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Capitolo 2

Inquadramento geologico regionale.

2.1 Unità tettoniche.

I Pirenei sono una catena alpina, affiorante tra Francia e Spagna (fig. 1), che fa parte della più ampia struttura della catena Alpino-Himalayana, lunga più di 12000 km, formatasi in seguito alla chiusura terziaria della Tetide durante la collisione di India, Arabia e Africa contro Asia ed Europa.

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L’orogene pirenaico è una catena a doppia vergenza con trend E-W (fig. 2). La porzione settentrionale della catena è caratterizzata da thrusts nord-vergenti che coinvolgono principalmente sedimenti mesozoici, mentre la parte meridionale è interessata da thrusts sud-vergenti, più sviluppati dei precedenti, che interessano sedimenti sinorogenici terziari e rocce del basamento Ercinico (Munoz, 1992; Coney et al, 1996; Teixell, 1998) (fig. 2).

Da nord a sud sono state distinte 5 unità strutturali con trend WNW-ESE (Choukroune and Seguret, 1973; Matteur and Henry, 1974; Vergés et al., 1995) (fig. 3):

• Il bacino aquitano rappresenta l’avampaese a nord della catena ed è situato sulla placca europea. La sua formazione è legata alla flessione della crosta dovuta all’energia di spinta del sistema di thrust nord-vergenti chiamato North Pyrenean Thrusts Zone. Il bacino è stato riempito da sedimenti sinorogenici indeformati, deposti a partire dal tardo Cretaceo.

• La North Pyrenean Thrusts Zone (NPTZ) è una zona caratterizzata da thrusts nord-vergenti che coinvolgono sia il basamento Ercinico sia la copertura sedimentaria Mesozoico-Eocenica. Questa zona è delimitata a sud da una stretta fascia spessa da 1 a 5 km di rocce affetta da un metamorfismo di HT/LP chiamata North Pyrenean Zone (Choukroune, 1976).

Fig. 2 Struttura a doppia vergenza dei Pirenei. SPTB: South Pyrenean Thrust Belt; NPTB : North Pyrenean Thrust Belt; NPTZ North Pyrenean Thrust Zone (fig. modificata da Teixell, 1998).

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• L’Axial Zone è costituita da un antifomal stack sud-vergente che coinvolge rocce erciniche non interessate dal metamorfismo alpino. Nella porzione centro-orientale è costituita da tre unità principali che sono, dal basso verso l’alto: l’unità di Nogueres, l’unità di Orri e l’unità di Rialph, mentre nella parte più occidentale è composta dall’unità di Lakhoura, dall’unità di Gavarnie e dall’unità di Guarga. La porzione più bassa della successione centro-orientale è una sequenza sedimentaria datata pre-Ordoviciano sup. tagliata localmente alla base da filoni di ortogneiss (Cavet, 1957) di spessore variabile da 2 km nel massiccio del Canigò a 100 m nel massiccio di Cap de Creus. Alla base di questa serie Cavet, (1957), descrive metapeliti, metagreywackes e rocce metavulcaniche interstratificate, mentre nella porzione superiore riconosce una successione monotona di scisti, arenarie e quarziti. Secondo Muñoz e Casas, (1996), i sedimenti dell’Ordoviciano medio e inferiore sono stati erosi prima della deposizione nell’Ordoviciano sup. I sedimenti siluriani e devoniani, rispettivamente silicoclastici e calcarei, si depositano in continuità stratigrafica. La sequenza Carbonifera pre-orogenetica al tetto della serie è costituita da black shales, selci e calcari. L’intera successione è interessata dalla deformazione Varisica (tardo Viseano, Serpukhoviano 340-325 Ma) accompagnata da un metamorfismo di HT-LP (Guitard, 1970; Zwart 1979).

Le sequenze pre-Ordoviciano sup. sono ben sviluppate nei Pirenei orientali, mentre nei Pirenei centrali sono predominanti le spesse serie del Devoniano e del Carbonifero.

Gli ortogneiss granitici rappresentano delle spesse intrusioni di materiale a composizione alluminosa e suballuminosa. Il magmatismo Ordoviciano (475-460 Ma) è rappresentato da laccoliti di ortogneiss granitici messi in posto nella porzione centrale della successione del pre-Ordoviciano datati dal Neoproterozoico all’alto Ordoviciano con metodi U-Pb-Zr. • La South Pyrenean Thrust Zone (SPTZ) è una zona caratterizzata da thrusts sud-vergenti

deformati che interessano le evaporiti triassiche sovrastanti il basamento Ercinico indeformato (Muñoz et al., 1986). La zona di scollamento affiora nella regione delle Sierras Marginales, a nord del bacino d’avampaese dell’Ebro che risulta essenzialmente indeformato. La deformazione del South Pyrenean Thrust Zone avviene dall’Eocene inf. fino al Miocene inf. (Labaume et al., 1985).

• Il bacino d’avampaese dell’Ebro si è formato a causa della flessione della crosta dovuta alla spinta del South Pyrenean Thrusts System. È costituito da sedimenti terziari generalmente indeformati deposti direttamente sopra il basamento Ercinico.

A sud del bacino dell’Ebro affiora l’Iberian Chain, una catena alpina la cui terminazione orientale è rappresentata dal Catolonian Coastal Range (vedi in seguito).

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2.2 Evoluzione pre-pirenaica.

Durante il Permiano inferiore, dopo un primo stadio caratterizzato dallo sviluppo di faglie trascorrenti sinistre, è seguita una tettonica estensionale che ha portato a vulcanismo e all’intrusione di corpi granitoidi all’interno del basamento Ercinico (Zwart, 1979).

Sedimenti postorogenici Permiani, provenienti dal basamento emerso, caratterizzati da un tipico colore rossastro, si ritrovano nei bacini d’avampaese dell’Ebro e Aquitano. Durante il Triassico, si sono depositati sedimenti clastici, carbonatici ed evaporitici in ambiente di rift intracontinentale (Puigdefàbregas e Souquet, 1986), mentre nel Giurassico si imposta una estesa piattaforma carbonatica su tutta l’area dei Pirenei e nelle zone circostanti (Puigdefàbregas e Souquet, 1984). L’apertura dell’oceano Atlantico centrale all’inizio del Cretaceo (Neocomiano – Barremiano, 128-113Ma) ha causato il movimento transtensivo sinistro della placca Iberica relativamente a quella Eurasiatica, con la risultante apertura del golfo di Biscaglia e la formazione di bacini di pull-apart nella North Pyrenean Zone (Puigdefàbregas e Souquet, 1986) riempiti da cicli di sedimentazione marina. La dislocazione assestata dal movimento sinistro, cominciata nel Cretaceo inf. e terminata nel Maastrichtiano è di circa 400 km verso SE (Le Pichon and Sibuet, 1971; Olivet et al., 1981). Tra il Cretaceo inferiore e superiore (Albiano medio-Cenomaniano, 100-92Ma) il movimento fra le due placche cambia facendo variare le componenti da trastensiva sinistra a trascorrente sinistra creando bacini a forma di losanga o triangolari (Puigdefàbregas and Souquet, 1986) che vengono riempiti dai primi flysch pirenaici e da strette piattaforme. Tra il Cenomaniano e il Santoniano

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medio (92-86 Ma) si verifica una globale risalita del livello del mare in concomitanza con l’allargamento dei bacini, che porta ad una parziale riduzione della piattaforma carbonatica e ad una deposizione di torbiditi carbonatiche a livelli più profondi (Peybernes e Souquet, 1984).

A partire dal tardo Santoniano fino al Maastrichtiano (85-66 Ma) si imposta un sistema tettonico traspressionale rappresentato da tettoniche che causano una generale inconformità e la creazione di un margine erosionale arretrante. I depositi profondi sono costituiti da detriti di erosione e da sistemi interdigitati di torbiditi silicoclastiche, mentre ai margini dei bacini si depositano carbonati di mare basso. Questi sedimenti sono a loro volta sepolti da una sequenza di torbiditi sormontate da argille e marne (Couche Rouge), mentre da terre rosse di origine continentale nei bacini più meridionali (arenarie di Aren e Marborè) (Puigdefàbregas and Souquet, 1986).

All’interno dei Pirenei si può fare un’ulteriore suddivisione tra la porzione più orientale e quella più occidentale. Le unità presenti sono essenzialmente le stesse descritte in precedenza da Choukroune e Seguret (1973), Matteur e Henry (1974), e Vergés (1995), ma presentano piccole differenze dovute all'estensione areale della regione e alla risposta della catena rispetto alle dinamiche regionali.

2.2.1 Pirenei centro-orientali.

Nei Pirenei centro-orientali sono state riconosciute 4 principali unità strutturali.

• La più meridionale è la South Pyrenean Central Unit, composta principalmente da thrust

sheets di rocce appartenenti alla piattaforma Mesozoica. Questi sono imbricate verso sud e

sovrastano il bacino dell’Ebro (Munoz, 1992).

• A nord di questa prima unità si trovano i thrust sheets del basamento Ercinico organizzati in

antiformal stack che formano l’Axial Zone affetto da faglie ad alto angolo che deformano le

rocce del basamento affioranti (Munoz, 1992).

• La terza unità strutturale è la North Pyrenan Fault Zone, a nord all’antiformal stack dell’Axial Zone, caratterizzata da faglie ad alto angolo impostate nelle rocce Giurassiche e del Cretaceo inferiore. La North Pyrenean Fault è ritenuta essere l’asse dell’intera catena collisionale e in questa regione esibisce in più parti il limite fra le placche Europea e Iberica (Munoz, 1992).

• La più settentrionale delle unità riconosciute nei Pirenei centro-orientali è composta dai

North Pyrenean Thrust Sheets che formano un’anticlinale a larga scala sovrascorsa sopra il

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rocce del basamento, principalmente granuliti all’interno del North Pyrenean Massif delimitate da faglie normali Cretacee inferiori, e sedimenti Mesozoici (Munoz, 1992; Souriau and Granet, 1995).

2.2.2 Pirenei centro-occidentali.

L’Axial Zone non ha più un andamento ad antiformal stack in quanto l’entità del sovrascorrimento dei thrust è inferiore. Infatti lo shortening accomodato nella parte W dei Pirenei è minore anche di 50 km in confronto alla zona E.

Le rocce implicate nella NPTB hanno una componente maggiore di rocce sedimentarie Mesozoiche. In superficie il limite fra i domini della North Pyrenan Thrust Belt e quelli della South Pyrenean

Thrust Belt è evidenziato dalla variazione della vergenza dei thrust sheets.

In profondità la seconda termina sulla prima, che a sua volta termina sulla subduzione.

2.3 Modelli evolutivi dei Pirenei.

Tutti concordano sia sulla geometria a doppia vergenza, sia sulla presenza di thrusts che interessano anche il basamento Ercinico (Kleinsmiede, 1960; Boschma, 1963; Soula 1982; Roure et al., 1989; Muñoz, 1992; Carreras et al., 1993).

In tempi più recenti la discussione si è concentrata sulla evoluzione in profondità di questi thrusts. L’attenzione è stata posta su come il raccorciamento associato ai thrusts in livelli strutturali superficiali sia accomodato a livelli crostali profondi. Per questo è stata proposta la presenza di deformazione eterogenea duttile che induce shortening e l’ispessimento crostale e/o l’attivazione di uno o più thrusts che interessano l’intera crosta.

La prima ipotesi implica la presenza di un’importante deformazione pirenaica che si imposta sulle deformazioni varisiche del basamento, mentre la seconda riconduce a diversi modelli che concordano sulla concentrazione della deformazione sulle superfici dei thrusts senza aver bisogno di grandi deformazioni nelle rocce.

La North Pyrenean Fault è una grande faglia trascorrente sinistra con probabile attitudine transtensiva, coincidente con l’asse W-E della struttura a ventaglio. Il suo ruolo durante la rotazione antioraria Cretacea della placca Iberica è oggetto di dibattito proprio in relazione alle due opzioni sopra citate. Questa faglia ha dato comunque un contributo determinante nel formare il limite della placca Iberica durante il Mesozoico lungo il quale sviluppa una stretta fascia metamorfica datata Cretaceo sup. (~90 Ma).

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2.3.1. Shortening.

Lo shortening totale accomodato dalla convergenza, stimato utilizzando sezioni bilanciate, si attesta tra i 120 km (Roure et al., 1989) e i 165 km (Fitzgerald et al., 1999). Queste stime sono principalmente basate sulla ricostruzione condotta dal gruppo ECORS Pyrenees nel 1988 attraverso indagini di sismica di riflessione profonda (fig. 4).

Un’altra stima di 125 km è stata proposta da Vergés et al. (1995) su una sezione a circa 50 km ad E da quella della ECORS. Essi hanno sommato i valori di shortening della South Pyrenean Zone, ~ 70 km, quelli acquisiti dalla deformazione interna delle unità del basamento di ~ 23 km e quelli della

North Pyrenean Zone di ~ 32 km.

Nella porzione occidentale dei Pirenei centrali, a circa 150 km a W della sezione della ECORS, altre stime indicano valori nettamente più bassi, con uno shortening nell’ordine di 75-80 km (Teixell, 1996) ricavati da esperimenti di sismica di riflessione (Daignières et al., 1994).

Queste variazioni longitudinali e latitudinali dei valori possono essere riferite sia alla base asimmetrica dei Pirenei, laddove la placca Iberica è stata parzialmente subdotta sotto la placca Europea (Pirenei centro-orientali), sia alla differente velocità di convergenza che ha interessato le due placche.

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2.3.2 Strutture di tipo Varisico.

Le principali strutture varisiche sono rappresentate da:

1. pieghe a vergenza meridionale chilometriche che mostrano piani assiali quasi verticali vicino alla North Pyrenean Fault mentre diventano progressivamente più inclinati spostandosi verso sud;

2. corpi gneissici di estensione regionale che assumono geometrie tabulari oppure costituiscono duomi con allungamento parallelo alla direzione assiale delle pieghe maggiori; 3. presenza di batoliti granitoidi;

4. presenza di cinture milonitiche circa parallele alla direzione assiale delle pieghe maggiori; L’andamento generale dell’Axial zone è NW-SE o WNW-ESE, parallelo a quello delle strutture alpine.

L’orogenesi varisica ha prodotto:

Fig. 4 Modello schematico della struttura crostale dei Pirenei (Seguret, 1986; ECORS 1988). A: il raccorciamento nella crosta è ottenuto dalla deformazione eterogenea duttile. B e C: lo shortening è raggiunto tramite il thrusting. Nella figura B il North Pyrenean Fault è coinvolto nel thrusting crostale durante l’evento alpino di raccorciamento crostale. Nella figura C la stessa faglia è tagliata dai thrust a basso angolo.

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• pieghe e thrusts sviluppati a livelli strutturali superficiali o in condizioni metamorfiche di basso grado;

• deformazioni non coassiali che danno origine a una foliazione sub-orizzontale nei livelli strutturali più bassi, interessati da un grado metamorfico da medio ad alto;

• pieghe con piani assiali sub-verticali sud vergenti che deformano sia la stratificazione, sia le scistosità preesistenti.

Sono comunque due i modelli presi in considerazione dai vari autori:

1) Modello compressivo:

• Le prime interpretazioni di questo modello spiegano la tettonica estensionale e le faglie trascorrenti come ultimo e tardivo evento sviluppato in livelli fragili (Kleinsmiede, 1960; Boschma, 1963; Zwart 1963; Oele, 1966).

Il modello prevede una prima fase deformativa caratterizzata da una compressione N-S che porta allo sviluppo di una foliazione sub-orizzontale nei livelli più profondi, che tende a verticalizzarsi nei livelli strutturali superficiali. La seconda fase deformativa porta allo sviluppo di pieghe coniugate con trend variabile da NW-SE a NE-SW in risposta al cambiamento della direzione di raccorciamento da N-S a E-W. L’ultima fase deformativa è caratterizzata dal ritorno ad una direzione di compressione orientata N-S che porta allo sviluppo di pieghe caratterizzate da piani assiali E-W.

L’assetto dei granitoidi gneissici pre-ercinici è interpretata come una diretta conseguenza dell’intrusione e non come il risultato di pieghe coricate.

Hartevelt, (1970), descrive in seguito un set di pieghe non acompagnato da clivaggio che predata la fase principale, indicando quest’ultimo come una seconda fase.

• A partire dagli anni ’70, questo modello è stato rielaborato a seguito di prolungati studi sui duomi gneissici e sulle successioni Paleozoiche dei Pirenei orientali (Guitard, 1970; Laumonier & Guitard, 1978; Guitard et ali, 1984; Laumonier, 1984). L’intera evoluzione ercinica viene quindi spiegata ammettendo un evoluzione polifasica con le fasi de formative precedenti a quella responsabile della foliazione principale riconosciuta nell’intera catena sono responsabili dello sviluppo di pieghe generalmente non scistose, mentre quelle successive deformano foliazione principale.

• Negli anni ottanta è stata enfatizzata la tettonica relativa al diapirismo, sempre in un contesto compressivo (Soula 1982; Soula et al. 1986 a, b), che sarebbe responsabile oltre che dei duomi gneissici anche dei granitoidi intrusivi e dell’intera evoluzione plutonica e metamorfica.

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2) Modello Estensionale:

Wickham e Oxburgh (1985, 1986) basano la loro teoria assumendo:

• gradienti di altissima temperatura per il metamorfismo di tipo ercinico, con anatessi a 700°C e 10-12 km di profondità;

• la provenienza esterna del fluido presente sia durante il metamorfismo sia durante la fusione parziale (isotopi dell’O e grande quantità di H2O nei fluidi, probabilmente acqua di mare;

• il metamorfismo nella parte bassa della sequenza Paleozoica si è impostato quando la parte alta era soggetta a deposizione marina (questa deduzione è stata effettuata sulla base della presenza di una sequenza sedimentaria Paleozoica continua, inclusi i sedimenti marini del Carbonifero).

A partire da questi 3 punti gli autori hanno concluso che le strutture e l’evoluzione ercinica dei Pirenei sono la conseguenza di un rifting associato ad un possibile movimento strike-slip, che sembra essere confermato anche dai tassi di subsidenza e deposizione. Il metamorfismo e le intrusioni magmatiche invece si sarebbero impostate a livelli strutturali profondi.

Durante queste condizioni ci sarebbe stata una trasgressione marina sulla pila metamorfica prima e durante il picco metamorfico mentre l’assottigliamento crostale avrebbe prodotto la risalita dell’astenosfera con conseguenti iniezioni di magma mafico nella crosta media e messa in posta di granitoidi generati per fusione della crosta inferiore. La foliazione sub-orizzontale di prima fase è interpretata nei livelli strutturali più profondi come risultato delle componenti tangenziali dello

stretching prodotto dal rifting.

Carreras et al. (1988) si sono soffermati ad analizzare questi due modelli partendo dal presupposto che la catena ercinica dei Pirenei non si può analizzare in maniera esatta e completa se non si considera l’orogenesi nel suo sviluppo più ampio attraverso l’Europa centro meridionale. Le parti in comune nell’intera catena ercinica europea sono molteplici, a partire dalla stratigrafia simile del Carbonifero, dallo sviluppo di una tettonica di thrusting e piegamento con crescita di foliazioni penetrative, fino ad arrivare alle composizioni simili delle intrusioni, al metamorfismo con gradienti termici notevoli e all’erosione seguente all’uplift post deformazione Ercinica.

La conclusione di questi autori è quindi l’instaurazione di un regime tettonico caratterizzato da un’importante componente compressiva associata ad una componente trasgressiva più o meno importante che non si discosta molto da quanto proposto per gli altri settori della catena varisica europea.

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Alla fine degli anni ottanta sono stati proposti dei modelli che includono entrambi i regimi.

Soula et al. (1986 a, b) considerano una progressiva estensione crostale (fig. 5-2a) accomunata a fusione parziale nel mantello superiore e intrusioni nella crosta di magmi basici. Successivamente, lo shortening ercinico avrebbe dato origine al thrusting e alla risalita diapirica di rocce plutoniche e magmi (fig. 5-2b), con lo sviluppo di pieghe a grande scala relative sia alla compressione che agli effetti del diapirismo.

Verhoef et al. (1984) hanno documentato la presenza di una la foliazione piano parallela che si imposta su una precedente foliazione sub-verticale. Inoltre, in accordo con Soula et al., il climax metamorfico è posto tardivamente rispetto alla fase di piegamento. L’impostazione della seconda foliazione sulla prima è da considerare come un evento estensivo successivo ad un evento di shortening crostale (figg. 5-3a e 5-3b).

Fig. 5 Modelli di regimi tettonici ercinici. 1a e 1b: Modello compressivo. 1a : Fase iniziale con piegamento pre-scistosità e thrusting nei domini superficiali, deformazioni di taglio nei domini più profondi. 1b: Ultime fasi con piegamento dei layering e sviluppo di slaty cleavage e clivaggio di crenulazione penetrativo nei domini superficiali, piegamento delle foliazioni precedenti nei livelli profondi. (1: Siluriano, Devoniano e Carbonifero, 2: Cambro-Ordoviciano, 3: Graniti gneissici pre-ercinici). 2a e 2b: Modello che include l’iniziale inspessimento crostale (2a), seguito dall’evento di shortening (2b) (Soula et al., 1986b). (1: Devoniano superiore e Carbonifero; 2: Devoniano inferiore e Siluriano; 3: Cambro-Ordoviciano; 4: Migmatiti; 5:Gneiss occhialini; 6:Granodioriti; 7:Granuliti). 3a e 3b: Modello che include l’iniziale shortening (3a) seguito dall’inspessimento crostale (3b) (Van den Eeckhout, 1986). (1: Siluriano, Devoniano e Carbonifero; 2:Cambro-Ordoviciano; 3:Basamento; 4:Bacini de posizionali Stephaniani). (fig. da Carreras et ali, 1993).

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2.3.3 Strutture di tipo Alpino.

Le strutture Alpine sono responsabili della formazione della geometria a doppia vergenza della catena. Le strutture pirenaiche coinvolgono sia la copertura sedimentaria Mesozoico-Triassica, sia il basamento Varisico, il quale ha subito due eventi alpini distinti:

1 Movimento trascorrente sinistro della placca Iberica lungo la North Pyrenean Fault Zone (NPFZ) nel Cretaceo. La principale conseguenza di questo movimento è l’offset tra 100 e 400 km delle rocce paleozoiche verso E; un’altra conseguenza è la presenza di una stretta zona metamorfica di media T e bassa P che coinvolge principalmente le rocce del Cretaceo sup., mentre in quelle Paleozoiche risulta essere meno evidente.

2 Compressione dovuta alla convergenza durante il Paleogene. Questo evento è testimoniato dal raccorciamento di circa 70-150 km dedotto dagli studi ECORS e supportato dalla presenza di un clivaggio verticale. Alcuni problemi restano comunque aperti: la presenza di una foliazione orizzontale nei livelli più profondi e l’assenza di una foliazione alpina nei batoliti tardo ercinici (tra i quali Rodes e Roses). Sono dunque più veritieri i modelli che propongono thrusts crostali al fine di accomodare il raccorciamento a livelli superficiali.

I risultati dell’orogenesi Alpina sono:

◊ la traslazione orizzontale e relativa rotazione delle rocce del basamento non coinvolte direttamente nel rimaneggiamento Alpino;

◊ il ribaltamento delle rocce del basamento coinvolte nel thrusting;

◊ lo sviluppo di fault zones Alpine con rocce di faglia in condizioni da duttili a fragili che interessano il basamento Varisico.

Nell’antiformal stack pirenaico (fig. 6) la rotazione e il ribaltamento causa il cambio nell’attitudine dei thrust sheets con effetti di bending e formazione di strutture a duomi, in particolare questi meccanismi sono responsabili della formazione di duomi nelle rocce Paleozoiche nella parte meridionale dell’Axial Zone.

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I thrusts hanno una sicura età Alpina laddove interessano rocce Mesozoiche mentre lo sviluppo di

belt milonitici all’interno dell’Axial Zone, con trend da E-W a NW-SE, interamente localizzati nelle

rocce del basamento cristallino Varisico, ha un’origine ancora incerta (Carreras et al., 1980; Lamouroux et al., 1980a; Geyssant et al., 1980; Saillant, 1982). Alcuni autori li considerano alpini o come riattivazioni alpine di strutture più antiche, altri li correlano ai sistemi alpini di thrusts appartenenti alla South Pyrenean Zone (Muller e Rogers, 1987; Williams, 1985), altri ancora riportano queste miloniti come effetto di trascorrenze non direttamente relazionabili ai sistemi di

thrusts (McCaig, 1986; Soula et al., 1986). Il dibattito è tuttora aperto.

Riassumendo, le deformazioni alpine nel basamento Varisico si riducono a thrusts zones e fault

zone con effetti di rotazione e traslazione, che permettono la preservazione di vari affioramenti di

rocce Paleozoiche indispensabili per ricostruire le strutture, il metamorfismo e il magmatismo dell’orogenesi Varisica.

2.4 Metamorfismo e magmatismo.

Il metamorfismo Varisico è caratterizzato da un gradiente di alta temperatura e bassa pressione con una zoneografia metamorfica che nelle strutture a duomo aumenta verso il nucleo. Le rocce con gradi metamorfici più elevati spesso derivano da granitoidi pre-Varisici o dalle serie sedimentarie

Fig. 6 Antiformal stack alpino al margine meridionale dell’Axial Zone che provoca la formazione di duomi nelle strutture erciniche. 1: basamento ercinico (linee continue: stratificazione, indicata soltanto nelle unità indicate; linee tratteggiate: foliazione principale). 2: coperture (linee tratteggiate: stratificazione).

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presenti in aree ristrette, all’interno o nelle vicinanze di corpi gneissici. I granitoidi, corpi quarzodioritici, granodioritici e tonalitici, sono frequenti nelle migmatiti impostate nelle

metagreywackes e metapeliti e compaiono spesso all’interno delle migmatiti o nelle strette

vicinanze. Il Devoniano è coinvolto nel metamorfismo regionale di medio grado solo nei Pirenei centrali.

In letteratura c’è disaccordo anche sul climax metamorfico: per alcuni autori, come Zwart (1960, 1962, 1968, 1979, 1986), Guitard (1970, 1976) e Carreras (1973, 1974, 1975, 1992, 1997, 2001), il climax postdata il principale evento metamorfico, per altri, come Soula (1982) e Soula et al. (1986a), il climax è sincrono con lo sviluppo della foliazione regionale.

Nei domini metamorfici di alto grado le intrusioni sono rare, i batoliti granitoidi sono abbondanti nel basamento Varisico, anche se in letteratura erano stati definiti come intrusioni tardo tettoniche Varisiche, studi recenti ne hanno stabilito la natura sintettonica.

Grandi batoliti tardo tettonici, con composizione variabile da gabbroide a granodioritica, sono messi in posto principalmente nei domini più superficiali affetti da un basso grado metamorfico con conseguente sviluppo di aureole di contatto e cornubianiti. Inoltre, questi batoliti mostrano una variazione di composizione da intermedie ad acide dal basso al tetto dell’intrusione.

Figura

Fig. 1  Immagine satellitare della penisola iberica con indicata Roses, sito del lavoro svolto
Fig. 2 Struttura a doppia vergenza dei Pirenei. SPTB: South Pyrenean Thrust Belt; NPTB : North Pyrenean Thrust Belt; NPTZ North  Pyrenean Thrust Zone (fig
Fig. 3 Schema tettonico della parte nordorientale della Spagna nella quale sono rappresentate le 5 unità strutturali descritte nel testo
Fig.  4  Modello  schematico  della  struttura  crostale  dei  Pirenei  (Seguret,  1986;  ECORS  1988)
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