

Questi recinti sono costituiti da diversi componenti quali:

1) Un eccitatote - Rappresenta la parte fondamentale dell’impianto, ed è sempre collegato ad un sistema a terra. Esso può essere alimentato mediante la rete, per mezzo di batterie a ricarica oppure grazie all’impiego di pannelli solari ad alta sensibilità.

2) Paletti amovibili – ormai molto diffusi in commercio, sono spesso di materiale plastico; questi consentono una facile ed altrettanto rapida messa in opera in quanto già dotati degli appositi alloggiamenti destinati al passaggio dei vari fili elettrificati. In alternativa ad essi, è possibile utilizzare normali paletti di legno che però andranno dotati di opportuni distanziatori isolati per consentire il passaggio dei fili.

3) Fili elettrici – i fili impiegati possono essere di differenti tipologie che vanno dall’acciaio, al filo di ferro ricoperto di alluminio ai più recenti materiali ad alta conduttività. I fili normalmente vanno collocati in numero di due, eccezionalmente tre, a distanze predefinite. Il primo filo va posto a circa 20 cm da terra, mentre il secondo a circa 50-70 cm; nel caso l’allevamento preveda anche la presenza di suinetti all’interno del recinto è necessario metterne un terzo ad un’altezza da terra di circa 30-35 cm per evitare che questi ultimi fuoriescano passando in mezzo agli altri fili prima considerati.

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Recinzione fissa con rete metallica

La recinzione fissa, sicuramente più onerosa e difficoltosa da mettere in opera, risulta maggiormente stabile e sicura per il contenimento degli animali all’interno del recinto e per la protezione dalle incursioni di quelli ad esso esterni.

Per la sua costruzione occorre prevedere l’impiego di pali in legno o in ferro (più raramente) che andranno posti a circa due metri l’uno dall’altro per evitare che un’eccessiva distanza tra di essi provochi l’indebolimento del recinto. A questi andrà abbinata una rete metallica (ad incastro o elettro-saldata) con maglie dimensionate in relazione all’età degli animali che utilizzeranno il pascolo. E’ opportuno che la rete in questione venga parzialmente interrata a circa 30 cm per evitare che gli animali tentino di sollevarla per fuoriuscire. Nel caso in cui il territorio presenti appezzamenti caratterizzati da un eccessivo declivio, è più opportuno impiegare la rete ad incastro rispetto a quella elettro-saldata; la prima, infatti, si adatta perfettamente alle asperità del terreno consentendo di evitare il rischio che la rete rimanga rialzata in prossimità di avvallamenti o cambi di pendenza. Infine, un metodo che si rivela valido per evitare che gli animali tentino di uscire danneggiando la recinzione, è quello che prevede l’impiego misto del recinto elettrificato e di quello fisso.

Ponendo il recinto elettrico ad una distanza di circa 40 cm da quello fisso, infatti, l’animale non viene a contatto con la rete evitando così di provocare rotture e scalzi; allo steso tempo, qualora riuscisse a forzare il blocco della recinzione elettrificata, non potrebbe scappare dalla zona delimitata con la rete metallica.

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Immagine 2.1 - Recinzione elettrificata

Immagine 2.2 - Recinzione fissa con rete metallica e pali

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2.3.2 Vantaggi e svantaggi delle due tipologie di recinzione

Entrambi i tipi di recinzione presentano determinati aspetti sia positivi che negativi che possono diversamente influire sul buon sviluppo dell’allevamento. Anzitutto occorre considerare a priori che tipologia ed età gli animali insisteranno sull’area recintata ed in seguito scegliere la forma strutturale che meglio si adatta alle necessità.

Recinzione fissa

. Vantaggi

• Maggiore durata nel tempo

• Resistenza strutturale nei confronti dei tentativi di uscita dei suini e di entrata da parte di selvatici (cinghiali)

• Minore necessità di manutenzione nel corso degli anni Svantaggi

• Oneroso investimento iniziale per messa in opera e materiali • Difficoltà nel modificare le dimensione dei recinti

• Costruzione di appositi passaggi per il personale di servizio

Recinzione elettrificata

Vantaggi

• Minore investimento iniziale • Facilità nella messa in opera

• Facilità nel modificare le dimensioni dei recinti in relazione al numero degli animali

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Svantaggi

• Minore durata nel tempo

• Maggiori spese di manutenzione e mantenimento dovute al continuo controllo e sfalcio della zona perimetrale per evitare che i fili urtino la vegetazione e scarichino la corrente a terra.

• Minor capacità contenitiva sia nei confronti degli animali allevati che di quelli selvatici che tentano di entrare.

2.3.3 I ricoveri

Attualmente sono presenti sul mercato varie tipologie di ricoveri mobili e fissi che sono in grado di soddisfare tutte la esigenze dell’allevamento brado; i ricoveri si dividono in:

- Ricoveri per scrofe e verri in accoppiamento

- Ricoveri per scrofe e verri in accoppiamento e gestazione - Ricoveri per suinetti svezzati e per l’ingrasso

- Ricoveri multifunzionali - Ricoveri per il parto

Nonostante ciò, nell’allevamento macchiatico quelli che vengono impiegati maggiormente sono gli ultimi due e molto spesso vengono sostituiti con strutture ricavate mediante l’utilizzo di materiali disponibili in azienda come legname e teloni di copertura.

Il ricovero per il parto ha dimensioni piuttosto ridotte e serve ad ospitare la scrofa nelle fasi di preparto, parto ed allattamento. Una corretta divisione interna ed una coibentazione adeguata sono fondamentali per evitare i frequenti problemi che riguardano i suinetti appena nati. Questi infatti corrono sia il rischio di essere schiacciati dalla madre sia quello di risentire

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particolarmente di temperature esterne troppo basse (T inferiori ai 15° C portano alla morte dei suinetti appena nati).

I ricoveri per il parto (arche), sia che siano prodotti dall’industria che fatti artigianalmente in seno all’azienda, devono obbligatoriamente possedere una zona delimitata con apposite strutture dove possano arrivare solamente i suinetti che in questo modo evitano di rimanere schiacciati dal peso della madre.

Le arche si possono trovare in semplice lamiera ondulata o in lamiera di acciaio zincato, piegate ad arco ed il cui costo risulta essere decisamente ridotto. In alternativa è possibile trovare i ricoveri per il parto con forma del tetto a spiovente costituite da un telaio in legno e copertura esterna sempre in ondulato o con copertura di tavole. In questo caso i suinetti possono trovare una zona franca in prossimità dell’angolo acuto venutosi a formare dalla congiunzione tra il suolo e lo spiovente del tetto.

I ricoveri multifunzionali prefabbricati possono essere impiegati per usi differenti. Sono sempre modulabili con pannelli laterali in acciaio e vetroresina, mentre la copertura è spesso realizzata con tessuti sintetici ad alta resistenza. Strutture di questo tipo si prestano sia ad ospitare le scrofe che alla fase di ingrasso. In verità nelle realtà dell’allevamento macchiatico, ed in particolar modo in Italia questo tipo di strutture non hanno ancora preso particolarmente piede. Questo è probabilmente dovuto agli elevati costi di acquisto ed alla possibilità di sostituirle con strutture costruite in azienda che riescono ugualmente a soddisfare le esigenze di allevamento. Inoltre, nel nostro paese, l’allevamento macchiatico è ancora fortemente legato a terreni particolarmente impervi e declivi che mal si prestano alla costruzione di strutture di dimensioni più elevate.

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2.3.4 Le mangiatoie e gli abbeveratoi

Le mangiatoie

Nei suini allevati al pascolo il mangime complementare può essere distribuito direttamente sul terreno, anche se è consigliabile che l’allevatore provveda ad inserire nei recinti delle mangiatoie per ridurre gli sprechi e controllare meglio l’assunzione; è importante che queste siano dimensionate in base al numero di suini allevato per garantirne a tutti gli animali l’accesso evitando lotte che porterebbero a penalizzare ulteriormente i soggetti più deboli.

Se l’alimentazione è a volontà, non occorre commisurare le mangiatoie al numero degli animali, dal momento che l’utilizzo viene frazionato nell’arco della giornata. Se invece si adotta l’alimentazione razionata, gli animali si alimentano contemporaneamente, ed è necessario prevedere almeno 40 cm di mangiatoia per soggetto.

Nel caso dell’allevamento brado macchiatico le mangiatoie sono spesso costituite da tavoloni di legno, spesso muniti di scomparti verticali per evitare che gli animali siano in grado di entrarvi e disturbare gli altri soggetti o, ancora peggio, contaminare l’alimento con deiezioni che lo renderebbero così poco appetibile comportando inutili sprechi.

Esiste, dove consentito dal territorio, la possibilità di impiegare alimentatori meccanici; di norma queste mangiatoie sono rifornite da tramogge collegate a contenitori che garantiscono una certa autonomia. In tal caso il loro posizionamento nel recinto deve facilitare il carico con l’utilizzo di mezzi meccanici ed in ogni condizione meteorologica. Anche nel caso dell’adozione di contenitori di grande portata, non deve mai essere tralasciato un controllo quotidiano delle mangiatoie, per evitare che interruzioni accidentali dello scarico del mangime, dovute ad esempio al compattamento della massa per eccessiva umidità, possano creare problemi agli animali. Le mangiatoie così concepite servono per l’alimentazione di gruppi di animali; nel caso si debbano fare piani

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individuali su animali allevati in gruppo, è necessario adottare batterie di gabbie singole con mangiatoia e bloccaggio dell’animale. Esistono anche sistemi automatici che riconoscono gli animali ed erogano il mangime in funzione del loro stato fisiologico. Tali impianti, progettati per allevamenti al chiuso, potrebbero creare problemi nel caso di utilizzo in allevamenti allo stato brado.

Gli abbeveratoi

L’acqua si può considerare per gli animali in allevamento l’alimento principale. La carenza di acqua provoca la riduzione dell’assunzione di tutti gli altri alimenti, rende gli animali nervosi; e la sua sospensione anche per breve tempo può portare a gravi patologie; è per questi motivi che deve sempre essere disponibile e pulita. E’ un errore frequente quello di considerare che un solo tipo di abbeveratoio sia valido per tutte le circostanze. Le diverse categorie di suini in allevamento hanno esigenze differenti nei confronti dell’assunzione di acqua:

• Per i giovani suini in fase di allattamento, ad esempio, si pone il problema di cercare di incentivare l’assunzione precoce di acqua, contemporaneamente all’inizio dell’alimentazione solida. Occorre pertanto che l’abbeveratoio richieda una bassa forza di attivazione, e quindi risultano particolarmente indicati in tale fase gli abbeveratoi a sifone.

• Nelle scrofe in allattamento l’esigenza prioritaria è quella di fornire elevate quantità di acqua: una scarsa assunzione di acqua nei primi giorni dopo il parto può portare, infatti, a un calo della produzione di latte. Pertanto, per consentire alla scrofa di assumere notevoli quantità di acqua in breve tempo, occorre disporre di abbeveratoi con alta portata.

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Gli abbeveratoi per suini disponibili in commercio possono essere riuniti nei seguenti gruppi:

1. abbeveratoi che mettono costantemente a disposizione del suino una superficie d’acqua;

2. abbeveratoi nei quali l’erogazione dell’acqua avviene per effetto del morso o della pressione esercitata col grugno del suino.

Le tipologie di abbeveratoi maggiormente impiegati negli allevamenti suini biologici all’aperto sono:

1. abbeveratoi a vaschetta: costituiti da contenitori con riserva d’acqua di un dato volume, tenuta costante da un galleggiante protetto; è possibile impiegarli per tutti i suini in gruppo; ha il vantaggio di dare pronta disponibilità di acqua e di mantenere un numero elevato di capi per unità (10-12 suini ogni abbeveratoio), questo anche per la possibilità di abbeverata contemporanea di più animali. Sicuramente però questo tipo di abbeveratoio ha lo svantaggio maggiore nella facilità con cui gli animali contaminano l’acqua, attraverso gli escrementi e il fango. Per limitare i problemi di inquinamento dell’acqua è spesso necessario realizzare un gradino di accesso, o comunque porre il bordo della vaschetta ad un’altezza che limiti l’insudiciamento (30-35 cm);

2. abbeveratoi a sifone: abbeveratoi con riserva d'acqua (a livello costante), particolarmente indicati per i suinetti in allattamento; hanno il vantaggio del facile apprendimento da parte degli animali. Questo tipo di abbeveratoio ha anche il vantaggio di erogare acqua a temperatura ambiente e di servire contemporaneamente più animali. Lo svantaggio principale è costituito da un elevato impiego di manodopera per il riempimento e la pulizia periodica (che va effettuata frequentemente per motivi igienici);

3. abbeveratoi a succhiotto: costituiti dalle classiche valvole a morso che l’animale preme tra le fauci facendo erogare il quantitativo di

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acqua desiderato; è bene che l’allevatore provveda a costruire una pedana per evitare che l’acqua sprecata dia luogo ad una zona fangosa e la successiva formazione di buche che peggiorano notevolmente la fruizione corretta da parte degli animali. Questo tipo di abbeveratoio ha il vantaggio igienico sanitario di erogare sempre acqua pulita, ma lo svantaggio di favorire gli sprechi, a volte molto elevati. di acqua;

4. abbeveratoi a tazzetta : costituiti da un compromesso tra l’abbeveratoio a vaschetta e quello a succhiotto, in quanto sono costituiti da un recipiente provvisto da una valvola a pressione premuta dall’animale; l’acqua in eccesso non viene in tal modo sprecata ma raccolta nel recipiente sottostante. Questo tipo di abbeveratoio ha lo svantaggio dell’insudiciamento da parte degli animali, e quindi la tazzetta deve essere posizionata relativamente in alto.

2.3 5 La zona di cattura

Ogni allevamento all’aperto necessita di un adeguata zona cattura, anche se generalmente l’allevatore tende a sottovalutare il significato della stessa. È necessaria non solo per le operazioni di carico e scarico degli animali, che subiscono in questo modo meno stress, ma anche per le operazioni di carattere sanitario o zootecnico. L’area di cattura deve essere regolarmente visitata dagli animali che devono avvicinarvisi ed entrare senza alcun timore. Allo scopo sarà premura dell’allevatore offrire cibi graditi in questa area, in modo da farla associare ad uno stimolo positivo da parte degli animali. In tale area risulta utile anche la presenza

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somministrare razioni adeguate ai diversi pesi di allevamento. Questa zona deve essere posta in un luogo facilmente accessibile anche dai mezzi per garantire le operazioni di carico e scarico degli animali. Inoltre i cancelli e i corridoi di contenimento dovranno essere, se possibile, provvisti di angoli smussati e privi di sporgenze in grado di provocare lesioni agli animali.

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2.4

L’esempio della Spagna

La produzione del suino iberico risale al tempo dei romani, quando i prodotti carnei provenienti dalla Spagna erano molto apprezzati. Attualmente ricopre una grande importanza la produzione dei prosciutti (Jamon), che presentano ottime caratteristiche qualitative. La definizione “Iberico” in realtà identifica un gruppo di razze caratterizzate da spiccata robustezza ed elevata capacita nel depositare grasso, originarie della penisola Iberica ed in particolare della foresta mediterranea (La Dehesa). La Dehesa, luogo dove questo animale viene allevato, è un territorio boschivo di circa tre milioni di ettari situato nel sud – ovest della Spagna ed impiegato per circa un terzo a favore dell’allevamento brado del suino. Le essenze principali che insistono in tale zona sono sostanzialmente quelle della nostra macchia mediterranea ma con prevalenza di Quercus ilex, Quercus suber e Quercus lusitanica (Lopez- Bote, 1998).

Per quanto concerne il sistema di produzione, le fasi di allevamento si distinguono in :

• Fase di lattazione (fino al peso di 20 kg)

• Fase di accrescimento (fino al peso di 90-120 kg) • Fase di ingrasso (fino al peso di 140-160 kg)

Durante quest’ ultimo periodo gli animali vengono lasciati pascolare nella Dehesa, anche se il bosco non è sempre in grado di fornire i frutti necessari al soddisfacimento degli animali che lo occupano; ciò dipende essenzialmente dalle condizioni climatiche e dal periodo dell’anno in cui si va a collocare tale fase. Nei periodi di minor produzione, è quindi possibile l’integrazione della dieta mediante l’uso di miscele commerciali in proporzioni variabili a seconda dei casi.

Il differente regime alimentare porta inevitabilmente all’ottenimento di una difforme qualità sia dal punto di vista degli animali che dei prodotti finiti. A tal proposito è possibile distinguere tre diverse tipologie di prosciutto iberico, in funzione del tipo di alimentazione ricevuta dal suino.

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• Montanera (de bellota): sicuramente il più pregiato dei tre ; in questo caso l’animale viene lasciato libero di pascolare durante la fase di ingrasso (1-2 mesi prima della macellazione) e viene alimentato esclusivamente con ghiande ed erba, che trova da sé nella zona di pascolamento. Il prodotto finale risente in modo particolare del tipo di alimentazione, la quale fornisce un patrimonio lipidico utile per lo sviluppo del suo aroma tipico.

• Recebo: questo prodotto viene ottenuto da animali alimentati sia con ghiande che con le tradizionali miscele commerciali e si distingue principalmente in :

Recebo classico - la somministrazione dei mangimi avviene dal termine del pascolamento fino alla macellazione.

Recebo tecnico - il mangime viene somministrato

contemporaneamente alla fase di pascolamento. (De Pedro Sanz, 2001).

• Cebo : dei tre è il prodotto di minor qualità; in questo caso gli animali vengono alimentati esclusivamente mediante l’impiego di miscele tradizionali, talvolta integrate con grassi insaturi per ottenere proprietà organolettiche che più si avvicinano al Montanera. (Lopez-Bote, 1998)

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2.5 La valorizzazione del territorio boschivo della Val di

Vara mediante l’allevamento macchiatico del suino

Lo studio affrontato in questa tesi, parte dal presupposto di proporre una valida alternativa sia produttiva che economica, da applicare alla realtà del territorio ligure e nello specifico a quella della Val di Vara.

Tale zona, anticamente votata alla coltivazione dell’ulivo e del castagno, risulta quasi totalmente in stato di abbandono; ciò è da attribuirsi sia alla scarsa redditività di queste due colture, in relazione alla superficie disponibile, sia soprattutto alle caratteristiche morfologiche della zona. Ci troviamo, infatti, di fronte ad un territorio caratterizzato prevalentemente da terreni con grande pendenza sui quali spesso insistono antichi terrazzamenti sostenuti da muri a secco.

Per quanto concerne la vegetazione, oltre ai già citati Ulivo e Castagno, è prevalentemente di tipo mediterraneo ed appartenente a quella fascia di altitudine che va dai 500 agli 800 metri sul livello del mare. Si possono infatti trovare essenze ed arbusti come Rovo ed Erica sovrastati da piante ad alto fusto quali : Quercia, Leccio, Pino Marittimo, Ontano, Salice, Alloro, Corbezzolo, Erica Arborea. L’apporto fruttifero della maggior parte di queste specie, si rivela particolarmente adatto a fornire un’ idonea integrazione alimentare agli animali allevati con il sistema brado.

L’adatta qualità dell’alimento vegetale, unita ad un progressivo abbandono di questi territori, ha portato ad optare per questo tipo di allevamento come possibile fonte di miglioramento sia dal punto di vista ambientale, sia da quello economico. L’allevamento macchiatico del suino consente, infatti, di ottenere prodotti di elevata qualità, ed al tempo stesso di garantire un certo grado di sostenibilità alla popolazione rurale della zona. Tutto ciò consente inoltre di poter rivalutare buona parte del territorio boschivo che fino ad ora si trova in uno stato di totale abbandono.

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2.6 I danni all’ambiente

Il controllo dei danni, da effettuarsi principalmente sugli alberi, richiede un periodo di monitoraggio costante e di lunga durata; fattore dovuto soprattutto alla lunghezza del ciclo vitale che li caratterizza.

Non va dimenticato che, i danni rilevabili a livello arboreo, sono conseguenza di un già avvenuto deterioramento delle principali caratteristiche del suolo e della copertura erbacea ed arbustiva che su di esso insiste. La manifestazione del danno sulle specie ad alto fusto, deve quindi essere considerata come “ un indicatore tardivo di uno stato di sofferenza già in atto, ripristinabile in tempi medio- lunghi ” (G. Fabbio – F. Grifoni, 2004).

L’effetto di un pascolamento eccessivo da parte del suino comporta differenti effetti negativi quali :

• Compattamento del terreno ( più evidente nelle aree maggiormente frequentate dagli animali )

• Asportazione e rimescolamento dello strato superficiale del sottobosco

• Danneggiamento del patrimonio arboreo ed arbustivo mediante lo scalzamento radicale e lo scortecciamento degli organi epigei

• Diminuzione della capacità di rinnovo da parte del bosco, conseguente agli effetti sopra elencati.

Tra i vari effetti precedentemente citati, non va dimenticato quello relativo all’aumento dell’erosione del terreno conseguente all’azione di grufolamento da parte degli animali.

La ricerca di semi , tuberi e piccoli animali presenti sotto lo strato fogliare caduto a terra, provoca l’alterazione degli strati superficiali del sottobosco ; ciò favorisce l’azione erosiva delle acque meteoriche, che creano i

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maggiori problemi nelle aree caratterizzate da una pendenza maggiore. Inoltre la minore quantità di terreno a disposizione dei vegetali, si traduce in una ridotta riserva idrica nei periodi di maggior siccità. Questo fattore è da tenere in grande considerazione soprattutto nella zona oggetto di studio , in quanto essa, come la maggior parte del territorio ligure, è caratterizzata principalmente da terreni con forte dislivello.

A scopo esemplificativo viene riportata di seguito una tabella riguardante l’incidenza dei danni sopra citati in tre differenti tipologie di pascolo tratta da (G. Fabbio – F. Grifoni, 2004).

Tabella 2.2 - Danni al bosco rilevati in seguito a tre differenti tipologie di pascolamento

(Franci, 2001) pascolo in bosco tutto l'anno pascolo in bosco e su sup. agrarie pascolo in bosco alla caduta dei frutti 3 suini/ha 1

suino/ha Leccio Castagno Castagno

Perdita di copertura vegetale % 56,4 38,1 21,5 32,5 2 Superficie di suolo alterato % 76,1 72,3 94,4 91,2 0 Superficie di suolo scavato % 43,8 4 1,9 35 4

Escavazione e messa a nudo

radici %

Roverella 95,4 40 / / /

Leccio 100 92,8 0 / /

Cerro 0 0 / / /

Castagno / / / 0 0

Morso alle radici %

Roverella 54 0 / / /

Leccio 100 85 0 / /

Cerro 0 0 / / /

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Grafico 2.2 – Danni al bosco in seguito a pascolamento per l’intero ciclo di allevamento

Pascolamento in bosco per l'intero ciclo

0 10 20 30 40 50 60 70 80 Perdita di copertura vegetale tot. % Superficie di suolo alterato % Superficie di suolo scavato % 3 suini/ha 1 suino/ha

Grafico 2.3 - Danni al bosco in seguito a pascolamento in bosco e su superfici agrarie

Pascolo in bosco e su superfici agrarie

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Perdita di copertura vegetale tot. % Superficie di suolo alterato % Superficie di suolo scavato % Leccio Castagno

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Grafico 2.4 - Danni al bosco in seguito a pascolamento solo alla caduta dei frutti

Pascolo in bosco alla caduta dei frutti

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 Perdita di copertura vegetale tot. % Superficie di suolo alterato % Superficie di suolo scavato % Castagno

Grafico 2.5 – Escavazione e messa a nudo delle radici in seguito a pascolamento per

l’intero ciclo

Escavazione e messa a nudo delle radici

con pascolamento in bosco per l'intero

ciclo (% )

0 20 40 60 80 100 120 3 suini /ha 1 suino /ha

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Un atro tipo di danno che non va assolutamente sottovalutato operando in tale regime di allevamento, anche se non riferito direttamente all’ambiente, è quello relativo alle strutture.

Le recinzioni sono quelle che risentono maggiormente dell’azione dei suini; esse infatti, devono subire le continue incursioni da parte degli animali che frequentemente vi si avvicinano, operando un’intensa azione di grufolamento. E’ pertanto necessario un adeguato dimensionamento delle stesse, che devono risultare robuste e ben ancorate al suolo per garantire sia il contenimento degli animali allevati, sia per evitare le intrusioni di fauna selvatica come il cinghiale, che spesso viene attratto dai mangimi e dai calori delle scrofe.

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2.7 Il benessere animale

Nel corso dell’evoluzione ogni specie si è dotata di caratteristiche fisiche, fisiologiche e comportamentali adatte ad affrontare le varie difficoltà che potrebbe incontrare nel proprio ambiente di vita .

Il benessere è una condizione intrinseca dell’animale: il soggetto che riesce ad adattarsi all’ambiente si trova in uno stato di benessere, viceversa il soggetto che non ci riesce (perchè non ne è in grado per caratteristiche psicofisiche proprie, o perché ne è impedito da fattori esterni) si trova in una condizione di stress. Poiché tutti gli animali hanno avuto questo percorso evolutivo e ogni specie si è adattata ad un particolare habitat, ogni definizione del benessere deve tener conto dell’ambiente, della fisiologia e del comportamento specifico dell’animale. La prima normativa riguardante il tema del benessere animale è stata la Convenzione Europea sulla protezione degli animali da allevamento adottata a Strasburgo il 10 Marzo 1976 e ratificata in Italia il 14 Ottobre 1985 attraverso la legge n° 169.

Tale legge dice che : “ Ogni animale deve beneficiare di un ricovero, di un’alimentazione e di cure che - tenuto conto della specie, del suo grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento - siano appropriate ai suoi bisogni fisiologici ed etologici, conformemente all’esperienza acquisita ed alle conoscenze scientifiche.”

Con il Farm Animal Welfare Council britannico del 1979 vennero stabilite le “cinque libertà”:

1 Libertà dalla fame e dalla sete – con un facile accesso all’acqua

ed una dieta che mantenga piena salute e vigore.

2 Libertà dal disagio – con un ambiente appropriato che includa

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4 Libertà di esprimere un comportamento normale – mettendo

a disposizione spazio sufficiente, attrezzature appropriate e la compagnia di animali della stessa specie.

5 Libertà dalla paura e dall’angoscia – assicurando condizioni e

trattamenti che evitino la sofferenza mentale.

Welfare è un termine dal significato molto ampio, che comprende sia il benessere fisico che quello mentale dell’animale.

Tutti i tentativi di valutarlo devono tenere conto dell’evidenza scientifica disponibile relativamente alle sensazioni degli animali; essa può derivare sia dalla loro struttura e dalle loro funzioni, sia dal loro comportamento. ( Brambell Report 1965 ).

La valutazione del benessere coinvolge una serie di risposte che l’animale mette in atto per adattarsi all’ambiente in cui si trova. Infatti, l’organismo risponde alle varie situazioni ambientali non solo con cambiamenti comportamentali, ma anche con meccanismi fisiologici ed immunitari, che possono avere ripercussioni sullo stato di salute e sull’accrescimento. Per questo motivo gli studi effettuati in merito, sempre più frequentemente prendono in considerazione una serie di reazioni, che vengono comunemente chiamate “indicatori” di adattamento. Il loro utilizzo può consentire di evidenziare eventuali problemi di stress acuto e/o cronico che nel tempo possono avere effetti negativi anche sulle produzioni animali. Quindi anche se il benessere animale non è misurabile nello stesso modo utilizzato per variabili tradizionali, può essere valutato considerando i vari aspetti e problemi ad essi correlati. Tutti i sistemi fin qui studiati sono basati su una gamma di parametri di valutazione, che possono essere distinti in due categorie :

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1. parametri relativi agli animali, i quali misurano la reattività e la capacità di adattamento a specifici ambienti.

2. parametri relativi all'ambiente d'allevamento ed alla sua gestione relativi alle modalità di allevamento ed alle strutture in esso impiegate.

Studi recenti hanno inoltre illustrato come il disagio degli animali durante il trasporto e in certe condizioni di allevamento possa essere quantificato, misurando l'alterazione di parametri fisiologici quali: la frequenza cardiaca, il livello ematico dei corticosteroidi, la T° corpo rea e l'ematocrito .

Nei suini è stata addirittura dimostrata la presenza di disturbi quali nausea o mal d'auto, paragonabili a quelli provati da alcune persone nel corso di viaggi in macchina.

Per quanto concerne gli allevamenti intensivi di suini è difficile ritenere che il benessere degli animali sia completamente rispettato.

Il suino infatti, in tutte le fasi della sua vita, è un animale che ha bisogno di scavare, grufolare ed in generale avere a disposizione adeguati spazi. Per far fronte a queste esigenze, la legislazione europea dal 1996 proibisce di legare le scrofe, incentivando il ritorno all'allevamento in gruppo sulla paglia, che ha dimostrato un'ottima influenza sul benessere e non risulta essere più costoso dell'allevamento in poste singole.

Situazione ben differente è senza dubbio quella dell’allevamento allo stato brado, dove viene mantenuto un livello di benessere ottimale per gli animali allevati. I questo caso il termine salute va interpretata in modo differente; essa, infatti, non riguarda più solamente l’assenza di malattie, ma soprattutto un buon livello di vigore e resistenza fisica, che lo rendono meno vulnerabile nei confronti di infezioni e parassiti. I suini allevati all’aperto hanno la possibilità di grufolare, di muoversi liberamente su spazi più consoni alle loro necessità di vivere in gruppo e socializzare con gli altri soggetti; tutti questi fattori sono fondamentali per ridurre al minile cause di stress dell’animale e di conseguenza tutti i riflessi negativi che

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Non va in ogni caso dimenticato che gli animali così allevati, pur essendo liberi di comportarsi secondo le loro esigenze, risultano maggiormente esposti a diversi fattori negativi.

I più negativi tra di essi sono senza dubbio:

• L’esposizione a sbalzi di temperatura dovuti alla durata del periodo di permanenza all’interno del recinto, i quali possono causare stress termici all’animale.

• L’emarginazione degli animali di rango inferiore che possono causare traumi dovuti a possibili scontri soprattutto durante la fase di alimentazione

• L’eventuale presenza di predatori.

Tutto ciò richiede quindi, da un lato una adeguata professionalità da parte dell’allevatore e dall’altro una ricerca adatta a fornire indicazioni sui fattori di stress ambientali e sulla risposta adattativa dei soggetti (Verga e Ferrante, 2001).

Figura

Tabella  2.1  -  Media  annuale  della  produzione  di  ghiande  (Convegno  Nazionale  Cuneo
Tabella  2.2  -  Danni  al  bosco  rilevati  in  seguito  a  tre  differenti  tipologie  di  pascolamento

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